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Psicobiologia dello sviluppo Berardi-Pizzorusso, Appunti di Psicobiologia

Riassunto del libro Psicobiologia dello sviluppo

Tipologia: Appunti

2018/2019
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Scarica Psicobiologia dello sviluppo Berardi-Pizzorusso e più Appunti in PDF di Psicobiologia solo su Docsity! Psicobiologia Parte Prima: Sviluppo Del Sistema Nervoso Formazione Del Tubo Neurale E Sua Suddivisione In Regioni La blastula è una sfera la cui parete è costituita da un singolo strato di cellule, e al cui interno è contenuto un numero di cellule molto basso. Queste cellule non si sono ancora specializzare verso alcun percorso differenziato e sono quindi in grado di generare quasi tutti i tessuti dell’organismo (cellule totipotenti). Dalla blastula si forma la gastrula grazie a movimenti di migrazione cellulare. Nello stadio della gastrula, l’embrione è formato da 3 strati di cellule: 1. ectoderma: il più esterno, che darà origine al sistema nervoso e all’epidermide; 2. mesoderma: formerà il tessuto connettivo (muscoli e vasi); 3. endoderma: originerà il tubo digerente, i polmoni e il fegato; Dunque è da questo stadio (gastrula), che inizia a formarsi il sistema nervoso, attraverso un processo detto NEUROMODULAZIONE. Lo sviluppo del sistema nervoso può essere diviso schematicamente in 7 stadi, di cui i primi 3 completano la formazione di aree neurali, gli altri 3 successivi completano la formazione iniziale di circuiti neurali e l’ultimo stadio riguarda la maturazione di questi ultimi. Induzione Neurale Nella neurulazione (formazione del tubo neurale), una zona dell’ectoderma viene indotta a formare la placca neurale > 18° giorno di gestazione. In questa fase le cellule che formano la placca ancora non sono differenziate, e hanno un aspetto molto diverso dai neuroni o dalle cellule glieli adulte, ma tuttavia hanno già perso la loro totipotenza, perché si sono già indirizzate a diventare cellule del sistema nervoso. Nei giorni successivi dal ripiegamento della placca neurale si crea il solco neurale > 20° giorno di gestazione, che poi si richiude formando il tubo neurale (ci vogliono intorno ai 5 giorni a partire dal 21° giorno di gestazione, per la creazione del tubo neurale). Le cellule che al momento della chiusura del solco rimangono fuori, vanno a costituire la cresta neurale, la quale darà vita al sistema nervoso autonomo e ai neuroni somatosensoriali. La morfologia del tubo neurale non è uniforme; infatti possiamo notare che già prima della chiusura del tubo stesso, a livello anteriore, esso si allarga formando 3 vescicole, dette cefaliche, le quali avranno la funzione di formare le diverse parti del cervello adulto. Queste 3 vescicole iniziali corrispondono al: proencefalo, al mesencefalo, e al romboencefalo + parte caudale del tubo neurale. Successivamente queste vescicole si suddividono nuovamente, divenendo 5. 1 Che Cos’È Che Induce La Parte Dell’ectoderma Che Da’ Origine Alla Placca N. Ad Iniziare Il Percorso Di Formazione Del Sn? Una zona della gastrula chiamata labbra del blastoporo, produce dei fattori proteici capaci di indurre l’ectoderma circostante a formare la placca neurale. La placca neurale si origina in questa regione perché questi fattori proteici, quali noggin, cordina, e follistatina, bloccano l’azione inibitoria dell’indifferenziazione neurale delle cellule dell’ectoderma prodotta da un altro fattore proteico detto BMP (bone morphogenetic protein) prodotto dalle cellule dell’ectoderma stesse. Questo ultimo fattore proteico, infatti, è in grado di reprimere la trascrizione di quei geni che 2 Un meccanismo di differenziamento neuronale è l’assegnazione casuale in tipi neuronali o non neuronali; in pratica è una questione di variazioni casuali dell’espressione genica di due precursori vicini che li fa successivamente diversificare verso un destino neuronale o di cellula d supporto. Vediamo nel dettaglio il SISTEMA NOTCH-DELTA: Questo primo processo di differenziazione riguarda due precursori [A;B] (cellula senza identità) vicini tra loro che possiedono entrambi le proteine notch e delta. Il meccanismo di base è: DELTA lega NOTCH attivandolo, poi NOTCH attivo reprime DELTA. SE: il precursore A ha un po’ più delta del precursore B (per motivi di casualità genica), il delta del precursore A stimolerà il notch del precursore B, inibendo di conseguenza il delta B, più di quanto il delta del precursore B stimolerà il notch del precursore A. Avremo quindi una situazione in cui il precursore A avrà maggiore delta e minore notch, e una situazione in cui il precursore B avrà minor delta e maggiore notch; questa situazione aumenterà esponenzialmente fino a quando il precursore A avrà alti livelli di delta e si differenzierà in un neurone, mentre il B sarà privo di delta e di conseguenza si differenzierà in una cellula di supporto. Esiste anche una variante del sistema notch-delta, che prevede l’azione di un’altra proteina, chiamata NUMB. Essa agisce come regolatore dell’azione del notch, in quanto inibisce i meccanismi attivati da notch, promuovendo il differenziamento casuale. La peculiarità di questa proteina è che essa non si suddivide in modo eguale tra due cellule figlie; dopo una divisione cellulare questo fattore proteico rimane confinato o nell’uno o nell’altra. Possiamo quindi concludere che l’integrazione della proteina dumb nel sistema notch-delta, fa sì che l’indirizzamento neuronale non sia casuale ma si basi sull’ereditarietà del fattore proteico stesso nella cellula indirizzata dunque ad un destino neurale. Fino ad adesso abbiamo visto fattori di regolazione proteici che possiamo definire “intrinseci” perché sono direttamente presenti all’interno del precursore. Esistono però fattori chiamati “estrinseci” che regolano il differenziamento cellulare; questi sono presenti nell’ambiente in cui sono presenti i precursori. Un esempio di fattore estrinseco è dato dallo sviluppo delle cellule della cresta neurale. La cresta neurale si forma a partire dalle due labbra del solco neurale che si richiudono a formare il tubo a livello della zona di fusione. Le cellule della cresta sono cellule multipotenti che si differenziano in vari tipi neuronali. Il destino delle cellule della cresta è fatto dal loro percorso migratorio che un precursore segue dopo il distacco dalla zona di fusione del tubo neurale per raggiungere la zona finale di destinazione. Sono quindi i tessuti in cui i precursori vengono a trovarsi dopo la migrazione che ne specificano il tipo cellulare. Un esempio più specifico lo si può vedere nella migrazione dei precursori che danno origine al SN autonomo: essi, all’inizio del loro percorso migratorio, incontrano subito la proteina BMP, la quale induce immediatamente la loro differenziazione in neuroni parasimpatici [interessante notare che se il fattore BMP inizialmente, negli stadi iniziali dello sviluppo, impediva il differenziamento delle cellule dell’ectoderma, adesso negli stadi più tardivi e in tipi diversi di cellule, esso possa avere anche una funzione diversa (capacità di rispondere a un fattore= competenza)]. Ciò che determina il tipo di risposta mostrata da ciascuna cellula, sarà la presenza nella cellula stessa di specifici recettori che attivano specifiche catene biochimiche. Ciò che determina il tipo di recettore presente dipende invece da altri fattori incontrati dalla cellula durante lo sviluppo, e che hanno specificato la regione di appartenenza della cellula all’interno del tubo neurale, limitando il numero di destini possibili che la cellula può intraprendere. Ovviamente non tutti i precursori della cresta possono trasformarsi in neuroni simpatici, quindi tra le prime cellule differenziate in questo senso, troviamo un fattore, espresso sotto l’azione del BMP, chiamato GGF (glial growth factor), che si diffonde ed impedisce il differenziamento in neuroni simpatici degli altri precursori della cresta 5 ancora indifferenziati, e che li induce a formare le cellule di Schwann. Questo è un meccanismo di equilibrio tra i neuroni simpatici e le cellule di Schwann, in modo tale che gli assoni siano correttamente mielinizzati. Un altro esempio di differenziamento è osservabile nel processo di formazione della corteccia cerebrale: Inizialmente la corteccia cerebrale è formato solamente da un sottile strato di precursori della zona ventricolare. In questa zona avvengono due tipi di mitosi: una verticale ed una orizzontale. Le mitosi verticali, hanno un asse di divisione cellulare verticale, e vanno a produrre due precursori che torneranno nel ciclo mitotico in modo da soddisfare così il fabbisogno numerico di molte cellule per formare l’intero spessore cellulare. Le mitosi orizzontali, hanno un asse di divisone cellulare orizzontale, e producono un nuovo precursore nella zona ventricolare e una cellula figlia localizzata più dorsalmente; quest’ultima inizia la propria differenziazione cellulare, ereditando fattori di tipo numb. Per la differenziazione è necessario che tale cellula esca dalla zona germinativa e inizi a migrare verso l’ “alto”, andando così a formare i neuroni dei vari strati corticali. La migrazione avviene grazie a dei “binari” disposti radialmente, formati dai processi delle cellule gliali (glia radiali). Questa migrazione è detta migrazione radiale. ORDINAMENTO DI POSIZIONE DELLE CELLULE POSTMITOTICHE La formazione dei vari strati corticali ha un preciso ordine secondo cui le prime cellule che diventano postmitotiche vanno a formare lo strato più profondo (il 6°), mentre quelle che diventano postimitotiche più tardi si vanno a posizionare sopra di esso formando via via nuovi strati più superficiali. Fattore chiave> MOMENTO dello sviluppo in cui la celletta diventa postmitotica e inizia la migrazione radiale. Se si osserva un trapianto tra le cellule di un embrione giovane e di un embrione allo stato tardivo, notiamo due comportamenti: 1. Le cellule già specificate per diventare neuroni vanno a posizionare negli stati profondi; 2. Le altre cellule assumono il destino delle cellule ventricolari dell’ospite, andandosi a posizionare negli strati più superficiali; La scelta del comportamento si basa sul momento di prelazione delle cellule del donatore. Se(1), le cellule sono già nelle FASI FINALI dell’ultima mitosi, il loro destino non è più modificabile e avendo già acquisito i fattori di indirizzamento di strato, essa si va a posizionare in base ad esse; Se(2) le cellule si trovano nelle FASI INIZIALI, esse variano il loro destino sulla base dei fattori presenti nel tessuto dell’accettatore, migrando negli strati più superficiali; Questo processo di neuorgenesi corticale e di migrazione attraverso la placca corticale avviene nell’uomo entro la 16° e la 20° settimana di gestazione. A questo stadio la corteccia è ancora lontana dall’aspetto che ha nell’adulto, infatti i neuroni hanno tutti lo stesso aspetto di tipo piramidale e hanno solo un dendrite, le cellule gliali non sono ancora differenziate ecc. La differenziazione in vari tipi di neuroni e quella delle cellule glieli, così come la vascolatura, sono ancora in atto alla nascita. I processi postnatali sono dovuti più che alla neurogenesi, alla crescita delle armonizzazioni dendritiche e assonali, alla sinaptogenesi, allo sviluppo della glia, e della vascolatura, e della mielinizzazione. Morte Cellulare Programmata (Mcp) La neurogenesi produce un numero di neuroni superiore a quello che successivamente possiede un adulto. Infatti il numero totale dei neuroni è dovuto ad una decrescita di essi stessi fino al raggiungimento del numero standard dell’adulto. Questa decrescita, che avviene durante lo sviluppo fetale, è messa in atto da un processo chiamato MPC. La MCP avviene attraverso un meccanismo di tipo apoptico, cioè un meccanismo che porta alla degradazione delle proteine 6 e del DNA senza che avvenga la rottura della membrana. Insieme a questo meccanismo si deve attivare uno specifico programma genico che vede l’interazione tra geni pro-apoptici (bax) e anti-apoptici (bcl-2). Per far sì che avvenga la degradazione del neurone è necessario che l’azione dei geni pro-a. prevalga su quelli anti- a. Il bilancio tra questi due geni è deciso dai fattori neurotrofici (che sono fattori proteici) che sono in grado di inibire l’apoptosi (es: NGF). Questi fattori sono captati dagli assoni che innervano la cellula bersaglio e vanno quindi ad inibire il processo di MCP. Gli assoni che arrivano alle cellule bersaglio COMPETONO tra loro per ricevere fattori neurotonici sufficienti per la loro sopravvivenza. “Fanno a gara” perché i fattori neurotrofici sono prodotti in quantità limitata. Quindi c’è sempre un certo numerico di neuroni che rimane privo di fattori neurotrofici e che va incontro alla MCP. Popolazioni neuronali diverse dipendono da fattori neurotrofici diversi per la loro sopravvivenza. Affinché i neuroni siano capaci di rispondere in maniera appropriata ai fattori neurotrofici, è necessaria anche la loro attività elettrica, suggerendo la possibilità che la selezione dei neuroni sopravvissuti alla MCP avvenga sulla base dell’attività elettrica. Altra funzione della MCP è l’eliminazione di strutture del SN che compaiono provvisoriamente durante lo sviluppo, ma che poi vengono eliminate grazie alla MCP. Esempio: neuroni del tubo neurale che hanno la funzione di regolazione della suddivisione in regioni lungo l’asse dorso-ventrale mediante rilascio di SHH (vedi su). Formazione Dei Circuiti Neurali: Allungamento Degli Assoni, Sinaptogenesi, Mielinizzazione Un processo fondamentale nella costruzione del SN è la formazione dei circuiti nervosi, che implica la formazione di connessioni capaci di trasmettere velocemente e in modo affidabile le informazioni tra specifici gruppi di neuroni. Questo processo può essere diviso in 3 fasi: 1. Allungamento Degli Assoni: Possiamo notare un preciso schema di formazione nelle connessioni nervose; questo schema si forma per mezzo di meccanismi che permettono agli assoni, costituenti tali connessioni, di crescere, scegliendo con molta precisione il neurone da contattare e con cui formare sinapsi. La precisione è dovuta da etichette molecolari che guidano l’assone verso il suo bersaglio (esperimento di Sperry sulla formazione delle connessioni nel sistema visivo della rana: vedi libro pagina 61). Modello sperimentale nella rana della formazione delle connessioni nel sistema visivo. Anche nella rana esiste una mappa retinotopica (?) nelle strutture bersaglio della retina. La principale struttura visiva bersaglio del nervo ottico è il tetto ottico controlaterale. Ordine di innervazione: - Retina anteriore (nasale) innerva la parete posteriore del tetto; - Retina posteriore (temporale) innerva la parete anteriore del tetto; Sperry notò che sezionando gli assoni del nervo ottico, questi si rigenerano riformando delle connessioni normali con i neuroni bersaglio. Allora fece la stessa cosa ma ruotando, dopo aver sezionato gli assoni, l’occhio della rana di 180°, e aspettò che si rigenerassero. Notò che anche se l’occhio era stato ruotato, l’ordine di innervazione non cambiava, la retina anteriore innerva il tetto posteriore e la retina posteriore quella anteriore, perché la ricrescita degli assoni del nervo ottico è guidata dalla ricerca di quelle cellule che in funzione della loro posizione nel tetto ottico, esprimono etichette molecolari complementari a quelle che gli assoni del nervo ottico esprimono. 7 crescere verso le zone a maggior concentrazione della sostanza chemoattratrice, secondo un processo chiamato chemiotassi. Esempio: regolazione della crescita degli assoni commissurali che nell’adulto collegano le due metà del midollo spinale; questi assoni partono da neuroni dorsali per poi dirigersi in zone ventrali poiché si trovano maggiori concentrazioni di netrina, una molecola che stimola la loro crescita e prodotta dal pavimento del tubo neurale; • Tipo 5: regolazione tramite inibizione della crescita attraverso gradienti di chemorepulsori (regolazione tramite chemorepulsione). Esempio: la netrina è cherepulsiva per la crescita dei motoneuroni di alcuni nervi cranici, i cui assoni al contrario si allontano dalle zone ventricolari; NETRINA: esempio di come un fattore possa agire sia in modo attrattivo che repulsivo in base a tipi diversi di assoni. Forma un gradiente ventro-dorsale nel tubo neurale. • Tipo 6: regolazione tramite inibizione da contatto dipende da molecole repulsive che si trovano sulla membrana di cellule che l’assone incontra durante la crescita. Esempio: regolazione degli assoni retinici verso il tetto ottico; infatti si è scoperto che gli assoni retinici della parte anteriore evitano di crescere sulle membrane anteriori del tetto ottico e viceversa con gli assoni retinici della parte posteriore. Quindi gli assoni retinici posteriori invadono il tetto ottico anteriore ma non crescono verso le zone più posteriori per la presenza di fattori repulsivi presenti sulla membrana cellulare delle cellule del tetto ottico posteriore; 2. Sinaptogenesi: Come per la neurogenesi, anche nella sinaptogenesi esistono due fasi distinte, una costruttiva ed una regressiva. FASE COSTRUTTIVA: Nella formazione di un contatto simpatico contribuiscono sia i terminali pre che post sinaptici, attraverso un processo di mutua interazione. Inizialmente, nel momento del contatto tra l’assone e il suo bersaglio, si forma una prima sinapsi ma che ancora risulta essere immatura. La statura tipica delle sinapsi si raggiunge dopo diverse settimane e che continua anche dopo la nascita. —> sinaptogenesi della sinapsi neuromuscolare: Nonostante abbiamo detto che appena l’assone incontra il suo bersaglio si forma una prima sinapsi immatura, possiamo comunque notare che sui due, in questo caso parliamo di assone del nervo motore e di fibra muscolare, si trovino già presenti gli elementi tipici di una sinapsi matura; infatti su di essi troviamo sia le vescicole sinaptiche (terminale assonico) sia i recettori nicotinici (fibra muscolare postsinaptica). La funzione della sinaptogenesi è quella di organizzare questi elementi e di aumentarne la produzione per ottimizzare il processo di trasmissione sinaptica. Processo della sinaptogenesi: 1. Contatto assone-cellula muscolare; 2. Cambiamenti morfologici e biochimici sia in due terminali che nel vallo sinaptico; 3. Tipi di cambiamenti evidenti per zona: a. Spazio extracellulare: deposizione di una spessa lamina basale; 10 b. Terminale postsinaptico: aumento del numero dei recettori nel tratto sottostante al terminale presinaptico [l’aumento dei recettori è dato dal loro raggruppamento intorno alla zona postsinaptica in quanto prima erano dispersi lungo tutta la membrana della cellula muscolare, e anche dalla loro produzione ex novo dal nucleo e dai ribosomi che risiedono sotto la sinapsi] + loro diminuzione al di fuori della zona sinaptica; c. Terminale presinaptico: le vescicole si accumulano e si creano le zone di rilascio del trasmettitore; Quali sono i fattori responsabili della maturazione, e quindi dei cambiamenti a livello di terminali e vallo sinaptico, nel processo sinaptogenico? Lo stimolo che induce l’organizzazione del terminale presinaptico e il raggruppamento dei recettori postinaptici è contenuto nella lamina basale. Per quanto riguarda la fibra postsinaptica, il fattore responsabile del differenziamento postsinaptico è l’agrina, una proteina prodotta dal motoneurone, trasportata nell’assone e rilasciata nella lamina basale. Ruolo agrina: attiva alcune vie biochimiche che coinvolgono il recettore MuSK e la rapsina (quest’ultima ancora i recettori sintetici al sito sinaptico impedendo la loro diffusione verso zone extrasinaptiche). Esiste anche un’altra proteina che contribuisce all’organizzazione dei terminali postisinaptici, questa è la neuregolina. Ruolo neuregolina: rilasciata sempre dai motoneuroni nella lamina, ha il ruolo di attivare la trascrizione genica dei recettori nel nucleo della cellula muscolare localizzata sotto la sinapsi. 11 FASE REGRESSIVA: Questa fase corrisponde sostanzialmente all’eliminazione di alcune sinapsi. Durante la sinaptogenesi più di un assone innerva una fibra muscolare (innervazione polineuronale), ma via via con lo sviluppo alcune sinapsi vengono eliminate (eliminazione sinaptica). Tale processo è dovuto a meccanismi competitivi tra gli assoni che innervano la stessa fibra, che coinvolgono la retrazione delle branche assonali in eccesso (e delle sinapsi corrispondenti) e l’espansione della fibra assonale rimasta. I meccanismi di competizione tra gli assoni richiedono l’intervento anche dell’elemento postsinaptico; infatti ci sono indicazioni per cui tale competizione possa avvenire in funzione dell’attività elettrica della fibra afferente, per cui: Eliminazione sinaptica = In corrispondenza ad un terminale assonico con minore attività elettrica ( cioè che attiva i recettori postsinaptici in misura minore rispetto ai terminali assonici con attività elettrica maggiore ) avviene il dissemblaggio dei recettori postsinaptici, a cui segue l’invio di un messaggio all’assone che ne induce l’eliminazione. 
 —> sinaptogenesi nel sistema nervoso centrale: Le sinapsi del SNC sono molto piccole e sono presenti in densità maggiore rispetto a quelle dei neuroni motori. Come abbiamo visto per questi ultimi, anche gli elementi costituenti le sinapsi del SNC (come vescicole e recettori) risultano già presenti nella sinaptogenesi. Essi vengono organizzati solamente dopo l’incontro fra il terminale pre/ post, con meccanismi simili a quelli delle sinapsi neuromuscolari [es. raggruppamento recettori postsinaptici a livello del sito sinaptico]. La differenza sostanziale tra le sinapsi neuromuscolari e quelle nervose è che le seconde hanno una difficoltà in più, ovvero la diversità di tipologia dei recettori sinaptici specifici. Infatti, un neurone del SNC riceve ingressi sinaptici da neuroni che rilasciano recettori sinaptici diversi. Dunque, proteine diverse determinano il raggruppamento di recettori sinaptici diversi (es. gefirina). Anche nella sinaptogenesi del SNC troviamo una fase regressiva. Nel SNC, però, bisogna sottolineare che esistono differenze a livello di costruzione/eliminazione delle sinapsi in base alle diverse aree corticali. Ad esempio, la densità delle sinapsi della corteccia visiva aumenta velocemente alla nascita, raggiungendo il picco tra il primo e il secondo anno di vita, a cui segue un decremento fino alla stabilizzazione in fase della pubertà. Nella corteccia prefrontale il processo di sinaptogenesi è molto più lento e tardivo, il cui picco di densità si ha nell’età adulta. 3. Mielinizzazione: La formazione della mielina lungo le vie nervose costituisce l’ultimo stadio dello sviluppo nervoso ed è composta da due processi sovrapposti in parte. Gli oligodendrociti proliferano e si differenziano nel primo stadio, poi nel secondo, una volta differenziati, iniziano a produrre gli avvolgimenti mielinici degli assoni che costituiscono di fatto la guaina mielinica. Oltre a questa funzione, essi sono molto importanti perché, grazie alla loro capacità di posizionare strategicamente i canali ionici, tali da ottimizzare la trasmissione dei potenziali di azione in presenza di guaina mielinica, hanno anche effetti sullo sviluppo degli assoni. Questa loro capacità è dovuta alla produzione di fattori tipici per queste cellule nervose, in grado di raggruppare dei canali sodio voltaggio-dipendenti ai nodi di Ranvier (necessari per la conduzione saltatoria del potenziali di azione). Quindi gli oligodendrociti sono responsabili dello sviluppo della guaina mielina e dei nodi di Ranvier, entrambe strutture necessarie per la conduzione saltatori del potenziale. 12 L’acuità visiva è data dall’inverso del valore ottenuto prendendo una soglia del 75% di risposte corrette dell’osservatore. G. Attività elettrica cerebrale: • Sorgenti dell’attività elettroencefalografica: L’attività elettrica del cervello può essere misurata attraverso degli elettri posti sullo scalpo, quello che si ottiene è l’ELETTROENCEFALOGRAMMA (EEG), cioè la misura del flusso di corrente extracellulare che viene generato dalla somma delle attività di un elevato numero di neuroni. L’attività sinaptica delle cellule piramidali è la principale fonte dell’attività dell’EEG. Il segnale EEG è caratterizzato da variazioni del potenziale che si presentano con frequenze tra 0.5 e 30 Hz. Si distinguono 4 bande di frequenza che esprimono livelli di attivazione diversi, il ritmo beta (14-30Hz, corrispondono ad uno stato di attenzione e allerta), alfa (8-13 Hz, veglia rilassata), theta (5-7 Hz), e delta (0.5-4 Hz). Compartimentalizzazione degli ingressi importante per comprendere la polarità delle onde… • Registrazione dell’attività EEG durante lo sviluppo: I primi segni di attività cerebrale si possono notare all’età gestazionale di circa 24 settimane. Quelle che vengono registrate sono onde lente (o.3-1 Hz) di grande ampiezza (200-300 mV), intervallate da un silenzio elettrico che può arrivare fino a 40 sec. Dopo la 37esima - 39esima settimana questi silenzi scompaiono. Le caratteristiche dell’attività cerebrale della 27esima-28esima settimana di età gestazionale sono diverse in base ai diversi stati comportamentali dell’organismo; infatti se esso si troverà in uno stato di sonno calmo, troveremo 15 attività elettrica discontinua, mentre se esso si troverà in uno stato di sonno attivo, avremo onde più continue, rintracciabili già tra la 27esima e la 30esima settimana di età gestazionale. Attività EEG simili a quelle adulte si possono già riscontrare nel 2°-3° mese di vita postnatale anche se queste attività avranno onde e dimensioni diverse da quelle dell’adulto. Solo alla fine del primo anno di vita il bambino avrà attività elettriche cerebrali uguali a quelle degli adulti. Un neonato in stato di veglia ha attività elettrica con frequenze di bassa ampiezza che vano da 1 a 7 Hz. Al terzo mese di vita compare un’attività ritmica occipitale intorno ai 3-4 Hz e con il procedere dell’età si assiste ad un aumento del ritmo occipitale che intorno all’anno di vita raggiunge i 6-7 Hz. • Potenziali evocati: La tecnica dei potenziali evocati permette l’individuazione di risposte specifiche a determinati stimoli ed è molto utilizzata perciò nello studio delle risposte a stimoli sensoriali e nello studio dello sviluppo cognitivo. Al contrario dell’EEG, che è spontaneo, qua l’attività è evocata da uno stimolo. [ Il posizionamento degli elettrodi per la registrazione dei segnali PE viene in genere fatto secondo sistemi standardizzati che ne consentono la registrazione lungo gli assi antero-posteriore e quello medio-laterale. Il nome degli elettrodi deriva dalla loro prossimità alle strutture cerebrali sottostanti e dalla loro posizione sul piano laterale; a elettrodi collocati sulla sinistra della linea mediana vengono assegnati numeri dispari, a elettrodi collocati sulla destra numeri pari, e z connota le aree sulla linea mediana.] Identificare la sorgente del segnale PE in termini di aree cerebrali in cui avviene l’attivazione neuronale è difficile in quanto data la natura stessa dell’EEG, il segnale registrato da ogni elettrodo è una combinazione di segnali che hanno origine in aree cerebrali diverse. I PE soffrono di una difficoltà nella localizzazione della sorgente del segnale; il problema dell’individuazione delle sorgenti del segnale PE può essere affrontato con metodi quali l’analisi delle componenti indipendenti, che consente di costruire, per ogni componente del PE, una mappa del potenziale elettrico sullo scalpo che ne rappresenta la distribuzione topografica. I segnali PE sono segnali di bassa ampiezza, se paragonati all’EEG spontaneo. Non è quindi possibile osservare risposte evocate dopo una singolo stimolazione, in quanto i PE sono mascherati dall’EEG spontaneo. Viene quindi usato un procedimento di sommazione e media dell’attività elettrica registrata in sincronia con le ripetizioni della presentazione dello stimolo. La risposta evocata risultante ha una morfologia costituita da una successione di picchi e avvallamenti di cui si può misurare la latenza e e l’ampiezza. - PE sensoriali: Gli stimoli maggiormente utilizzati sono quelli somestetici, visivi ed uditivi. Le attività della corteccia del PE con latenza fino a 100-150 msec sono ritenute un prodotto dell’attività della corteccia sensoriale primaria (somatosensoriale primaria, visiva primaria, acustica primaria). Le componenti più tardive dovrebbero invece riflettere l’attività delle aree associative. Alla nascita sia per PE da stimoli acustici, visivi e somatosensoriali sono presenti alla nascita e anche in bambini prematuri ma differiscono dalle risposte evocate nell’adulto sia per la latenza che per il numero e l’ampiezza delle onde che compongono il PE. Con il procedere della crescita, per tutti i PE sensoriali, il numero delle componenti nella risposta evocata aumenta e le latenze diminuiscono. Questa complessità crescente dei PE dovrebbe riflettere lo sviluppo dei circuiti corticali e della complessità delle elaborazioni. Le forme d’onda più tardive, riferite a funzioni cognitive evocate, ad esempio, da stimoli con contenuto linguistico, maturano ancora più tardivamente. - PE nello studio dello sviluppo cognitivo: Diverse componenti dei PE sono state utilizzate per mappare lo sviluppo dei correlati neurali delle diverse funzioni cognitive. Ecco alcune componenti più utilizzate: 16 - Mismatch negativity (MMN): onda negativa evocata dalla presentazione di uno stimolo uditivo o visivo che compare infrequentemente in una sequenza di presentazione di stimoli standard (paradigma oddball= Il paradigma dell' "odd-ball" è usato in neuroscienze per capire se un soggetto è capace di distinguere e riconoscere uno stimolo. Al soggetto vengono presentate delle sequenze di due stimoli, che differiscono per caratteristiche fisiche. Uno degli stimoli occorre frequentemente, l'altro infrequentemente (quest'ultimo è lo stimolo target), il soggetto deve riconoscere e contare gli stimoli rari.) Firma neurale per la detenzione di un evento infrequente; - Nc: grande onda negativa che si presenta nel bambino tra i 400 e gli 800 msec. dopo la presentazione di uno stimolo infrequente in paradigmi oddball. La Nc è la componente più grande dei PE dei neonati e dei bambini. È un’onda posta in relazione con i processi attentivi. Secondo Nelson la Nc è un indice di attenzione obbligatoria. Le ampiezze della Nc sembrano evolvere progressivamente con lo sviluppo e verso i 4 anni quest’onda sembra evolvere nella N400. - N400: onda negativa, presente anche negli adulti, che sembra essere un indicatore della discriminazione fra eventi rari o frequenti e della facilità con cui uno stimolo viene elaborato e collocato nel contesto corrente. La N400 è correlata ai processi semantici, e non è solo una risposta a parole inaspettate. P300: tipicamente evocata con paradigmi oddball in risposta alla comparsa dello stimolo infrequente. Questa onda è positiva la cui latenza diminuisce con la crescita. All’età di 8 anni, comunque, è presente ancora una significativa latenza rispetto all’adulto. La latenza del bambino si allinea con quella dell’adulto intorno ai 15 anni. La P300 è stata messa in relazione con la detezione di uno stimolo nuovo. L’accorciamento della latenza corrisponde all’accorciamento dei tempi di reazione, suggerendo che la P300 è un indicatore dei processi di elaborazione che portano alla identificazione di un nuovo stimolo. H. Applicazione della risonanza magnetica allo studio dello sviluppo del cervello umano: • Risonanza magnetica: Visualizzazione dell’anatomia cerebrale tramite risonanza magnetica. Attraverso questa tecnica è stato possibile studiare sia lo sviluppo volumetrico cerebrale sia lo sviluppo di singole strutture. • Risonanza magnetica funzionale: Tecnica che si basa sull’osservazione che l’emoglobina diventa altamente paramagnetica quando si trova nello stato de-ossigenato, determinando una riduzione del segnale di risonanza magnetica. Lo stato di ossigenazione del sangue può quindi essere utilizzato come mezzo di contrasto naturale. Aree altamente ossigenate produrranno un segnale di risonanza magnetica maggiore di aree meno ossigenate; questi cambiamenti nell’intensità del segnale correlati con lo stato di ossigenazione dell’emoglobina sono visibili in immagini. Le regioni altamente ossigenate corrispondono ad aree cerebrali più attive rispetto a quelle meno ossigenate. Funzioni Sensoriali E Cognitive Nel Feto Capacità Sensoriali Del Feto Tatto: È il primo senso che si sviluppa nel feto (già a 8-9 settimane si ha, nel feto, una risposta agli stimoli tattili di labbra e guance). A partire dalla 14esima settimana di gestazione la maggior parte del corpo è sensibile allo stimolo tattile. 17 - Via DORSALE: dalla V2 e dallo strato 4°B della V1, fino alla MT, convoglia l’informazione verso le aree parietali posteriori. Questa via elabora informazioni sul movimento e la stereopsi. È chiamata via del “dov’è?” Ed è legata all’ingresso M. 2. Il Sistema Visivo Alla Nascita: Alla nascita nel bambino si sono già formati: • Le vie visive; • Corteccia visiva che riceve i segnali dalla retina; • NGL con lamine; • Colonne di dominanza oculare strato 4° della V1; Lo sviluppo del sistema visivo lo possiamo notare nella V1, dalla successione temporale dello sviluppo prenatale degli strati corticali (prima gli strati profondi poi quelli più superficiali) che si mantiene anche postnatalmente. 3. Sviluppo Dell’acuità Visiva: Acuità visiva: potere risolutivo spaziale del sistema visivo, cioè la misura di quanto finemente un soggetto è in grado di discriminare i dettagli di uno stimolo visivo. Alla nascita è 40 volte più basso che nell’adulto, e in quest’ultimo l’acuità visiva massima corrisponde ad un sessantesimo di un grado di angolo visivo. L’acuità può essere stimata utilizzando dei reticoli, cioè stimoli visivi periodici costituiti da righe chiare e scure. Quando si utilizzano i reticoli, l’acuità visiva si definisce in termini di massima frequenza spaziale per cui un reticolo è ancora visibile. La frequenza spaziale è il numero di periodi (cicli) contenuti in un grado di angolo visivo. Nell’uomo adulto l’acuità visiva è intorno ai 50 cicli/grado. Nel neonato l’acuità visiva si valuta o con tecniche comportamentali (fissazione preferenziale) o con tecniche elettrofisiologiche (PEV, potenziali evocati visivi). Da queste tecniche si è stabilito che l’acuità visiva si sviluppa molto velocemente nei primi mesi di vita, a 6 mesi l’acuità è già solo 6-8 volte più bassa di quella dell’adulto, m a dopo questo periodo di crescita, lo sviluppo dell’acuità rallenta e i valori che si hanno nell’adulto si raggiungono solo ai 6 anni di età. 4. Sviluppo Della Sensibilità Al Contrasto: La sensibilità al contrasto è bassa alla nascita viene misurata attraverso la presentazione di un reticolo di cui si riduce il contrasto fino a determinare il punto in cui il bambino non vede più il reticolo. La soglia di contrasto è il minimo contrasto di una determinata frequenza spaziale, per cui il soggetto riesce a vedere ancora il reticolo. L’inverso della soglia di contrasto è la sensibilità al contrasto; quest’ultima dipende dalla frequenza spaziale. Nell’adulto il massimo di sensibilità si ha per frequenze spaziali intorno ai 3 cicli/grado (con sensibilità minori per frequenze più alte e più basse). Nel neonato la sensibilità al contrasto, essendo più bassa che nell’adulto, mostra un massimo a frequenze spaziali molto inferiori a quelle per cui l’adulto mostra la massima sensibilità. Quindi per ogni frequenza spaziale, il neonato richiede un contrasto più alto di quello richiesto dall’adulto per poter vedere il reticolo. La sensibilità al contrasto migliora con lo sviluppo del bambino, ma non arriva ad eguagliare quella dell’adulto fino ai 6 anni di età. 20 5. Meccanismi Alla Base Dello Sviluppo Dell’acuità Visiva E Della Sensibilità Al Contrasto: Acuità visiva=> I fattori che maggiormente contribuiscono allo sviluppo dell’acuità visiva sono lo sviluppo della retina e lo sviluppo delle proprietà dei campi recettivi dei neuroni lungo le vie visive (NGL e V1). Nel neonato la fovea, responsabile dell’alta acuità visiva nell’adulto, è immatura. Se nell’adulto i coni foveali sono densamente impacchettati in un mosaico ordinato, nel neonato questi sono più larghi e meno densamente impacchettati (circa 4 volte meno densamente rispetto all’adulto, e a 45 mesi circa la metà dell’adulto). Questo risulta essere un limite evidente, poiché riduce il campionamento dell’immagine visiva. Quindi il primo fattore che contribuisce allo sviluppo dell’acuità visiva è la maturazione della fovea. Un primo ruolo nello sviluppo delle proprietà dei campi recettivi dei neuroni visivi, risiede nelle caratteristiche morfofunzionali, proprio dei neuroni visivi del NGL e della V1, ancora immature alla nascita; infatti i neuroni dell’NGL continuano ad aumentare di dimensioni fino ai 2 anni di età e la densità sinaptica della V1 alla nascita, è in una fase di rapido aumento fino agli 8-12 mesi per poi decrescere ( <indicazione di una riorganizzazione degli ingressi sinaptici dei neuroni corticali + potatura di alcuni ingressi). La densità sinaptica adulta viene raggiunta verso gli 11 anni. In alcuni mammiferi la riduzione di connessioni sinaptiche corrisponde alla progressiva riduzione della dimensione dei campi recettivi, e da ciò segue un aumento della risoluzione spaziale delle cellule e dall’aumento della selettività per la frequenza spaziale dello stimolo. Un secondo ruolo nella maturazione delle proprietà dei neuroni corticali visivi è messo in atto dallo sviluppo della circuiteria inibitoria. Infatti riduzioni del trono inibitorio determinano un allargamento cospicuo dei campi recettivi corticali. Durante lo sviluppo, la circuiteria inibitoria intracorticale matura più lentamente rispetto a quella eccitatoria, e i suoi tempi di sviluppo correlano con la riduzione delle dimensioni dei campi recettivi corticali e l’aumento dell’acuità visiva. Quindi il secondo fattore che contribuisce alla maturazione dell’acuità visiva è dato dallo sviluppo dell’insieme delle caratterstiche morfofunzionali dei neuroni corticali visivi (aumento dimensioni neuroni NGL + aumento/ decremento densità neuroni V1) e della maturazione della circuiteria inibitoria che favorisce l’allargamento dei campi recettivi corticali. Sensibilità al contrasto=> limitata dal lento sviluppo della retina e delle strutture postretiiche; infatti nelle scimmie neonate vediamo che l’immaturità della fovea fa sì che anche la sensibilità al contrasto sia poco sviluppata. Le scimmie neonate hanno una sensibilità al contrasto della visione foveale uguale a quella periferica, cosa che è differente nelle scimmie adulte (sensibilità foveale più alta rispetto a quella periferica). 6. Sviluppo Della Visione Stereoscopica: Le cellule binoculari che si trovano nelle aree visive corticali come la V1, sono cellule che ricevono ingressi da entrambi gli occhi. Queste cellule sono fondamentali, perché sono sensibili alla disparità retinica. Tale disparità è essenziale per la visione tridimensionali (stereopsi). La disparità retinica origina dal fatto che un oggetto più vicino (o più lontano) a noi rispetto al punto di fissazione, forma la sua immagine sulla retina di un occhio in un punto che non è alla stessa distanza dalla fovea rispetto al punto in cui l’immagine si forma nell’altro occhio. Questa disparità è responsabile della percezione tridimensionale, e la sua presenza è valutabile solo da cellule binoculari. La percezione tridimensionale è assente alla nascita. Questo lo sappiamo grazie all’uso di tecniche sia comportamentali (fissazione preferenziale) che elettrofisiologiche. Il bambino nel primo caso, tende a fissare più a lungo lo stimo tridimensionale rispetto a quello piatto. Questo accade solo se i meccanismi della stepposi 21 binoculare sono già attivi, altrimenti anch’esso gli apparirà piatto. Se la fissazione preferenziale indica che per determinati stimoli è presente la stereopsi, per trovare la misura della minima disparità retinica percepibile (acuità stereoscopica) si procederà a ridurre la disparità retinica. Nelle indagini elettrofisiologiche i risultati sono stati gli stessi; la stereopsi è assente alla nascita e comincia a manifestarsi soltanto ai 4 mesi di vita, con valori ovviamente minori rispetto a quelli adulti, aumentando con lo sviluppo, fino a raggiungere i valori adulti ai 7 anni di età. La comparsa della percezione della profondità binoculare è correlata alla maturazione della binocularità dei neuroni nella V1. Esiste una seconda sorgente di maturazione, ma è meno importante, questa è relativa ai movimenti di convergenza dei due occhi. Tutti questi risultati ci suggeriscono che l’aspetto critico per la stereopsi è lo sviluppo neurale e che questo deve attraversare uno scalino maturativo cruciale entro i 3 mesi di vita. La percezione della vicinanza/lontananza di un oggetto può avvenire ance in visione monoculare, grazie alla presenza di indizi prospettici; il giudizio della distanza sulla base degli indizi prospettici inizia ad essere presente dai 7 mesi d’età. Sempre a questa età il bambino inizia a discriminare se un oggetto è convesso o concavo. 7. Sviluppo Dell’accomodazione: Il bambino fin dalla nascita è in grado di mettere a fuoco; dalla nascita fino al primo mese di vita riesce però a mettere a fuoco soltanto oggetti a distanza ravvicinata (30 cm). L’accomodazione, cioè la capacità di variare la potenza dell’occhio per mettere a fuoco oggetti a distanza diversa, è molto scarsa. L’accomodazione sviluppa velocemente, e intorno alle 13-16 settimane, il bambino è in grado di mettere a fuoco in modo accurato sia oggetti vicini che lontani. 8. Svilupo Della Visione Dei Colori: [RIPASSO VISIONE COLORI VECCHI APPUNTI] Nel bambino i coni sono funzionali alla nascita e le caratteristiche dei loro spettri di assorbimento non differiscono rispetto a quelle dell’adulto. La capacità di discriminare i colori è documentata a partire dai due mesi di età (studi elettrofisiologici per la sensibilità al contrasto cromatico). Lo sviluppo della sensibilità ai colori mostra una maturazione più rapida rispetto a quella per il contrasto di luminanza, ed entro pochi mesi rispecchia quella dell’adulto. 9. Sviluppo Del Riconoscimento Delle Forme E Degli Oggetti: La capacità di riconoscere una forma anche se questa viene presentata inclinata è presente molto precocemente. Legata a questa capacità, c’è quella di percepire un oggetto come parzialmente coperto da un altro. Per indagarla hanno sottoposto un bambino ad un protocollo di abituazione a cui hanno presentato inizialmente lo stimolo di un bastone inclinato coperto dall’occlusore, dopo, invece, due stimoli diversi tra loro e da quello iniziale. Il primo è dato da un bastone inclinato e basta, il secondo da due segmenti spezzati nel mezzo in corrispondenza della posizione dell’occlusore che comunque non risulta presente. Se il bambino ha inizialmente percepito un bastone intero dietro l’occlusore allora lo stimolo del bastone intero gli risulterà familiare, mentre quello spezzato nuovo. Se invece il bambino dietro all’occlusore non ha percepito un bastone ma due segmenti spezzati, allora sarà il contrario. 22 C] Verso i 3 mesi i bambini padroneggiano la smooth pursuit e infatti i loro movimenti oculari spesso predicono il movimento dello stimolo in maniera anticipatoria. In questo stadio le aree della FEF potrebbero iniziare a contribuire al controllo dell’orientamento. 
 12. Giudizio Visivo Della Numerosità E Capacità Di Compiere Somme E Sottrazioni Nel Bambino: I bambini possono discriminare fra piccoli gruppi di oggetti di differente numerosità. In un esperimento si conferma che i bambini già a 5 mesi sono in grado si valutare relazioni numeriche. [B] Lo Sviluppo Della Funzione Acustica 1. Organizzazione Anatomico-Funzionale Del Sistema Acustico … 2. Sviluppo Della Sensibilità Per L’intensità Del Suono: Soglia Assoluta E Discriminazione Dell’intensità: Per determinare le soglie acustiche nei bambini si sono utilizzate tecniche sia comportamentali come la CHT (conditioned head turning) che elettrofisiologiche come la ABR (auditory brainstem responses). Con l’ABR, tecnica che utilizza potenziali con forma d’onda complessa, in cui si evidenziano vari picchi, la cui sorgente è data da diverse strutture acustiche nel tronco dell’encefalo, si è visto che le forme d’onda e le latenze maturano con l’età e corrispondo più o meno a quelle adulte verso i 2,5 anni. Con questa tecnica si è visto che la sensibilità alla nascita corrisponde a un valore che risulta essere di 10-15 decibel inferiore a quello dell’adulto. Questo valore migliora nell’arco dei primi sei mesi di vita in modo notevole. Con l’CHT il risultato è stato simile ma non uguale; infatti i risultati documentati hanno mostrato una sensibilità inferiore rispetto a quelli evidenziati con l’ABR. Alla nascita i bambini sono più sensibili alle frequenze basse (sotto 400 Hz), ma dai 3 ai 6 mesi diventano più sensibili a quelle alte (sopra 400 Hz). In ogni caso, anche se è presente un netto miglioramento acustico postnatalmente, possiamo dire che le frequenze standard che vi sono in un ambiente naturale sono udibili fin dalla nascita perché sono sopra la soglia dei 400 Hz. 3. Sviluppo Della Percezione Delle Frequenze Acustiche: Con tecniche comportamentali si è visto che già a 6 mesi i bambini possono discriminare un aumento o una diminuzione nella frequenza acustica del 2% per l’intervallo delle frequenze centrali (quelle per cui siamo più sensibili e che contribuiscono più di tutte nella produzione e nella percezione del linguaggio). A 3 mesi, questa capacità di discriminazione è di poco inferiore, circa 3%. A 7 mesi, grazie alla tecnica della CHT, si può stabilire che i meccanismi neurali per la percezione del tono acustico siano già abbastanza maturi. Un correlato neurale per la discriminazione delle frequenze acustiche è dato dallo sviluppo dei neuroni acustici della selettività per le frequenze del suono. 25 Si può notare dalle curve di risposta dei neuroni acustici, che queste, con l’età, diventano sempre più strette, e ciò corrisponde con l’aumento progressivo della reciprocità dei neuroni acustici. Più nello specifico, questo restringimento sembra essere dato dallo sviluppo della locale circuiteria inibitoria (come per lo sviluppo dei campi recettivi corticali visivi). Anche la rappresentazione tonotopica nel sistema acustico cambia con l’età (studi su gatti dimostrano che ciò sia legato alla maturazione delle proprietà della coclea). 4. Sviluppo Della Localizzazione Delle Sorgenti Sonore: La capacità di rilevare la direzione di provenienza di un suono è importante per localizzarne la sorgente e dirigersi verso di essa e quindi per l’orientamento nello spazio. Questa capacità è presente alla nascita, ma è molto grossolana. Infatti, un neonato può capire se un suono proviene da sinistra o da destra, cosa che non dipende da feedback visivi. Per maturare tale capacità, però, sono necessari i feedback visivi. A tre mesi si ha una capacità di discernere cambiamenti della direzione di un suono di circa 30° sul meridiano orizzontale; a due mesi i gradi divengono 9. Entro cinque anni si hanno miglioramenti fino a possedere una capacità di discriminazione di 1-2° sul meridiano orizzontale, uguale a quella adulta. Sul piano verticale, la capacità di distinzione raggiunge quella adulta (4°) a 18 mesi, quindi molto più velocemente. Quali sono gli indizi su cui ci basiamo per localizzare le sorgenti sonore? Sono 3: - Differenze di tempo interaurali; - Differenze di intensità interaurali; - Filtraggio = specifico per la posizione di una sorgente posizionata nel meridiano verticale; La capacità di localizzare la provenienza di un suono dipende dalla presenza di neuroni che utilizzano questi indizi per costruire una selettività per la direzione di provenienza del suono. Nell’adulto cellule sensibili a differenze di tempo e intensità differenti sono posizionate lungo le vie acustiche, a partire dai nuclei olivari superiori. La maturazione della selettività spaziale dei neuroni acustici dipende da: ➡ Fattori anatomici periferici (sviluppo alici del padiglione + aumento della distanza tra le orecchie con l’aumento progressivo della testa); ➡ Fattori neurali (miglioramento circuiti che elaborano gli indizi mono/binaurali); 5. Sviluppo Della Risoluzione Temporale: La capacità di rilevare e discriminare veloci cambiamenti nella composizione spettrale del suono è un’importante componente dei meccanismi alla base della percezione del linguaggio. La discriminazione della durata di un suono è importante anche per gli aspetti prosodici del linguaggio. La risoluzione temporale è importante per l’elaborazione degli indizi binaurali (determinazione provenienza di un suono nel piano orizzontale). La capacità di discriminazione della presenza di un intervallo tra due suoni, è una capacità che matura lentamente e che compie il suo sviluppo a 10 anni. Anche la discriminazione della durata di un suono compie la sua maturazione a 10 anni. 6. Preferenze Precoci Di Ascolto: 26 Le tecniche utilizzate per valutare la preferenza di alcuni tipi di suoni sono comportamentali (tipo SNN). La voce materna è preferita rispetto ad altri suoni, così come i suoni “familiari” sentiti nelle ultime settimane di gestazione, o come la lingua madre rispetto a quelle straniere. Hanno una preferenza anche per il linguaggio infant direct. 7. Percezione Precoce Della Musica: La capacità di discriminare fra una vecchia e una nuova melodia si sviluppa già a 6 mesi, e la capacità di discriminare il ritmo è presente già a 7-8 mesi (dominanza per la melodia nell’emisfero dx e dominanza per il ritmo nell’emisfero sx). [C] Lo Sviluppo Delle Capacità Mnestiche 1. Sistemi Di Memoria: La memoria è il risultato di un processo di apprendimento con cui si acquisiscono nuove informazioni. Le tracce di memoria vengono consolidate, così da avere progressivamente una traccia più stabile e che possa essere recuperata dal “magazzino” della memoria quando se ne ha bisogno. Il processo di consolidamento, conduce alla creazione di traccia di memoria a lungo termine. La memoria di lavoro, invece, è composta da tutti quei processi che sono utili per mantenere informazioni, sulle quali svolgere operazioni mentali, da qualche secondo a qualche minuto. Un sistema di memoria è un insieme di processi portati avanti in aree cerebrali che permettono di immagazzinare o richiamare uno specifico tipo di informazione mnestica. L’operare di un sistema può essere dissociato da quello di un altro sistema; infatti, forme di memoria diverse sono dipendenti dall’integrità di strutture cerebrali diverse e possono essere selettivamente danneggiate. Sono stati distinti tre grandi sistemi di memoria: due di memoria a lungo termine, e l’altro di memoria a breve termine o di lavoro. 1. Memoria dichiarativa: insieme delle conoscenze di cui abbiamo accesso consapevole. Si distingue in episodica e semantica. 2. Memoria non dichiarativa: tutte quelle conoscenze di cui non abbiamo accesso coscientemente, come le abilità motorie o percettive, ecc. 3. Memoria di lavoro: vedi sotto… 2. Memoria Di Lavoro 27 corrispondente (Morris). Esempio: la mappa spaziale di un ambiente conosciuto è derivata da cellule ippocampali specializzate (cellule di posizione) e dalla plasticità sinaptica (recettore NMDA) delle cellule di posizione che fa sì che i campi recettivi di quest’ultime siano stabili. 6. Sviluppo Della Memoria ➡ Memoria= funzione cognitiva presente molto precocemente. Esperimento di DeCasper mostra che appena 12 ore dopo la nascita un neonato sceglie di ascoltare (tecnica SNN) la voce della madre piuttosto che quella di una sconosciuta. Questa preferenza è dovuta alla memorizzazione della voce della madre durante l’ultimo trimestre di gestazione. Anche se la capacità di memorizzazione è presente alla nascita, questa capacità va comunque incontro ad un processo di maturazione; infatti al crescere dell’età del bambino, le capacità di memorizzazione mostrano dei miglioramenti in termini di un’acquisizione più veloce e di una ritenzione più duratura di una traccia di memoria. Il processo di sviluppo non è uniforme per tutti i tipi di memoria. ➡ Meccanismi responsabili del miglioramento delle diverse capacità di memoria del bambino: processi di maturazione morfo-funzionale di specifiche aree cerebrali. La maturazione delle strutture che compongono i diversi sistemi di memoria determina la maturazione della forma di memoria corrispondente (evidenze da persone adulte con lesioni cerebrali). 7. Sviluppo Della Memoria Implicita Dall’esperimento di DeCasper si è visto che tramite la SNN i bambini possono appena nati possono imparare una contingenza già nel primo giorno di vita. Questo tipo di memoria è implicito, ed è misurata anche attraverso un altro esperimento di contingenza, quello della contingenza a scalciare. Da questi esperimenti si comprende che più è previsto un allenamento alla contingenza, più questa è ricordata nel tempo, considerando anche l’età del bambino. Il sistema della memoria implicita nell’adulto è indipendente dal lobo temporale mediale, e comprende diverse strutture, quali: neocorteccia per il priming + alcuni tipi di apprendimenti procedurali, i circuiti corticostriatali (striato =nucleo della base) per l’acquisizione di abilità motorie/cognitive e lo sviluppo di risposte abituali, ed infine il cervelletto per il condizionamento classico. Le strutture neurali nell’adulto sono coinvolte nel condizionamento e in altre forme di memoria implicita hanno uno sviluppo più precoce rispetto ad altre; infatti i vari componenti dello striato e del cervelletto sono già presenti alla nascita (tranne granuli del cervelletto). Inoltre anche la sinaptogenesi cerebellare avviene nello stesso periodo della raffinazione della proiezione degli assoni della via cortico-striatale; la mielinizzazione del cervelletto e e dello striato avviene anch’essa molto precocemente. Dunque: le strutture correlate alla memoria implicita risultano avere uno sviluppo precoce correlabile con la maturazione veloce di tale tipologia di memoria. 8. Sviluppo Della Memoria Esplicita Memoria dichiarativa dipende dal richiamo conscio dei ricordi; ciò non è applicabile ai bambini preverbali. Forma di memoria esplicita studiata maggiormente nei bambini-> memoria di riconoscimento visivo (ruolo predominante della corteccia peririnale). 30 Tecnica maggiormente utilizzata= VPC: test di comparazione visiva appaiata. Consiste nel mostrare al soggetto due oggetti uguali simultaneamente e per un breve tempo. Dopo un intervallo di ritenzione che può andare da pochi minuto a qualche giorno, viene mostrato uno degli oggetti visti precedentemente insieme ad un oggetto nuovo. La tendenza innata è quella di osservare maggiormente l’oggetto considerato “nuovo”. Infatti se il tempo di osservazione dell’oggetto nuovo risulta maggiore, vuol dire che il bambino ha riconosciuto l’oggetto visto in precedenza e che quindi se lo ricorda. Nel bambino questo tipo di memoria inizia ad essere presente tra il secondo e terzo mese di età. Ovviamente la durata della familiarizzazione influenza la durata della traccia di memoria, un po’ come avevamo visto per la SNN nella memoria implicita. Da questi studi emerge, quindi, che la memoria di riconoscimento visivo progredisce con l’età fino ai 12 mesi. Infatti al crescere dell’età, a parità di intervallo di ritenzione, un minor tempo è necessario per avere una determinata prestazione al test. In un esperimento su animali in sviluppo, si è visto che lesionando l’ippocampo alla nascita, si ha uno sviluppo deficitario del suo ruolo nella memoria esplicita; difatti il danneggiamento preveniva il miglioramento che normalmente l’animale ha verso i 18 mesi, ma non alterava il funzionamento nel 1° e nel 6° mese. Questo esperimento suggerisce che la memoria di riconoscimento visivo sia presente quasi subito nello sviluppo, ma in forma immatura e che sviluppi successivamente una volta maturato l’ippocampo. Ci sono forme di memoria dichiarativa che si formano più tardivamente, come la capacità di apprendere la relazione tra stimoli (5-6 anni), oppure anche la memoria spaziale (6-8 anni). Il tardivo sviluppo della memoria relaizionale-spaziale è dovuto al tardivo sviluppo dell’ippocampo? Sì, perché, l’ippocampo, pur essendo potenzialmente funzionante alla nascita, ha una circuiteria ancora molto grossolana. L’ippocampo, difatti, va incontro ad un processo di maturazione delle connessioni (soprattutto fra il giro dentato e campo CA3) che porta alla maturazione della struttura non prima dei 5 anni di età. SVILUPPO IPPOCAMPO ? 9. Sviluppo Della Memoria Di Lavoro La funzionalità della memoria di lavoro dipende dall’integrità delle aree associative prefrontali dorsolaterali (DL- PFC), dove sembra essere localizzato l’esecutivo centrale del sistema della memoria di lavoro. Un ruolo fondamentale è giocato anche dal notevole ingresso dopaminergico di queste aree. La corteccia prefrontale è la zona cerebrale a maggior contenuto di dopamina. La memoria di lavoro è studiata attraverso il test A-non-B: Il soggetto guarda un oggetto per lui interessante mentre questo viene nascosto in uno di due possibili nascondigli che differiscono tra loro per la loro posizione rispetto al soggetto. Dopo aver ripetuto l’operazione molte volte, si nasconde l’oggetto nell’altro nascondiglio. Si osserva se il soggetto ricerca l’oggetto nella nuova posizione o in quella vecchia (errore A-non-B). In questo test vengono messe in atto le funzioni della corteccia prefrontale in quanto la buona riuscita del test dipende dall’integrità di tali funzioni; infatti per riuscire a superare questo test è necessario che sia presente il mantenimento in memoria dell’informazione (posizione nascondiglio) + inibizione della risposta dominante. L’incapacità di risoluzione del test pò avvenire anche in seguito a lesioni della DL-PFC o al sistema dopaminergico afferenete, perché è stato dimostrato che se si somministrano antagonisti dei recettori per la dopamina, vi è un calo di prestazioni nel compito. 31 Il test A-non-B può essere risolto anche verso il settimo-ottavo mese di età ma a condizione che il tempo tra l’occultamento nel nuovo nascondiglio e il suo ritrovamento è molto breve (ritardo di soli 3 sec). Il ritardo massimo di ritrovamento aumenta con l’aumentare dell’età del bambino (5 sec a 9 mesi; 7-8 sec a 10 mesi). Nei bambini più grandi lo sviluppo della DL-PFC è studiata con test più complessi anche se hanno più o meno le stesse caratteristiche di base. Grazie a questi si è compreso che tra i 3-4 anni e i 5-7 anni vi sia un’importante maturazione della capacità di memorizzazione simultanea di più elementi e di inibizione alla risposta dominante. Altri test utilizzati sono: il test di Stroop, il test giorno-notte, il test di Luria. Quindi, il periodo di sviluppo della corteccia prefrontale correla con il miglioramento nello svolgimento delle prove che i bambini possono superare a partire da 6-7 mesi fino ai 7 anni di età. Studi su bambini con un deficit nel funzionamento dell’enzima fenilalanina idrolassi (ha il compito di catalizzare la trasformazione della fenilanina in tirosina, che è il precursore della dopamina) hanno confermato che tale riduzione di tirosina, determina nei pazienti affetti, danni prevalentemente ai neuroni dopaminergici della DL-PFC e quindi un rallentamento dello sviluppo delle prestazione nelle tipologie di test descritte in precedenza. Dal punto di vista anatomo-funzionale, lo sviluppo della corteccia prefrontale è protratto nel tempo e quindi molto più lento di altre parti del cervello; infatti, anche se la neurogenesi, avviene prenatalmente e gli strati corticali sono presenti alla nascita, la densità neuronale, sempre alla nascita, è molto più alta che nell’adulto e ciò determina una riduzione progressiva (dovuta all’aumento degli spazi intercellulari, causato dalla crescita dei processi neuronali) che termina all’età di 7 anni. A questo punto le sinapsi iniziano ad aumentare la loro densità, e nuovamente si ha un altro processo di eliminazione che questa volta si arresta nell’adolescenza. Difatti, a 7-8 anni, sebbene il peso e la taglia del cervello sia uguale a quella dell’adulto, vi è un numero di sinapsi maggiore rispetto all’età adulta. La corteccia prefrontale è una delle ultime aree del sistema nervoso a completare la sua maturazione, poiché la mielinizzazione di quest’area si completa oltre i 20 anni (soprattutto la maturazione degli assoni dopaminergici richiede una maturazione molto lenta). [C] Lo Sviluppo Del Linguaggio 1. Tappe Principali Dello Sviluppo Del Linguaggio Nello sviluppo del linguaggio ci sono due tappe ben riconoscibili: una fase di sviluppo percettivo ed una fase di sviluppo produttivo. Queste due fasi sono distinte negli uccelli, mentre nell’uomo si sovrappongono con lo stesso andamento nei bambini di diverse culture. 2. Capacità Di Discriminare I Fonemi Nei Primi Mesi Di Vita ➡ Fonema: elemento che cambia il significato di una parola in una determinata lingua (tipo la /p/ e la /b/ in pelle e belle). ➡ Unità fonetica: gruppi di suoni non identici. Non tutte le unità fonetiche appartengono a categorie fonemiche diverse in tutte le lingue. I primi 5 mesi di vita dell’infante sono caratterizzati dalla capacità di discriminare differenze fonetiche di tutte le lingue, infatti in questa fase il bambino viene definito “ascoltatore universale”. In bambini di 1 mese è già presente la categorizzazione per i contrasti fonetici (di ogni lingua), dimostrando che essa è probabilmente innata. La 32 6. Meccanismi Alla Base Dello Sviluppo Della Percezione Dei Volti La maturazione del sistema visivo contribuisce ovviamente alla maturazione della capacità di discriminare i volti. Tecniche di neuroimmagine hanno dimostrato che effettivamente, dopo i due mesi, quando i bambini imparano a riconoscere i volti sulla base delle loro caratteristiche interne, questa capacità di riconoscimento correla con l’attivazione precoce di aree temporali in seguito alla presentazione dei volti. Verso i 4-5 mesi, quando compare l’effetto di inversione e la capacità di riconoscere il viso della mamma è molto buona, si sviluppa una specializzazione emisferica (emisfero destro) proprio per questa capacità. Tale specializzazione e dominanza emisferiale, è dovuta al mancato trasferimento delle informazioni all’altro emisfero. È infatti per questo che c’è un pattern di lateralizzazione anche nell’adulto. Comunque la capacità di elaborare la configurazione spaziale degli elementi interni di un volto può continuare a maturare fino ai 13-14 anni. Parte Terza: Ruolo Dell’Esperienza e Periodi Critici Nello Sviluppo Qual è il contributo del patrimonio genetico allo sviluppo di un comportamento e qual è il contributo dell’ambiente e dell’esperienza allo sviluppo di quello stesso comportamento? Durante lo sviluppo il ruolo dell’esperienza è fondamentale affinché i circuiti cerebrali, inizialmente formatasi sulla base di specificazioni genetiche, maturino in maniera appropriata a garantire il normale sviluppo delle funzioni cerebrali e del comportamento. Quindi: ➡ Alla specificazione genica va il ruolo di guidare i processi iniziali dello sviluppo cerebrale e quello della formazione iniziale delle connessioni neurali; ➡ All’esperienza specifica dell’individuo e alle sue interazioni con l’ambiente, va il ruolo di guidare le fasi finali dello sviluppo dei circuiti cerebrali, conducendoli allo stato maturo e quindi guidando lo sviluppo delle diverse espressioni del comportamento in maniera individuo-specifica. I geni sono la predisposizione, la potenzialità di un comportamento: essi determinano infatti la costruzione iniziale dei circuiti che potenzialmente potrebbero esserne alla base. L’esperienza specifica dell’individuo determina se e in che modo tali potenzialità verranno espresse. La mancanza prolungata di esperienza sensoriale in una modalità durante lo sviluppo provoca cambiamenti tali per cui, se l’esperienza in questa modalità viene ripristinata nell’adulto, non si riesce comunque a ottenere una percezione normale. Nello sviluppo di un grande numero di funzioni cerebrali, infatti, esistono dei periodi sensibili/critici. ‣ Periodo sensibile: periodo dello sviluppo durante il quale i neuroni selezionano il loro repertorio finale di ingressi a partire da un iniziale e più vasto insieme di possibili ingressi. Tale processo di selezione, dipendente dall’esperienza, corrisponderebbe a un processi di “potatura” di alcune connessioni sintetiche e ad un processo di espansione di quelle selezionate. Durante un periodo sensibile, le proprietà anatomiche e funzionali dei circuiti nervosi sono particolarmente sensibili all’esperienza. 35 ‣ Periodo critico: è una forma estrema di periodo sensibile, un periodo durante il quale l’esperienza è essenziale per il normale sviluppo di un certo tipo di circuiti neurali. Durante un periodo critico, tali circuiti attenderanno l’arrivo di “istruzioni” specifiche per continuare a svilupparsi normalmente. Le istruzioni sono fornite dall’esperienza attraverso il tipo di attività elettrica che essa evoca nei circuiti stessi. L’esperienza determina, in questo caso, l’indirizzamento irreversibile verso un preciso schema di connettività neurale, a partire da un insieme di possibili schemi. I periodi critici sono particolari finestre temporali durante lo sviluppo postnatale entro le quali l’esperienza appropriata è necessaria per completare lo sviluppo di un circuito neurale o di un insieme di circuiti e della funzione che da essi dipende. Terminati questi periodi, che hanno una durata diversa per funzioni diverse in sviluppo, l’esperienza non avrà più lo stesso effetto e quindi, se i circuiti cerebrali non sono stati “esercitati” in maniera appropriata durante queste finestre di opportunità, qualcosa è andato perso per sempre. [A] Ruolo Dell’esperienza Sensoriale E Periodi Critici Nello Sviluppo Del Sistema Visivo 1. Effetti Di Un’alterata O Mancante Esperienza Visiva Sullo Sviluppo Visivo Dell’uomo In assenza di esperienza visiva appropriata, l’acuità visiva non si sviluppa nell’uomo (studi su neonati affetti da cataratta densa bilaterale). Se la cataratta viene rimossa entro i primissimi mesi di vita l’acuità inizia il suo sviluppo appena dopo la rimozione, così da ripristinare subito tale capacità. Se la rimozione viene ritardata, l’acuità visiva finale raggiunta è progressivamente sempre più bassa in relazione a quanto più tardi è stata rimossa la cataratta. Quindi, la mancanza totale di esperienza visiva nel bambino impedisce lo sviluppo di diverse funzioni visive, e se tale mancanza si prolunga, i difetti da essa causati diventano permanenti. Se la cataratta è unilaterale, l’acuità visiva dell’occhio in questione mostrerà un’assenza di sviluppo, rimanendo simile a quella di un neonato. Se la cataratta viene rimossa tardivamente, l’acuità visiva di quell’occhio sarà simile a quella di un neonato, quindi bassa, in modo permanente. Questa condizione è chiamata ambliopia. 2. L’assenza O L’alterazione Dell’esperienza Visiva Alterano Lo Sviluppo Dei Circuiti Corticali Visivi Modelli animali per un’esperienza visiva mancante per entrambi gli occhi, sono la deprivazione binoculare e l’allevamento al buio. Nel primo caso vengono suturate entrambe le palpebre e l’informazione mancante è quella della visione delle forme, anche se un po’ di informazione luminosa può essere presente, nel secondo invece, c’è una totale mancanza di informazione visiva e l’una attività nelle vie visive è quella spontanea. I risultati negli animali sono: • I campi recettivi dei neuroni corticali visivi rimangono più grandi del normale; • La selettività per l’orientamento di un bordo di contrasto non sviluppa in modo normale; • L’acuità visiva è molto bassa (allevamento al buio); • Le colonne di orientamento e di dominanza oculare non sono presenti in modo normale: 36 Questo perché, dopo un’iniziale formazione in utero di tali moduli corticali, in assenza di esperienza visiva, vi è un deterioramento degli stessi. Infatti, tale assenza di esperienza, determina una regressione dei moduli formatisi e il blocco di ogni ulteriore sviluppo. Quindi, l’esperienza visiva risulta necessaria per mantenere e promuovere lo sviluppo delle selettività dei neuroni corticali, ma non la sua iniziale comparsa. La base del mancato sviluppo nell’acuità visiva e delle altre capacità visive nei soggetti affetti da cataratta binoculare o da opacità corneale, è dunque, l’anormale sviluppo dei campi recettivi e dei moduli corticali. Il modello utilizzato per studiare l’esperienza visiva mancante o alterata per un solo occhio è la deprivazione monoculare. Gli effetti dell’ambliopia sono sia anatomici che funzionali ma in ogni caso nessun effetto è a livello retinico ma solo a livello corticale. - Effetti funzionali: In un soggetto con visione normale, la maggior parte dei neuroni corticali visivi è binoculare, e la percentuale di neuroni dominati da un occhio o dall’altro è più o meno la stessa. Invece nei soggetti ambliopi, la maggior parte dei neuroni corticali è monoculare e risponde solamente alla stimolazione dell’occhio non deprivato. La deprivazione monoculare determina quindi una riduzione delle capacità dell’occhio deprivato di attivare i neuroni corticali visivi, il che porta a uno spostamento marcato della distribuzione di dominanza oculare a favore dell’occhio non deprivato e una perdita di neuroni binoculari in tutti i mammiferi in cui sono stati indagati gli effetti della deprivazione monoculare. Tutto ciò si accompagna ad un calo di acuità visiva. - Effetti anatomici: la deprivazione monoculare determina un’alterazione delle connessioni orizzontali intracorticali e una riduzione dei territori occupati dai terminali del NGL guidati dall’occhio deprivato nello strato IV della V1 con relativa espansione dei territori occupati dai terminali del NGL guidati dall’occhio non deprivato. Questo restringimento delle colonne di dominanza oculare nello strato IV è dovuto a un’atrofia dei terminali assonici dei neuroni del NGL guidati dall’occhio deprivato. Tuttavia le sinapsi talamo-corticali non sono le prime a modificarsi in seguito alla deprivazione monoculare; infatti i primi cambiamenti in risposta alla deprivazione avvengono a livello dei neuroni corticali (strati corticali II e III e non IV) e questi cambiamenti si riflettono solo successivamente sull’organizzazione delle fibre talamo-corticali. Quindi: ✓ La perdita della visione binoculare è correlata direttamente con la perdita di cellule binoculari; ✓ La perdita di acuità visiva è attribuita sia alla riduzione del numero di neuroni corticali guidati dall’occhio deprivato, sia alla perdita specifica dei neuroni con i campi recettivi più piccoli; Occhio ambliope= occhio che ha perso la capacità di guidare i neuroni corticali senza poterla recuperare. 3. Modalità Di Azione Dell’esperienza Visiva Durante Lo Sviluppo L’esperienza modella lo sviluppo e il mantenimento dei circuiti corticali visivi attraverso meccanismi dipendenti dall’attività che l’esperienza stessa evoca nei circuiti. I meccanismi seguono il principio di Hebb per la plasticità sinaptica. Dunque, gli effetti della deprivazione monoculare sono spiegabili con il principio di Hebb in questo modo: Le fibre afferenti guidate dall’occhio chiuso hanno un’attività povera, che è l’attività spontanea della retina e del NGL, mentre l’attività delle fibre guidate dall’occhio aperto è più ricca, poiché guidata dalla visione; inoltre, l’attività nei due insiemi di fibre monoculari risulta scorrelata. L’insieme di fibre con attività più ricca (occhio aperto) riesce efficacemente a guidare i neuroni postsinaptici mentre l’altro non vi riesce. 37 se i più probabili candidati sono i fattori neurotrofici, poiché da un lato la mancanza di NGF (neurotrofine) prolunga la chiusura del periodo critico per la deprivazione monoculare, dall’altra la sovraespressione di BDNF la accelera. [B] Ruolo Dell’esperienza Sensoriale E Periodi Critici Nello Sviluppo Del Sistema Acustico 1. Ruolo Dell’esperienza Nello Sviluppo Della Localizzazione Del Suono: Per localizzare la direzione di provenienza di un suono nello spazio il cervello si serve di indizi mono e binaurali. Gli indizi di tipo monoaurale sono utili per determinare la direzione di un suono lungo il piano verticale, mentre gli indizi binaurali sono utili per localizzare la direzione di un suono sul piano orizzontale. C’è da specificare che ovviamente la prima tipologia di indizi si serve di cellule monoaurali, mentre la seconda di cellule binaurali. Le strutture che si occupano di gestire questi indizi, sono i nuclei olivari superiori; sono fondamentali perché sono le prime strutture in cui le informazioni delle orecchie convergono e vengono combinate insieme (ancora a livello del tronco encefalico e non nella corteccia). Il complesso olivare superiore svolge, quindi, un ruolo di base nella localizzazione della direzione di un suono lungo il meridiano orizzontale. La porzione del nucleo laterale è necessaria per la localizzazione dei suoni ad alta frequenza, mentre la porzione del nucleo mediale è necessaria per la localizzazione degli altri suoni (bassa frequenza). La localizzazione del piano orizzontale attraverso indizi binaurali è molto complessa poiché, basandosi sulla differenza di tempo interauale, è dipendente da precise relazioni temporali nella differenza tra il tempo di arrivo del suono dall’orecchio sinistro a quello destro (e viceversa) -> ritardo interaurale. Il ritardo nasce dal fatto che se un suono è lateralizzato a destra o a sinistra del soggetto, arriverà prima all’orecchio ipsilaterale e, con un certo ritardo, anche all’orecchio controlaterale. Modello di circuito neurale per l’utilizzo del ritardo nella localizzazione del suono di Konishi: • I neuroni del MSO sono “detettori di coincidenza”, in quanto sensibili al timing, e ciò sta a significare che si attivano quando l’informazione arriva simultaneamente sia dagli ingressi ipsilaterali che da quelli controlaterali. In altre parole, fanno un calcolo delle differenze di tempo sulla base della posizione, più o meno superficiale, dei neuroni attivati nel MSO; in particolare per i neuroni del MSO superficiali il segnale arriva prima dall’orecchio ipsilaterale, mentre per i neuroni del MSO profondi il segnale arriva dall’orecchio controlaterale. • Ogni neurone del MSO avrà quindi, in base alla collocazione nella profondità del nucleo, un ritardo interaurale preferito. L’attività di quel neurone segnalerà la presenza di quel preciso ritardo e quindi segnalerà una precisa localizzazione della sorgente sonora. Nel MSO si costruisce quindi una mappa dello spazio acustico in base alle differenze di tempo interaurale: la posizione di un neurone segnala una localizzazione del suono (codice di posizione). Le mappe dello spazio acustico generate nel MSO sono presenti nelle strutture nervose successive lungo le vie acustiche. Durante lo sviluppo la rappresentazione neurale dello spazio acustico è calibrata dall’esperienza. Studi sugli animali indicano la presenza di un periodo critico per la creazione della mappa dello spazio acustico. Tale mappa è definita grazie a indizi binaurali ed è inizialmente formata nel collicolo inferiore; successivamente viene allineata topograficamente con la mappa dello spazio visivo nel collicolo superiore, grazie alla proiezione delle cellule del collicolo inferiore verso quest’ultimo. Durante lo sviluppo quella dello spazio acustico viene man mano aggiustata per rimanere allineata con quella visiva, in quanto la crescita della testa fa sì che aumenti lo spazio tra le due orecchie e che quindi cambi la differenza interaurale. 40 Dunque, il collicolo superiore è importante per l’orientamento verso un suono e i suoi neuroni scaricano in maniera ottimale quando il loro campo recettivo e acustico sono stimolati simultaneamente. Studi sull’occlusione monoaurale nei furetti ci hanno fornito delle informazioni importanti riguardo la mappa dello spazio acustico; infatti quest’ultima nonostante un’orecchio sia stato occluso durante lo sviluppo, si allinea nuovamente con la mappa visiva, permettendo al furetto di riuscire lo stesso a localizzare la sorgente sonora nonostante l’utilizzo di un solo orecchio. Nel furetto adulto questa riallocazione della mappa acustica con quella visiva non avviene, anche se dopo un periodo molto lungo (più di 6 mesi) di occlusione, si vede a livello comportamentale che il furetto riesce comunque a localizzare la sorgente. Ciò non significa che il furetto recuperi totalmente le funzioni acustiche che si hanno quando sono presenti indizi binaurali; difatti, lo smascheramento binaurale (consente all’ascoltatore di separare due flussi di informazione acustica provenienti da punti differenti> implicato nel cocktail party effect) è deficitario durante tutto il periodo dell’occlusione (sia in sviluppo che in età adulta), e insieme a questa capacità, anche quella di discriminare la posizione di due sorgenti sonore. Sull’uomo si sono studiati invece gli effetti dell’otite media con effusione OME; nei bambini si è visto che lo smascheramento binaurale è deficitario lungo tutto il periodo di occlusione, e può rimanere a livelli più bassi anche dopo la fine dell’occlusione causata dall’OME. Tuttavia, rispetto all’ambliopia, le conseguenze della OME sulle capacità binaurali sono reversibili. Studi analoghi a quelli sui furetti sono stati compiuti sui barbagianni. Questi ci hanno aiutato ad ipotizzare che sia presente il ruolo dell’esperienza visiva nei riaggiustamenti della mappa acustica durante lo sviluppo. Sempre in studi sui barbagianni, invece di occludere le orecchie, si sono montati degli occhiali prismatici, sempre per ottenere un disallineamento tra la mappa acustica e quella visiva. Ciò che emerge è che, se inizialmente vi è questo disallinemento, in linea con gli altri studi, vi è un progressivo miglioramento della capacità di localizzare i suoni se la sorgente è visibile. Il miglioramento è dovuto ai meccanismi di plasticità delle connessioni che trasmettono informazioni acustiche dal collicolo inferiore, parte interna, al collicolo inferiore parte esterna (CIext). I neuroni del CIext si spostano in relazione allo spostamento della mappa visiva, in quanto sono cresciute nuove connessioni afferenti dai neuroni del CIint e ciò determina che questi preferiscano una differenza di tempo interaurale diversa da quella inizialmente presente, determinando la traslazione della mappa acustica nel CIext. Il CIext trasmette la nuova mappa al collicolo superiore così da allinearsi con quella visiva. Se vengono rimossi gli occhiali prismatici, la mappa ritorna ad essere quella originale, quindi lo spostamento della mappa acustica in risposta allo spostamento di quella visiva può avvenire più volte. Ciò non vuol dire che tutte le connessioni formate in risposta ai vari spostamenti della mappa visiva, “muoiano”; queste vengono semplicemente inattivate, in quanto non hanno più attività elettrica. Infatti ciò che succede quando vengono rimossi gli occhiali è che la circuiteria inibitoria si modifica di nuovo e la vecchia mappa tornerà ad essere utilizzata, senza che quella nuova venga cancellata. Lo spostamento della mappa acustica in seguito a un ampio spostamento di quella visiva avviene solamente entro un certo periodo critico, anche se le varie mappe che si sono formate in sviluppo possono essere riutilizzate lo stesso nel barbagianni adulto in seguito ad uno spostamento del campo visivo di cui ha già fatto esperienza in sviluppo. Queso esperimento suggerisce anche che le esperienze fatte durante lo sviluppo possono influenzare le capacità adattive delle connessioni neurali nell’adulto. Recentemente è stato visto che anche in età adulta il barbagianni può modificare la mappa acustica se lo spostamento di quella visiva è piccolo. 41 Nell’uomo, è interessante notare, che la capacità di localizzare la direzione di provenienza di un suono sul piano verticale, con la trasformazione in frequenza effettuata dalle pieghe del padiglione auricolare, rimane molto plastica per tutta la vita (no periodo critico). Questo perché le pieghe del padiglione auricolare possono variare nell’arco della vita. 2. Ruolo Dell’esperienza Nello Sviluppo Della Mappa Tonotopica E Della Selettività Per La Frequenza Acustica: La mappa tonotopica nelle diverse strutture acustiche sviluppa postnatalmente, e la selettività dei neuroni acustici alle diverse frequenze del suono aumenta progressivamente. Questo va in parallelo con il progressivo miglioramento della capacità di discriminare le diverse frequenze acustiche. Modificazioni dell’ambiente acustico modificano tale trend maturativo (studio sui roditori, clicks, impedimento dello sviluppo di una selettività appropriata). Un altro studio sui roditori ha visto come l’esposizione continua al rumore bianco (contiene toni di tutte le frequenze acustiche con uguale ampiezza), cioè una stimolazione sincrona di tutti i neuroni uditivi che determina la disorganizzazione della mappa tonotopica della corteccia uditiva e la riduzione della selettività per le frequenze acustiche dei neuroni corticali acustici. Quindi, la presenza di un ingresso acustico in cui le diverse frequenze non siano contemporaneamente presenti sembra essenziale per consentire la maturazione dei circuiti necessari per la discriminazione della frequenza a livello corticale. Un simile esperimento è stato effettuato sui ratti piccoli ha dimostrato che anche in sviluppo non c’è alcun recupero verso una normale mappa tonotopica: gli effetti dell’esposizione precoce all’ambente acustico modificato sembrano quindi permanenti. Sembra esserci un periodo critico nella formazione dei circuiti della corteccia acustica. In uno studio analogo si è visto che se si espongono i ratti, dallo sviluppo fino all’età adulta, al rumore bianco, la mappa tonotopica si forma ugualmente; è stato riscontrato che in età adulta, dopo essere stati esposti al rumore bianco fin da piccoli, la corteccia acustica è simile a quella di ratti neonati e ne consegue che la prolungata esposizione al rumore bianco induca un ritardo nello sviluppo con conseguente ritardo della presenza del periodo critico. 3. Impianti Cocleari E Sviluppo Delle Capacità Uditive: Nel modello di sordità congenita esiste un periodo critico entro il quale effettuare l’impianto, cioè prima che la corteccia acustica cessi di essere in grado di rispondere alla comparsa dell’esperienza uditiva (infatti l’efficacia dell’impianto nell’evocare risposte dalla corteccia acustica diminuisce con l’età del soggetto al momento dell’impianto). [C] Ruolo Dell’esperienza Sensoriale E Periodi Critici Nello Sviluppo Del Linguaggio 1. Ruolo Dell’esperienza Nello Sviluppo Del Linguaggio I bambini imparano la lingua materna molto velocemente partendo da un balbettio iniziale verso i 6 mesi per arrivare a parlare entro i primi 3 anni. Ciò che ci dimostra che essenzialmente il linguaggio si sviluppa grazie al ruolo dell’esperienza è il mancato apprendimento del linguaggio nei soggetti sordi o nei pochi casi in cui i bambini 42 neurali durante lo sviluppo, fa sì che questi circuiti vengano riorganizzati nell’emisfero dx, permettendo il recupero delle capacità linguistiche. Quindi, la specializzazione delle aree temporali dell’emisfero sx per il linguaggio non è innata. Essa è il prodotto degli effetti dell’esperienza linguistica e di una predisposizione delle aree temporali di sx a svolgere compiti di analisi fine di stimoli sensoriali che porta queste aree, insieme all’esposizione al linguaggio, a specializzarsi ulteriormente a scapito di altre aree potenzialmente in grado; infatti se le aree dell’emisfero sx vengono lesionate, altre aree cerebrali possono sviluppare le caratteristiche necessarie all’apprendimento del linguaggio. 4. Le Influenze Sociali Sull’apprendimento Del Linguaggio Recenti studi sottolineano l’importanza dell’interazione sociale nel permettere il recupero delle capacità discriminative di fonemi non appartenenti alla lingua nativa. 5. Periodi Critici Nell’acquisizione Del Linguaggio I primi anni di vita costituiscono un periodo sensibile per l’acquisizione del linguaggio e soprattutto per gli aspetti fonologici. I periodi critici per l’apprendimento del linguaggio sono ancora molto discussi, poiché gli studi su bambini cresciuti in isolamento sono molto pochi. Tuttavia possiamo guardare agli studi su bambini sordi e sull’apprendimento di una seconda lingua. Riguardo all’apprendimento della seconda lingua si è visto che se essa viene appresa tardivamente, alcune distinzioni fonologiche sono difficili da padroneggiare. Bambini che hanno appreso una seconda lingua in un periodo tra i 3 e i 7 anni hanno punteggi ai test pari ai bambini bilingue. Invece dopo i 6-8 anni le prestazioni declinano gradualmente. Secondo la teoria dei filtri di Kuhl, la formazione di filtri specifici per la lingua madre interferirebbe con la creazione di nuovi filtri per una seconda lingua in modo sempre più progressivo. È stato suggerito che esposizioni precoci a una seconda lingua possono favorire un suo successivo apprendimento (come le mappe visive + acustiche). Quindi: anche per lo sviluppo del linguaggio sembra verificarsi quanto abbiamo visto per le capacità prima di esso: man mano che l’esperienza guida la selezione delle connessioni neurali, determinando una maturazione di un circuito e della corrispondente funzione, il circuito e la funzione diventano sempre meno modificabili dall’esperienza. Nel caso del linguaggio le conoscenze si fermano alle strutture. [D] Ruolo Dell’esperienza Sensoriale E Periodi Critici Nello Sviluppo Del Riconoscimento Dei Volti L’assenza di esperienza visiva in utero suggerisce fortemente che questo sia un meccanismo innato. Questa preferenza è probabilmente dovuta a un circuito sottocorticale retino-collicolo-amigdala che orienta il neonato verso stimoli di tipo faccia considerati come stimoli preferenziali. Le aree infero-temporali vengono specificatamente attivate quando si presentano dei volti, e questa attivazione avviene molto precocemente nel bambino. Questo meccanismo è stato pensato a partire dall’ipotesi per cui le aree ventrali occipito-temporali possiedano una potenzialità per specializzarsi nel riconoscimento dei volti se viene fornita la giusta esperienza. 45 In uno studio su bambini con cataratta bilaterale alla nascita, rimossa entro i 2-6 mesi dalla nascita, si può notare che anche dopo 9 anni dopo la rimozione essi presentino ugualmente dei deficit nel riconoscimento delle differenze tra gli spazi delle caratteristiche interne di un volto (spazio tra occhi) ma non li hanno per la distinzione degli elementi interni come la bocca o la forma degli occhi. Questo c suggerisce che l’esperienza visiva precoce è necessaria per il normale sviluppo dei sistemi neurali che consentono, più tardi nello sviluppo, l’emergere della specializzazione per l’elaborazione configurale dei volti. Un’altra ipotesi sullo sviluppo del riconoscimento dei volti è la predominanza dell’emisfero destro, e delle sue strutture neurali, nell’elaborazione di tali stimoli. Che l’emisfero destro predomini in modo precoce nel compito del riconoscimento visivo è chiaro, ma perché? L’emisfero destro predomina sia perché durante i primi 6 mesi di vita c’è uno sviluppo più veloce della sensibilità a stimoli visivi presentati nel campo temporale (retina nasale che proietta all’emisfero controlaterale) e sia perché per la discriminazione dei volti non c’è trasferimento interemisferico prima dei 24 mesi (quindi durante i primi mesi di vita l’ingresso all’emisfero dx, per quanto riguarda il riconoscimento dei volti, arriva in modo predominante dall’occhio sx e quello dell’emisfero sx dall’occhio dx). Uno studio ha visto come una cataratta unilaterale all’occhio sinistro (interesse per l’emisfero dx) abbia influenzato, dopo un periodo di 8 anni dalla rimozione, il successivo sviluppo del sistema per il riconoscimento dei volti. Lo studio ha dimostrato che i soggetti con deprivazione precoce dell’esperienza visiva dell’emisfero dx, ma non quelli con deprivazione precoce a quello sx, avevano un evidente deficit in compiti di riconoscimento dei volti che richiedevano un’elaborazione relazionale del secondo ordine, uguale ai soggetti con cataratta bilaterale dello studio trattato in precedenza. Quindi si può affermare grazie a questo studio, che una deprivazione precoce dell’ingresso visivo dell’emisfero destro danneggia lo sviluppo del sistema esperto per il riconoscimento dei volti e risulta essere, dunque, una capacità che richiede un’appropriata esperienza visiva entro un certo periodo. Inoltre questo studio dimostra che gli emisferi non sono equipotenti in quanto solo il destro riesce a sviluppare i circuiti neurali specifici per il riconoscimento dei volti. Un gruppo di studi svolti su soggetti con disturbi dello spettro dell’autismo, suggerisce che anche l’interesse sociale per i volti potrebbe giocare un ruolo nello sviluppo di tale capacità. Individui con ASD mostrano alcuni deficit nel riconoscimento dei volti dati dal mancato interesse nel prestare attenzione, piuttosto che all’insieme degli elementi del volto, ai singoli elementi. Quindi a questi soggetti non si è sviluppato il sistema esperto per il riconoscimento dei volti perché non vi è interesse sociale per i volti. Inoltre in questi soggetti si attivano aree anomale nel momento in cui osservano un volto; infatti si attiva il giro fusiforme, che solitamente si attiva osservando oggetti, non viene attivata l’amigdala, necessaria nel circuito retino-collicolo-amigdala. Plasticità Intermodale Durante Lo Sviluppo L’assenza di esperienza sensoriale in una modalità (es. modalità visiva) influenza lo sviluppo di un’altra modalità sensoriale (es. acustica). La deprivazione di una modalità può determinare cambiamenti funzionali e strutturali in aree cerebrali sia della modalità deprivata che di altre modalità; questi cambiamenti sono tanto più estesi quanto più l’insorgenza della deprivazione sensoriale è precoce. A. Plasticità Intermodale Nei Soggetti Con Cecità Precoce 1. Capacità Dei Soggetti Con Cecità Precoce Nelle Altre Modalità Intatte: 46 È stato confermato che i soggetti con cecità precoce (SPC) dalla nascita hanno capacità superiori a quelle dei soggetti normovedenti (SNV) in compiti di localizzazione acustica sul meridiano orizzontale, soprattutto per le locazioni periferiche, per le quali le prestazioni dei SNV sono piuttosto scarse. Una migliore capacità di localizzazione della direzione di provenienza del suono non sembra essere presente, nei SPC, lungo il meridiano verticale. Ci possiamo chiedere se i SPC non abbiano una funzione deficitaria della mappa acustica, sapendo che essa è legata alla mappa visiva. La risposta è che per la calibrazione della mappa dello spazio acustico sul piano orizzontale, l’esperienza visiva non sembra essere indispensabile, infatti la mappa si forma lo stesso nei SPC, i quali risultano avere addirittura capacità migliori rispetto ai SNV. La mappa si forma attraverso indizi tattili e motori per lo spazio peripersonale, e attraverso indizi acustici e cinestesici per lo spazio lontano. I SPC hanno anche migliori capacità tattili e di memoria verbale (migliore riconoscimento del materiale già ascoltato). 2. Stimoli Non Visivi Attivano Aree Visive Nei Ciechi: Molti studi hanno mostrato che la presenza di superiori capacità tattili, acustiche e di memoria verbale nei SPC si accompagna a un’attivazione di aree visive da parte degli stimoli acustici e tattili e dallo svolgere compiti di memoria verbale. Questa attivazione, che non si osserva negli SNV, è la “firma” della plasticità intermodale. - Stimoli acustici: nei SPC, in compiti di localizzazione acustica, si osserva un’attivazione delle aree occipitali che correla positivamente con l’attivazione della corteccia parietale posteriore dx (coinvolta nella localizzazione acustica). - Stimoli tattili: nei SPC, in un compito tattile raffinato (lettura Braille), si attiva oltre alla corteccia somatosensoriale primaria anche la V1. - Stimoli di memoria verbale: attivazione della corteccia occipitale+V1 durante compiti di questo tipo. Quindi la corteccia visiva dei SPC non è silente in assenza di ingresso visivo, ma mostra una risposta a stimoli non visivi. 3. L’attivazione Delle Aree Visive Da Parte Di Stimoli Non Visivi È Necessaria Per La Migliore Prestazione Dei Soggetti Ciechi E Correla Con Essa: L’attivazione della corteccia visiva è responsabile delle superiori capacità dei ciechi? Per rispondere a questa domanda sono stati svolti due esperimenti: 1. Disturbo della corteccia visiva attraverso STM (stimolazione transcranica magnetica) durante un compito di lettura Braille (sia SPC che SNV). I risultati indicano che la STM disturba la lettura degli SPC ma non degli SNV. Quindi la corteccia visiva degli SPC è funzionalmente attiva ed è coinvolta nell’elaborazione dell’informazione tattile. 2. Correlazione dei livelli di prestazione dei SPC in un compito con il livello di attivazione della corteccia visiva. Con tecniche di neuroimmagine si evince che in compiti di memoria verbale, l’entità di attivazione dei SPC correla con i livelli di accuratezza della prestazione in tali compiti. ➡ In conclusione, la plasticità intermodale, aumentando lo spazio neurale a disposizione delle modalità non deprivate, ne aumenta le capacità di elaborazione in maniera determinante per il manifestarsi delle superiori capacità mostrate dai SPC in diversi compiti percettivi e di memoria. 47 come fine il mantenimento della prossimità fisica nei primi stadi di sviluppo, e di una prossimità psicologica più tardi nello sviluppo (Bowlby). I livelli di cure prenatali possono influire profondamente sullo sviluppo, lasciando una traccia duratura anche nel comportamento del soggetto adulto. A. Formazione Del Legame Madre-Prole 1. Capacità Del Piccolo Di Riconoscere La Madre: Contributi Prenatali E Postnatali. Contributi prenatali: • il bambino alla nascita mostra una preferenza per la voce materna, udita durante l’ultima fase della vita intrauterina; • Il bambino si orienta preferenzialmente verso il liquido amniotico della madre, suggerendo che l’informazione chemosensioriale specifica fornita dall’ambiente è stata memorizzata. I bambini, quindi preferiscono l’odore della propria madre, in particolare quello del seno che favorisce l’orientamento della testa. L’odore del liquido amniotico si sovrappone a quello del seno. Quindi, attraverso le capacità di apprendimento prenatale, un neonato è in grado di riconoscere la madre sia dalla voce che dall’odore. Contributi postnatali: Gli stimoli tattili e visivi (cap.11) si aggiungono, dopo la nascita, a quelli uditivi e olfattivi. 2. Capacità Della Madre Di Riconoscere La Prole Le madri sono capaci di riconoscere il proprio figlio su base puramente olfattiva dopo solo 10-60 min di esposizione al proprio bambino, il che indica una speciale capacità di apprendimento olfattivo nei primi giorni dopo il parto. Il riconoscimento risulta essere molto più facile anche su base somatosensioriale, attraverso la manipolazione della manina. B. Risposte Comportamentali E Fisiologiche Alla Separazione Dalla Madre: Effetti A Breve Termine. I risultati mostrano che la separazione provoca cambiamenti nel comportamento di gioco e nel sonno dei bambini. In seguito al ritorno della madre i cambiamenti nei comportamenti di gioco e nel sonno, ritornano normali. Inoltre si hanno effetti anche sulla frequenza cardiaca e sui livelli di cortisolo dei bambini. Nei ratti si è osservato che la madre ha un’azione regolatoria sulla fisiologia della prole: la separazione provoca varie reazioni; ciascuno di questi parametri fisiologici è regolato dalla madre attraverso componenti diverse delle cure parentali. La separazione non altera solo i parametri fisiologici ma ha, nell’uomo e negli animali, un profondo impatto emotivo. C. Conseguenze A Lungo Termine Di Alterazioni Dei Livelli Di Cure Materne: 1. Effetti A Lungo Termine Della Mancanza O Dell’alterazione Delle Cure Parentali. 50 La mancanza delle cure parentali ha conseguenze molto gravi su diversi aspetti dello sviluppo; infatti possono portare a deficit di sviluppo sia dal punto di vista senso-motorio che cognitivo. Nei bambini adottati, tali deficit, possono essere recuperati in seguito all’adozione, tanto più quest’ultima è stata precoce. Nei roditori, la separazione prolungata dalla madre produce cambiamenti permanenti nel comportamento della prole che, una volta adulta, risulta neofobica e mostra una sezione molto forte a stimoli stressanti. Possono anche manifestarsi difficoltà nell’apprendere compiti di memoria spaziale dipendenti dall’ippocampo. Viceversa, se i piccoli vengono separati per breve tempo (handling) dalla madre, si ottengono effetti diametralmente opposti; infatti una volta restituiti vengono curati per maggior tempo rispetto all’altra prole, e da adulti sono meno neofobici e meno stressatibili. Nella scimmia si è osservato che, la quantità e la qualità delle cure materne che vengono prestate alla prole possa dipendere dalle cure materne ricevute in età infantile. In sostanza, vi sarebbe una trasmissione fra generazioni dei livelli di cure materne. Questa ereditarietà è presente anche nei roditori; infatti è possibile individuare madri che eseguono per poco tempo i moduli comportamentali del licking/grooming e dell’arched back nursing (gruppo con basso LG-ABN) e madri che eseguono tali moduli per più tempo (gruppo con alto LG-ABN). Lo stile delle cure materne è trasmesso tra generazioni. Nell’uomo non è proprio così; infatti, solo una frazione dei bambini che hanno sperimentato maltrattamenti a sua volta maltratta i suoi figli. Un fattore mitigante è la rimozione della situazione iniziale di maltrattamento e il ripristino di condizioni ambientali favorevoli a un normale sviluppo. Un altro fattore contribuente è il patrimonio genetico. I due fattori sono in interazione tra loro. 2. Meccanismi Biologici Degli Effetti A Lungo Termine Dei Livelli Di Cure Materne Sulla Risposta Allo Stress: Studi Sui Roditori. Studi recenti hanno dimostrato che alti livelli di cure parentali determinano, nella prole di ratti, una regolazione delle risposte allo stress che si mantiene nell’età adulta. La risposta dell’organismo allo stress è controllata dal sistema ipotalamo-ipofisi-ghiandole surrenali (ASSE HPA) che funziona così: ➡ A seguito di uno stimolo stressogeno si ha un’attivazione dell’ipotalamo che rilascia nell’ipofisi il fattore di rilascio dell’ormone adrenocorticotropo (CRH); l’ipofisi, così stimolata, rilascia l’ormone adrenocorticotropo (ACTH), che a sua volta stimola il rilascio di glucocorticoidi (cortisolo) da parte della corteccia surrenale. Allo stesso tempo, l’ipotalamo stimola il rilascio di adrenalina d parte della midollare del surrene. Questo circuito determina: aumento della pressione arteriosa e del battito cardiaco, un dirottamento del flusso ematico ai distretti muscolari, un aumento della disponibilità di glicogeno per il consumo metabolico (tutto ciò è dovuto all’aumento dell’adrenalina e glucocorticoidi circolanti). Questa è un meccanismo di difesa che ci prepara a reagire all’evento stressante. L’aumento prolungato di glucocorticoidi nel sangue può avere effetti deleteri; per questo è presente anche un circuito di controllo a retroazione (feedback) negativo che in risposta all’aumento di glucocorticoidi, riduce la produzione di CRH e di ACTH, agendo direttamente sull’ipotalamo e sull’ipofisi. Il ruolo centrale nel circuito inibitorio lo ha l’ippocampo, e funziona così: ➡ L’ippocampo è la regione cerebrale con la più alta densità di recettori per i glucocorticoidi, la cui stimolazione induce un forte effetto di feedback negativo sull’asse HPA, con conseguente riduzione di rilascio di glucocorticoidi. L’alta densità per questi recettori, rende l’ippocampo molto suscettibile alle variazione di 51 quantità di glucocorticoidi circolanti: se i livelli sono bassi i processi ippocampi funzionano regolarmente, se i livelli sono alti si ha un’interferenza con le funzioni ippocampi come l’apprendimento e la memoria. I ratti figli di madri ad alto LG-ABN, si è visto, sono meno neofobici. Questo perché le risposte ormonali dell’asse HPA (es. rilascio del cortisolo), in seguito all’esposizione ad un evento stressante, sono molto più moderate. La regolazione delle risposte allo stress dipende strettamente dalle cure materne ricevute. Il meccanismo cellulare che sottostà alla regolazione dell’asse HPA da parte dei livelli di cure materne, è una maggiore espressione dei recettori per gli ormoni glucocorticoidi. Ciò fa sì che l’innalzamento del livello di cortisolo possa essere rilevato subito e riportato a normale concentrazione (= risposta allo stress più rapida). Come mai sono presenti maggiori recettori per i glucocorticoidi? Perché l’alto livello di cure parentali ricevute, ha fatto sì che la serotonina prodotta dal piccolo roditore attivi la trascrizione del gene dei recettori per i glucocorticoidi. Le modifiche di mediazione e acetilazione (è l’acetilazione degli istoni, cioè di proteine, posti sul gene dei recettori per i glucocorticoidi che ne provoca l’espressione in modo permanente) del gene per i recettori dei glucocorticoidi permangono nell’adulto e potrebbero essere la traccia lasciata dalle cure materne a livello del genoma. Ambiente Arricchito: Effetti Sullo Sviluppo Arricchimento ambientale (AA): protocollo sperimentale specificamente dedicato a studiare l’influenza dell’ambiente sul cervello e sul comportamento. 1. Definizione Di Ambiente Arricchito Rosenzweig definisce l’AA come “una combinazione di stimolazione sociale e inanimata complessa”. Operativamente l’AA è da definirsi su un continuum che va dalla situazione di estremo impoverimento, alla situazione “standard”, alla condizione di arricchimento (stimolazione multisensoriale). La stimolazione ambientale basata su questo continuum è stata sperimentata sui ratti. 2. Effetti Dell’aa Nell’adulto Gli animali sottoposti ad AA hanno riportato cambiamenti nelle capacità cognitive, in particolare vi è stato un potenziamento delle capacità di apprendimento e memoria, che si esprime in un più rapido apprendimento e nella formazione di una più duratura traccia di memoria. Un effetto dell’AA di particolare interesse è stato l’aumento della neurogenesi nell’ippocampo adulto. I neuroni neogenerati inserendosi nei circuiti ippocampali, suggeriscono che questa sia la causa del potenziamento delle capacità di apprendimento e memoria. Inoltre l’AA determina anche una forte riduzione della morte cellulare dell’ippocampo. L’AA promuove negli animali adulti l’espressione di fattori neuroprotettivi che favoriscono i fenomeni di plasticità, come le neurotrofine (NGF,BDNF) e l’insulin like growth Factor (IGF-1). 3. Effetti Dell’aa Sullo Sviluppo L’AA precoce esercita un profondo effetto sullo sviluppo. A. Effetti Dell’arricchimento Precoce Nel Ridurre Gli Effetti Deleteri Di Lesioni O Intossicazioni Prenatali E Perinatali E Dello Stress Prenatale. 52
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