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Psicologia a scuola - Un percorso pratico Teorico, Dispense di Psicologia Generale

Lucchiari, Libreria Universitaria Edizioni, 2018

Tipologia: Dispense

2018/2019

Caricato il 21/06/2019

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Scarica Psicologia a scuola - Un percorso pratico Teorico e più Dispense in PDF di Psicologia Generale solo su Docsity! Psicologia a scuola Insegnamento e apprendimento: un incontro imperfetto? Introduzione Insegnare e apprendere sono all’apparenza due termini e due percorsi complementari: qualcuno insegna e qualcuno impara. Ma il contesto scolastico, l’insegnamento, è visto sempre più come una situazione complessa, all'interno della quale il risultato finale (l’apprendimento) è frutto della combinazione di innumerevoli fattori. L’apprendimento forse non è determinato dal passaggio da una mente segnante ad una mente segnata ma all'emergere in una persona di una combinazione di conoscenze, che ora è possibile utilizzare. Più che insegnare, un insegnante dovrebbe trovare il modo di interagire con il proprio discente affinché qualcosa di significativo nella sua mente ne emerga. Un po’ di storia L’istruzione è un processo definibile/controllabile, scandibile in sequenze programmabili e verificabili nei risultati, mentre l'educazione resta un effetto incontrollabile oggettivamente, implica un’attività diretta e modelli da realizzare, è funzionale ad una società, ai suoi scopi e alle sue strutture. La formazione è invece una dimensione personale del soggetto, per quel sé che lo contrassegna come individuo. L’istruzione richiama dunque un’attività che impartisce all’allievo conoscenze tecniche scandite secondo un percorso e può essere valutato. L’educazione invece richiama l’etica morale e sociale. Secondo Socrate l’attività educativa non è volta ad impartire conoscenze ma più verso una crescita interiore attraverso la cultura. Socrate aiuta le anime a scandagliare le proprie credenze e a valutarle criticamente, ecco perchè egli mette i propri studenti in guardia dai sofisti. Di fatto i sofisti incarnano nell’antica grecia i maestri, poiché mettono a disposizione conoscenze tecniche in cambio di denaro. Una terza tipologia di maestro è incarnata da Dewey, filosofo pedagogista. Secondo lui il compito della scuola è quello di educare alla democrazia intesa come forma di vita associata. Centrale in questa visione è l'insegnamento del metodo scientifico, basato sulla formulazione di ipotesi, sull’osservazione e sulla verifica. In questa prospettiva, dunque, l’attività educativa mira ad inserire gli individui nella società. Quando si parla di insegnamento bisogna quindi prendere in considerazione tutte e tre le dimensioni nell'istruire, dell’educare e del formare e non vi è mai solo una pura forma di una di queste tre, piuttosto una prevale sulle altre. Nuove prospettive Cosa significa dunque insegnare nella contemporaneità? Significa formare, dare gli strumenti affinché il soggetto operi su di sé una continua messa in forma che prosegua oltre gli anni deputati all’apprendimento istituzionalizzato. Basti pensare al life-long learning process e ai continui appelli di formazione continua, agli aggiornamenti professionali. La formazione contemporanea ci permette di distinguere tra: ● Una formazione di tipo culturale, sapere fine a se stesso ● Una formazione di tipo professionale, applicata in vista di un sapere tecnico Sarebbe auspicabile raggiungere un equilibrio costante tra le due forme e la figura in cui meglio si raggiungerebbe sarebbe quella della formazione dell’insegnante, se come insegnante di intende un formatore. La Montessori infatti diceva ce la maestra deve avere una formazione tecnica, scientifica e spirituale. Si parla anche di formazione informale: si apprende anche svolgendo attività non direttamente volte all’apprendimento.diversi fattori concorrono a rendere questo tipo di formazione addirittura più efficace: il piace e il divertimento che l’accompagnano, l’assenza di ansia e stress, la potenza sensoriale di certi stimoli tecnologici. Viene dunque enfatizzata la necessità di avvicinare i contenuti dell’apprendimento alla vita di tutti i giorni: ● Rousseau: propone un’educazione naturale, in campagna al riparo dalla corruzione della società civile ● Pestalozzi e Tolstoj: nelle loro scuole i ragazzi orfani vivono in comune e affiancano veri e propri lavori manuali alle lezioni ● Montessori: osserva attentamente la natura del bambino e le tappe dello sviluppo ● Dewey: intende inglobare nella didattica tutte quelle attività solitamente svolte fuori dal contesto scolastico che sollecitano divertimento ● Freinet: sottolinea come il lavoro sia centrale per la formazione dei bambini e propone di introdurlo a scuola attraverso la stamperia e i giornali di classe Si propone una scuola in cui sia anche il corpo a muoversi e non solo la mente. Il neuroscienziato portoghese Damasio sottolinea come la razionalità sia anche emotiva e avanza l’ipotesi del marcatore somatico: non è sempre necessario applicare il ragionamento all’interno del campo delle possibili opzioni poiché esiste un meccanismo biologico che effettua la preselezione. Il marcatore somatico marca l’immagine mentale del risultato di una scelta come piacevole o spiacevole, e funziona quindi da segnale automatico. I marcatori somatici si formano a partire dall'infanzia e per tutta la vita, a partire dall’esperienza, dalle emozioni, e dai sentimenti che vengono connessi a previsti esiti futuri. Quando si presenta una situazione analoga a quella primordiale, i marcatori somatici oscurano le opzioni che porteranno alla disfatta, illuminando opzioni di risposta alternative. Questa prospettiva dimostra che un insegnamento volto all'esercitazione fine a se stessa non lascia il segno, non è realmente formativo e non produce alcuna modificazione stabile nel comportamento del discente. 2. Le emozioni, le informazioni memorizzate vengono associate allo stato emotivo nel quale ci si trova nel momento in cui si viene a contatto con esse. Per facilitare le modalità di apprendimento si può ricorrere a più tecniche: ● Utilizzare una forma di narrazione al porto di un linguaggio tecnico ● Usare analogie e metafore ● Utilizzare strumenti tecnologici Mnemotecniche È possibile allenare il cervello nella sua capacità di memorizzare grazie ad alcune tecniche: 1. Organizzare in maniera precisa il materiale da memorizzare 2. Fare una buona schematizzazione 3. Studiare in un tempo dilatato e con pause, evitare le sessioni intensive 4. Collegare le nuove informazioni a quelle precedentemente memorizzate 5. Rendere interessante il materiale da memorizzare 6. Formare connessioni tra le informazioni, così da renderle più stabili 7. Utilizzare la narrazione poiché attiva la visualizzazione 8. Imparare poesie a memoria, anche se garantisce solo un esercizio di memoria e non di comprensione L’uso di mappe mentali per il potenziamento dell’apprendimento Le mappe mentali o concettuali sono una strategia originale ed efficace per donare libera espressione, ordine e concretezza, all’intreccio dei nostri pensieri. Le mappe rendono esplicita la struttura della conoscenza. Infatti gli individui organizzano i concetti memorizzati come nuclei da cui partono rami pieni di altre informazioni e costruire una mappa mentale significa riprodurre graficamente i concetti della nostra memoria. Le mappe mentali si basano sul principio del pensiero associativo, ovvero il modo naturale con cui la mente processa le informazioni. Per questo motivo dovrebbero essere considerate delle guide sempre presenti nello studio, per consentire un facile e agile ripasso di tutti i concetti da memorizzare. Importante è non creare una mappa eccessivamente ricca: la ricchezza di scrittura infatti annienterebbe il potere visuale che ha la mappa sulla nostra mente. Attenzione I processi attentivi modulano l’attenzione individuo-ambiente, filtrando i dati in ingresso e gestendo le risorse interne al fine di svolgere determinati compiti. Dal momento che siamo bombardati da stimoli esterni continuamente ma il nostro organismo può ricevere solo una parte di questi, possiamo asserire che questo filtro è dovuto all’attenzione che prestiona a quello che riteniamo più saliente di date circostanza. Tale processo è chiamato attenzione selettiva. Le caratteristiche in grado di attrarre la nostra attenzione sono: ● Intensità ● Le dimensioni ● La durata o la ripetizione ● Il contenuto emozionale ● L’estemporaneità e novità ● Il contrasto ● Il movimento ● Il significato dello stimolo ● La natura sensoriale dello stimolo (se visivo è più forte) Può capitare che avvenga una elaborazione semantica anche del materiale non selezionato dalla nostra attenzione. Questo è riscontrabile nel fatto che certi compiti hanno bisogno di più attenzione per essere effettuati: ci accorgiamo nel momento in cui concentriamo tutte le nostre attenzioni sul compito complicato, che la nostra attenzione era divisa in compiti meno importanti. Esiste un sistema centrale che canalizza le limitate risorse attentive in un dato momento, e dipende dallo stato di vigilanza dell'individuo in un momento particolare della giornata. Attenzione, motivazione e comportamento L’attenzione visiva è determinante nella selezione di informazioni che facciamo entrare. Ma questa selezione è modellata anche da fattori motivazionali. Ciò che ha per noi un contenuto emotivo attrae la nostra attenzione e viene quindi elaborato in maniera privilegiata. Attribuire quindi una forma di incentivo (premi, voti, riconoscimenti) ad un compito didattico, può aumentare l'attività cognitiva e neurale dello studente. Questo però vale anche se l’incentivo è recepito come punizione: si otterrà il risultato inverso. Quando la motivazione personale guida l’individuo nel prestare più attenzione si parla di un processo top-down, mentre si parla di processo bottom-up quando è lo stimolo a catturare l’attenzione dello studente. Vigilanza e attenzione sostenuta Mantenere l'attenzione a lungo è un problema molto comune. I fattori che influenzano il calo o l’innalzamento della prestazione sono: ● E caratteristiche stesso dello stimolo (intensità, frequenza, durata, ripetizione) ● I feedback (se positivi per, la prestazione migliora) ● La stimolazione ● Le sostanze stimolanti ● La personalità dell’individuo Il calo delle prestazioni solitamente è basato sul semplice metodo del risparmio energetico: quanto è richiesto un compito impegnativo, il livello di eccitabilità neuronale aumenta, ma dal momento che le nostre risorse sono limitate la risposta neurale diventa man mano più lenta. Questo capita sempre, a meno che non si trovi una motivazione in grado di innalzare nuovamente il livello di risposta.Ovviamente, prima o poi la vigilanza calerà ugualmente. I fattori che influenzano il livello di eccitabilità neurologica sono: ● Endogeni, che hanno natura interna al sistema nervoso e includono alcuni tratti della personalità ● Esogeni, generati dall’esterno e includono il bisogno e la ricerca di gratificazioni Mind wandering: fantasticare. Termine che si riferisce alla tendenza a sognare ad occhi aperti durante la lezione quando la soglia di attenzione è calata. Lo scopo del fantasticare è trovare uno stimolo più attrattivo per lo studente che non reputa più stimolante la lezione. Interferisce pesantemente con la codifica delle informazioni. Suggerimenti: come mantenere alta l’attenzione ● Introdurre delle pause ● Cambiare il focus della lezione ● Utilizzare un linguaggio semplice ● Assegnare e spiegare un compito per volta ● Alternare tipi di attività per contenuti, setting e modalità di presentazione ● Sollecitare l’intervento tramite domande ● Trasformare in gioco qualcosa di noioso ● Essere un insegnante carismatico e stimolante ● La disposizione dei banchi: l’insegnante deve sempre essere visibile ● Flipped classroom o classe capovolta: i ragazzi possono studiare i concetti a casa, prima della spiegazione in classe. Per i bambini iperattivi, e con deficit dell’attenzione: ● Creare un ambiente stimolante ● L’insegnante deve spiegare aggirandosi per la classe, costruendo una lezione partecipativa ● Chiedere domande all’alunno ● Non chiedere all’alunno di aspettare, ma dargli un'azione alternativa durante l’attesa ● Affidargli compiti di leadership ● Lasciargli scegliere il compito, l’attività o l’argomento ● Utilizzare le sue preferenze come incentivo per imparare Stili di apprendimento e approccio esperienziale Introduzione La nuova scienza dell’apprendimento ha portato allo studio dei contesti di apprendimento. L’apprendimento come interazioni tra canali: la teoria multimediale In qualsiasi contesto, l’apprendimento di oggi coinvolge sempre più modalità di informazione. Quindi tutti i canali e i registri sensoriali, nonché la memoria, vengono coinvolti nel processo. I canali principali sono: ● visuale/pittorico ● uditivo/verbale Tuttavia ciascun canale possiede una capacità di elaborazione limitata e questi limiti dipendono dalla memoria di lavoro. la teoria dell’apprendimento multimediale considera 5 processi cognitivi: ● la selezione di parole rilevanti ● la selezione di immagini rilevanti ● l’organizzazione delle parole selezionate in una rappresentazione verbale coerente ● l’organizzazione delle immagini selezionate in una rappresentazione pittorica coerente ● l’integrazione delle rappresentazioni verbali con quelle pittoriche Successivamente la memoria elabora il materiale, selezionando le informazioni salienti che saranno integrate in un modello unico. Gli obiettivi principali dell’apprendimento multimediale sono: ● il ricordo ● la capacità di riprodurre il materiale presentato ● l’abilità di comprendere quanto analizzato e di saperlo utilizzare in situazioni nuove Un formato multimediale è in grado di favorire l’apprendimento quanto più è in grado di rispondere alle esigenze del sistema cognitivo delle persone. Creare spazi di apprendimento per il potenziamento dell’apprendimento esperienziale Per imaprare i maniera esperienziale, gli studenti devono prima di tutto dare un valore alle loro esperienze, poiché l’apprendimento è in concreto il risultato dell’interconnessione tra le esperienze pregresse e quelle nuove. Anche l’ambiente è fondamentale affinché sia di supporto agli studenti e stimolante. inoltre lo spazio di apprendimento deve dare la possibilità allo studente di riflettere, rielaborare e agire. Si possono descrivere alcune strategie che possono essere funzionali all’apprendimento di tutti: ● motivare l’apprendimento, vedere il materiale, collegarlo all’esperienza personale e stimolando un apprendimento induttivo e globale ● raggiungere un equilibrio tra informazioni concrete e concetti astratti ● bilanciare materiale basato sul problem solving a livello pratico e materiale che richiede una comprensione più astratta ● fornire illustrazioni esplicite di modelli intuitivi e modelli di esplorazione, incoraggiando gli studenti ad utilizzare entrambe le modalità ● utilizzare un metodo scientifico nella presentazione di materiale teorico, fornendo esempi concreti ● fare uso di immagini, schemi, disegni durante la presentazione del materiale verbale per fornire dimostrazioni pratiche ● inserire degli intervalli di riflessione ● far fare qualcosa di attivo agli studenti, come la trascrizione di appunti o un’attività di brainstorming ● dare agli studenti la possibilità di collaborare per i compiti a casa ● incoraggiare soluzioni creative e non criticare quelle non corrette ● parlare agli studenti degli stili di apprendimento, così che si riscoprano in essi I disturbi specifici dell’apprendimento: un primo inquadramento Introduzione I disturbi specifici dell’apprendimento sono un gruppo di disturbi con basi neuropsicologiche molto diverse: includono alterazioni nelle strutture neurologiche e di parametri misurabili in termini di comportamento e risposte fisiologiche. I DSA presentano due caratteristiche: ● specificità: indica che il disturbo interessa uno specifico dominio circoscritto di abilità cognitive, lasciando intatto il generale funzionamento dell’intelletto. ● discrepanza: è il contrasto esistente tra il deficit in questione e l’intelligenza generale dell’individuo, conservato o addirittura superiore alla media Difficoltà di apprendimento Si hanno difficoltà di apprendimento quando questo deve passare per il testo scritto. La piena acquisizione della letto-scrittura richiede un’educazione formale ed è un processo lungo alla fine del quale il cervello umano diventa verbale. la scrittura pare connaturata nel cervello umano, ma se l’organizzazione dei sistemi cerebrali coinvolti in questo processo viene modificata, il risultato sarà una modificazione delle abilità linguistiche. Nelle persone DSA questo problema è strutturato e costante e pare che incida non solo nelle abilità di letto-scrittura, ma che inizi ad un altra modalità di pensiero stesso. Per far fronte a questa debolezza, i DSA possono utilizzare altri codici e sistemi neuro-cognitivi, in particolare il codice visivo-analogico. Però la scuola non è preparata per insegnare formalmente usando questo codice, essendo improntata sulla parola orale e scritta. Di conseguenza un disturbo di lettura può avere un grosso impatto nella vita dell’individuo DSA. Dal punto di vista scolastico, un deficit di questo genere viene rilevato principalmente dagli insuccessi dello studente. Una volta stabilita la presenza della problematica, il ragazzo viene inserito in un percorso educativo specifico, con programmi dispensativi e strumenti compensativi. Esistono anche corsi di potenziamento delle capacità cognitive. I disturbi specifici dell’apprendimento: qualche definizione Sulla base del deficit si distinguono diversi disturbi: ● dislessia evolutiva: ​è il disturbo più frequente, e implica un deficit nella lettura intesa come codifica del testo ● disortografia: ​disturbo della composizione intesa come abilità di codifica fonografica e competenza ortografica (errori ortografici). Vi è difficoltà nel tradurre correttamente i suoni in simboli grafici (confusione tra fonemi simili, confusione tra grafemi simili, omissione di lettere, sillabe e pezzi di parole, inversione di lettere, errori nei gruppi consonantici come le doppio o l’uso dell’H, errori di punteggiatura, accenti e apostrofi). ● disgrafia: ​disturbo dell’espressione scritta intesa come abilità grafo-motoria, in termini di scrittura poco leggibile ● discalculia: ​disturbo delle abilità aritmetiche, intese come incapacità di comprendere e operare con i numeri. questi disturbi non sono dettati da una mancata istruzione appropriata ma da disfunzioni neurobiologiche che interferiscono con il normale processo di acquisizione. Alla fine del primo anno elementare, è possibile individuare ritardi di automazione di decodifica e transcodifica; al termine del secondo anno elementare è possibile ottenere una diagnosi. La dislessia evolutiva la DE è una compromissione delle capacità di lettura che si presenta poco fluente, poco accurata e lenta. L’aspetto della lettura che viene compromesso è la decodifica, ossia la capacità di identificare i grafemi e tradurli in fonemi. Nel bambino dislessico non avviene un’automazione di tale processo e quindi impiega una notevole quantità di risorse cognitive mentre legge. Inizialmente, il disturbo si presenta nella fase di scrittura nell’identificazione dei singoli suoni che compongono la parola, successivamente si assiste ad un graduale miglioramento della scrittura ma possono persistere difficoltà nel controllo delle corrispondenze ortografiche più complesse. l’accesso lessicale migliora ma limitatamente alle parole più frequenti. la lettura migliora ma rimane deficitaria. ● ​P-type: ​guidati dalle strategie percettive con deficit dei processi linguistici, la lettura è lenta ma corretta ● L-type: ​guidati da strategie linguistiche con deficit percettivi, lettura veloce ma con errori dovuti all’insufficiente controllo nel corso di decodifica ● M-type: ​misto, la lettura è lenta e con errori Competenze linguistiche secondo l’ipotesi fonologica il disturbo specifico di apprendimento della lettura è riconducibile al deficit di rappresentazione, immagazzinamento e/o recupero dei suoni linguistici, il quale non permette la necessaria corretta acquisizione della corrispondenza grafema-fonema. L’ipotesi di compromissione fonologica comunque non è valida per tutti i casi di dislessia. Abilità visuo-percettive Includono: ● abilità visuo-spaziali, lateralità, direzionalità, integrazione bilaterale ● abilità di analisi visiva: riconoscimento della forma, costanza di forma e misura, chiusura visiva, memoria visiva, memoria sequenziale visiva, visualizzazione mentale, velocità di percezione visiva ● abilità di integrazione: integrazione visuo-uditiva, integrazione visuo-motoria le nuove prospettive sulla dislessia evidenziano una problematica di base di tipo visivo anziché fonologico. Infatti diverse ricerche hanno evidenziato la presenza di movimento oculari anormali collegati alla dislessia: la lettura implica normalmente dei movimenti laterali con momenti di fissità brevi. i dislessici invece mostrano maggiori momenti di fissità e di più lunga durata e discontinua linearità. Alcuni ricercatori imputano a questo i problemi di dislessia, quindi la fonte della dislessia sarebbe una disfunzione della capacità di attenzione visiva o di fissazione oculare. Span visivo: ​numero di lettere poste una affianco all’altra che possono essere chiaramente riconosciute senza muovere gli occhi Attenzione L’attenzione è un’area cognitiva carente nei soggetti DE e la dislessia è associata a una distribuzione asimmetrica dell’attenzione spaziale del campo visivo. Lo sviluppo dell’attenzione spaziale visiva in bambini di età prescolare è quindi fondamentale per la futura acquisizione dell’abilità di lettura. Memoria Anche in questo ambito i dislessici hanno marcate difficoltà. è stato infatti identificato un deficit nella memoria di lavoro, la quale è strettamente legata alle abilità di letto-scrittura poiché contribuisce all’apprendimento a lungo termine delle corrispondenze grafema-fonema e alla possibilità di immagazzinare temporaneamente l’insieme di fonemi costituenti le parole. Il ruolo dell’insegnante L’insegnante deve ricordare quali sono i segnali di un potenziale problema: 1. disturbi del linguaggio, difficoltà a pronunciare alcune parole, incapacità di produrre certi suoni 2. difficoltà di memorizzazione 3. goffaggine 4. difficoltà della gestione dello spazio pagina 5. difficoltà a copiare alla lavagna 6. scrittura al contrario 7. problemi con i diagrammi 8. qualità della lettura 9. difficoltà in aritmetica e calcolo 10. difficoltà nella gestione del tempo 11. difficoltà di organizzazione dello studio 12. maggiore creatività Interventi gli interventi sui DSA sono finalizzati a permettere una compensazione, agendo su fattori individuali e contestuali. Risultano coinvolti i servizi sanitari specialistici e la scuola. Alcuni studi suggeriscono che interventi su bambini piccoli possono aiutare a non sviluppare problematiche nella lettura, sebbene il soggetto sia dislessico, grazie alla plasticità del cervello in piccola età. Ogni percorso terapeutico deve essere personalizzato e il trattamento logopedico deve svolgersi in modalità ludiche per attivare la motivazione. Lo psicologo e i DSA I DSA Diagnosi L’iter diagnostico viene avviato da famiglia o insegnanti. Per individuare un DSA basta osservare le prestazioni in vari ambiti di apprendimento. Se l’insegnante rileva difficoltà, deve predisporre attività di recupero. Se queste non bastano ci si consiglia con la famiglia e ci si rivolge al servizio sanitario per una diagnosi. La comunicazione del sospetto non sempre la famiglia è consapevole delle potenziali difficoltà del figlio. Tale comunicazione risulta impegnativa per il docente ed è bene confrontarsi con il referente DSA o con il dirigente scolastico. Punti guida spunti per individuare una modalità comunicativa con la famiglia: ● trasparenza ● chiarire che si tratta di un sospetto diagnostico ● presentare la cultura di prevenzione della scuola ● presentare esempi pratici del problema ● consigliare il genitore sull’iter da seguire ● ascoltare il genitore ● tenere conto dell’aspetto emotivo Lo psicologo scolastico per il docente Quando c’è un sospetto DSA, lo psicologo svolge i seguenti passaggi: ● incontra la famiglia e raccoglie dati anamnestici ● effettua alcune sedute con il bambino facendo domande e test per valutare intelligenza, capacità di scrittura e di lettura, comprensione del testo, capacità di calcolo ● una volta fatti i test lo specialista redige la diagnosi ● individua le strategie da adottare. Per questo la diagnosi rappresenta un passo importante per il bambino: comprende che le sue difficoltà non derivano da una mancanza di intelligenza ma da una particolare conformazione del suo sistema neuro-cognitivo. Il ruolo dei compiti a casa Una variabile del successo scolastico è lo svolgimento dei compiti a casa e la mancanza di questo è correlabile al rischio di fallimento scolastico. L’argomento compiti a casa è sempre stato oggetto di dibattito nel corso della storia: 1. inizio secolo XX: i compiti a casa erano un mezzo per educare le menti degli studenti 2. 1940: incrementare le capacità di problem solving come mezzo per studiare, e i compiti erano considerati un’intrusione nelle attività di vita quotidiana e del tempo libero 3. 1950: riaffermazione di compiti a casa poiché accelerano il ritmo di acquisizione delle conoscenze 4. anni 70: famiglie ed educatori si schierano contro i compiti a casa La definizione dei compiti a casa ● Cooper: compiti che gli insegnanti assegnano a scuola ma finalizzati alle ore extrascolastiche ● Olympia: i compiti hanno lo scopo di estendere le abilità scolastiche in altri ambienti fuori dall’orario di lezione ● Lee e Pruitt: insieme di pratica, preparazione e creatività ● oggi: i compiti a casa sono l’attività educativa principale e sono parte integrante della routine degli studenti. Hanno effetti positivi sia immediati che a lungo termine oltre a influenzare positivamente l’auto-disciplina, l’organizzazione le abilità di problem solving, l’autonomia, la percezione di responsabilità e la fiducia in se stessi. Compiti a casa e profitto scolastico I compiti a casa sono stati identificati come una delle pratiche più importanti per favorire il successo accademico, ma dall’altra parte contribuiscono a creare una cultura competitiva e incentrata sul lavoro a scapito del benessere personale e familiare. Per questo gli insegnanti dovrebbero assegnare compiti a casa soltanto quando possono dimostrare che questi hanno un effetto benefico. La compliance nei compiti La compliance (ottemperanza) nei compiti a casa è sempre stata fondamentale: non hanno alcun effetto benefico se non vengono portati a termine. Perché ci sia un beneficio sono necessarie due condizioni: 1. i compiti devono essere del livello appropriato 2. gli studenti devono completarli Interventi mirati agli insegnanti ● Programmi di rinforzo contingente: il lavoro deve essere organizzato in gruppi e questo aumenta la performance nei compiti. ● Sistemi dei costi della risposta: penalizzazione degli studenti che non hanno completato i compiti ● note per casa: strategia per migliorare il completamento dei compiti a casa. sono feedback positivi per doveri portati a termine, verifiche e interrogazioni. un punto di forza è che costituiscono un ponte di comunicazione scuola-casa Il ruolo dello psicologo scolastico Lo psicologo scolastico può svolgere molte funzioni nella gestione del rapporto casa-scuola. Può valutare la natura dei problemi a casa e le esigenze degli studenti, dei genitori e degli insegnanti, e può essere uno strumento per suscitare il coinvolgimento dei genitori valorizzando le risorse a casa e a scuola. Interventi innovativi per il potenziamento della lettura negli studenti con dislessia Introduzione Nell’ultimo decennio si è assistito ad un aumento dei DSA e questo ha prodotto la necessità di proporre interventi specifici. è stata valutata l’efficacia di molti metodi innovativi per il potenziamento tra cui: training comportamentali process based che sfruttano le potenzialità delle nuove tecnologie, tecniche di neuromodulazione e neurofeedback. Prevalenza dei DSA nella scuola italiana Grazie alla legge 170 del 2010, la scuola ha assunto maggiore responsabilità dell’identificazione dei segnali DSA. I dati relativi alle certificazioni elaborati dal MIUR stimano un 2,9% di studenti DSA per l’anno 16/17, la cui maggioranza nel nord Italia. Il disturbo mediamente più diffuso è la dislessia, seguito da disortografia, discalculia e disgrafia. Metodi innovativi per il potenziamento della lettura Gli interventi tradizionali mirano all’automazione del processo di lettura ma il processo è molto lungo negli anni, mentre quelli innovativi mirano a garantire esiti significativi ottimizzando la durata del percorso. Potenziare la lettura attraverso il ritmo e la musica Se la compromissione dell’elaborazione uditiva interferisce con lo sviluppo di abilità fonologiche, allora i bambini sono anche meno sensibili alla struttura metrica dei segnali acustici. Per questo motivo si propongono dei training musicali che coinvolgono esercizi di sincronizzazione sensorimotoria, atta alla sensibilizzazione delle caratteristiche acustiche dei segnali uditivi. Questo tipo di training ha riportato miglioramenti nella lettura da parte di bambini dislessici al pari dei metodi tradizionali ma, al confronto con questi, i training musicali hanno il vantaggio di garantire coinvolgimento e di favorire interesse e motivazione nei bambini. Action videogames e abilità di lettura I videogiochi d’azione presentano un’alta velocità, un carico percettivo motorio, la presenza di più elementi in movimento, l’imprevedibilità e l’elaborazione periferica. Tutti questi dettagli sono in grado di migliorare la capacità di attenzione visuo-spaziale e hanno effetti su una rapida messa a fuoco. L’utilizzo dei videogiochi si è dimostrato efficace nel migliorare le abilità di lettura dei bambini dislessici e hanno il vantaggio di favorire l’interesse e la motivazione dei soggetti. La stimolazione elettrica cerebrale per il potenziamento della lettura La possibilità di utilizzare la stimolazione cerebrale non invasiva è stata recentemente esplorata e ha portato ad esiti positivi poiché in grado di modulare l’attività neurale favorendo l’eccitabilità corticale sinistra (regione coinvolta nell’elaborazione fonologica e ortografica durante la lettura). Gli effetti paiono mantenere un effetto positivo anche dopo 6 mesi dalla somministrazione del trattamento. Modulazione delle abilità di lettura attraverso i neurofeedback Sono state riscontrate componenti oscillatorie a bassa frequenza nelle EEG (elettroencefalografie) di bambini con problemi di lettura. Per riportarle nella norma è stata utilizzata la tecnica dei neurofeeback, una forma di condizionamento operante: Quando l’EEG presenta oscillazioni che rientrano nella banda di frequenza target al soggetto viene restituito un feedback positivo, in caso contrario al soggetto viene dato un feedback negativo. Questo tipo di intervento non è ancora stato testato in italia ma è in fase di progettazione. gli alunni con narrazioni suggestive, con stimoli ed elementi fantastici per far leva sul pensiero divergente. Creatività e matematica: un esempio La matematica è spesso considerata una materia astratta che è necessario studiare ma che non serve a molto nella vita quotidiana. siamo inconsapevoli però che tutta la tecnologia che utilizziamo si basa proprio su algoritmi e su logiche matematiche. La creatività acquisisce un ruolo in matematica quando si ha la possibilità di guardare i dati di un problema da un’altra prospettiva e poter trovare quindi una strategia solutoria. Dare quindi la possibilità di disegnare immagini e utilizzare grafici può essere un utilizzo della creatività anche in questa materia astratta. Dinamiche di classe: gruppi, pregiudizi, bullismo, cooperazione Introduzione L’insegnamento non può prescindere dalle dinamiche di gruppo e da fenomeni come contrasto, bullismo e cooperazione. Un gruppo non è la semplice somma dei suoi membri ma è un’entità e i suoi membri non formano necessariamente un gruppo. Il gruppo classe è il più importante dopo quello familiare ed è un ambito importante in quanto i bambini sperimentano socialità e intessono relazioni mettendo alla prova e sviluppando la capacità di relazionarsi. Importantissimo nella fase adolescenziale, in quanto il gruppo concorre alla creazione dell’identità. Fondamentale è la buona gestione del conflitto, da intendere come divergenza di opinioni, che non sempre è negativa: ci si può arricchire di nuove idee e imparare ad argomentare le proprie. In un ambiente variegato come la scuola, dove coesistono culture e background, è necessario che il tutto venga governato da regole. Quando un gruppo è solito è normale che insorga una sorta di conformismo tra i suoi membri, quindi è possibile che alcuni di essi non propongano le proprie idee per non disturbare l’equilibrio e non mettersi contro la maggioranza, tanto quanto è possibile che il giudizio stesso dell’individuo venga distorto dalla maggioranza. Vi sono poi processi che favoriscono la nascita di stereotipi, pregiudizi e generalizzazioni, creando modelli di pensiero in-group e out-group. Questo fenomeno è riconoscibile dal linguaggio utilizzato, soprattutto dai pronomi e aggettivi: noi, voi, nostro, vostro. Può verificarsi il fenomeno della deresponsabilizzazione: in una situazione in cui una persona ha bisogno di aiuto, non ci si sente chiamati in causa personalmente poiché la responsabilità è divisa tra tutti i membri del gruppo: attuare una certa condotta in un contesto di gruppo piuttosto che come singolo, sembra conferirle legittimità. Le opinioni di un gruppo possono cristallizzarsi e diventare dogmi tendendo ad ignorare tutte le informazioni in contrasto con l’opinione generale del gruppo: il fatto stesso di associarsi con i propri simili rappresenta un’esperienza gratificante. Tutto questo però può sfociare in forme di devianza e vera e propria criminalità legittima, soprattutto se il gruppo si definisce intorno ad un leader particolarmente aggressivo. In questo caso, grazie all’anonimato e alla responsabilità diffusa, gli individui possono ricadere in comportamenti illeciti, irrazionali e fuori controllo (teoria della deindividuazione). Non sempre però si verificano dinamiche negative: il gruppo può anche diventare una potente risorsa se valorizzati i singoli tanto quanto il gruppo intero. Una classe difficilmente costituisce un solo gruppo: verranno a formarsi relazioni, sottogruppi e vi saranno fenomeni di confronto, conflitto e scontro aperto. Gli insegnanti devono spingere i gruppi ad essere aperti e in scambio con l’esterno. Individuato poi un leader dovrebbe egli essere spinto a gestire il proprio ruolo in modo aperto al fine di promuovere la discussione ed evitare il conformismo. Bullismo Il termine deriva dall’inglese bully che definisce una persona cara. Dal 17esimo secolo l’accezione è cambiata assumendo una connotazione negativa, influenzata dal termine bull, toro. L’uso moderno del termine richiama la sopraffazione di persone più deboli. Ma il bullismo in generale è una modalità di relazione, per comprenderlo è quindi necessario capire il fenomeno sociale e relazionale. Devono presentarsi 3 condizioni per poter parlare di bullismo: 1. l’intenzionalità del comportamento aggressivo 2. La sistematicità di reiterazione nel tempo di tale comportamento 3. l’asimmetria di potere tra le parti coinvolte, dovuta a forza fisica, età, numero di persone La vittimi solitamente ha difficoltà nel difendersi e prova un forte senso di impotenza. Il bullismo viene spesso associato al mobbing, che in etologia si riferisco all’attacco collettivo di animali deboli verso uno solo più forte. A scuola e sul lavoro, il mobbing si realizza in un individuo accerchiato e isolato per ragioni che vanno da un pericolo avvertito dal gruppo accerchiatore. Il bullismo coinvolge diversi attori: ● il bullo, con temperamento impulsivo che tende a dominare l’altro ● aiutanti o gregari del bullo, che lo incitano ma senza prendere parte all’azione ● la vittima, che può essere anche provocatrice ● gli astanti, ovvero spettatori neutrali che spesso prendono le difese della vittima se decidono di andare contro il più forte Esistono varie tipologie di bullismo a seconda delle azioni: 1. bullismo diretto: fa uso della forza fisica (calci, pugni, appropriamento o danneggiamento dei beni della vittima, estorsione) - più maschile 2. bullismo verbale: offese e prese in giro, minacce, insulti, derisione - sia tra maschi che femmine 3. bullismo indiretto: comportamenti non diretti ma che danneggiano le relazioni sociali della vittima attraverso pettegolezzi e dicerie - più tra femmine Secondo i dati ISTAT, gli atti di bullismo sono tendenzialmente più diretti verso le femmine che verso i maschi e sono molto frequenti nei licei, seguiti da istituti professionali e da quelli tecnici. Il fenomeno è in generale più diffuso al nord. La rilevazione del bullismo soffre di mancanze metodologiche. Si fa ricorso al self-report ma questo non sempre garantisce piena attendibilità. Inoltre la percezione del bullismo è disuguale tra alunni e adulti, sia insegnanti che genitori, i quali tendono a sottostimare i fenomeni di prevaricazione. La rilevazione dei fenomeni di bullismo dovrebbe basarsi su sociogrammi che permettono di analizzare le relazioni sociali all’interno del gruppo classe, per poter rappresentare ed evidenziare la posizione di ogni membro e mapparne le dinamiche relazionali. Cyberbullismo La diffusione dei nuovi media ha consentito l’evoluzione del fenomeno chiamato cyberbullismo con conseguenze spesso più gravi del bullismo. Il danno alla vittima viene perpetrato attraverso l’uso di PC, cellulari e altri dispositivi elettronici. Secondo la legge 71/2017 comma 2 il cyberbullismo è: qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito dei dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti online aventi ad oggetto anche componenti della famiglia della vittima minore il cui scopo intenzionale sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto serio abuso, attacco dannoso o la loro messa in ridicolo. In questo caso, è ovvio che i fatti non si limitano al contesto scolastico, interessando persone anche molto lontane tra loro. La prevalenza del cyberbullismo raggiunge il suo picco negli anni della scuola media e subisce un declino negli anni successivi e sarebbero i ragazzi i più propensi a perpetrarlo. L’elemento di differenziazione tra bullismo e cyberbullismo è l’anonimato, che consente al bullo di prende le distanze dalla vittima sia fisicamente che psicologicamente, facendolo sentire non responsabile o non coinvolto. La vittima di cyberbullismo ha meno possibilità di conoscere l’identità del bullo e questo potrebbe intensificare sentimenti di paura, poiché il bullo potrebbe essere chiunque. Prevenzione del cyberbullismo La prevenzione dovrebbe contare sul sostegno della scuola nell’educare i giovani ad un uso corretto della tecnologia e per farlo sono stati istituiti dei programmi scolastici internazionali. consiste nell’imparare da un compagno attraverso uno scambio di conoscenze nell’ambito di una relazione tra pari. Esiste anche il peer learning, in cui avviene uno shift nella tradizionale dinamica teaching-learning. Il peer learning adotta un approccio costruttivo della conoscenza, di equa partecipazione dei membri che sono tutti uguali e ognuno può apportare il suo contributo. Gestire il conflitto a scuola: idee e linee guida per i docenti Introduzione La scuola è centro di dibattito sulle dinamiche conflittuali. Il conflitto a scuola può essere estenuante ed è una dinamica di cui è difficile liberarsi se non gestito nella giusta maniera e rischia di portare strascichi nel vissuto e conseguenze. Esistono principalmente tre tipologie di conflitto scolastico: 1. conflitto tra docenti e genitori 2. conflitto tra docenti e studenti 3. conflitto tra studenti Ciascuna di queste tipologie di conflitto meglio si presta a interventi differenziati. Il conflitto tra docente e studente Ha la peculiarità di essere fortemente asimmetrico avendo da una parte una figura di autorevolezza e dall’altra una figura subordinata alla relazione gerarchica. L’insegnante può erogare sanzioni disciplinari che possono andare dal lieve richiamo verbale alla sospensione e allontanamento dalle attività e dall’istituto scolastico. L’assidua esposizione alle punizioni può però produrre nel ragazzo un senso di alienazione e intensificazione della rabbia. è importante che la relazione studente-insegnante sia il più rilassata possibile perché uno stato di benessere dell’insegnante ha effetti significativi sulla performance degli studenti. Per affrontare un conflitto di questo genere è bene seguire delle regole: 1. separare la persona dal problema, cioè non identificarla come la causa dello stesso e soprattutto non innamorarsi della propria idea 2. focalizzarsi sugli interessi più che sulle posizioni di idee per poter comprendere meglio l’origine del conflitto. Occorre capire le motivazioni ma magari non sono esprimibili. 3. utilizzare soluzioni creative 4. utilizzare criteri oggettivi 5. imparare a controllare il tono della voce e il linguaggio del corpo 6. evitare atteggiamenti giudicanti o attacchi all’etica 7. dare spazio e concedere tempo per calmarsi per tornare a discutere in maniera più proficua Il conflitto tra docente e genitore Le relazioni tra docente e genitore sono spesso molto conflittuali perché il genitore è un soggetto adulto e autonomo che davanti all’insegnante si sente legittimato nella difesa del figlio, creando quindi uno scontro. è quindi importante agire, in sede di colloquio, secondo strategie di spersonalizzazione della critica rivolta allo studente e per farlo si può: ● sminuire la responsabilità diretta dello studente ● descrivere i suoi problemi come qualcosa di comune e routinario ● articolare ed esplicitare gli aspetti positivi e i progressi dello studente ● paragonarsi in prima persona allo studente cercando di mitigare la criticità del problema L’insegnante deve creare un clima di collaborazione seguendo alcuni passi: 1. invitare a colloquio esplicitando speranze e aspettative 2. invitare alle lezioni prova per illustrare le regole basi sui compiti a casa e sulla convivenza in classe 3. spiegare ai genitori i compiti a casa Il genitore dovrebbe essere fatto sentire come un pari a tutti gli effetti e l’insegnante dovrebbe essere in grado di ascoltare attivamente. Il conflitto tra studenti Vi è comprensibile riluttanza dei docenti e degli operatori nell’intervenire drasticamente nel caso di minori. Il metodo tradizionale impiegato nelle scuole sono le sanzioni disciplinari ad esclusione che mirano a proteggere la generalità degli studenti. Ma la sospensione o l’espulsione alienano ed escludono proprio i soggetti che rischiano di essere marginalizzati e di compiere atti di violenza. La gestione della conflittualità dovrebbe quindi valorizzare il conflitto stesso come elemento dinamizzante. Il conflitto tra studenti può essere risolto in maniera autoritaria ma è più utile che i ragazzi risolvino i conflitti di propria iniziativa tramite una mediazione, processo flessibile e non formalizzato. La mediazione di minori e tra minori è anche un supporto all’esperienza educativa, infatti questo metodo valorizza le capacità decisionali e stimola l’apprendimento del cambiamento, sollecitando comportamenti responsabili.
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