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Psicologia cognitiva mente e cervello, Appunti di Scienze Cognitive

Capitolo 6: Memoria di lavoro, funzionamento

Tipologia: Appunti

2018/2019

Caricato il 04/06/2019

Alfad1
Alfad1 🇮🇹

4.3

(4)

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Scarica Psicologia cognitiva mente e cervello e più Appunti in PDF di Scienze Cognitive solo su Docsity! CAPITOLO 6 MEMORIA DI LAVORO La memoria di lavoro è cruciale per alcune competenze cognitive: la pianificazione, la risoluzione dei problemi, ragionamento. La memoria di lavoro Spazio di lavoro che facilita l’accesso a informazioni significative e garantisce la loro immediata disponibilità a essere utilizzate e rielaborate. Quando vengono portati a termine gli obiettivi cognitivi prefissati, le informazioni possono essere poi eliminate liberamente e lo spazio diventa disponibile per immagazzinare nuove informazioni. Es. ricordare un numero di telefono dal momento in cui lo si ascolta al momento in cui lo si digita. La metafora del computer Si usa per spiegare il funzionamento della memoria di lavoro. Il computer possiede due memorie (modalità di elaborazione delle informazioni): • Hard disk: consente di immagazzinare le informazioni in modo permanente stabile e affidabile. Contiene tutti i programmi le cartelle dei dati e il sistema operativo del computer. Per utilizzare queste informazioni è necessario recuperarle dall’hard disk e caricarle nella RAM. le informazioni immagazzinate in esso rappresentano la MLT • RAM: corrisponde alla memoria di lavoro= deposito di memoria dalla capacità limitata, flessibile, non legato a contenuti specifici. Implicazioni sulla memoria di lavoro Le persone differiscono in termini di capacità di memoria di lavoro (o span di memoria di lavoro), ossia la quantità di informazioni disponibili. Il test standard per misurare la memoria di lavoro consiste nel presentare ai soggetti delle operazioni matematiche da risolvere mentalmente accanto alle quali vi è già il risultato scritto e il soggetto deve valutare se è giusto o sbagliato con un “Si” o “No” e deve anche memorizzare la parola posta accanto al risultato. Dopo aver terminato il compito deve ricordare le parole in ordine. La media è intorno a 2-3, poche persone hanno una memoria di lavoro pari a 6. Dalla memoria primaria alla memoria di lavoro Memoria primaria, memoria secondaria e consapevolezza La prima riflessione rispetto a una possibile distinzione tra MBT e MLT è stata introdotta da James alla fine del 19°secolo. Lui parlava di memoria primaria e memoria secondaria: • Memoria primaria: è il deposito iniziale in cui viene immagazzinata l’informazione accessibile alla coscienza, all’attenzione e all’introspezione. Un’informazione di questo tipo sarebbe continuamente disponibile, non viene recuperata, semplicemente non è mai andata persa. • Memoria secondaria: le informazioni possono essere recuperate ma alla presenza di un processo cognitivo attivo. I primi studi: le caratteristiche della memoria a breve termine Poi Miller fornì informazioni dettagliate relative alla capacità limitata della memoria a breve termine. In un suo articolo, dal titolo “il magico numero 7 più o meno 2”, Miller suggerisce che le persone possono tenere attivi nel proprio deposito a breve termine solo 7 item, e che questo limite influenza le prestazioni in numerosi compiti mentali. Miller ha suggerito che singoli item possono essere raggruppati in organizzazioni più complesse che ha chiamato chunck (unità di informazione), anche in base alla significatività. Pertanto, 3 cifre singole: 3,1,4, potrebbero essere raggruppate insieme e così diventerebbero 314. La MBT anche se soggetta ad alcuni vincoli, non è rigida ma può essere influenzata da strategie, come per esempio il chuncking (acquisizione e raggruppamento di unità di informazione), in grado di aumentarne la capacità. Studi recenti suggeriscono che questo numero potrebbe non essere 7+-2, ma molto meno: 3+-1, perché la capacità di deposito è molto più bassa di 7 quando ai soggetti viene impedito di utilizzare strategie come il chuncking o il rehearsal (ripetizione di una o più informazioni, a voce alta o fra sé e sé). Volatilità della MBT Significa che l’informazione è disponibile per un breve periodo di tempo se non viene recuperata. Il compito di Brown-Peterson consisteva nel memorizzare una serie di 3 consonanti, impedendo ai partecipanti il rehearsal (per esempio chiedendo di contare da 100 a 0, un numero ogni 3 secondi). Dopo intervalli di tempo si chiedeva ai partecipanti di ripetere le consonanti. L’accuratezza della ripetizione era pari al 50% dopo 6 secondi, pari a 0 dopo 18 secondi. Un tipo di memoria ancora più breve è la memoria sensoriale: serve a mantenere una rappresentazione percettiva di uno stimolo presente per pochi millisecondi dopo la scomparsa dello stimolo stesso. Esiste ancora oggi il dibattito sulla causa della perdita di informazioni nella MBT, rispetto al fatto se sia ascrivibile al progressivo trascorrere del tempo a all’interferenza di altre informazioni precedentemente immagazzinate. Accessibilità della MBT Stenberg condusse studi sul livello di accessibilità alle informazioni della MBT. Ai partecipanti mostrava brevemente un numero variabile di item (cifre), seguite a breve distanza da un nuovo item. I partecipanti dovevano indicare il grado di associazione del nuovo item con gli item precedenti. Il tempo impiegato può essere dovuto a 4 variabili: • Il tempo necessario a elaborare la nuova informazione • Il tempo necessario per accedere alla MBT e confrontare la nuova informazione con quelle precedentemente immagazzinate • Il tempo richiesto a formulare un’informazione di tipo binario (si associa – non si associa) • Il tempo necessario a mettere in atto la risposta motoria necessaria per rispondere Quanto più il numero di item da memorizzare aumenta, tanto più il tempo necessario relativo al punto 2 dovrebbe aumentare, ma il tempo relativo agli altri punti dovrebbe rimanere invariato. Stenberg ha ipotizzato che se si mette in relazione il tempo di risposta con la quantità delle informazioni iniziali, si dovrebbe ottenere una linea retta. Inoltre, l’andamento della linea dovrebbe indicare il tempo medio relativo all’accesso e al confronto di un nuovo item con le informazioni presenti nella MBT. I risultati confermarono le ipotesi: i dati formavano una linea retta quasi perfetta e un incremento ogni 40 millisecondi. (Fig: se il n di elementi da ricordare aumenta da 1 a 6, il tempo necessario per valutare un nuovo elemento aumenta in modo lineare di 40 mssc). Un lavoro più recente ha rimesso in gioco l’assunto di Stenberg: l’elaborazione della MBT procede in modo sequenziale, compiendo un compito alla volta. Pur accettando l’idea di una capacità di elaborazione in parallelo (in cui è necessario un accesso simultaneo a tutte le informazioni), il tempo necessario per accedere alle informazioni nella MBT rimane molto contenuto. E quindi viene confermato il fatto che è possibile avere un accesso immediato alle informazioni presenti nella MBT. Il modello di Atkinson e Shiffrin Secondo tale modello la MBT e la MLT sono caratterizzate da modalità distinte di immagazzinamento delle informazioni. Le informazioni provenienti dall’ambiente sono immagazzinate da recettori sensoriali, visivi, uditivi, aptici (relativi al tatto) ecc. e hanno accesso alla MBT. Qui le informazioni vengono ripetute o manipolate prima di avere accesso alla MLT. Pertanto, i risultati suggeriscono l’idea che il circuito fonologico sia un dispositivo di apprendimento linguistico. Il taccuino visuo-spaziale Ci permette di sviluppare un’immagine mentale e di navigare attraverso tale immagine. In un compito di interferenza, mentre i partecipanti esplorano mentalmente una lettera maiuscola (*F), a partire da un asterisco, devono rispondere si o no ad alcune domande rispetto agli angoli della figura che hanno raggiunto. Il tempo necessario per rispondere è più lungo quando i partecipanti devono rispondere indicando si o no su fogli stampati piuttosto che quando devono rispondere a voce, suggerendo che i movimenti spaziali interferiscono con la navigazione mentale. Questi risultati suggeriscono che l’esplorazione mentale è un processo intrinsecamente spaziale. L’esperienza soggettiva di muoversi con l’occhio della mente da un luogo all’altro suggerisce anche la possibilità che la memoria di lavoro visuo-spaziale dipenda dal sistema cerebrale che pianifica il movimento degli occhi (o di altre parti del corpo), proprio come la memoria di lavoro verbale dipenda dai sistemi cerebrali coinvolti nella produzione linguistica. Questo sistema di pianificazione del movimento potrebbe anche essere alla base del recupero spaziale, il processo di aggiornamento mentale che dedica spazio per tenere queste informazioni altamente disponibili. In altre parole, come siamo in grado di direzionare la nostra attenzione focalizzata in un luogo nello spazio senza guardare in quella direzione fisicamente, parimenti potremmo essere in grado di tenere a mente i luoghi della memoria focalizzando implicitamente la nostra attenzione sugli spazi ricordati. Es. parlo con un amico ad una festa, continuo a guardarlo, mentre nello stesso momento, con la coda dell’occhio sto facendo attenzione ai gesti di un altro amico alla mia sx. Le informazioni elaborate dal taccuino visuo-spaziale possono essere di 2 tipi: • Spaziale, come la disposizione della stanza • Visiva, come il mio quadro preferito Potrebbero essere necessari codici di tipo differente al fine di mantenere queste informazioni non verbali nel taccuino visuo-spaziale. Si rileva che la memoria di lavoro visuo-spaziale potrebbe essere composta da 2 sistemi distinti, uno per mantenere le rappresentazioni visive degli oggetti e un'altra per quelle spaziali. La distinzione tra l’elaborazione degli oggetti e quella spaziale è in linea con le osservazioni relative al sistema visivo: rispettivamente il percorso dorsale “dove” e quello ventrale “cosa”. Gli studi di neuroimaging evidenziano la differenziazione tra i sistemi cerebrali attivati dalla memoria di lavoro spaziale e da quella oggettuale, tuttavia la questione rimane ancora aperta. L’esecutivo centrale • Stabilisce quanto a lungo le informazioni sono immagazzinate nel deposito • Determina quale sistema (il circuito fonologico per le informazioni verbali e il taccuino visuo- spaziale per quelle visive) è attivato per il deposito • Integra e coordina le informazioni tra i due sistemi • Garantisce un meccanismo attraverso cui le informazioni che sono state mantenute nei sistemi possono essere esplorate, trasformate e manipolate cognitivamente. • Controlla quindi e direziona l’attenzione Determina sia come spendere le risorse cognitive, sia come sopprimere le informazioni irrilevanti che consumerebbero queste risorse. Uno studio, confrontando malati di Alzheimer in fase iniziale con adulti sani della stessa età • Nella fase di compito singolo, i partecipanti hanno compiuto uno dei 2 compiti (visuo-spaziale o uditivo-verbale) in modo separato. • Nella fase di compito doppio, hanno eseguito due compiti contemporaneamente I risultati hanno mostrato che i malati di Alzheimer presentavano prestazioni peggiori nella condizione di doppio compito rispetto ai partecipanti sani. Questi risultati supportano l’idea che il coordinamento delle operazioni di deposito richiede l’attivazione dell’esecutivo centrale. Inoltre, porzioni differenti della corteccia prefrontale sono specifiche per differenti tipi di elaborazione utilizzati nella memoria di lavoro: in particolare, il compito di mantenimento semplice (le info dovevano essere solo immagazzinate e poi recuperate) coinvolge le regioni ventrali della corteccia prefrontale, e l’informazione tende a essere manipolata (manipolazione: le informazioni immagazzinate devono anche essere trasformate in qualche modo) in più di un’area dorsale. Esistono veramente due circuiti distinti? Un buon numero di evidenze sperimentali è a favore della differenziazione tra memoria di lavoro verbale e visuo-spaziale dal punto di vista funzionale e strutturale. Studi di neuroimaging hanno sottolineato un modello in cui la memoria di lavoro verbale è associata con l’emisfero sx, mentre l’elaborazione spaziale sarebbe associata con quello dx. In compiti complessi le aree cerebrali attivate dalla memoria di lavoro verbale e visuo-spaziale tendono a essere altamente in sovrapposizione. Forse in condizioni più complesse tutte le componenti della memoria di lavoro sono coinvolte per portare a termine il compito in modo più efficace. Box 6.1 Dibattito: come sono organizzate a livello cerebrale le funzioni della memoria di lavoro? I risultati degli studi di neuroimaging hanno evidenziato come la corteccia prefrontale dorsale sia coinvolta in compiti di memoria di lavoro che richiedono sia manipolazione, sia mantenimento, mentre la corteccia prefrontale ventrale si attiva anche quando il compito è solo di mantenimento. Pertanto, i processi di deposito e controllo esecutivo sono svolti da regioni differenti. Come funziona la memoria di lavoro Meccanismi di mantenimento attivo Oggi è diffusa la convinzione che le rappresentazioni nella memoria a lungo termine avvengano in termini di rafforzamenti (o indebolimenti) di connessioni tra le popolazioni neurali. Questi cambiamenti vengono chiamati • memoria basata sul peso, in quanto la rappresentazione della memoria prende forma a partire dalla forza o dal peso delle connessioni neurali. Sebbene i ricordi legati alla memoria basata sul peso siano stabili e di lunga durata, non sempre ne siamo consapevoli, in quanto riflettono un cambiamento strutturale in percorsi neurali che si rivelano solo quando questi sono attivati da nuovi stimoli. La MBT sembra basarsi su un meccanismo differente che possiamo chiamare • memoria basata su attività, in cui l’informazione viene mantenuta sottoforma di pattern di attività stabili in specifiche popolazioni neurali. I ricordi relativi alla memoria basata su attività sono più altamente accessibili, ma meno duraturi. I segnali di attivazione possono essere continuamente propagati a tutti i neuroni connessi, ma una volta che si hanno cambiamenti nel livello di attivazione, l’informazione originariamente depositata è persa. I sistemi cerebrali coinvolti nella memoria basata su attività sono stati scoperti grazie a studi di neuroscienze con il compito a risposta ritardata: viene fatto comparire molto velocemente un indizio, e dopo un certo tempo viene richiesta una risposta. Le registrazioni neurali suggeriscono che alcuni neuroni, nella regione dorsolaterale della PFC hanno manifestato un incremento transitorio nel livello di attività (misurato da un aumento della frequenza di scarica) durante la presentazione dell’indizio, mentre altri hanno mostrato picchi durante il periodo di ritardo. L’attività durante il periodo di ritardo era specifica per lo stimolo: un dato neurone avrebbe mostrato attivazione solo in risposta a un segnale in una determinata posizione sul display. Fig.6.11 il compito è il seguente: viene presentato velocemente un indizio (ellisse blu) in uno degli 8 punti circostanti al punto di fissazione (segno +). Durante il periodo di attesa la scimmia deve memorizzare il punto di comparsa dell’indizio. Dopo un segnale (la rimozione del segno +), la scimmia compie un movimento oculare in modo da fissare il punto di comparsa dell’indizio. L’attività neuronale nella corteccia prefrontale aumenta durante il periodo di attesa solo quando l’indizio è stato presentato direttamente al di sotto del punto di fissazione. (le tecniche di neuroimaging hanno rilevato un aumento significativo del livello di attivazione nella corteccia prefrontale dorsolaterale e parietale durante compiti di memoria di lavoro negli esseri umani). I risultati (delle scimmie) suggeriscono che la distinzione tra MLT e MBT, in molti casi, non è tanto in termini strutturali in relazione a sistemi cerebrali differenti, quanto in termini di meccanismi di mantenimento dell’informazione. Relativamente alla MBT, l’informazione è mantenuta grazie a una massiccia attività neuronale, mentre per la MLT questo è improbabile. In secondo luogo, almeno in alcune regioni del cervello, la MBT non è paragonabile alla RAM di un computer, perché la RAM è completamente flessibile per quanto riguarda le informazioni che vengono memorizzate in luoghi diversi. Al contrario, nel cervello alcune popolazioni neurali sembrano essere specializzate per il deposito di particolari tipi di informazione, come per es. la posizione di un punto su uno schermo davanti a noi. Questo risultato indica un ulteriore grado di organizzazione basato sul contenuto della memoria di lavoro. Box 6.2 Box 6.2 Approfondimento: Esprimere paure immaginarie Scopo Esaminare l’attività dei neuroni presenti nella corteccia prefrontale durante un compito di memoria di lavoro in cui venivano presentati stimoli distrattori durante l’intervallo di attesa. Metodo In uno studio è stata registrata l’attività di ciascun neurone in un compito di memoria di lavoro con risposta ritardata rispetto a un numero elevato di prove. I soggetti erano 2 macachi ai quali sono stati applicati degli elettrodi, in un 1° studio sulla corteccia temporale inferiore e in un 2° studio sui neuroni prefrontali. Veniva presentata una serie di oggetti disegnati (farfalla, ombrello, leone) da confrontare con un oggetto disegnato che fungeva da campione (es. farfalla). I macachi erano addestrati (attraverso un training graduale basato sulla ricompensa) a rilasciare una leva ogni volta che compariva uno stimolo identico allo stimolo campione. Il compito di memoria effettuato dal macaco richiedeva la memorizzazione di un primo stimolo campione e una risposta non appena questo stimolo era presentato nuovamente dopo un numero di stimoli distrattori. Risultati Questa risposta stimolo-specifica era mantenuta anche quando lo stimolo campione veniva rimosso dallo schermo. Nella corteccia prefrontale l’attività stimolo-specifica dei neuroni era presente anche quando erano presenti stimoli distrattori, e continuava fino alla comparsa dello stimolo abbinato allo stimolo campione. Al contrario, nella corteccia temporale, la risposta stimolo-specifica non era presente in seguito alla comparsa del primo stimolo distrattore. Discussione Il fatto che i neuroni nella corteccia prefrontale e in quella temporale inferiore mantengano un pattern di attivazione stimolo-specifico durante il periodo di attesa immediatamente successivo allo stimolo campione, suggerisce che entrambe queste regioni cerebrali siano coinvolte nel deposito di informazioni nella MBT. Tuttavia, dal momento che solo le regioni prefrontali mantengono questa risposta selettiva anche durante la
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