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Prove Meccaniche Sui Materiali_, Dispense di Meccanica

Prove di resistenza a trazione, prova a compressione, prova di flessione, prova di resilienza Charpy, Prove di durezza Brinell, Vickers HV, Rockwell, Prove di taglio, prove di torsione.

Tipologia: Dispense

2020/2021

In vendita dal 26/06/2021

Dries1994
Dries1994 🇮🇹

5

(3)

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Scarica Prove Meccaniche Sui Materiali_ e più Dispense in PDF di Meccanica solo su Docsity! Prove meccaniche sui materiali Prova di resistenza a trazione (UNI EN ISO 6892) La prova di resistenza a trazione consiste nel sottoporre un campione di materiale a un carico di trazione applicato lentamente e in modo crescente fino a determinarne la rottura. La prova di resistenza a trazione è la più importante prova meccanica. I di- versi valori di resistenza che si determinano sono gli elementi più validi e quindi più utilizzati per esprimere le caratteristiche di un materiale e individuarne le possibilità di impiego. Essa viene eseguita con la macchina universale per prove sui materiali. Le provette (Figura 1) su cui si esegue la prova sono ricavate dal materiale da controllare e ne devono possedere tutte le caratteristiche. Il prelievo dei campioni (saggi) e la preparazione delle provette deve avvenire secondo procedure unificate che non ne alterino le proprietà; normalmente si realizza con lavorazione per asportazione di truciolo. Figura 1 Le provette, generalmente di forma cilindrica sono costituite, essenzialmente, da un tratto a sezione costante di lunghezza L = L0+(0, 5÷2)d (dove d rappresenta il diametro della provetta) e da due teste per l’ancoraggio alla macchina. Il tratto utile L0 (generalmente pari a 5d) è compreso all’interno di L. Prima dell’esecuzione della prova di trazione si predispone la provetta: • misurando il diametro d, calcolando il tratto utile L0 e verificando il tratto a lunghezza costante L; • dividendo il tratto utile L0 in n parti uguali. 1 1 2 Effettuate queste due operazioni si monta la provetta sulla macchina e si applica gradualmente il carico sino alla rottura della provetta. Durante l’esecuzione della prova viene tracciato il grafico carichi-deformazioni che rappresenta la variazione dell’allungamento subito dal materiale in funzione del carico applicato. Questo grafico è caratteristico di ogni tipo di materiale (Figura 2). Figura 2 Come si può osservare dall’andamento dei grafici di Figura 2 il comportamento del materiale è caratterizzato da diverse fasi: • Fase elastica A-B: è la prima fase nella quale il materiale si comporta rispettando la legge di proporzionalità diretta fra i carichi e gli allungamenti (legge di Hooke). Le deformazioni fin qui avvenute sono reversibili perché il materiale riprende le dimensioni iniziali al cessare del carico applicato. In questa fase si definisce il carico unitario di scostamento dalla proporzionalità (Rp) come rapporto fra il carico applicato (Fp) e l’area della sezione iniziale (S0): Rp = Fp S0 [ N mm2 ] • Fase elasto-plastica B-C-D: è la seconda fase nella quale cominciano a verifi- carsi delle deformazioni permanenti (irreversibili) che crescono rapidamente. Esse sono seguite, a volte, da un cedimento improvviso del materiale detto snervamento(Figura 2 a). Quest’ultimo fenomeno non si verifica nei materiali elastici (Figura 2 b). 5 Prova di flessione La prova di flessione consiste nell’applicare, gradatamente e con continuità, un carico concentrato con direzione perpendicolare all’asse geometrico di un corpo appoggiato agli estremi su due rulli cilindrici liberi di ruotare (Figura 5). Figura 5 Con la prova a flessione si rilevano le caratteristiche di resistenza, deformabilità ed elasticità del materiale. Si chiama freccia (f) la distanza tra l’asse geometrico del corpo prima e dopo la deformazione. Essa risulterà massima al centro. Le provette utilizzate possono essere di sezione qualsiasi (circolari, rettangolari o quadrate) purché di valore costante su tutta la lunghezza. Frequentemente la prova a flessione viene effettuata: • per determinare il carico capace di provocare una determinata freccia; • per individuare la freccia prodotta da un determinato carico. Prova di resilienza Charpy (UNI EN ISO 148) La prova di resilienza consiste nel misurare l’energia necessaria a rompere in un solo colpo la provetta in esame. La provetta del materiale da esaminare ha forma e dimensioni unificate. Si definisce resilienza la capacità che ha un materiale di resistere alla rottura a flessione per urto. 3 4 6 Metodo KU (Figura 6). La prova viene eseguita con una macchina detta Pendolo di Charpy con energia disponibile P · H = 300J (Figura 7). Con essa si misura l’energia spesa da una mazza di peso (P) sollevata a una altezza (H) e fatta cadere, con moto pendolare, sulla provetta. Per la validità della prova occorre che la provetta si rompa in un solo colpo. Il valore della resilienza KU è dato, secondo la norma UNI EN 10045/1, dal lavoro assorbito per la rottura della provetta (differenza tra l’energia potenziale posseduta dalla mazza alla partenza P ·H e l’energia residua ancora posseduta P · h, dove h rappresenta l’altezza di risalita della mazza dopo la rottura della provetta): KU = P · (H − h) [J] Figura 6 Metodo KV (Figura 8). La prova si esegue con un pendolo Charpy da 300 J, operando su provette 10× 10× 55 mm aventi un intaglio a V profondo 2 mm. Metodo IZOD (Figura 9). Con questo metodo la resilienza si determina per urto a flessione su una provetta 10×10×74 mm con intaglio di 2 mm. La provetta è incastrata in modo tale che il fondo dell’intaglio coincida con il piano da cui sporge la provetta. La prova si esegue facendo colpire la provetta da un martello, in acciaio temprato, a una distanza di 22 mm dall’intaglio. Le rotture della provetta possono essere, fondamentalmente, di due tipi: fragili o tenaci. • La rottura è fragile quando avviene per distacco, senza apprezzabili de- formazioni e, all’osservazione, la superficie di frattura presenta un aspetto granulare. • La rottura è tenace quando avviene per deformazione plastica. La frattura, in questo caso, ha un aspetto fibroso. 7 Figura 7 Figura 8 Se si esegue un esperimento, sottoponendo a prova di resilienza provette dello stesso tipo e materiale, a temperatura decrescente, si ottiene la curva di Figura 10 dalla quale si evidenzia che la resilienza diminuisce al diminuire della temperatura. 10 per una costante n (pari a 0,102 mm2/N). Ne risulta la relazione: HB = F S · n Dalla geometria risulta che l’area S della superficie della calotta sferica vale: S = πDh [ mm2 ] Applicando il teorema di Pitagora si può esprimere il valore della profondità dell’impronta h in funzione del diametro della sfera D e del diametro dell’impronta d mediante la relazione (Figura 11): h = HC = OC −OH = D2 −OH = D 2 − √ OA 2 −HA2 = D2 − √ D2 − d2 4 Per cui il valore della durezza Brinell è dato da: HBW = 2F πD(D − √ D2 − d2) · 0, 102 Nei casi in cui la prova viene effettuata variando qualcuno dei parametri (diametro del penetratore, carico applicato in kg e tempo di applicazione), occorre che questi siano precisati come pedici al simbolo HB. Per esempio: 450 HBW 2/120/20 esprime una durezza di 450 HB ottenuta con una sfera di diametro 2 mm, un carico applicato di 1176 N (120 kg) per un tempo di 20 secondi. Esistono delle tabelle di conversione e formule empiriche che permettono di ricavare il valore indicativo del carico unitario di rottura a trazione Rm in funzione della durezza Brinell HB. Si riportano queste ultime: • per valori di HBW < 400: Rm = 3, 4 ·HBW [ N/mm2 ] • per valori di HBW > 400: Rm = 4, 3 ·HBW − 350 [ N/mm2 ] Prova di durezza Vickers HV (UNI EN ISO 6507) La prova di durezza col metodo Vickers consiste nel far penetrare nel materiale in esame un diamante avente forma di piramide retta a base quadrata (Figura 12) premuta con una forza F di 294 N per un tempo variabile da 10 a 15 secondi. Si definisce durezza Vickers (HV) il rapporto tra il carico di prova F (espresso in Newton) e l’area della superficie S dell’impronta (espressa in mm2) moltiplicato 11 Figura 12 per la costante n, per ottenere un valore privo di unità di misura. Si ha ancora: HV = F S · n L’area laterale di una piramide con l’angolo al vertice delle facce uguale a 136◦ può essere espressa in funzione della diagonale di base d con la seguente formula: S = 0, 539 · d2 [ mm2 ] Sostituendo si ottiene, per la durezza Vickers, la formula definitiva: HV = F0, 539 · d2 · 0, 102 = 0, 189 · F d2 Anche questa prova può essere effettuata con parametri diversi. In tal caso il simbolo HV sarà accompagnato da due pedici che esprimeranno il carico (espresso in kg, variabile da 1 a 120) e il tempo. Per esempio: 640 HV 100/20 indica una durezza di 640 HV ottenuta applicando un carico di 981 N (100 kg) per un tempo di 20 secondi. 12 Prova di durezza Rockwell HRB e HRC (UNI EN ISO 6508) La prova di durezza eseguita con il metodo Rockwell consiste nel far penetrare (in due tempi e con un carico prestabilito) una sfera di acciaio duro di diametro 1,58 mm (1/16 di pollice) oppure un cono di diamante con angolo al vertice di 120◦, nel materiale da esaminare (Figura 13). Figura 13 Questo metodo è il più diffuso per la praticità e l’immediatezza della lettura del valore della durezza. È insostituibile quando si devono misurare durezze elevate di materiali che sarebbero in grado di deformare il penetratore. I parametri della prova cambiano a seconda del penetratore utilizzato e il valore della durezza sarà espresso, in modo convenzionale, in funzione della profondità di penetrazione con le seguenti formule: • HRB = 130− e per prove con penetratore sferico; • HRC = 100− e per prove con penetratore conico; dove e rappresenta, in unità Rockwell (1 unità Rockwell = 2 µm corrispondenti a 0,002 mm), la profondità residua dell’impronta (fr), cioè la profondità misurata dopo aver tolto il carico per eliminare la deformazione elastica. Si utilizza il penetratore a sfera di acciaio duro per materiali meno duri (durezza < 200 HB) ed il penetratore a cono di diamante per materiali più duri (durezza > 200 HB). Per effettuare la prova si procede come di seguito indicato (Figura 14). • Portare la superficie del pezzo da esaminare a contatto con il penetratore applicando un carico iniziale di F0 = 98N , per provocare il suo affondamento di una profondità di assestamento a. • Azzerare l’indice della scala delle profondità.
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