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Psicologia cognitiva mente e cervello, Dispense di Scienze Cognitive

Capitolo 7: i processi esecutivi

Tipologia: Dispense

2018/2019

Caricato il 04/06/2019

Alfad1
Alfad1 🇮🇹

4.3

(4)

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Scarica Psicologia cognitiva mente e cervello e più Dispense in PDF di Scienze Cognitive solo su Docsity! CAPITOLO 7 I PROCESSI ESECUTIVI Il termine nasce dal modello sulla memoria di lavoro di Baddeley, nel quale distingueva • Sistemi di archiviazione a breve termine: per le informazioni visive e verbali • Un esecutivo centrale: che opera sui contenuti di questo magazzino I processi esecutivi sono processi che modulano l’operazione di processi di livello più basso e coordinano la nostra attività mentale, in modo da raggiungere un obiettivo. Essendo processi che operano su altri processi, vengono definiti metaprocessi. Tuttavia, ogni metaprocesso non è necessariamente un processo esecutivo, perché potrebbe non essere adibito a coordinare e controllare l’attività mentale. La connessione del lobo frontale I processi esecutivi formano una classe distinta di processi cognitivi e ce lo dimostrano gli studi su pazienti con danni cerebrali frontali causati da una lesione che proviene da un colpo esterno, da un ictus o da una breve deprivazione di ossigeno. Uno degli incidenti più strani è capitato nel 1848 a un operaio addetto alla costruzione di ferrovie: Phineas Gage, il quale inseriva esplosivi in buchi scavati con un bastone di metallo e per via di una carica di esplosivo erroneamente attivata, si confisca il bastone nella testa: glie entra da sotto lo zigomo sinistro uscendo nella parte superiore del cranio, per poi atterrare lontano da lui. Gage sopravvisse all’incidente, le sue doti intellettive erano relativamente compromesse ma il suo comportamento cambiò radicalmente: prima dell’incidente era calmo, zelante, affidabile; dopo venne considerato irresponsabile, impulsivo, adito a scatti d’ira. Il medico che lo curava e che lo ha poi studiato Harlow, ipotizzò una connessione tra lobi frontali e mancanza di contegno sociale. Nel XXI secolo Hebb e Penfield osservavano che pazienti con tali lesioni pur eseguendo bene un test del Q.I, erano incapaci di condurre una vita normale: è come se avessero intatte le componenti cognitive, ma avessero perso l’abilità di organizzarle e controllarle. Ipotizzò che un danno a quest’area portava a un mancato funzionamento dei processi esecutivi (di controllo). Un altro soggetto, durante un intervento di chirurgia facciale rimase senza ossigeno per un breve periodo, ciò compromise la sua abilità di pianificare, di compiere le routine più basilari (deficit di spostamento dell’attenzione), di agire in maniera indipendente, tant’è che svolgeva solo ciò che i famigliari li programmavano minuziosamente; era completamente inconsapevole della sua condizione (malfunzionamento del monitoraggio), sebbene la sua intelligenza sembrasse intatta. Prima della lesione era un uomo socievole ed estroverso, dopo aveva scarsa emotività e un tono piatto. La sua condizione viene descritta come sindrome frontale. In realtà l’area cerebrale coinvolta non è l’intero lobo frontale, ma solo la parte anteriore di esso, la corteccia prefrontale (PFC), che si trova davanti all’area motoria e quella motoria supplementare. Nella parte posteriore della PFC si trova l’area di Broca (cap.6), coinvolta nel linguaggio. (la sindrome del lobo frontale coinvolge: PFC dorsolaterale, cingolato anteriore, area premotoria, e nella parte posteriore della PFC l’area di Broca). La PFC ha delle proprietà anatomiche che la rendono ideale per l’implementazione dei processi esecutivi: ✓ è molto grande ✓ riceve informazioni da tutte le aree corticali e percettive, e da molte strutture sottocorticali ✓ combina diverse fonti di informazioni, necessarie per comportamenti complessi ✓ proietta direttamente ai sistemi sensoriali, corticali e motori, influenzando top-down altre strutture neurali. L’ipotesi che ogni processo esecutivo sia mediato dalla PFC è denominata ipotesi frontale esecutiva. Danni frontali e l’ipotesi frontale I test utilizzati per diagnosticare lesioni al lobo frontale, forniscono informazioni importanti sul funzionamento dei processi esecutivi. Il test di Stroop (cap.3), test psicologico per la valutazione attentiva ideato negli anni ’30 da Stroop. Sono presentati nomi di colori, scritti in lettere colorate. Il compito del soggetto è nominare il colore delle lettere, ignorando il nome del colore, il più velocemente possibile. Con soggetti neurologicamente sani, l’accuratezza è alta anche nelle prove incompatibili (quando la parola nero è stampata in grigio) ma il tempo impiegato per rispondere è maggiore rispetto alle prove incompatibili (quando la parola grigio è stampata in grigio). È come se i soggetti dovessero eseguire elaborazioni aggiuntive per le prove incompatibili. Nei pazienti frontali il livello di accuratezza per le prove incompatibili è più basso dei soggetti sani perché soffrono di deficit nell’attenzione selettiva (focalizzarsi sulle lettere) e nell’inibizione (inibire il colore), entrambi sono dei processi esecutivi, metaprocessi, e sono mediati dalla PFC. Neisser in Cognitive Psychology fece notare che l’attenzione selettiva, quindi la componente di attivazione può risultare sia dalla concentrazione sulla rappresentazione o processo rilevante, sia dall’inibizione di tutti i processi e rappresentazioni irrilevanti. E come se nell’attenzione selettiva a volte fosse coinvolta anche l’inibizione. Il Wisconsin Card Sorting task, sempre per la valutazione di lesioni frontali. Quattro carte stimolo sono poste davanti al soggetto, ognuna ha un disegno diverso per numero, colore, forma. Da un mazzo di carte simili i soggetti devono prendere una carta alla volta e farla corrispondere con una delle carte stimolo. Dopo circa 10 risposte corrette, lo sperimentatore cambia attributo di riferimento senza avvertimento. i soggetti sani cambiano attributo di riferimento dopo poche prove; i pazienti frontali continuano a ordinare le carte in accordo con quanto facevano all’inizio. Questo suggerisce che lo spostamento dell’attenzione è un altro processo esecutivo compromesso da lesioni al lobo frontale. La torre di Hanoi: all’inizio tutti gli anelli sono sul primo piolo dal più grande al più piccolo. Il compito è spostare tutti gli anelli sul piolo 3, spostare un solo anello alla volta senza collocare un anello più grande su uno più piccolo. I soggetti devono risolvere il problema nella loro testa, solo quando hanno la soluzione spostano effettivamente i dischi. Per risolvere la torre di Hanoi bisogna focalizzare l’attenzione su alcuni dischi e ignorarne altri, così come spostare l’attenzione tra ogni mossa mentale e l’aggiornamento della memoria di lavoro. In secondo luogo, il compito include degli obiettivi (porta il disco grande sul piolo 3) e anche dei sotto-obiettivi (porta prima il disco grande sul piolo 3). Quindi un problema è spezzato in problemi più piccoli, suggerendo che l’analisi per sotto-obiettivi e il sequenziamento dei passi da seguire siano anche loro processi esecutivi. Ci sono altri pazienti che non hanno lesioni dirette ai lobi frontali ma che tuttavia condividono qualcosa della sindrome frontale: ad es. nella malattia di Alzheimer (AD, Alzheimer disease) il sintomo più drammatico è la perdita di memoria ma una delle prime aree cerebrali coinvolte è la quelle sulla parola scorrono verso i nodi della parola corrispondenti (i nodi di colore blu saranno di colore blu, mentre i nodi dedicati al verde saranno in azzurro). Il livello più alto è quello della risposta: le informazioni sul colore e sulla parola del livello nascosto scorrono verso i nodi corrispondenti del livello della risposta. Le connessioni tra i nodi della parola al livello nascosto e i loro nodi di risposta corrispondenti sono più forti delle connessioni confrontabili tra i nodi del colore e i loro nodi di risposta corrispondenti (come indicato dallo spessore delle linee). I nodi delle parole dovrebbero essere privilegiati rispetto ai nodi del colore al livello della risposta e il partecipante dovrebbe commettere numerosi errori nelle prove incompatibili (colore “blu” e parola “verde”; colore “verde” e parola “blu”). Le linee con le frecce indicano connessioni eccitatorie; le linee con i pallini neri indicano connessioni inibitorie. Il modello è incompleto perché manca la componente di attenzione esecutiva. Pertanto, Cohen e colleghi propongono più tardi un modello alternativo per il compito di Stroop nel quale è presente la componente di attenzione esecutiva che definiscono controllore attentivo: indica l’obiettivo corrente (rispondere sulla base del colore dell’inchiostro), e attiva tutti i nodi del colore nel livello nascosto, così che le loro connessioni ai nodi del livello di risposta diventino più forti di quelle ben apprese (e quindi forti) tra i nodi della parola e i loro nodi di risposta corrispondenti. Il risultato è che i soggetti dovrebbero diventare più accurati nel rispondere anche nelle prove incompatibili, come in effetti succede. Adesso quando la parola “blu” è stampata in verde, la connessione tra il nodo del colore e il nodo di risposta corrispondente dominerà l’elaborazione. Perché le prove incompatibili richiedono più tempo di quelle compatibili? Perché alcune delle attivazioni che partono dai nodi delle parole continuano ad avere accesso ai loro nodi di risposta corrispondenti. Nelle prove incompatibili, le attivazioni irrilevanti entrano in competizione con quelle rilevanti del nodo del colore, poiché esistono connessioni inibitorie tra i nodi di risposta. Un’altra componente aggiunta, in questo modello, è il monitor di conflitto: monitora la quantità di conflitto tra i nodi al livello della risposta; al crescere del conflitto, attiva l’attenzione esecutiva. Finché il conflitto rimane alto, il monitor di conflitto aumenta l’attenzione, attraverso il controllore attentivo. Si noti che il conflitto tra due risposte è alto quando esse sono attivate in misura uguale; è meno alto quando la differenza di attivazione è più grande. In sintesi: quando la risposta richiesta è automatica o diretta, non c’è conflitto a livello della risposta e non c’è bisogno di ricorrere all’attenzione esecutiva. Accade quando i soggetti devono leggere le parole anche se stampate in colore diverso; si tratta di un processo automatico per adulti alfabetizzati. Quando, invece, la risposta richiesta non è automatica, vi sarà un conflitto misurabile a livello della risposta; che sarà rilevato dal monitor di conflitto che, a sua volta, attiverà l’attenzione esecutiva, la quale imporrà i requisiti dell’obiettivo corrente sull’elaborazione (come accade quando il colore dell’inchiostro è incompatibile con il nome del colore). Di conseguenza, la scarsa prestazione in questo compito dei pazienti con lesioni frontali, è un risultato di un deficit dell’attenzione esecutiva. La figura 7.8 fornisce un modello compatibile con la prestazione dei pazienti con lesioni frontali, in quanto manca sia la componente di attenzione esecutiva, sia il segnale che la mette in funzione. Fig. 7.9 Modello alternativo per il compito di Stroop Le aggiunte importanti al modello in Fig.7.8 sono ✓ controllore attentivo: che aggiunge attivazione a tutti i nodi del colore del livello nascosto, così che le loro connessioni ai nodi corrispondenti al livello della risposta sono più forti di quelle tra i nodi delle parole e i loro nodi corrispondenti di risposta; ✓ monitor di conflitto: monitora la quantità di conflitto al livello della risposta. Anche il modello di rete neurale mostrato in figura 7.9 ha subito un’evoluzione. Sono stati condotti diversi studi di neuroimaging su soggetti che eseguono il compito di Stroop o compiti simili che rilevano numerose attivazioni nel cingolato anteriore (coinvolto nel monitoraggio dell’elaborazione), altre in una regione adiacente alla parte più ventrale del cingolato anteriore, altre ancora nella PFC dorsolaterale dell’emisfero destro. Quest’ultima era importante per la memoria di lavoro e i processi esecutivi (cap.6) ed è altamente interconnessa con il cingolato anteriore. Il cingolato anteriore probabilmente media il monitor di conflitto e la PFC dorsolaterale media l’attenzione esecutiva. A sostegno di questa ipotesi, riportiamo i risultati di uno studio fMRI che richiedeva l’esecuzione del compito di Stroop e di un compito di lettura. Dovrebbe succedere che: se ai soggetti viene chiesto di eseguire un compito di lettura (e se sono in grado di leggere), non c’è bisogno di utilizzare l’attenzione esecutiva; quando, invece, eseguono il compito di denominazione del colore, sanno già (in base alla loro esperienza passata) che sarà necessario prestare attenzione; quindi vuol dire che entra in funzione l’attenzione esecutiva. Poiché essa è mediata dalla PFC dorsolaterale, dovrebbe essere rilevata una differenza di attivazione della PFC dorsolaterale nella prima parte del compito, durante le istruzioni (con un’attivazione maggiore durante le istruzioni del compito di denominazione rispetto a quello di lettura). Nel cingolato anteriore, invece, non dovrebbe esserci alcuna differenza perché non esiste un conflitto. Le scansioni di neuroimaging confermano tali ipotesi. Fig.7.11 a. Consideriamo ora la seconda parte della prova: quando i soggetti dovrebbero nominare i nomi dei colori. Ci aspettiamo un conflitto al livello della risposta per le prove incompatibili, che dovrebbe essere rilevato dal monitor di conflitto, mediato dal cingolato anteriore, in questo caso abbiamo livelli di attivazione nel cingolato anteriore più alta per le prove incompatibili rispetto a quelle compatibili. Anche in questo caso i risultati confermano le previsioni. Fig.7.11b Fig.7.11: il compito include 1. una fase istruttiva, in cui al partecipante viene detto che il compito sarà leggere la parola (leggi) o il colore dell’inchiostro (colore) 2. una fase di denominazione: il soggetto a volte deve nominare il colore dell’inchiostro, che potrebbe essere compatibile o incompatibile con la parola. a. Nella fase istruttiva, il cingolato anteriore non è influenzato dalla natura del compito (perché si occupa solo di conflitto); la PFC dorsolaterale mostra più attivazione nella preparazione per il compito di Colore (per spegnere il controllore attentivo) che per quello di lettura. b. Nella fase di denominazione del colore, il cingolato anteriore mostra un’attività significativamente più alta per le prove incompatibili che per quelle compatibili (perché c’è più conflitto nel primo caso). Un’interpretazione alternativa di questo modello è mostrata in fig. 7.12. nel compito di Stroop e in altri compiti di conflitto, l’attivazione si muove dalla PFC a una regione cerebrale posteriore. Nel test di Stroop, l’attivazione viaggia dalla PFC al giro fusiforme (lobo parietale), dove avviene l’elaborazione del colore. Nei compiti che comportano un conflitto nelle risposte motorie, come dare una risposta con la mano sinistra per uno stimolo sulla mano destra, l’attivazione viaggia dalla PFC alle aree coinvolte nella programmazione motoria (la corteccia premotoria), posteriori rispetto alla PFC. Il controllo si trova nella parte anteriore del cervello; ciò che viene controllato si trova più indietro. Il modello di monitoraggio e attenzione descritto rappresenta, al momento, la teoria dominante sull’attenzione esecutiva. Tuttavia, ha dei limiti. Alcuni ricercatori sostengono che più di un tipo di attenzione-inibizione nel compito di Stroop e nei compiti simili. Secondo Milham e colleghi (2001), l’attenzione può essere necessaria al livello della risposta ma anche in momenti precedenti dell’elaborazione e solamente il livello della risposta attiverebbe il cingolato anteriore. • Nella condizione incongruente-idonea, i colori dell’inchiostro da nominare erano il blu, il giallo e il verde, mentre le parole usate erano blu, giallo e verde. • Nella condizione incongruente-non idonea, i colori dell’inchiostro da denominare erano ancora blu, giallo e verde ma le parole erano rosso, arancione e marrone. Scansioni fMRI durante l’esecuzione di questo compito, mostrano un’attivazione della PFC dorsolaterale in entrambi i tipi di prove incongruenti ma un’attivazione del cingolato anteriore solo nelle prove incongruenti- idonee (ovvero, solo per le prove che richiedevano inibizione al livello della risposta). In ogni caso, i principi di massima del modello rimangono intatti. La definizione dei dettagli e delle eventuali estensioni che lo compongono è ancora in corso. Fig. 7.12 durante il compito di Stroop, l’attivazione scorre dai centri attentivi nella PFC fino al giro fusiforme, l’area dell’elaborazione dei colori. Durante i compiti di compatibilità stimolo-risposta (“rispondi con la mano destra a uno stimolo che si trova a sinistra”), l’attivazione scorre dai centri attentivi alla corteccia premotoria, adiacente alla PFC. Attenzione esecutiva e categorizzazione L’attenzione esecutiva è fondamentale per la categorizzazione: l’assegnazione di un oggetto a una categoria (cap.4). es. identifichiamo un esemplare di una specie animale come cane, identifichiamo un oggetto inanimato come sedia. Rips fece un esperimento per dimostrare che la categorizzazione non avviene solo sulla base della somiglianza: si diceva “un oggetto dal diametro di circa 7cm” e le due categorie erano pizza e moneta. (le monete sono di una dimensione fissa; la pizza no, quindi abbiamo una categoria fissa e una variabile). Il gruppo della somiglianza doveva basare la propria scelta sulla somiglianza dell’oggetto a una delle due categorie. I risultati mostrano una distribuzione di risposte equivalente tra moneta e pizza. Il gruppo di ragionamento: ai partecipanti veniva detto che c’era sempre una risposta corretta e gli veniva chiesto di pensare ad alta voce. Questa richiesta indusse i soggetti a prestare attenzione alle dimensioni delle due I dati più importanti del modello fig. 7.14, si evincono dalla doppia dissociazione, tra i livelli di elaborazione del compito e di elaborazione esecutiva, il fatto che una variabile influisca sull’elaborazione del compito ma non sull’elaborazione esecutiva implica che ci sia un meccanismo nella prima che non è presente nella seconda, mentre il fatto che un’altra variabile influisca sull’elaborazione esecutiva ma non su quella del compito implica che ci sia un meccansismo nella prima che non è presente nella seconda. La doppia dissociazione spiega il coinvolgimento dei due meccanismi. Rubenstein e colleghi, hanno utilizzato due compiti aritmetici: addizione e sottrazione, da eseguire in serie mista e in serie pura. Per influenzare il livello esecutivo, i ricercatori includevano o escludevano il segno (+o-). L’inclusione portava i soggetti a eliminare quel processo di “ricordarsi quale operazione stavano eseguendo”. Questa manipolazione diminuì il costo di spostamento (la differenza di tempo tra la prestazione nelle serie miste e in quelle pure. Inoltre, nelle serie pure l’inclusione del segno non aveva effetto; questa variabile, non aveva effetto sul livello dell’elaborazione del compito ma lo aveva sul livello dell’elaborazione esecutiva. I ricercatori hanno poi manipolato il livello dell’elaborazione del compito ma non quello di elaborazione esecutiva: la specificità delle caratteristiche distintive dei numeri, che potevano essere facili o difficili da vedere. La bassa specificità aumentava i tempi di risposta in tutte le condizioni ma non aveva alcun effetto sul tempo di spostamento (perché non aveva effetto sul cambiamento dell’obiettivo o delle regole). I costi di spostamento si ampliano all’aumentare della somiglianza tra i due compiti. Più sono simili i due compiti, più sono simili le regole (es.alternare tar addizione e sottrazione) e più alta è la possibilità di confondersi nell’attivazione delle stesse; più confusione c’è in questa metaprocessi (es. alternare tra addizione e generazione di un antonìmo=generare l’opposto di una parola data), più tempo ci vuole per eseguire lo spostamento. L’ipotesi dell’alternanza neurale Quando dobbiamo spostare l’attenzione, entrano in gioco dei meccanismi aggiuntivi. Eseguendo scansioni PET durante compiti di alternanza, i pattern di attivazione per la serie pura erano sottratti da quelli della serie mista, il risultato, immagine di sottrazione, mostrava un’attivazione significativa della parte dorsolaterale della PFC e della corteccia parietale. Questo dato è in contrasto con l’ipotesi esecutiva frontale, secondo cui i processi sono mediati solo dalla corteccia frontale. In un esperimento di f MRI di Sylvester e colleghi, i soggetti dovevano eseguire 2 compiti: ✓ Il conteggio cumulativo (quante frecce dirette a sx? e quante dirette a dx?); qui i ricercatori hanno ottenuto l’immagine di sottrazione per le condizioni di spostamento, rilevando che le aree distinte per lo spostamento includono le regioni del lobo parietale inferiore e della corteccia visiva extrastriata ✓ Un compito di compatibilità stimolo-risposta (risposte con la mano dx per stimoli a sx e viceversa); qui i ricercatori hanno ottenuto l’immagine di sottrazione per le prove incompatibili, rilevando che le aree distinte per l’attenzione esecutiva includono due aree frontali, una nella PFC anteriore e l’altra nella corteccia premotoria. Poiché processi neurali distinti suggeriscono processi cognitivi distinti, abbiamo dei dati che supportano l’ipotesi che il processo dello spostamento dell’attenzione esecutiva sia distinto da quello dell’attivazione dell’attenzione esecutiva. Questo studio rafforza le ipotesi sul ruolo dei lobi parietali nello spostamento dell’attenzione, fornendo anche dei dati contro l’ipotesi frontale esecutiva. Che cosa si sposta? Esistono 3 tipi di spostamenti: ✓ Spostamento dell’attenzione nel compito ✓ Spostamento dell’attenzione nella rappresentazione ✓ Spostamento dell’attenzione nella caratteristica osservata Ci sono diverse meta-analisi di studi di neuroimaging sullo spostamento che indicano che lo spostamento dell’attenzione tra caratteristiche del compito e lo spostamento dell’attenzione nel compito, sembrano coinvolgere gli stessi meccanismi neurali, molti dei quali si trovano nella corteccia parietale (in contrasto con l’ipotesi frontale esecutiva). Questi dati sono relativamente recenti e dovranno essere confermati da studi di neuroimaging che confrontano più tipi di spostamento negli stessi soggetti e esperimenti comportamentali per determinare se tipi di spostamento sono influenzati da diversi fattori. Inibizione della risposta È la soppressione di una risposta parzialmente preparata. Se parlando al telefono con un amico che ci sta innervosendo e stiamo per dire qualcosa di offensivo dovremmo inibire una risposta parzialmente preparata. Casi rappresentativi di inibizione della risposta Per studiare l’inibizione della risposta si può utilizzare il go/no-go, test che valuta il funzionamento frontale. I soggetti vedono una sequenza di lettere e devono premere un bottone ogni volta che appare una lettera (risposta go) tranne quando appare la x (risposta no-go). Più è lunga la sequenza di prove go, più sarà difficile per il soggetto attivare una risposta inibitoria. Come spesso avviene nei compiti di elaborazione esecutiva, si attiva la PFC dorsolaterale ma, in questo caso, entrano in gioco anche altre aree cerebrali: il cingolato anteriore. Alcuni sostengono che giochi un ruolo in tutti i compiti che richiedono l’attenzione esecutiva, invece altri studi dimostrano che si attivi il cingolato anteriore solamente nel caso di inibizione della risposta. Con l’inibizione della risposta si attiva una regione aggiuntiva nella PFC, la corteccia orbitofrontale (che è la parte inferiore della PFC dorsolaterale). Inoltre, l’attivazione di questa regione è correlata alla prestazione nel compito. Lesioni alla corteccia orbitofrontale, producono gravi deficit di prestazione in compiti che richiedono l’inibizione della risposta. Un altro compito che si basa sull’inibizione della risposta è il compito del segnale di arresto (stop- signal) di Logan. I soggetti devono rispondere a domande riguardanti l’appartenenza a categorie (il melograno è un frutto? O rime (fonte fa rima con ponte?). in alcune prove, si attiva un suono, il segnale di arresto, che indica ai soggetti di smettere l’esecuzione e non rispondere alla domanda. Più è lungo il tempo trascorso tra la domanda e il segnale, ritardo del segnale di arresto, più il soggetto avrà elaborato una risposta, rendendone più difficile l’inibizione; sarà più probabile, quindi, che egli commetta un errore, rispondendo alla domanda. Studi successivi utilizzarono i potenziali evento-correlati (ERPs), cioè l’attività cerebrale elettrica in relazione a un preciso evento stimolo o risposta, insieme agli elettromiogrammi (misurazione dell’attività elettrica dei sistemi motori) e alle misurazioni comportamentali per dimostrare che l’inibizione della risposta può avvenire in qualsiasi momento della preparazione e dell’esecuzione della risposta stessa. Numerosi disturbi psichiatrici sono caratterizzati dalla mancanza di inibizione della risposta: i comportamenti bizzarri che caratterizzano la schizofrenia, disturbi ossessivo-compulsivi in cui i pazienti ripetono di continuo risposte non funzionali, e ancora, il tratto di personalità relativo all’incapacità di ritardare le gratificazioni. Lo sviluppo dell’inibizione della risposta L’impulsività e la mancanza di inibizione della risposta sono largamente diffuse nei più piccoli e secondo studi comportamentali e neurali ciò è dovuto al fatto che l’inibizione della risposta, sia mediata dalla PFC e dal fatto che la PFC richieda periodi di sviluppo più lunghi rispetto ad altre regioni cerebrali. Per questa ragione, la loro abilità progredisce con la crescita. Dato che la PFC è coinvolta nell’attenzione esecutiva e almeno in alcuni casi di spostamento dell’attenzione, ci si aspetta curve di sviluppo simili anche per questi processi. Per l’infanzia si utilizza il test A-non-B ideato da Piaget. I bambini guardano un adulto nascondere un oggetto desiderato in uno tra due luoghi alternativi. Viene chiesto loro di trovare l’oggetto e quando lo trovano ricevono un premio. Se l’oggetto è nascosto nello stesso posto, non hanno difficoltà a trovarlo. Quando è spostato in un'altra posizione, i bambini di età inferiore a un anno continuano a cercarlo nella posizione premiata, anche se hanno visto lo sperimentatore nasconderlo da un'altra parte. È come se non riuscissero a inibire la risposta premiata. Un'altra interpretazione alternativa è che, i bambini non hanno una memoria di lavoro sviluppata per cui non riescono a tenere in mente la posizione dell’oggetto. Ma in alcune prove, il bambino focalizza la sua attenzione sulla scelta giusta, quindi non è un problema di memoria o di attenzione,
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