Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Quaestiones iuris romani pubblici: Crisi e trasformazione della Repubblica Romana, Appunti di Storia del Diritto Romano

La crisi e la trasformazione della repubblica romana, con un focus particolare sulla legge romana pubblica. Della crisi dei senatori e dei nobili che sfruttavano le province e garantivano le imposte a roma, e del tentativo di soluzione attraverso le leggi liciniae sextiae. Successivamente, il testo descrive la fase del potere personale di silla e il primo triumvirato di cesare, pompeo e crasso. Infine, vengono presentate le riforme di cesare e la creazione di nuovi uffici come prefetto urbi, prefetto annonae e prefetto vigilum.

Tipologia: Appunti

2011/2012

Caricato il 23/11/2012

elena_marcon
elena_marcon 🇮🇹

4.3

(19)

12 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Quaestiones iuris romani pubblici: Crisi e trasformazione della Repubblica Romana e più Appunti in PDF di Storia del Diritto Romano solo su Docsity! QUAESTIONE S IURIS ROMANI PUBLICI 1. Crisi e trasformazione della Res Publica 2.I nodi fondamentali del periodo imperiale Quaestiones iuris romani publici Quaestiones iuris romani publici 1 . CRISI -TRASFORMAZIONE DELLA RES PUBLICA PREMESSA La “crisi” della Repubblica Romana non deve essere vista solo ed esclusivamente come un fattore puramente negativo, di superamento della Costituzione con la quale Roma aveva conquistato il mondo; deve essere vista anche come motore per trasformazioni positive. Le soluzioni adatte alla forma della Città Stato vengono adattate oppure sostituite con nuove più adatte alla forma dello Stato – Impero. Dopo la Terza Guerra Punica si possono riscontrare una serie di fattori che investono quattro ambiti: 1. Economico/sociale: nel II secolo Roma ha sconfitto Cartagine e conquistato il Mar Mediterraneo, occupando le terre più fertili, in questo modo giungevano a Roma gratuitamente o a prezzo politico i migliori prodotti. Il benessere di chi viveva in città crebbe mentre gli alleati dell’Italia centrale e i Latini entrarono in grave crisi: divenne inutile la figura del contadino – soldato che non poteva più vendere i propri prodotti. Al contadino si prospettavano due possibilità: 1) Orientarsi verso culture “nobili” non praticate in provincia ma per fare ciò servivano capitali e manodopera specializzati che il povero contadino non aveva. 2) Vender il proprio appezzamento al Senatore, latifondista e ricco; poteva quindi cercare un lavoro libero come bracciante o artigiano ma ciò gli era precluso dagli schiavi, oppure poteva recarsi a Roma, dove viveva di espedienti spesso intruppandosi nelle clientele. Di conseguenza: 1. Nasce il gruppo sociale dei “Proletari”, soggetti turbolenti, che non lavorano e costituiscono una massa di manovra da impiegare nei giochi di forza politici. 2. Contemporaneamente si delineava la “nobilitas”, ossia una nuova formazione politica che comprendeva Patrizi e Plebei ed era costituita da tutti gli ex magistrati e i loro discendenti. Teoricamente si trattava di un gruppo aperto perché tutti potevano accedervi, ma, considerato che la magistratura non era retribuita, sarebbe stata pressoché impossibile per un “quivis de populo” entrare a farvi parte. Si trattava della classe dei proprietari terrieri, dato che dal 218 a.C. la “Lex Claudia” aveva vietato ai Senatori di possedere navi che avessero stazza superiore alle 300 anfore. 3. Il terzo gruppo socio politico era “l’ordo equestre”, dal II secolo a.C. i ricchi borghesi privi di titoli onorifici volevano costruirsi una dignità sicché, pagando notevoli cifre, compravano il diritto di fregiarsi del titolo di “Cavalieri” mantenendo in proprio il cavallo. Quaestiones iuris romani publici - Elimina gli ostacoli che avevano fatto cader il fratello: una legge deroga, di fatto, la “Lex Villia Annalis” consentendo l’iterazione del tribunato; con la “Lex Sempronia de capite civis” afferma che non possono essere pronunciate condanne a morte senza la possibilità dell’appello al popolo, così da rendere indirettamente incostituzionale il SC Ultimum - Normativa demagogica tesa a guadagnare amicizie: fa approvare una “Lex agraria” con cui restituisce ai Latini e agli italici le terre che in precedenza aveva tolto loro; tramite una “Lex frumentaria” dispone la distribuzione mensile a prezzo politico di grano ed altre derrate alimentari. - Favorisce la plebe urbana e gli equites: introduce alcune leggi lungimiranti volte alla fondazione di colonie con caratteristiche innovative perché non si tratta di zone di confine o di zone pericolose ma di aree fertili e tranquille da cui trarre solo vantaggi; la “Lex Sempronia viaria” prevedeva un programma di costruzione razionale di strade importanti e curate per far passare il materiale commerciale. - Normativa filo equestre a discapito dei Senatori: con la “Lex de provincia Asia a censoribus locanda” sottrae l’appalto delle imposte ai proconsoli o protettori e lo attribuisce ai cavalieri; con la “Le Sempronia iudiciaria” nel 149 a.C. vengono create le “Quaestiones perpetuae”, tribunali che giudicavano riguardo a specifici casi, composti da una giuria di Senatori, nel 123 a.C. Caio sostituisce i Senatori con gli Equites; la “Lex Acilia repetundarum” inasprisce le pene per corruzione e concussione, consentendo soprattutto ai “provinciales” di mettere sotto accusa i governatori romani. - legislazione radicalmente antisenatoria: tramite la “Lex Sempronia de provinciis” il Senato viene esautorato dall’antico diritto di assegnare le provincie, introducendo il sorteggio preventivo; con la “Lex de Comitiis” cerca di spezzare l’egemonia detenuta nei Comizi Centuriati dalla prima centuria e dalle diciotto centurie di cavalieri che votano per primi decidendo di fatto sui provvedimenti ne rendendo inutile la prosecuzione della votazione. La “Lex de civitate socii danda” prevedeva la concessione della cittadinanza ai Latini e dello “Ius Latii” agli Italici ma in questo modo si attirò l’odio di tutte le componenti cittadine. Ricandidandosi per la seconda volta consecutivamente al Tribunato non viene rieletto, il Senato e la nobilitas gli contrappone il programma di Livio Druso, apparentemente più rivoluzionario ma in realtà meno lesivo degli interessi senatori. Questi aveva proposto una “Lex frumentaria” che assicurasse grano gratis per i poveri, il suo programma aveva del demagogico. Tuttavia il pretesto per eliminare Caio venne dato al Senato dalla deduzione della colonia cartaginese: egli sostenne che sarebbe sorta su terra maledetta, essendovi stato sparso sopra il sale nel 146 a. C. Caio rifiuta di sottostare agli ordini del Senato e di comparire per fornire giustificazioni. Sfuggito alla caccia dei suoi nemici, si farà uccidere da uno schiavo.  CAUSE DEL FALLIMENTO DI CAIO Egli fu certamente più intelligente, circospetto e prudente del fratello, seppe scegliersi alleati che lo appoggiarono fino alla fine o per lo meno fino alla “Lex de civitate socii danda” che scontentò quasi tutti. Tuttavia anch’egli commise degli errori: - Come suo fratello, aveva valorizzato il Tribunato della Plebe quale elemento più giovane e dinamico della costituzione repubblicana, tuttavia l’azione del tribuno, per essere vittoriosa, avrebbe dovuto condurre alla modificazione completa della costituzione e non puntare solamente sul Quaestiones iuris romani publici tribunato perché esso era condizionato da un’impostazione costituzionale controllata dall’oligarchia senatoria, nei punti nodali. L’errore di Caio consiste nell’aver creduto di poter riformare lo Stato puntando su una sola magistratura invece di modificare la Costituzione nel suo complesso. - Non capì l’indole della massa che si vende sempre al miglior offerente. - Sperava di avere i cavalieri dalla sua parte e di aver irrimediabilmente spezzato l’unità della classe egemone. In occasione delle ultime riforme di Caio che mettevano in pericolo lo Status quo, cioè la leadership dei Romani, la classe dirigente, unita sin dal 367 a.C., si ricompattò ed eliminò l’intruso destabilizzatore. La rogatio agraria fu formalmente conservata giacché a Roma non si abrogavano mai le leggi, nella sostanza essa venne smantellata attraverso tre interventi legislativi successivi:  Nel 121 a.C. venne ammessa l’alienazione dei fondi.  Nel 118 a.C. una “Lex Thoria” sospende l’assegnazione di terre.  Nel 111 a.C. una lex agraria anonima trasforma tutti i possessori di terre pubbliche in proprietari per cui l’Ager Publicus sparisce.  L’Estensione della cittadinanza Dopo la fine dell’esperienza graccana la politica romana è dominata dalla figura di Mario, “Homo Novus” in quanto non appartenente ai nobiles. Egli introdusse la leva obbligatoria, arruolando così anche i capitecensi(alleggerendo in questo modo anche l’armamento dei soldati). Riuscì anche a violare le regole reiterando per cinque anni consecutivi il Consolato. I Senatori erano tuttavia preoccupati dalla crescente pressione Latino-Italica per la concessione della cittadinanza. In questa situazione insorgono Marsi, Piceni e Sanniti vincendo a lungo; si costituiscono in uno Stato ma la situazione viene risolta dal giurista Quinto Mucio Scevola, il quale suggerisce tre leggi che applicano il principio del “divide et impera” (90–89-88a.C.) scompaginando in questo modo il fronte nemico. ** Lex Iulia de civitate: la cittadinanza veniva concessa alle comunità che non erano entrate in guerra o che avessero deposto le armi il più rapidamente possibile. ** Lex Plautia Papiria: non si rivolge alla comunità ma ai singoli cittadini, assegnando la cittadinanza a coloro che fossero venuti a Roma per farsi censire entro 60 giorni. ** Lex Pompeia de Transpadanis: il diritto romano veniva concesso anche alla Gallia Cisalpina per evitare che essa si unisca agli insorti. In questo modo sembra che Roma abbia ceduto in realtà i nuovi cittadini vengono inseriti nelle ultime tribù di voto in modo tale che essi non possano nuocere. 2. FASE SENATORIA A. In questo modo sembra che Roma abbia ceduto in realtà i nuovi cittadini vengono inseriti nelle ultime tribù di voto in modo tale che essi non possano nuocere. I nuovi cittadini non vengono quindi inseriti in tutte le 35 tribù di voto ma solo in 10 tribù, relegandoli in una posizione minoritaria. Nell’88 a.C. il Tribuno Servio Sulpicio Rufo propone di distribuirli in tutte le tribù e l’oligarchia senatoria gli oppone il suo Quaestiones iuris romani publici paladino, Silla che sospende i censimenti affinché gli Italici non potessero farsi registrare ai fini del voto. B. Risolto questo problema Silla torna nel Ponto e il vecchio Mario riprende il controllo della situazione insieme a Cinna che detiene il potere per tre o quattro anni semplicemente continuandolo e non iterandolo come padrone della vita politica a Roma. Nell’83 a.C. il Sento richiama Silla per risolvere la situazione: sbarca a Brindisi e marcia su Roma per la prima volta nella storia; lungo la strada incontra i Sanniti e, uccidendone ottomila, risolve definitivamente il problema italico. C. Iniziano le “proscrizioni” ovvero la caccia ai sostenitori di Mario attraverso la denuncia su albi esposti in pubblico nei quali chiunque poteva segnalare nomi di “antisillani”, il denunziante aveva diritto di prelazione sul patrimonio del proscritto. Nell’82 a.C. Silla diviene dittatore “legibus scribundi e rei publicae costituendae” senza limite di tempo; dopo che si rese conto di detenere un potere illegale, essendo proconsole, e dopo aver fatto nominare un interrex dal Senato. LE RIFORME DI SILLA Silla si propone di restaurare la Costituzione del periodo medio – repubblicano, essa era fondata sulla centralità del Senato. A. RIFORME DELL’88 a.C. - Viene ripristinato l’iter legis e abrogata di fatto la riforma graccana dei Comizi Centuriati. - Il plebiscito può essere proposto ai Concilii plebei solo dopo che un SC ne ha approvato il contenuto, istituisce cioè l’auctoritas preventiva e vincolante. - Il Senato viene incrementato da 300 nuovi componenti. B. RIFORME DELL’82 a.C. e ANNI SEGUENTI Come dittatore continua nella sua opera capillare con una serie di “Leges Corneliae”. - “Lex de tribunicia potestate”: che contiene tre capitoli per sminuire il Tribunato della Plebe: A) solo i Senatori avrebbero potuto diventare tribuni e coloro i quali avesse voluto ricoprire tale carica, avrebbero concluso il Cursus Honorum: B) l’intercessio viene limitata perché diviene opponibile solo in difesa di un singolo cittadino e non degli interessi generici della plebe. - “Lex de magistratibus”: il cursus honorum era stato sconvolto perché la “Lex Villia Annalis” veniva continuamente disattesa, con Silla essa viene ripristinata. - “Lex iudiciaria”: legge faziosa come tutte le lex iudiciarie fino al 70 a.C.; restituisce il controllo delle giurie ai Senatori e riordina le “Quaestio Perpetuae”. - “Lex frumentaria”: sono abolite le distribuzioni demagogiche, spesso strumento di ricatto politico della massa urbana. - “Lex de provinciis”: i magistrati che escono di carica assumono automaticamente per un anno il governo delle provincie, viene eliminata la “prorogatio imperii” e con essa tutti i rischi del vecchio sistema. - “Lex de questoribus”: Silla crea venti nuovi questori, che hanno un profilo burocratico - amministrativo in quanto dipendono dai magistrati e sono adibiti a funzioni stabili specialistiche. 3. FASE DEL POTERE PERSONALE Quaestiones iuris romani publici la materia prima a Roma e, se affondava, andava in crisi una famiglia nobile della Res Publica. c) “Lex Iudiciaria”: risolve il problema delle giurie, da quel momento composte per metà da cavalieri e senatori. d) “Lex Municipalis”: rivede il governo dei municipi e) Remissione parziale delle pigioni: impedisce speculazioni sugli affitti dopo aver rimesso parzialmente le pigioni. f) Riforma del calendario: il calendario giuliano consta di 365 giorni (Febbraio con 29 giorni) sicché viene risolto il problema dei giorni 'intercalari', quelli inseriti dai Pontefici per fare ‘tornare i conti’ ma, in realtà, a loro uso e consumo politico. g) Riforma della burocrazia: Cesare segue lo schema di Silla, che aveva adibito i questori a mansioni specifiche, perché i pretori devono essere sostituiti da otto prefetti, non più eletti e dipendenti dal Magister Equitum. h) Progetto di codificazione: incarica il giurista Trebazio Testa e l'antiquario Ofilio di raccogliere il meglio dei ‘mores’ e delle leggi creando un codice. Tuttavia il tentativo fallisce perché il lavoro, immane, richiedeva tempo e Cesare muore prima. Assume il prenome di 'Imperator', ha il diritto di coniare monete con la sua effige e di nominare i magistrati senza consenso popolare, ottiene la 'lectio senatus' ed assume gli ornamenti del conquistatore, nomina nuovi senatori. Infine la “Lex Cassia” gli consente di creare nuovi patrizi ed egli se ne avvale per attribuire il patriziato ad Ottavio, il suo pronipote, che aveva diciannove anni e ne era quindi il potenziale successore: inoltre viene eletto dittatore a vita. Egli è monarca assoluto e si sente investito di una nuova missione: non era interessato alla vanagloria e ambizioso come Pompeo ma voleva estendere la civiltà romana oltre i confini raggiunti da Alessandro il Grande per realizzare un grande impero in cui regnasse la cultura greco-romana. Il 15 marzo 44 (le famose 'idi' di Marzo) Cesare si reca in Senato pur sapendo che una banda cospira contro la sua stessa vita: viene ucciso da un gruppo guidato da Cassio e Bruto, in nome della libertà della Res Publica dalla tirannide. Il popolo, in un primo momento convinto dai Cesaricidi circa la bontà delle loro intenzioni, cambia idea quando Antonio tiene l'orazione funebre: rivela che Cesare ha lasciato in eredità al popolo sostanze, beni immobili e denaro sicché i Cesaricidi debbono scappare e l'impero si divide in due parti. Nella sorpresa generale nomina suo erede l’imberbe Ottaviano invece di Antonio, sicché nel 43, a Bologna, si costituisce il secondo triumvirato ufficiale formato da Antonio, Ottaviano e Lepido (il ricco di turno): esso avrebbe dovuto durare solo cinque anni ma venne rinnovato a Taranto nel 37. Ben presto Lepido si ritira, ed Antonio va in Oriente a sposare Cleopatra mentre Ottaviano resta padrone di Roma e dell'Occidente. Lo stesso Antonio ambisce a creare un impero in oriente, non contro Roma ma bensì con essa: l'abile Ottaviano approfitta di questa ambiguità per scavargli la fossa utilizzando i 'rumores'. Ciò scatena diffidenza e odio verso Antonio che resta isolato e arroccato in Oriente sicché nel 32 sono concessi a Ottaviano i pieni poteri, dichiara guerra a Cleopatra e sconfigge lei e Antonio il 2 settembre 31 a.C. ad Azio, sulla costa greca: finisce un’epoca nella storia romana e del suo diritto. 2.  I nodi fondamentali del periodo imperiale S parla di “Impero” romano, espressione impropria sul versante del diritto pubblico perché si devono invece distinguere due periodi distinti: PRINCIPATO (da Augusto al 235 d.C.): caratterizzato da una monarchia “temperata”. Pace, progressiva eguaglianza, cosmopolitismo ed universalismo nella cultura e nella Quaestiones iuris romani publici politica, mancanza di oppressione e graduale abolizione della schiavitù ne costituiscono i connotati essenziali. DOMINATO (da Diocleziano, 284 d.C., alla caduta dell’impero d’occidente, 476): si passa a una monarchia assoluta, nella quale il sovrano è ‘dominus et deus’. Caratterizzato dall’affermazione del cristianesimo, dalla sempre maggiore pressione barbarica e dalla graduale decadenza dei costumi, segna il tramonto della civiltà romana. 1. IL PRINCIPATO S’identificano quattro sottofasi del principato. ­ GIULIO-CLAUDI (31 a.C.-68 d.C.): Augusto, Tiberio, Caligola, Claudio, Nerone ­ FLAVI (69 d.C.-96 d.C.): Vespasiano, Tito, Domiziano ­ IMPERATORI PER ADOZIONE (96 d.C.-192 d.C.): Nerva, Traiano, Adriano, Antonino Pio, Marco Aurelio, Commodo ­ SEVERI (193 d.C.-235 d.C.): Settimio Severo, Caracalla, Eliogabalo, Alessandro Severo. Tuttavia quest’evoluzione non corrisponde all’evoluzione costituzionale in quanto essa segue una cronologia diversa e alternativa, riconducibile a tre periodi 1.1. Primo periodo (27 a.C. - 14 d.C.): le origini La strepitosa carriera di Augusto coincide con la costruzione di una nuova forma costituzionale, il "Principato": si tratta di un contemperamento tra le nuove esigenze imperiali e autocratiche da un lato, e la vecchia costituzione repubblicana dall'altro. La tendenza monocratica risulta l’unico sistema funzionale alla compattezza dell’enorme territorio sottomesso da Roma. Ottaviano non vuole commettere gli errori di Cesare e cerca di non modificare formalmente la vecchia struttura repubblicana. Nel 23 a.C. Augusto definisce esattamente i propri poteri, attribuitigli formalmente dal Senato e dal Popolo: da questo momento, almeno sotto un profilo formale, possiamo parlare di Principato. È titolare di: - Tribunicia potestas plena: Gli sono riconosciuti tutti i poteri del tribuno ma senza le relative limitazioni. - Imperium maius et infinitum. Si tratta di un potere militare supremo. Nel 12 a.C. ottiene il titolo di Pontifex Maximus, carica che egli potenzia restituendo ai Pontefici l'interpretatio iuris (superata ma mai realmente abrogata): inferse così un grosso colpo alla giurisprudenza libera, di cui volle comunque il controllo esclusivo mediante la creazione dello ius respondendi ex auctoritate principis. Ovviamente egli ne investe i giuristi a lui fedeli: tali "responsa" avevano una grande autorevolezza perché la parte che li adduceva in giudizio era sicura di vincere la causa. *** Valutazioni Critiche *** Sostenne di non avere inventato nulla di nuovo perché comunque ricopriva cariche che esistevano già, soltanto potenziandole con la sua ‘auctoritas’: eppure non è così, perché "Tribunicia Potestas" ed "Imperium proconsolare maius" sono formalmente diversi dagli istituti che ne costituivano il modello di riferimento in età repubblicana. Nell’antichità ci sono già tesi diverse: il mediocre Velleio Patercolo definisce il principato "prisca et antiqua Res Publica" ipotizzando una restaurazione della forma di Stato già affossata da Cesare mentre il greco Strabone parla di monarchia costituzionale perché i poteri sarebbero ben precisamente determinati. In epoca moderna le posizioni sono ancora più variegate. - Guarino: riprende e condivide le posizioni di Velleio Quaestiones iuris romani publici - De Francisci: condivide le posizioni di Strabone, aggiungendo che Augusto inventa una costituzione non scritta la quale si consoliderà e non consentirà al Principe di creare nuovi poteri - Mommsen (nell’Ottocento): si tratterebbe di un regime fondato su una ‘diarchia’ tra Senato e Principe ma nessuno di questi poteri ha valenza autonoma (in realtà non vi é diarchia perché un potere è più forte dell'altro e lo coarta) - Arangio Ruiz: si tratterebbe di un "protettorato" del Principe sulla ResPublica perché Augusto, con la sua auctoritas di tutore, aiuta la Res Publica a funzionare ("cura et tutela rei publicae"). In senso figurato può avere senso ma non sotto il profilo giuridico perché il protettorato è un istituto del diritto internazionale in cui uno Stato 'forte' aiuta uno Stato 'debole' (garantendone difesa e politica estera). In sostanza ci sono due tesi contrapposte ....FORMALISTI: a partire da Augusto in persona, questa tesi non tiene conto delle modifiche sostanziali intervenute nella Costituzione Repubblicana ad opera dello stesso, giungendo a concludere che nulla è cambiato. ...SOSTANZIALISTI: ritengono che la Costituzione repubblicana sopravvivesse nel Principato con tutti i suoi istituti ma essi fossero profondamente trasformati dal Principe, che ne oliava gli ingranaggi. 1.2. Secondo periodo (14 d.C. - 192 d.C.): il consolidamento I successori di Augusto si fanno conferire in blocco da una “Lex curiata de imperio” tutti i poteri che Augusto medesimo aveva acquistato gradualmente sicché consolidano la loro posizione ma non danno luogo a un’autocrazia perché corte, esercito e burocrazia ne condizionano l’operato. I principali problemi del periodo, vanno individuati nei seguenti punti. A) SUCCESSIONE AL TRONO La successione al trono imperiale rappresenta un’occasione di conflitto tra i poteri forti e ben presto conseguirà alla volontà militare (‘arcanum imperii’): morto un principe, il successore tende ad essere espresso dalle legioni in quel momento potenti. Dopo Augusto, la scelta è fatta dall’imperatore in carica all’interno della sua famiglia; sotto i Flavi la successione è strettamente ereditaria per primogenitura ma, dopo l’uccisione di Domiziano, si passa al sistema dell’adozione, nel senso che l’imperatore adotta con ampio anticipo il successore come antidoto a eventuali degenerazioni ereditarie e dinastiche. La designazione per adozione: - implica una concezione verticistica in quanto l’adottante consulta solo formalmente il Senato. - la scelta cade fuori dalla famiglia solo se mancano eredi diretti. - la continuità dinastica è garanzia di conservazione dei privilegi per burocrazia, truppe e corte. B) ESAUTORAMENTO DEGLI ORGANI REPUBBLICANI …Le assemblee popolari formalmente sopravvivono ma perdono rilievo. Potere legislativo: apparentemente Augusto da nuova vita alle assemblee, esse ratificavano il potere del princeps e le sue decisioni. Potere giurisdizionale criminale: perdono la "provocatio ad populum" e le sue competenze sono assunte dalle 'quaestiones perpetuae' e da funzionari imperiali (Prefetto del pretorio). Potere elettorale: fino a Tiberio si tratta di una formalità perché i Comitia approvano le nomine già predisposte dall'Imperatore. Con Tiberio il potere elettorale passa Quaestiones iuris romani publici ** Dominia Principis sono le proprietà private dell'Imperatore, da cui espelleva le persone sgradite e nelle quali neppure i Senatori potevano entrare senza permesso imperiale: IL REGIME FISCALE Il regime fiscale diventa più equo perché viene eliminato il sistema dei "Publicani". Circa le imposte dirette: a) Tributum capitis: era una tassa personale che gravava su tutti in modo uniforme ma in misura minima, sicché era pagata da tutti i contribuenti. b) Tributum soli: era un'imposta ordinaria che gravava sui proprietari in Italia e sui ‘possessores’ nelle Provincie, in modo proporzionale all'estensione del terreno. Quanto alle imposte indirette: c) Datia portoria: si pagava per effetto del passaggio sui ponti o nei porti o quando si accedeva in particolari vie di comunicazione d) Vicesima hereditatum: tassa di successione, pari al valore del 5% del valore dell'eredità e pertanto dovuta dall'erede all'amministrazione imperiale e) Vicesima manomissionum: tassa del 6 o 12% sul valore di uno schiavo che si doveva pagare quando il medesimo veniva liberato Queste due ultime imposte sono dovute dai soli "cives romani”. 1.3. Terzo periodo (192 d.C. - 235 d.C.): verso la svolta assolutista L’avvento dei Severi (di origine africana), imperatori di grande personalità che impongono idee nuove pur non abrogando formalmente la costituzione repubblicana, rappresenta il "ponte" verso la monarchia assoluta: tale trasformazione verrà più tardi perfezionata da Diocleziano. Avevano una concezione: a) DINASTICA, ritenendo, infatti, che l'Impero fosse una 'res privata', si succedono per via di sangue di padre in figli; b) ANTI-ITALICA: in un Impero di eguali l'Italia non è più privilegiata; c) ANTISENATORIA: il Senato sopravvive ma senza più poteri giacché il Principe si sceglie i collaboratori come vuole; d) BUROCRATICA: si rafforza con i Severi l'apparato burocratico - amministrativo, ma esso non si sostituisce all'apparato magistratuale bensì gli si affianca e i due ordinamenti convivono; e) PATRIMONIALE e RELIGIOSA: il Princeps è "dominus et deus" mentre prima l'Imperatore era Divus dopo la morte e non in vita; f) PRINCIPE come ‘FONTE DI DIRITTO’: il Princeps afferma palesemente e ufficialmente di essere fonte di diritto secondo la formula ulpianea "quod principi placuit legis habet vigorem”. Poi si dirà che la volontà dell'imperatore "è" legge ed infine, con Giustiniano, che l'Imperatore stesso "è" la legge vivente. 2. IL DOMINATO Con la morte di Alessandro Severo nel 235 d.C. cessa il principato, inizia un periodo di anarchia militare, che dura sino al 270 (con l'avvento di Aureliano) durante il quale quindici imperatori si susseguono nominati dalle legioni, dai pretoriani, dal predecessore, dal Senato o addirittura per autoproclamazione. Si comincia a parlare di crisi o decadenza dell'Impero Romano; fu un periodo di grandi trasformazioni e mutamenti 2.1. CAUSE DELLA CADUTA DELL’IMPERO Cause ‘errate’ della caduta dell’impero - INVASIONI BARBARICHE - Quaestiones iuris romani publici Non furono determinanti ma anzi ritardarono la caduta: Roma era sempre stata oggetto d’invasioni eppure esse non avevano lasciato il segno perché Roma era tornata più splendida di prima. Ciò era anche dovuto al fatto che le invasioni erano caratterizzate dallo "ire predatum" nel senso che i Barbari invadevano, si caricavano del bottino dei depredati e tornavano a casa in quanto non volevano occupare il territorio. I barbari avevano dato ossigeno a Roma, assumendosi la difesa del limes (confine più settentrionale e orientale), la quale era affidata proprio all'alleanza con i regni barbarici. - CRISTIANESIMO - Gibbon ha sostenuto che il Cristianesimo è distruttivo perché modificò in modo rivoluzionario i rapporti cittadino-Dio, cittadino-Stato e Dio-Stato ma si tratta di osservazioni facilmente confutabili: ...Il cristiano aveva un rapporto diretto con Dio: eppure anche il baccante lo aveva con Dioniso. ...Il cristianesimo introduce la teoria dell'uguaglianza: eppure essa era già appannaggio di Epicureismo e Stoicismo, oltre che dei Baccanali. ...Il cristianesimo introduce la dottrina dell'amore: eppure essa poteva coesistere con la guerra perché i cristiani non predicavano la disobbedienza ma per primi combattevano in difesa di Roma e proprio le legioni cristiane furono tra le più valorose. La sfiducia dei Romani nei confronti della religione risaliva all'età dei Gracchi e diverse personalità l'avevano esplicitata: vi era stato, da allora, un grande vuoto religioso che il Cristianesimo colmò senza nulla togliere a nessuno fornendo nuovo entusiasmo e nuovi ideali, cioé nuova linfa che aiutò l'impero a sopravvivere ancora. - SATURNISMO - Grant ha sostenuto che i Romani bevevano acqua ricca di piombo e si avvelenarono gradualmente, poiché tale ingestione obnubilava la mente. - STERILITÀ - Rosemberg durante il nazismo elaborò la tesi della "sterilità della razza migliore", nel senso che i romani vincitori non facevano più figli. ** Veri fattori della decadenza ** Fattori economici: Roma aveva l'idiosincrasia del progresso scientifico e aveva sempre rifiutato la tecnologia perché aveva gli schiavi. Fattori istituzionali: l'impero si reggeva su autonomia e autarchia ma in questo periodo interviene una crisi che trasforma l'autonomia stessa da incremento della partecipazione dei cittadini alla gestione del potere in decentramento. Il potere centrale è visto come un rapace aguzzino. Fattori spirituali: vi é una grave crisi dei valori, già affievolitisi dopo le guerre Puniche sia sotto il profilo dei valori morali sia sotto il profilo di quelli civili (virtus, pietas e fides). Le "virtutes" sono orami spente, non vi é più speranza e spirito creativo; subentra la 'calliditas' e crollano valore militare e 'religio' (rapporto uomo-Dio) giacchè, quando un cittadino pensa di non dovere più rendere conto della propria coscienza (non solo agli organi di polizia) lo Stato non esiste più. 2.2. IL FORMIDABILE PROGRAMMA DI DIOCLEZIANO Il Principato aveva lasciato irrisolti tre ordini di problemi. ** A) Rapporti tra imperatore e costituzione repubblicana ** Era necessario rinvenire un modello di successione definitiva per evitare che vigessero contemporaneamente tutti i metodi usati in precedenza ** B) Rapporti tra organi repubblicani e burocrazia imperiale ** Quaestiones iuris romani publici I rapporti tra magistrati e funzionari erano tesi: sopravviveva questo doppio binario creando grande confusione, rendendosi necessaria una 'reductio ad unum'. ** C) Sistemazione territoriale ** Necessaria ormai una disposizione amministrativa e militare più razionale perché le vecchie istituzioni repubblicane, integrate dalle innovazioni burocratiche imperiali, non riuscivano più a governare un impero così vasto. A tutti questi problemi tentò di ovviare Diocleziano che pose in essere un programma in parte restauratore in parte innovatore, ispirato alla grande Roma classica. Aveva assorbito profondamente la cultura, la civiltà e gli ideali di Roma al punto da volere inserire linfa nuova nel corpo ormai fatiscente dell'impero. Diocleziano si prefigge un programma ambizioso, perseguito con impegno e onestà. - risolvere il problema della successione - riformare l'esercito - distribuire saggiamente poteri e territori vista l’estensione dell'impero - creare un apparato alternativo e sostitutivo della magistratura - risanare finanza ed economia - recuperare i valori tradizionali nel diritto, nella filosofia e nella religione A) Successione Prima di trovare la soluzione, sperimenta ipotesi diverse: dapprima segue il filone tradizionale e nomina erede l’amico Massimiano ma poi, nel 286, i due si incontrano a Milano e creano la Tetrarchia ossia ponendo al vertice dell’impero due “Augusti” e due “Cesari”. Il sistema creato da Diocleziano mira al bene dello Stato ma non fa i conti con l'indole umana sicché, pur dimettendosi egli nel 305 ancora giovane e sano, il sistema crollerà in quanto due anni dopo la sua morte Costantino e Massenzio non accetteranno che ai loro padri succedessero degli estranei. Assai marcati sono, in Diocleziano, centralismo ed autoritarismo: - l'Imperatore è "dominus sacratissimus", la sua volontà è legge, gli iura hanno valore giuridico solo se da lui riconosciuti. Introduce altresì la "adoratio". - istituzionalizza il Consilium Principis chiamandolo "Consistorium" - costringe i membri delle Assemblee a stare in piedi durante le sedute, chiamate "silentia". B) Esercito Porta a cinquecentomila uomini le truppe e le pone agli ordini dei Duces. C) Poteri e territori Il territorio viene riformato secondo tre cerchi concentrici - Primo cerchio: è il più ampio, comprendendo le quattro prefetture con a capo ciascuna un Prefetto del Pretorio (Gallia, Italia, Illirico e Oriente) - Secondo cerchio: comprende le Diocesi con a capo un Vicarius - Terzo cerchio: comprende le Provinciae che raddoppiano di numero, con a capo i Praesides. D) Amministrazione Sono creati gli officia palatina, che non sono più cariche di corte ma diventano cariche di Stato, ossia dei ministeri stabili. Quaestor Sacri Palatii: ministro di grazia e giustizia, sovrintende alla legislazione. Magister officiorum: sovrintende ai carteggi privati e pubblici e all'archivio. Comes sacrarum largitionum: ministro delle finanze Comes rerum privatorum: amministratore del patrimonio privato dell'imperatore E) Finanze ed Economia
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved