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Puskin- La donna di picche, Appunti di Letteratura Russa

Appunti Puskin e "La donna di picche"

Tipologia: Appunti

2019/2020
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Caricato il 04/11/2020

jessica-coppola
jessica-coppola 🇮🇹

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7 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Puskin- La donna di picche e più Appunti in PDF di Letteratura Russa solo su Docsity! PUSKIN - LA DONNA DI PICCHE E’ un prodotto della maturità di Puskin, scritto metà degli anni 30 e mette a centro dell’azione un eroe che si mette al tavolo di gioco, si parla del gioco d’azzardo. Si mette al tavolo da gioco non tanto per la passione di giocare ma per sfidare la povertà e arricchirsi in breve tempo. Si tratta di un piccolo uomo, un uomo semplice che nel corso del racconto vediamo assoggettarsi perdutamente al potere del denaro. Premessa sul tema del gioco delle carte (in particolare nella letteratura russa del XIV secolo):tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo assistiamo a un frequente riproporsi del tema delle carte da gioco nella letteratura. Come per altre epoche singoli oggetti o anche giochi diventano una specie di emblema o simbolo della realtà (basti pensare nel periodo barocco a libro-immagine, al libro- mondo e dunque al libro come immagine del mondo),in questo periodo storico (tra 700 e 800) il gioco delle carte assume il significato di una metafora, metafora della vita e della realtà. Da sempre come sappiamo il gioco rimanda all’idea di un conflitto, il gioco è una mimesi di un conflitto il quale conflitto può ora avvenire con forze oscure e ignote,ora con entità che sono fronteggiabili e razionalizzabili grazie appunto alla ragione. Il gioco delle carte che dilaga nella società del primo 800, così come gli scacchi avevano dominato nel 700, forniscono una base per la modellizzazione della realtà (attraverso il gioco delle carte si racconta metaforicamente la realtà) e queste carte diventano tema letterario. Dobbiamo dunque distinguere due tipi di giochi: giochi commerciali (i giochi di carte che si fanno in società e che non prevedono arricchimento,ma che si fanno soltanto per diletto) e giochi d’azzardo (coinvolgono chi gioca per l’obiettivo di acquisire denaro e grandi ricchezze in breve tempo,però rischiando). I giochi commerciali hanno regole di solito dinamiche che il giocatore può governare almeno fino a un certo punto con la logica,con la ragione. Nei giochi d’azzardo invece la logica, il calcolo e l’osservazione dei processi non bastano. Molto spesso il giocatore non dispone delle informazioni necessarie e per questo non è detto che ne esca vincitore e per questo si cimenta con il caso, con la fortuna e quindi con l’ignoto. Il caso in quest’epoca (primo 800) diviene oggetto di riflessione filosofica e anche letteraria. Anche altre opere hanno riflettuto sul ruolo della casualità della storia così come il romanzo antico, la novella rinascimentale ecc. però ogni epoca elabora il soggetto in maniera differente con una serie di temi, immagini, costruzioni romanzesche o novellistiche. La riflessione sul caso si acuisce nella letteratura tra il 700-800 in Russia e si lega al destino dell’individuo, in particolare nella Russia- pietroburghese (quella successiva alle riforme di Pietro). La Russia dopo Pietro vede da un lato un’aristocrazia colta,nutrita di filosofia,letteratura e esperienza all’estero e dall’altro il potere autocratico (dispotico e fuori da qualsiasi controllo da parte dell’aristocrazia). La vita stessa dei russi si svolge in una dimensione di indeterminatezza,di illusorietà e di precarietà e ad acuire questa sensazione è la stessa città di Pietroburgo (città illusoria e artificiale nel quale tutto quello che si vede appare reale, ma poi quando si va ad indagare meglio che dietro la parvenza c’è qualcos’altro di inaspettato). La vita sociale dell’aristocrazia si muove tra due poli. Da una parte c’è il servizio civile o militare,la burocrazia ecc. e dall’altra il denaro. Al primo si lega la carriera che è ordinata in base a delle regole che sono prevedibili e che consentono di organizzare la propria vita in una certa prospettiva. Al secondo,ossia al denaro, si lega la possibilità di arricchirsi grazie all’intervento della fortuna,del caso per esempio sotto forma di donazioni da parte dallo zar,privilegi, favoritismo(basti pensare ai favoriti delle imperatrici che acquisiscono immense fortune per puro caso,non per merito). Molto spesso il caso irrompe all’interno di un sistema che è fortemente regolamentato e che implica l’infrazione delle regole e su questo incomincia a “nascere” una riflessione filosofica e anche nei testi letterari. Il caso che in parte regola la vita pubblica richiama subito il gioco delle carte che appare appunto il modello naturale di questo aspetto dell’esistenza. Il gioco delle carte,il calcolo, il lavoro, il rispetto delle norme non vale e il gioco d’azzardo in particolare che può stravolgere un’intera vita anche in un minuto e ridurre così sul lastrico. Il risvolto inquietante è che nel gioco d’azzardo il giocatore si confronta con l’ignoto, qualunque strategia diventa inutile e tutto è imprevedibile e a questo si lega appunto il tema del denaro, che è in particolare il potere che questo esercita sull’individuo e sui rapporti sociali. L’irrompere del denaro è legato alla società borghese (qui si parla di una società aristocratica dove però irrompe già questo elemento disgregatore della coesione sociale e dell’integrità dell’individuo). Tutta la letteratura europea dell’800 è dominata da questo tema. In questa riflessione più generale si inquadra la donna di picche che è il nome di una carta che dà il titolo alla novella. E’ diviso in sei capitoli. Nel primo capitolo l’azione si apre in un allegro salotto affollato di personaggi del bel mondo (chiacchiere e cene che si protraggono fino a notte fonda). Dietro ai giocatori vediamo davanti al tavolo in piedi da solo Hermann (uno degli eroi o se vogliamo un’ “antieroe” che se ne sta in silenzio ad assistere al gioco e non partecipa. Hermann fino dalla prima pagina viene introdotto nella sua diversità rispetto agli altri. Qualcuno tra i giocatori, Tomskij, vestita di bianco nella quale gli sembra di riconoscere la contessa andata da lui “contro la sua volontà” ma per esaudire la sua preghiera e a questo punto gli svela il segreto per il quale lei è morta: “il tre, il sette e l’asso ti faranno vincere di seguito ma a patto che tu non punti più di una carta al giorno e che poi non giochi più per tutta la tua vita, ti perdono la mia morte a patto che tu sposi la mia pupilla, Lisa”. Qui il racconto rimane molto ambiguo perché noi non sappiamo fino in fondo se si tratta di un sogno o sia qualcosa che realmente accade, Puskin non ce lo dice. Infine, abbiamo il capitolo sei dove troviamo il momento in cui Hermann cerca di mettere in atto quello che aveva intrapreso fin dall’inizio e cioè queste tre carte. Il racconto seguendo una “circolarità” era partito dal tavolo da gioco e ritorna e si conclude sul tavolo da gioco nella stessa situazione di partenza. Questa volta però non è un gioco a scopi ludici ma è appunto il gioco d’azzardo, dove la molla è il denaro e l’idea di arricchirsi. Hermann si avvicina al tavolo e decide di puntare su una carta a serata ogni volta raddoppiando la posta: tre,sette e asso. Vince la prima sera, anche la seconda, poi si presenta la terza sera e punta sull’asso: invece dell’asso gli esce la donna di picche, la quale in maniera beffarda gli strizza l’occhio (o almeno co’ sembra a lui). Questo è il finale. Poi c’è un secondo finale che è in realtà è un epilogo un po' ironico dello stesso Puskin, una conclusione nella quale l’autore un po' per venire incontro alle attese più banali del lettore, racconta come i vari personaggi finiscono la loro storia. E’ un finale “doppiamente ironico” perché da un lato c’è Lisa che si sposerà felicemente e dall’altro c’è Hermann che diventa pazzo e finirà in uno stato di follia. C’è una favola fantastica della donna di picche che pone questo racconto in una posizione molto particolare rispetto alle altre opere di Puskin. Puskin di solito introduce il fantastico con una motivazione realistica. Nella donna di picche abbiamo invece una continua ambiguità, non c’è un vero e proprio discrimine tra la realtà e l’immaginazione. Questo racconto senza dubbio si connette alla linea del racconto fantastico di Hoffmann, della tradizione romantica tedesca, e però Puskin conserva sempre questo risvolto realistico che serve a produrre questo costante effetto di ambiguità perché in Hoffmann noi siamo consapevoli che ci troviamo di fronte al fantastico, qui invece no e quindi Puskin gioca con questi modelli proprio per mantenere questo doppio binario. I personaggi infatti pur sconfinando apparentemente più volte nel territorio del fantastico mantengono sempre i connotati della quotidianità,della loro vita ordinaria anche grazie all’estrema precisione con cui vengono descritti i dettagli dell’ambiente circostante (gli interni, ad esempio, sono descritti con ironia ma anche con grande dettaglio). Niente,apparentemente, sembra preannunciare l’irrompere del soprannaturale in questo racconto (abbiamo sempre il gioco delle carte che finisce all’alba,l’alternarsi delle feste, dei banchetti,dei ricevimenti, le solite abitudini della vita nobiliare) eppure il fantastico alligna tra le pieghe della realtà o forse dell’immaginazione esaltata di Hermann. Il lettore fino all’ultima pagina rimane dunque nel dubbio ed è questo che costituisce maggiore mistero e fascino del racconto,questa inesplicabile congiunzione di due dimensioni. Lo stesso Hermnan è una figura ambigua perché è un tedesco russificato, unisce due nature,è calcolatore, freddo, razionale ma dotato anche di una sua immaginazione. E’ importante come lui ripeta in più occasioni: “il gioco mi interessa fortemente, ma non sono disposto a sacrificare l’indispensabile nella speranza di conquistare il superfluo”. Poi però nel corso del racconto si rivela anche passionale e man mano si fa “rapire” dall’euforia, contraddicendo anche lo stereotipo letterario del tedesco freddo e calcolatore. Nel racconto ci cono tre momenti che possiamo definire “fantastici “: nel primo capitolo, il racconto di Tomskij che racconta la vicenda “miracolosa” della vincita della contessa, poi nel capitolo quinto c’è la visione di Hermann e poi la vincita miracolosa delle prime due carte che ripete “circolarmente” quello che è accaduto sessant’anni prima alla contessa. Questo mistero delle tre carte nel racconto di Tomskij non è ancora confermato dai fatti e nel primo capitolo l’unico responsabile di questo aneddoto è quello che dice Tomskij. Anche l’apparizione della contessa può essere spiegata in termini realistici, ossia ha bevuto così tanto alcool che Hermann si è immaginato tutto. Soltanto nel terzo episodio dove lui vince con le due carte c’è l’irruzione apparentemente del fantastico. Da un punto di vista strutturale del racconto ( a parte il tema,il soggetto,ecc.), esistono alcuni elementi strutturali che si ripetono per esempio c’è un gioco insistito di accostamenti numerici (in particolare sul numero tre e sette) non solo perché sono due delle tre carte vincenti, ma proprio da un punto di vista strutturale preannunciano queste tre carte fin dall’inizio. Si potrebbe dire che in tutto il racconto domina un principio ternario, il numero tre in questo microcosmo della donna di picche è il segnale tipico del sistema di pensiero tradizionale. Il tre accompagna l’aneddoto della contessa (le tre carte),anzi è l’epifania stessa della contessa (la contessa viene evocata per via di questo gioco delle tre carte) e l’azione che si articola a immagine della stessa leggenda cioè le tre serate in cui Hermann affronta il suo destino tentando la fortuna. Questo aspetto si manifesta nei minimi dettagli. Ad esempio il racconto di Tomskij sulle carte miracolose si conclude con tre supposizioni dei presenti (quando Tomskij racconta l’aneddoto, i presenti fanno delle supposizioni in merito e guarda caso i commenti che vengono fatti sono tre). Il primo dice che è un caso,una favola (disse Hermann) e un terzo ritiene che le carte possano essere truccate. Il giovane Caplitskij (un altro protagonista della serata nel primo capitolo) aveva perso in precedenza 300.000 rubli (di nuovo il numero 3). Questa struttura ternaria e insistenza sul numero è introdotta nel racconto in maniera molto discreta, non si fa notare, il lettore non se ne accorge nemmeno ma piano piano in maniera osmotica gli entra nell’orecchio. Sul tavolo da gioco (la prima sera) ci stavano più di trenta carte e il tre accompagna Hermann in eventi che segnano il suo destino(ad esempio dopo tre giorni dall’incontro notturno con la contessa egli arriva in chiesa per il funerale alle nove, numero che come ben sappiamo è multiplo di tre). Il numero tre si insinua dunque nel tessuto del racconto. Questo numero fa capolino anche nei discorsi dei personaggi per esempio quando Tomskij dice a Lisa che Hermann deve avere almeno tre delitti sulla coscienza. E poi lo troviamo anche nella routine della vita quotidiana ad esempio quando la contessa arriva a casa ci sono bene tre fanciulle che la svestono. Anche nelle sale da gioco a Tomskij si avvicinano per un invito al ballo tre dame. Il principio ternario fornisce dunque la struttura del discorso elegante con cui si articola la storia. Addirittura in un accesso di retorica, Hermann quando si trova di fronte la contessa si rivolge a lei come a una consorte, a un’amante o a una madre (tre accezioni diverse) e le promette se gli rivelerà il segreto di nutrire una memoria riconoscente dei suoi figli, nipoti e pronipoti (di nuovo il tre). Nonostante l’azzardo di Hermann tutta la sua vita si dispone secondo il principio tradizionale del tre (ogni volta che lui pensa alle carte, c’è un super-io, un’istanza superiore che gli fa dire che le sue tre carte vincenti sono: economia, misura e dedizione al lavoro). Dunque da un lato è tentato dalla fortuna che lo spinge a giocare e dall’altro si ricorda questi tre principi che gli sono stati lasciati dal padre. A questo elemento strutturale del numero tre si aggiunge quello basato sul numero sette che è la seconda carta vincente ma che è preannunciata da una serie di segnali nei quali si vede anche l’ironia di Puskin. Il tre e il sette ingigantiscono nella mente allucinata di Hermann il quale vuole “duplicare, triplicare i suoi averi”. Chiudono questo climax le prime due serate con le due carte del tre e il sette alle quali dovrebbe seguire l’asso. In questo modo la fissazione delle due carte avviene dall’esterno (da parte della contessa e del suo mondo) e da parte dell’interno (dalla mente di Hermann), sono due piani che entrano in collisione. Un particolare significato delle riflessioni di Hermann sulle tre carte è offerto anche dallo schema ritmico del discorso. Bisogna tener presente che elementi, l’accostamento di elementi antitetici. C’è un esempio, ossia la descrizione del rapporto della povera Lisa con la contessa: “lei versava il tè e otteneva in cambio delle osservazioni acide per un eccessivo dispendio di zucchero, lei leggeva ad alta voce i romanzi ed era colpevole per tutti gli errori dell’autore, lei accompagnava la contessa e nelle loro passeggiate per il tempo e il selciato” ( c’è dunque sempre un elemento binario, di opposizione). Questo tipo di rapporto binario si incontra a diversi livelli di costruzione del racconto,per esempio nei personaggi: ai due poli del romanzo ci sono il figlio di un tedesco russificato e l’aristocratica contessa che un tempo era appunto la “Venere moscovita” e questa opposizione paradossale compare già all’inizio del racconto e appare nel racconto di Tomskij il quale associa il giovane ufficiale tedesco russificato e la contessa per il fatto che non giocano a carte. Poi questo abbinamento dei due personaggi viene ribadita da altre coppie e antitesi nel corso della narrazione, ad esempio la coppia-antitesi Lisa- contessa la quale appare già a Hermann in due forme (nella prima descrizione che ci viene fatta, Hermann dice che vede la contessa avvolta in una pelliccia di ermellino e dietro di lei,in un freddo soprabito con un fazzoletto sulla testa, appariva la sua pupilla. Questo tipo di opposizione viene riproposta a diversi livelli della narrazione. La “donna di picche” ci appare come un racconto a sfondo psicologico, filosofico perché riflette sulla casualità,può essere un racconto sull’irrompere del sovrannaturale della vita dell’individuo. E’ stato letto però anche in altro modo e in particolare per questa sua struttura così misteriosa e difficile da afferrare, è stato accostato alla tradizione fiabesca, del folklore. Bisogna ricordare che Puskin scrive questo racconto in un periodo nel quale scrive molto fiabe in versi, è attratto dal folklore e lo conosce molto bene, ma in più è un facitore di letteratura che si rifà ai temi del folklore. L’ elaborazione della fiaba nella letteratura è un tema complicatissimo. L’influenza del folklore può avvenire sia a livello tematico oppure a livello strutturale (nel modo nel quale un certo testo viene costruito, non tanto dunque da un punto di vista del soggetto ma della costruzione). Come ha mostrato un grande studioso di fiabe,Vladimir Propp (autore per esempio delle fiabe di magia e soprattutto studiava la struttura della fiaba,come veniva costruita), tutte le fiabe nonostante la grande ricchezza tematica (la chiave di magia ad esempio) hanno un numero rigidamente delimitato di eroi possibili ciascuno dei quali la tradizione acuisce una certa quantità di azione. In relazione all’eroe della fiaba, gli altri personaggi assolvono a un certo ruolo che può essere quello del donatore (un personaggio che dona per esempio un oggetto magico che consente all’eroe di ottenere qualcosa e alla fine uscire vincitore), oppure l’aiutante, o l’antagonista. Altrettanto stabile è il movimento compositivo della fiaba, c’è dunque un’unità più o meno immutabile che si conserva nonostante il grande mutare dei soggetti. Propp, più che di personaggi parla di funzioni, ogni eroe è una funzione all’interno dell’intreccio e i vari soggetti, i vari motivi si articolano in una sintassi che ha un numero di combinazioni più o meno definito. Il principio ternario è un tipico modo di procedere delle fiabe: l’eroe compie delle azioni, solitamente c’è una ripetizione, nelle fiabe del folklore russo ci sono tre prove che devono portare l’eroe al conseguimento di qualche strumento. Quando c’è l’aneddoto, Hermann dice : “сказка”, ossia “fiaba”. Nella fiaba c’è un aiutante dell’eroe e in questo caso l’aiutante è Lisa che dovrebbe essere quella che consente l’accesso a questa dimensione del fantastico (anche questo è tipicamente fiabesco). Anche la casa della contessa è una costruzione antica e anche questo ci fa pensare ad un’ “antichità fiabesca”. La stessa sinuosità del percorso che l’eroe compie per arrivare alla stanza della contessa, che è un percorso labirintico,è tipico della fiaba. Il punto è che l’eore della fiaba è mosso all’azione da un movente che deve essere morale, deve avere cioè una logica positiva nel racconto fiabesco, perché se si muove per un intento egoistico si rivela essere un antieroe che alla fine non vincerà, ma soccomberà alla sorte e in questo senso Hermann è esattamente un antieroe perché lui non ha pietà per la vecchia, ma neanche per Lisa e quando la vecchia gli appare in sogno gli dice di sposare in cambio Lisa perché la vecchia nonostante sia stata molto malvagia in vita nei confronti di Lisa, ha un sussulto di umanità e di pietà verso la sua “protetta” e per riparare a questo suo “senso di colpa” chiede al giovane di sposarla. Svela dunque la sua umanità rovesciando il meccanismo fiabesco (di solito si chiede prima qualcosa in cambio e poi si rivela il segreto, lei fa invece l’esatto contrario). Hermann si rivela un antieroe immorale perché “calpesta” questo suo giuramento, anche se in realtà lui non promette di sposare Lisa. La stessa motivazione per cui lui va al funerale della vecchia, non tanto perché provi un senso di colpa per la vecchia ma è soltanto perché ha paura per se stesso. Nel ritratto dell’eroe e nel suo modo di agire all’interno del racconto c’è uno schema fiabesco ma nel quale (in coerenza con la struttura della fiaba) Hermann si rivela un antieroe ed è dunque destinato a soccombere, alla follia. Puskin non tratta da un punto di vista di appropriazione del tema,ma lavora più in profondità a livello strutturale nell’impianto del racconto.
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