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Quintiliano. Il perfetto oratore, Dispense di Latino

Institutio Oratoria, XII, 1, 1-3

Tipologia: Dispense

2018/2019

Caricato il 10/05/2019

kingross
kingross 🇮🇹

4.4

(63)

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Scarica Quintiliano. Il perfetto oratore e più Dispense in PDF di Latino solo su Docsity! Quintiliano | Institutio Oratoria, XII, 1, 1-3 Introduzione Nel XII libro della Institutio oratoria sono riassunti i tratti dell’oratore perfetto immaginato da Quintiliano, che giunge persino a contrapporsi al suo amato Cicerone: infatti, mentre quello riteneva sufficiente discutere del tipo di eloquenza che avrebbe dovuto impiegare il perfetto oratore, Quintiliano discute prima di tutto i suoi costumi. Egli dovette sentire in modo prepotente l’esigenza di ottemperare a un compito ‘politico’(pur nelle difficili condizioni dell’impero), ovvero ricongiungere la cultura alla moralità; e lo fece sia componendo la Institutio sia facendo da precettore ai prìncipi eredi del trono imperiale. Quintiliano riprende la definizione catoniana di <<vir bonus dicendi peritus>> fatta propria già da Cicerone, ma va anche oltre, affermando che senza l’onestà e la ricerca del vero è impossibile diventare un oratore. Infatti, se la mente non è libera dai vizi, non può dedicarsi allo studio e all’arte; inoltre, chi è conosciuto per l’integrità della sua condotta potrà convincere con molta più forza i suoi uditori della verità e dell’onestà di quello che sostiene, e sarà un advocatus molto più efficace. Nell’ultimo libro del suo trattato, Quintiliano si appresta a fornire la descrizione di colui che egli ritiene il perfetto oratore, innestando il suo pensiero sui concetti e sulle definizioni già espresse dai suoi predecessori di età repubblicana; il punto di partenza è infatti il celebre detto di Catone il Censore (“vir bonus, dicendi peritus”) secondo cui l’oratore deve essere innanzitutto un uomo onesto, prima di saper parlare in modo abile e conveniente. Alla definizione catoniana aveva fatto seguito l’ampia disamina di Cicerone, il quale conferma la necessità dell’integrità morale di colui che vuole convincere gli altri del suo pensiero, pur con l’obbligo di affiancare a tale qualità una cultura di tipo enciclopedico. Quintiliano, rivelando una concezione idealizzata della propria arte e senza tener conto delle inevitabili differenze esistenti tra l’epoca imperiale e quella della Repubblica (e quindi del mutamento della funzione dell’eloquenza al suo tempo), delinea la figura dell’oratore fondandosi su parametri quasi esclusivamente etici: l’uomo eloquente, in altre parole, dovrà essere integerrimo nel pensiero e nell’agire quotidiano, giacché la capacità oratoria a niente servirebbe se appartenesse ad un uomo malvagio; anzi, sarebbe addirittura dannosa, e la natura che ha fornito a costui la qualità innata di saper ben parlare sarebbe non madre, ma matrigna. Solo l’uomo onesto può essere un vero oratore, anche perché l’animo perverso è vario e mutevole, distratto dagli allettamenti del vizio, e non può quindi mantenere la concentrazione e l’impegno necessari per apprendere l’arte dell’eloquenza. Per dedicarsi proficuamente agli studi, inoltre, occorrono virtù come la magnanimità e la temperanza, che il malvagio non può in alcun modo possedere. L’oratore, per Quintiliano, si deve distinguere soprattutto per le sue qualità morali, deve essere, cioè, un vir bonus. Egli non è solo uno che conosce bene l’arte della parola, ma è un uomo superiore che si impone come modello di comportamento e come punto di riferimento per l’intera società. L’oratore deve essere, prima che un tecnico della parola, un uomo onesto, un modello di integrità morale. Senza questo fondamento, la stessa retorica rischia di diventare un’arma a doppio taglio, in grado di sostenere le cause più ingiuste, di legittimare la violenza e il sopruso.
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