Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Psicologia dell'arte - Appunti e domande d'esame, Appunti di Arte

Appunti completi di Psicologia dell'arte (corso a scelta di SPC). Comprendono il contenuto d'esame e anche alcune domande aperte e domande chiuse uscite negli scorsi esami. Perfetti per studiare in preparazione all'esame e per raggiungere una votazione di 30 e lode. Chiari e ordinati.

Tipologia: Appunti

2022/2023

In vendita dal 11/08/2023

IsaIsa30
IsaIsa30 🇮🇹

4.9

(9)

34 documenti

1 / 75

Toggle sidebar

Spesso scaricati insieme


Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Psicologia dell'arte - Appunti e domande d'esame e più Appunti in PDF di Arte solo su Docsity! PSICOLOGIA DELL’ARTE Esame: 30 domande chiuse (0,5 punti ciascuna) in 35min + 3 domande aperte (6 punti ciascuna) in 50min {totale 1h e 25min Psicologia dell’arte Domande aperte possibili sul libro a scelta ★ Freud→ Les Demoiselles d'Avignon, commentare la colomba di pace e il rapporto con il padre nel libro di Gombrich, perché freud rifiuta la paternità dell’espressionismo e surrealismo, la critica che rivolge alla psicanalisi in arte, critica di gombrich nei confronti di freud ★ Catastrofi d'arte→ Il vuoto per Warhol, la catastrofe 0, Cage 4'33 ★ Guernica (dipinto di Pablo Picasso) Cenni storici Nell’antichità il pittore e lo scultore erano considerati come degli artigiani, in greco technìtes, e il loro processo creativo avveniva alla luce della ragione. All’epoca, una voce fuori campo era quella dei poeti che erano considerati dei veri e propri artisti che raggiungevano l’ispirazione dalle Muse. È con l’avvento del movimento romantico che anche l’arte visuale e la musica diventano delle attività che si basano su procedimenti irrazionali, così proprio come per la poesia. L’ispirazione dei poeti, così come dei pittori e degli scultori, non è più qualcosa proveniente dall’esterno, bensì qualcosa che proviene dall’interno. Freud e Jung Per i romantici il processo creativo è un’operazione irrazionale che trae la propria origine dalle profondità della mente, che nessuno può studiare in alcun modo. È con Freud che si va a sviluppare una fiducia nella razionalità: secondo il padre della psicoanalisi qualsiasi processo mentale, anche se profondo ed irrazionale, come il processo creativo, segue delle regole generali. Se per Freud l’impulso verso la creatività è di carattere motivazionale, poiché l’arte e la scienza soddisfano alcuni istinti biologici dell’uomo, per Jung l’impulso verso la creatività è di carattere conoscitivo, poiché il processo creativo dell’uomo si basa su immagini archetipe trasmesse di generazione in generazione. Non c’è dubbio che alcuni impulsi personali di Picasso abbiano contribuito alla concezione di Guernica e, proprio per questo motivo, un’analisi psicologia dell’artista permetterebbe di apprendere meglio il suo lavoro. Kubie e il preconscio freudiano Kubie si oppone all’idea psicoanalitica secondo la quale il processo creativo abbia origine nell’inconscio, in quanto quest’ultimo è irrigidito. Il settore creativo della mente, che necessita di plasticità e libertà, deve trovarsi in quello che lui chiama preconscio freudiano, il quale è situato tra le due estremità irrigidite dello spettro psichico. La teoria di Kubie descrive il pensiero creativo come un’operazione di tipo meccanico, (riflette il pensiero di Hadamard e degli psicologi della Gestalt). Secondo il matematico Hadamard ogni scoperta o invenzione deriva da una combinazione di idee, la maggior parte delle quali sono inutili per il nostro scopo. Solo le idee utili giungono alla nostra mente cosciente, mentre quelle inutili ci rimangono ignote e questo è dovuto al fatto che questo processo di combinazione viene svolto nel nostro inconscio che opera come una macchina. Gli psicologi della Gestalt descrivono invece il pensiero creativo come una ristrutturazione di un problema, per cui l’energia necessaria allo sforzo creativo deriva dalla tensione che viene a crearsi tra come noi immaginiamo la situazione problematica e come invece dovrebbe essere. In entrambi i casi, quindi, il processo creativo sembra essere localizzato unicamente nell’inconscio, ma nella realtà dei fatti i risultati di tale processo non si presentano senza una precedente attività cosciente. Per questo motivo il processo creativo si deve collocare in un punto intermedio tra le due parti della mente e, dunque, in quello che Kubie chiama preconscio. Attitudine visionaria e pensiero visuale L’atteggiamento artistico non consiste in un’accettazione passiva dei dati dell’esperienza; questi, infatti, vengono elaborati dall’artista per mezzo della sua sensibilità. Questa capacità dell’artista viene chiamata attitudine visionaria, ma nel caso del pittore o dello scultore si può parlare anche di pensiero visuale, poiché buona parte del loro pensiero creativo viene a realizzarsi attraverso le immagini. Il dipinto ★ Picasso e i disegni preparatori Processo creativo in Guernica Secondo Arnheim, ciò che noi conosciamo della nostra mente sono le parti più superficiali legate alla vita mentale cosciente. Per questo motivo, se già è difficile conoscere gli aspetti più profondi della nostra mente, allora è impossibile accedere alla mente altrui. Di conseguenza, per conoscere il processo creativo è utile far leva sulle dichiarazioni e sugli schizzi creati dall’artista stesso. Picasso considera ciascuno dei suoi schizzi preparatori alla stregua di una sequenza di opere compiute, che in quanto tali non servono solo a rappresentare gli stadi successivi per la risoluzione di un problema, ma devono essere considerati anche come varianti sul tema di quella particolare opera. Per questo motivo, il processo creativo non consiste in una semplice somma dei singoli lavori preparatori, bensì in un processo di fluttuazione o di continua trasformazione che possiede una dimensione temporale, la quale non deve essere considerata di carattere biografica, piuttosto come un aspetto essenziale dell’opera stessa (proprio per questo motivo, Picasso è il primo artista nella storia dell’arte visuale a conservare e catalogare i suoi studi preparatori). Come dice lo stesso Picasso d’altronde: “Un quadro non viene pensato e stabilito nei suoi particolari anticipatamente, ma cambia col cambiare delle idee dell’artista”. Psicologia dell’arte Domande aperte possibili sui documentari ★ Differenze e aspetti comuni tra Mr.Brainwash, Banksy e Ai Weiwei Documentario 1: "Never Sorry" di Ai Weiwei Prima di trattare le principali analogie e differenze tra Ai Weiwei e Banksy è utile introdurre precedentemente i due artisti. Per Ai Weiwei l’arte è un mezzo per trovare e reinventare nuove forme e nuovi strumenti di comunicazione. Le sue opere oltre che avere una funzione sociale, in quanto cercano di rendere consapevoli gli individui della loro importanza all’interno della società, sono anche molto politiche, tant’è che egli si espone sempre contro il governo cinese (ad esempio, mentre il governo cercava di tenere nascosto il numero ed i nomi dei deceduti durante un terremoto avvenuto in Cina, più precisamente a Sichuan, Weiwei con l’aiuto di altri volontari ha cercato di raccogliere personalmente tali nomi). Per Banksy, invece, lo scopo della Street art non è quello di creare un nuovo mercato, come pensano invece molti artisti tra cui Mr. Brainwash, bensì è quello di produrre una nuova forma d’arte libera che può essere goduta da tutti senza pagare alcun biglietto d’ingresso, come avviene invece nelle gallerie d’arte. A partire da questa introduzione possiamo evincere un’importante analogia: entrambi gli artisti danno molta importanza alla comunicazione e ritengono che sia necessario che l’arte esprima dei concetti comprensibili e trasparenti (nello specifico Ai Weiwei vuole rendere pubblico ciò che il governo tiene nascosto, mentre Banksy ritiene che l’arte si debba fondare sulla fusione tra una semplicità visiva ed una complessità semantica). Una differenza tra i due artisti, invece, risiede nel controllo della produzione artistica: se da una parte Banksy ci tiene ad avere un controllo totale nella produzione delle proprio opere, per Ai Weiwei questo non è un elemento necessari per la propria arte, tant’è che egli si limita a supervisionare il lavoro dei suoi dipendenti. Mister Brainwash lavora su un già visto: egli ha la pretesa di rinnovare ciò che non può essere rinnovato, per questo viene fortemente criticato da alcuni, tra cui soprattutto molti altri artisti. Il suo scopo è quello di sminuire l’oggetto artistico, come fa tutta la pop art che è una corrente artistica che opera già di suo una perdita di valore del contenuto (dei prodotti commerciali e dei contenuti della comunicazione quotidiana). In altre parole, la critica che viene mossa a Mr. Brainwash è quella di eseguire con la propria arte una semplice imitazione di opere già esistenti, non giungendo dunque ad alcun rinnovamento, come egli erroneamente ritiene. La Street art sceglie di adottare il figurativo, perché è la forma di arte più accessibile a tutti. ★ Domanda sul documentario di Banksy Documentario 2: “Exit through the gift shop" di Banksy Un rivenditore di abiti vintage è ossessionato dal filmare costantemente: si chiama Thierry Guetta. Inizia a filmare suo cugino, che realizza mosaici a tema Space Invaders che lascia in giro per le strade: nascita della Street Art. Grazie a suo cugino incontra diversi artisti di strada e li riprende mentre sono in azione, ad esempio la notte a realizzare graffiti. Tra questi Shepard Fairey, artista che riprenderà poi anche l’immagine di Obama. Shepard all’epoca diffonde il volto di André the Giant con la scritta OBEY. Diventa uno sticker che viene appiccicato da Shepard ovunque e gradualmente appare in tutto il mondo. Thierry pensa di voler creare un documentario sulla street art, ma in realtà poi abbandona i nastri in una scatola. Tra i vari artisti Thierry desidera incontrare Bansky ma nessuno sa davvero come raggiungerlo, e chi sia. Banksy nasce nella provincia del Regno Unito e poi si diffonde in tutto il mondo. Thierry riesce a incontrarlo perché Banksy va a Los Angeles e cerca qualcuno che lo aiuti a realizzare un’opera. Riesce ad avere il permesso di riprenderlo senza che si vedesse in volto. Bansky lo invita in Inghilterra, perché capisce che ciò che gli interessa è vedere la reazione delle persone una volta che ha lasciato l’opera. Con la sua videocamera Thierry può riprendere ciò che la gente dice, e quindi lui può vederla. In seguito Thierry inizia ad attaccare ai muri una foto di sé stesso con la videocamera, inizia a praticare Street Art. Bansky torna a LA per la sua prima esposizione americana. Bansky e Thierry lasciano un manichino vestito da prigioniero di Guantanamo a Disneyland: critica all’imprigionamento senza un processo di molti americani arabici. Arrestano Thierry, il parco viene bloccato, Thierry cancella i suoi nastri e viene rilasciato per assenza di prove. Nella mostra di Bansky c’è un elefante dipinto: l’attenzione si concentra sull’elefante e meno sul resto. È un successo. Nei mesi successivi le opere di Street Art si vendono ad altissimi prezzi. Bansky chiede a Thierry di far uscire il documentario con i suoi filmati: viene realizzato Life remote control, che è però un montaggio frenetico senza interruzione di clip, non un vero documentario. Quindi Bansky si occupa di realizzarlo in Psicologia dell’arte prima persona. Nel mentre Thierry, su suggerimento di Banksy, crea Mr. Brainwash, il suo alter ego artistico: MBW= ogni cosa che realizza contribuisce al lavaggio del cervello. Documentario 3 - "Hitler, il nazismo e l'arte degenerata" - Walter Hofer è un mercante d’arte associato a Hitler e a Goering. - Goring Hermann è luogotenente di Hitler, si occupa della collezione d’arte nazista di Hitler, ma tiene ciò che non interessa a Hitler per sé. Aristocratico, ha un’ossessione per arte e denaro. Aspetta fino all’ultimo ad evacuare la sua pinacoteca all’avanzare dei russi. Hitler e Goering iniziarono a farsi concorrenza per le opere. Il sequestro è un’arma per cancellare la cultura ebraica. Le opere sono requisite anche per essere studiate come prova dell’inferiorità degli ebrei. Molti ebrei vendevano le loro opere per un visto, oppure venivano deportati. Le opere sequestrate ritrovate oggi creano 4 mostre. Ancora oggi molte persone lottano per riottenere opere che appartenevano alla loro famiglia. - ERR (principale agenzia nazista impegnata nel furto) si occupa dei sequestri, invia regolarmente a Hitler foto delle opere rubate. > Mostra dell’arte degenerata, considerata caos. Alla base c’è l’idea di un testo che associa malattie mentali e arte “degenerata”. Lavori messi all’asta per fare cassa. Le opere sono viste come frutto di un contagio con malattie, follia, caos. Comprende Espressionismo, Cubismo, Impressionismo. > Mostra dell’arte germanica, organizzata da Hitler. Il nazismo è alla ricerca di un’ideale di bellezza assoluta. Sempre più stretto rapporto tra arte e potere, richiamo alla classicità. L’arte viene sfruttata dalla propaganda, richiamo alla virilità, classicità. Arte statica e rassicurante. “Arte ariana del sublime e del bello”, canone: biondo, forte, sano, virile. Nel testamento di Hitler viene definito il destino delle sue collezioni dopo la sua morte. Dice di averle costruite con l’intento di ampliare la collezione della sua città natale, Linz. Nel 1941, divisione dei Monument’s men, seguono i movimenti delle opere d’arte in Europa, si occupano di stabilire coordinate dei monumenti da proteggere e da evitare con i bombardamenti. Francoforte: trovata una grotta/miniera con il tesoro delle SS strappati ai prigionieri dei lager, 400 opere del museo di Berlino. Collezione Gutmann di ori e argenti. I coniugi sono arrestati, si rifiutano di vendere le proprietà, sono quindi deportati. Caso Gurlitt: trovate centinaia di opere credute perse nei bombardamenti, nel 2012 Cornelius Gurlitt, l’erede di un mercante d’arte di Hitler, viene trovato con 9000 euro ad un controllo di dogana, a cui segue una perquisizione. Viene trovata la collezione, che conta 1500 opere (Matisse, Munch, Otto Dix, Monet…). Il figlio decide di lasciare tutto a un museo di Berna, arrabbiato con autorità tedesche. Le opere erano da lui possedute legalmente. Psicologia dell’arte Domande aperte possibili ★ Il rapporto tra forma, stile e contenuto Il prodotto artistico è imprescindibile dalla sua forma perché senza essa non potrebbe esistere. Ogni forma però veicola un contenuto anche se in alcuni casi la forma deve essere libera dal contenuto. Lo stile è una caratteristica della forma ma non necessariamente del contenuto che caratterizza la produzione artistica e in alcuni casi sostituisce il contenuto perché l’arte potrebbe diventare solo un esercizio di stile. Per la psicologia della percezione le opere sono i punti di partenza per comprendere il nesso tra forma, stile e contenuto. Il contenuto di un’opera è ciò che si vuole trasmettere, è un’idea di partenza che non è ancora un atto finché non viene creata l’opera. Un contenuto di un’opera d’arte è convogliato(=indirizzato) dalla forma dell’opera stessa, che a sua volta è determinata e modificata sulla base dello stile dell’artista. Il contenuto vive quindi in funzione della forma e dello stile di chi esegue l’opera. Qualsiasi opera d’arte cela in sé un intimo disaccordo tra contenuto e forma, dove il contenuto è secondario alla forma perché è quest’ultima che convoglia il contenuto stesso. Lo stile è una tensione personale dell’artista e, in quanto tale, è quanto di meno oggettivo esista. Lo stile dell’epoca viene ritenuto il migliore perché riesce a condensare nella maniera migliore, appunto, le tensioni dell’epoca. La forma è espressione di ciò che l’artista voleva rappresentare, in modo conscio o inconscio. L’approccio psicoanalitico si è concentrato sulla forma in quanto veicolo del contenuto. In letteratura, invece, è il contenuto l’oggetto principale di analisi: ciò che lo scrittore ha inteso rappresentare è letto come metafora o insieme di simboli che permetterebbero di individuare pulsioni e drammi personali, perlopiù inconsci, dell’autore. In una pubblicità, non si rinnova e non cambia il contenuto, ossia il prodotto, ma la sua forma, ossia la modalità attraverso al quale la pubblicità vuole promuovere il prodotto. ★ Brillo Boxes Nei quattro anni dal 1961 al 1964 si ricordano quelle che sono state le quattro imprese di Andy Warhol che gli hanno caratterizzato la carriera artistica: i cinque grandi quadri pubblicitari dipinti, le 32 tele della Campbell Soup, le 100 tele Campbell insieme a quelle della Coca-Cola e dei biglietti del dollaro, e infine i Brillo Boxes ammassati in un magazzino. Questa ultima scena ha caratterizzato un’epifania all’interno del mondo dell’arte contemporanea, c’era bisogno di comprendere la differenza tra oggetti quotidiani ed effettiva opera d’arte, ma soprattutto riconoscere l’indispensabilità della conoscenza teorico-storica artistica. Con gli anni ’60 si è giunti all’autocoscienza dell’arte, dove essa condivide la libertà infinita del pensiero. Nella sua vita Warhol fu fin dagli inizi influenzato dal mondo artistico e lavorò come pubblicitario, un mondo nel quale non riusciva a tenere a freno il suo feticismo per il glamour. Per entrare nel mondo dell’arte non fece altro che buttarcisi con ripicca, producendo delle pseudo opere pubblicitarie. Ciò non fu sufficiente a farlo scegliere tra altri artisti, soprattutto Lichtenstein, che fu in grado di colpire di più la critica. Andy allora azzardò la sua prima personale con la famosa produzione delle zuppe Campbell; si trattava di una scelta semplice, radicale e potente, che vedeva una rappresentazione meccanica di segni-merce del marketing. Quello che si verificò non fu altro che un rovesciamento paradossale: il pubblicitario diventa artista eliminando la marca e lasciando la merce nuda, ma così elimina anche l’arte e l’artista. A rimarcare ciò vi fu anche la riproduzione in serie. Diventa aspetto dominante dello stile perché la ripetizione svuota le cose del loro significato, ma svuota anche le persone che osservano. La ripetizione libera l’immagine del significato profondo e la pone su una superficie simulacre (non rinvia nessuna realtà soggiacente). Warhol voleva essere una macchina, ciò che stava sulla superficie dei quadri, neppure dietro nei significati. Intorno a questa indifferenza però risaltava la paura dell’artista nei confronti della morte. Con le Brillo Boxes l’arte si fa ovunque, quindi la galleria perde in parte la sua unicità. A differenza dei readymade di Duschamp, Warhol sceglie di replicare degli oggetti che sono pensati per comunicare un messaggio, quello dell’azienda. È una vera e propria profanazione dove il mondo non artistico lowbrow (operai e casalinghe) è entrato all’interno di una galleria d’arte. È un ribaltamento della gerarchia artistica. Si parla di postmoderno, di un nuovo genere di piattezza o mancanza di profondità, un nuovo tipo di superficialità. Warhol stesso è opera d’arte totale appiattito e fatto a persona. Il suo vuoto vuol dire niente io, niente psicologia, niente profondità, niente arte; ma allo stesso tempo è una maschera senza volto che cambia continuamente. Psicologia dell’arte RIASSUNTO SCHEMATIZZATO → Cap.1 Massironi DEFINIZIONI Psicologia dell’arte - studia la percezione, cognizione e caratteristiche dell’arte e della sua produzione - carattere pluri e interdisciplinare Psicologia→ studia la mente e il comportamento umano Arte→ è un’interpretazione (non solo espressione) - l’artista libera un significato dal suo incontro con un elemento Arte: - comprende ogni attività umana che porta forme di creatività e di espressione estetica - è l’espressione estetica dell’interiorità umana (rispecchia le opinioni dell’artista) - è la capacità di trasmettere emozioni e messaggi - arte come téchne, ossia insieme di regole ed esperienze per produrre oggetti/immagini tratte da realtà o fantasia. - in originale significa: sapere ed abilità per produrre oggetti, comportanti o eventi L’idea che adesso qualunque cosa può essere arte è per noi inaccettabile. Psicologia dell’arte: campo multidisciplinare che studia la percezione, la cognizione e le caratteristiche dell’arte e della sua produzione. E’ una disciplina che si occupa di indagare e spiegare i processi psicologici coinvolti nelle esperienze di produzione e di fruizione di un'opera d'arte. Dato il suo carattere intrinsecamente pluri e interdisciplinare, è difficile delimitarne a priori i settori di pertinenza e definirne lo statuto teorico e metodologico. Molteplici e variabili sono i suoi territori di confine: dall'estetica alla storia, alla teoria e alla critica dell'arte, dalla letteratura alla medicina e alla psichiatria, attraverso antropologia, sociologia, pedagogia e emiotica, per non parlare delle diverse pronunce e declinazioni riferibili all'ambito storico, teorico e disciplinare relativo all'universo stesso della psicologia e dei suoi diversi indirizzi. Psicologia → è quella disciplina che studia la mente e il comportamento umano. La mente non è una entità che si può osservare direttamente, ma si indaga attraverso dei metodi, psicologia generale. Arte → “A tutt’oggi, non ho trovato miglior definizione dell’arte di questa, L’arte è l’uomo aggiunto alla natura – natura, realtà, verità. Ma col significato, il concetto, il carattere che l’artista sa trarne, che libera e interpreta.” Vincent Van Gogh - Lettera al fratello Theo, 1879. È l’artista che libera un significato dal suo incontro con l’elemento, è un’interpretazione non solo un’espressione. Arte = forme di creatività + espressione estetica L'arte, nel suo significato più ampio, comprende ogni attività umana, svolta singolarmente o collettivamente, che porta a forme di creatività e di espressione estetica, poggiando su accorgimenti tecnici, abilità innate o acquisite e norme comportamentali derivanti dallo studio e dall'esperienza. Nella sua accezione odierna, l'arte è strettamente connessa alla capacità di trasmettere emozioni e "messaggi" soggettivi. Tuttavia, non esiste un unico linguaggio artistico e neppure un unico codice inequivocabile di interpretazione. Nel suo significato più sublime, l'arte è l'espressione estetica dell'interiorità̀ umana: rispecchia le opinioni dell'artista nell'ambito sociale, morale, culturale, etico o religioso del suo periodo storico. Il concetto di arte come téchne → complesso di regole ed esperienze elaborate dall’uomo per produrre oggetti o rappresentare immagini tratte dalla realtà o dalla fantasia. Emilio Garrou: arte originariamente significa semplicemente un sapere unito ad abilità volta alla produzione di oggetti o di comportamenti o di eventi. Arte = sapere + abilità per produrre oggetti Chris Whitcomb: ciò che non esiste più oggi non è la produzione artistica bensì un determinato modo di parlare d’arte. Mentre gli artisti continuano a produrre noi che non siamo arsh, non siamo più in grado di dire se qualcosa sia arte oppure no.Oggi non è facile rispondere alla domanda cosa sono l’arte e l’artista. Non c’è una singola definizione di arte. Qualsiasi cosa può essere designata arte. Non si può dire cosa è o non è arte oggi, è finito. Quando tutto è stato detto e fatto, l’arte rimase significativa per gli esseri umani e l’idea che adesso qualunque cosa può essere arte è per noi inaccettabile. Psicologia dell’arte Estetica Prima dell'estetica→ si riteneva che l’arte fosse vincolata nei limiti delle regole dell’esecuzione dell’opera Dopo→ si mette in chiaro che l’arte non può essere vincolata a regole - tieni conto soprattutto di vista e udito (in grado di cogliere simmetria, proporzioni e armonia, quindi la bellezza) Percezione visiva - studi su ciò hanno evidenziato che i rapporti fra parti di un oggetto rigido, costituiscono l’info che il sistema utilizza per vedere quell’oggetto come invariato Ritratto iperrealista eseguito da un artista coreano. Siamo perlopiù disposti a concedere lo status di opera d’arte a produzioni di questo tipo, di cui ammiriamo la maestria tecnica della resa fotografica. Perché molti faticano ad accettare le opere degli slide precedenti come appartenenti alla sfera dell’arte? Che cosa rende un artista “artista”? “Opere d’arte, artisti ed esperienza estetica sono l’argomento su cui si esercita la psicologia dell’arte.” (Massironi, 2000, p. 11) Forse possiamo inquadrare il problema partendo dal considerare la natura e le caratteristiche dell’esperienza estetica. Prima dell’avvento dell’estetica, si riteneva che l’arte fosse contenuta nei limiti delle regole che guidavano l’esecuzione dell’opera, e cioè di affermazioni positive e impositive del tipo sì alla verosimiglianza, al decoro, alle proporzioni, alle simmetrie, all’imitazione della natura. L’avvento dell’estetica mette in chiaro che il prodotto artistico non può essere tenuto al rispetto delle regole di composizione fissate in canoni e manuali, non può essere vincolato all’insegnamento dei maestri. L’estetica, mirando a definire il bello, tiene conto soprattutto di vista e udito. È giunto fino a noi l’assunto che attribuisce un primato teorico all’udito e alla vista, intese come le sole modalità sensoriali in grado di cogliere gli aspetti di simmetria, proporzioni e armonia che sono alla base della bellezza. Gli studi sulla percezione visiva hanno messo in evidenza che i rapporti fra le parti di un oggetto rigido costituiscono l’informazione che il sistema utilizza per vedere quell’oggetto invariato pur al variare continuo della forma e delle dimensioni della sua proiezione retinica. I sensi che presuppongono un contatto diretto con gli oggetti sono grossolani e quindi incapaci di cogliere le idee. Solo le esperienze sensoriali che rispondono alla immaterialità della luce e del suono possono avvicinarsi alle idee e in parte comprenderle. Le emozioni prodotte da gusto, olfatto e tatto possono essere raccontate, oggetto di narrazione, di cui si fanno carico letteratura e cinema. È come se il piacere del buono avesse sempre bisogno di un mediatore estetico, mentre il piacere della vista e dell’udito portassero di per sé il bello. Gombrich si interroga sul ruolo del gusto nella genesi del piacere estetico e mette in luce la mancata attenzione della psicanalisi. È convinto che l’importanza dell’appagamento orale merita che lo si indaghi più attentamente. Nel corso della storia dell’arte la separazione fra bello e brutto è andata riducendosi fin quasi ad annullarsi. Il romanticismo aveva già completamente legittimato l’ingresso nell’arte del brutto. Ma sono le avanguardie artistiche del secondo 900 che azzerano ogni significato e valore attribuito alla competenza operativa e alle prestazioni virtuosistiche. I dadaisti decidono la totale indifferenza dell’opera da ogni dimensione estetica. L’azzeramento dell’abilità tecnico-esecutiva porta a un’ipertrofia della componente tematica, in cui non solo il bello, non solo il brutto, ma anche tutto ciò che non rientra in nessuno dei due insiemi può ancora diventare esteticamente importante. → Cap.2 Massironi TASSONOMIA Un modo per definire l’arte è quello di definire le diverse possibili espressioni artistiche: questa possibilità è chiamata tassonomia → branca della biologia che studia comparativamente i diversi organismi viventi e li raggruppa in base a caratteristiche comuni, è quindi un metodo e sistema di descrizione e classificazione. Psicologia dell’arte Per definire le diverse espressioni artistiche si può usare la Tassonomia (metodo/sistema di descrizione e classificazione) - si devono distinguere le caratteristiche comuni interclassi e le specificità intraclasse. Diversi modi di classificare l’Arte: 1. Classificazione classica 7 espressioni artistiche: pittura, scultura, architettura, teatro, letteratura, musica e cinema 2. Caratteristiche materiali 4 distinzioni: supporto bidimensionale, sviluppo ambientale (tridimensionale), linguaggio scritto, suoni 3. Modalità di fruizione 4 modalità: lettura, percezione visiva, acustica e multimediale 4. Dinamicità o evoluzione temporale è possibile distinguere tra simultaneità o presente fenomenico (fruizione diacronica) e fruizione dinamica Affinchè una tassonomia sia efficace e abbia senso, si devono distinguere le caratteristiche comuni interclasse e le specificità intraclasse. Ovvero cosa hanno in comune oggetti diversi nella stessa categoria e cosa distingue due categorie differenti. Quali sono le caratteristiche e le specificità proprie delle diverse produzioni artistiche? In linea generale, le tassonomie partono da macro aspetti della realtà, affinando poi la classificazione tramite l’individuazione di caratteristiche distintive. Per esempio, per quanto concerne il regno naturale possiamo distinguere tra entità biologiche (che cioè hanno bisogno di un apporto energetico per svilupparsi) da entità non biologiche. Tra le entità biologiche possiamo distinguere poi il regno animale da quello vegetale, e così via. Si possono tuttavia determinare tassonomie partendo da altre caratteristiche. Per esempio nel regno animale possiamo classificare in base al modo in cui l’animale si sposta nell’ambiente, al modo in cui si riproduce, in base ai colori o ad altre caratteristiche della livrea, ecc. Esempio di Massironi: Linea 2 → disegno rappresentativo, tutto ciò che sta sopra questa linea sono disegni rappresentativi: 4-21 disegno illustrativo, icone Linea 3→ disegno non rappresentativi, si va dai diagrammi grafici alla ricerca cartacea Nel centro→ troviamo sistemi a metà tra modelli non rappresentativi e rappresentativi. Possiamo avere diversi modi di classificare l’arte, a seconda del criterio utilizzato abbiamo: 1) Classificazione classica * 2) Caratteristiche materiali dell’opera * 3) Modalità di fruizione * 4) Dinamicità o evoluzione temporale dell’opera (poco efficiente) * 1) *Classificazione classica: le 7 arti La classificazione classica individua 7 espressioni artistiche ● Pittura: comprende varie tecniche pittoriche, il disegno, l’incisione. Problema: comprende anche la grafica digitale? ● Scultura: comprende molte delle cosiddette arti plastiche. Problema: Land art(= forma d'arte contemporanea caratterizzata dall'intervento diretto dell'artista sul territorio naturale, specie negli spazi incontaminati come deserti)? ● Architettura: tutto ciò che ha a che fare con la progettazione e costruzione di ambienti e luoghi. Problema: Land art? ● Teatro: tutto ciò che ha a che fare con la rappresentazione teatrale. Problema: La lirica? ● Letteratura: tutte le arti che si avvalgono del linguaggio scritto. Problema: il testo teatrale? Il fumetto? ● Musica: Problema: le colonne sonore scritte per il cinema? Lo spartito? La lirica? ● Cinema: tutte le produzioni cinematografiche e anche televisive. Problema: esiste un’arte radiofonica? 2) *Caratteristiche materiali dell’opera Psicologia dell’arte tecnica/abilità dell’esecutore mediocri) e morali così come il Buono Bello - muta nel tempo, influenzato da fattori biologici e sociali armonica, resa dello spazio, capacità di rappresentazione degli “accidenti” e dei “moti mentali”. Il cattivo rimanda a qualità materiali mentre il brutto a qualità estetiche. Es. Mucca di Jean Dubuffet (1954), è un brutto dipinto ma non un cattivo dipinto dato che è volutamente brutta, è una scelta estetica, ha deformato la mucca ed usato colori in modo particolare conducendo un’indagine sul brutto, verso il grezzo Dubuffet ne è il padre. Egli è il teorizzatore dell’ art brut ovvero un’arte grezza realizzata non da professionisti d’arte ma da individui rinchiusi in prigione o manicomi che manifestano un talento e producono per se stessi non per altri. Dubuffet credeva che l’art brut avrebbe rivoluzionato i musei tradizionali agendo come un contro-potere ma in realtà è avvenuto il contrario: l’art brut è stata inghiottita dal mondo dell’arte compreso il mercato dell’arte contemporanea. Lo stesso succede per quanto riguarda la street art (arte urbana): nei confronti di essa i curatori tentano di associare due mondi diversi, la street art ha un intento comunicativo esplicito mentre l’art brut non ha gli stessi scopi comunicativi ed estetici. Il concetto di bello-brutto comprende qualità: - estetiche: che si possono raccogliere mediante i sensi della vista e dell’udito. Il concetto di buono-cattivo comprende qualità: - morali: codeterminate dall’individuo e dalla società. - materiali: per esempio una cosa di buona fattura, una cosa di cattiva fattura. Questa dualità racchiude anche qualità edonistiche ossia qualità che si possono percepire tramite tutti i sensi: un buon sapore / un cattivo sapore, un buon odore / un cattivo odore, una buona ricezione acustica / una cattiva ricezione acustica, una buona resa visiva / una cattiva resa visiva → generano piacere quando buono e bello si incontrano nello stesso oggetto. In tempi ormai lontani, ciò che era considerato brutto aveva anche scarse qualità morali. Talvolta il brutto era in tutto e per tutto considerato immorale, cioè privo di una condotta morale e quindi qualche cosa che si avvicinava di più al regno animale (contrapposto cioè all’umano). Il brutto incarnava il Male, per esempio, era perlopiù rappresentato come una figura grottesca, orrida, mezzo uomo e mezzo animale, deforme, ecc. . Solo negli anni più recenti il Male è stato raffigurato tramite sembianze piacevoli, per esaltare la sua forza di seduzione in una società dove l’apparenza sembra contare più della sostanza. Nel XX secolo anche il diavolo si adegua, abbandonando il classico look truce e grottesco a favore di un look decisamente più seducente in linea con i nuovi stereotipi culturali: il male si è evoluto e adattato allo spirito del tempo. L’evoluzione iconografica del vampiro Definire il bello Il Bello muta con il tempo sia perché condizionato da fattori biologici sia da fattori sociali come la moda: è un bilanciamento tra questi due aspetti. Ha dei canoni che si ripetono e si rinnovano: la Venere di Botticelli corrisponde ad una bellezza classica ma superata se la Psicologia dell’arte - le opere d’arte rientrano solo nella dimensione bello-brutto (no buono-cattivo) Differenze tra Buono-Cattivo e Bello-Brutto > Buono e Cattivo si escludono a vicenza (confine chiaro), non hanno un aspetto filosofico invece > Bello e Brutto possono presentarsi insieme (confine vago), hanno un aspetto filosofico Brutto - tutto ciò che si discosta dallo standard - ora è associato alla stupidità - opere con caricature, figure scarne, denuncia sociale - è più evidente e concreto del bello si confronta con volti noti attuali o le donne di Rubens formose che a partire dagli anni ’70-’80 vengono messe da parte da fisici fusiformi degli uomini e delle donne hippy. Arhneim diversifica il concetto stesso di piacere, ponendo la questione sulla differenza esistente tra “buono” e “bello”, il piacere è una dimensione psicologica che si accompagna a momenti ed esperienza della nostra vita, incluse quelle che riguardano l’arte. Secondo Kubovy è uno stato delle mente e del corpo prodotto da circostanze e condizioni di cui si ha consapevolezza e che vengono vissute come causa di uno stato emotivo non duraturo. Dunque nella dimensione del piacere esistono due sottodimensioni: bello e buono, aggettivi che utilizziamo per assegnare una data esperienza all’una o all’altra sottodimensione. I prodotti artistici rientrano solo nella categoria del bello quindi vengono valutati nella dimensione bello-brutto. Separare i significati di bello e buono significa definire aspetti diversi dell’esperienza sensoriale e dividerla in due categorie: infatti anche la distinzione sensoriale di esse rispecchia distinzione tra modalità di senso 1. gusto ed olfatto→ buono 2. vista ed udito→ bello La logica in base alla quale cattivo si oppone a buono è molto più rigida di quella che contrappone bello e brutto: nel primo caso i primi due termini (cattivo e buono) si escludono a vicenda mentre nel secondo caso (bello e brutto) in ambito artistico sono delimitati da un confine netto e se considerate esperienze sensoriali possono presentarsi insieme. Noi tendiamo a credere che ciò che è falso non possa essere né bello né buono anche se sappiamo che non ha alcuna base logica. Le esperienze buono-cattivo e bello-brutto hanno entrambe origine dai sensi ma si tratta di esperienze che sono profondamente diverse: le prime non presentano un aspetto filosofico, le seconde si. Così la distinzione buono-cattivo è rimasta chiara e aproblematica mentre quella bello-brutto si è prestata a tutti i giochi di opposizione e di somiglianza, rendendo sempre minore la distanza tra i due termini e sempre più vago il confine che li separa. Definire il brutto Il Brutto è tutto ciò che si discosta dalla norma, dallo standard, ciò che riteniamo brutto lo troviamo anche ripugnante e spesso inferiore: nei tempi odierni il brutto è associato alla stupidità, non più al male, all’inferiorità intellettuale. Leonardo Da Vinci studiò molto la caricatura ma già prima di lui venne indagata per rappresentare ed esprimere la penitenza e il dolore di cui ne è un esempio la “maria Maddalena” di Donatello che rende la figura scarna per mostrare una trasfigurazione interne che si è esternata, è una sorta di impressionismo che si ritrova anche nella “Crocifissione” di Grunewold. Il brutto assume un ruolo di denuncia sociale di cui principale esponente ne è Goya nel “due donne che mangiano” anche l’impressionismo di Monet era considerato inizialmente brutto, criticato in quando venivano viste opere experiment impressione e non compiute, denotavano una scarsa qualità stilistica e un modo dissacrante di usare l’arte pittorica. L’esistenza del bello presuppone anche quella del brutto con la differenza che il brutto è più evidente, facilmente definibile e concreto del bello, ha riferimenti ed esempi precisi che lo incarnano. Psicologia dell’arte Un’opera è bella perché è fatta bene, anche quando figura il brutto. Quelle belle rimangono tali, quelle brutte possono invece diventare belle nel tempo. Un capolavoro è tale perché la sua esecuzione manifesta un’abilità ed un controllo tecnico che produce ammirazione. Un’opera d’arte è bella perché è fatta bene anche quando viene raffigurato il brutto. Sappiamo anche però che un’opera può essere bella indipendentemente dalla tecnica dell’esecuzione, molte correnti artistiche hanno sostenuto un’arte che fosse volutamente sbagliata, non perfetta. Il brutto non sta necessariamente nell’esecuzione tecnica. Diventa, dunque, difficile stabilire dove si trova il brutto anche perché mentre le opere belle rimangono tali a lungo, quelle definite brutte mantengono la definizione in modo meno costante e in maniera più fluida. Si comprende bene quando sentiamo nomi di correnti artistiche quali cubismo, impressionismo, espressionismo nate per definire prodotti brutti e per sottolineare il disprezzo provato dai critici dell’arte nei loro confronti: tutto il brutto può diventare bello. Psicologia dell’arte - focus sul fruitore (stato di attivazione e piacere, giudizi) e su formule matematiche che spieghino la relazione tra fruitore e l’opera - cerca di misurare il livello di piacere/preferenza con dati forniti da osservazioni in merito a giudizi di preferenza tra rettangoli diversi (preferenza per quelli in cui le lunghezze dei lati erano simili alla sezione aurea) - scopo: trovare una formula per fissare criteri universali di bellezza - punti deboli: non considera le controprove, instabilità del gusto Dopo Fecher > Birkhoff→ propone una formula per esprimere la misura del piacere: M=O/C > Eysenk→M=O*C > Berlyne→ si basa sulle risposte fisiologiche di attivazione delle persone; + uno stimolo è complesso + sarà il suo potenziale di attivazione > Boselie e Leeuwenberg→ M= Um x (Ue) x (Cm, e) Il baricentro degli interessi di Fechner e di tutta l’estetica sperimentale è il fruitore, la sua attivazione, i suoi giudizi, il suo stato consapevole di piacere e di gradimento e la possibilità di scoprire e descrivere attraverso formule matematiche le relazioni che intercorrono fra fruitore e cosa osservata. Gustav Theodor Fechner è stato un fisico, un fisiologo e un filosofo che ha inventato l’estetica sperimentale e fondatore della psicofisica. In ambito artistico-psicologico ha cercato di misurare il livello di piacere o gradevolezza o preferenza estetica che Arnheim definisce “estetica edonistica”. I dati su cui venivano effettuate le misurazioni erano forniti da osservazioni che dovevano esprimere un giudizio di preferenza tra rettangoli diversi e risultarono preferiti i rettangoli in cui le lunghezze dei lati erano in un rapporto vicino a quello della sezione aurea. Arnehim critica l’approccio di Fechner definendolo una visione sterile dell’arte in quanto aveva tentato di suddividere l’arte in problemi minori come la misura del piacere o l’analisi delle proporzioni geometriche quando in realtà l’arte deve essere considerata nella sua globalità (Arnheim). L’estetica sperimentale ha 2 punti deboli: - le ricerche svolte hanno raccolto prove di conferma senza considerare contro prove, dunque, non hanno controllato se ci sono opere d’arte considerate capolavori che non rispettano la sezione aurea o che non la considerano per nulla e allo stesso tempo non si sono interessate di vedere se opere di basso valore estetico rispettassero le proporzioni auree - l’instabilità del gusto e delle preferenze estetiche che sono state classificate da Kermode in opere che vengono apprezzate fin da subito e che mantengono il massimo grado di apprezzamento nel tempo (la Cappella Sistina, la Divina Commedia), opere apprezzate inizialmente ma successivamente perdono interesse a causa di cambiamenti storici (opere di propaganda ideologica), opere inizialmente apprezzate poi dimenticate e nuovamente rivalutate in modo definitivo (Botticelli venne scordato perché ritenuto arcaico e poi moderno), opere che non sono state apprezzate inizialmente ma che poi assumono una rilevanza molto vasta (impressionismo, Van Gogh, la fontana di Trevi). La misura delle preferenze estetiche ha aperto la strada a numerosi studiosi successivi a Fechner che hanno provato a raggiungere gradi di accordo intermedi utilizzando formule matematiche. Nel 1932 il matematico Birkhoff propose una formula per esprimere il valore estetico degli oggetti in generale e in particolare delle opere d’arte, partendo dall’assunto che il grado di piacere prodotto da un’oggetto estetico dipendesse da due parametri quali ORDINE (O) e COMPLESSITÀ (C) arrivò alla conclusione che la misura del piacere è data dal rapporto tra ordine e complessità → M= O/C. In seguito, Eysenk corresse la formula in M= O x C. Dunque la complessità ha un ruolo centrale e venne dimostrato anche da Berlyne che basa le misure sulle risposte fisiologiche di attivazione delle persone. Questo approccio trova il suo fondamento nel fatto che tutto ciò che è nuovo, complesso, contraddittorio e inatteso provoca un aumento del livello di vigilanza che si rileva attraverso modificazioni fisiologiche. Quanto uno stimolo può attivarsi dipende dal suo grado di complessità e nello specifico, il grado di complessità di un’immagine dipende da diversi fattori quali l’ambiguità, l’incongruità e la novità inattesa = quanto più uno stimolo è complesso tanto maggiore sarà il suo potenziale di attivazione. Berlyne aveva individuato una relazione tra il grado di attivazione fisiologica di un’immagine e la preferenza estetica manifestata per essa e da ciò emerse che potenziali di attivazione troppo bassi o troppo alti potevano produrre esiti negativi per cui si preferisce una complessità intermedia. Le risposte fisiologiche possono essere innescate sia da condizioni di attrazione sia di repulsione e rifiuto. Nell’arte contemporanea, molti artisti si pongono l’obiettivo di innalzare al massimo lo stato di attivazione (arousal) come nel caso della body art o come precedentemente hanno fatto il futurismo, l’impressionismo, il dadaismo o il surrealismo: Psicologia dell’arte 3. Artista - Freud - focus sull'artista (sua personalità e motivazioni) - si concentra sul contenuto (non sulla forma) e sull’arte del passato (non contemporanea) - opera = trasposizione dei conflitti provenienti dall'infanzia dell’artista Per Freud, solo il grande artista è capace di : - trasformare il proprio inconscio inaccettabile in opere e rende così tollerabili i contenuti psichici rimossi la carica provocatoria ha prodotto all’inizio un’attivazione molto alta che da un livello sgradevole è passata ad uno intermedio fino ad un livello di accettazione. Dunque lo scopo dell’estetica sperimentale è stato correggere un sistema di misurazione che consentisse di individuare e quantificare le preferenze degli osservatori→ trovare una formula matematica per fissare criteri universali di bellezza. Altro contributo importante è stato dato da Boselie e Leeuwenberg secondo cui il sentimento di sorpresa e sconcerto sono alla base di ogni esperienza estetica riscrivendo la formula in→M= Um x (Ue) x (Cm, e) dove: o M è il grado di bellezza o Um è il grado di non ambiguità dei mezzi o Ue è il grado di non ambiguità dell’effetto o Cm, è il livello di contrasto fra fini e mezzi 3. L’analisi di Freud sul lavoro dell’artista Il baricentro degli interessi artistici di Freud è rivolto all’artista, alla sua personalità e alle motivazioni che lo spingono a realizzare l’opera. Freud si è concentrato sul contenuto delle opere e non tanto sulla loro forma, non ritiene che essa abbia un valore primario anche se sa che da essa dipende il valore artistico dell’opera. Freud è interessato piuttosto al contenuto e alla carica simbolica dell’opera d’arte. In particolare si interessa dell’arte del passato, non considerando e disprezzando l’arte a lui contemporanea: prediligeva soprattutto l’archeologia e l’arte del Rinascimento italiano, definendo spesso le opere ‘enigmatiche’ e considerando il compito della psicoanalisi quello di risolvere questa enigmaticità. Per Freud ogni opera d’arte è la trasposizione dei conflitti proveniente dall’infanzia che l’artista esprime non solo attraverso i sogni o sintomi nevrotici, ma anche in forma creativa. In quest’ottica creare un’opera d’arte vuol dire soddisfare in maniera immaginaria un desiderio inconscio → processo di sublimazione costituito dall’insieme di processi che regolano le soddisfazioni indirette di bisogni, scopi, desideri e consiste nel soddisfare questi bisogni ad un livello più controllato rispetto al modo impulsivo con cui nascono, è un livello culturalmente accettato in cui l’impulso viene gratificato e concretizzato. Tuttavia la sublimazione delle spinte pulsionali non è sufficiente per garantire un risultato artistico così come nell’estetica sperimentale l’artisticità non può essere garantita da preferenze condivise e generalizzate per rapporti e proporzioni che un’opera possiede. Nel complesso questi tre approcci hanno trovato nelle proprie ricerche le conferme alle loro teorie e ciascuno di essi riteneva che il problema “Arte” dovesse essere affrontato nel modo in cui l’hanno di fatto affrontato. La psicologia e l’arte “La psicologia prende più dalle arti (ad esempio i suoi materiali) di quanto non restituisca (cioè illuminando studiosi e interessi artistici). Sostengo che, se la psicologia scientifica dell'arte deve diventare completamente interdisciplinare, essa deve tenere maggiormente conto delle sensibilità e delle competenze artistiche.” L’articolo espone una particolare applicazione all’arte ed alla letteratura della teoria psicoanalitica. L’emozione in genere è considerata in questo modello come un affetto, ovvero una quota di energia legata alle idee, la quale interferisce nell’adattamento e altera l’equilibrio psichico. Freud si dedica allo studio della personalità creativa, introducendo così i temi riguardanti l’origine dell’opera artistica e scorgendo analogie e differenze tra arte, sogno e fantasia. Solo il grande artista, per Freud, è capace di trasformare i propri contenuti inconsci inaccettabili in opere d’arte di cui il pubblico possa usufruire per una catarsi (purificazione) immediata; solo il grande artista è capace di rendere globalmente tollerabili contenuti psichici rimossi ed inaccettabili. Psicologia dell’arte I Wittkower criticano chi attribuisce troppa importanza all’inconscio nella formazione di un’opera Ciò che l’artista creava era spesso il riflesso della richiesta del committente, quindi: Dobbiamo distinguere tra significato > vero per il committente > possibile per i fruitori Approccio psicoanalitico all’arte - scopo: individuare le pulsioni sottostanti l’atto creativo - la creazione dell’opera è una forma di catarsi - si concentra sulla forma*, in quanto veicolo del contenuto *le forme scelte sono condizionate dallo stile dell’artista e dal periodo storico Lo stile crea il contenuto ossia il significato dell’opera Rudolf e Margot Wittkower hanno scritto di quanti attribuiscono troppa importanza all’inconscio nella formazione dell’opera d’arte, definendoli “manipolatori faciloni del materiale storico”, che “sanno giungere a vertici di cecità e storture”, oppositori dell’approccio precedente. L’artista non è diverso e più speciale di altri dal punto di vista psicologico. Non ci sarà mai una risposta all’enigma della personalità artistica. Andrea del Sarto: dipinse “la madonna delle arpie” nel 1517, ora agli Uffizi, e fu influenzato dalla moglie nella sua arte. A 31 anni si sposò con una vedova di umili origini, descritta dal Vasari come una donna di “pessima indole” nella prima edizione delle “vite” e poi nella seconda tacque molti aspetti negativi di cui aveva parlato. Jones diede credito alla prima descrizione fatta della moglie credendo anche che Del Sarto avesse un’omosessualità repressa ed irrisolta accentuata dalla relazione di dominanza con la moglie: tali supposizioni trovano conferma nel dipinto in cui secondo Jones le arpie sarebbero fuori luogo nel contesto. In realtà non è così in quanto arpie, sirene e sfingi sono comuni nell’iconografia dell’epoca: indicano infatti il paganesimo che viene sovrastato dal cristianesimo, la Vergine che sovrasta le Arpie in questo caso simboleggia la vittoria della purezza sul peccato. Gombrich sostiene che in discorso psicanalitico sull’arte quasi sempre primeggia l’analogia fra l’opera d’arte ed il sogno. Tale considerazione passa attraverso la riflessione su il “mulino ad acqua” di Hobbema e si interroga sul perché abbia scelto come soggetto i mulini e non i panorami di Koninck. Dalla risposta dipende il rapporto tra psicoanalisi e storia dell’arte: è importante sapere che significato abbia avuto l’opera per l’artista se consideriamo e accettiamo a priori il significato privato, personale e psicologico qualora sia l’unico vero significato, sia quindi quello che esso trasmette se non esiste un livello o di interpretazione o soprattutto ciò che l’artista creava era spesso il riflesso della richiesta del committente, dunque alla fine all’artista rimaneva poca libertà. Quindi dobbiamo distinguere tra: ● Significato vero per il committente ● Significato possibile per i fruitori Ciò che si deve indagare è perché siamo attratti da una determinata opera d’arte. Dunque, l’approccio psicoanalitico all’arte ha come obiettivo quello di individuare le pulsioni sottostanti l’atto creativo, nella convinzione che siano questi il motore della creazione artistica. La creazione artistica, quindi, rappresenterebbe una risposta dell’artista a drammi interiori. La creazione dell’opera si costituisce come una forma di catarsi(=processo di liberazione da esperienze traumatizzanti), e mediante processi empatici tale processo sarebbe esteso al fruitore che, anche a sua insaputa, soffre di drammi interiori simili. Perciò l’approccio psicoanalitico si è concentrato sulla FORMA in quanto veicolo del contenuto. La forma diventa il contenuto solidificato, nelle arti plastiche. In letteratura, invece, è il CONTENUTO l’oggetto principale di analisi: ciò che lo scrittore ha inteso rappresentare è letta come metafora o insieme di simboli che permetterebbe di individuare pulsioni e drammi personali, perlopiù inconsci, dell’autore. Il ruolo dello stile La pura forma, intesa come oggettivazione della rappresentazione, è una chimera(=Ipotesi assurda). Le forme scelte da un artista sono ampiamente condizionate dallo stile dell’artista, che a sua volta è condizionata dallo stile imperante che caratterizza la società̀ in cui l’artista si trova a vivere, nonché il suo periodo storico. Lo stile è una caratteristica complessa, che contribuisce sia a modulare che a creare il contenuto, cioè il significato dell’opera. Psicologia dell’arte Aspetti delle arti visive > confini labili con le altre arti > rottura con le regole > è l’artista a fare un oggetto artistico rinominandolo Dubbi di Massironi sull’approccio psicoanalitico all’arte - NON serve una nevrosi per produrre un’opera - l’opera è tale solo per i fruitori con gli stessi disturbi - è arbitrario scoprire le motivazioni inconsce dalla rappresentazione nell’opera invertito ossia quanto più alta è la quotazione commerciale di un’opera tanto più alto viene considerato il suo valore artistico indipendentemente dalla richiesta. Ci sono dunque aspetti rilevanti che riguardano le arti visive: - le arti visive hanno confini labili con le altre forme d’arte (letteratura, musica, spettacolo) - nelle arti visive si è assistito ad una rottura radicale con le regole, le norme, i materiali, le procedure perché fino all’impressionismo il compito delle arti era riprodurre gli oggetti e le scene così come si presentavano e l’abbandono di questa verosimiglianza ha rivoluzionato tutte le arti visive - non è possibile stabilire al di fuori degli ambienti artistici se un oggetto, un evento o una presenza siano il risultato di una ricerca artistica cioè l’opera senza il contesto non elicita da sola l’innescarsi di un processo estetico, è la decisione dell’autore di attribuire rinominandolo un nuovo significato ad un oggetto che già ne possiede uno, a produrre un nuovo oggetto artistico - non è possibile categorizzare le proposte relative alle arti visive dei ricercatori odierni - da un punto di vista storico gli stili si sono sempre succeduti senza sovrapporsi mentre la nascita dell’impressionismo ha contemporaneamente portato allo sviluppo di altre correnti artistiche che spesso si sono trovate ad operare nello stesso periodo storico pur essendo profondamente diverse tra loro. Le riserve e i dubbi di Massironi: Massironi presenta dei dubbi riguardo l’azione della psicanalisi sull’arte: 1) È necessaria una nevrosi per produrre un’opera d’arte? NO 2) Aver constatato la nevrosi in alcuni casi consente di generalizzare il principio? 3) In che rapporto sta la nevrosi dell’artista con quello del critico? 4) In che rapporto stanno queste due nevrosi con quello che caratterizza gli spettatori? La fruizione deve comprendere l’empatia: l’opera d’arte è tale solo per i fruitori degli stessi disturbi dell’artista→ prospettiva psicoanalitica. La rappresentazione di figure umane nelle opere d’arte è spesso accompagnata da un tentativo di riprodurre stati d’animo ed emozioni (oggetto di studio della psicologia). Tuttavia, risalire dalla rappresentazione di stati d’animo ed emozioni alla scoperta delle motivazioni profonde ed inconsce che sottostanno all’atto creativo dell’artista è un’operazione del tutto arbitraria. Il rischio di mistificazioni è altissimo, come già hanno sottolineato a loro tempo i coniugi Wittkower. Tuttavia, proprio la psiche malata diviene un un tema analizzato dagli artisti. La follia, infatti, è un tema presente e ricorrente nell’arte. Goya, Saturno che divora un figlio (1819-23, Madrid, Museo del Prado). Il tema della follia è già stato oggetto di raffigurazione nell’arte europea prima degli scritti di Freud. FARE CAPITOLO FINALE DEL WITTOKOVER Psicologia dell’arte → Cap.5 Massironi LE MISURE DEL BELLO, FECHNER E L’ESTETICA SPERIMENTALE Policleto da Argo→ la bellezza nasce dall’esatta proporzione delle parti tra loro (altezza dell’uomo è 8 volte la lunghezza della testa) Da Vinci→ il viso si divide in 3 parti uguali Fechner - Psicofisica di Fechner vuole dimostrare la falsità del mondo fisico (quella mentale è l’unica realtà) - indaga: reazioni di piacere davanti all’estetica di stimoli e le caratteristiche che fanno preferire uno stimolo a un altro. - cerca la conferma della superiorità della sezione aurea* come proporzione che influisce positivamente sul giudizio estetico *Sezione aurea → si ottiene quando BC (+ corto) sta in AB (+lungo) come AB sta in AC (tot) - è la misura matematica della bellezza (divina proporzione) Ha 5 proprietà ★ Il legame tra artista, oggetto artistico ed esperienza estetica Secondo Policleto da Argo (V sec. a.C.), la bellezza nasce dall'esatta proporzione non degli elementi, ma di tutte le parti tra di loro. Egli realizzò il Doriforo (atleta portatore di lancia), secondo il canone da lui derivato empiricamente misurando i corpi e le membra di persone reali: il canone potrebbe derivare dalle medie di quelle misurazioni. Per l’altezza ideale dell’uomo e le proporzioni tra le sue membra si usava come riferimento le dimensioni della testa e rapporti tra le parti del volto. Secondo il canone della bellezza teorizzato da Policleto da Argo, l’altezza ideale dell’uomo (l’altezza media) era 8 volte la lunghezza della testa L’uomo vitruviano (1492) di Leonardo da Vinci: secondo Vitruvio, il viso umano si divide in tre parti uguali: dal mento alla base delle narici, dal naso fino al punto d'incontro con le sopracciglia e da queste alla radice dei capelli. Il piede invece rappresenta la sesta parte dell’intera altezza dell’uomo. Gustave Theodor Fechner (1801-1887) S = Km Log I S=sensazione; I=intensità fisica dello stimolo; K=costante di Weber, specifica per ogni continuum fisico. La differenza minima tra due stimoli che riusciamo ad avvertire (soglia differenziale), varia con l'ordine di grandezza degli stimoli, più precisamente accresce secondo il logaritmo dell’intensità della stimolazione fisica. La psicofisica di Fechner nasce per confutare(=ribattere) sul proprio terreno il materialismo: Fechner voleva dimostrare la “falsità” del mondo fisico, sostenendo che l’unica realtà è quella mentale, che non corrisponde a quella fisica. Con il trattato del 1876 “Manuale di estetica”, Fechner pone le basi dell’estetica sperimentale: una psicologia sperimentale che si voleva applicata al fenomeno artistico inteso come oggetto esprimente bellezza e armonia. Fechner intendeva indagare: - le reazioni di piacere dinanzi alle caratteristiche estetiche di stimoli; - le caratteristiche che inducono uno stimolo estetico ad essere preferito rispetto a un altro Per Fechner, l’estetica deve fondarsi su una procedura “dal basso”: deve essere basata su una iniziale e progressiva ricerca sistematica delle componenti elementari che determinano le reazioni di piacere/dispiacere nei confronti dell’arte. In questo l’estetica sperimentale (empirica) si differenzia dall’estetica filosofica, che ha carattere cioè deduttivo. In particolare, gli esperimenti descritti da Fechner hanno cercato la conferma sperimentale della superiorità della sezione aurea come proporzione che influisce positivamente sul giudizio estetico. La sezione aurea Dato un segmento AC, si ottiene una sezione aurea quando il suo tratto più corto BC sta a quello più lungo AB come il tratto più lungo AB sta al segmento intero AC. Si ritiene che molti capolavori tramandati a noi attraverso i secoli siano strutturalmente basati su rapporti “aurei”. Psicologia dell’arte 1. è unica 2. è sempre simile a se stessa 3. è in 3 termini facenti parte lo stesso segmento 4. è un n. infinito 5. permette di formare il “duodecedron” 3 Metodi di indagine di Fechner: 1. della scelta (scegli tra 10 rettangoli quale ti piace di +) 2. della produzione (disegna un rettangolo piacevole) 3. misurazione di artefatti umani (determinare le proporzioni + usate nelle opere) Come nel caso della facciata del Partenone. La convinzione che la seziona aurea sia la misura matematica della bellezza è talmente diffusa anche al giorno d’oggi che si moltiplicano le dimostrazioni della sua applicazione. Le 5 proprietà di questa meravigliosa proporzione che la rendono divina Luca Pacioli, sostenitore della SA, compone la “divina proporzione” che espone le 5 proprietà che rendono divina la proporzione della SA: 1) Come Dio, è unica; ossia sempre uguale a se stessa 2) Come la Santa Trinità è una sostanza in tre persone, così la sezione aurea è una proporzione in tre termini facenti parte di uno stesso segmento. 3) La proporzione è un numero infinito, non definito 4) Come Dio, è sempre simile a se stessa 5) Permette di formare il “duodecedron” (volume formato da 12 pentagoni) che Platone nel Timeo definisce l’espressione stessa della quintessenza. Wittlover sostiene che a forza di voler trovare la SA, si rischia di accomodare le linee alla nostra esigenza di trovarla. Fechner ha utilizzato tre metodi di indagine: 1) metodo della scelta: scegli tra i 10 rettangoli quella esteticamente più piacevole. Nel caso non riesci a deciderti, puoi sceglierne più di una che secondo te sono piacevoli in modo uguale; 2) metodo della produzione: disegna un rettangolo in modo tale che risulti piacevole; 3) misurazione di artefatti umani: determinare le proporzioni espresse maggiormente nelle opere d’arte. → Cap.6 Massironi DOPO FECHNER → diffusione fotografica e avanguardie artistiche, così muta la concezione di fruizione artistica: esperienza che dona piacere (non + legata al bello) Esperienza estetica-artistica è una sensazione - di piacere (affettivo e intellettuale) legata alla fruizione di un’opera d’arte; - di arricchimento davanti a un’opera - che non corrisponde per forza al bello (≠ da esperienza estetica di Kant) Birkhoff→ formula del valore estetico (grado di piacere estetico): M = O/C Dopo Fechner, e in seguito agli sconvolgimenti legati sia all’invenzione della fotografia, sia alla nascita delle avanguardie artistiche, il concetto di esperienza estetica subisce una lenta mutazione: da esperienza legato al bello e al sublime diviene nel tempo esperienza che dona piacere a livello affettivo e/o a livello intellettuale. Tentiamo quindi di formulare una nuova definizione di “estetica” applicata alle arti, o meglio di una “esperienza estetica-artistica”. Per esperienza estetica-artistica ci si riferisce ad una particolare sensazione di piacere legata alla fruizione di opere d’arte. Non è determinata in modo esclusivo da rappresentazioni del “bello”, e di norma si caratterizza come una modifica di stati affettivi e cognitivi nel fruitore. In sostanza, il fruitore esperisce una sensazione di accrescimento/arricchimento quando entra in contatto con un prodotto il cui contenuto è imprescindibile dalla sua struttura formale. L'esperienza estetica-artistica è un piacere insieme affettivo e intellettuale emergente dalla fruizione di opere d'arte. ● Esperienza estetica → si riferisce al piacere estetico kantianamente inteso (= bello, sublime) ● Esperienza estetica-artistica → si riferisce al piacere che emerge solo dalla fruizione(=esperienza) di opere d'arte, è un piacere attentivo, percettivo non corrisponde al bello per forza. George David Birkhoff (1884-1944) propone un approccio matematico all’estetica, con una formula che esprime il valore estetico (1932)→M = O/C dove M = misura estetica, cioè il grado di piacere estetico suscitato da un’opera d’arte Psicologia dell’arte E’ considerato semplice ciò che si capisce (← ha dei limiti: arte astratta) Maeda→ 10 leggi della semplicità La semplicità non dipende dal n. di elementi ma dal n. delle caratteristiche strutturali presenti Vedere configurazioni: Semplicità e Complessità L’esito percettivo di una stimolazione, quale potrebbe essere un’opera d’arte visiva, dipende dal modo in cui il sistema visivo organizza gli stimoli in entrata in configurazioni dotate di senso. La bontà degli esiti percettivi dipende da un fondamentale isomorfismo(=che ha forma uguale) tra la macrostruttura fisica che genera la stimolazione sensoriale e la struttura della resa fenomenica (cioè quella effettivamente percepita). Questo isomorfismo riguarda aspetti fondamentali quali per esempio la forma, la disposizione degli elementi costituenti configurazioni complesse, le dislocazioni spaziali, le articolazioni spaziali, ecc. La bontà dell’operato del sistema visivo pare essere garantito da un principio del minimo che regola non solo la modulazione e l’interazione dei principi di segmentazione del campo, ma anche che opererebbe di modo che la struttura visiva emergente risulti essere tanto più semplice quanto le condizioni date lo consentono. In quale relazione stanno il principio del minimo e la semplicità? È considerato semplice quello che si capisce. Da ciò si potrebbe concludere che la semplicità è definibile soggettivamente. Questo modo di concepire la semplicità ha però dei limiti. Per comprendere i limiti pensiamo alla definizione intuitiva spesso data all’arte astratta (e in quanto tale non semplice, ovvero complessa): è astratta quell’arte il cui contenuto figurativo non risulta comprensibile. Si arriva al paradosso che Picasso viene definito come artista astratto e Dalì come artista figurativo. Ci sono criteri oggettivi in grado di definire la “semplicità”? John Maeda, artista visivo, grafico, designer, ha scritto un agile libretto in cui elenca e spiega 10 leggi della semplicità che possono essere applicate alla progettazione, alla tecnologia, agli affari e alla vita. Esse sono: 1. Riduci: il modo migliore per ottenere la semplicità è mediante una riduzione ponderata. 2. Organizza: l’organizzazione semplifica l’immagine di un sistema. 3. Tempo: il risparmio di tempo appare come un guadagno in semplicità. 4. Apprendi: la conoscenza rende tutto molto più semplice. 5. Differenze: semplicità e complessità sono necessari l’uno all’altro. 6. Contesto: ciò che sta alla periferia della semplicità non è affatto periferico. 7. Emozioni: più emozioni sono meglio di poche emozioni. 8. Trust: ci fidiamo della semplicità. 9. Fallimento: alcune cose non possono essere rese semplici. 10. Vera Legge della semplicità: sottrarre l’ovvio e aggiungere significato. La semplicità di una figura non dipende tanto dal numero degli elementi costituenti, bensì dal numero delle caratteristiche strutturali presenti, cioè del rapporto tra il tutto e le sue parti in relazione al contesto entro cui sono osservate. La semplicità visiva diversa da semplicità cognitiva → Es. una figura piana dal punto di vista cognitivo è molto più semplice di una tridimensionale; eppure, il sistema visivo è sintonizzato sulla terza dimensione: la soluzione tridimensionale è favorita quando tale esito semplifica la struttura dell’oggetto visivo. La semplicità è una categoria fondante della ricerca artistica? Se sì, in quali termini? Le arti mirano ad una semplicità relativa più che ad una semplicità assoluta. Secondo Arnheim, la semplicità relativa implica economia (=principio minimo) e ordine. L’artista Psicologia dell’arte Arnheim→ la semplicità relativa implica economia e ordine (principio minimo) Bisogna arrivare a una giusta compensazione di semplicità e complessità. Il sistema cognitivo, dopo l'osservazione, tende a semplificare la configurazione →massimizza l'omogeneità o l’eterogeneità Rapporto stretto tra il Tutto e le sue Parti Le leggi del tutto Wertheimer→ leggi di segmentazione Musatti→ principio di omogeneità* Arnheim→ principio di somiglianza non deve andare oltre a quanto è necessario per lo scopo che vuole raggiungere. In altre parole, un’opera d’arte non deve essere più complessa di quanto necessario nella rappresentazione del proprio contenuto. Ecco, dunque, il terreno della sfida su cui si gioca il valore intrinseco di un’opera d'arte: una giusta compenetrazione di semplicità e complessità. Le grandi opere d’arte sono complesse, eppure sono lodate per la loro semplicità. Il dosaggio di questi aspetti avviene mediante il principio dell’ordine. Gli oggetti artistici hanno tutte un significato: figurativo o astratto. Il problema della semplicità si annida tra la forma e il significato dell’opera. La discrepanza tra forme semplici e significati complessi può generare opere molto complesse. Tale complessità non è però necessariamente negativo in arte. Anzi, è spesso la calamita che attira l’attenzione del fruitore. Ambiguità e semplificazione Dopo aver osservato una configurazione complessa, il sistema cognitivo nella codifica della memoria tende a semplificare la configurazione: - massimizzando l’omogeneità strutturale (simmetria, regolarità), - o massimizzando l’eterogeneità (asimmetria, disomogeneità). Una tendenza alla massima omogeneità può essere un metodo per economizzare la trascrizione nella memoria di immagini geometriche e di caratteristiche ambientali, per cui si può ipotizzare che la regolarità dello spazio permette di semplificare i rapporti tra gli oggetti ivi collocati e gli oggetti e lo spazio stesso. La tendenza invece alla massima eterogeneità, o meglio alla accentuazione di caratteristiche distintive può invece risultare più conveniente quando si devono immagazzinare immagini altamente significative sotto il profilo della vita sociale ed emotiva (Es. caricature permettono una visione psicologica del personaggio). Segmentazione e Semplicità “Il tutto è più della somma delle sue parti” Questa affermazione può indurre in inganno: molti, infatti, intendono che una unità percettiva è data dalla somma delle sue parti + un qualche cosa di misterioso. In realtà il motto gestaltista indica che esiste un rapporto molto stretto tra il tutto e le sue parti: l’aspetto del tutto influenza il modo in cui le parti appaiono, e l’aspetto del tutto è a sua volta influenzato dalla conformazione delle parti. Ogni volta che si aggiungono o si tolgono elementi da un’opera, si ritrova con un’opera “diversa”. Diviene quindi interessante soffermarsi sulla definizione di “parte”. Una parte non è una suddivisione arbitraria di una struttura. Una parte intesa come elemento strutturale è un qualche cosa che ha caratteristiche figurali sue proprie. Un viso umano, per esempio, è composto da molte parti, tra cui guance, mento, fronte. Gli egiziani hanno usato l’occhio nei loro ideogrammi; Gogol ha scritto un capolavoro satirico creando un personaggio sfrontato, ovvero il Naso di un assessore; le labbra diventano divani; le gote, invece, al massimo possono arrossire, non avendo in sé caratteristiche "oggettuali"(=che li rende immediatamente riconoscibili) es. labbra=divano, Occhio= ideogramma egiziano. Le leggi del tutto Nel 1923, lo psicologo gestaltista Wertheimer individuò le leggi di segmentazione (o di unificazione/organizzazione) del campo visivo. Oltre venti anni più tardi Cesare Musatti argomentò che i principi individuati da Wertheimer possono essere ridotti ad uno solo, il principio di omogeneità. Arnheim descrive il principio di omogeneità di Musatti in termini di un principio di somiglianza, nel senso che tutti i fattori e i principi isolati da Wertheimer, per esempio la buona continuazione, possono essere descritti in termini di una somiglianza, che nel caso della buona continuazione sarebbe di direzione. In verità questo tentativo appare un po’ semplicistico, mi pare che il principio di omogeneità di Musatti implichi molto più della sola somiglianza. Per certi versi questo principio di omogeneità assomiglia al principio di Psicologia dell’arte *implica molto più della somiglianza (simile al principio di pregnanza) Per comprendere le leggi di segmentazione, nello studio delle opere→ approccio dall’alto (partendo dall’unità la si segmenta in sottounità) Semplicità - è multidimensionale - non esiste un continuum da semplice a complesso (sono disgiunti) perché: c’è un fattore soggettivo e non si basa sul n. di elementi Il sistema visivo segmenta la scena visiva in base a leggi che favoriscono la semplicità Semplicità è difficile da definire, dipende da: → n. di elementi, orientamento assi, lati, rapporto parti e tutto, rapporto oggetto e fruitore. pregnanza, che sarebbe quel principio sovraordinato che controlla l’esito dei raggruppamenti compiuti con i principi di somiglianza, vicinanza, ecc. Che si chiami principio di omogeneità o di pregnanza, risulta evidente che vicinanza, chiusura, somiglianza ecc. non sarebbero quindi dei veri principi bensì dei fattori emergenti dal contesto, la cui presenza determina il modo in cui il campo visivo viene segmentato in unità significative. Nei libri di testo è abbastanza comune che gli autori scelgano di mostrare situazioni semplici in modo da favorire l’apprendimento dei cosiddetti principi di segmentazione (organizzazione, unificazione). È un approccio dal basso, molto conveniente per spiegare e far comprendere come funzionano le leggi di segmentazione del campo visivo. Nello studio strutturale di un’opera d’arte, però, risulta molto più proficuo un approccio dall’alto, per cui partendo dall’unità dell’opera la si segmenta in sottounità per facilitarne la lettura e valutare la coesione tra forma e significato. È opportuno però ricordare che l’unificazione dal basso e la segmentazione dall’alto sono concetti reciproci, non in contraddizione tra di loro. La differenza tra i due approcci sta nel modo in cui si può applicare il principio di omogeneità, che nell’organizzazione dal basso riguarderà essenzialmente la somiglianza tra elementi ed unità, mentre con l’approccio dall’alto concerne anche l’organizzazione globale della struttura, cosa che è intimamente correlata con lo stile dell’artista. C’è un elemento che complica la vita ma rende l’arte interessante per sé che è la questione di stile, molto spesso sottovalutato anche negli studi di psicologia dell’arte. Lo stile come uno degli elementi portatori di significato. Semplicità e complessità sono due estremi di un continuum, oppure sono fattori disgiunti? Affermare che complesso è ciò che non è semplice implica un continuum. Tuttavia, il costrutto di semplicità è multidimensionale e si applica a diverse dimensioni del reale. Non possiamo affermare che esiste un continuum da semplice a complesso. Perché il costrutto di semplicità contiene anche un fattore molto soggettivo e perché il concetto di semplicità non si basa sulla numerosità degli elementi. All’interno del paradossale rapporto tra semplicità e complessità vi è pure un altro paradosso: mentre il costrutto di complessità richiede quello di semplicità, il costrutto di semplicità non richiede niente. La semplicità si impone da sé, e non necessita del costrutto di complessità. È il costrutto di complessità che necessita della semplicità e questa cosa non è biunivoca. Il fatto stesso che la semplicità non richiede il costrutto di complessità per essere compreso, significa che sono su continuum diversi. Quindi la risposta è che sono due fattori disgiunti. L’arte è una dimostrazione di questa cosa perché semplicità e complessità possono compenetrarsi nella stessa opera. Semplicità e Complessità Abbiamo più volte evidenziato che il sistema visivo segmenta la scena visiva in base a leggi che tendono a favorire la “semplicità” dell’esito percettivo. Il costrutto di semplicità è però complesso in quanto la semplicità dipende: - dal numero di elementi costituenti l’oggetto; - dall’orientamento di assi, bisettrici, diagonali; - dall’orientamento di lati, contorni, margini; dai rapporti tra le parti; - dal rapporto tra le superfici ed il tutto. - dal rapporto tra l’oggetto e il fruitore. Appare evidente che una definizione operativa del costrutto di semplicità non è facile; quindi è complessa. Il costrutto di complessità è invece paradossalmente semplice da definire: è complesso ciò che non è semplice, ovvero ciò che è costituito da molti elementi, da numerosi rapporti, da dinamiche che sfuggono all’equilibrio, ecc. Quindi, dato che non esiste una definizione operativa universalmente valida con cui identificare il costrutto di Psicologia dell’arte >Freud: utilizza le opere per confermare la sua tesi >Arnheim: = sopra L’approccio all’arte è stato superficiale e frammentario; la psicologia non ha contribuito a chiarire l'arte b. Freud ha cercato nell’arte delle conferme al presupposto che le forze motrici che la attivano sono gli stessi conflitti che spingono altri individui alla nevrosi. Per fare ciò ha utilizzato le opere d’arte alla stregua di sogno o di lapsus, con cui inferire tratti della personalità dell’artista. c. Arnheim, titolare di una teoria forte e convincente sulla percezione, è andato a verificare come le opere d’arte visiva confermassero e adeguatamente rispecchiassero quella teoria. Tutti hanno trovato le conferme che cercavano. Non hanno preso in considerazione, se non di sfuggita, le modalità con cui dovrebbe essere affrontato il problema arte dalla psicologia. Crozier e Chapman hanno sostenuto che ci sono due ragioni di insoddisfazione nei riguardi di quanto è stato fatto finora. La prima condivide il pessimismo circa il valore euristico dell’approccio psicologico all’arte, soprattutto perché il metodo scientifico e le grossolane categorizzazioni della psicologia non sarebbero appropriati per lo studio di molti processi che sono alla base della percezione dell’arte. La seconda è che la psicologia, nel suo primo secolo di vita, si è presentata come una disciplina composita, caratterizzata dalla presenza di numerose scuole sempre in polemica fra loro, per cui molti fenomeni artistici sono stati esaminati selettivamente e assimilati alle teorie che venivano evocate per interpretarli. La conseguenza è una segmentazione che ha inibito investigazioni più ampie e sistematiche. È derivato un approccio all’arte superficiale e frammentario per cui i contributi della psicologia dell’arte rivelano molto di più il lavoro dell’investigazione psicologica di quanto non contribuiscano a chiarire il fenomeno dell’arte. → Cap.7 Massironi NEUROESTETICA Zeki → fondatore della Neuroestetica - Arte è un’attività umana, quindi dipende e obbedisce al cervello Tesi (presenti nel 1°cap. del libro di Zeki): 1° per comprendere l’arte, bisogna conoscere il cervello 2° Arte e Cervello hanno una funzione comune (acquisizione di conoscenza) 3° l’arte riflette la capacità di astrazione (arte è astrazione e rappresentazione) 4° arte è la rappresentazione su tela degli ideali formati dal cervello Semir Zeki è il padre fondatore della neuroestetica. Zeki si chiede cosa sia l’arte, perché è una presenza così cospicua in tutte le società e perché le diamo così tanto valore. L’argomento è stato discusso a lungo senza giungere ad alcuna conclusione soddisfacente. L’arte è un’attività umana e, come tutte le attività umane, incluse la moralità, la legge e la religione, dipende e obbedisce alle leggi del cervello. Le tesi qui presentate sono sono tratte dal primo capitolo del libro di Semir Zeki, La visione dall'interno Arte e cervello: ➢ Tesi 1: Per comprendere il fenomeno “arte” bisogna conoscere il funzionamento del cervello, perché come qualsiasi altra attività umana, anche l’arte dipende e obbedisce alle leggi del cervello. La tesi è forte e su alcuni punti è indubbiamente inattaccabile. Il problema però è comprendere se l’identificazione dei correlati neurali esaurisce la spiegazione di un qualsiasi fenomeno cognitivo. È il problema mente-corpo: la mente si dissolve interamente nel cervello (corpo)? Cioè: per comprendere come funziona la mente (la psiche) è sufficiente conoscere come funziona il cervello? Il comportamento umano modula la plasticità della rete neurale, e il comportamento è a sua volta governato dal cervello, sulla base però dell’interpretazione dei dati in ingresso che è operazione mentale, compiuta tramite il cervello. Modificato di Kanzisa: due risultati percettivi differenti, sono io che modulo la percezione di ciò che vedo attivando un programma nel cervello. ➢ Tesi 2: Arte e cervello hanno una funzione comune: acquisizione di conoscenza. La funzione dell’arte è dunque un’estensione della funzione del cervello (punto fondamentale di Teki). Questa tesi pone 2 problemi su cui vale la pena riflettere: 1. La funzione dell’arte è in modo inequivocabile sempre quello di acquisire conoscenza? Tutte le arti hanno come scopo ultimo incrementare la conoscenza dell’uomo? 2. Che tipo di conoscenza può essere fornita dall’arte? Cosa ha in comune e quanto è diversa questa conoscenza da quella fornita dalla ricerca scientifica? Psicologia dell’arte 5° l’artista è un neuroscienziato (comprende in modo istintivo il cervello) Problemi: > l’esperienza estetico-artistica è + complessa dell’esperienza del bello > insistenza sull'istintività dell’artista→ l’arte vera non è mai istintiva (c’è sempre un concetto, un’idea dell’artista) La forma è una componente fondamentale del contenuto Arte come estensione del cervello. La funzione dell’arte è piuttosto variegata e fluida. Una delle funzioni di cui poco si parla è che l’arte “intrattiene”, dona piacere al fruitore. Una delle funzioni peculiari dell’arte è quello di stimolare l’intelletto, fornendo quindi un piacere ed una esperienza estetica che si estende ben oltre il semplice, ma potente, piacere fornito dal bello. Infine, attraverso la lettura di un giornale una persona indubbiamente può acquisire conoscenza. Anche attraverso la lettura di un romanzo uno può acquisire conoscenza, ma la funzione del romanzo non è quello di incrementare la nostra conoscenza del mondo, bensì quello di calarci in un mondo non nostro che però agisce sulla nostra coscienza (se il romanzo funziona). ➢ Tesi 3: L’arte riflette la capacità di astrazione che è caratteristica di ogni sistema efficiente di acquisizione di conoscenza. Non si parla di arte astratta, ma della capacità di cogliere sovrastrutture, di usare elementi e conferirgli un significato preciso da inserire nell’opera. L’arte rappresenta quindi forme ideali, “astratti” dalla realtà̀. (idea platonica) dunque tutta l’arte è astrazione e rappresentazione. Tuttavia se consideriamo il dipinto “matrimonio Amolfini” di Jan Van Eyc, l’astrazione simbolica e l’imminenza del momento (non astratto per definizione), sono simultaneamente presenti nell’opera, c’è la rappresentazione del momento nonostante il simbolismo. Allo stesso modo anche nel dipinto di Monet “cattedrale do rouen” si ritrova l’elemento dell’immediatezza con cui ha colto i diversi momenti della luce che illumina l’edificio. Anche nel “dinamismo di un cane al guinzaglio” di Balla è difficile parlare di astrazione, di un momento astratto. ➢ Tesi 4: La conseguenza del processo di astrazione è la creazione di concetti e ideali. L’arte è la traduzione su tela di questi ideali formati dal cervello. Dobbiamo riflettere criticamente sulla seguente domanda: l’arte coincide con la rappresentazione di concetti ideali, ovvero universalmente riconosciuti e accettati? Ogni civiltà̀ ha definito in modo più o meno esplicito i canoni della bellezza, tramite cui si possono fare confronti. Ma come si traduce la bruttezza “ideale”? Come si determina il grottesco perfetto? Il “brutto”, che è una deviazione dal cammino verso il bello, è comunque una categoria insistente sull’esperienza estetica. Come lo so idealizza? ➢ Tesi 5: L’artista è un neuroscienziato in quanto comprende in modo istintivo il funzionamento del cervello per quanto concerne le componenti comuni dell’organizzazione visiva ed emotiva. Ne segue che il perché e il come le creazioni artistiche suscitano un’esperienza estetica può essere intesa pienamente soltanto in termini neurali. A prescindere da un feroce neuroriduzionismo, il problema qui è che si è dato per scontato il significato di esperienza estetica, tra l'altro facendola coincidere spesso con l'esperienza del bello, quando l'esperienza estetico-artistica è ben più complessa. Questa linea di pensiero conduce nuovamente l’estetica sperimentale a considerare soltanto casi limite, a porre barriere piuttosto rigide nei confronti dell’arte, definendo ciò che funziona sul piano estetico da ciò che non funziona. Nel suo libro Zeki afferma, per esempio, che il cubismo è stato un fallimento perché ha operato delle scelte formali non basate sul modo di funzionamento del cervello. L'affermazione ha del ridicolo… Un altro punto debole, reminiscente di un’idea ‘romantica’ dell’arte e dell’artista, è l’insistere sul carattere istintivo dell’artista, come se l’artista non avesse piena consapevolezza dei propri mezzi e del proprio operato. L’artista avrebbe delle abilità, ma per lo più opererebbe in modo inconscio. Noi usiamo il termine “arte concettuale” per definire un certo tipo di arte visiva. E tuttavia, non si dà alcun prodotto artistico che non sia infine anche un’opera concettuale. La forma, in arte, è anche una componente fondamentale del contenuto. In tale senso l’arte vera non è mai istintiva, ma premeditata, anche quando si avvale dell’improvvisazione. C’è sempre un concetto, un’idea propria dell’artista. Psicologia dell’arte Riassunto: 1. capisco il cervello capisco l’arte 2. arte e cervello stessa funzione = coscienza 3. arte rappresenta forme ideali, è astrazione 4. arte veicola, rappresenta, strumento concetti e ideali del cervello 5. artista = neuro scienziato, è il cervello che opera, è inconscio il processo, non ha valore l’artista > è istintivo→ NO l’arte è un processo premeditato. → Cap.8 Massironi ORIGINI DELL’ARTE Arte come re-interpretazione → Quando guardiamo opere d’arte, re-interpretiamo la materia in funzione della forma che ha assunto Leon Battista Alberti → sostiene l’arte come re-interpretazione, partendo dalla materia si creano immagini somiglianti Pareidolia→ fenomeno automatico di organizzare il campo visivo che dà luogo alla percezione di raffigurazioni di oggetti; è un derivato dell’immagine somigliante; si vuole riconoscere nella configurazione causale di uno stimolo un significato + profondo Come nasce l’arte? Quando inizia? Quando l’uomo sente questo desiderio di rappresentare qualcosa? Arte come re-interpretazione Quando guardiamo risultati artistici, la materia di cui sono costituiti non esiste più come entità autonome, è diventata un’altra cosa. Di fatto reinterpretiamo la materia in funzione della forma che ha assunto. Questa capacità specialmente umana di vedere in una cosa l’aspetto e le fattezze di un’altra anche se il materiale di cui è costituita è diverso, sta all’origine della produzione artistica, ed è probabilmente questo ciò che i greci chiamavano mimesis. Si può ritenere che l’arte sia nata quando l’uomo ha cominciato a utilizzare esplicitamente la facoltà di reinterpretare la natura. Il problema delle origini dell’arte è già posto dai grandi del rinascimento. Una risposta la offre Leon Battista Alberti con un concetto che lui chiama immagini somiglianti. “Le arti di coloro che cercarono di tradurre nell’opera propria figure ed immagini somiglianti a corpi generati dalla natura, penso che abbiano avuto questa origine. Essi forse qualche volta videro in un tronco o in una zolla o in altre cose inanimate di tal genere alcuni tratti che, con pochi cambiamenti, potevano rappresentare qualcosa di molto simile agli aspetti reali della natura. Allora, rendendosene conto ed esaminandoli, diligentemente cominciarono a fare dei tentativi, se mai potessero aggiungervi o togliervi qualcosa e darvi quei tocchi finali che parevano mancare per cogliere ed esprimere completamente il vero aspetto di un’immagine. Così, correggendovi e rifinendovi linee e superfici secondo i suggerimenti della cosa stessa, raggiunsero il loro proposito, di certo non senza piacere. Né meraviglia che, movendo di qui, l’applicazione e lo studio umani s’esercitassero di giorno in giorno nell’esprimere somiglianze fino al punto che, anche quando nella materia a disposizione non scorgevano alcun aiuto di somiglianze allo stato di abbozzo, poterono ugualmente ricavarne la figura che volevano.” Leon Battista Alberti sostiene il concetto di arte come re-interpretazione, partendo dalla materia si creano immagini somiglianti. Anche Leonardo da Vinci sostiene la stessa posizione e in particolare l’osservazione di ciò che lo circonda: dobbiamo riconoscere l’opera, ciò che vogliamo rappresentare perché significa disegnare con gli occhi. La pareidolia è definita in diversi modi: come “un processo automatico della mente”, “una tendenza subconscia”, “un’illusione subconscia”, una tendenza soggettiva, ecc. In pratica si tratta di un fenomeno normale e automatico di organizzazione del campo visivo che dà luogo alla percezione di raffigurazioni di oggetti, cui è aggiunta una volontà associativa-riconoscitiva conscia e proiettiva che attribuisce un significato particolare alla rappresentazione riconosciuta e che può essere regolata da diversi fattori psicologici: emozioni (es. paura, desiderio), bisogni trascendentali (fede religiosa), auto intrattenimento (riconoscere nelle nuvole forme precise). Se l'immagine somigliante è all'origine dell'arte, come argomenta l'Alberti, la pareidolia è un derivato dell'immagine somigliante, in cui si vuole riconoscere, identificare o semplicemente vedere nella configurazione casuale dello stimolo un significato più profondo, una presenza, un segno. Anche quando lo stimolo è ambiguo, il sistema visivo, in automatico, cerca di organizzare i dati in modo da segregare potenziali figure (entità Psicologia dell’arte *Gibson elaborò la Teoria ecologica della percezione visiva e coniò il termine di Percezione Pittorica → abilità di vedere oggetti/scene che però non sono i corrispettivi fisici degli oggetti/scene raffigurate. Vediamo oggetti/scene tridimensionali su una struttura bidimensionale (es. schermo). Per la T. Ecologica, l’esperienza passata è trascurabile Degli oggetti/scene percepiamo qualità: - fisiche (primarie) - fenomeniche (secondarie) - espressive (terziarie) ossia di carattere emotivo ★ Teoria Ecologica ★ Teoria di Gibson (sapere che è Gibson che parla di percezione pittorica) ★ Cosa si intende con Percezione Pittorica? Immagini somiglianti e pareidolie sembrano richiamare una nozione che è di derivazione gibsoniana, cioè della teoria ecologica della percezione visiva di cui era padre James J. Gibson che ha coniato il termine → Percezione Pittorica La percezione pittorica è quella abilità di vedere oggetti e scene derivanti da condizioni di stimolazione che però non sono i corrispettivi fisici degli oggetti e delle scene raffigurate. È qualsiasi immagine pittorica, dove per immagine pittorica si intende il disegno, la pittura, la fotografia e tutto ciò che appare sullo schermo del computer sono immagini di natura pittorica. Cioè, noi vediamo delle scene tridimensionali su una struttura che è tendenzialmente bidimensionale. Lo psicologo american James J. Gibson, che coniò il termine, parlò di un rapporto conflittuale a livello percettivo tra la natura propriamente fisica di un’immagine (per es. la materiale piattezza del supporto) e ciò che dentro di essa si è in grado di vedere. Egli ha definito questo rapporto come un paradosso. Il ruolo dell’esperienza passata E’ fondamentale per: - Strutturalismo (informa su come vanno interpretate le sensazioni elementari) - Comportamentismo (il ruolo dell’apprendimento nelle elaborazioni sensoriali) - Cognitivismo (il ruolo dei processi di giudizio e di inferenza inconscia nella formazione delle esperienze percettive) E’ trascurabile per: - Psicologia della Gestalt (Il sistema visivo funzionerebbe secondo principi deterministici diversi da quelli che governano altre funzioni cognitive) - Teoria Ecologica (scopo del sistema visivo sarebbe quello di registrare informazione visiva già perfettamente strutturata nella luce). Vuol dire che l’esperienza passata non solo è trascurabile, è praticamente nulla. Tranne nel caso della percezione pittorica. Le qualità espressive Degli oggetti e degli eventi che percepiamo siamo certi di cogliere la forma, ma anche la dimensione, la posizione nello spazio rispetto a noi e agli altri oggetti; inoltre vediamo la forma della loro traiettoria, qualora siano in movimento, e molte altre cose ancora. Abbiamo la capacità di percepire le qualità espressive. Ogni oggetto trasmette a chi lo osserva anche delle informazioni di carattere emotivo. L’espressività non è presente solo in manifestazioni teatrali e caricate (posizione del mendicante che chiede l’elemosina), ma è un dato che costituisce una componente di base di ogni atto percettivo. Non si tratta di mere valutazioni soggettive, riflessi di sentimenti individuali e diversi per ogni osservatore. Sono risultati molto omogenei che mettono in luce un alto accordo fra gli individui. Ciò suggerisce che siano il prodotto di processi adattivamente utili e perciò geneticamente conservati. Non si tratta solo di vibrazioni emotive occasionali, ma piuttosto del contributo delle emozioni all’attività cognitiva sul versante della percezione. Le qualità espressive sono anche definite terziarie, perché riguardano un terzo livello di informazione che siamo in grado di cogliere in ogni scena che osserviamo accanto alle qualità primarie (caratteristiche fisiche, appaiono completamente oggettive o reali, misurabili e indipendenti dal soggetto) e alle qualità secondarie (caratteristiche fenomeniche, si rivelano per effetto del contatto con il soggetto senziente e i suoi organi di senso). La versione gestaltista parla di tre specie di qualità gestaltiche: Psicologia dell’arte Michotte→ studia la causalità fenomenica - rileva che tra forme in movimento si instaurano relazioni di dipendenza causale che vedono tutti allo stesso modo - Movimento ha un ruolo fondamentale per cogliere le relazioni di causalità - Vediamo le relazioni di causalità perché vediamo che qualcosa ha modificato uno stato precedente→ ci appaiono complete forme di cui solo una parte vediamo - La causalità fenomenica implica la percezione del movimento e questo implica una componente temporale Leyton→ il tempo è visibile nella forma degli oggetti - l'Asimmetria è il veicolo visivo dell’info temporale; è la memoria che i processi lasciano sugli oggetti (la simmetria è l’assenza di processi in memoria) - è possibile cogliere la storia solo se i processi hanno lasciato memoria di sé 1) La struttura, o ossatura, propria degli insiemi ordinati e organizzati che presentano forma spaziale o struttura figurale. 2) Qualità e caratteristiche globali. Le qualità del materiale di cui sono fatte le cose. 3) Il modo-di-essere, nel senso generale in cui la moderna teoria dell’espressività usa questa parola, non soltanto per ciò che è vivente, ma per tutto l'incontro. Le qualità di questo gruppo vengono definite terziarie. Michotte e il movimento Michotte fu il primo psicologo a studiare con sistematicità la causalità fenomenica, rivelando che tra le forme in movimento si instaurano con inattesa facilità relazioni reciproche di dipendenza causale che tutti vedono allo stesso modo. Il modo in cui si svolgono gli eventi cinetici costituisce una fonte di informazione importante per la comprensione degli stati emotivi e per l’interpretazione delle azioni altrui. Michotte dice: “sembra ragionevole ammettere, fino a prova contraria, che la causalità fenomenica, in senso stretto, è appannaggio del campo dei movimenti”. Queste conclusioni mettono in evidenza il ruolo fondamentale che gioca il movimento nel prodursi del fenomeno. È infatti sufficiente che se ne vedano gli effetti (movimento rappresentato e non reale) perché si colgano chiaramente le relazioni di causalità. È prassi normale dei pittori e dei disegnatori, in modo particolare i disegnatori di fumetti, dar vita alle azioni dei loro soggetti sfruttando le condizioni che favoriscono la percezione di relazioni di causalità fenomenica tra gli elementi della scena. Non è che vediamo relazioni di causalità perché conosciamo gli oggetti e sappiamo come vanno le cose nel mondo. Non rileviamo la causalità fenomenica grazie alla nostra esperienza passata. In una scena statica si possono instaurare delle relazioni di causalità fenomenica tra le figure disegnate (non importa se significative o prive di significato), quando in una struttura complessivamente regolare sia presenta una zona circoscritta di irregolarità. Se vicino all’irregolarità è presente inoltre una figura con una forma funzionalmente adatta a produrre la deformazione, essa apparirà essere l’elemento attivo. Il reciproco è anche vero; infatti se una struttura complessivamente disomogenea e irregolare appare regolarizzata in una sua limitata porzione, quella regolarizzazione è vista come prodotta da un agente causale che ha messo ordine. La causalità fenomenica implica sempre la percezione del movimento, non importa se reale o solo raffigurato, e il movimento implica a sua volta una componente temporale. Gli eventi cinematici comprendono sempre un prima e un dopo che fluiscono l’uno nell’altro nel momento in cui li osservo e per tutto il tempo che li osservo. Anche in condizioni statiche che rappresentano casi di causalità fenomenica, vediamo un agente. Vediamo la relazione di causalità proprio perché vediamo che qualcosa ha modificato uno stato di cose precedenti che siamo ancora in grado di percepire. Si tratta di una forma di completamento amodale temporale invece che spaziale (processo, il più delle volte inconsapevole e automatico, grazie al quale ci appaiono complete forme o oggetti di cui solo una parte è presente nella modalità sensoriale). Leyton e la percezione visiva del tempo Leyton sostiene che il tempo sia, almeno in certi casi, visivamente percepibile già nella forma degli oggetti e su questa base ha costruito una teoria secondo la quale l’asimmetria sarebbe il veicolo visivo dell’informazione temporale. I punti cardine di questa teoria sono: - La forma di un oggetto ci dice qualcosa della sua storia. Oltre a vedere la forma degli oggetti vediamo anche i processi che l’hanno portata a essere così come appare. La forma funziona come una finestra sul passato. - È possibile cogliere i processi che una data forma ha subito solo se quei processi hanno lasciato memoria di sé. Psicologia dell’arte - l'asimmetria subentra a una precedente simmetria *Gibson → Teoria Ecologica della percezione - il sistema visivo→ rileva strutture già organizzate in forma di info ottica che viaggia nella luce; registra le caratteristiche invarianti dell’oggetto - grazie alla continua variabilità del flusso ottico emergono i rapporti invarianti - la luce riflessa degli oggetti arriva agli occhi come un fascio di angoli solidi strutturati e ordinati in quello che Gibson chiama “assetto ottico” - Affordances (=consentibilità) sono le caratteristiche dell’oggetto in - La proprietà che caratterizza tutte le situazioni di memoria percepita è l’asimmetria. L’asimmetria è la memoria che i processi lasciano sugli oggetti, da cui discende che la simmetria è l’assenza di processi di memoria. L’asimmetria nel presente è vista come originata da una passata simmetria. Il processo va dalla simmetria all’asimmetria e non viceversa. Leyton sostiene che l’informazione utilizzata dall’attività percettiva per ricavare la storia delle forme è l’asimmetria subentrata a una precedente e costante simmetria. Massironi ritiene che tale informazione sia convogliata dalla disomogeneità fra le caratteristiche dell’intera struttura e quella di una sua parte. Fra queste due posizioni c’è accordo sul fatto che la forma degli oggetti convoglia anche informazioni sul loro passato e la loro storia. Teoria Ecologica della percezione di Gibson Gibson è lo studioso che più sistematicamente ha cercato di spiegare in cosa consiste l’informazione sulle qualità terziarie e come funzionino i meccanismi preposti alla loro raccolta ed elaborazione. Secondo James Gibson, il compito del sistema visivo è quello di rilevare strutture che sono già perfettamente organizzate in forma di informazione ottica che viaggia nella luce. In altre parole, la stimolazione prossimale (cioè quello che accade a livello di retina) conterebbe in sé tutta l’informazione necessaria, già strutturata, che deve essere soltanto registrata dal sistema visivo senza ulteriori elaborazioni. Ciò che il sistema visivo rileva e registra sono le caratteristiche invarianti dell'oggetto fisico, le quali emergono in funzione della variabilità del flusso ottico. Perché la stimolazione prossimale, il flusso ottico che arriva alla luce varia di continuo ed è grazie alla variabilità di flusso ottico che emergono quelle strutture, i rapporti invarianti. Per vedere che una cosa è invariante, altre cose nella scena devono cambiare. Altrimenti se nulla cambia non si può vedere che c’è un invariante di struttura. Se l’informazione relativa alle caratteristiche fisiche degli oggetti viene convogliata dagli invarianti percettivi del flusso ottico, diventa un problema stabilire in quale maniera lo stesso meccanismo riesca a veicolare le qualità espressive. In questa immagine tratta dal libro di Gibson The Ecological Approach to Visual Perception si vede come cambiano le proiezioni in base alla posizione dell’osservatore. Secondo questo approccio teorico, la luce che viaggia verso l’occhio possiede una struttura che le deriva dall’azione di riflessione degli oggetti fisici. È una struttura che subisce continue variazioni sia a causa del movimento di cui sono suscettibili gli oggetti stessi nella scena, sia a causa dei movimenti continui dell’osservatore. Queste variazioni sono essenziali, perché è per mezzo di esse che emergono le invarianti di struttura. Le invarianti di struttura sono senza nome e senza forma: difatti, esse sono meglio descrivibili in termini di rapporti tra gli elementi costitutivi degli stimoli. Sono senza nome e senza forma perché sono dei rapporti. In tale ottica, il rapporto aureo, sempre identico a se stesso, sarebbe l’invariante di struttura sottostante la percezione di bellezza. La teoria ecologica della percezione sostiene che la luce riflessa dagli oggetti arriva agli occhi dell’osservatore come un fascio di angoli solidi ben strutturati e ordinati in quello che Gibson chiama “assetto ottico”. Quando l’oggetto sotto osservazione (o l’osservatore) si muove, le ampiezze degli angoli formati dai raggi visivi si modificano in modo sistematico, conservando invariate alcune relazioni. L’attività percettiva sarebbe in grado di utilizzare gli aspetti invarianti nel flusso ottico come informazioni sulle caratteristiche dell’ambiente in cui gli uomini o gli animali vivono. Gibson definisce affordances (tradotto con consentibilità. L’aria consente la respirazione, l’acqua no ma consente il bere...) le caratteristiche dell’osservato in base alle quali siamo Psicologia dell’arte Vicario→Mascheramento= stimolo che viene reso non identificabile del tutto o in parte - NON è un processo ma è una possibile conseguenza di processi - è un particolare fenomeno per cui un oggetto (riconosciuto come tale nella sua integrità), non appare visibile quando è in un set di stimoli visivi che lo ingloba Quindi → è possibile recuperare l’identità strutturale dell’oggetto mascherato modo, associando la forma costituita da segmenti rettilinei e angoli acuti alla parola TAKETE e la forma rotondeggiante alla parola MALUMA. L’interpretazione dell’accordo fra le persone è semplice e chiara se si fa appello alle qualità espressive e se si tiene conto del fatto che una stessa qualità espressiva può manifestarsi in differenti modalità sensoriali. Il punto debole di questa dimostrazione è che si tratta di un caso unico ed estremo. Siamo di fronte a una condizione del tipo tutto/niente. Una volta scoperto il meccanismo si potrebbe pensare che sia possibile, dopo aver scelto alcune parole senza significato, disegnare le forme che naturalmente vi si associano. Sarebbe come se le relazioni semantiche fra parole e oggetti visivi non fossero arbitrarie. È così solo parzialmente. Scelte alcune figure costruite di tratti rettilinei e curvilinei, non è possibile trovare delle parole senza senso il cui suono rispecchi unicamente quella, e solo quella, forma disegnata. Vuol dire che non c’è una regola di corrispondenza stretta e modulabile fra suoni di parole non significative e configurazioni grafiche anch’esse non significative. Una verifica di questo dato si ricava dalla trasformazione sistematica delle due parole TAKETE e MALUMA l’una nell’altra TAKETE MALUMA MAKETE TALUMA MALETE TAKUMA MALUTE TAKEMA MALUME TAKETA MALUMA TAKETE Parallelamente si ricavano 4 configurazioni intermedie tra le forme. Fra parole e configurazioni grafiche non si instaura più quel tipo di attrazione magnetica che connette la parola TAKETE e la parola MALUMA con le relative figure. La mancata corrispondenza fra lo strutturarsi di segni grafici in figure astratte e il suono di parole senza senso indica che si tratta di fenomeni globalmente unitari che non possono essere smontati, il che vuol dire che le corrispondenze si instaurano a livello di strutture organizzative e non a livello delle loro componenti costitutive elementari. Nel momento in cui si smontano la configurazione visiva e la parola corrispondente, il loro rapporto espressivo viene meno. Questo fatto dice che le qualità espressive sono delle componenti intrinsecamente connesse alla forma complessiva degli oggetti. Ma non è una spiegazione, è solo una constatazione. Reinterpretazione e qualità espressive costituiscono due momenti dell’attività artistica. Leon Battista Alberti già ne parlava. Il controllo e l’utilizzazione delle qualità espressive erano già contemplati nelle regole di pittura dei trattatisti del 500. Si tratta di processi decisamente psicologici e in chiave principalmente psicologica sono stati presentati. Potrebbe essere un ambito di studio in cui arte e psicologia convergono. Il fenomeno del Mascheramento Vicario dà la seguente definizione per l’uso del termine mascheramento nello studio dei fatti percettivi: “Si dà il nome di mascheramento ad ogni processo in cui uno stimolo, identificabile o riconoscibile (...), viene reso del tutto o parzialmente non identificabile o non riconoscibile per mezzo di un altro stimolo”. Per prima cosa, la definizione va aggiustata. Dalla definizione di Vicario, infatti, si potrebbe cadere nell’errore di pensare al mascheramento come a un particolare processo del sistema visivo. Le cose stanno in altri termini: il mascheramento non è un processo, bensì è una possibile conseguenza di certi processi di articolazione del campo visivo (unificazione e segmentazione secondo i principi di Wertheimer, segmentazione figura-sfondo, ecc.). Il mascheramento è un risultato percettivo, non è un processo che si può nominare mascheramento. Tuttavia, sempre Vicario riporta un principio rilevante enunciato da Kanizsa: può essere mascherato soltanto ciò che può essere smascherato. Ha senso parlare di mascheramento nel momento in cui poi in qualche modo si riesce a recuperare la struttura originaria dell’oggetto. Considerando l’obiezione iniziale alla Psicologia dell’arte Mimetismo animale = caso di mascheramento con lo scopo di nascondersi da nemici definizione di Vicario, e il principio di Kanizsa, possiamo giungere ad una nuova, e si spera migliore, definizione del termine mascheramento: Con il termine mascheramento si vuole indicare quel particolare fenomeno (non processo) per cui un oggetto, che sarebbe riconosciuto come tale nella sua unità ed integrità se osservato in “isolamento”, non appare invece visibile quando è compreso in un set di stimoli tali da indurre il sistema visivo a smembrare e/o inglobare l’unità originaria dell’oggetto stesso in nuove unità percettive. La nuova definizione, anche se più complessa, ha il vantaggio di delimitare il fenomeno, in quanto l’oggetto mascherato deve innanzitutto possedere una propria identità strutturale a livello percettivo, che in quanto tale deve poter essere recuperato sempre. Se l’operazione di recupero visivo è possibile solo in seguito ad un grosso sforzo cognitivo, allora non siamo di fronte ad un fenomeno di mascheramento, ma a una sorta di errore dello stimolo, in cui il fenomenologo dice che l’oggetto in questione è mascherato, quando in realtà l’oggetto in questione esiste come unità soltanto a livello cognitivo, ovvero nella mente del fenomenologo. La cosa interessante riguardo al mascheramento sta nell’osservare che il sistema visivo procede ad una organizzazione automatica dell’informazione visiva derivante dagli stimoli, usando in modo dinamico principi quali la buona continuazione, la somiglianza, l’avvicinamento, insomma quegli stessi principi che garantiscono una segmentazione appropriata del campo visivo in unità discrete dotate di proprie caratteristiche figurali. Il mascheramento è qualcosa di interessante perché si basa sulle stesse leggi su cui si basa la segmentazione del campo, che ci permette di distinguere gli oggetti presenti nella scena visiva. Gli animali si sono evoluti in modo da sfruttare la loro livrea(=insieme dei colori) per nascondersi, il più delle volte, da possibili predatori ma anche da prede per rendere più agevole la caccia. I casi più spettacolari di mascheramento sono il mimetismo animale e il camouflage o camuffamento militare. In entrambi i casi lo scopo è quello di nascondersi agli occhi di un potenziale predatore o nemico, per mezzo di una integrazione mimetica con l’ambiente circostante. In tal modo, infatti, vi è una certa probabilità di passare inosservati in quanto scambiati come parte dell’ambiente (sfondo) o come parte di un oggetto poco interessante sul piano alimentare (per esempio essere scambiati per una foglia, ramo o, un sasso). Lo scopo a livello ecologico del mascheramento è passare inosservati a meno che non ci si muova. La caratteristica delle immagini somiglianti è che mentre parti di una roccia, la trama tessiturale della corteccia di un albero, una serie di macchie casuali su un muro, ecc., possono dar luogo al riconoscimento di pattern significativi (come visi, animali, paesaggi), visi e animali non possono essere visti in altro modo. Esistono però i fenomeni di mimetismo animale e di camouflage. In tali casi tuttavia l’animale o l’oggetto non è soltanto visto come altro da sé, ma scompare proprio dalla vista. Al contrario di una roccia somigliante, che invece può mostrare altro pur mostrando sempre di essere una roccia. Reinterpretazione Reinterpretazione: ● per Finke → processo di alto livello: reinterpretazione intesa come manipolazione delle immagini mentali ● per Neisser → processo di basso livello: reinterpretazione intesa come riorganizzazione di ciò che osserviamo Il significato che attribuiamo al termine reinterpretazione è alla base di quella attività cognitiva che Neisser definisce “andare al di là dell’informazione data”. Nell’accezione di Neisser si tratta di un processo automatico e di basso livello, per effetto del quale ciò che stiamo osservando muta e si organizza in modi diversi, come avviene nel caso delle figure bistabili. Psicologia dell’arte Noi utilizziamo il termine reinterpretazione sia nell’accezione di Finke, che si riferisce a processi di alto livello, sia nei termini di Neisser per finire processi di basso livello. Ogni prodotto artistico è il risultato di un qualche tipo di reinterpretazione. → Cap.9 Massironi VEROSIMIGLIANZA Le immagini hanno il potere di presentarsi con caratteristiche visive di altri oggetti, ossia di disponibilità metamorfica (mimesi→ imitazione→ verosimiglianza*) *→ caratteristica di ciò che è simile o conforme al vero L’arte nasce con l’idea di rappresentare il reale (all’inizio fedelmente poi di andare oltre, superandola) Arte figurativa: rappresentare nel modo + realistico possibile ciò che esiste e non. Mondo come arte-fatto (sostituzione mondo naturale con uno artificiale): - L’arte ha il compito di sostituire le imperfezioni della natura con la bellezza; tende alla perfezione - La natura è portatrice di perfezione ma è squilibrata perciò va superata e corretta - L’arte vede la natura come maestra ma la giudica Le immagini hanno il potere di presentarsi con le caratteristiche visive di altri oggetti di tutt’altra natura, materia, dimensioni. Il concetto che i Greci utilizzarono per parlare di questa disponibilità metamorfica fu quello di mimesi. In seguito nella cultura occidentale si è parlato di imitazione o di verosimiglianza. Lo scopo e l’utilizzazione delle immagini non è solo quello imitativo. Senza questa precisazione si potrebbe credere che le uniche immagini interessanti siano quelle che raffigurano qualche pezzo di realtà visibile e che l’unico scopo delle arti visive sia quello di ritrarre il mondo che ci circonda. Leon Battista Alberti raccontava l’inizio della produzione figurativa come scoperta, o incontro fortuito, con la possibilità di vedere prima, e di realizzare poi, la forma di oggetti in altri oggetti. Quasi sempre, inoltre, nei più importanti siti in cui l’arte delle caverne è conservata, accanto a raffigurazioni naturalistiche sono presenti immagini che non hanno niente a che fare con l’imitazione. Si può pensare che la geometria abbia avuto origine da questo tipo di disegni. L’ammirazione per le raffigurazioni naturalistiche di epoca preistorica è comprensibile e giustificata, da un punto di vista cognitivo le configurazioni di tipo astratto geometrizzante sono altrettanto interessanti. Esse costituiscono la testimonianza di un esercizio del vedere e del ragionare sulle forme che, senza nessuna preoccupazione di somiglianza, era di fatto mirato al controllo della superficie e dello spazio. La verosimiglianza è un problema che si coniuga con le origini dell’arte. In fondo l’arte nasce con l’idea di poter rappresentare il reale. Nasce l’esigenza di rappresentarlo, all’inizio, di rappresentarlo il più fedelmente possibile. Poi nascerà l’esigenza in fase post rinascimentale di andare oltre la verasomiglianza reale per correggere la natura e renderla ancora più bella e perfetta. Verosimiglianza→ Caratteristica di ciò che è simile o conforme al vero. > Tensione costante alla verosimiglianza nell’arte figurativa dai suoi albori(=inizi). La funzione è quello di rappresentare nel modo più “realistico” possibile ciò che realmente esiste, ma anche ciò che è frutto soltanto dell’immaginazione. È quello che si cerca anche in teatro o al cinema i film migliori sono quelli in cui non ci si accorge che gli attori stanno recitando. Questo vale per tutte le espressioni artistiche. > Tensioni alla verosimiglianza sono presenti anche nell’arte contemporanea, anche se in forme diverse da come inteso nella definizione classica. Tali tensioni caratterizzano inoltre altre forme di arte, dalla letteratura al cinema, dall’arte radiofonica al teatro. Il mondo come arte-fatto Un ponte su un fiume, un tempio su un colle, stravolgimento dell’ambiente naturale, sostituzione del mondo naturale con un mondo arti-ficiale. L’arte ha costruito da sempre la testa di ponte dell’artificiale, dell’artefatto nei confronti del naturale. La natura è sempre stata per gli artisti fonte di ispirazione dal momento che nelle sue forme nascondeva e palesava allo stesso tempo gli ingredienti della bellezza, come regolarità, proporzioni, simmetrie. Ma la natura esibiva, a chi la osserva con attenzione, anche approssimazioni, irregolarità, asimmetrie. L’arte si è allora assunta il compito di mettere ordine nel mondo, sostituendo le imperfezioni e le irregolarità naturali con la bellezza e le proporzioni che la natura stessa poteva solo suggerire. Si doveva porre attenzione al fatto che la natura, per un’intrinseca resistenza della materia, non poteva raggiungere, se non saltuariamente, quella perfezione a cui invece l’arte doveva sempre tendere. Dal momento che era stato raggiunto l’obiettivo di rappresentare fedelmente l’osservato, diventa possibile anche il cammino inverso, quello di sostituire la realtà con una figura Psicologia dell’arte superarla. Es. arte del manierismo e del bonsai. Distinzione tra imitazione e ritratto della natura: I: rappresentare ciò che si vede (con imperfezioni) R: rappresentare ciò che si dovrebbe vedere se il mondo fosse perfetto→ programma implicito dell’arte figurativa reso esplicito dall’arte del manierismo Viene ritratto il brutto idealizzandolo. Stile→ caratteristica formale costante che caratterizza la produzione artistica Rema in qualche modo contro alla verosimiglianza: La perfezione è lo stile dell’artista ma è come se l’artista annulla il proprio stile (lo stile toglie qualcosa alla verosimiglianza aggiungendo significato). imperfezioni, pur suggerendo all’osservatore la bellezza di proporzioni regolari e perfette. Compito dell’artista era quindi di rappresentare una natura perfetta, sostituendo le irregolarità e imperfezioni trovate in natura con regolarità e proporzioni ritenute ideali (come ad esempio l’uomo ideale è il doriforo di Policleto). In altre parole, l’arte figurativa mirava non tanto a imitare la natura, ma a superarla: il mondo rappresentato diventa luogo simbolico in cui la comunicazione era perseguita seguendo specifici canoni estetici. Questo riguarda soprattutto l’arte del manierismo, che viene dopo il rinascimento (i manieristi sono quelli che eseguono alla maniera dei grandi artisti che li hanno preceduti). Lavoravano attraverso specifici canoni estetici. L’arte del bonsai è un’altra arte in cui si cerca di superare la natura. Spesso gli artisti di Bonsai cercano di creare il tormento perfetto, cioè la rappresentazione della natura che sopravvive all’aggressione della natura stessa. Quindi questi pini tutti contorti che in realtà possono crescere così in natura se colpiti ad esempio costantemente dal vento che viene dalla costa, che tende a spogliare con la sabbia la corteccia. Si pone una distinzione tra imitazione e ritratto della natura: la prima deve rappresentare ciò che si vede, la seconda deve rappresentare ciò che si dovrebbe vedere se il mondo fosse perfetto. È questo il programma implicito dell’arte figurativa, reso esplicito dal manierismo in poi → Distinzione tra imitare la natura con tutte le sue imperfezioni oppure ritrarre la natura, cioè creare qualcosa di ideale. È esistito quindi un atteggiamento ambivalente dell’arte verso la natura, che se da un lato è maestra da imitare, dall’altro lato è dimensione da giudicare e superare, correggendo la sua apparenza laddove necessario. Non ci si deve però scordare che l’uomo imita la natura anche ritraendo il “brutto”, che in natura si sostanzia in proporzioni esagerate, irregolarità e asimmetrie. Anche qui l’arte, pur ispirandosi alla natura, sembra andare oltre, individuando e perfezionando prototipi. E inventano nuove forme nel rappresentare il brutto. Il mostruoso viene dalla combinazione di forme diverse. La possibilità è praticamente infinita nel creare il mostruoso idealizzandolo. Lo stile Lo stile è una caratteristica formale costante che caratterizza la produzione artistica di un artista, di una bottega, di un gruppo di artisti, di una scuola, di un determinato periodo storico, di un determinato luogo geografico. Spesso si possono incontrare opere in cui non c’è un autore vero, ma una bottega di un autore. Il problema dello stile si interseca con il problema della verosimiglianza, in quanto ne condiziona la resa. Lo stile caratterizza il segno figurativo, costituendosi come elemento che va oltre l’atto di imitare. La perfezione, l’imitazione reale così fotografica è lo stile dell’artista, ma allo stesso tempo è come se l’artista avesse annullato il proprio stile. Lo stile è qualcosa che quando lo si vede annulla, vanifica, toglie qualcosa alla verosimilitudine, aggiungendo altro, aggiungendo senso e significato. Lo stile in qualche modo si oppone alla verosimiglianza. Se devo imitare la natura non dovrei avere neanche un segno mio. Teoricamente parlando la migliore imitazione della natura è data dalla fotografia. Infatti, la fotografia segna una crisi profonda nell’arte figurativa di metà 800 perché al suo apparire sembra qualcosa di irraggiungibile. Poi col tempo si scoprirà che anche la fotografia è una questione di stile, cioè che lo sguardo del fotografo e la sua volontà di catturare certi dettagli piuttosto che altri, di mettere a fuoco certi contrasti cromatici o chiaroscuri, di giocare con le luci e post- produzioni che vanno a determinare lo stile del fotografo artista. Ovviamente, ogni epoca tende a vedere negli stili che le sono propri un superamento degli stili precedenti (anche il superamento delle mode, fa apparire quello che è precedente antiquato). Quindi in definitiva lo stile è qualcosa che rema contro la Psicologia dell’arte Esempio di confronto 2 stili diversi: Tiziano e Raffaello T: luce fluida che rimbalza sull’acqua; pathos non statico R: luce solidificata negli oggetti; pathos statico Per superare la natura, nei ritratti post mortem, si crea spesso un falso storico per commemorare la grandezza di un uomo. Nel ‘900 lo stile diventa il contenuto. verosimiglianza come motore, ma è fondamentale. Perché lo stile non solo rappresenta il segno di un artista, ma rappresenta il segno di una bottega, di un posto. Confrontando Tiziano e Raffaello si nota come sono diversi. Raffaello esce dalla cerchia di Urbino ma risente moltissimo dell’influenza del disegno toscano. Tiziano cresce in tutt’altra atmosfera, in un luogo dove la luce che rimbalza sull’acqua diventa un elemento fondamentale. In Raffaello abbiamo una concretezza di forme in cui la luce è solidificata sugli oggetti. In Tiziano la luce diventa fluida, le cromie diventano quasi trasparenti a causa della luce adottata in questo tipo di rappresentazione. Succede che cambia anche il pathos, cambia la portata psicologica delle due immagini. In Raffaello c’è un papa sicuro, che sta meditando su un passo con altri due personaggi, anche questi molto statici. In Tiziano c’è un gioco di sguardi molto particolare, c’è un papa che ha problemi con uno dei nipoti, c’è un altro nipote che guarda dall’esterno, quasi giudicasse o volesse dire qualcosa agli astanti. Sono due dimensioni psicologiche diverse, giocate su stili profondamente diversi, che non riguardano solo l’essere Raffaello o Tiziano, ma l’essere stato influenzato in Toscana, dove il disegno regna e essere stato influenzato dalla scuola veneta dove regna il colore. Problema della verosimiglianza e la storia Il programma dei manieristi era quello di superare la natura, e questo diventa un elemento interessante quando si considera il ritratto post mortem. > Ad esempio Pàolo III papa - Alessandro Farnese (Canino 1468 - Roma 1549). Papa dal 1534, il suo pontificato fu segnato soprattutto dalla reazione contro il protestantesimo. Approvò l'ordine dei gesuiti, costituì la Congregazione del Sant'uffizio (Inquisizione romana, 1542) e infine, nel dicembre 1545, convocò il concilio di Trento. Fu inoltre grande mecenate e incline al nepotismo. È visto come un eroe del cristianesimo, molto michelangiolesco nel dipinto post mortem. La posa, il fisico è massiccio, rispetto alle mani nervose del dipinto di Tiziano prima della morte. > Federico da Montefeltro: il naso occlude un bel po’ del campo visivo controlaterale all’occhio. Per un condottiero che ha perso un occhio durante una giostra, il naso può costituire un serio problema per il pieno monitoraggio del campo di battaglia. Il problema di Federico fu risolto attraverso un intervento chirurgico (uno dei primi interventi di chirurgia plastica di cui si ha notizia che non serve però per abbellire ma per risolvere un problema contingente vitale per Federico). Federico muore sul campo di battaglia. The iconographic fortune of Federico da Montefeltro (1422-1482) A Federico Barocci viene dato il programma di illustrare la vita giovanile di Federico da Montefeltro. Lo scopo probabilmente è dimostrare che Federico non è il mostro che si vede nei vari quadri ma che nasce con un bel bambino con un naso intatto e due occhi. Dipinti del 1607 di un bambino di due-tre anni che si dice è Federico da Montefeltro. Ben oltre il manierismo. Si crea un falso storico per commemorare la grandezza di un uomo. Non diverso da quello che viene fatto per Papa Paolo III. Attraverso i secoli, il naso diventa sempre più aquilino fino a che il difetto del naso sparisce del tutto in una stampa probabilmente ottocentesca. Gli artisti fino al 1800, hanno tentato di superare in “realismo” le rappresentazioni pittoriche e scultoree di coloro che li hanno preceduti. Lo stile diverrà vero oggetto di ricerca con le avanguardie del ‘900. Anzi, in molti casi lo stile soppianta il contenuto, che diviene solo l’occasione per un nuovo esercizio di stile. È lo stile che diviene il contenuto. Ad esempio, lo stile del cubismo, dove sappiamo cosa è rappresentato perché c’è un titolo. Esempio crocifissione Psicologia dell’arte Unicorno - capra con barbetta e un unico corno - rappresentava la verginità della ragazza che si sposa giovane con uno più anziano - è aggressivo e per catturarlo serve una fanciulla vergine (perchè purezza richiama purezza) Ma la capra non dà l’idea di purezza, quindi: - diventa un cavallo a rappresenta purezza È quasi forse una gara attraverso i secoli quella di rappresentare nel modo più fedele possibile, più verosimile possibile qualcosa a cui non si è mai assistito. È come ritrarre il giovane Federico da Montefeltro o fare apparire come un uomo potente un Papa che era secco, nervoso, consumato dal nepotismo. La verosimiglianza e l’unicorno Come sono fatti gli unicorni? Tutti riconoscono l’iconografia dell’unicorno come un cavallo con un corno al centro, come è rappresentato in tutti i film fantasy. È più “realistica” la versione con la barbetta, che ha una storia. La storia inizia con “La dame à la licorne”, un arazzo che mostra questo curioso animale con il corno. Si vede bene l’unicorno, che è una capra con un unico corno. Raffaello rappresenta questa capra con un unico corno nel ritratto “Dama con liocorno”. È un ritratto di quelli che servivano come documento prematrimoniale in un certo senso. Le ragazze di nobili famiglie andavano in sposa abbastanza giovani e spesso lo sposo era più anziano. Una delle condizioni matrimoniali era che la donna doveva essere vergine. Il liocorno sta a simboleggiare la verginità di questa giovane ragazza. Dal Phisiologus (testo a carattere enciclopedico volto a spiegare la natura secondo principi religiosi, versione latina risalente al VIII-IX sec; il testo trae spunto dal Physiologus in lingua greca, scritto tra il II e III secolo d.C.). L’unicorno, come si cattura? Il fisiologo dice che l'unicorno ha questa natura: è un animale molto piccolo, simile ad un capretto, alquanto aggressivo, ed ha un unico corno in mezzo alla fronte; nessun cacciatore è capace di catturarlo, ma con questa furbizia essi lo adescano: conducono una fanciulla vergine nel luogo dove egli si ferma, e la abbandonano sola nella foresta; lui, come vede la vergine, la abbraccia e si addormenta sul suo grembo e lì viene catturato dai suoi cacciatori e mostrato al palazzo del re. Così anche nostro Signore Gesù Cristo, come unicorno spirituale, scende nell'utero di una vergine, attraverso la sua carne ed è catturato dai Giudei e viene condannato a morte in croce, egli che si credeva sino a quel momento invisibile insieme con suo Padre. È un pezzo che riguarda tutto il sesso. L’unicorno è l’uomo. È molto aggressivo, come la sessualità maschile. Lo si cattura con una fanciulla vergine. È chiaro il richiamo della verginità nel quadro di Raffaello, con sguardo serio come doveva essere all’epoca. Quello di Raffaello è un ritratto che in qualche modo richiama la Mona Lisa, che ha però uno sguardo beffardo. L’espressione seria potrebbe indicare anche una condizione reale di una ragazzina costretta ad andare in matrimonio a qualcuno. Questo passaggio poi è stato col tempo tramutato a livello di significato simbolico. La vergine è colei che è pura. Se l’unicorno può essere catturato da una vergine è perché la purezza richiama purezza. Nonostante l’unicorno sia poi un animale fallico maschile. Ma la capra non è un animale che trasmette l’idea di nobiltà, di purezza e di coraggio. Quindi era necessario trasformare questo animale col tempo. La trasmutazione è avvenuta, l’animale è diventato sempre più grande. Dalla capretta piccola in braccio nel Raffaello, si ingrandisce e comincia ad assomigliare ad un cavallo. Alla fine diventerà un cavallo con un unico corno. Com’è avvenuto che l’unicorno da animale simile ad un capretto sia mutato nell’immaginario a un animale considerato molto più nobile come appunto il cavallo? L’animale diventa sempre più grande, meno simile a una capra, mantiene la barbetta e trasmuta lentamente in una forma di cavallo. Col tempo in rappresentazioni più vicine a noi perderà anche la barbetta e sarà semplicemente un cavallo con un corno al centro a rappresentare la purezza. Il potere dell’evocazione Psicologia dell’arte Metzger individua 5 significati per la parola “realtà”: 1. del mondo fisico (carattere metaempirico) 2. del m. fenomenico (realtà incontrata, immediata, fornita dai nostri sensi) 3. rappresentata (creata es. dall’immaginazione)→ vincolante ai fini della definizione di arte figurativa 4. del nulla (es. zero) 5. fenomenicamente apparente (es. sogno o specchio) Illusioni = fenomeni visivi; fatti incontrati / cognitivi. Esistono fino a quando non ci rendiamo conto, se ciò non avviene diventano parte della vita fenomenica. - Op Art: mov artistico, studio delle illusioni (causa effetto tra immagine e sguardo del fruitore) Altro artista spesso inserito tra gli esponenti dell’arte informale è Giuseppe Capogrossi (1900-1972). La sua arte però porta in primo piano l’arte decorativa, in cui elementi più o meno geometrici si ripetono definendo così nuove direttrici spaziali. Che cosa si intende con il termine “realtà”? Lo psicologo tedesco Wolfgang Metzger individua 5 significati per la parola realtà: 1. La realtà del mondo fisico, di cui si occupano appunto i fisici, che ha carattere strettamente metaempirico, in quanto è al di là dell’esperienza diretta. 2. La realtà del mondo fenomenico. E’ la realtà dell’ambiente comportamentale, ovvero la realtà fornita dai nostri sistemi sensoriali. È questa una realtà che in molti sensi è indipendente dal nostro io. Fanno parte di questa realtà non solo il mondo percepito, gli oggetti fenomenici, ma anche i dolori “fisici” e quelli “psicologici”, i sogni, i ricordi che ci assalgono all’improvviso, le allucinazioni dotate di vivacità sensoriale. Metzger chiama questa seconda realtà anche realtà incontrata, immediata. È questa una realtà di grande interesse per lo psicologo. Dal 3 al 5 sono tutte realtà di tipo fenomenico, ma sono declinazioni diverse. 3. La realtà rappresentata. Mentre la realtà incontrata resiste a qualsiasi nostro tentativo di alterarla, la realtà rappresentata si trasforma a nostro arbitrio. È la realtà creata, per esempio, dalla nostra immaginazione. Anche questa è una realtà di grande interesse per lo psicologo. Anche questa realtà è di natura fenomenica, ma è vissuta come dipendente interamente dall’io. La realtà rappresentata è la realtà che interessa l’arte. Anche nel caso in cui ci si imbatta nell’arte impressionistica che vuole rappresentare il momento, il momento è comunque una rappresentazione. 4. La realtà del nulla, che è un vero e proprio paradosso. Infatti, il nulla è dal punto di vista logico ciò che non esiste, e in quanto non esistente, non ha nessuna qualità che lo rende “reale”. Eppure, per la nostra mente il nulla ha una sua sostanzialità (Es. lo zero). 5. La realtà fenomenicamente apparente. Ci sono cose che vediamo o che proviamo, e che tuttavia non ci appaiono “veri”. Un esempio è il sogno in cui siamo coscienti di sognare. Un altro esempio riguarda gli specchi. Un esempio riguardante proprio gli specchi ci fa comprendere che la realtà apparente non dipende dalla realtà fisica in sé. Per esempio, se siamo dinanzi ad uno specchio che riflette un ombrello accanto a noi, noi vediamo due ombrelli che appaiono uguali, eppure soltanto l’ombrello accanto a noi, fuori dallo specchio, ci apparirà reale, mentre l’ombrello riflesso ci apparirà irreale, immateriale. Per contro, se entriamo per esempio in un salone un poco buio con uno specchio gigantesco a muro, e vediamo delle cose riflesse, come delle poltroncine, queste ultime ci appariranno come vere e solide, e anche la stanza ci sembrerà molto più grande. La realtà sarà del tipo “incontrato”, almeno fino a quando non ci renderemo conto dell’esistenza dello specchio. Quale tra questi significati attribuiti al termine realtà è vincolante ai fini di una definizione di “arte figurativa”?→ la realtà rappresentata Le illusioni I fenomeni visivi come le illusioni sono fatti incontrati, anche se non sempre riconosciuti. Spesso vediamo la realtà ma non ci rendiamo conto che sotto sotto c’è un’illusione (Es. il parcheggio: cercando di parcheggiare tra due auto messe in fila con uno spazio in mezzo, spesso passando accanto sembra che la nostra auto non possa entrare in quello spazio., in realtà poi si scopre che la macchina ci stava benissimo. Ci si è accorti di essere dinanzi a un’illusione.) Le illusioni in realtà sono fatti cognitivi radicati nella percezione. Fatti cognitivi perché l’illusione esiste fintanto che ci rendiamo conto che c’è una discrepanza tra ciò che noi vediamo e ciò che effettivamente c’è sul piano fisico. Se non ci rendiamo conto di questa discrepanza le illusioni diventano parte della nostra vita fenomenica normale. Psicologia dell’arte Il confine tra i Astratto e Figurativo è sfumato - L’opera d’arte, che sia astratta o figurativa, rappresenta sempre qualcosa (che sia istanza di realtà esterna o interna) - la classificazione in astratto/figurativo è mutabile (dipende da stile e conoscenze del fruitore) - la definizione di un’opera come astratta o figurativa non dipende dalla complessità dell’opera. Utilizzare un fenomeno visivo di tipo illusorio significa intrufolarsi tra le arti figurative o le arti astratte? Op Art: movimento artistico del 900 che è stato caratterizzato dallo studio di fenomeni percettivi (le cosiddette illusioni) e dal loro utilizzo all’interno di opere d’arte. Gli artisti che aderiscono alla Op art indagano i rapporti causa effetto tra l'immagine e lo sguardo del fruitore. Protagoniste sono le texture (gradients come li chiamava Gibson) e i patterns, che concorrono a suggerire effetti tridimensionali, e/o di movimento. Queste opere mirano a una partecipazione diretta dell’osservatore nella generazione dell’effetto visivo desiderato. Nella fruizione c’è sempre una partecipazione diretta del fruitore, che valuta esteticamente e fornisce una sua spiegazione dell’opera. Come si evince dagli esempi riportati, il confine tra astratto e figurativo è sfumato. Ci sono dei punti fermi: - Che sia astratta o figurativa, un’opera d’arte intende sempre rappresentare qualche cosa d’altro del semplice materiale utilizzato per creare l’opera. Anche nel caso della corrente informale. L’opera d’arte, anche se è astratta, rappresenta qualche cosa. Non necessariamente un’istanza di realtà esterna, potrebbe anche rappresentare un’istanza di realtà interna e molto spesso è questo il caso. Potrebbe rappresentare il gesto, il sogno. Non deve richiamare sempre una realtà esterna, ma ogni opera d’arte è la rappresentazione di qualcosa. Non solo le arti figurative ma qualsiasi espressione artistica. - Il modo con cui si guarda un’opera può determinarne l’esito in termini di classificazione in astratto/figurativo. Tale classificazione è quindi mutabile e legata sia allo stile di osservazione adottato, sia alle conoscenze pregresse del fruitore. Cioè la sua capacità di riconoscere qualcosa all’interno della raffigurazione. - La definizione di un’opera come astratta o figurativa poco ha a che vedere con la complessità intrinseca di un’opera. Psicologia dell’arte → Cap.11 Massironi ARTE E SCIENZE Fino a Da Vinci, Arte e Scienza camminavano a braccetto: - l’arte coltivava interessi per la scienza dei numeri - fare l’artista significava anche studiare la percezione visiva (scienze percettive) Da Vinci→metodo vinciano legato ancora molto all’osservazione; ma si D.V. si accorge che l’osservazione non basta, bisogna sperimentare. Dal 1600 separazione tra Arte e Scienza a favorire ciò: - scoperta di nuovi strumenti di osservazione - pubblicazioni di Galileo - introduzione metodo sperimentale e della falsificazione come verifica Arte e Scienza > Punti in comune - Passione - Intuizione - Creatività - Eleganza e semplicità nelle soluzioni - Senso estetico del risultato ★ Il legame tra Scienza e Arte L’Arte intesa come techne coltivava interessi per la Scienza dei numeri, per le proporzioni e i rapporti, si dedicava alla progettazione di macchine ed edifici destinati a scopi sia civili che militari. In un certo modo fare l’artista significava anche studiare la percezione visiva. Lo si può comprendere ad esempio leggendo il trattato della pittura di Leonardo da Vinci, dove molte delle osservazioni che lui fa sono fatti che riguardano le scienze percettive. Fino a Leonardo Da Vinci arte e scienza camminano a braccetto. Negli Stati Uniti si trovano le Faculty of Arts and Science; perché? Quando si guarda il panorama delle offerte formative negli USA non si può non rimanere colpiti dalla combinazione tra arte e scienze. L’accostamento potrebbe stare ad indicare una possibilità di “dialogo” tra discipline artistiche, umanistiche e scientifiche, almeno a livello ideale se non propriamente pratico. Si può assegnare a Leonardo da Vinci l’idea che l’osservazione da sola non basta, e che bisogna ‘sperimentare’ per capire come funzionano certi aspetti del reale. Il metodo vinciano, tuttavia, era ancora largamente legato ad interpretazioni del reale basate sull’osservazione. Gli esperimenti erano infatti guidati da domande (cosa succede se? come funziona?), non da ipotesi. La formulazione di ipotesi non è legata a domande generiche (tipo ‘come funziona?’), ma a domande strutturate: Perché succede una cosa? È a causa di A o di B? Si postula la separazione tra arte e scienza intorno al 1600, in seguito alla scoperta di nuovi strumenti di osservazione e alle pubblicazioni di Galileo Galilei e l’introduzione del metodo sperimentale, che affiancò il metodo dell’osservazione che aveva caratterizzato lo sviluppo delle scienze naturali. A favorire l’autonomia della scienza sono state l’introduzione della falsificazione come metodo di verifica delle ipotesi e l’applicazione della matematica alla descrizione dei fenomeni e alla definizione delle leggi che li regolano. La scienza divenne consapevole che non bisogna far conto sui dati sensoriali se si vogliono scoprire le leggi che regolano la natura. Il positivismo di Comte unifica arte e scienza, e Morin sosteneva che la scienza fosse un’arte in quanto strategia di conoscenza. È Galileo, che contrapponendo il ‘dubbio’ al ‘dogma’, va oltre la semplice ’sperimentazione’, adoperando in modo sistematico l’osservazione sperimentale, ponendo così le basi allo sviluppo del metodo sperimentale. Al fine di comprendere a fondo il nuovo accostamento tra ricerca artistica e ricerca scientifica, conviene porre alcune domande: 1) Che cosa hanno in comune arte e scienza? - punti in comune 2) Quali sono le differenze tra ricerca scientifica e attività artistica? - differenze 3) Quali potrebbero essere i vantaggi in termini culturali e gnoseologici di un nuovo accostamento tra le due discipline? - vantaggi Perché psicologia dell’arte ma non della scienza? È un’altra delle numerose diversità. Punti in comune ● Passione. Si fa arte perché si fa passione e si fa scienza perché si ha passione e si è molto curiosi. ● Intuizione. L’intuizione allo scienziato serve per capire come risolvere problemi anche tecnici, come condurre un esperimento, che metodo usare per bypassare un aspetto critico. Per l’artista è fondamentale perché è uno dei modi con cui osservando il mondo esterno o il proprio io all’interno riceve delle idee per creare delle composizioni nuove. Psicologia dell’arte S il prodotto scientifico è indipendente dal modo e dallo stile con cui è presentato; A il prodotto artistico è imprescindibile dalla sua forma. > Vantaggi Riunificazione di Scienza e Arte è funzionale SOLO per l’industria culturale. S e A hanno modi, risultati, scopi e linguaggi diversi. - L’artista ha lo scopo di determinare nell’osservatore un’esperienza estetica. - Il neuroscienziato ha lo scopo di comprendere i meccanismi del comportamento umano. Zeki sostiene: Tesi 2→ arte e cervello funziona comune: acquisire conoscenza (arte = estensione del cervello) Tesi 5→ l’artista è un neuroscienziato (comprende 8. Ogni risultato raggiunto nell’ambito della scienza può essere considerato un problema collassato in una soluzione. Un risultato è la fine di un problema, la temporanea conclusione di una discussione. 8. Ogni risultato raggiunto nell’ambito dell’arte non è soluzione di un problema ma un nuovo pezzo di realtà che richiede una spiegazione e un’interpretazione. Un’opera d’arte apre un nuovo terreno di discussione. ★ Cosa vuol dire che "L'oggetto artistico non può esimersi dall'avere una forma?" ★ In che relazione sono forma e oggetto artistico? Jorge Luis Borges, (Buenos Aires 1899 – Ginevra 1986) “Pierre Menard, autore del ‘Chisciotte’” (1944) è un breve racconto tratto dal volume Finzioni. Si tratta della storia di un bizzarro esperimento letterario, quello tentato da Pierre Menard di riscrivere nel Novecento l’indimenticabile romanzo seicentesco di Cervantes “Chisciotte”. L’esito è insieme comico e geniale: nello sforzo di reinventare nel presente il famoso capolavoro di Cervantes, Menard finisce con il ripeterlo alla perfezione. Il racconto di Borges in fin dei conti è un racconto divertito sul plagio letterario. ➔ Il prodotto scientifico è indipendente dal modo e dallo stile con cui è presentato: un resoconto verbale, un grafico, una formula, non alterano la sostanza del prodotto scientifico. ➔ Il prodotto artistico è imprescindibile(=deve assolutamente tenere conto) dalla sua forma (L'oggetto artistico non può esimersi dall'avere una forma). Anche l’arte concettuale, che rifiuta la forma, non può prescindere da un ancoraggio materiale, senza la quale l’opera non potrebbe esistere. Nel caso de Linea di lunghezza infinita di Piero Manzoni, il contenitore cilindrico è il segno materiale che concretizza l’esistenza dell’opera. Questo fa capire perché sia difficile prefigurare un oggetto di studio come una psicologia della scienza. Mentre la scienza dimostra il suo riferimento al mondo, l’opera d’arte dimostra solo il suo riferimento all’arte. Vantaggi Una ri-unificazione di scienza e arte è funzionale soltanto all’industria culturale, non certo alle due discipline. I modi di procedere, i risultati ottenuti e ottenibili, gli scopi stessi, ed i linguaggi utilizzati sono intrinsecamente diversi. L’arte alla fine della fiera ha lo scopo di suscitare un’emozione, una curiosità estetica, qualcosa che ha a che fare non con la risoluzione di un problema ma semmai pone dei problemi all’osservatore. L’artista non è un neuroscienziato (come invece voleva sostenere Zeki): il suo scopo non è quello di studiare o di spiegare il funzionamento del cervello, bensì quello di determinare in un osservatore una determinata esperienza estetica. Il neuroscienziato (e lo psicologo) non sono artisti: il loro scopo non è quello di creare forme o di rappresentare istanze umane, bensì quello di comprendere i meccanismi sottostanti il comportamento umano. La scienza rincorre la verità attraverso lo studio della realtà. L’arte relativizza la verità, e nel fare ciò può anche prescindere del tutto dalla realtà. > Tesi 2 di Zeki: “Arte e cervello hanno una funzione comune: acquisizione di conoscenza. La funzione dell’arte è dunque un’estensione della funzione del cervello”. Che l’arte dipenda dal funzionamento del cervello è evidente, come dipende dal funzionamento del cervello il fatto che si facciano schioccare le dita. Ma non è che Psicologia dell’arte in modo istintivo il funzionamento del cervello) S il risultato scientifico è tanto più vero quando più ripetuto. A un’invenzione artistica è tanto più falsa quanto più ripetuta. Il numero serve all’arte come alla scienza. Hadamard pensa alla Psicologia della Matematica: - considera il questionario non affidabile - le emozioni favoriscono la produzione matematica - vuole capire perché sfuggono alcune soluzioni a portata di mano (fallimenti). Visualizzazione dei problemi - “vedere” perché il risultato era lì ma non ce ne siamo accorti. - Hadamard sostiene la sua utilità: le rappresentazioni schioccando le dita si fa un’estensione del cervello. Semplicemente le dita obbediscono a una nostra volontà trasmessa attraverso dei circuiti neurali specifici. > Tesi 5: “L’artista è un neuroscienziato in quanto comprende in modo istintivo il funzionamento del cervello per quanto concerne le componenti comuni dell’organizzazione visiva ed emotiva”. Sminuisce le doti intellettuali dell’artista. Dire che è un neuroscienziato istintivo significa che non sa quello che sta facendo ma è come se fosse un neuroscienziato perché tocca le corde giuste. Sono in molti però a saper toccare le corde giuste, tutti quelli che vogliono vendere qualcosa. Questo non vuol dire nulla. L’artista non è un neuroscienziato istintivo e non necessariamente funziona secondo la logica dell’istinto. Falsificazione e falsi Un risultato scientifico è tanto più vero, verificato, quanto più è ripetuto, rifatto, smontato e rimontato. Mentre un’invenzione artistica è tanto più falsa quanto più sarà ripetuta. Nessuno nelle arti visive può fare un’opera senza ancorarla a un oggetto e un oggetto ha sempre una forma. Il prodotto della scienza è indipendente dall’oggetto materiale che lo veicola. Di solito è costituito da testi, formule, immagini, ma è indipendente dallo stile e dalla grazia con cui sono presentati. Il valore di un risultato scientifico è indipendente dal modo e dalla forma in cui si presenta nella sua prima formulazione, mentre l’opera d’arte ha solo una prima e ultima formulazione e da essa dipende il suo valore. Nel campo delle arti visive si è cercato di formalizzare, ovvero di descrivere in termini numerici o di rapporti fra numeri, le caratteristiche estetiche dei prodotti artistici. Questo è stato interpretato spesso come un momento di incontro tra scienza e arte. Si trattava invece della semplice evidenza che il numero è un pezzo di astrazione matematica che serve all’arte, come alla scienza. Hadamard e la psicologia della matematica Hadamard pensa una psicologia della matematica. Considera il questionario usato in alcuni studi sull’invenzione matematica uno strumento non sempre affidabile, che consente di porre domande poco importanti e tralasciarne altre a suo avviso importanti come la natura delle emozioni provate. Secondo lui, infatti, le emozioni potevano favorire, oltre alla produzione poetica, altri generi di creazione come quella matematica. Un altro aspetto importante per Hadamard e trascurato da quei questionari è il fallimento. Mentre gli errori, pur frequenti, non costituiscono un problema perché si correggono facilmente, gli insuccessi sono delle perdite irrecuperabili. Per fallimenti intende problemi incontrati e non riconosciuti, o soluzioni che erano a portata di mano e non sono state considerate. Hadamard vorrebbe capire come mai nel corso delle sue ricerche gli siano sfuggite alcune soluzioni che erano a portata di mano. L’aspetto difficile se non impossibile da affrontare per uno psicologo è quello di stabilire quando e in che senso due argomenti matematici che non conosce, e probabilmente non è in grado di capire, siano vicini e quando si possa parlare di soluzione a portata di mano. Non succede solo a chi non è matematico. Ci sono delle teorie con cui alcuni matematici hanno delle difficoltà ma altri sono completamente a proprio agio. Dice che sarebbe interessante trovare le ragioni psicologiche di tali differenze. Perché alcuni scienziati vedono e altri no? In cosa consiste precisamente quel vedere? È appropriato il termine “vedere” perché la difficoltà non è dovuta a imperfezioni di ragionamento, alla complessità del problema o dei calcoli, ma perché il risultato era già pronto e non ce ne siamo accorti. Psicologia dell’arte mentali dei fenomeni hanno un ruolo fondamentale Il matematico riscopre risultati passati, piuttosto che apprenderli (rifà). L’artista non può riscrivere opere ma imitare (copia) Hadamard fa la Teoria della creatività matematica che si articola in 3 momenti: 1° Preparazione 2° Incubazione 3° Illuminazione L’invenzione è scelta che si basa su un criterio estetico. La bellezza è un indicatore attendibile. L’estetica del bello si trova a monte e a valle del processo scientifico e artistico. La visualizzazione dei problemi e dei fenomeni offre un aiuto al pensiero. Alcuni sostengono il ruolo esclusivo del linguaggio nella produzione e formulazione di idee e nello sviluppo dei ragionamenti. Altri sostengono l’importanza della visualizzazione nella soluzione dei problemi e nella costruzione e formulazione di ipotesi teoriche e di interpretazioni creative. Hadamard è dalla parte dei sostenitori dell’utilità, anzi del ruolo fondamentale delle rappresentazioni mentali dei fenomeni. Scienza e Arte: riscoprire e imitare Molti matematici, quando affrontano lo studio di scoperte avvenute in epoche precedenti e di risultati già raggiunti, preferiscono ripensarli e riscoprirli per conto proprio, piuttosto che apprenderli dai testi nella forma scelta dal loro autore. È un’evidenza importante della differenza tra scienza e arte. Il testo scientifico può essere addirittura evitato dallo studioso. Significa che far propri i risultati di altri non significa apprenderli ma riscoprirli. Nel campo dell’arte non si possono riscrivere le opere per rassicurarsi sulle proprie capacità creative. Ciò che si può fare in arte è l’imitazione, la copia, appropriarsi dello stile ed è possibile perché si conosce molto bene ciò che si imita. L’artista imita lo stile del suo maestro ma non rifà mai una sua opera, a meno di copiarla. Il matematico invece rifà l’opera prescindendo da ogni problema di stile. Nel primo caso c’è di mezzo la forma sensibile, nel secondo la forma pura, ossia i concetti. L’inconscio matematico, ovvero l’estetica della soluzione Hadamard costruisce una teoria della creatività matematica articolata in tre momenti. - Il 1° di preparazione prevede un lavoro rigorosamente logico del pensiero cosciente che assume i termini del problema da risolvere. - Il 2° di incubazione prevede che il problema con tutto il suo armamentario di ipotesi, idee, intuizioni, che continua ad essere alimentato dal lavoro di preparazione, diventi oggetto di elaborazione da parte di processi inconsapevoli, che fanno maturare quella soluzione di cui non siamo in grado di dire se e quando verrà. L’inconscio svolge un lavoro molteplice per costruire numerose combinazioni di idee e paragonarle fra loro e approdare infine alla scelta risolutiva. - Il 3° momento è quello dell’illuminazione in cui la soluzione si presenta già completa e definitiva. I tempi e le procedure con cui si presenterà tale illuminazione sono imprevedibili e sorprendenti. Paul Valery aveva sostenuto che anche alla base dell’invenzione poetica c’è una scelta, e Hadamard è d’accordo. Se l’invenzione è scelta, si chiede quale ne sia il criterio e risponde che non può che esser estetico. Per scegliere i problemi a cui dedicarsi e selezionare gli argomenti delle ricerche, il ricercatore deve fidarsi della guida del senso di bellezza scientifica. Hadamard descrive un mondo sorretto da una specie di gnoseologia estetica, secondo la quale la bellezza può essere considerata un indicatore attendibile di cui tener conto in ogni tipo di scelta, da quelle più banali quotidiane a quelle riguardanti le ricerche in cui impegnare l’intelligenza. Afferma che le scelte operate in base alla bellezza finiscono quasi sempre col dimostrarsi giuste e fruttuose, anche quando considerate da altri punti di vista potrebbero apparire sterili e insensate. Arriva a una doppia conclusione: l’invenzione matematica è scelta, governata perentoriamente dal senso della bellezza scientifica. Secondo Hadamard, quindi, l’estetica del bello si trova a monte del processo scientifico nella scelta degli argomenti di ricerca e anche a valle, quando avviene l’illuminazione risolutiva. Non è la stessa cosa che avviene per l’artista? Il senso estetico lo guida nelle scelte e una folgorazione ne illumina l’esecuzione. Psicologia dell’arte prodotta da 1 mezzo in 1 modo, 1 elemento info e 1 risultato, 1 info e circola in 1 modo, se ci sono cambiamenti la com. si interrompe 2. Vincolata: com. di tipo biologico, n. finito di mezzi e + modi, n. finito di elementi e infiniti risultati, + info e circolazione ripetitiva, se ci sono cambiamenti la com. si modifica 3. Aperta: com. dei rapporti umani, mezzi e modi illimitati, elementi e risultati infiniti, l’info si rinnova di continuo, la comunicazione deve cambiare/rinnovarsi per non esaurirsi La com. Aperta→ obbedisce alle regole interpretative. L’interazione fra gli elementi collegati è prodotta da un solo mezzo e può avvenire in un solo modo. Questo vale anche per tutti gli apparecchi digitali. È prodotta da un numero finito di mezzi e può avvenire in un considerevole numero di modi. Mezzi e modi illimitati. Un solo elemento informativo che produce un solo risultato comunicativo prevedibile. Numero finito di elementi informativi che si possono ricombinare producendo risultati infiniti ma parzialmente prevedibili. È vincolata perché il numero degli elementi informativi non cresce né diminuisce. Numero infinito di elementi informativi che si rinnovano continuamente. È infinito il numero dei risultati comunicativi che non si ripetono mai. Le caratteristiche di quello che chiamiamo informazione non sono stabili e rigide, ma si modificano, nel senso che può diventare informazione ciò che prima non lo era e viceversa. L’informazione è una sola e circola in un solo modo. L’informazione è molteplice e segue regole di circolazione e funzionamento ripetitive e prevedibili Nella comunicazione aperta le caratteristiche dell’informazione non sono né stabili né rigide. In questo tipo di comunicazione l’informazione che circola deve rinnovarsi di continuo affinché il processo di comunicazione rimanga attivo. Forse Massironi fa una leggera svista: non è l’informazione che deve necessariamente rinnovarsi, ma le modalità mediante cui è trasmessa (forma, stile, simbolismo implicito ed esplicito, ecc.). Se intervenissero dei cambiamenti si interromperebbe la comunicazione. Se intervenissero dei cambiamenti si modificherebbe il risultato ma in modo prevedibile. La comunicazione si esaurisce se non si rinnova. La comunicazione di tipo aperto è libera da regole? La comunicazione aperta non è esente da regole che guidano i modi e i criteri del rinnovamento, ma obbedisce alle regole interpretative. L’interpretazione può spiegare gli eventi a posteriori e non ha perciò un potere predittivo. Es. la storia può interpretare la natura dei fatti accaduti, tentare di spiegare quanto sta accadendo, ma può soltanto opinare una ragionevole direzione di sviluppo di eventi in corso. Non può predire il futuro. Nessuna scienza è Psicologia dell’arte L’interpretazione non ha potere predittivo. I viventi raccolgono l’info attraverso i sensi in modo automatico. Esperienza passata: - fattore empirico - il campo visivo si struttura in funzione delle esp. pas. - importante per la com. in quanto permette la riconoscibilità immediata Figura di Michotte→ Fenomeno del completamento amodale: vediamo 3 triangoli anche se sappiamo che 1 non lo era. La percezione visiva funziona in modo automatico (a rescindere dall’esp. pas.) Approccio alla comprensione di come funziona il sistema visivo → Teoria computazionale di Marr: - entra la luce, genera un'immagine retinica che genera un ciclo di elaborazione in loop. - ci sono processi bottom-up e top-down - 4 stadi:→ in grado di predire il futuro. Al massimo si possono delineare possibili percorsi di eventi. Alcune scienze che studiano fenomeni naturali, come la meteorologia, hanno maggiore capacità predittive rispetto a scienze legate al comportamento umano (come per esempio le scienze economiche). Gli organismi viventi raccolgono l’informazione attraverso i sensi. I dati stimolatori sono organizzati in forme in maniera automatica, secondo modalità largamente indipendenti dalla volontà dell’organismo. È alla base del fatto che noi possiamo comunicare tra di noi come specie umana. Se ognuno organizzasse le informazioni in entrata, non riusciremmo mai a comunicare tra di noi. Esperienza passata L’esperienza passata è un fattore di tipo empirico: a parità di altre condizioni, il campo visivo si strutturerebbe in funzione delle nostre esperienze passate, in modo che sarebbe favorita la costituzione di oggetti con i quali abbiamo familiarità. Il ruolo dell’esperienza passata risulta essere marginale, se messa in conflitto con altri fattori quali la buona continuazione, la chiusura, ecc. È un fenomeno, un elemento importante della comunicazione. Permette la riconoscibilità immediata ad esempio dei marchi. ← Figura modificata da Michotte. Pur sapendo che uno solo di quelle tre strutture è un triangolo, non riuscite a fare a meno di vedere tre triangoli completi quando la figura è parzialmente occlusa nelle sue parti critiche da una striscia. Il fenomeno illustrato da questa figura si chiama completamento amodale. La figura non necessita di interpretazione: vediamo tre triangoli senza dover pensare. È vero che i triangoli sono a noi figure note. Il fatto è che anche quando sappiamo che una sola delle di quelle strutture occluse è un vero triangolo, una volta occlusa di nuovo non riusciamo a non vedere i tre triangoli. La percezione visiva funziona in modo automatico e a prescindere dalla nostra conoscenza passata. L’esperienza passata è importante soprattutto nella comunicazione perché è quello che ci permette di interpretare in modo appropriato o più conveniente a noi il messaggio che arriva attraverso i segni della comunicazione. Con lo sviluppo delle scienze informatiche, della teoria dell’informazione, e degli studi sull’intelligenza artificiale, si è andato delineando un nuovo approccio alla comprensione di come funzioni il sistema visivo. Il più autorevole tra questi approcci è stata la: Teoria computazionale di David Marr (1982) La luce entra, colpisce, genera immagine retinica e questo genera un ciclo di elaborazione che va in loop. Abbiamo dei processi bottom-up di natura gestaltica. E poi dei processi top-down. Questo modello è stato utile per implementare la machine vision più che per spiegare la percezione umana. La teoria di Marr comporta 4 stadi, oltre all’acquisizione dei dati sensoriali (stimolo prossimale): 1) Image-based stage: consiste nell’analisi dello stimolo prossimale per estrarre caratteristiche tipo i contorni. Questo stadio porta alla formazione di uno “schizzo primario”. 2) Surface-based stage: il sistema visivo recupera proprietà inerenti le superfici, determinando anche la distribuzione delle superfici (surface layout). In questa fase il sistema crea quello che Marr definiva uno schizzo a due dimensioni e mezzo (2.5 D sketch, non pienamente 3D). 3) Object-based stage: il completo recupero delle proprietà tridimensionali delle superfici. Psicologia dell’arte 1 delle funzione dell’Arte → essere Laboratorio delle forme - La nostra attività cognitiva elabora le info raccolte dagli organi di senso a vari livelli (1°: i dati stimolatori si organizzano in modo automatico; 2°: le forme vengono conservate in memoria e ordinate in cocetti). - La vita sociale è caratterizzata da una Comunicazione di tipo Aperto; tale com. rimane attiva se c’è una continua immissione e invenzione di nuove forme→ l’arte porta avanti la ricerca di nuove forme 4) Category-based stage: recupero di proprietà funzionali degli oggetti che servono a guidare l’azione nell’ambiente e a decidere le strategie future. In realtà non è uno stadio percettivo per un approccio gestaltista e invece è uno stadio fondamentale per un approccio cognitivista. Il riconoscimento è il punto di incontro in cui il dato percettivo viene poi dato in pasto al sistema cognitivo. È in questo stadio che l’arte va a colpirci. ★ In arte, spiegare la frase: “la forma della comunicazione deve essere in buona misura libera anche rispetto ai contenuti” ★ Il rapporto tra forma, stile e contenuto Il laboratorio delle forme Secondo Massironi una delle funzioni dell’arte è di essere laboratorio delle forme. La nostra attività cognitiva elabora le informazioni raccolte dagli organi di senso a vari livelli. Al livello più basso (prima ancora di cogliere il significato di ciò che stiamo vedendo e categorizzarlo) i dati stimolatori si organizzano in forma in maniera autonoma e veloce, indipendentemente dalla nostra volontà. Poi sono le forme e non le eccitazioni sensoriali che vengono conservate nella memoria, vengono catalogate e ordinate in concetti. L’informazione sensoriale per essere utilizzata deve essere organizzata in unità. Il modo in cui i sistemi sensoriali raccolgono ed elaborano l’informazione sensoriale in entrata è specifico per ciascun senso, ma i principi generali sottostanti l’organizzazione dell’informazione sono simili nei diversi sistemi sensoriali. Le unità percettive che emergono dai processi di organizzazione (un oggetto, un suono, un odore, ecc.) sono informative, cioè hanno un dato significato, perché posseggono una data “forma”. Una volta che l’informazione sensoriale è stata organizzata, è diventata un oggetto, un suono, un odore, un sapore, è quindi dotata di forma. Questa forma, se registrata a livello conscio, ha anche un suo significato per l’organismo. I nostri processi cognitivi lavorano con le forme, cioè con le strutture emerse dai processi di organizzazione sensoriale, non con l’informazione sensoriale grezza. È la base per comprendere l’importanza delle forme nell’arte. Passaggi principali di questo processo: - Il nostro sistema cognitivo percepisce, riconosce, concettualizza, ricorda soprattutto forme. - La vita sociale è il risultato di interazione e scambio di informazioni tra gli individui. Questo processo articolato è chiamato comunicazione. La comunicazione avviene mediante trasmissione e scambio di informazioni (intesa come messa in forma). - Ci sono modi diversi in cui il termine comunicazione può essere usato. La vita sociale è caratterizzata dalla comunicazione di tipo aperto. La comunicazione aperta funziona e rimane attiva se è alimentata da una continua invenzione ed immissione di nuove forme. Non di nuovi contenuti ma di nuove forme. - Le forme perdono potere comunicativo in funzione del loro uso: una forma usata molte volte ha, a livello teorico, meno potere di una forma inventata da poco. - L’arte è uno di quegli ambiti in cui è portata avanti la ricerca di nuove forme aventi potenzialità comunicative. Secondo Massironi l’arte svolge un ruolo concreto e funzionale in termini di una ricerca attiva mediante cui vengono scoperte, sperimentate e verificate le forme che alimentano la comunicazione di tipo aperta. In arte, “la forma della comunicazione deve essere in buona misura libera anche rispetto ai contenuti”. Una volta deciso di voler rappresentare una determinata cosa, una volta determinato lo scopo, è attraverso la forma che si va a modulare le possibilità comunicative. - Non c’è un travaso immediato e completo delle nuove forme dall’arte alla comunicazione. È un’osmosi continua e inesauribile tra i due livelli. Psicologia dell’arte - Aldrovandi: studioso della natura; vuole classificare la natura con l’osservazione diretta (no racconti di altri) MA ci sono: → limiti comunicativi della parola e estetico-decorativi delle figure Soluzione: → le immagini (la pittura) Reclutati quindi artisti con grandi abilità tecniche (prospettiva per raggiungere la verosimiglianza) che non abbiamo però sviluppato uno stile personale. Tale collaborazione ha esiti anche nell’arte, nuovo genere pittorico→ la natura morta Potere e Arte Il Potere (politico, religioso) ha utilizzato l’Arte per mandare i propri messaggi. - Il P. ha lo scopo di espandersi e permanere; lo fa grazie a forza e conquiste e come tali sono comunicate →mito Dalla 2° metà del ‘500: → Insofferenza alla pura celebrazione e ogni altra regola, da parte delle avanguardie artistiche. Lo scontro aumenta con il → Nazismo, che marchia le avanguardie come “Arte degenerata” e le allontana dalla Germania. Ulisse Aldrovandi (1522-1605) era uno studioso della natura, il che significava per lui prima di tutto catalogarla, ridurla a un lungo e dettagliato elenco e quindi raccogliere tutte le possibili informazioni dalle fonti più disparate. Sente la necessità di classificare la natura: rifare l’inventario del mondo in base ai metodi dell’osservazione diretta. Non più attraverso il racconto di qualcuno che ha visto qualcosa di meraviglioso ma osservando direttamente la natura. I nuovi scienziati si erano resi conto sia dei limiti comunicativi e descrittivi della parola, sia dei limiti estetico-decorativi delle sole figure. I limiti della descrizione verbale possono essere superati mediante l’ausilio di immagini. Questa nuova tecnica pittorica e questa nuova verosimiglianza porta l’esigenza di riscrivere l’enciclopedia del mondo. Partire dall’osservazione diretta per descrivere la realtà naturale come si presenta. La migliore descrizione sono le immagini. La pittura è il mezzo adatto non solo a fissare e verificare le nuove conoscenze, ma anche lo strumento necessario alla loro trasmissione. Allora vengono reclutati quegli artisti dalle grandissime abilità tecniche che però non sviluppino in modo particolare uno stile personale. Lo stile personale è importante nell’arte perché è la firma dell’artista ed è il motivo per cui alcuni artisti sono molto ricercati piuttosto che altri. Al fine di soddisfare le esigenze di una nuova oggettività, agli artisti è richiesto di rinunciare alla propria ricerca stilistica, alla propria esplorazione nel campo delle forme. Ciononostante, questa collaborazione produrrà anche esiti in campo dell’arte, come il fiorire di un nuovo genere pittorico, la natura morta. Potere e Arte Il potere politico e religioso si è nutrito di arte, ha utilizzato l’arte per mandare i propri messaggi. Come un veicolo comunicativo. Alle immagini sono state attribuite fin da epoche arcaiche attributi magici, finalità celebrative, funzioni simboliche, e in tal senso l’arte è stato spesso al servizio del ‘potere’. Il potere, di qualsiasi tipo esso sia, è intrinsecamente mirato a espandersi e perpetuarsi ed è perciò consapevole da sempre che la sua espansione, ma soprattutto la sua permanenza dipendono, oltre che dalla sua forza e dalle sue conquiste, da come forza e conquiste sono comunicate. La comunicazione mediata dall’arte ha il potere di trasformare la massa ottusa di sofferenza, dolore e morte che ogni conquista porta con sé nelle figure del mito. E il mito è un accumulatore di identificazione, quindi di consenso. Il ‘potere’ (la persona o il gruppo di persone che reggono i destini di altre persone mediante scelte politiche, economiche e sociali) ha usato l’arte per illustrare e comunicare le proprie conquiste, i propri intenti, i propri valori, la propria giustificazione. Ma l’arte, pur accettando di rendersi interprete dei contenuti imposti dal potere, non ha mai abdicato alla sua libertà nell’invenzione delle forme. L’insofferenza alla pura celebrazione e alla funzione propagandistica imposta dalle autorità comincia già a serpeggiare dalla seconda metà del 1500. L’insofferenza diventa programmatica con le avanguardie del Novecento. Le avanguardie artistiche di quel periodo coltivavano una dichiarata insofferenza per ogni regola, che non fosse libera scelta dell’artista. Dichiaravano inoltre una mal celata insofferenza nei confronti del tardo mondo borghese. Lo scontro si fa frontale con l’avvento del Nazismo, che marchia le avanguardie del Novecento come “Arte degenerata”. Il nazismo reagì in maniera scomposta alle provocazioni dell’arte contemporanea, e come tutti coloro che non nutrono dubbi, finì per strafare, contribuendo alla dimostrazione che le avanguardie avevano ragione. Adolph Hitler, Discorso d’apertura della “Casa dell’arte tedesca” in Monaco, 18/07/1937: Psicologia dell’arte Goebbels dadaista → fa una mostra di “arte degenerata” per mostrare le ragioni del fuhrer (al popolo da che cosa Hitler lo stava salvando). - Senza rendersene conto, ebbe successo e approvazione dei dadaisti. - Fa 2 errori: usa lo strumento che vuole distruggere e crede che sia possibile imporre agli artisti i contenuti da comunicare e le forme con cui farlo. I nazisti impongono nell’arte la forma (ma a differenza dei contenuti la forma non può essere controllata) Hitler sostiene: - che forma e stile devono essere costanti nel tempo - il volere di “un’arte tedesca” ed eterna (arte che rappresenta il popolo e non muta). “Le opere d’arte che non si possono comprendere, ma richiedono una quantità esagerata di spiegazioni per provare il loro diritto di esistenza come tali e per giungere a quei neurotici sensibili a tali stupide e insolenti assurdità, non capiteranno più pubblicamente tra le mani dei cittadini tedeschi. Che non vi siano illusioni! [...] Con l’apertura di questa esposizione è giunta la fine della follia artistica e della contaminazione del nostro popolo nel campo dell’arte.” La Germania opera un capillare lavoro di epurazione(=allontanamento) dell’arte decadente, che porta all’allontanamento dai musei tedeschi di circa 6500 opere di tutti gli artisti moderni. ★ Perchè "Goebbels dadaista?" Goebbels dadaista La presunzione con cui il potere assoluto si illude che le sue convinzioni siano delle grandi verità fa compiere a Goebbels, ministro della propaganda, un errore grave dal suo punto di vista. Goebbels organizza in una zona della città lontana da quella in cui era esposta l’arte nazionalsocialista, in una galleria fatiscente, una mostra di “arte degenerata” a illustrazione delle ragioni del Führer. Voleva mostrare al popolo da che cosa Hitler lo stava salvando. La mostra itinerante ebbe un successo inaspettato di visitatori, a tal punto che dovette essere chiusa. Goebbels, senza rendersene conto, aveva avuto un’idea che avrebbe trovato l’approvazione dei dadaisti, come se il ministro della propaganda avesse preso a prestito dalle nuove esperienze comunicative che utilizzavano la leva della provocazione, l’idea di realizzare una sorta di contro-provocazione. Fa due errori → usa lo strumento che vuole distruggere credendo che basti emarginare le scelte formali dell’avversario per neutralizzarne le potenzialità comunicative. E soprattutto, crede che sia possibile imporre agli artisti non solo i contenuti da comunicare, ma anche le forme con cui comunicarli. Non ha capito che non c’è identità fra comunicazione e propaganda, che la comunicazione può farsi propaganda, ma bisogna chiedere agli artisti di riconoscersi e condividere i contenuti da propagandare, anche comprando l’adesione, ma sempre lasciandoli liberi nella scelta, invenzione e realizzazione delle forme con cui comunicare. Non può essere imposta e comprata l’accettazione da parte dell’artista di regole formali non decise da lui. I nazisti assunsero nei confronti dell’arte la posizione di imporre la scelta della forma. Se l’ambito dei contenuti può essere controllato e censurato e condizionato, quello delle forme è un ambito di libertà mirata alla comunicazione.Non si accorse di aver organizzato l’unica esposizione sorretta dal principio unificatore di tutte le avanguardie: essere contro. Dalla lettura di brani estratti dal discorso di Hitler emergono l’idea di forma e di stile quali identificatori di una tensione nazionale incarnata nell’ideale ariano (“nucleo razziale dominante”). Forma e stile devono essere costanti nel tempo. "Vorrei quindi, oggi in questa sede, fare la seguente constatazione: fino all'ascesa al potere del Nazionalsocialismo c'era in Germania un'arte cosiddetta "moderna", cioè, come appunto è nell'essenza di questa parola, ogni anno un'arte diversa. Ma la Germania nazionalsocialista vuole di nuovo un’"arte tedesca", ed essa deve essere e sarà, come tutti i valori creativi di un popolo, un'arte eterna. Se invece fosse sprovvista di un tale valore eterno per il nostro popolo, allora già oggi sarebbe priva di un valore superiore. Perché l'arte non trova fondamento nel tempo, ma unicamente nei popoli. L'artista perciò non deve innalzare un monumento al suo tempo, ma al suo popolo. Perché il tempo è qualcosa di mutevole, gli anni sopravvengono e passano. Ciò che vivesse solo in grazia di una determinata epoca dovrebbe decadere con essa.” Per questo il fuhrer giustifica l’idea di un’arte eterna, che rappresenti il popolo tedesco, che non muti mai. Perché la dittatura teme il cambiamento, teme qualcosa che possa sovvertire il suo potere e l’ordine e l’arte ha queste capacità. Quindi gli artisti che non Psicologia dell’arte → Fascismo L’arte ha anticipato i temi del movimento di Mussolini. E’ il caso del Futurismo: avanguardia artistica di rottura, in simbiosi con lo spirito dei Fasci. All’inizio è comodo al duce perché canta velocità e cambiamento, ma poi quando sole al potere mette degli argini. - Nasce un’arte filofascista, funzionale al regime. 1° problema per la Scienza: giungere al sapere (il modo dopo) per l’Arte: forma del comunicare (il cosa dopo) sottostanno ai dettami di una dittatura sono soggetti pericolosi e vanno in qualche modo monitorati o eliminati. Arte e fascismo Esiste un evidente duplice rapporto fra il mondo dell’arte e della cultura ed il Fascismo. Cronologicamente parlando si può dire che l'arte abbia anticipato e/o preparato i temi e le concezioni storico-politiche del movimento mussoliniano. È il caso del futurismo, avanguardia artistica di rottura sovvertitrice del mondo esistente, e per questo carica di tensioni innovative ed antiborghesi, in simbiosi con lo spirito dei Fasci da Combattimento, prima formazione politica, dalla valenza fortemente antisemitica e rivoluzionaria, partorita da Mussolini. Dall'altra parte, con il consolidamento del potere e la degenerazione della monarchia parlamentare italiana in dittatura, nasce un’arte filofascista, servile, funzionale ai riti autocelebrativi del regime, qualitativamente mediocre. Max Mutarelli, Libertà dell’arte durante il fascismo (Tesi di laurea) All’inizio i futuristi fanno comodo ai piani del duce perché il futurismo canta la velocità, la novità, il cambiamento, la guerra come pulitrice del mondo. Ma nel momento in cui mussolini sale al potere comincerà a mettere degli argini al movimento di Marinetti, fino al punto di degenerare quello che sarà il futurismo in qualcos’altro. Figaro: 20 febbraio 1909 1. Noi vogliamo cantare l'amor del pericolo, l'abitudine all'energia e alla temerità. 2. Il coraggio, l'audacia, la ribellione, saranno elementi essenziali della nostra poesia. 3. La letteratura esaltò fino ad oggi l'immobilità pensosa, l'estasi e il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l'insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno. 4. Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità. Un’automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall'alito esplosivo... un automobile ruggente. 5. Noi vogliamo inneggiare all'uomo che tiene il volante, la cui asta ideale attraversa la Terra, lanciata a corsa, essa pure, sul circuito della sua orbita. 9. Noi vogliamo glorificare la guerra - sola igiene del mondo - il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna. 10. Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d'ogni specie, e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica o utilitaria. Vedono nella donna un’espressione inferiore dell’uomo, perché la donna per sua natura è meno aggressiva, si pensa, meno propensa alla violenza e al cambiamento. È dall'Italia, che noi lanciamo del mondo questo nostro manifesto di violenza travolgente e incendiaria (è il modo di esprimersi tipico dell’epoca che poi sarà quello adottato anche dal duce), col quale fondiamo oggi il «Futurismo», perché vogliamo liberare questo paese dalla sua fetida cancrena di professori, d'archeologhi, di ciceroni e d'antiquari. I più anziani fra noi, hanno trent'anni (lode alla giovinezza): ci rimane dunque almeno un decennio, per compiere l'opera nostra. Quando avremo quarant'anni, altri uomini più giovani e più validi di noi, ci gettino pure nel cestino, come manoscritti inutili. Noi lo desideriamo! All’inizio del secolo veloce ci fu tutta una serie di manifesti, come se si dovesse aderire a un programma per essere riconosciuti. Il motivo è chiaro, quello di cercarsi un mercato. Perché anche gli artisti più temerari poi devono mangiare. I quanti e la visualizzazione L’arte esplora, ridefinisce e dilata i confini del mondo della comunicazione. La scienza esplora, ridefinisce e dilata i confini del mondo della natura. La comunicazione è interessata alla scoperta e alla continua reinvenzione delle forme che costituiscono il materiale per il suo funzionamento, mentre la scienza deve necessariamente prescindere dalla forma, e tuttavia ha bisogno di comunicare le sue scoperte e conoscenze. Psicologia dell’arte
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved