Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

PSICOLOGIA DELLE ATTIVITA' SPORTIVE: ASPETTI EDUCATIVI E SOCIALI, Appunti di Psicologia Generale

Appunti dettagliati del primo semestre di PSICOLOGIA DELLE ATTIVITA' SPORTIVE: ASPETTI EDUCATIVI E SOCIALI (docente: Cinzia Di Dio). Esame del primo anno del corso di Laurea in Scienze Motorie e dello Sport, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Argomenti trattati: - Il Sistema Motorio e il Meccanismo a Specchio - Il Sistema Specchio nelle Interazioni Sociali: Imitazione ed Empatia - I processi di apprendimento e memoria - Teorie dello Sviluppo - La Teoria della Mente

Tipologia: Appunti

2019/2020

In vendita dal 31/10/2020

GiuliaTriulzi
GiuliaTriulzi 🇮🇹

5

(9)

7 documenti

1 / 27

Toggle sidebar

Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica PSICOLOGIA DELLE ATTIVITA' SPORTIVE: ASPETTI EDUCATIVI E SOCIALI e più Appunti in PDF di Psicologia Generale solo su Docsity! PSICOLOGIA GENERALE Cinzia Di Dio Il Sistema Motorio e il Meccanismo a Specchio Il Sistema Motorio, dal punto di vista funzionale, è caratterizzato da: 1. Circuito Freddo: riguarda l’aspetto motorio 2. Circuito Caldo: riguarda l’aspetto empatico Il Sistema Motorio è formato dal Cervello, che è diviso in Lobi: • Frontale • Parietale • Occipitale: riceve le informazioni di carattere visivo attraverso impulsi elettrici • Centrale • Temporale La Corteccia Cerebrale è costituita da zone che corrispondono a precise parti del corpo (Homunculus Motorio, somatotopia), come è stato scoperto da Broadman; in particolare, le aree significative per il movimento sono l’Area 4, o Area M1, e 6 di Broadman. L’Area Motoria Frontale è costituita da: - connessioni intrinseche (con le altre aree motorie) - connessioni estrinseche (con le aree corticali fuori dalla corteccia frontale agranulare): Tramite le connessioni estrinseche la porzione posteriore della corteccia motoria frontale riceve dal lobo parietale informazioni utilizzate per l’organizzazione e il controllo del movimento (es., da somatosensoriale per localizzare parti del corpo necessarie al movimento; da visiva per localizzazione spaziale oggetti per organizzare movimento di raggiungimento e interazione con mano). Inoltre, la porzione anteriore della corteccia motoria frontale (F6- F7) riceve dal lobo prefrontale e cingolo informazioni utilizzate per il controllo del movimento. - connessioni discendenti (proiezioni a centri sottocorticali e midollo spinale) Area F5 Proprietà Motorie: L’Area F5 del cervello della scimmia, animale su cui sono stati effettuati gli esperimenti, è l’Area premotoria ventrale; essa contiene la rappresentazione di mano e bocca. I suoi neuroni codificano ATTI MOTORI, segmentazioni del movimento che formano l’intera azione. Esempio di classificazione dei neuroni: • Afferrare con la bocca e con la mano • Afferrare con la mano 
 Tenere • Strappare • Manipolare ecc. Il tutto guidato non dalla dinamicità delle azioni, ma da un fine: es. mangiare. Quindi la presa con un fine diverso attiva popolazioni neuronali diverse. F5 codifica anche il tipo di conformazione per eseguire l’atto in questione(Es. presa di precisione, Presa con tutta la mano). 
 L’attivazione dei neuroni di F5 varia anche in funzione delle diverse fasi temporali dell’atto motorio. Proprietà Visuo-Motorie: Una parte dei neuroni risponde anche a stimoli visivi: sono i neuroni visuo-motori, sensibili alla visione. 2/3 di essi codificano selettivamente una certa modalità di presa 
 Congruenza visuo-motoria: fissare un oggetto di una certa forma attiva la stessa popolazione neurale che risponde all’atto motorio rivolta ad essa. Quindi, anche senza intervento del movimento, la Corteccia Motoria si attiva guardando un atto motorio.
 L’Area F5 è quindi formata da diverse popolazioni di neuroni: Alcune di esse indicano lo scopo generale dell’atto – tenere, afferrare, rompere, ecc; Altre il modo in cui l’atto può essere compiuto - presa di precisione, con tutta la mano, ecc; Altre la segmentazione temporale dell’atto nei movimenti che lo compongono – apertura, chiusura della mano, ecc. Gli atti più efficaci per interagire con un oggetto sono rinforzati (rinforzo motorio) attraverso un meccanismo di apprendimento che avviene dall’infanzia. AIP Anche il Lobo Parietale è parte del Sistema Motorio, infatti si attivano i Neuroni della zona Intraparietale Anteriore, la quale è costituita da neuroni a dominanza motoria che si attivano per il movimento, neuroni a dominanza visiva che si attivano per ciò che si vede, e neuroni visuo-motori. La AIP è quindi simile alla F5, con la quale è strettamente connessa. Il suo significato funzionale legato all’azione dei neuroni a dominanza visiva è esplicitato dal concetto di Affordance (presa). Le Affordances sono le parti dell’oggetto con cui si può interagire e dipendono dalle intenzioni dell’agente. Quando bisogna afferrare un oggetto, l’informazione visiva dell’oggetto segue due percorsi corticali di elaborazione: 1. Ventrale: informazioni semantiche legate all’oggetto: analizza che cos’è l’oggetto. 2. Dorsale: trasformazioni visuo-motorie: elabora come si può interagire con esso Le informazioni così elaborate raggiungono l’area AIP per la selezione delle affordances potenziali. Neuroni a Specchio: il Circuito Freddo I Neuroni a Specchio sono stati scoperti a Parma da Rizzolati studiando l’Area F5 del cervello della scimmia: si è osservato che i neuroni “sparavano” anche nel momento in cui la scimmia osservava lo sperimentatore compiere un gesto. Quindi si è dedotto che i neuroni che si attivano per il movimento lo fanno anche per la sua osservazione. Sono stati così distinti due tipi di Neuroni Visuo-Motori: • Neuroni Canonici: attivi durante l’esecuzione di specifici atti motori ma anche durante l’osservazione di un oggetto, mostrano una forte congruenza visuo-motoria: essi sono fortemente connessi alla AIP e sparano solo quando vedono l’oggetto, selezionando le affordances (es., si attivano per un determinato tipo di presa e quando si osserva un oggetto con cui - per forma, taglia, orientamento - si può interagire attraverso quel tipo di presa). Svolgono un ruolo importante nel processo di trasformazione dell’informazione visiva relativa a un oggetto negli atti motori necessari per interagire con esso (trasformazione dell’informazione in azione). Il Sistema Specchio nelle Interazioni Sociali: Imitazione ed Empatia Il Circuito Caldo ci permette di comprendere le emozioni altrui, una vita psichica diversa dalla nostra: Empatia. Il Sistema Motorio è fortemente associato al Sistema Emozionale; tra le aree associate alla formazione delle emozioni troviamo l’Amigdala e, all’interno del Solco Laterale nel V Lobo, l’Insula, molto estesa e complessa. Quest’ultima in particolare è un’area di collegamento tra il mondo esterno e le emozioni; la porzione anteriore è denominata “Area dell’Empatia” poichè si attiva proprio nel momento in cui il soggetto prova questo sentimento. Nel momento in cui si osserva un’espressione facciale, si attiva la Corteccia Motoria poichè si osserva un movimento e nel frattempo viene inviato un segnale alle Aree Emozionali tramite l’Insula; il soggetto capisce cosa prova l’altro. Si tratta perciò di un’esperienza Motoria ed Emozionale. Se l’Insula viene lesionata, è possibile che non vengano riconosciute determinate sensazioni ed espressioni. Attraverso la Risonanza Emozionale (empatia) si possono affrontare situazioni minacciose e rafforzare i comportamenti positivi per il miglioramento dei rapporti interpersonali. Vi sono vari Meccanismo a Specchio che consentono di entrare in uno stato empatico con l’altro attraverso una Risonanza Motoria, Emozionale e Somatica che fa rivivere in noi quello che accade nell’altro attraverso l’attivazione di meccanismo neuronali. I Vitality Forms Le forme di vitalità sono caratterizzate dalla dinamica del movimento, che consente di comprendere non solo cosa sta facendo un individuo, ma anche il suo stato interiore. Quindi esse permettono di comprendere il Come dell’azione e collegarlo ad uno stato emotivo preciso. Il soggetto può fare ciò perchè lo esperisce. Esse sono composte da quattro componenti base del movimento: • inizio, durata, fine • forza • spazio • direzione I vitality sembrano essere fondamentali per garantire una sincronizzazione armoniosa con gli altri individui, fondamentale per le relazioni sociali. I dati di funzionale mostrano che il riconoscimento dei vitality affects è mediato da una via anatomica e funzionale diversa da quella che media la comprensione delle azioni e delle emozioni. Questa via, dalle aree sensorimotorie a quelle limbiche temporali, ha come nodo la parte centro-dorsale dell’insula. L’interconnessione tra l’insula e le aree limbiche potrebbe determinare la sensazione specifica che caratterizza i vitality affects dell’azione. 
 
 I PROCESSI DI APPRENDIMENTO E MEMORIA E’ un processo che accompagna tutto il corso della vita, da quando si viene al modo, e forse anche prima, fino all’età senile.
 E’ qualcosa che si costruisce, che si evolve gradualmente e che resta, che rimane fissato nella memoria.
 Si può apprendere in contesti formali – es. scuola – e in contesti informali – es. a casa, a lavoro, durante attività ludiche. Inoltre, si può apprendere in modo inconsapevole oppure con sforzo deliberato. Il Comportamentismo Il Comportamentismo è in linea con il concetto di apprendimento legato alla trasmissione di informazioni da un trasmittente a un ricevente, dove l’informazione ricevuta è quanto più simile a quella trasmessa. E’ una prospettiva che si afferma agli inizi del ‘900 nel contesto nordamericano. Dominerà lo scenario della ricerca scientifica psicologica fino almeno alla metà del secolo. Si basa sul comportamento osservabile e quantificabile per poterlo prevedere e controllare, deve quindi adottare un metodo sperimentabile e oggettivo.
 E’ strettamente legato ai costrutti di “stimolo” e “risposta”. Comportamentismo=Comportamento Osservabile Apprendimento Il Comportamentismo è una branca sperimentale puramente oggettiva delle scienze naturali. Il suo obiettivo teorico principale è la previsione e il controllo del comportamento. Il comportamentista, impegnato a individuare uno schema unitario delle risposte animali, non trova alcuna linea divisoria tra l’uomo e l’animale: il comportamento animale e umano sono associabili.  Questo presupposto di base risolve il problema dell’osservabilità del comportamento e della sua quantificazione: si può studiare sperimentalmente l’animale e inferire nell’uomo. La connessione evoluzionista da cui deriva il comportamentismo risale agli studi di Charles Darwin (1872). Presupposto: il comportamento è determinato in modo causale, secondo regole costanti, dall’ambiente che presenta all’individuo degli “stimoli” ai quali associare delle “risposte”.
 L’apprendimento, in questa ottica, non è altro che la creazione di associazioni stabili tra risposte dell’individuo e stimoli dell’ambiente. L’apprendimento secondo questa prospettiva si studia rispondendo a tre domande: 1.  Come si creano le associazioni? 
 2.  Come si mantengono nel tempo? 
 3.  Come si estinguono? 
 Nello sviluppo di questo approccio si distinguono tre fasi che definiscono tre paradigmi: 1.  Condizionamento classico: associazione stimolo - stimolo Nell’esperimento di Pavlov, il riflesso condizionato (salivazione) è indotto dal sostituto del cibo. Si capisce che il comportamento può essere condizionato, quantificato e studiato scientificamente. 2.  Condizionamento operante: associazione stimolo - risposta: Skinner sostiene la necessità di superare la contrapposizione tra comportamento osservabile e fenomeni mentali (es. il pensiero) 
 Il comportamento osservabile è guidato dalle conseguenze derivanti dal nostro comportamento “interno” attraverso l’interazione con l’ambiente. Egli distingue 2 tipi di Comportamento: • Comportamento rispondente: comportamento evocato dalla presenza di uno stimolo (condizionamento classico). • Comportamento operante: comportamento volontario che appartiene al repertorio del soggetto e si manifesta senza che vi sia uno “stimolo specifico” che lo precede. Questi comportamenti agiscono sull’ambiente (operano), anziché subirne l’azione. Il comportamento operante diviene condizionato quando la sua emissione passa sotto il controllo di uno stimolo. Un comportamento viene rinforzato; il Rinforzo può essere: -Positivo: quando l’esito (stimolo rinforzante) porta ad un beneficio per il soggetto; es. premere una leva e ottenere cibo -Negativo: quando l’esito (stimolo rinforzante) porta ad un danno per il soggetto; es. premere una leva e ricevere scarica elettrica Si può agire sul rinforzo, nel cui processo svolgono un ruolo importante i Nuclei del Setto situati sotto la corteccia cerebrale, per controllare il comportamento attraverso 4 modalità: 1. Rinforzo a rapporto fisso: il rinforzo segue ad ogni comportamento operante 2. Rinforzo a rapporto variabile: il rinforzo viene emesso un numero di volte casuale a seguito del comportamento operante 3. Rinforzo a intervallo fisso: il rinforzo segue il comportamento operante dopo un intervallo di tempo costante • Schraw (2006) propose in aggiunta un terzo tipo di conoscenza: la Conoscenza Autoregolativa: conoscenza relativa a se stessi che ci permette di regolare il nostro comportamento e migliorare l’apprendimento. Spesso si utilizza il termine “Metacognizione” (conoscenza del proprio modo di conoscere) per riferirsi a questo aspetto. 1. Conoscenza Dichiarativa: Ha come contenuto fatti, concetti, oggetti, è consapevole e può essere espressa in formato simbolico e verbale. E’ classicamente suddivisa in semantica ed episodica. La Conoscenza Semantica si riferisce a fatti, oggetti e concetti; essa è stata descritta anche in termini di schema (Rumelhart, 1980), ossia un’unità organizzata di un insieme di informazioni riguardanti oggetti, situazioni, eventi e azioni (es. nello schema di un cane, esso è un animale caratterizzato da quattro zampe, una coda, ecc.). Lo schema fornisce un modello mentale che guida la percezione e la comprensione e in esso l’informazione è organizzata in modo gerarchico (cane -> setter -> setter inglese). Gli schemi sono connessi tra di loro; questo facilita la ricerca di un’informazione e la costruzione di un concetto può includere parti di schemi diversi.
 VANTAGGI DI UNO SCHEMA:
 - PERMETTE DI ORGANIZZARE UNA GRAN QUANTITA’ DI INFORMAZIONI IN UNA STRUTTURA INTEGRATA. - RIDUCE LO SFORZO NECESSARIO PER ACQUISIRE NUOVE INFORMAZIONI FACILITANDO L’APPRENDIMENTO. La Conoscenza Episodica consiste di memorie marcate temporalmente da specifici eventi della nostra vita. Essa è di natura autobiografica (Greene, 1992) e riguarda anche la sequenza di eventi (es., sequenze di azioni). Questa prende il nome di conoscenza procedurale. 
 2. Conoscenza Procedurale: ha come contenuto il saper fare, il modo in cui usare un oggetto, un concetto o una strategia di soluzione di un problema (stabilisce delle procedure). Si basa su sequenze d’azioni ed è non consapevole, automatizzata nel suo uso. Sequenze d’azione importanti sono: - Scripts: sequenze d’azione compiute per realizzare uno scopo. Sono utilizzate per azioni quotidiane, abituali (es., guidare, afferrare un bicchiere) e svolgono una funzione analoga a quella degli schemi: permettono di organizzare la conoscenza procedurale e richiamare l’ordine della sequenza d’azioni da svolgere Vantaggi:
 Automatizzazione, es. andare in bicicletta, preparare un caffè 
 Apprendimento, es. imparare a suonare uno strumento 
 Anticipazione, es. come vestirsi adeguatamente in una data occasione 
 Limite: il richiamo di alcuni script può essere fuorviante se utilizzati in contesti non appropriati (o per “leggere” comportamenti inusuali) - Algoritmi: regole, strategie per la risoluzione di problemi che funzioneranno sempre. In questo caso, il problema deve essere ben definibile e risolvibile con una procedura che implica una specifica sequenza d’azioni - Euristiche: procedure di sequenze approssimative, non sistematizzate, per la soluzione di problemi che spesso funzionano, ma non sempre. Vengono richiamate quando il problema è mal definito o con esito incerto e che quindi possono non avere una soluzione o averne più di una. La Memoria Per i Gesti Motori: Struttura e Sviluppo Le caratteristiche del processo mnestico sono molto diverse nei bambini e negli adulti. 
 Il modello neuroanatomico dello sviluppo della memoria definisce i due sistemi associati ai processi mnestici di base: 1. Il primo sistema a svilupparsi è la memoria procedurale, non dichiarativa e implicita, che nella prima infanzia permette il graduale apprendimento delle competenze percettive e motorie -stadio sensori-motorio di Piaget; 2. In un secondo tempo matura il sistema dichiarativo o esplicito che permette la memoria di specifici episodi, associazioni, apprendimenti relazionali e contestuali (Bauer, 2008; Richmond & Nelson, 2007; Squire, 1994). Un compito di memoria dei gesti richiede due processi fondamentali(Wilberg, 1983): • Sapere Cosa Fare: memoria di movimento (memory for movement): è una memoria dichiarativa, semantica ed episodica, una rappresentazione mentale che contiene le caratteristiche funzionali del gesto e permette la selezione dell’azione appropriata ad una situazione specifica. • Sapere Come Farlo: memoria motoria (motor memory): è una memoria procedurale responsabile della correttezza esecutiva di un’azione in base agli obiettivi, ossia controlla e modula parametri e procedure di esecuzione del gesto. Esse fanno parte dello stesso processo e sono entrambe necessarie per affrontare un compito motorio anche se hanno pesi diversi in funzione delle richieste del compito. Quando viene recuperato un gesto precedentemente acquisito dalla memoria di movimento (cosa), i processi della memoria motoria ne garantiscono l’esecuzione secondo i corretti parametri temporali e spaziali (come): - la memoria di movimento seleziona un’azione appropriata ad una situazione specifica (cosa fare) - le informazioni così recuperate interagiscono con le informazioni depositate in memoria motoria, procedurale, da cui si seleziona il programma motorio con i parametri esecutivi adeguati (come fare). 
 Il Programma Motorio Generalizzato Il programma motorio generalizzato garantisce movimenti con caratteristiche simili o caratteristiche invarianti come ordine degli elementi, struttura temporale (ritmo) e forza relativa. 
 La modulazione della risposta è controllata dallo schema di richiamo che fornirebbe al programma motorio i parametri d’azione. Lo schema di richiamo si sviluppa con l’apprendimento delle condizioni iniziali del sistema muscolare e dell’ambiente prima della risposta, dei risultati del movimento in relazione al confronto tra risposta reale e attesa e dei parametri di risposta del programma motorio generalizzato (forza, direzione, velocità, ampiezza). 
 Quando il movimento è iniziato, il riferimento di correttezza dell’azione si trova nella memoria di riconoscimento e avviene mediante l’anticipazione del feedback che permette di prevedere le conseguenze sensoriali della risposta e gli aggiustamenti mediante una stima della discrepanza tra movimento reale e atteso. 
 Lo schema di riconoscimento si avvale, come lo schema di richiamo, dell’apprendimento delle condizioni iniziali e dei risultati del movimento reale in relazione all’atteso, ma anche delle modificazioni sensoriali generate dalla risposta e derivanti dai feedback sensoriali, cinestesici e propriocettivi. 
 TEORIE DELLO SVILUPPO Svilupparsi= acquisire conoscenza Rapporto Sviluppo-Apprendimento Comprendere il rapporto dinamico tra sviluppo e apprendimento significa definire come e quando dispiegare l’azione educativa e come e quando l’insegnane può intervenire garantendo il massimo dell’efficacia. Lo studio della relazione S-A si basa sulle teorie sviluppate da due capisaldi per la psicologia dell’educazione: Piaget e Vygotskij.
 Le domande che ci si pone quando si riflette sulla relazione Sviluppo-Apprendimento sono: 1.  L’intervento educativo deve essere calibrato sulla base delle competenze correnti del soggetto, aspettando quindi che egli raggiunga un livello adeguato di sviluppo? 2. L’intervento educativo può (o deve) anticipare le fasi di sviluppo in modo da sostenerlo e promuoverlo? 
 Piaget Piaget era interessato a capire come i bambini costruissero una propria conoscenza del mondo. la realtà entro cui vivono e agiscono. Secondo Piaget, la costruzione della realtà nasce dall’interazione tra la maturazione delle strutture mentali e le esperienze che i bambini vivono ogni giorno. 
 Egli adotta una visione costruttivista dello schema: gli schemi si modificano con l’esperienza tramite due processi di natura biologica: • assimilazione: nuove informazioni vengono integrate all’interno di schemi esistenti • accomodamento: nuove informazioni, che non possono essere integrate in schemi esistenti, accomodano gli schemi esistenti o ne creano di nuovi. L’interazione tra questi due meccanismi determina una visione sempre più evoluta della realtà attraverso l’implementazione di nuovi equilibri che si realizzano attraverso il rafforzamento degli schemi esistenti e la loro evoluzione verso schemi nuovi -> equilibrazione. Piaget sostiene che tutti i bambini si sviluppano seguendo 4 fasi, che sono Sequenziali (una porta alla successiva) e caratterizzate da Periodi di Riferimento, che oscillano in quanto non tutti i bambini sono uguali. I 4 Stadi sono: -Valutazione performance individuale (e in coppia) I bambini che hanno lavorato in un contesto sociale interattivo acquisiscono l’abilità di risolvere il compito. Si è passati ad un livello cognitivo superiore ed è quindi comprovata la validità dell’apprendimento in contesto sociale. 2. Studi di Seconda Generazione, svolti in Francia da Gilly e Roux: Paradigma di ricerca: problem solving: giudizio di equivalenza tra due elementi in compiti legati alla nozione di conservazione. 
 Con questi studi si conferma che l’azione congiunta di più partner produce progresso cognitivo e arricchisce il modello interpretativo del conflitto sociocognitivo mostrando che i benefici dell’interazione sono presenti anche quando la relazione non è esplicitamente conflittuale. 3. Studi di Terza Generazione: Si concentrano sull’analisi interpretativa dei soggetti rispetto al compito e sul contesto in cui si svolge il compito. In questo caso, si parla di co-costruzione di significato che chiama in causa i RUOLI dei soggetti interagenti Contratto didattico: sistema di regole che può variare in funzione di diversi fattori • Tipo di studio, materie • Cultura della scuola • Età dei bambini • Interpretazione del proprio ruolo da parte dell’insegnante Le 4 Norme del Contratto Didattico sono: - La relazione tra insegnati-alunni è asimmetrica. - Gli alunni nelle situazioni scolastiche si aspettano che l’insegnante ponga interrogativi a cui sia sempre possibile fornire una risposta corretta. - Gli alunni si aspettano che l’insegnante formuli una domanda in modo tale da indicare la risposta corretta. - Gli alunni si aspettano che i dati di un problema siano necessari, pertinenti e sufficienti per individuare una soluzione. Secondo Grossen e Perret-Clermont (1991), il Contratto Didattico è guidato da regole sociali implicite e aspettative reciproche, che sussistono in particolare in relazioni asimmetriche. Bambini e adulti, studenti e insegnanti giungono nel contesto educativo ciascuno con una proprio concezione circa che cosa sia legittimo dire o fare all’interno dei ruoli che ognuno assume. Si tratta quindi di CONTRATTI IMPLICITI. Quindi: la nozione di Contratto Didattico mette in relazione i processi costruttivi dell’interazione sociale sia rispetto al compito sia rispetto al contesto: il contesto non è il semplice contenitore delle azioni dei soggetti, bensì è uno scenario governato da regole che contribuiscono a dare senso ai compiti ed è dinamicamente prodotto dall’attività degli individui, al punto che può essere definito come una risorsa costruita entro e attraverso le interazioni. Gardner e le Intelligenze Multiple Howard Gardner si basa sull’idea fondamentale che ciascun individuo ha tipi di intelligenza differenti: corporeo-cinestesica, spaziale, linguistica, interpersonale, intrapersonale, musicale. La definizione delle varie intelligenze avviene secondo criteri specifici, quali lo studio di patologie, di soggetti prodigiosi, della storia evolutiva di un individuo, risultato di test psicologici, ecc.
 Definita l’intelligenza, è bene tener presente che gli ambiti di applicabilità possono essere multipli (es., la risoluzione di un problema matematico può anche coinvolgere un’intelligenza spaziale, linguistica, corporea, ecc.). Alcune intelligenze possono avere confini sfumati e interagire tra di loro ed esse appaiono in età precoce, almeno intorno ai 4 anni. 
 L’apprendimento deve quindi essere conformato alle abilità individuali, altrimenti l’utilizzo di un unico metodo sarà ingiusto nei confronti di coloro che non sono fortemente competenti, da un punto di vista mentale, rispetto al metodo specifico. Bisogna presentare quindi – come insegnante – l’informazione sotto formati diversi (software, video, testo, ecc.) in modo che ciascuno riesca ad interagirci nel modo più consono al proprio tipo di intelligenza. Sia l’insegnamento che la valutazione possono e devono essere fatti in più di un modo. 
 Inoltre, secondo Gardner, lo studio dovrebbe essere molto più focalizzato piuttosto che coprire troppe aree e divenire così dispersivo e poco pregnante. Lo studente dovrebbe essere spronato a costruire la propria conoscenza mettendo le mani in pasta e dovrebbe essere in grado di “autovalutarsi” (attraverso le critiche, i commenti, il confronto con gli altri, lo studente si trova a riflettere sul suo livello corrente, sui suoi miglioramenti e sulle proprie capacità effettive in modo critico). 
 Per migliorare l’insegnamento: • Apprendistato: sistema formativo al di fuori del contesto scolastico. Masterizzare un’abilità in un contesto reale dietro la guida di un master, attraverso osservazione e imitazione, pratica e correzione. • Museo del bambino: ambiente che contenga “pezzi reali” della nostra cultura. L’allestimento, ad esempio a scuola, di uno spazio dove siano presenti e utilizzabili oggetti reali usati da chi svolge un’attività professionale. • Bridging: per studenti in difficoltà in un particolare ambito, l’insegnante dovrebbe far leva su un tipo di intelligenza connessa cambiando così strategia di insegnamento. Trovare quindi un’intelligenza che faccia da “ponte”. LA TEORIA DELLA MENTE La Teoria della Mente è la Capacità di rappresentarsi gli stati mentali propri e altrui per spiegare e prevedere, in base ad essi, il comportamento proprio e altrui (Premack, Woodruff, 1978). Il nostro comportamento è guidato: - dalla conoscenza del dato di realtà, - da un monitoraggio meta-cognitivo che ha come suo strumento principe il pensiero ricorsivo, che implica la meta-rappresentazione o rappresentazione di una rappresentazione mentale a diversi livelli di complessità: • “Io penso che tu pensi ...”: meta-rappresentazione di primo ordine. • “Io penso che tu pensi che lui pensi che ...”: meta-rappresentazione di secondo ordine. La TEORIA DELLA MENTE svolge una Funzione Sociale e Adattativa, in quanto consente di: 1. distinguere tra le “cose del mondo” e le “cose della mente”; 2. riconoscere che la nostra attività nel mondo è mediata da quello che noi sentiamo, pensiamo, crediamo, ecc; 3. dare un senso al comportamento proprio e altrui; 4. fare previsioni circa il proprio e l’altrui comportamento; 5. sviluppare la consapevolezza e la riflessione su di sé; La Teoria della Mente(meccanismo del pensiero meta-rapprensentativo) può essere valutata tramite i compiti di falsa credenza. IL “FALSE BELIEF TASK” O COMPITO DI FALSA CREDENZA: al bambino si chiede di prevedere come si comporterà il protagonista di una storia, tenendo conto della falsa credenza di questo e non del dato di realtà, noto soltanto a lui (bambino testato) e allo sperimentatore. Tale compito è declinato in due versioni procedurali:
 • Unexpected Transfer Test, o prova dello spostamento inatteso (Wimmer, Perner, 1983); •Deceptive Box Test, o prova della scatola ingannevole (Perner, Leekam, Wimmer, 1987). II. sindrome di Rett III. disturbo disintegrativo dell’infanzia IV. sindrome di Asperger V. disturbo generalizzato dello sviluppo non altrimenti specificato Dal 2013 entra in vigore la DSM-V che si occupa di Disturbi del neurosviluppo. DSM-V: novità: 1. Nuova Categoria Diagnostica: Autism Spectrum Disorder: Spettro singolo, ma focus sulla variabilità individuale: si abbandona la dicitura di Disturbi Generalizzati dello Sviluppo, con i diversi disturbi in essa contenuti, a favore di una diagnosi univoca di ASD, perché i sintomi sono specifici per il dominio della comunicazione sociale, più il dominio della ristrettezza degli interessi/ripetitività comportamenti. ù 2. Non c’è più Triade di Deficit, ma Deficit in 2 Domini 3. Non c’è più il Sistema Multiassiale Le principali ricerche nel Disturbo dello spettro autistico sono state svolte da Baron- Cohen, Leslie, Frith, nel 1985. Intuizioni: • nei bambini autistici è assente il gioco di finzione, l’ultimo (in ordine evolutivo) dei precursori della ToM • i bambini autistici sono in difficoltà nella interazioni sociali, per le quali la ToM è fondamentale L’potesi che esista un deficit di sviluppo della ToM nell’autismo è stata testata con il famoso compito di falsa credenza di Sally e Ann: prima evidenza deficit ToM in autismo. Successivamente (Baron-Cohen, Leslie, Frith, 1986) per limitare il più possibile il carico cognitivo, utilizzano un compito differente di ricostruzione della corretta sequenza di storie illustrate di tre tipi: • “meccanico”: la sequenza implica una relazione fisico-causale; • “comportamentale”: i protagonisti sono impegnati in attività per la cui spiegazione è sufficiente il dato comportamentale, senza bisogno del ricorso a stati mentali; • “intenzionale”: per ricostruire la sequenza, è necessario far riferimento a stati mentali come la falsa credenza dei personaggi. I soggetti con autismo risultano in difficoltà solo nel terzo tipo di storie, DOMINIO 1: Deficit della Comunicazione Sociale 1. Deficit nell’interazione reciproca 2. Deficit nella comunicazione DOMINIO 2: interessi ristretti/ comportamenti 3. Interessi ristretti/ comportamenti ripetitivi il che deporrebbe a favore dell’ipotesi della specificità di tale deficit. Si tratta di un Deficit specifico perché le competenze sociali di base restano intatte: • identificano correttamente identità, sesso ed età delle persone; • individuano lo scopo di una persona dalla direzione del suo sguardo, sebbene non ne sappiano cogliere il significato mentalistico; • la capacità di comprensione dell’agentività in senso meccanico e della semplice causalità comportamentale restano intatte. Si utilizza il termine mindblindness o “cecità mentale” (Baron-Cohen, 1995) per designare il deficit della Teoria della Mente nell’autismo. Howlin, Baron-Cohen, Hadwin nel 2000 sviluppano un Programma riabilitativo per insegnare la comprensione degli stati mentali a soggetti autistici. Esso si articola su cinque livelli: 1. riconoscimento di fotografie di espressioni del viso di quattro emozioni di base (felicità, tristezza, paura, rabbia) 2. riconoscimento di disegni schematici di espressioni del viso (felicità, tristezza, paura, rabbia) 3. riconoscimento di emozioni causate da situazioni 4. riconoscimento di emozioni causate dal desiderio 5. riconoscimento di emozioni causate da opinioni IL CERVELLO AUTISTICO Il cervello autistico ha una tendenza alla normalità.
 Il cervello di un soggetto autistico NON è ROTTO, non si è sviluppato nel modo giusto: • Ipoconnessioni (causa di scarsa memoria a breve termine e scarsa attenzione per i volti) • Iperconnessioni (con conseguente memoria ultrasviluppata, visione migliore)
 La ricerca più avanzata riconosce che i programmi maggiormente efficaci sono quelli non solo individuali, intensivi, comprensivi, ma anche capaci di considerare tutti i setting della vita del bambino, all’interno dei quali la famiglia rappresenta senza dubbio un componente essenziale. Il Modello DIR Creato da Stanley Greenspan e Serena Wieder, il modello DIR rappresenta un metodo di valutazione e intervento basato sullo sviluppo, pensato per avere un’applicazione privilegiata ma non esclusiva con i Disturbi dello Spero Autistico. 
 Il DIR è un modello biopsicosociale basato sullo sviluppo (D, dall’inglese Development). Fa riferimento a sei livelli di funzionamento emotivo- cognitivo-sociale infantile che nella loro successione determinano la crescita di ogni individuo, e attribuisce grande importanza alle differenze individuali (I) biologicamente determinate relative al modo in cui ogni bambino riceve le informazioni provenienti dal mondo e dagli altri (informazioni uditive, tattili, visuospaziali, ecc.), le elabora e reagisce a esse. È inoltre un modello attento alla modalità con cui il bambino si pone in una relazione (R) emotiva significativa con l’adulto di riferimento, dove tale relazione viene considerata promotrice di sviluppo e di apprendimento autentici. 
 I 6 livelli: 1. Livello 1: Capacità di essere attento e regolato (a partire dai 3 mesi) 
 Aiutato dalle reazioni emotive che gli adulti di riferimento mostrano nei confronti di stimoli esterni diversi (rumori, luci, ecc.), il bambino impara a sua volta a discriminare e a interessarsi al mondo e alle persone senza perdere la calma. 2. Livello 2: Capacità di entrare in relazione (2-5 mesi). 
 In questa fase i bambini dimostrano via via maggior interesse nei confronti delle loro figure di riferimento. Provano sempre maggiore gioia a stare con loro, imparando a distinguerne le espressioni del volto, del corpo e della voce. 3. Livello 3: Intenzionalità e comunicazione a due vie (5-9 mesi) 
 Intorno ai sei mesi le emozioni diventano veri e propri segnali di comunicazione. Il bambino agisce intenzionalmente e, avendo compreso che le sue azioni possono suscitare reazioni dell’altra persona, crea continui circoli di comunicazione composti da vocalizzi e gesti. 4. Livello 4: Capacità di problem solving sociale, di regolazione dell’umore e formazione del senso del sé (9-18 mesi). Il repertorio gestuale del bambino è ormai sufficientemente ricco, i circoli comunicativi aumentano e diventano più complessi. Le nuove modalità comunicative gli permettono di acquisire gli strumenti adeguati per risolvere problemi. Per esempio, il bambino sa che è sufficiente prendere la mamma per mano per comunicarle il desiderio di raggiungere l’altalena e farsi aiutare nell’impresa. Il consolidamento della capacità di sviluppare turni del «discorso» (un dialogo all’inizio puramente gestuale, quindi sempre più verbalizzato) aiuta il bambino a sviluppo tipico nella formazione del senso di sé, nella sensazione di essere un’entità pienamente intenzionale e integrata, capace di esperire e condividere stati mentali di vario tipo 5. Livello 5: Creazione di simboli e uso di parole e idee (18-36 mesi). Il linguaggio verbale acquisisce un’importanza decisiva e il bambino lo utilizza per formare e perfezionare immagini sempre più complesse grazie alle quali costruire ed esprimere idee che rappresentano la realtà o, nel gioco di finzione, mondi immaginari. 6. Livello 6: pensiero emotivo, logico e senso di realtà (3-4 anni). Il bambino è ormai in grado di connettere le idee in modo logico, sa che un evento ne provoca un altro, comprende che le idee operano attraverso lo spazio e attraverso il tempo. Sa anche collegare le proprie esperienze interne con le esperienze esterne. L’ALLENATORE E LA PEDAGOGIA Prospettiva classica: allenatore è un insegnante, un tecnico Coaching / teaching: Coaching non riguarda la pedagogia, è relativo solo alle prestazioni fisiche. Nuove osservazioni hanno messo in crisi questa visione: il contesto di allenamento è multisfaccettato, l’allenatore deve prendere decisioni in più situazioni e occorre esperienza e adattamento flessibile alle situazioni. Queste osservazioni hanno dato origine ad alcune riflessioni, che hanno favorito il passaggio a una visione nuova dell’allenatore come educatore: • L’allenatore insegna tecniche e strategie • L’allenamento coinvolge comunicazione, apprendimento, motivazione, mantenimento di relazioni positive • L’allenamento è “agito” (cosa fare) e “pensato” (come raggiungo i risultati, non solo agonistici) • L’allenatore ha una visione SISTEMICA dello sviluppo dell’atleta • Allenatore ragiona su COSA fare e sul PERCHE’ farlo 
 Il passaggio da una visione classica, ora superata, a una visione attuale (allenatore – educatore/caregiver) è avvenuto in tre fasi, ciascuna delle quali ha portato elementi aggiuntivi alla precedente. 1. I modello (classico): allenatore – insegnante I modello: allenatore insegnante Modello classico Insegnamento Trasmissione di saperi tra un insegnante e un discente n  Critiche 1.  Insegnare riguarda SOLO le conoscenze 2.  Non considera emozioni, interessi, preferenze 3.  Non considera le conoscenze precedenti - Cinestesico: preferisce agire e sperimentare direttamente ̈Riflessivo: preferisce riflettere prima di sperimentare L’atleta sviluppa le abilità metacognitive: insieme di conoscenze e capacità di ragionamento su se stessi e sulle proprie abilità, caratteristico dell’atleta vero e proprio. • Atleta diventa responsabile di se stesso (insieme all’allenatore) • Pensa e selezione le strategie più appropriate • Controlla i processi di miglioramento • Riconosce quando è autonomo e quanto necessita di supporto SPORT e VALORI Lo sport è l’insieme di quelle attività, fisiche e mentali, compiute al fine di migliorare e mantenere in buona condizione l’intero apparato psico-fisico, acquisendo abilità specializzate in particolari settori e – a certe condizioni – di competere con altri nel mettere alla prova queste abilità. In questo senso lo sport comporta, e contribuisce a determinare, lo sviluppo di qualità fisiche come la prontezza di riflessi, la rapidità di risposta agli stimoli, la resistenza, la forza, il rilassamento e la potenza, nonché altrettanto importanti qualità psicologiche ed etiche come il coraggio, l’abnegazione, la padronanza di sé e la perseveranza. All’interno di queste caratteristiche generali lo sport promuove e attua valori essenziali quali: a. Cooperazione nella competizione Cooperare e competere sono due dimensioni essenziali della struttura valoriale umana: entrambe vanno perseguite, nei tempi e nei modi giusti: in alcuni casi è necessario cooperare, in altri competere. Occorre sviluppare abilità personali e sociali adeguate per ciascuno dei due aspetti. Lo sport richiede la cooperazione quando: –si progetta la strategia per la gara insieme all’allenatore e/o ai compagni, e quando si è in campo insieme alla propria squadra; – esige la competizione sana e leale nei confronti degli avversari. b. Spirito di gruppo Il valore dell’essere gruppo e di manifestarlo, nasce dalla collaborazione tra i compagni di squadra, uniti nel raggiungere un fine comune. 
 Gli allenatori delle squadre giovanili, prima e dopo la gara, spesso invitano i propri ragazzi a gesti di amicizia nei confronti dei loro avversari, allo scopo di considerarli in un contesto di maggiore lealtà ed umanità, utile a sminuire possibili momenti di tensione. L’allenatore gioca un ruolo fondamentale nel facilitare e promuovere i processi di coesione di gruppo, oltre che la crescita individuale dell’atleta. c. Disciplina personale La disciplina di sé porta ad affrontare in condizioni ottimali gli allenamenti più impegnativi e le competizioni, è necessario condurre una vita sana e regolare. Praticare sport è pertanto elemento fondamentale per la costruzione del carattere, in quanto educa al valore della fatica e della sofferenza in vista di uno scopo. Inoltre, la disciplina porta l’atleta a sapersi ascoltare e a conoscere i propri ritmi, divenendo maggiormente consapevole dei limiti, per tentare di superarli, e delle proprie capacità che vanno valorizzate. Centrale in questo processo di valorizzazione di sé è l’acquisizione dell’auto-efficacia che nello sport trova una ottima palestra di formazione. d. Condivisione e rispetto di regole precise Ogni atleta impara a dirigere il proprio comportamento entro confini stabiliti, acquisisce una capacità di controllo sempre più efficace e rende proprio il senso del limite. Nella sua mente diventa sempre più chiaro ciò che si può fare e ciò che non si può fare, quello che è corretto e quello che è sleale, favorendo così lo sviluppo morale. Le famose regole di De Coubertin (2003), sempre attuali, prevedono che: • gli sportivi accettino senza commenti qualsiasi decisione dell’arbitro e dei giudici di gara; • «sentano» e dimostrino per ciascuno degli avversari lo stesso rispetto che mostrano per i compagni di squadra; • siano consapevoli che nello sport vincere con l’inganno, significa in realtà perdere. e. Tolleranza e il rispetto reciproco, fondamento della lealtà; «saper vincere e saper perdere». 
 Il Codice europeo di etica sportiva (documento redatto dal Consiglio d’Europa nel 1992) così afferma: Il principio fondamentale del Codice è che le considerazioni etiche insite nel «gioco leale» (fair play) non sono elementi facoltativi, ma qualcosa d’essenziale in ogni attività sportiva, in ogni fase della politica e della gestione del settore sportivo. Queste considerazioni sono applicabili a tutti i livelli di abilità e impegno, dallo sport ricreativo a quello agonistico. Il fair play è un modo di pensare, non solo un modo di comportarsi. La definizione di «gioco leale» dal Codice europeo di etica sportiva sintetizza bene lo spirito dell’intero codice, che non fissa norme o regolamenti, ma fornisce un quadro etico che porta alla diffusione di una mentalità condivisa più che al rispetto di regole imposte. «saper vincere e saper perdere»(= Fondamento di Lealtà): L’etica sportiva viene spesso riassunta nel fair play. Quest’ultimo è un concetto ampio e comprende tutta una serie di valori che lo sportivo, sia che pratichi attività agonistica sia che segua l’evento sportivo come tifoso, deve considerare: - rispetto dell’avversario, dell’arbitro e del pubblico - capacità di accettare la sconfitta e di onorare l’avversario in caso di vittoria. In questo modo, ci si abitua, altresì, a formare un sistema di comportamenti che ci dettano «come giocare» nella vita di tutti i giorni; ci si abitua altresì a rifiutare ogni elemento che possa screditare e danneggiare lo sport stesso. 
 Il fair play è ancora più importante quando lo sport funge da «palestra di vita»: attitudini caratteriali, capacità decisionali, senso dell’osservazione e della coordinazione, abilità nel pensare rapidamente e costruttivamente si sviluppano così in modo naturale e in forma efficace. Etica I modelli etici trovano larga applicazione nello sport per varie ragioni: 1. perché sono chiamati a definire valori ed ideali ai quali ispirarsi nella pratica di qualsiasi disciplina; 2. perché contribuiscono concretamente ad individuare i principi sui quali sono fondate le regole di gioco; 3. poiché stabiliscono limiti e ambiti della condotta ludica, agonistica e non.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved