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Psicologia della salute e del benessere - Riassunto, Sintesi del corso di Psicologia Della Salute

Riassunto del programma di psicologia della salute

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

Caricato il 10/03/2021

valentinarm
valentinarm 🇮🇹

4.6

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Scarica Psicologia della salute e del benessere - Riassunto e più Sintesi del corso in PDF di Psicologia Della Salute solo su Docsity! V.R. PSICOLOGIA DELLA SALUTE E DEL BENESSERE Il presente riassunto comprende nozioni riprese da: ● Dispense della prof.ssa E. Miragliotta ● Manuale di psicologia e benessere della Edicusano ● Nozioni reperite dal web ● Nozioni apprese durante il percorso universitario V.R. 1 Modulo I DEFINIZIONE DI PSICOLOGIA DELLA SALUTE La psicologia della salute è lo studio dei processi psicologici riferiti alla salute e alla malattia. L’obiettivo è quello di promuovere la salute intesa come benessere complessivo della persona (mentale, fisico e sociale). Infatti si occupa di prevenzione della salute e promozione della salute attraverso la modifica di comportamenti e atteggiamenti e stili di vita. La psicologia della salute ha origine negli anni ’70 quando l’interesse si sposta verso tematiche culturali quali la salute e la prevenzione e cura. Avviene un collegamento tra malattia fisica e aspetti di vista stressanti. Nel 1976 negli USA nasce l’American Psychological Association (APA) e nella sezione 38, nel 1979 viene introdotto il termine di “Health Psychology” (psicologia della salute). Nel 1980 Matarazzo, primo presidente della sezione Americana ha definito un nuovo ambito di ricerca andando a sottolineare l’importanza della promozione e del mantenimento della salute, la prevenzione della malattia e l’identificazione dei correlati eziologici. Si rende necessaria l’analisi del sistema di cura e il miglioramento dello stesso al fine di elaborazioni di politiche per la promozione della salute. Nel 1997 viene fondata la prima società italiana di psicologia della salute che ha finalità di ricerca empirica/teorica. Diviene sede per il confronto tra studiosi del panorama nazionale e internazionale. Nel 1998 viene pubblicata la prima rivista di psicologia della salute. Maes (1989) definisce le cause che hanno favorito lo sviluppo della psicologia della salute: 1. Cambiamento delle cause principali di mortalità (insorgenza di malattie croniche per condotte insane come alcol, droghe, stress e mancanza di esercizio fisico; fino al 48% delle morti annuali è per comportamenti patogeni); 2. In funzione di aspetti economici (le politiche di prevenzione abbassano i costi dell’assistenza sanitaria); - prevenire è meglio che curare – 3. La psicologia della salute, attraverso i metodi di intervento efficaci ha permesso l’applicazione di nuove conoscenze arrivando quindi a una sua autopromozione. V.R. 4 Modulo II MODELLI ASPETTATIVA-VALORE Sono modelli che predicono la probabilità che una persona adotti comportamenti di protezione. Sono direttamente proporzionale a: 1. Percezione di una minaccia di salute e la sua gravità – probabilità che azione conduca all’azione. 2. Percezione della propria capacità di seguire un’azione in grado di ridurre la minaccia per la salute purchè questa no comporti sforzi e costi eccessivi – risultati dell’azione. Sono modelli che appartengono alla social cognition in cui l’uomo è visto come razionale e la sua scelta si suppone porti con maggiore possibilità a conseguenze positive. La criticità di questi modelli è che rendono poco in considerazione gli aspetti culturali e quanto accade nella vita quotidiana. Sono applicati indistintamente a persone e a situazioni differenti nel mondo. Le prospettive sono: 1. Il modello delle credenze sulla salute di Becker e Maiman – 1975 (HBM) 2. La teoria della motivazione a proteggersi di Rippertoe e Rogers – 1987 3. La teoria del comportamento pianificato di Fishbein e Atzen – 1975 1. Il modello delle credenze sulla salute di Becker e Maiman – 1975 (HBM) HBM = Health Belief Model Creato da Rosenstock e modifcato da Beker e Maiman Mira a comprendere, spiegare e prevedere l’adesione alle raccomandazioni e quindi con quale probabilità la persona adotti comportamenti sani. Il modello nasce per comprendere perché le persone non si sottoponevano a test per diagnosi precoce di malattie. La percezione della minaccia di malattia è influenzata da: ● Grado e percezione di vulnerabilità che una persona sente di avere ● Rischio associato a una malattia ● Credenze sulla gravità delle conseguenze e sulla efficacia delle raccomandazioni prescritte Una volta avvertita la minaccia il comportamento preventivo dipenderà alla valutazione dei costi e dei benefici dell’azione e della prevenzione. Il modello fa riferimento anche a fattori demografici, socio psicologici e culturali (sia di origine interna come i sintomi che esterna come ad esempio i media) V.R. 5 Il comportamento è dato quindi da: suscettibilità+gravità+benefici+costi Può essere utile per predire la messa in atto di comportamento salutari come sport, vaccinazioni, e protezione in rapporti sessuali e per prescrivere e descrivere coem le persone malate percepiscono i propri sintomi. Limiti: ● Le valutazioni razionali non sono sempre possibili ● Non si valuta il fattore affettivo-emozionale, le relazioni sociali e i fattori cognitivi sul comportamento ● Non si valuta il fattore di auto-efficacia Non può essere quindi usato per comportamenti complessi. 2. La teoria della motivazione a proteggersi di Rippertoe e Rogers – 1987 Vuole spiegare come le persone percepiscono le minacce alla salute e le loro abilità di gestirle. E’ strettamente legata al modello delle credenze sulla salute ma, la teoria della motivazione a proteggersi elabora ipotesi sulle reazioni alle minacce. I fattori fondamentali sono: ● Percezione della propria vulnerabilità ● Percezione della gravità dell’evento malattia ● Stima soggettiva che possa verificarsi l’evento ● Efficacia della risposta di coping per prevenire l’evento nocivo ● Autoefficacia L’individuo tende a proteggersi e a curarsi quando la minaccia è massima, si sente vulnerabile o quando le difese non son troppo costose. Rispetto al modello delle credenze sulla salute ha più potere predittivo: la credenza dei soggetti di essere in grado di eseguire un comportamento richiama il concetto il di self-efficacy di Bandura (le credenze sulla propria autoefficacia influenzano le scelte, le aspirazioni, i livelli di sforzo, di perseveranza, di resilienza etc. Indagare sull’autoefficacia quindi permette di predire le condotte dell’individuo in un determinato dominio comportamentale. In questo caso il comportamento sarà dato da una intenzione comportamentale data da suscettibilità + gravità + risposte efficaci + autoefficacia + paura. Suscettibilità Gravità Risposte efficaci INTENZIONE COMPORTAMENTO Autoefficacia Paura V.R. 6 Il modello inoltre prevede anche l’interazione tra valutazione della minaccia di malattia e la valutazione della risposta di coping. L’aumento del grado di pericolosità della minaccia porta a un aumento dei comportamenti preventivi SOLO SE non è associata a una risposta valida e efficace. Limite: non considera i bias di giudizio e le distorsioni nella valutazione come ad esempio l’ottimismo irrealistico (sentirsi meno in pericolo rispetto ad altri). 3. La teoria del comportamento pianificato di Fishbein e Atzen – 1975 Vuole spiegare la relazione tra atteggiamento e comportamento associato e deriva alla teoria dell’azione ragionata. L’aspetto centrale della teoria riguarda i comportamento da adottare che si basano su una valutazione ragionata in base alle informazioni disponibili. Si tratta di un tentativo di inserire nella valutazione i fattori sociali e ambientali come delle credenze normative. Intenzione viene definita come elemento di mediazione tra credenze, atteggiamenti e il comportamento effettivo ed è dato da Credenze + atteggiamenti + norme soggettive + percezione di controllo Critica: non viene valutato il comportamento passato tra le variabili delle intenzioni. Credenze sulle conseguenze del comportamento + INTENZIONE e quindi COMPORTAMENTO Atteggiamento verso l’azione = Valutazione delle conseguenze attese (Positive o negative) Credenze normative (cosa gli altri si aspettano) + Motivazione ad aderire a tali aspettative = Norme soggettive Credenze sul controllo (facilità e difficoltà delle azioni) � Percezione del controllo sul comportamento (Self-efficacy) V.R. 9 3. Pianificazione � da intenzione ad azione. Si decidono le azioni specifiche da attuare e si valutano le risorse utili per sostenere il comportamento 4. Dell’azione 5. Del mantenimento della condotta Le ultime due fasi monitorano e controllano il comportamento. 2. Modello di Rutter, Quine e Chesman – 1993 Analizza le variabili cognitive e socio emotive, gli stili di coping (punto centrale della teoria) che influenzano gli esiti di salute e malattia. Le variabili cognitive e socio emotive influenzano le strategie utilizzate dalle persone per le difficoltà e quindi gli stili di coping determinano i comportamenti. 3. Modello delle anticipatory emoticons - Bagozzi, Baumgartner e Pieters – 1998 Indaga il ruolo della dimensione affettiva nei comportamenti di salute 4. Modello di Brouchon – Schweirtzer Sottolinea l’importanza dei PREDITTORI ovvero di determinanti classiche dello stato di malattia. I predittori sono composti da: � Variabili antecedenti (caratteristiche biologiche, sociali, psicologiche e psicosociali) � Variabili scatenanti (eventi di vita stressanti) L’aspetto innovativo di questo modello è la visione dell’individuo attivo che non subisce passivamente le forze deterministiche e affronta gli eventi stressanti con strategie di tipo percettivo-cognitivo, comportamentale, affettivo e psicosociale. Questi processi sono modulatori, ovvero modulano l’interazione tra individuo e contesto passato e presente aumentando o diminuendo l’impatto dei predittori sull’evoluzione di un processo patogeno e sull’adattamento psicosociale. TEORIA DELLE RAPPRESENTAZIONI SOCIALI Connette gli aspetti individuali e sociali approfondendo lo studio delle idee e delle credenze che guidano i comportamenti di salute e malattia. Si differenzia dalle precedente teorie perchè non fa parte della social cognition. L’autore di spicco è S. Moscovici che nel 1961 definisce le rappresentazioni sociali come concetti, forme di conoscenza, concezioni condivise, teorie del senso comune e spiegazioni che nascono nella vita quotidiana mediante la comunicazione interpersonale. Le rappresentazioni sociali quindi: ❖ Utilizzano un linguaggio e una logica propria V.R. 10 ❖ Vengono utilizzati dagli individui per costruire codici di senso e per co-costruire la realtà sociale ❖ Si inseriscono in tutti i campi della vita sociale (compresa quella privata e intima). ❖ Ogni rappresentazione porta con sé l’insieme dei contenuti propri che diventano patrimonio comune � definisce le rappresentazioni come una struttura dinamica in continuo sviluppo e ricostruzione. Le funzioni delle rappresentazioni sociali sono: ● Organizzare la percezione del mondo ● Consentire di creare un codice condiviso di comunicazione per orientare gli scambi sociali e arrivare a un pensiero condiviso. Possiamo quindi affermare che le rappresentazioni sociali approfondiscono gli aspetti individuali e sociali, interessandosi maggiormente sugli aspetti sociali e collettivi delle persone con un focus sulle concezioni condivise circa il comprendere e controllare l’esperienza. Diventano fattori essenziali la ricerca, la salute e la malattia. L’aspetto più studiato è la logica del sistema di conoscenza del senso comune e i rapporti dei gruppi verso la comprensione delle strutture sociali e la cultura. Ad esempio è emerso che in uno stesso contesto culturale sia presente una grande variabilità di rappresentazioni della salute e della malattia. Ciò dipende anche dalle esperienze di malattia che restano soggettive e specifiche degli attori sociali e delle loro condivisioni con il gruppo. Nello specifico l’obiettivo di questi modelli è di: ▪ Precisare gli aspetti dinamici ponendo attenzione alla variabili che spiegano il passaggio da intenzione a comportamento ▪ Tengono conto sia degli aspetti cognitivi che motivazionali. Risulta quindi rilevante il ruolo delle emozioni. Lo studio di Herzlich del 1969 – aspetti strutturali delle rappresentazioni sociali Si sofferma sul rapporto tra salute e malattia. Da una sua ricerca su un campione di dirigenti e professionisti francesi è emerso che esistono 3 categorie principali di concezione della salute e spiegazione della malattia: 1. Salute come assenza di malattia o “stato dell’essere” 2. Salute da “avere” in quanto patrimonio di risorse e vitalità 3. Salute come “fare” ossia come equilibrio e stile di comportamento. La salute e la malattia sono oggetto di un discorso molto più ampio. Con il suo lavoro, Herzlich tenta di mettere in corrispondenza le categorie individuate per descrivere come viene pensata la relazione tra individuo e società: V.R. 11 individuo sano � società portatrice di patologia La malattia può essere definita sotto tre condizioni: 1. La malattia come distruzione : i soggetti negano la propria condizione di malattia non accettano le cure oppure sono passivi ad essa � annichilimento relazionale e personale 2. La malattia come liberazione: evento eccezionale che irrompe la routine e gli permette di esprimere gli aspetti della propria personalità, i bisogni taciuti, i ripensamenti rispetto alle attitudini precedenti che non attuava in vita. 3. Malattia come professione: parte integrante della vita e della personalità. Viene accettata e vengono utilizzate le modalità per integrare la malattia all’adattamento sociale. In un altro studio Herzlich si concentra sulle dinamiche delle rappresentazioni sociali Quando la malattia diventa componente di un discorso collettivo e si cerca di darne un senso e un’interpretazione. La malattia diviene un “significante”, rinvia al rapporto tra individuo e sociale, permette di porre interrogativi sulle persone non prendendo però necessariamente in considerazione la diagnosi medica e la dimensione corporea. Negli ultimi anni il valore sociale della salute implica il fenomeno della felicità, la responsabilità individuale, il dovere sociale di curarsi e guarire, il documentarsi, il conoscere e ricorrere al medico. Si assiste inoltre a un passaggio di inclusione tra rappresentazione della malattia e rapporto con la medicina in cui da una parte vi sono cure sempre più specifiche sinonimo di consolidamento della volontà di guarire come aspetto determinante della salute e dall’altra l’utilizzo di cure alternative. [Mini riassunto dei modelli per l’esame orale] DIVERSIFICAZIONE DELLE 4 TEORIE DEI MODELLI TEORICI Modelli di aspettativa - valore sono modelli che predicono la probabilità che una persona adotti comportamenti di protezione. Sono direttamente proporzionali alla percezione di minaccia e alla percezione della propria capacità di eseguire un’azione che possa ridurre tale minaccia purché questa non comporti costi e sforzi eccessivi. Questi modelli sono adatti a rilevare le probabilità purchè non si trattino di azioni e comportamenti complessi perché non prendono in considerazione i fattori emozionali, motivazionali e gli aspetti processuali delle azioni. Tra i modelli aspettativa – valore troviamo: 1. Il modello delle credenze sulla salute di Becker e Maiman – 1975 (HBM) 2. La teoria della motivazione a proteggersi di Rippertoe e Rogers – 1987 3. La teoria del comportamento pianificato di Fishbein e Atzen – 1975 V.R. 14 Modulo III DEFINIZIONE DI BENESSERE Il benessere è uno stato caratterizzato dalla presenza di emozioni positive, l’assenza di emozioni negative, soddisfazione per la vita e un funzionamento positivo. L’OMS definisce il benessere come uno stato emotivo, mentale, fisico e spirituale che consente alle persone di raggiungere e mantenere il loro potenziale personale nella società. Il benessere è quindi un aspetto fondamentale della vita che ha influenza su vari aspetti che dell’individuo che sono quello fisico, economico, sociale, emotivo e psicologico. Se parliamo di benessere una prima distinzione è quella tra benessere globale della persona (che comporta un’analisi circa gli aspetti socio-ecologici) e il benessere in base ai soggetti coinvolti (soggettivo). Per salute e benessere globale si intende un aspetto ampio. Con il passaggio da modello biomedico a biopsicosociale al concetto di salute si inseriscono i fattori psicologici e sociali. Salute e malattia non sono più due aspetti distinti o presenti o assenti ma due estremità di un’unica dimensione con gradi e qualità. La salute viene quindi intesa come un processo che mira al raggiungimento di una condizione ottimale che può essere conseguito affrontando giornalmente le minacce sulla stessa e attraverso la costruzione di competenze e lo sviluppo personale e sociale. L’individuo quindi è un soggetto attivo che migliora la sua condizione di salute. Non a caso le prospettive sulla prevenzione mirano sì ad eliminare i fattori di rischio ma anche a sviluppare e potenziare le competenze e le risorse personali educando alla necessità di costruire un contesto di vita sano. Shin e Johnson nel 1978 hanno definito il benessere come una valutazione globale dell’individuo circa la propria qualità della vita. Questa valutazione avviene in base a dei criteri specifici scelti dall’individuo. Sempre l’OMS ha definito, nel 1997, la qualità della vita come la percezione che l’individuo ha rispetto alla posizione nella vita, nel contesto dei sistemi culturali e di valore in cui vive e in relazione ai propri obiettivi, aspettative, standard e preoccupazioni. Questo insieme di sistemi è influenzato dalla salute fisica e psicologica dell’individuo, dalle credenze personali, dalle relazioni sociali e dalle relazioni con gli elementi salienti del proprio ambiente. Martin Seligman ha inserito il concetto di benessere in una prospettiva più dinamica distaccandosi dalle teorie tradizioni che associavano il benessere al raggiungimento della felicità (benessere e felicità spesso utilizzati come sinonimi). Definendo il modello PERMA (emozioni positive, coinvolgimento, relazioni, significato e successo), afferma che per raggiungere la felicità autentica (teoria della felicità autentica) occorre integrare questi fattori. V.R. 15 Quando parliamo del concetto di benessere dobbiamo distinguere due approcci: ● Edonico ● Eudaimonico La prospettiva edonica focalizza l’attenzione sulla felicità, l’affetto positivo, la bassa affettività negativa e la soddisfazione per la vita; la prospettiva eudaimonica invece si concentra più sul funzionamento psicologico e lo sviluppo umano. Nella prospettiva edonica rientra il concetto di benessere soggettivo ovvero la valutazione cognitiva e affettiva che l’individuo attua rispetto alla propria vita. Denier e Suh definiscono il modello SWB (Subjective Well-being) che è costituito da tre componenti: soddisfazione della vita, affettività positiva e ridotto effetto negativo. Il punto centrale di questo modello è proprio la valutazione che l’individuo fa circa le sue aspettative e i suoi desideri. Bisogna tenere presente che il benessere soggettivo ha due componenti: una affettiva e una cognitiva. La componente affettiva è determinata dall’esperienza di sentimenti piacevoli e spiacevoli; la componente cognitiva fa riferimento alla valutazione personale o i pensieri circa la soddisfazione della vita che aspetti e aree più specifiche. La presenza di un elevato benessere cognitivo è sinonimo di soddisfazione dei bisogni e raggiungimento degli obiettivi personali. Denier afferma inoltre che il benessere positivo è dato da: 1. Presenza di soddisfazione personale per la vita 2. Presenza di affect piacevole 3. Assenza di affect spiacevole. Il senso di soddisfazione lo si raggiunge quindi in presenza di emozioni positive come la felicità, la soddisfazione e la visione positiva della propria vita. E la soddisfazione della vita viene valutata secondo dei criteri del tutto personali. Gli strumenti per la valutazione e la misurazione empirica del benessere soggettivo sono numerosi. Vi è stato inserito come parametro necessario, quello relativo alla qualità della vita che viene valutato anche in ambito della sociologia, economia e medicina. La ricerca sul benessere soggettivo studia e analizza i fattori che influenza il benessere. Questi fattori vengono ricercati nel: � Ruolo della personalità � Processi psicologici � Cultura � Fattori psicosociali � Eventi generali di vita Dagli studi effettuati è risultato che le persone oggettivamente più svantaggiate non sono necessariamente insoddisfatte o infelici. V.R. 16 Per distinguere e valutare meglio il benessere oggettivo e quello soggettivo sono stati proposti altri strumenti per rilevare l’esperienza emozionale del benessere che rispettano maggiormente il contesto ecologico. Inoltre è stata ipotizzata e indagata una suddivisione della felicità in due gruppi (in riferimento alle prospettive teoriche e le tradizioni di pensiero della filosofia greca classica), dividendo in: ▪ Felicità fondata sui piaceri e le soddisfazioni ▪ Felicità come sviluppo delle proprie potenzialità e realizzazione. Il limite della ricerca sul benessere soggettivo è che non rileva e distingue rispetto ai disturbi mentali. Infatti anche persone con disturbi mentali possono provare stati affettivi piacevoli e con questo modello non è possibile valutare la presenza del disturbo. Nella prospettiva eudaimonica rientra invece il benessere psicologico inteso come la percezione circa l’importanza o la significatività della propria vita. Le correnti di pensiero che identificano il funzionamento psicologico ottimale sono; 1. Psicologia umanistica 2. Salute mentale 3. Psicologia dello sviluppo Life-Span 4. Prospettive sulla motivazione Vari autori si sono pronunciati in relazione al benessere psicologico; troviamo: Seligman - 2002 I criteri del benessere riguardano un insieme di caratteristiche personali intese come tratti di personalità a livello cognitivo, emotivo, conativo, interpersonale. Aspinwall e Staudinger – 2003 I criteri del benessere riguardano un insieme di processi psicologici e psicosociali (ad esempio il problem solving). Queste caratteristiche incidono sulla percezione di sé o di sé in rapporto con l’ambiente esterno. I modelli di funzionamento ottimale della persona sono: 1. Modello del benessere psicologico di Carol Ryff (1989) 2. Teoria dell'autodeterminazione di Deci e Ryan (1985) 3. Modello dell’esperienza ottimale o flow (Csikszentimihalyi – 1975 e Delle Fave – 2004) Si legge: cieksentmiai V.R. 19 Modulo IV EMOZIONI E SALUTE La psicologia della Salute studia e indaga i fattori emozionali legati allo stato di salute e quindi il ruolo dei processi emozionali sulla salute. Le nostre emozioni hanno degli effetti sulla nostra salute e sui nostri comportamenti di salute, portandoci a mettere in atto comportamenti per il miglioramento o il peggioramento di questa. L’idea che esistesse una correlazione tra emozione e salute risale ai tempi di Ippocrate (antica Grecia) ed è stata poi portata avanti dalla medicina psicosomatica. Solo di recente però è entrata a far parte degli interessi della psicologia. Al riguardo ricerche sulle emozioni hanno portato allo sviluppo di due ipotesi: 1. Le emozioni negative peggiorano la salute; in ogni caso non necessariamente portano ad ansia e depressione. 2. La manifestazione delle emozioni, anche se negative, influisce positivamente sulla salute La prima ipotesi è stata verificata da Keicolt e Glaser nel 1987. Gli studiosi hanno verificato la correlazione tra separazione coniugale e effetti di questa sul sistema immunitario. I risultati hanno evidenziato una ipofunzione in donne separate, ma il disagio espresso non riconduceva a depressione; �con lo studio è stato definito che un’emozione negativa non necessariamente incide in maniera pregiudizievole sullo stato di salute anche se si manifesta sotto forma di ansia. La seconda ipotesi possiamo ricondurla all’assunto di FREUD sull’angoscia intesta come segnale di pericolo. Altri autori hanno studiato la depressione come strumento utile per la regolazione dell’autostima come ad esempio Bibring, Engel e Kaufman. Dafter (1996) definisce le espressioni emotive come un armadietto dei medicinali: ognuna di esse è fonte di manifestazione dei propri bisogni personali nonché delle azioni utili a soddisfarli; se mancano questi farmaci non abbiamo segnali informativi circa la nostra identità e il modo di rapportarci con gli altri. In definitiva è possibile affermare che le emozioni sono elementi essenziali per il nostro corpo e la nostra mente ai fini dell’adattamento all’ambiente e il rafforzamento del sistema immunitario. Nell’ambito della correlazione tra salute e emozioni negative, molti studi hanno trovato che il neuroticismo (tratto di personalità che consiste nella tendenza di esperire prevalentemente emozioni negative) è positivamente associato allo stress e ad un cattivo stato di salute. Infatti individui neurotici che manifestano più frequentemente e più intensamente emotività negativa hanno un rischio maggiore di sviluppare malattie gravi, rispetto a chi invece ha una emotività positiva. V.R. 20 Gioia, felicità e azioni comportamentali associate a queste emozioni come sorridere e ridere aumentano le emozioni positive e migliorano anche il funzionamento del sistema immunitario difendendo l’individuo da malattie respiratorie. Benefici sono stati riscontrati anche in malattie cardiovascolari: l’ottimismo promuove il recupero da interventi coronarici, riduce il rischio di angina e infarto e migliora il funzionamento polmonare. Nel lungo termine inoltre le emozioni positive sono associate alla longevità. Da sottolineare, oltre ai benefici fisici, quelli relativi alla salute mentale. Strategie di coping associate al mantenimento delle emozioni positive aiutano ad affrontare lo stress e l’umore depresso. Esiste anche un effetto indiretto delle emozioni sulla salute che non deve essere sottovalutato. L’emotional eating o (mangiare per placare e gestire le emozioni) o il binge eating (l’abbuffata che può portare alla bulimia) sono degli esempi eclatanti. Inoltre chi soffre di un disturbo del comportamento alimentare manifesta ulteriori problemi fisici quali alterazioni ormonali e irregolarità mestruali, modifiche sul metabolismo con la riduzione della frequenza cardiaca e pressione arteriosa, ulcere e lacerazioni della mucosa della bocca, gonfiore addominale etc. Gli effetti negativi sull’organismo sopra citati determinano un tasso di mortalità di circa il 5%. Lo studio di Lydia Temoshok del 1985 ha potuto infine dimostrare che più un’espressione emotiva risulta ridotta più questa sarà indice di un peggiore stato di salute. E’ stata infatti evidenziata come la scarsa capacità di espressione emotiva, in particolare dell'aggressività (personalità di tipo C) risultasse essere un precursore della patologia tumorale. V.R. 21 ALESSITIMIA L’alessitimia è l’incapacità di esprimere a parole le emozioni. Il termine deriva dal greco: “a-” sta per mancanza, “lexis” per parola e “thymos” per emozione e si traduce dunque in “mancanza di parole per (esprimere) emozioni”; fu coniato dagli psichiatri John C. Nemiah e Peter Sifneos, durante uno studio sullo stile cognitivo di pazienti con malattie psicosomatiche classiche ma l’origine del disturbo può essere ricondotto alla scuola psicoanalitica francese e allo psichiatra e psicoanalista Pierre Marty, il quale, sulla base dei resoconti clinici condotti su pazienti con le medesime malattie dei suddetti, definì l’esistenza di una particolare struttura della personalità che non permetteva di integrare i traumi psichici in modalità non somatiche. Infatti molti pazienti non riuscivano ad esprimere fantasie e associazioni con contenuti immaginativi e che il contenuto dei loro pensieri era piatto, basato su una realtà schematica e su aspetti concreti. La rappresentazione emozionale risultava essere estremamente povera. Importante è sottolineare che i soggetti alessitimici non sono in assoluto incapaci di provare emozioni, non riescono però a identificarle, comunicarle e di analizzare le motivazione dei sentimenti e del pensiero orientato all’esterno. L’interpretazione di questi si basa solo su dati e caratteristiche obiettive. Va da sè che, il soggetto alessitimico avrà difficoltà a sviluppare l’empatia e a comprendere le emozioni altrui. Può essere indagata attraverso strumenti psicometrici come la TAS- 20 (Toronto Alexithymia Scale). Attraverso gli studi sono stati identificati dei caratteri comuni su tutte le persone alessitimiche: ● difficoltà ad identificare un’emozione e a distinguerla da altre ● difficoltà a comunicare le emozioni e a descriverle ● incapacità di soffermarsi sulle motivazioni dei sentimenti e pensiero orientato all’esterno (i dati interpretati sono solo quelli effettivi, con caratteristiche obiettive, mancanza di fantasia). I caratteri accessori del disturbo sono: ● sintomi somatici ● esplosioni di sensazioni (collera o pianto) senza sapere il motivo ● alternanza tra atteggiamenti evitanti e comportamenti dipendenti ● ridotta capacità empatica e di comprensione delle emozioni altrui Taylor - 1994 Definisce l’alessitimia come un disturbo della regolazione affettiva che coinvolge il dominio cognitivo-esperenziale dei sistemi di risposta emotiva e della regolazione interpersonale delle emozioni. Le emozioni infatti si manifestano a livello individuale su tre versanti: fisico, motorio/comportamentale, cognitivo/esperienziale. V.R. 24 Altri autori si sono occupati di indagare il legame tra rapporto con l’accudente e lo sviluppo delle emozioni. Possiamo citare: Melanie Klein e la teoria delle relazioni oggettuali in cui la madre funge da oggetto per le pulsioni del figlio il quale svilupperò le due posizioni (schizoparanoide e depressiva) per poi arrivare alla identificazione proiettiva ai fini di una maggiore integrazione dell’Io e la differenziazione con la realtà esterna. Donald Winnicott che definisce l’Io dell’infante immaturo e il bambino fragile. Necessariamente è totalmente dipendente dalla madre che risponderà ai suoi bisogni e rafforzando l’Io del bambino attraverso le sue cure. Attraverso questa esperienza il bambino riuscirà anche a gestire le richieste dell’Es che a loro volta, se soddisfatte, rafforzeranno l’Io. Heinz Kohut che con i suoi studi sul disturbo narcisistico arriva alla conclusione per cui il bambino per sviluppare deve soddisfare i bisogni narcisistici che dapprima dovranno essere soddisfatti dai genitori per lui arrivando poi al concetto dell’internalizzazione trasmutante, funzione che permette al bambino di internalizzare le risposte emozionali così da autoregolare le proprie emozioni e di adattarsi secondo la propria autonomia. Kohut inoltre definisce l’empatia come il sesto senso, ovvero l’abilità di percepire i vissuti emotivi e stati mentali dell’altro e permette un’introspezione del paziente “mettendosi nei suoi panni” e svolgendo per lui un’analisi di cui non è capace. Secondo Kohut è il modo migliore di raccogliere le informazioni di carattere psicologico e comprendere la loro esperienza interiore che non è accessibile direttamente. Ipotizza che l’assenza di empatia da parte dei genitori faccia sì che il bambino venga trattato come un oggetto o come l’estensione del genitore stesso. Il bambino non può mettere in discussione il contesto in cui sta crescendo e sente un senso di colpa nel desiderare ciò che il genitore non riesce a dargli. L’empatia ha una linea di sviluppo. Nasce con il genitore che lo tiene in braccio e si esprime con una costante affettiva attraverso le espressioni facciali e verbali. Si evolve con la comprensione verbale e simbolica e con l’esperienza della vicinanza fisica. L’interazione emotiva è la base della capacità di capire sé e gli altri. L’assenza di un contesto empatico determina una profonda angoscia di annichilimento e disintegrazione che porta l’individuo a non sentire il bisogno basilare dell’essere umano: l’affermazione della propria esistenza psichica. John Bowbly con la Teoria dell’Attaccamento in cui si afferma che il rapporto tra madre e figlio è qualcosa di più di quello strumentale e che la ricerca dell’oggetto è dovuta da un sistema motivazionale primario. Il bambino non stringe rapporti con i caregivers perché devono soddisfare i suoi bisogni ma perché è geneticamente disposto a farlo. Allo stesso tempo i genitori hanno una propensione innata ad aiutare il figlio. LA STRANGE SITUATION Mary Ainsworth ha identificato differenti stili di attaccamento e ha ideato la Strange Situation, ovvero un metodo di valutazione affidabile che attraverso l’osservazione permette di classificare lo stile di attaccamento del bambino (12-24 mesi) in base al suo modo di reagire al momento della separazione e alla successiva riunione con la madre e di fronte a persone a lui estranee. V.R. 25 Si tratta di una sequenza di 8 episodi di 3 minuti ciascuno in cui il bambino viene sottoposto a stress crescente: 1. Vengono fatti entrare figlio e accudente in una stanza apposita e lasciati soli 2. Nella stanza sono presenti dei giocattoli in un angolo. Il bambino ha la possibilità di esplorare l’ambiente e giocare; 3. Entra un estraneo che si siede in silenzio, poi parla prima con il genitori e successivamente coinvolge il figlio in qualche gioco; 4. Il genitore esce e lascia il figlio con l’estraneo; 5. Il genitore rientra nella stanza ed esce lo sconosciuto; 6. Il genitore lascia di nuovo il bambino lasciandolo quindi solo; 7. Entra l’estraneo e se necessario cerca di consolare il bambino; 8. Il genitore rientra nella stanza. La classificazione avviene in base a comportamento esplorativo, reazioni emotive e risposte sulla riunione. Vi sono 4 stili di attaccamento: A] Insicuro-Evitante B] Sicuro C] Insicuro-Ambivalente D] Disorganizzato/Disorientato (bambini che non rientrano nei primi 3). Modello A � Insicuro - Evitante Il bambino esplora volentieri l’ambiente, non protesta quando si separa dalla madre e gioca indisturbato. Evita la madre quando si riavvicina. Modello operativo: sostanziale rifiuto o mancato riconoscimento delle richieste di attaccamento. Hanno sperimentato più volte la difficoltà di accedere alla figura di attaccamento e hanno imparato a farne a meno concentrandosi sul mondo inanimato piuttosto che sulle persone. Le madri di questi bambino sono intrusive, controllanti o eccessivamente rifiutanti. Modello B � Attaccamento Sicuro Il bambino esplora volentieri l’ambiente alla presenza della madre. Protesta quando si separa. Si lascia consolare quando torna. Non ci sono manifestazioni di affetti negativi, ambivalenti o di rifiuto verso il caregiver. Gioca in maniera libera, curiosa e flessibile mantenendo un’attenzione equilibrata tra l’ambiente e la madre (i due poli). Le madri sono sensibili, accoglienti e emotivamente disponibili. Modello C � Attaccamento insicuro-ambivalente Il bambino è agitato o passivo e non riesce a coinvolgersi nell’esplorazione. Durante la separazione è molto turbato e angosciato. Nella riunione alterna rabbia o rifiuto. Non si calma neanche con il conforto del genitore. I bambini, avendo sperimentato l'imprevedibilità della madre tendono a tenerla molto vicina rinunciando a qualsiasi movimento esplorativo autonomo. Modello D � Attaccamento disorientato-insicuro. Comportamenti contraddittori e mal orientati. V.R. 26 Sin dalla separazione: comportamenti disorganizzati e non finalizzati. Rimane immobile, si dondola, si copre gli occhi quando vede la madre. Queste manifestazioni sono associate a storie di abusi e maltrattamenti sin da piccoli da parte del genitore o a storie di traumi irrisolti della figura di attaccamento compresi i lutti o altre perdite traumatiche. Il genitore è apprensivo e il bambino ha una sorta di cortocircuito del sistema di attaccamento: rappresenta sia la fonte del conforto che della paura. Poiché poi il bambino vive la realtà attraverso la madre, riceverà sempre un messaggio di pericolo dalla madre, diventando per lui una minaccia. Secondo l’autrice e collaboratori, le differenze qualitative del tipo di attaccamento sono determinate dalla sensibilità mostrata dalla madre nei confronti del bambino nei primi mesi di vita. L’attaccamento dipende dalla cure materne ricevute e esistono correlazioni tra il tipo di comportamento del bambino e l’atteggiamento della madre: ● Bambini sicuri = madri rispondono in modo sensibile e appropriato alle richieste del bambino ● Bambini evitanti = madri indisponibili, rifiutanti e ostili alle richieste del bambino. Avversione al contatto fisico e infastidite se il bambino cerca conforto e protezione. Il bambino sviluppa una scarsa fiducia in relazione alle sue difficoltà e tende a mantenere un atteggiamento di autosufficienza e minimizzante per paura del rifiuto. ● Bambini ambivalenti = madri atteggiamento imprevedibile e incoerente. A volte affettuose a volte indisponibili. Il bambino è incerto sulla disponibilità della madre e sulla protezione. Evitano, non rischiano. ● Bambini disorientati-disorganizzati = riscontrata nelle madri un lutto non elaborato, una violenza subita nella loro infanzia, o disturbo grave bipolare. Madri con comportamento spaventato e il bambino è disorientato. Tali osservazioni sugli atteggiamenti delle madri indicano che il bambino costruisca un comportamento di attaccamento in conseguenza e in risposta all’ambiente. V.R. 29 ● Violenza e molestie di natura psicologica ● riduzione della produttività ● errori e infortuni ● aumento dei costi di indennizzo o delle spese mediche Le principali cause di stress sul lavoro sono: ● Innovazioni apportate alla progettazione, organizzazione e gestione lavoro ● precarietà ● aumento del carico e ritmo del lavoro ● elevate pressioni emotive esercitate sui lavoratori ● violenza e molestie di natura psicologica ● scarso equilibrio tra lavoro e vita privata Lo stress è un problema trasversale che riguarda qualsiasi settore e le aziende di ogni dimensione. Può colpire sia il singolo individuo che specifiche aree aziendali incidendo negativamente sul potenziale produttivo di tutta l’organizzazione. Per questo rispettare l'obbligo della valutazione e prevenzione dello stress è importante perché contribuisce al benessere aziendale sia in termini economici che ambientali. E’ importante quindi che tutti i soggetti abbiano la consapevolezza del rischio e che si adottino le giuste misure di prevenzione affinché ci sia: ● una riduzione dei costi ● miglioramento del clima aziendale ● riduzione dell’assenteismo e delle assenze per malattia ● riduzione dei turn over ● aumento della motivazione dei lavoratori IL D.LGS. 81/08 - TESTO UNICO SULLA SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO → DOMANDA: “VALUTAZIONE DEL RISCHIO” ha come obiettivo l’individuazione, la prevenzione e la gestione dei problemi stress-lavoro concentrandosi sui segnali dell'azienda e del lavoratore. L’art. 29 definisce la modalità di effettuazione della valutazione dei rischi: il datore deve effettuare la valutazione ed elaborare il documento in collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e con il medico competente. Qualora non venisse effettuata la valutazione dei rischi e la redazione del programma il datore di lavoro rischia: ● arresto da 4 a 8 mesi ● ammenda da 5mila euro a 15mila euro V.R. 30 Se invece manca il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza, l’ammenda sarà dalle 3mila alle 9mila euro. Colui che deve occuparsene è il responsabile del servizio di prevenzione e protezione. Per farlo deve possedere un attestato di frequenza con verifica di apprendimento a specifici corsi di formazione in materia di prevenzione e protezione. STRESS E BENESSERE ORGANIZZATIVO SONO IN RECIPROCA RELAZIONE Per benessere organizzativo si intende la capacità dell’organizzazione di promuovere e mantenere il più alto grado di benessere fisico, psicologico e sociale dei lavoratori in ogni tipo di organizzazione. E’ quindi importante occuparsi dei fattori organizzativi di rischio che risultano essere potenzialmente stressogeni e proporre azioni di promozione del benessere all’interno dell’azienda stessa. Bisogna sempre tenere presente che la performance dei lavoratori e dei servizi erogati da un’organizzazione sono determinati dal livello della qualità della vita negli ambienti di lavoro. ACCORDO EUROPEO SULLO STRESS A LAVORO La Comunità Europea nel 2004 ha sancito questo accordo definendo che lo stress non p una malattia ma un'esposizione prolungata allo stress può ridurre l'efficienza sul lavoro e causare problemi di salute. Con questo accordo si vuole offrire ai datori di lavoro e ai lavoratori un modello che consenta di individuare e prevenire i problemi di stress lavorativo. Sono quindi stati promossi una serie di interventi riguardanti: ● la struttura e i ruoli organizzativi ● l’innovazione tecnologica ● i processi organizzativi ● la cultura organizzativa Questi interventi vengono attuati tramite piani di comunicazione, formazione, modifica di norme e procedure e intervenendo sull’organizzazione del lavoro. ASPETTI APPLICATIVI SULLA VALUTAZIONE DEL RISCHIO STRESS CORRELATO AL LAVORO Intervento sulla valutazione del rischio a. fase di raccolta dati V.R. 31 b. fase di restituzione dati c. piano di ricerca e interventi Le diverse dimensioni dello stress emerse nell’indagine vengono inserite in macrofattori specifici all’interno di macro aree che permettono di rilevare tutte le criticità. STRUMENTI APPLICATIVI Tra gli strumenti applicativi troviamo il QUESTIONARIO SUL BENESSERE ORGANIZZATIVO (O.H.Q.) ideato da F. Avallone e A. Paplomatas nel 2002 che indaga le dimensioni più comunemente associate alla condizione di benessere organizzativo. E’ suddiviso in 14 concetti o dimensioni che si traducono in domande del questionario e mediante l’analisi dei risultati è possibile studiare le fonti di rischio correlato allo stress sui luoghi di lavoro. E’ composto da 64 items e per completarlo si impiega circa 1 ora e ½ . Altro strumento applicativo importante è il FOCUS GROUP Questo permette di facilitare l’individuazione di eventuali rischi psicosociali correlabili allo stress da lavoro; inoltre permette di evidenziare altre problematiche correlate ai rischi da stress, di accogliere proposte concrete di miglioramento e di indagare su dimensioni gruppali e non solo individuali. Il focus group prevede la divisione in gruppi in 8/12 partecipanti per discutere su tematiche riguardanti lo stress lavorativo , i rischi, le cause e gli effetti delle problematiche. La conduzione dei focus è tenuta da psicologi del lavoro con esperienza in questo ambito. Questro strumento applicativo nasce negli anni ‘40 con R.K. Merton con il nome “intervista focalizzata” e veniva utilizzato per verificare l’efficacia di alcuni programmi radio sponsorizzati dal governo statunitense. Nel tempo questa tecnica è stata utilizzata per rilevare le opinioni sociali e per indagare in profondità su aspetti importanti come: 1. centralità del gruppo inteso come luogo di informazioni 2. interazione tra soggetti rispetto a un argomento specifico 3. informazioni di natura qualitativa 4. presenza di un intervistatore La conduzione segue più o meno una traccia strutturata proponendo degli stimoli ai partecipanti. E’ importante che vi sia la presenza di uno o più conduttori per garantire una struttura e un setting che possa facilitare la comunicazione tra membri. Durante i focus i partecipanti interagiscono tra di loro discutendo e confrontandosi su un determinato tema. I conduttori valutano la interazione che si crea tra i partecipanti. Il tempo massimo è di 1 o 2 ore. FASI DI UN PROGETTO DI INTERVENTO IN AMBITO DI VALUTAZIONE DEL RISCHIO STRESS-CORRELATO AL LAVORO V.R. 34 ● che tali criteri interferiscono significativamente nell’ambiente dell’individuo (lavoro, rapporti sociali, relazioni con gli altri) ● che i deficit non si manifestano esclusivamente durante un delirium Il percorso diagnostico è suddiviso in due parti: ● identificazione: � storia clinica, esame clinico, esame generale e neurologico, valutazione dell’autonomia e funzionamento globale ● Eziologia: � esami di laboratorio, esame neuropsicologico, neuroimaging funzionale e morfologico, EEG Per quanto riguarda la terapia farmacologia si cerca di elevare i livelli di acetilcolina cerebrale attraverso l’inibizione dell'acetilcolinesterasi con una modulazione allosterica positiva dei recettori colinergici nicotinici. Sarebbe inoltre opportuno riuscire a individuare precocemente chi può sviluppare l’alzheimer per poter attuare la prevenzione e quindi delle strategie terapeutiche e interventi gestionali per migliorare la qualità di vita dei soggetti. COME MAI LO STUDIO DELL’ALZHEIMER SI CONCENTRA SULL’OPERATORE SANITARIO? [UN ESEMPIO DI PROGETTO DI RICERCA: IL VISSUTO DEGLI OPERATORI DI UN CENTRO ALZHEIMER] L’alzheimer, così come le altre malattie estremamente invalidanti e degenerative, inevitabilmente comportano un impegno estremo degli operatori sanitari che si trovano ad dover affrontare dei vissuti emotivi importanti. Per questo è stata effettuata una ricerca in 90 RSA della Lombardia; L’ipotesi di ricerca è rappresentata dal contatto costante con un paziente che manifesta una patologia così altamente alienante, come l’alzheimer può condurre l’operatore a sperimentare sentimenti di tristezza, frustrazione, impotenza e paura di essere, un giorno, vittime della stessa malattia. Non tutti gli operatori sanitari riescono a gestire l’emotività individuale e del paziente che si vede costretto a perdere una parte di sè e spesso si sente incompreso. Si pensi a come l’alzheimer agisce: porta alla perdita dei ricordi, di vissuti di vita, di dignità perchè non si riesce più a muoversi e a gestire i propri bisogni primari. Per poter assicurare ai pazienti delle buone cure occorre verificare e assicurarsi che gli operatori sanitari siano in grado di gestire tali emozioni e che non si sobbarchino dello stress emotivo. V.R. 35 La ricerca coinvolge l’équipe multidisciplinare di un Centro Diurno Alzheimer Rilevazione dei dati: psicoterapeuti, psicologi, animatori, assistenti sociali, operatori socio-assistenziali e il presidente e coordinatore della struttura. Per la rilevazione dei dati si hanno due fasi: ● fase preliminare in cui si ha un’intervista nei locali del centro diurno agli operatori; viene calcolata l’età media degli intervistati, rilevate le professioni e effettuata una differenziazione in base al sesso; ● l’intervista (circa 60 minuti) in cui si indaga le diverse aree tematiche cruciali, viene somministrata individualmente e vengono create 4 versioni adatte ai ruoli La aree tematiche indagate sono: ● definizione del ruolo; ● definizione del luogo lavorativo ● periodo di decorrenza lavorativa ● livello di soddisfazione e gratificazione lavorativa ● relazioni con colleghi e superiori ● situazione familiare ● rappresentazione della malattia ● stato emotivo ● descrizione di episodi significativi ● rappresentazione del Sé e dello stile di vita ● comunicazione ● capacità di riconoscimento dei cambiamenti avvenuti in seguito alla professione svolta ● descrizione del Sé attraverso un’immagine ● aspettative circa l’intervista. Le interviste verranno audio-registrate e in seguito integralmente trascritte e rielaborate attraverso il software Atlas.ti. che permette l’analisi qualitativa degli elementi testuali. LA RICERCA QUALITATIVA La ricerca qualitativa si occupa di tutti quegli aspetti dell'esperienza umana che impongono l'inclusione del vissuto dell' individuo il quale poi a sua volta intreccia il contesto storico dell'esperienza soggettiva e il contesto attuale della rilevazione. Il vissuto viene compreso attraverso il linguaggio dell’individuo. Se ne studia quindi le modalità di comunicazione e gestione delle emozioni. La ricerca qualitativa si focalizza sugli eventi che accadono naturalmente e sugli eventi ordinari nei contesti naturali per comprendere e conoscere la vita reale. Non si ha il controllo delle variabili di disturbo. Le caratteristiche della ricerca qualitativa sono: V.R. 36 ● assenza dalla matrice dati ● non ispezionabilità della base empirica ● carattere informale delle procedure di analisi ● non esiste un ordine preciso dei passaggi E’ possibile affermare che a ricerca qualitativa si conferma come strumentazione che permette di esplorare ciò che appare ancora allo stadio di singolarità: in un determinato momento storico le capacità tecnologiche superano la capacità di comprendere la complessità dell’essere umano. SOFTWARE E METODI QUALITATIVI PER L’ANALISI TESTUALE Tra i software troviamo la Grounded Theory che si concentra sulla ricerca di unità di significato a partire dai trascritti e materiale clinico. E’ una teoria che parte dal basso verso l’altro, ottenendo i dati in modo sistematico da una ricerca. L’analisi dei dati avviene tramite processo di codifica (coding). Con questo processo si individua il significato la categoria concettuale dell’insieme dei dati che sia il più vicino possibile alle parole dei partecipanti. Si confrontano poi le categorie concettuali e si arriva a un significato più generale; si può anche collegare una unità di significato ad un’altra con un valore semantico simile restringendo ulteriormente le categorie ma lasciando altresì la possibilità di risalire alla fonte originale. La Grounded Theory è quindi un movimento a spirale e non lineare. Non solo “avanti e indietro”, ma anche collegamenti con altre categorie purchè le unità di significato abbiamo un valore semantico simile. Di seguito, attraverso particolari procedure, è possibile categorizzare ulteriormente per arrivare a degli output credibili e riconosciuti dalla comunità scientifica perfettamente coerenti con i piano epistemologici e metodologici della ricerca. I programmi si dividono in Theory-Driven e Word-Driven. Tra i Theory-driven rientra Atlas.ti., un sistema utilizzato per l’analisi qualitativa dei testi perchè permette di costruire categorie e relazioni tra categorie al fine di creare delle classificazioni che prevedono delle ulteriori categorie sovraordinate. ATLAS.TI è uno strumento finalizzato all'elaborazione di modelli teorici al fine di dare significato e fenomeni e processi psicologici, arrivando a delle definizioni scientifiche. Si ritrovano due modalità di lavoro: testuale e concettuale. Nel primo livello si segmenta e si codifica il materiale, nel secondo si costruisce un modello teorico. Le informazioni vengono analizzate tramite 3 livelli di analisi: V.R. 39 Modulo VII PROMOZIONE E EDUCAZIONE ALLA SALUTE Promozione Lo stato di salute è inteso come il raggiungimento attivo di un sano stile di vita perseguito tramite la promozione e l’educazione sia a livello individuale che collettivo. L’OMS - 1986 definisce la PROMOZIONE DELLA SALUTE come l’intervento multifattoriale per affrontare le diseguaglianze sociali attraverso l’opportunità di raggiungere e preservare la salute; per fare ciò occorre: ● incrementare la prevenzione ● rafforzare le strategie di coping ● migliorare la qualità della vita Aboud - 1998 definisce la promozione come azione divisa su 3 livelli: 1. Livello politico: adozione di strategie che richiedono risorse e accessibilità 2. livello sociale: sviluppare sistemi di comunità a sostegno dei comportamenti di salute 3. livello educativo: strategie per fornire a persone e conoscenze, gli atteggiamenti e le abilità per migliorare la salute in ambito sociale (ad esempio la famiglia). EMPOWERMENT con questo termine si intende il processo per migliorare la qualità della vita. E’ la capacità/potere di incrementare, controllare e migliorare i fattori che influenzano la salute. EDUCAZIONE una delle più importanti strategie per la promozione della salute e del benessere sia per il singolo per la collettività. Proprio tramite l’educazione è possibile incrementare le capacità dell’individuo e della collettività. L’educazione mira alla consapevolezza sui comportamenti e sullo stile di vita. E’ necessario che le persone mettano in atto volontariamente e autonomamente determinati comportamenti per favore i processi saltuari. Per questo si promuove la modifica di comportamenti e dei fattori interpersonali (atteggiamenti e credenze) che sono alla base dei comportamenti stessi. Questo tipo di approccio, dagli anni ‘80, ha modificato la visione della salute andando a coinvolgere l’individuo come parte attiva e la comunità. A livello comunitario poi si sono attivate e modificate le politiche sociali sottolineando l’importanza dell’ambiente che diventa partecipe dello stato di salute. McDonald (1998), alla fine degli anni ‘90, ha proposto una classificazione degli ambiti di attività che rientrano nella promozione della salute: 1. educazione/comunicazione 2. prevenzione delle malattie V.R. 40 3. protezione della salute Ewles e Simmel (1999) individuano 7 attività principali: 1. Programmi di educazione alla salute (strategie per autostima e empowerment) 2. Servizi sanitari di tipo preventivo (check-up e screening) 3. Lavoro nelle comunità (gruppi auto-aiuto, coinvolgimento delle persone per individuare problemi e soluzioni) 4. Sviluppo organizzativo (programmi in organizzazioni per beneficio clienti/utenti) 5. Politiche pubbliche sane 6. Misure sulla salute ambientale (salute pubblica) 7. Attività economiche regolatorie MODELLI DI INTERVENTO EDUCATIVI E DI PROMOZIONE ALLA SALUTE I principali modelli, che si basano tutti e tre sulla COMUNICAZIONE, sono: 1. Modello del fornire informazioni 2. L’approccio del Self-empowerment o centrato sulla persona / sviluppo personale 3. I modelli di sviluppo delle comunità 1. Modello del fornire informazioni Questo modello si focalizza a livello individuale e consiste nel trasmettere informazioni sulla salute insistendo sulle abitudini, spiegando l’efficacia dei comportamenti pro-attivi e ammonendo i rischi e pericoli. Si basa infatti sulla comunicazione persuasiva (pertanto è un modello superato) facendo leva sulle conoscenze e le credenze dell’individuo che devono essere modificate, andando così a modificare il comportamento. La teoria alla base del primo modello è infatti la cognitiva comportamentale: i processi cognitivi e emozionali che vengono attivati dovrebbero modificare gli atteggiamenti e di conseguenza i comportamenti; con la teoria dell’apprendimento (A. Bandura), i nuovi comportamenti vengono poi rafforzati. Il messaggio educativo viene trasmesso in modo individuale e unilaterale. 2. L’approccio del Self-empowerment o centrato sulla persona/sviluppo personale Mira a rafforzare l’autostima e la fiducia in se stessi per far sì che l’individuo agisca in prima persona. E’ un approccio che si basa sul training di tipo assertivo, il self-help, e il lavoro di gruppo. Tramite questo modello le persone sono incentivate a diventare indipendenti e acquisire comportamenti sani. V.R. 41 3. I modelli di sviluppo della comunità Coinvolgono le persone nella progettazione e strutturazione degli interventi educativi. Il presupposto di partenza è che il gruppo sia in grado di identificare un bisogno e un problema. Si tratta quindi di una applicazione a livello comunitario del self-empowerment. Il secondo e terzo modello sono invece più coerenti con il modello ecologico e pertanto più attuali: ● si considerano le persone come fosse soggetti attivi e inseriti in una trama complessa di reti sociali ● il gruppo diventa uno strumento operativo. Il gruppo è inteso sia come entità già preesistente (ad esempio la famiglia) che come realtà creata appositamente per i fini dell’intervento (gruppo di lavoro). I processi e le dinamiche del gruppo sono maggiormente efficaci nel generare e veicolare le informazioni, le decisioni, le soluzioni e influenzare i comportamenti di salute con effetti più duraturi. Le tecniche più usate sono: ● discussioni di gruppo ● brainstorming ● soluzioni collaborativa ai problemi ● presa di decisioni collettiva ● uso di fonti esperte interne al gruppo A livello più ampio troviamo gli INTERVENTI DI COMUNITÀ in questo caso le tecniche di intervento più idonee dovranno tenere conto di alcuni fattori tra cui: ● struttura dei ruoli ● distribuzione del potere ● accesso differenziale alle risorse e opportunità ● relazioni trai membri Questo tipo di interventi prevedono il lavoro di rete, il coinvolgimento dei membri di comunità, e iniziative e incontri pubblici. Tramite questi approcci interpersonali e comunitari è possibile comprendere meglio il livello di funzionamento di una comunità e attuare le giuste strategie al fine di un cambiamento del sistema sociale. Si renderà più palese quindi anche l'empowerment della comunità e delle organizzazioni. V.R. 44 Infatti scuola e ASL hanno obblighi di legge riguardanti l’assolvimento di compiti relativi all’educazione della salute. Le strategie di intervento più utilizzate sono: ● lezioni frontali ● uso di video e filmati ● lavoro di gruppo ● educazione socio-affettiva ● role-playing ● metodi dei casi La peer education è un particolare intervento in cui le attività di formazioni vengono condotte da adulti esperti a gruppi di persone specifiche (giovani) che a loro volta diventeranno degli esperti per altri gruppi di pari creando così un effetto a cascata che favorisce l’emergere delle risorse del gruppo e l’iniziativa autonoma. Il luogo di lavoro è un setting privilegiato per l’intervento sulla popolazione adulta occupata professionalmente. I contesti lavorativi possono essere sia fonte di stress e che di sostegno sociale. Il luogo di lavoro può essere reso più sano andando a modificare e migliorare altri fattori come la riduzione delle assenze e gli incidenti. I metodi maggiormente utilizzati sono: ● istituzione di programmi rivolti a piccoli gruppi (riduzione del fumo e problemi di stress) ● strutturazione specifica dell’ambiente ● introduzione di incentivi che facilitano l'adozione di comportamenti sani. Attualmente l’attenzione ai contesti lavorativi è aumentata e gli interventi per la promozione e salute sono diventati obbligatori tramite la redazione della documentazione per la valutazione del rischio (D.Lgs. 81/08). Da non sottovalutare è il sostegno sociale dei colleghi. Il contesto del lavoro risulta essere molto eterogeneo ed è difficile poter effettuare una valutazione efficace degli interventi perché dipenderà da molti criteri (partecipazione ai programmi, soddisfazione, cambiamento di produttività) e dalla combinazione costi-benefici. La comunità è un setting su un sistema complesso e multilivello E’ utile l’adozione dell’approccio ecologico che permette di tenere conto di più fattori ovvero psicosociali, ambientali, individuali e comportamentali. Si necessita di una sinergia con specifici microsistemi (famiglia, pari, scuola)e attraverso esosistemi (mass media) affinché l’influenza possa essere maggiore e più estesa. Quando il setting è la comunità non si vuole agire solo su una popolazione target ma anche ristrutturare gli ambienti più prossimi ad essa, attraverso la combinazione di interventi a vari livelli. L’approccio ecologico permette di raggiungere un ampio numero di persone di utilizzare le risorse del sostegno sociale per mantenere il cambiamento ottenuto. V.R. 45 I punti critici in merito alla valutazione degli interventi sono la complessità e l’eterogeneità: non è possibile gestire e valutare le interazioni con l’ambiente attraverso gruppi sperimentali e di controllo. La valutazione sarà pertanto relativa alle persone e ai loro ecosistemi nel complesso e non sul singolo sistema. Un buon strumento possono essere i mass media perchè possono raggiungere simultaneamente un vastissimo numero di persone a costi modesti. Se però è l’unico strumento il suo valore sarà depotenziato perchè non si creerà una sinergia con gli altri sistemi. L’informazione dei mass media non può dare garanzia di cambiamento perchè non prende in considerazione il punto di vista del pubblico. E’ una comunicazione unilaterale che può comunque produrre degli effetti collaterali incontrollabili (esempio terrorismo mediatico, fake news). Resta comunque un buon mezzo di comunicazione per allertare e informare sui rischi di cui si potrebbe non avere informazioni. Il ricorso all’uso dei mass media nel tempo può incidere nel modificare il clima culturale e i valori associati alla cultura o nel rafforzare delle tendenze già in atto nella comunità. VALUTAZIONE DEGLI INTERVENTI ALLA SALUTE L’efficacia di un intervento è data dalla capacità di produrre le modificazioni attese nei comportamenti e negli stili di vita rilevanti per la salute. Ad oggi, la valutazione risulta essere una fase indispensabile, che in passato è stata trascurata. E’ una componente integrante dei programmi perchè implica l’identificazione (sin dalle prime fasi) dei criteri più idonei che orientano poi le decisioni. Con la valutazione intermedia si può migliorare il lavoro svolto eventualmente migliorare gli interventi qualora quelli in corso non fossero idonei. Il processo di valutazione deve essere: ● ampio ● aperto ● coerente ● sistematico ● orientato al processo in atto ● capace di incorporare i valori e i giudizi che guidano la scelta dell’oggetto e i metodi per misurarlo ● partecipata → devono essere inclusi gli attori fin dalle prime fasi del progetto. Se il processo di valutazione rispetta queste caratteristiche riuscirà ad essere parte integrante del processo e non solo un’azione isolata. V.R. 46 Gli oggetti di una valutazione sono costituiti da aspetti diversi, ovvero la struttura, il processo e gli esiti. Le dimensioni dipendono dai criteri e dal punto di vista (accessibilità, adeguatezza e soddisfazione). Gli operatori devono avere le qualità tecnico-scientifiche del caso. Gli amministratori devono essere efficienti. Gli obiettivi devono essere il più concreti possibili. La valutazione dell’intervento come efficienza è l’unica a poter essere effettivamente valutata, e per questo la valutazione intermedia risulta essere importantissima. Infatti l’efficacia di un intervento preventivo è difficile da valutare rispetto all’efficienza: intervengono fattori come il tempo, difficoltà di raggiungere la popolazione target, controllare influenza e fattori esterni, la parzialità con cui il cambiamento agisce su alcuni è diversa rispetto ad altri. Negli ultimi anni sono stati particolarmente utili gli interventi educativi di promozione alla salute nelle scuole per l’educazione socio affettiva e sessuale; Quelli che si sono rivelati efficaci avevano le seguenti caratteristiche: ● Lavori in piccoli gruppi; ● pochi obiettivi comportamentali specifici; ● approccio basato su teorie dell’apprendimento sociale; ● utilizzo di attività esperienziali e metodi di apprendimento attivo per socializzare (discussioni, giochi di simulazione, brainstorming, giochi di ruolo, interviste ai genitori, visite guidate); ● Attività che stimolano la riflessione rispetto alle influenze dei media e dei pari; ● Rafforzamento di specifici valori o norme; ● Attività che stimolano lo sviluppo di abilità comunicative, di negoziazione e di rifiuto. Inoltre altri interventi sono stati effettuati e rilevati efficaci per tossicodipendenze, fumo e emarginazione scolastica. IL MODELLO PRECEDE-PROCEED Un utile protocollo, utilizzato dagli psicologi della salute per sviluppare, implementare e valutare programmi di promozione della salute, è rappresentato dal Modello Precede-Proceed di Green e Kreuter del 1999. La prima parte del modello, Precede, è stato sviluppato negli anni ‘70, mentre la seconda parte, Proceed, negli anni ‘80. Il modello adotta un approccio multidisciplinare e multidimensionale per la promozione della salute e può essere applicato ai vari contesti (scuola, comunità, medicina). V.R. 49 I destinatari saranno quindi: Gli alunni: con difficoltà scolastiche e relazionali/comportamentali che necessitano di consulenze e trattamenti psicologici I genitori: che devono affrontare i processi del figlio in difficoltà Gli insegnanti: come sostegno agli alunni per i progetti educativi. Il fine ultimo del progetto è la migliore comprensione delle problematiche legate a questa fascia di età; per questo vengono organizzati questi gruppi multifamiliari, che non vogliono essere colpevolizzanti e si basano sul principio di empatia, e che si basano su una comunicazione e costruzione partecipata di senso in cui vi è uno scambio informativo e di influenza reciproca che orienta le relazioni interpersonali. I gruppi multifamiliari si configurano quindi come uno spazio di accoglienza e orientamento, a disposizione delle famiglie sia nell’ascolto del singolo che del collettivo, per accompagnare e facilitare i passaggi evolutivi e le criticità che spesso li accompagnano. Parallelamente viene destinato agli alunni un centro di orientamento clinico inteso come spazio di ascolto e approfondimento per valutare e sostenere le difficoltà emergenti dalle esperienze gruppali. I progetto dura un anno e alla fine del percorso vuole: ● restituire ai genitori un parere competente sulle prospettive di superamento delle difficoltà sostenendo le situazioni che necessitano ulteriori approfondimenti diagnostici; ● dare la possibilità agli insegnanti di sentirsi ascoltati e di segnalare problemi e difficoltà degli alunni e delle classi. Durante il progetto la metodologia utilizzata è: colloquio clinico + gruppo esperienziale Viene anche utilizzato il T GROUP (training group - istituito da Lewin) il quale produce apprendimento attraverso l’analisi e la rielaborazione personale dell’esperienza del soggetto nel gruppo sia per quanto riguarda le modalità di interazione del gruppo che rispetto all’esperienza emotiva suscitata. Le fasi di realizzazione del progetto sono: 1. Presentazione del progetto al corpo docenti 2. Presentazione allargata a famiglia, alunni e insegnanti 3. Attivazione dei gruppi per insegnanti e genitori 4. Attivazione dei gruppi multifamiliari 5. Valutazione clinica del lavoro svolto V.R. 50 Modulo VIII L'ADOLESCENZA E’ la fase intermedia tra infanzia e età adulta (13-19 anni). In questo periodo si verificano profonde trasformazioni di tipo somatico e psicologico strettamente legate alla maturazione sessuale. Si può dividere il periodo adolescenziale in tre periodi: 1. Prima adolescenza caratterizzata da cambiamenti scolastici, lo sviluppo dell’identità sessuale, la separazione emotiva dai genitori e la comparsa di conflitti familiari, l’identificazione con i pari e la comparsa di comportamenti a rischio. 2. Seconda adolescenza che si caratterizza per profondi cambiamenti biologici, un senso di onnipotenza. Diventano più complesse le relazioni e inizia a svilupparsi la preoccupazione per il futuro. 3. Tarda adolescenza in cui vi è una maggiore comprensione di sé, delle relazioni interpersonali, e del mondo esterno. Queste modifiche, seppur con ritmi diversi, si presentano in entrambi i sessi i quali andranno a concentrarsi sul peso, la statura, i difetti fisici reali e presunti. PRIMI STUDI SULL’ADOLESCENZA Stanley Hall nel 1904 è stato il primo ad occuparsene basando i suoi studi sulla teoria evoluzionistica di Darwin. Affermava che tutti gli organismi avessero più o meno lo stesso percorso evolutivo della specie di appartenenza e che il passaggio da infanzia e adolescenza fosse drammatico e ricco di sentimenti contraddittori. Si concentra sul rinnovamento degli aspetti della personalità che sono caratterizzati da aspetti biologici indipendenti dalle variabili culturali e ambientali. Freud affronta la tematica dal punto di vista psicoanalitico. L’adolescenza rientrava nella fase genitale dello sviluppo psicosessuale in cui si riattivano i conflitti delle pulsioni infantili e per i quali l’adolescente è costretto a difendersi attraverso i meccanismi di difesa dell’io. Erikson con la sua opera “Otto età dell’uomo” suddivise il ciclo della vita in 8 stadi in cui in ogni stadio vi è un punto critico della vita. Il compito di ogni stadio è quello di ricercare l’identità intesa come una configurazione in continua evoluzione. Lo stadio dell’adolescenza è la fase di formazione e costruzione dell'identità in cui vengono integrate le varie identificazioni che provengono dall’infanzia per formare un'identità più completa e meno “diffusa”. Con l’opera “Identità, gioventù e crisi” del 1968 descrive bene gli aspetti problematici dell’adolescenza. V.R. 51 Grazie ad alcune ricerche degli anni ‘60 l’adolescenza non viene più vista come un periodo di crisi. Il disagio e l'inquietudine sono caratteristiche insite della fase stessa. J. Piaget nella definizione dei suoi stadi inserisce l'adolescenza nella fase dello sviluppo di un pensiero formale: nell’adolescenza si sviluppa il pensiero astratto, ipotetico-deduttivo che consente di trarre conclusioni dalle ipotesi e riflettere su di esse. In questa fase le relazioni esterne alla famiglia sono importati e i pari diventano un punto di riferimento. Le fluttuazioni del sè contribuiscono a creare difficoltà nella valutazione delle impressioni altrui e producono una particolare vulnerabilità dal punto di vista psicologico. l’instabilità ormonale + la sperimentazione non matura dell’apparato sessuale possono portare ad atti impulsivi e condotte a rischio (malattie, gravidanze, aborti). I fattori di rischio che minacciano la salute sono: ● obesità ● aids ● abuso di sostanze Comportamenti non funzionali, se reiterati nel tempo, possono sfociare in malattie croniche o acute che diventano resistenti al cambiamento portando anche a problemi a livello legale Servono programmi utili per la promozione della salute partendo dalla conoscenza teorica delle variabili che hanno effetto sui comportamenti sani per realizzare delle strategie di intervento pratico efficaci. Si rende prioritario comprendere i meccanismi di cambiamento selettivo del comportamento. Le problematiche principali sono tre: 1. i modelli teorici utilizzati sono gli stessi della ricerca sugli adulti mentre gli adolescenti hanno una diversa sensibilità 2. i modelli non spiegano la variabilità nei comportamenti che riguardano la salute 3. i modelli non modificano in maniera consistente le suddette variabili. COMPORTAMENTI A RISCHIO L’adolescenza porta a una maggiore indipendenza e i cambiamenti comportamentali possono a loro volta portare a scelte non salutari. Con gli adolescenti non basta fare informazione. Servono programmi ad hoc che fanno leva sui fattori emotivi, affettivi e sociali. Nell’adolescenza le emozioni hanno un ruolo significativo. Influenzano le rappresentazioni mentali, stabiliscono e condizionano le relazioni con l’ambiente circostante. V.R. 54 conseguenze di un’azione isolata possono essere determinanti nel condizionare l’andamento psicologico dell’individuo e del formare uno stile di vita futuro. Per quanto riguarda le droghe sembra che la motivazione sia il bisogno di appartenere a un gruppo e che la secondaria sia quella di sperimentare nuove emozioni per sfuggire alla routine. Per quanto riguarda i rapporti sessuali invece la prima motivazione è il sentirsi adulti, e non è l’innamoramento la ragione determinante del compimento di questa condotta. Per diminuire la probabilità che certe condotte vengano attuate si potenzia le risorse dell’individuo (empowerment): ● rendendolo più forte e consapevole delle proprie capacità di comunicazione e gestione delle emozioni ● renderlo indipendente nel gruppo ● renderlo capace di esprimere e far valere le proprie decisioni senza essere emarginato. Da 20 anni a questa parte sono stati attuati numerosi progetti in ambito scolastico soprattutto per quanto riguarda l’assunzione di droghe, il consumo elevato di alcol, i disturbi alimentari e i rapporti sessuali precoci e non protetti articolando gli interventi in due momenti: la diffusione delle informazioni e l’incentivazione a condotte sane. Gli approcci che si basavano più sull’intuizione piuttosto che sulla teoria si sono rivelati più dannosi che altro. Le teorie attuali che sono alla base dei progetti sono l’interesse verso i fattori individuali di rischio, la teoria dell’apprendimento sociale di Bandura e la teoria dei comportamenti problematici di Jessor. L’approccio più diffuso è quello della Life Skills Education. LIFE SKILLS EDUCATION Skills= abilità l’OMS 1993 afferma che le life skills rappresentano lo strumento privilegiato per la promozione della salute in ambito scolastico perchè: ● permettono agli individui di affrontare in maniera efficace le sfide e le esigenze della vita, le abilità personali e interpersonali, cognitive e fisiche; ● consentono alle persone di controllare e orientare la propria vita e di produrre cambiamenti nel proprio ambiente. Praticare le abilità (skills) come il pensiero creativo, prendere decisioni e risolvere i problemi, l’empatia e la comunicazione permette all’individuo di attuare delle scelte positive e salutare e di reagire alle influenze ambientali. V.R. 55 L’OMS 1998 in merito alla promozione della salute definisce le life skills come delle abilità che permettono al soggetto di adottare un comportamento positivo e flessibile per far fronte alle difficoltà della vita con efficacia. Nonostante le diverse teorie relative alle life skills tutte si basano sul contemporaneo intervento di tre dimensioni: abilità sociali, cognitive e gestione delle emozioni. LIFE SKILL TRAINING E’ uno dei programmi di prevenzione più efficaci per prevenire l’uso di sostanze psicoattive; in passato è stato adottato anche per prevenire la violenza nelle scuole. Affronta la problematica dell’uso delle droghe secondo 3 domini: 1. capacità di resistere alle possibilità di consumo di sostanze (consigli pratici che aiutano a resistere al desiderio) 2. abilità nella gestione di se stessi (si analizzano le problematiche e si trovano le soluzioni alternative valutandone poi i progressi) 3. competenze sociali (strategie per superare la timidezza, comunicazione efficace e elaborazione di risposte alternative all’aggressività e alla passività). Questo approccio si è rivelato efficace anche in culture diverse da quella statunitense. V.R. 56 Modulo IX LE CURE PALLIATIVE Palliativo deriva da “pallatio” - “palliare” → mascherare. L’OMS 1990 - Le cure palliative sono il prendersi cura attivo e globale del paziente la cui malattia non è più responsiva alle cure specifiche. Prendersi cura rende fondamentale il controllo del dolore e degli altri sintomi e porre attenzione sui problemi psicologici, sociali e spirituali, questo al fine di ottenere la migliore qualità di vita per il paziente e i suoi familiari. Inevitabilmente devono essere coinvolte anche le dimensioni psicologiche e spirituali. Molti aspetti delle cure palliative possono essere applicati insieme alle terapie specifiche offrendo un supporto e un aiuto al paziente affinchè viva il più attivamente possibile fino alla morte e offrendo un aiuto alla famiglia per adeguarsi alla malattia e elaborare correttamente il lutto. Ogni anno circa 165mila persone muoiono per malattie neoplastiche e il 90% necessità di un piano personalizzato di cura e assistenza per migliorare la qualità della fase terminale di vita. La fase terminale è caratterizzata da sintomi fisici e psichici che sono difficili da trattare, primo fra tutti il dolore, poi la perdita di autonomia e dei rapporti sociali. Tutto ciò influenza anche il nucleo familiare. Il termine palliativo quindi si riferisce al mitigare, al coprire il dolore e non a guarire. Con le cure palliative si intende, in sostanza, di rimedi che attenuano i sintomi della malattia senza intervenire direttamente sulla causa. Ampliando però il significato, non si considera come terapia del dolore ma come insieme di cure che alleviano una sofferenza o riducono e limitano l’entità del danno. Per palliazione quindi intendiamo qualunque programma che sia finalizzato a migliorare la qualità della vita di un paziente, indipendentemente dalla prognosi formulata, a cui purtroppo rimane poco tempo per vivere. E’ quindi considerata una terapia di supporto a quelle più aggressive (ad esempio chirurgia e chemio) che restano comunque necessarie. GLI HOSPICE La recente normativa italiana ha permesso la creazione di una rete di hospice diffusi nel territorio nazionale che, affiancandosi a quella territoriale, ha consentito lo sviluppo di progetti di cure palliative.
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