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Quintiliano, Institutio Oratoria libro 11, commento e analisi logica, Appunti di Letteratura latina

Appunti delle lezioni integrate alla traduzione, all'analisi grammaticale, logica e del periodo + paradigmi di ogni verbo.

Tipologia: Appunti

2020/2021

In vendita dal 19/10/2022

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Scarica Quintiliano, Institutio Oratoria libro 11, commento e analisi logica e più Appunti in PDF di Letteratura latina solo su Docsity! Quintiliano: Institutio Oratoria Quintiliano è uno degli autori che viene poco considerato nell’ambito della letteratura perché si occupa dell’oratoria. La sua opera fornisce uno spunto per la comprensione della formazione della classe dirigente romana nell’epoca imperiale. Quintiliano nasce nella Spagna aragonense in una provincia romana, al confine tra territorio romano e l’aria di influenza cartaginese. Questa origine spagnola è testimoniata da due fonti: Ausonio, che fa un parallelo tra Quintilliano, il retore Minervio («lasciamo che Calahorra onori Fabio, figlio della sua terra la cattedra di Brodeaux non abbia fama inferiore») e Girolamo, che fornisce una traduzione di un autore greco (Eusebio di Cesarea) di un catalogo di eventi: egli traduce l’opera in latino, ampliandola e aggiungendo nuove informazioni relative alla storia romana e tratte da altri autori (come Svetonio). Quintiliano nasce tra il 30 e il 40 d.C (per altri tra il 35 e il 40 d.C). Della famiglia non sappiamo nulla (forse è equstre); dalle fonti sappiamo che il padre ha composto delle declamazioni di argomento giudiziario e deliberativo che generalmente venivano considerate produzioni di apparato in cui i retori si esibivano per dimostrare la loro bravura. Seneca Padre nella sua opera testimonia che pure il nonno di Quintiliano è stato un oratore. La passione della retorica quindi scorre nel sangue della famiglia dell’autore. È possibile che Quintiliano abbia condotto i suoi studi giovanili a Calahorra, per poi trasferirsi a Roma e proseguire gli studi. All’interno dell’Institutio Oratoria troviamo informazioni in merito al periodo di nascita dell’oratore, oltre che di eventi relativi alla propria esistenza. Nel processo di Cossuziano Capitone, Quintiliano racconta di aver assistito al processo tenutosi nel 57 d.c., in cui Capitone è stato incolpato di cassazione. Allo stesso modo, nel libro decimo dell’opera, Quintiliano ammette di aver letto Servilio Noniano e di aver assistitto ad alcune sue esibizioni retoriche. Ha anche effettuato un apprendistato presso Domizio Afro. L’esperienza pratica dell’oratore presso il foro, sotto la guida di un altro oratore già affermato è una caratteristica tipica dell’insegnamento retorico a Roma, ed è una tradizione antica (anche Cicerone ha effettuato apprendistato presso Crasso e, diventato retore affermato, fa da maestro a Celio). Dopo il soggiorno a Roma, Quintiliano è ritornato nella sua città natale per poi ritornare a Roma in modo definitivo. A Roma Quintiliano è condotto da Galba nel 68 d.C. (come testimonia Girolamo). Una volta a Roma, l’attività di Quintiliano si muove su due binari paralleli: attività di avvocato e attività di insegnante. Per quanto riguarda l’avvocatura, abbiamo poche informazioni, ricavate perlopiù dal trattato Institutio Oratoria, in cui Quintiliano parla di alcuni processi, come quello di Nervio d’Arpino. Quintiliano dice di aver pubblicato il processo per un desiderio giovanile di gloria, giacchè tutte le altre orazioni circolanti sotto il suo nome sono state guastate dalla trascuratezza degli stenografi che le hanno trascritte solo per ricavarne del profitto e che in realtà sono falsi. Questa testimonianza ci rende l’idea della fama che Quintiliano all’epoca godeva, tanto da causare la circolazione di falsi. Il processo più prestigioso è forse quello in cui difende la principessa Pernice (forse la principessa è stata assolta perché altrimenti Quintiliano non avrebbe riportato il processo nella propria raccolta). Testimone dell’attività di Quintiliano come insegnante di retorica è ancora una volta Girolamo, che dice che Quintiliano per primo ha ottenuto a Roma una cattedra di scuola pubblica e uno stipendio dalle casse dello stato, ha avuto successo. È una testimonianza importante, databile nell’88 d.C. In realtà la fondazione della scuola pubblica di Quintiliano a Roma dovrebbe essere avvenuta tempo prima (forse dieci anni prima), mentre nell’88 godeva già di molto successo. Svetonio ci dice che Quintiliano è stato il primo a ricevere a Roma questo incarico, ma non l’unico. Quintiliano è stato il primo personaggio pubblico dell’oratoria a ritirarsi. Dopo aver insegnato per venti anni, infatti, ammette (nell’Institutio Oratoria) di ritirarsi dalla carica di retore per dedicarsi alla scrittura di un’opera di retorica (l’Institutio Oratoria). La compone in due anni, contraddistinti da un’ostinata ricerca bibliografica, sicuro dopo l’88-89 d.C. Probabilmente nel 96 d.C. ha terminato l’opera poichè in questa data Domiziano muore assassinato e nell’opera l’autore non parla mai male dell’imperatore, seppur assassinato da Nerva perché mal visto da più d’uno. Mentre secondo alcuni il tempus ante quem si può anticipare al 95 d.C. perché nella pre prefazione al libro IV Quintiliano ricorda di esser stato incaricato da Domiziano di occuparsi dell’educazione dei suoi eredi designati (Vespasiano e Domiziano, cioè i nipoti di Domiziano), figli della nipote di Domiziano e di Flavio Clemente. Nel 95 d.C. Flavio viene accusato di ateismo e condannato a morte. Il fatto che questo sia caduto in disgrazia e che Quintiliano non faccia riferimento a questo avvenimento ci lascia supporre che l’opera sia stata composta prima della condanna di Clemente. Quintiliano divide l’opera in dodici libri, a loro volta divisi in capitoli, a loro volta divisi in paragrafi. La divisione in 12 libri è attestata nella tradizione manoscritta, dunque forse voluta da Quintiliano (anche se la presenza dei titoli forse non risale all’autore). Nella tradizione manoscritta per i libri (1,3,4,6) sono segnalati dei proemi; altri libri non presentano nella tradizione manoscritta la segnalazione di proemi (2,9,11). Gli editori hanno però segnalato delle sezioni introduttive per altri libri (5,7,8,12). Gli altri libri non hanno una sezione proemiale identificata dagli editori e non presente nella tradizione manoscritta. Le sezioni proemiali sono importanti anche perché forniscono informazioni autobiografiche, in particolar modo le prefazioni ai libri 1, 4 e 6. Nel quarto come abbiamo visto l’autore racconta di aver ricevuto da Domiziano l’incarico di istruire i propri eredi; nel sesto Quintiliano racconta di una disgrazia familiare capitatagli: la morte dei due figli piccoli ai quali sperava, una volta grandi, di far leggere la propria opera (un’altra disgrazia è la morte della moglie). Il proemio al primo libro è il più importante perché funge da introduzione a tutta l’opera. È diviso in cinque microsequenze: - paragrafi 1-3 genesi dell’opera; - paragrafi 4-5 finalità dell’opera; - paragrafi 6-8 dedica dell’opera; - paragrafi 9-20 ripreso il discorso sulle finalità dell’opera, già prima avviato; - paragrafi 21-27 descrizione della struttura e del contenuto dell’opera. Per quanto riguarda la genesi dell’opera, Quintiliano dice che, dopo i vent’anni di insegnamento nella scuola, vuole dedicarsi alla composizione di un’opera gigantesca, spinto anche da amici. Non solo accetta di comporre l’opera per dare il suo parere sugli autori precedenti dell’oratoria, soprattutto vuole fare ordine circa la dottrina retorica e delinare il percorso formativo di un allievo di retorica dall’infanzia all’età matura. Si pone l’obiettivo di come bisogna insegnare a un aspirante oratore da quando è bambino a quando è adulto. QUINT. Inst. 1, pr. 4: Nam ceteri fere qui artem orandi litteris tradiderunt ita sunt exorsi quasi perfectis omni alio genere doctrinae summam + in eloquentiae + manu imponerent. 1 Prima di lui altri autori che avevano composto delle trattazioni sulla formazione retorica avevano dato per acquisite nei loro lettori delle conoscenze già avanzate di retorica. QUINT. Inst. 1, pr. 5: …nec aliter quam si mihi tradatur educandus orator studia eius formare ab infantia incipiam. In contrapposizione a loro, Quintiliano inizierà la sua trattazione ab infantia, descrivendo passo dopo passo il processo educativo che permette di raggiungere l’eloquenza. È interessante che Quintiliano dica ceteri fere “generalmente”, poichè gli autori prima di lui generalmente davano per scontato l’acquisizione di una dotrina retorica. Forse quintiliano fa riferimento a un’opera non pervenuta di Plinio il Vecchio, che nell’opera Studiosus di tre libri, Plinio il Giovane dice che Plinio il Vecchio istruiva l’oratore ad inculabilis, cioè dalla culla. Evidentemente l’opera di Plinio era considerata scadente, ecco perché Quintiliano vuole cimentarsi in questa grande opera e perché si pone questa finalità. Nei paragrafi 6-8 Quintiliano espone la dedica dell’opera a un uomo appassionato della letteratura nella speranza che possa essere utile a suo figlio (Geta). In questa sequenza Quintiliano specifica che intende pubblicare l’Institutio Oratoria anche per risolvere una questione spinosa e di falsa attribuzione: ricorda che circolavano all’epoca due manuali sotto il suo nome che però non erano stati composti né pubblicati da lui bensì dai suoi allievi. Nei paragrafi 9-20 c’è una ripresa del discorso sulla finalità dell’opera: nello specifico l’Institutio si prefigge di delineare i requisiti fondamentali affinché un oratore possa definirsi perfetto. Da questo punto di vista Quintiliano segue la scia di Cicerone e afferma: QUINT. Inst. 1 pr. 5: Oratorem autem instituimus illum perfectum, qui esse nisi vir bonus oratorem ab incunabulis instituit et perficit. Quintiliano definisce l’oratore perfetto un uomo onesto, che non solo deve avere capacità di parlare, deve anche possedere tutte le virtù d’animo. Deve essere cioè dotato sia di una competenza oratoria, sia di una competenza morale. La definizione di Quintiliano è memore di una definizione di oratore che viene attribuita prima da Seneca Padre, poi dallo stesso Quintiliano a Catone il Censore: QUINT. Inst. 12, 1,1: Sit ergo nobis orator quem constituimus is qui a M. Catone finitur vir bonus dicendi peritus, verum, id quod et ille posuit prius et ipsa natura potius ac maius est, utique vir bonus. Anche qui Quintiliano rimarca il requisito principale dell’oratore, cioè l’aspetto morale. Questa moralità secondo Quintiliano si acquisisce grazie allo studio della filosofia. Si tratta di una questione complessa perché si inserisce in una disputa, vivacissima in epoca antica, tra retori e filosofi. Già Cicerone racconta che a partire da Socrate c’è stato un divorzio tra filosofia e retorica, dconsiderate discipline a sé. Socrate contrappone i filosofi, veri conoscitori del vero e delle persone oneste, in grado di comporre discorsi moralmente accettabili, dall’altro i retori, non conoscitori del vero, né della virtù, che veicolano il falso. Già Cicerone, prima di Quintiliano, aveva rimarcato l’importanza per un retore di conoscere la filosofia, perché questa materia si occupa di questioni di carattere generale, la cui conoscenza permette di trattare le questioni di carattere più particolare in modo esaustivo. Quintiliano fa un passo ulteriore rispetto a Cicerone perché, oltre a promuovere la consoscenza della filosofia da parte del retore, pone l’accento sul fatto che questo a differenza del filosofo non solo conosce il vero, ma pure conduce una vita attiva: attraverso i suoi discorsi, mette a servizio della comunità la conoscenza della virtù. Nel libro XII Quintiliano rimarca che la filosofia va studiata perché la virtù non è un bene naturale che si acquisisce nel momento della nascita: bisogna essere educati alla virtù. Quintiliano è entra in contrapposizione con una linea di pensiero secondo cui si nasce già con una moralità insita in noi. Nella parte finale del proemio si dice che nel libro primo Quintiliano tratterà l’educazione elementare del futuro oratore, ovvero quando è bambimo. Se il grammatico insegnava a parlare in modo corretto, anche lavorando su testi di poesia, il retore, invece, forniva nozioni di istruzioni avanzate, anche mettendo alla prova gli studenti con esercitazioni. La descrizione dei vari esercizi è racchiusa nel secondo libro, insieme alla trattazione della definizione della retorica e della sua funzione. Nel libro terzo comincia la parte più tecnica e sono delineate le cinque tappe fondamentali: inventio, dispositio, elocutio, memoria, actio. L’inventio è il reperimento degli argomenti che verranno esposti dall’oratore nel suo discorso. La dispositio è l’organizzazione di questi argomenti nel discorso. L’elocutio è la resa in parole di questi argomenti, secondo uno stile adeguato alla causa e al pubblico a cui si sta parlando. La memoria e l’actio fanno riferimento all’atto oratorio vero e proprio. Nel libro terzo s’introduce l’inventio per i tre tipi di causa già delineati da Aristotele: caso deliberativo, giudiziario ed epidittico. A partire dal quarto libro Quintiliano tratta l’inventio per il solo genere giudiziario poichè il più complesso. È stato ipotizzato che la ragione per cui Quintiliano si concentra sul genere giudiziario sta nel fatto che era il più famoso. Nel’inventio del libro quarto spiega come si trovano gli argomenti in base a ciascuna parte in cui è scandito il discorso oratorio, partendo dall’esordio, passando per l’esposizione dei fatti, l’esposizione del punto che deve essere dimostrato, per l’elencazione dei punti che verranno argomentati dall’oratore, e per l’argomentazione vera e propria, distinta a sua volte in due sezioni, refutatio (si contraddice ciò che avverma l’avversario) e confirmatio (si dimostra il proprio punto). Esordio, narratio, propositio e partitio sono narrati nel quarto libro, l’argomentatio nel quinto. Nel sesto c’è la peroratio, cioè la parte finale in cui si ricapitola quello che è stato detto e in cui si deve suscitare commozione. Nel libro settimo Quintiliano tratta la dispositio. Dal libro ottavo all’undicesimo viene trattata l’elocutio; nel libro decimo Quintiliano apre una parentesi sui giusti metodi per acquisire la scioltezza nel reperimento degli argomenti e nella scelta delle parole. L’undicesimo libro è diviso in tre capitoli. Nel dodicesimo libro viene infine tracciato il profilo dell’oratore ideale. 2 — praeterfluat: congiuntivo presente, III persona singolare, praeterflŭo, praeterflŭis, praeterflŭĕre. Questo verbo funge da apodosi del periodo ipotetico. Il fatto che ci sia il congiuntivo è solo un eccezione, perché a introdurre la protasi c’è un soggetto indeterminato (il pronome relativo). — illa: pronome dimostrativo, nominativo singolare femminile. — eadem: idem, eadem, idem, nominativo singolare femminile. — vis: nominativo singolare femminile. — praesentat: indicativo presente III persona singolare, da praesento.—- quasdam: quidam, quaedam, quoddam, accusativo plurale femminile — copias: copia, copiae, accusativo plurale. — exemplorum: exemplum, i genitivo plurale. — legum: lex, legis genitivo plurale. — responsorum: um, i, genitivo plurale. — dictorum: dictum, i genitivo plurale. — denique: avv “infine”. — factorum(que): factum, i, genitivo plurale. — quibus: qui, quae, quod, pronome relativo, ablativo plurale con valore strumentale. — orator: orator, is, nominativo singolare. — semper: avv. — debet: indicativo presente terza persona singolare, dēbĕo, dēbes, debui, debitum, dēbēre. Regge gli infiniti abundare e habere. — abundare: infinito presente, abundo. — quas(que): qui, quae, quod, accusativo plurale. — habere: infinito presente, habeo, habes, habui, habitum, habere. — in promptu: promptus, us, ablativo singolare di stato in luogo figurato. — neque immerito: avv. “torto”. Immerito: litote: Quintiliano usa la negazione della parola contraria (merito). — hic: pronome dimsotrativo, nominativo singolare maschile. — dicitur: indicativo presente passivo III persona singolare, da dico, dicis, dixi, dictum, dìcere. — thesaurus: us, i, nominativo singolare maschile, predicativo del soggetto. — eloquentiae: a, ae, genitivo singolare. La memoria: solo un dono naturale? Quintiliano riconosce una differenza tra la memoria come capacità naturale e la memoria artificiale, che si incrementa con l’esercizio e lo studio. Nel capitolo III l’autore discute le parti della retorica, e nomina alcuni (quidam) secondo cui la memoria è solo un dono naturale. Quindi polemizza contro di loro: QUINT. Inst. 3, 3, 4 Nec audiendi quidam, quorum est Albucius, qui tris modo primas esse partis volunt quoniam memoria atque actio natura, non arte contingant: quarum nos praecepta suo loco dabimus. // Non bisogna nemmeno prestare ascolto ad alcuni, tra i quali c’è Albucio, che vogliono che le parti principali (della retorica) siano tre, poiché assegnano la memoria e l’esposizione alla natura, non alla tecnica: su queste parti, forniremo precetti in sezioni apposite. Questo discorso sulla memoria come dono di natura si inserisce in un dibattito più ampio, tipico della memoria, cioè quello sulle fonti dell’eloquenza. A Socrate risalgono i tre requisiti utili al raggiungimento dell’eccellenza nell’arte del dire: natura, ars e exercitatio. Da un lato c’è la predisposizione naturale, dall’altro la conoscenza tecnico-teorica, e dall’altro l’esercitazione con cui si mettono in pratica le conoscenze teoriche. Questa triade arriva nel mondo latino attraverso la Retorica ad Herennium, la quale aggiunge il criterio dell’imitazione. Cicerone nel De Oratore oltre a questi elementi, dei quali scredita la conoscenza puramente tecnica, aggiunge una serie di nuovi aspetti, come la preparazione culturale e la conoscenza filosofica (che ritroviamo in Quintiliano). La posizione di Quintiliano. QUINT Inst. 3, 5, 1: Facultas orandi consummatur natura arte exercitatione, cui partem quartam adiciunt quidam imitationis, quam nos arti subicimus; // La capacità di comporre discorsi si realizza tramite il talento naturale, la conoscenza teorica e la pratica, a cui alcuni aggiungono come quarta parte quella dell’imitazione, la quale noi subordiniamo alla tecnica; QUINT. Inst. 7, 10, 14: Sed haec in oratione praestabit cui omnia adfuerint, natura doctrina studium. // Ma la conoscenza naturale, la tecnica e lo studio (intendibile come l’applicazione di una disciplina o uno studio vero e proprio), questi tre elementi ci daranno tutto ciò che serve in un discorso. QUINT. Inst 2, 14,5 Ars erit quae disciplina percipi debet: ea est bene dicendi scientia // La tecnica sarà ciò che deve essere appreso tramite lo studio: essa consiste nella scienza del parlare bene. Per Quintiliano l’oratoria è l’arte di chi sa parlare bene, non solo in riferimento al saper parlare correttamente. Quintiliano dà la definizione generale di ars e poi quella di ars in campo retorico. Nel libro secondo spiega gli esercizi che devono essere condotti dagli studenti di retorica quando sono ancora fanciulli (i cosiddetti praexercitamina), che servono ad aquisire le competenze fondamentali (es: la narratio, esposizione dei fatti; la confirmatio, con cui lo studente componeva brevi testi in cui confutava e provava qualcosa; poi ancora la discussione di argomenti generali, l’elogio di una legge per la sua utilità ecc.). Ciò per quello che riguarda la formazione infantile e adolescenziale. Nel libro decimo Quintiliano parla dell’esercitazione e della formazione successiva, per cui l’oratore, che ha già appreso l’arte nella scuola, comincia ora a cimentarsi nella pratica oratoria, a seguire i dibattiti retorici, sempre continuando ad esercitarsi. Nel libro decimo Quintiliano illustra esercizi avanzati: lettura degli autori più importanti, che permette di immagazzinare nella memoria espressioni, parole e argomentazioni che poi possono essere riutilizzate. La scrittura viene consigliata perché quando scriviamo siamo condizionati dalla velocità dei nostri pensieri, più veloci della nostra mano che sta scrivendo; per Quintiliano questo non è un limite, anzi: permette di soffermarsi di più su ciò che si sta scrivendo. Infine il dire, cioè l’esposizione orale dei discorsi. Tutti questi esercizi appena illustrati, a partire dai praexercitamina, devono puntare alla formulazione ed esposizione di un discorso improvvisato, senza preparazione. Il maestro è attento agli aspetti che denotano un talento naturale nell’allievo, ad esempio la sua predisposizione a ricordare o la sua serietà. L’insegnante deve adattare il proprio insegmaneto alle esigenze e capacità del proprio studente, valorizzando le sue peculiari qualità. Quintiliano nel capitolo diciannove del libro secondo si chiede se sia preferibile il talento naturale o la conoscenza della tecnica. Allora dice che come un terreno arido, anche se viene coltivato e curato, non porta nulla, così uno studente di retorica che non abbia una minima inclinazione all’eloquenza, anche se riceve insegnamenti, si applica e si esercita, non riesce a diventare oratore. Invece, lo studente naturalmente portato se non riceve alcun insegnamento, riesce ugualmente a combinare qualcosa, 5 ma non in modo efficiente, esattamente come un terreno che per sua natura è fertile non può far nascere piante eccessivamente rigogliose. Un terreno fertile che viene al tempo stesso curato porta, invece, alla nascita di piante rigogliose. Quintiliano tratta poi il tema dell’imitazione, che subordina all’ars poichè l’imitazione tende a riprodurre le tecniche degli oratori precedenti. Secondo Quintiliano, però, non bisogna imitare per restare sullo stesso livello di quegli oratori, bensì per superarli.Fornisce poi una serie di indicazioni per stabilire i modelli, che devono essere consoni alla nostra inclinazione naturale. A questi aspetti Quintiliano aggiunge anche una formazione culturale a tuttotondo, recuperando questo aspetto da Cicerone: l’oratore deve conoscere il diritto, la filosofia, l’aritmetica, l’archiettuta, la geometria perché un oratore può ritrovarsi a dover parlare di qualsiasi cosa. In Quintiliano si parla di una doppia prospettiva: filogenetica ed ontogenetica. I tre requisiti definiti da Quintiliano (la natura, la conoscenza tecnica e la pratica) sono isolati da Quintiliano non perché erano stati citati dagli autori precedenti di retorica, ma piuttosto perché egli ragiona sull’evoluzione dell’arte e della capacità oratoria, sia per quanto riguarda l’umanità nel suo complesso (prospettiva filogenetica), sia per quanto riguarda l’essere umano nella sua singolarità (prospettiva ontgenetica). Questo vuol dire che l’autore nota che inizialmente gli esseri umani organizzavano i discorsi in modo naturale, senza ricevere un apprendimento, ma poi, dopo aver osservato ciò che avevano prodotto con il talento naturale, avevano ricavato delle regole. Allo stesso modo il singolo deve partire da una predisposizione naturale e aggiungervi man mano gli altri requisiti, cioè la conoscenza tecnica e la pratica. Ci sono degli autori che non erano convinti dell’utilità di questi tre aspetti e privilegiavano perlopiù il talento naturale. Questi oratori naturalisti avevano dei seguaci, dunque non facevano del male solo a se stessi, ma anche e soprattutto ai loro seguaci. Nel seguente pezzo di testo Quintiliano critica aspramente la posizione dei cosiddetti “naturalisti”. QUINT. Inst. 2, 11, 1s. [1] D’ora in poi dobbiamo occparci della parte della retorica dalla quale sogliono muovere coloro che tralasciano gli argomenti precedenti, malgrado veda subito all’ingresso alcuni pronti a oppormisi, convinti che l’eloquenza non abbia affatto bisogno di simili precetti: contenti del loro talento naturale, dei metodi più diffusi e delle esercitazioni scolastiche, addirittura ridono della nostra diligenza seguendo l’esempio di professori pur di gran nome, uno dei quali, mi sembra, interrogato su cosa fossero schémata e noémata, rispose di non saperlo, ma che se riguardavano il tema in oggetto, allora erano certamente nella sua declamazione. [2] Un altro, alla domanda se fosse Teodoreo o apollodoreo replicò: “Io sono per i gladiatori traci”. E in vero non avrebbe potuto scivolare con maggiore spirito dall’ammissione della propria ignoranza. Oltre tutto costoro, poichè sono stati considerati insigni oratori grazie all’ingegno e hanno pronunciato numerosi discorsi anche meritevoli di ricordo, vantano moltissimi seguaci nella trascuratezza e pochissimi nel talento. Il posto della memoria QUINT. Inst. 3,3,10: Est et circa hoc quaestio, quod memoriam in ordine partium quidam inventioni, quidam dispositioni, subiunxerunt: nobis quartus eius locus maxime placet. Non enim tantum inuenta tenere ut disponamus, nec disposita ut eloquamur, sed etiam verbis fortmata memoriae mandare debemus; hac enim omnia quaecumque in orationem conlata sunt continentur. // Vi è una questione anche in merito a questo fatto, cioè che nella sequenza delle parti alcuni abbiano subordinato la memoria all’invenzione, alcuni alla disposizione: noi preferiamo per essa di gran lunga il quarto posto. Infatti non dobbiamo solo tenere a mente gli argomenti trovati per disporli, né gli argomenti disposti per renderli a parole, ma dobbiamo anche mandare a memoria le composizioni verbali; è questa infatti a tenere tutto insieme, quasiasi cosa sia stata raccolta in vista del discorso. Per Quintiliano la memoria fa parte dell’ars poichè, anche se è talento naturale, si può incrementare con adeguato insegnamento e un adeguato esercizio. Alcuni riconoscevano l’importanza della memoria e che potesse essere studiata, ma la subordinavano al reperimento degli argomenti o alla disposizione di questi. Invece Quintiliano sottolinea che la memoria serve sì a ricordare gli argomenti trovati in modo che si possano disporre, ma anche a ricordare gli argomenti disposti per essere resi a parole attraverso l’elocutio. Ne consegue che per Quintiliano la memoria si colloca al quarto posto. Un sistema organico Le cinque parti compongono un sistema organico, nel senso che ognuna aggiunge un tassello agli aspetti precedenti. Ogni volta che inizia la trattazione di una nuova pars (dispositio, elocutio, memoria, actio ecc.), sottolinea come questa completi le parti precedenti, sottolineando così l’importanza del sistema organico. Leggiamo ora l’esordio del libro settimo sulla dispositio: QUINT. Inst. 7, pr., 1s: [1] Sul reperimento degli argomenti credo si sia detto a sufficienza: non abbiamo soltanto sviluppato gli elementi che pertengono allo scopo di informare, ma abbiamo trattato anche la mozione degli affetti. Ma come per loro che edificano costruzioni non basterebbe ammucchiare pietre, legname e gli altri materiali utili a un costruttore, se la mano non si avvalesse della giusta tecnica nel disporli e nel collocarli, così, anche nell’arte del dire, un certo numero di argomenti, per quanto abbondante, consisterebbe soltanto in un mucchio afastellato, se un’analoga pratica di disposizione non li legasse dopo averli messi nel giusto ordine e in relazione tra loro. [2] Non a torto la disposizione è stata posta come seconda delle cinque parti della composizione retorica dal momento che senza di essa la prima non conta nulla. Linguaggio figurato La memoria è spesso paragonata a uno spiritus, a un soffio. È tipico di Quintiliano nell’introduzione di aspetti complessi l’utilizzo di similitudini e metafore, che rendono più accessibile e gradevole il concetto allo studente di retorica. Significativa è la metafora della memoria come uno scrigno. Questa metafora ha origini antiche, una traccia la si trova nel Fedro di Platone e in Chrysippo, in cui si dice che la memoria è uno scrigno di rappresentazioni mentali. Anche Quintiliano la utilizza due volte, nel libro secondo e nel libro decimo; nel decimo in particolare paragona la memoria a un forziere sacro in cui deporre le fondamenta, le radici e le ricchezze, che possono poi essere tratte per le evenienze improvvise, quando cioè la situazione lo richiederà. 6 QUINT. Inst. 11, 2, 2 Sed non firme tantum continere, verum etiam cito percipere multa acturos oportet, nec quae scripseris modo iterata lectione complecti, sed in cogitatis quoque rerum ac verborum contextum sequi, et quae sint ab adversa parte dicta meminisse, nec utique eo quo dicta sunt ordine refutare, sed oportunis locis ponere. Traduzione: Ma occorre che coloro che difendano le cause in tribunale non soltanto tengano a mente saldamente (molte cose) ma occorre anche che apprendano molte cose velocemente. E occorre non solo che abbraccino con una ripetuta lettura le cose che tu hai scritto, ma occorre che seguano la trama dei concetti e delle parole nei pensieri e occorre che ricordino le cose che sono state dette dalla parte avversaria, e occorre che non le confutino comnque nello stesso ordine in cui sono state dette ma che le pongano nei luoghi (del discorso) più opportuni. Sed oportet: verbo impersonale che indica una necessità ragionevole perché è giusto che si faccia così; regge le subordinate infinitive continere, percipere, complecti, sequi, meminisse, refutare e ponere. Il soggetto di oportet è sottinteso (memoria). — acturos: agg. participio futuro sostantivato, ”coloro che intendono difentere delle cause in tribunale”, cioè gli avvocati. Il verbo deriva da ăgo, ăgis, egi, actum, ăgĕre. Soggetto degli infiniti. — non tantum continere: infinito presente di seconda coniugazione, contĭnĕo, contĭnes, continui, contentum, contĭnēre. Il verbo si riferisce a tutto ciò che l’autore ha studiato e porta con sè come bagaglio di conoscenze da utilizzare nei suoi discorsi. — firme (multa): avverbio “saldamente”; multa sottinteso.. — verum etiam oportet percipere: infinito presente da percĭpĭo, percĭpis, percepi, perceptum, percĭpĕre. — multa: aggettivo di prima classe, accusativo plurale neutro. — cito: avv. “velocemente”. — nec (oportet) complecti: infinito presente del deponente complector, complectĕris, complexus sum, complecti. — quae: nominativo plurale neutro,“ciò che”. Introduce una sub. relativa all’interno dell’infinitiva.. — scripseris: congiuntivo perfetto per attrazione modale, scrībo, scrībis, scripsi, scriptum, scrībĕre. — modo: avv. “soltanto”. — lectione: lectio, lectionis, ablativo singolare femminile. — iterata: agg. participio perfetto da ĭtĕro, ĭtĕras, iteravi, iteratum, ĭtĕrāre. Lectione iterata è un ablativo strumentale, “per mezzo di una lettura ripetuta”. — sed (oportet) sequi: infinito presente passivo di sĕquor, sĕquĕris, secutus sum, sĕqui. — contextum: aggettivo participio perfetto con valore sostantivato, “trama”. Deriva da contexo, contexis, contexui, contextum, contexĕre, “intrecciare”, “tessere insieme”. — quoque: cong. “pure”. — rerum: res, rei, genitivo plurale. — ac verborum: verbum, verbi, genitivo plurale. — in cogitas: indicativo presente, seconda persona singolare da cōgĭto, cōgĭtas, cogitavi, cogitatum, cōgĭtāre, “pensare”. — et (oportet) meminisse: verbo difettivo, “ricordarsi”. È un perfetto logico perché è un’azione avvenuta nel passato che ha ripercussioni nel presente (infatti lo traduciamo all’infinito presente). — quae: nominativo plurale neutro, “ciò che”, “le cose che”. Introduce sub. relativa con verbo dicta sint. — dicta sint: congiuntivo perfetto passivo da dīco, dīcis, dixi, dictum, dīcĕre. — ab adversa: aggettivo participio perfetto da adverto, advertis, adverti, adversum, advertĕre. — parte: pars, partis, ablativo singolare femminile. — nec (oportet) refutare: infinito presente da refuto, refutare. — utique: avv. “in modo particolare”. — ordine: ordo, ordinis, ablativo singolare maschile. — eo: ablativo singolare maschile (si riferisce a ordine). — quo: ablativo singolare neutro; introduce sub relativa con verbo dicta sunt. — dicta sunt: indicativo perfetto passivo da dico. — sed (oportet) ponere: infinito presente da pōno, pōnis, posui, positum, pōnĕre. — locis: ablativo plurale maschile di stato in luogo. — oportunis: agg. di prima classe, ablativo plurale maschile. Quintiliano sta dicendo che la memoria non serve solo a trattenere ciò che è stato memorizzato, ma anche ad apprendere nuove informazioni. La memoria deve essere allenata per facilitare e velocizzare l’apprendimento. Essa non serve soltanto a ricordarci le cose che abbiamo scritto, ci permette anche di seguire il filo del discorso del nostro pensiero. Qui Quintiliano sta anticipando un concetto che poi riprende: mentre scriviamo, stiamo già pensando al concetto successivo. La memoria, quindi, non solo serve a ricordare le cose pronunciate in ordine dall’avversario, ma serve pure ad alterare tale ordine. La memoria deve funzionare in modo tale che, se partiamo dalla lettera alfa, possiamo arrivare alla lettera zeta e viceversa. Aristotele, tuttavia, dice che la memoria deve anche permetterci di partire da beta e arrivare a zeta ecc. Nel passo Quintiliano in sostanza ci sta dicendo che la memoria serve a trattenere, ad assimilare, ad anticipare nella mente ciò che dobbiamo dire dopo mentre stiamo dicendo qualcos’altro (dividenda intentio animi, “predisposizione del pensiero a dividersi, a pensare a più cose contemporaneamente”), a disporre gli argomenti in modo funzionale alla causa per rispondere opportunamente all’avversario. All’epoca di Quintiliano erano tipiche le cosiddette declamazioni, discorsi fittizi; i declamatori avevano l’abitudine di immaginarsi il proprio avversario e le rispettive obiezioni. Quintiliano quindi dice che nelle cause reali non si possono inventare le obiezioni, i declamatori devono stare attenti anche ad alterarne l’ordine. Infatti, nella tradizione retorica antica, principalmente nell’ambito della dispositio, gli argomenti andavano disposti in virtù della dispositio homerica: (allude alla disposizione delle truppe da parte di Nestore nell’Iliade) prima si collocano argomenti forti, al centro argomenti più deboli, che si fanno forza tra loro se uniti, e alla fine di nuovo gli argomenti forti. In generale queste regole di base possono essere variate in base alle circostanze contingenti, in base cioè a com’è più comodo all’oratore. Data questa premessa, l’idea della lettura reiterata (iterata lectio) come strumento per facilitare la memorizzazione affonda le sue radici nella letteratura greca. Questo aspetto viene sottolineato da Quintiliano anche nel primo capitolo del libro decimo, in cui si parla della lettura. La iterata lectio QUINT. Inst. 10, 1, 19: La lettura può essere protratta liberamente, e non passa come lo slancio di un discorso, ma è possibile rileggere più volte gli stessi passi, sia che si abbiano dei dubbi, sia che li si voglia imprimere profondamente nella memoria. Ritorniamo poi sui passi già letti e riprendiamoli e, come ingoiamo i cibi già masticati e quasi liquefatti perché siano digeriti più facilmente, così la lettura non venga affidata alla memoria e all’imitazione non ancora digerita, ma ammorbidita e come masticata dalle numerose riletture. 7 QUINT. Inst. 11, 2, 4 Non arbitror autem mihi in hoc immorandum, quid sit quod memoriam faciat, quamquam plerique inprimi quaedam vestigia animo, velut in ceris anulorum signa serventur, existimant. Neque ero tam credulus ut qui habitu tardiorem firmioremque memoriam fieri <videam>, ei artem quoque audeam impertire. Traduzione: Non ritengo poi di dovermi dilungare in questo aspetto, cioè che cosa sia ciò che produce la memoria, sebbene i più ritengano che si imprimano delle tracce nell’animo (nel pensiero), come si imprimono i sigilli degli anelli nelle tavolette di cera. Nè sarò tanto ingenuo da azzardarmi io che vedo che la memoria si fa più lenta e più tenace in base alla costituzione psicofisica, (non sarò tanto ingenuo da azzardarmi) ad attribuire alla memoria anche una tecnica. Non arbitror autem: indicativo presente del deponente arbĭtror, arbĭtrāris, arbitratus sum, arbĭtrāri. Regge l’infinitiva oggettiva mihi in hoc immorandum (esse), “non ritengo che ci si debba dilungare da parte mia in questo”. — immorandum: accusativo singolare neutro del gerundivo che, insieme a esse sottinteso, costituisce una perifrastica passiva impersonale. — mihi: dativo d’agente tipico delle costruzioni perifrastiche. Il complemento d’agente si esprime di solito con a/ab+ablativo; il complemento di causa efficiente invece si esprime all’ablativo semplice. — in hoc: ablativo singolare neutro. — quid: pronome interrogativo, nominativo neutro singolare. Introduce una interrogativa indiretta incidentale: quid sit quod memoriam faciat— sit: congiuntivo presente di sum. — quod: pronome relativo, nominativo singolare neutro. — memoriam: accusativo singolare femminile. — faciat: congiuntivo presente di facio. — quamquam: introduce la subordinata concessiva oggettiva. — plerique: aggettivo da plerusque, pleraque, plerumque, nominativo plurale. È soggetto di existimant. L’aggettivo si riferisce principalmente a Platone, Aristotele e altri autori di cui non abbiamo le opere ma che si sono basati sugli autori greci. — existimant: indicativo presente di existĭmo, existĭmas, existimavi, existimatum, existĭmāre. La sub. concessiva è quamquam plerique existimant (quamquam + indicativo) e regge la subord. infinitiva oggettiva inprimi quaedam vestigia animo. — inprimi: è l’infinito perfetto del passivo inprĭmo, inprĭmis, inpressi, inpressum, inprĭmĕre. — quaedam: acc. plurale neutro dell’aggettivo indefinito quidam, quaedam, quoddam. — vestigia: accusativo plurale neutro da vestigium, vestigii, “impronta”. Il soggetto dell’infinitiva è quaedam vestigia. — animo: ablativo singolare di stato in luogo da animus, animi. — velut: avverbio introduce la sub. comparativa con valore esemplificativo, “come per esempio”. Il verbo della comparativa è serventur. — serventur: indicativo presente passivo di servo, servas, servavi, servatum, servāre. — signa: nominativo plurale neutro. — anulorum: genitivo plurale maschile di anulus, anuli. — in ceris: ablativo plurale di stato in luogo, “nelle tavolette di cera”. — neque ero tam credulus ut audeam è una subodinata consecutiva tam… ut con verbo al congiuntivo; audeam “azzardarsi” è infatti il congiuntivo presente del semideponente audĕo, audes, ausus sum, ausum, audēre. Audeam regge la subordinata relativa qui videam (la quale a sua volta regge la sub. infinitiva oggettiva memoriam fieri tardiorem et firmiorem) e l’infinito impertire. La costruzione è: nequo ero tam credulus ut audeam qui videam memoriam fieri tardiorem et firmiorem habitu, (ut audeam) impertire ei quoque artem. — qui videam: subordinata relativa con verbo al congiuntivo presente; videam viene da video. — memoriam fieri: sub. infinitiva oggettiva: il soggetto è in accusativo ed è memoriam; il verbo è l’infinito perfetto passivo di facio (fio, fis, factus sum, fieri). — tardiorem et firmiorem: aggettivi comparativi di maggioranza rispettivamente da tardus “lento” e firmus “tenace”. — habitu: ablativo singolare maschile di IV decl. — impertire: infinito presente di impertĭo, impertis, impertii, impertitum, impertīre. — ei: dativo singolare del pronome dimostrativo. — quoque artem: ars, artis, accusativo singolare. La seconda parte del paragrafo (quella in corsivo sopra) segnala un problema testuale. La versione che segue immediatamente (conservata in G) è contraddistinta da due croci che ne indicano l’insensatezza. Nel corso del tempo sono intervenuti numerosi editori che hanno avanzato delle soluzioni. Secondo Calcante e Spalding (la cui versione è quella in corsivo) Quintiliano sta dicendo di non essere così ingenuo da attribuire alla memoria una tecnica che possa migliorarla, perché lui stesso nota che la memoria è più forte o più debole in base alla costituzione naturale di ciascuna persona. Tuttavia nel paragrafo nove Quintiliano si contraddice ammettendo che esiste un tecnica per migliorare la memoria. Russelll e Winterbottom avanzano altre interpretazioni: mettono in relazione il passo con uno di Cicerone tratto dal libro I delle Tusculanae Dispositiones, 57-61 in cui l’oratore critica la teoria dell’anamnesi di Platone e la metafora della memoria come tavoletta di cera. Secondo Russell, Quintiliano starebbe citando in modo implicito Cicerone per via di riprese lessicali e contenutistiche: nel paragrafo successivo per esempio Quintiliano parlerà della natura straordinaria della memoria che suscita ammirazione nell’uomo, come fa Cicerone nella sezione appena citata. In virtù della teoria dell’anamnesi, ogni forma di conoscenza è solo un ricordo perché l’anima quando il corpo muore, torna nell’aldilà, acquisisce conoscenza e nel momento in cui si rincarna perde momentaneamente quella conoscenza che deve essere riportata alla luce attraverso il metodo dialettico, come il ricordo. Secondo Russel, dato che la memoria può diventare più o meno forte con l’esercizio continuo, è inverosimile che possiamo mantenere dei ricordi sin dapprima che nasciamo. Witterbottom, invece, a proposito della metafora della tavoletta di cera, dice che la memoria è intangibile quindi non ha senso parlarne come se fosse una tavoletta di cera. G: Neque ero tam credulus ut + quam abitu tardiorem firmioremque memoriam fieri et actem quoque ad animum pertire + Russell: Neque ero tam credulus ut, cum sciam habitu tardiorem firmioremque memoriam fieri, ante quoque <nos natos putem> ad animum pervenire (“I shall not be so credulos, when I know that memory becomes slower or firme as a result of habit, as to think that it arrives in the mind even before we are born”) Non sarò così ingenuo da credere che, sapendo che la memoria diventa più lenta o più forte come risultato dell’abitudine, essa arrivi nella mente anche prima che noi siamo nati. Ut regge putem memoriam pervenire ad animum ante quoque nos natos. 10 Winterbottom: Neque ero tam credulus ut putem attritu tardiorem infirmioremque memoriam fieri et tactum quoque ad animum penetrare (“I shall not be so credulous as to believe that memory becomes slower and less secure by being worn away, and that touch also pnetrates to the mind”). Non sarò così ingenuo da credere che la memoria diventi più lenta o più forte attraverso un uso continuo e che il “tocco” penetri fin dentro la mente. QUINT. Inst. 11, 2, 5-6 [5] Magis admirari naturam subit, tot res vetustas tanto ex intervallo repetitas reddere se et offerre, nec tantum requirentibus, sed [in] sponte interim, nec vigilantibus, sed etiam quiete compositis; [6] eo magis quod illa quoque animalia, quae carere intellectu videntur, meminerunt et agnoscunt et quamlibet longo itinere deducta ad adsuetas sibi sedes revertuntur. Quid? Non haec varietas mira est, excidere proxima, vetera inhaerere? Hesternorum inmemores acta pueritiae recordari? Traduzione: [5] Piuttosto subentra l’ammirazione per la natura, il fatto che così tante cose vecchie si restituiscano, una volta ricercate, dopo un intervallo di tempo così lungo, e si offrano non solo a coloro che le ricercano ma anche spontaneamente non soltanto a coloro che sono svegli ma anche a coloro che stanno riposando; [6] tanto più che anche quegli esseri viventi, che sembrano essere privi di intelletto, ricordano e riconoscono e ritornano alle loro dimore abituali dopo esserne stati allontanati con un cammino quanto si voglia lungo. E allora? Non è sorprendente la mutevolezza (della memoria), il fatto che le cose vicine vadano perdute e quelle vecchie restino attaccate? Il fatto che noi non ricordiamo le cose di ieri, ci ricordiamo i fatti dell’infanzia. Magis: connettivo discorsivo, “piuttosto”. — subit: indicativo presente di sŭbĕo, sŭbis, subii, subitum, sŭbire, “subentra”. — admirari: infinito presente del verbo deponente admīror, admīrāris, admiratus sum, admīrāri; infinito sostantivato. — naturam: accusativo singolare. Subit admirari naturam è un’espressione idiomatica che letteralmente si traduce “subentra l’ammirare la natura”. — tot: agg. indefinito “tante”. — res vetustas: accusativi plurali femminili e soggetti di reddere. — reddere: infinito presente, reddo, reddis, reddidi, redditum, reddĕre. — se: riflessivo, accusativo singolare.— repetitas: agg. participio perfetto con valore temporale, accusativo plurale; deriva da rĕpĕto, rĕpĕtis, repetii, repetitum, rĕpĕtĕre. — ex intervallo: ablativo singolare neutro. — tanto: agg. prima clase, ablativo singolare neutro. Tot res vetustas reddere è un’infinitiva epesegetica che regge il participio perfetto repetitas con valore temporale “dopo che sono state ricercate”. — et offerre (se): infinito presente verbo anomalo offĕro, offĕrs, obtuli, oblatum, offĕrre. — nec tantum requientibus: agg. participio presente valore congiunto che rendiamo con una sub. relativa “coloro che le ricercano”; il verbo deriva da rĕquīro, rĕquīris, requisii, requisitum, rĕquīrĕre. — sed interim [in] sponte: ablativo singolare di spons, spontis; valore avverbiale. — nec vigilantibus: agg. participio presente valore congiunto che rendiamo con una sub. relativa “non solo a coloro che sono svegli”; il verbo deriva da vigilo, vigilare. — sed etiam compositis: agg. participio perfetto, valore congiunto che rendiamo con una sub. relativa “coloro che riposano” compōno, compōnis, composui, compositum, compōnĕre. — quiete: avv. “tranquillamente”. — eo magis quod: connettivo discorsivo tipico della prosa di Quintiliano. — quoque illa animalia: nominativi plurali neutri. — quae: nominativo plurale neutro. — videntur: costruzione personale del passivo videor. — carere: infinito presente cărĕo, căres, carui, cărēre. — intellectu: ablativo singolare maschile; complemento di privazione. Qui videntur carere intellectu è una sub. relativa. retta dalla prop. reggente qo magis quod quoque illa animalia meminerunt ecc. — meminerunt: indicativo perfetto del difettivo mèmini. — et agnoscunt: indicativo presente di agnosco, agnoscis, agnovi, agnitum, agnoscĕre. — et revertuntur: indicativo presente del deponente rĕvertor, rĕvertĕris, reversus sum, rĕverti. — ad adsuetas sibi sedes: accusativi plurali femminili, complementi di moto a luogo. Adsuetas è aggettivo participio perfetto da adsuesco adsuescis, adsuevi, adsuetum, adsuescĕre, “abituale”. Sedes è l’accusativo plurale femminile di sedes, sedis. — deducta: agg. participio perfetto di deduco, dēdūcis, deduxi, dēdūcĕre. — itinere quamlibet longo: ablativi singolari. Itinere è l’ablativo singolare neutro di iter, itineris; longo è agg. di prima classe, ablativo singolare; invece quamlibet è avv. “quanto si voglia”. — quid?: pronome interrogativo. — non est mira: mira è agg. di prima classe, nominativo singolare. — haec varietas: nominativi singolari femminili (varietas, varietatis). — excidere proxima: infinitiva epesegetica il cui soggetto è l’accusativo plurale dell’aggettivo sostantivato proximus; il verbo è l’infinito presente di excīdo, excīdis, excidi, excisum, excīdĕre. — vetera inhaerere: infinitiva epesegetica il cui soggetto è l’accusativo plurale dell’aggettivo sostantivato vetus, veteris; il verbo è ĭnhaerĕo, ĭnhaeres, inhaesi, inhaesum, ĭnhaerēre. — recordari (nos): infinitiva epesegetica il cuo soggetto è il nos sottinteso; il verbo è deponente rĕcordor, rĕcordāris, recordatus sum, rĕcordāri. — inmemores: accusativo plurale dell’agg. immemor, immemoris. — hesternorum: aggettivo di prima classe, genitivo plurale. — acta: agg. participio perfetto, accusativo plurale di ag o, ăgĕre. — pueritiae: genitivo singolare. Non importa quanto lontano vengano portati dalle loro sedi, gli animali riescoo a ricordarle e anche a ritornarci. Ciò vuol dire che anche gli animali hanno memoria. Questo aspetto ritorna in Aristotele, il quale dice che alcuni animali hanno la facoltà della memoria ma non quella della reminescenza. La memoria è la capacità di ricordare, la reminescenza è quella di richiamare volutamente un ricordo. Secondo Aristotele alcuni animali hanno il ricordo ma non la reminescenza. Quintiliano inizia a descrivere degli aspetti della memoria che suscitano stupore nell’essere umano. L’autore fa riferimento al cosiddetto paradosso della memoria, ricordato anche da Seneca Padre nella prefazione alle sue Controversiae, composte come dono per i suoi tre figli che gli avevano chiesto di raccogliere e commentare le sentenze dei declamatori più famosi della sua epoca. Egli raccoglie le citazioni di questi declamatori e in ogni libro aggiunge una prefazione rivolta ai suoi figli e in cui parla oltre che di se stesso, anche dei declamatori che sta per citare. Nella prefazione al primo libro, rivolgendosi ai figli, dice che la memoria non è più abile come un tempo: infatti, le cose che v’ho depositato da ragazzo e da giovane me le ripresenta senz’indugio come fossero recenti e appena scoltate; invece quelle che sono andato affidando in anni meno lontani le ho dimenticate così completamente che, anche rioetute più volte, le ascolto sempre come nuove. Questo paradosso della memoria è ricordato da Quintiliano stesso: 11 ciò che è più recente viene dimenticato, ciò che è più lontano viene conservato meglio. QUINT. Inst. 11, 2, 7 Quid quod quaedam requisita se occultant et éadem forte succurrunt? Nec manet semper memoria, sed aliquando etiam redit? Nesciretur tamen quanta vis esset eius, quanta divinitas illa, nisi in hoc lumen orandi <eam> extulisset. Traduzione: E che dire del fatto che alcune cose ricercate si nascondono e quelle stesse cose per puro caso si ripropongono? Non sempre permane la memoria ma talvolta anche ritorna? Si ignorerebbe tuttavia quanta sia la potenza della memoria, quanto il suo carattere divino, se essa non si fosse rivelata in questa luce dell’oratoria. Quid: pronome interrogativo che introduce l’interrogativa diretta. — quod: introduce una sub. dichiarativa epesegetica con verbo all’indicativo occultant. — quaedam requisita: nominativi neutri plurali. Requisita è agg. participio perfetto sostantivato da rĕquīro, rĕquīris, requisii, requisitum, rĕquīrĕre. — se: pronome personale, accusativo singolare. — occultant: indicativo presente da occulto. — et éadem: pronome determinativo, nominativo plurale neutro; riferito a quaedam requisita; soggetto di succurrunt. — forte: avv. “per caso”. — succurrunt: indicativo presente, succurro, succurris, succurri, succursum, succurrĕre. — nec manet semper memoria: manet è indicativo presente di mănĕo, mănes, mansi, mansum, mănēre; memoria è soggetto di manet. — set etiam aliquando: avv. “ma talvolta anche”. — redit: indicativo presente di rĕdĕo, rĕdis, redii, reditum, rĕdire. — Nesciretur: congiuntivo imperfetto di nescĭo, nescis, nescii, nescitum, nescīre. È il verbo dell’apodosi del periodo ipotetico dell’irrealtà. — quanta: aggettivo di prima classe, nominativo singolare femminile, si riferisce a vis. — vis: nominativo singolare femminile. — esset: congiuntivo imperfetto di sum. — eius: genitivo singolare del pronome determinativo is, ea, id. Quanta vis esset eius è una interrogativa indiretta con verbo al congiuntivo. Ricorda che le interrogative seguono la consecutio temporum, per cui, per esprimere la contemporaneità rispetto alla reggente, il verbo dell’interrogativa si traduce, anche se tempo storico, con un tempo presente. — quanta divinitas illa: “quanto in suo stesso carattere divino”. — nisi: introduce la protasi negativa del periodo ipotetico dell’irrealtà il cui verbo è exstulisset. — extulisset: congiuntivo piuccheperfetto, ecfĕro, ecfĕrs, extuli, elatum, ecfĕrre; il soggetto è memoria. — eam: accusativo singolare del pronome determinativo is, ea, id. — in hoc lumen orandi: lumen è accusativo singolare neutro; orandi è il genitivo del gerundio ōro, ōras, oravi, oratum, ōrāre. A volte, quando cerchiamo di ricordare una cosa specifica, essa ci sfugge e ci viene in mente solo quando ormai non ci stiamo più pensando. La seconda parte del paragrafo presente un problema testuale. La traduzione della versione riportata da G è la seguente: tuttavia non si saprebbe quanta sia la sua forza, quanta sia quella sua natura divina, se la memoria non rivelasse (?) In questo lume dell’eloquenza. Grammaticalmente constatiamo che si tratta di un periodo ipotetico dell’irrealtà, costituito da una protasi negativa al congiuntivo piuccheperfetto e un’apodosi al congiuntivo imperfetto. Il problema testuale è dato dal fatto che il verbo extulisset manca del suo compl. oggetto (la maggior parte degli editori considera in hoc lumen orandi un unico complemento di luogo figurato). Ne consegue che editori hanno cercato di inserire un co. oggetto (vim, eam, se). Se prendiamo in considerazione la versione di Regius, la traduzione diventa: si ignorerebbe tuttavia quanta sia la sua forza, quanta sia quella sua natura divina, se la memoria non rivelasse la sua forza in questo lume dell’eloquenza. Quintiliano dunque starebbe dicendo che la potenza della facoltà della memoria si rivela proprio in campo oratorio. Cousin utilizza il pronome dimostrativo eam, riferito a vis, proprio per non ripetere il termine. Calcante integra un altro complemento oggetto costituito dal pronome se che rinvia alla memoria: si ignorerebbe tuttavia quanta sia la sua forza se (la memoria) non rivelasse se stessa in questa luce dell’oratoria. Winterbottom mantiene invece il testo tradito G, mancante del complemento oggetto. Ne consegue che interpreta in hoc in senso assoluto e lumen orandi come complemento oggetto: se non avesse portato a questo livello lo splendore dell’arte oratoria. La questione è che Quintiliano non usa solitamente in hoc in senso assoluto. La proposta di Russell, invece, prevede l’espulsione (segnalata dalle parentesi quadre) di in: se (la memoria) non avesse innalzato il lume dell’oratoria. G: Nescitur tamen quanta vis esset eius, quanta divinitas illa, nisi in hoc lumen orandi extulisset. Regius: Nescitur tamen quanta vis sset eius, quanta divinitas illa nisi in hoc lumen orandi <vim> extulisset. Cousin: Nesciretur tamen quanta vis esset eius… nisi in hoc lumen orandi <eam> extulisset. Calcante: Nesciretur tamen quanta vis esset eius…nisi <se> in hoc lumen orandi extulisset. Winterbottom: Nesciretur tamen quanta vis esset eius… nisi in hoc lumen orandi extulisset. Russell: Nesciretur tamen quanta vis esset eius… nisi [in] hoc lumen orandi extulisset. Anche se Quintiliano non lo cita consapevolmente, c’è un chiaro riferimento a Seneca Padre, Con. 1, Prefazione, 5. Ma non sempre riesco a trovare quel che cerco [scil. nella memoria]: spesso un concetto che non compariva quando lo cercavo mi si presenta quando sono occupato in tuttaltre cose; e certi ricordi che mi s’aggirano intorno e si fanno intravvedere senza che mi riesca d’afferrarli emergono poi inattesi quando l’animo non ci pensava più. Mi succede a volte che un concetto a lungo inutilmente cercato mi venga a importunare fuori tempo, mentre sono preso in un altro più serio impegno. Mi devo insomma assoggettare ai capricci di questa mia memoria, che da un pezzo oramai si fa pregare per obbedirmi’. 12 della mano. Inoltre, in genere, le idee che non vengono lasciate sfuggire dalla mente, perché non c’è quella sicurezza che è data dalla scrittura, rimangono più tenacemente impresse nella memoria’. Appunti scritti in fase di composizione sulle tavolette di cera: QVINT. inst. 10, 3, 33: ‘Occorre pure lasciare uno spazio libero a fianco, dove prender nota dei pensieri che soglion venire in mente, a chi scrive, fuor di posto, cioè da luoghi diversi da quelli che si stanno svolgendo. Giacché talvolta scaturiscono dei magnifici pensieri, che non conviene inserire lì per lì nel contesto e che è pericoloso accantonare, perché ora sfuggono di mente, ora ci distraggono da un’altra invenzione mentre tentiamo di ritenerli, e perciò in maniera molto opportuna si mettono in deposito’. Appunti scritti per l’esposizione del discorso QUINT. inst. 10, 7, 30- 33: ‘A coloro, poi, che abitualmente hanno molte cause da difendere, accade che mettano per iscritto i pensieri più necessari e soprattutto gli esordi e che il resto, che si portano da casa, lo abbiano solo pensato, affrontando ogni improvvisa evenienza con l’improvvisare a lor volta: il che appare abbia fatto Cicerone dai suoi stessi quaderni di appunti. [...] A questo proposito, ammetto senz’altro l’uso di appunti e di taccuini da tenere anche in mano e da consultare talvolta con un’occhiata. Mi dispiace, viceversa, quel che consiglia Lenate, cioè di sunteggiare in appunti e paragrafi anche quel che avremo scritto. Difatti proprio questa fiducia genera indolenza nell’imparare l’orazione e finisce per smembrarla e deformarla (facit enim ediscendi neglegentiam haec ipsa fiducia et lacerat ac deformat orationem). Per conto mio, penso che non si debba nemmeno scrivere quello che non intendiamo imparare a memoria, giacché anche qui accade che il pensiero ci richiami ai punti elaborati per iscritto e non ci permetta di tentare la sorte improvvisando. Così la mente, incerta tra una cosa e l’altra, ondeggia, avendo dimenticato lo scritto e non cercando argomenti nuovi. Il pensiero è come la scrittura uno strumento di composizione. Pensare un qualcosa senza scriverlo aiuta la memorizzazione perché ci fa sforzare di più. Non si oppone all’utilizzo della scrittura per facilitare la memorizzazione; in fase di composizione egli suggerisce di lasciare uno spazio sulle tavolette di cera per appuntare i pensieri fuori posto e suggerisce di prendere gli appunti e portarli con sè nel foro dove si tiene l’esposizione dei discorsi (consiglio valido soprattutto per gli oratori più illustri che si trovano a doversi cimentare in molteplici orazioni). QUINT. Inst. 11, 2, 10 Nec dubium est quin plurimum in hac parte valeat mentis intentio et velut acies luminum a prospectu rerum, quas intuetur, non aversa; unde accidit ut quae per plures dies scribimus ediscendi causa, cogitatio ipsa contineat. Traduzione: Nè si dubita che soprattutto in questa parte sia rilevante la concentrazione del pensiero e per così dire l’acutezza dei lumi non distolta dalla contemplazione delle cose che osserva nel profondo; perciò accade che il pensiero stesso contenga quelle cose che per più giorni abbiamo scritto allo scopo di impararle a memoria. Nec dubium est: dubium è nominativo singolare neutri di II decl. — quin: introduce una sub. completiva retta da dubium est + congiuntivo. — plurimum: agg. superlativo di multus, plurimus, a, um, nominativo neutro singolare. — in hac parte: ablativo singolare femminile stato in luogo. Si riferisce al fatto che la memoria fosse una delle cinque parti costituenti della retorica. — valeat: congiuntivo presente vălĕo, văles, valui, valitum, vălēre. — intentio: nominativo singolare femminile. — mentis: genitivo singolare. — et velut acies: acies, aciei, nominativo singolare femminile. — luminum: genitivo plurale femminile. Concreto per astratto (acutezza della vista). Il riferimento alla vista è legato alla concezione della memorizzazione come un fissare le immagini nella mente come se la memoria fosse una tavoletta di cera sulla quale si imprimono delle immagini. Anche Cicerone in De Oratore aveva parlato di occhi del pensiero, non specificatamente riguardo alla memoria ma alla facoltà del pensiero umano e alla teoria della conoscenza, per cui noi apprendiamo raffigurandoci i concetti con gli occhi della mente. — non aversa: aggettivo participio perfetto nominativo singolare femminile, riferito ad acies; viene da āverto, āvertis, averti, aversum, āvertĕre. — a prospectu: ablativo singolare femminile di IV decl., complemento di causa efficiente. — rerum: genitivo plurale femminile. — quas: pronome relativo, accusativo plurale femminile; si riferisce a quas “le cose che”. Introduce una subordinata relativa il cui verbo è intuetur. — intuetur: indicativo presente del verbo deponente intŭĕor, intŭēris, intuitus sum, intŭēri. In + tuetor “guardare dentro”. — unde accidit: indicativo presente di accĭdo, accĭdis, accidi, accĭdĕre. È verbo di accadimento che regge la sub. completiva di fatto ut ipsa cogitatio contineat. — cogitatio ipsa: nominativi singolari femminili; ipsa è riferito a cogitatio. — contineat: congiuntivo presente da contĭnĕo, contĭnes, continui, contentum, contĭnēre. — quae: nominativo plurale neutro. Introduce la sub. relativa quae per plures dies scribimus. — per plures dies: complemento di tempo continuato. — scribimus: indicativo presente di scrībo, scrībis, scripsi, scriptum, scrībĕre. — ediscendi causa: subordinata finale implicita retta da causa, seguita dal genitivo del gerundio di ēdisco, ēdiscis, edidici, ēdiscĕre “imparare fino in fondo: imparare a memoria”. Simonide di Ceo È importante ricordare il poeta greco Simonide di Ceo (Ceo, 556-468 a.C.). Egli si trasferì ad Atene presso la corte del tiranno Ipparco, figlio a sua volta di Pisistrato, dove rimase fino al 514-510 a.C. Si trasferì poi in Tessaglia a Cannone, presso un’altra famiglia di tiranni, per poi trasferirsi definitivamente in Sicilia, prima a Siracusa, poi ad Agrigento, dove sembra sia morto. Da questi cenni biografici si comprende bene che fosse un poeta itinerante al servizio di personaggi potenti. Fu lui a inaugurare una poesia di commissione; gli fu attribuita l’invenzione di alcune lettere dell’aflabeto e dell’epinicio, un tipo di componimento che celebra la vittoria di un’atleta a una delle gare panelleniche. Si tratta di aspetti innovativi legati all’esperienza del poeta. Dei suoi epinici non rimane assolutamente nulla; compose anche dei carmi funebri e lamenti funebri di tipo collettivo come quello composto in onore dei caduti delle Termopili (Battaglia delle Termopili della II guerra punica). Il fatto che egli si occupasse di una poesia di commissione portò a pensare che fosse avido di guadagni. Aristotele nella Rhetorica ricorda l’episodio del tiranno 15 di Reggio che aveva commissionato il poeta un epinicio e alla cui richeista aveva rifiutato per via della paga troppo bassa. Si ricordi l’aneddotto sull’origine della mnemotecnica. Secondo Quintiliano, a Simonide sarebbe stata commissionata la composizione di un epinicio in onore della vittoria di un pugile nelle gare panelleniche tuttavia, come spesso avviene negli epinici, l’atleta era stato messo in relazione con una divinità; pare che Simonide abbia elogiato la divinità stessa, i Diòscuri, figli di Zeus e Leda e fratelli di Elena di Troia, suscitando dunque il malcontento dell’originario destinatario dell’epinicio che lo pagò soltanto in parte rispetto a ciò che aveva promesso inizialmente, invitandolo a richiedere la restante parte dello stipendio alla divinità stessa che aveva elogiato. Simonide, invitato a cena per festeggiare la vittoria del pugile, viene fatto chiamare da un messaggero alla porta perché due giovani lo stavano cercando. Appena mette piede fuori, in realtà non c’è nessuno ad attenderlo, la casa crolla improvvisamente uccidendo tutti i commensali tra cui anche il pugile. Simonide in un nuovo componimento loda salva la propria vita. Associando poi la catastrofe con l’assenza dei due giovani capì che erano stati i Dioscuri stessi a ricompensarlo per averli elogiati salvandogli la vita. Successivamente Simonide fu colui che permise di riconoscere i cadaveri sepolti dalle macerie perché si ricordava la loro collocazione a tavola. Da qui avrebbe imparato l’importanza dell’ordine nella memorizzazione che avrebbe portato alla nascita della mnemotecnica. Gli studiosi si sono interrogati sulla genesi di questa storia; Page ritiene che sia il risultato della commistione di due storie che la tradizione attribuiva a questo poeta, legate a loro volta a due componimenti diversi: una storia legata a un atleta che di fatto non avrebbe ricompensato Simonide adeguatamente e un’altra, relativa a un carme funebre, forse legata all’episodio del crollo del soffitto. Dalla commistione delle due storie sarebbe nato il racconto. Non si può infatti pensare che si tratti di un racconto unitario perché esistono più versioni. La più significativa è di Cicerone, De Oratore 2, 351-353: ‘Io non posseggo l’ingegno di Temistocle e non sono tale da preferire l’arte della dimenticanza all’arte della memoria. Si racconta che una volta Simonide era a cena a Crannone in Tessaglia in casa di Scopa, uomo ricco e nobile. Quando ebbe finito di cantare quel carme che aveva scritto in suo onore, ove erano state introdotte molte lodi di Castore e Polluce, a scopo di abbellimento, come sogliono fare i poeti (multa ornandi causa poetarum more), Scopa con molta grettezza (nimis sordide) gli disse che gli avrebbe dato, per quel carme, solo la metà della somma pattuita: il resto, se avesse voluto, l’avrebbe potuto chiedere ai suoi cari Tindaridi, che aveva elogiato in pari misura. Aveva appena detto questo, che fu annunziato a Simonide di uscire, perché alla porta stavano due giovani, che chiedevano insistentemente di lui. Il poeta si alzò, uscì fuori, ma non vide nessuno. In questo frattempo la sala dove Scopa banchettava rovinò, e in quella rovina Scopa morì schiacciato insieme ai suoi. Volendo i parenti seppellirli e non potendo in nessun modo riconoscerli perché sfracellati, si dice che fosse proprio Simonide a indicare i singoli uomini da seppellire, e ciò perché ricordava in quale luogo ciascuno di essi stava seduto a mensa. Fu così che Simonide scoperse che è soprattutto l’ordine che illumina la memoria’. [cfr. anche de orat. 2, 357: ‘Simonide, o chiunque altro sia stato l’inventore della memoria, (siue Simonides siue alius quis inuenit) comprese bene che i concetti che s’imprimono più profondamente nei nostri animi sono quelli trasmessi dai sensi’. Secondo Cicerone perciò fu Simonide a inventare la mnemotecnica ma il dedicatario dell’epinicio sarebbe stato Scopa (mentre secondo Quintiliano non si possono identificare personaggi e luoghi precisi). Un’altra fonte è Callimaco, Aitia (àitia) in cui c’è il fantasma di Simonide che si rivolge al tiranno profanatore della sua tomba; in questo passo gli si attribuisce l’invenzione della mnemotecnica: giacevo qui, sacro uomo di Ceo, io che per primo ho inventato le lettere... e la tecnica della memoria. E non ha temuto te o tuo fratello, oh Polideuce (uno dei Dioscuri) te che una volta, quando la casa stava crollando, mi hai portato fuori, me solo tra gli ospiti, quando, ahimé, il palazzo di Crannone è franato sulla potente stirpe di Scopa’. Altra fonte è Valerio Massimo in Eventi e fatti memorabili, in cui si ricorda la benevolenza degli dei nei confronti di Simonide al quale fu risparmiata la vita: ‘Ugualmente accetto agli dèi immortali fu Simonide, la cui vita, già salvata da un imminente †, fu ulteriormente sottratta ad una catastrofe. Mentre partecipava ad un banchetto in Crannone, città della Tessaglia, in casa di Scopa, gli fu annunziato che due giovani si erano presentati alla porta, chiedendo con insistenza ch’egli si recasse da loro. Uscito ad incontrarli, non vi trovò nessuno; ma in quel preciso momento la sala in cui Scopa teneva banchetto crollò, uccidendo il padrone di casa e tutti i suoi convitati. Quale felicità più grande di questa, cui né il mare né la terra infuriati valsero ad estinguere!’ E in seguito: ‘Assai più generosamente si comportarono nei confronti del poeta Simonide gli dèi, che accompagnarono con un sicuro suggerimento la salutare ammonizione trasmessagli durante il sonno. Era egli approdato a un litorale e. aveva provveduto a seppellire un corpo insepolto che giaceva sulla spiaggia, quando l’immagine del morto gli sconsigliò di rimettersi in mare il giorno dopo: e Simonide rimase a terra. Coloro che erano partiti da lì, finirono, al suo cospetto, vittime di un fortunale, mentre lui poté rallegrarsi di aver preferito affidare la sua vita al sogno più che alla nave. Poi del beneficio, il poeta esaltò per sempre *(lacuna)* con versi di squisita fattura, costruendogli nel cuore degli uomini un sepolcro più bello e più duraturo di quello che lui stesso gli aveva innalzato su una spiaggia deserta e ignota’. Simonide avrebbe dunque dedicato un epigramma in memoria di questo defunto che egli avrebbe seppellito sulla spiaggia. A Simonide viene attribuito proprio un epigramma scritto per un uomo che avrebbe seppellito lo stesso poeta sulla spiaggia. In realtà viene consdierato spurio: sarebbe stato composto da qualcuno che si è proprio basato su questa tradizione. Seguono i paragrafi 11-16 che introducono l’origine della mnemotecnica. Dal paragrafo 17 segue la descrizione vera e propria della mnemotecnica. QUINT. Inst. 11, 2, 11-16 [11] Artem autem memoriae primus ostendisse dicitur Simonides, cuius vulgata fabula est: cum pugili coronato carmen, quale componi uictoribus solet, mercede pacta, scripsisset, abnegatam ei pecuniae partem quod more poetis frequentissimo degressus in laudes Castoris ac Pollucis exierat. Quapropter partem ab iis petere quorum facta celebrasset iubebatur. Et persolverunt, ut traditum est. Traduzione: Poi si dice che per primo Simonide abbia introdotto una tecnica della memoria, la cui storia è nota a tutti: avendo scritto un carme per un pugile incoronato, del tipo che è solito essere composto per i vincitori e, stabilito un compenso, gli fu negata parte del compenso poiché, digavando secondo un uso molto frequente per i poeti, si sarebbe dilungato nelle lodi di 16 Càstore e Pollùce. Perciò fu invitato a chiedere da coloro, di cui aveva celebrato le imprese (Castore e Polluce), quella parte di denaro e quelli si sdebitarono, come è stato tramandato. Autem: valore consecutivo. — dicitur Simonides primus: costruzione personale del veerbum dicendi dicor, passivo di dico, dicis, dixi, dictum, dìcere. La costruzione personale è con il nominativo, per cui Simonides e l’attributo primus sono nominativi; se fosse stata impersonale avremmo avuto il soggetto del verbo all’accusativo. Poi il soggetto di ostendisse e dicitur è lo stesso. In modo personale la frase si traduce: Simonide è detto aver per primo mostrato un’arte della memoria. In modo impersonale invece la si introduce con “si dice che”. — ostendisse: infinito perfetto retto da dicitur, (nominativo+infinito) ostendo, ostendis, ostendi, ostentum, ostendĕre. — artem: accusativo singolare. — memoriae: genitivo singolare. — cuius: introduce la sub. relativa cuius fabula vulgata est. — fabula: nominativo singolare. — vulgata est: predicato nominale; vulgata è agg. participio perfetto nominativo singolare femminile di vulgo, vulgas, avi, atum, vulgare. — cum scripsisset: cum narrativo che indica anteriorità, ha valore temporale; congiuntivo piuccheperchetto da scribo. — carmen: accusativo singolare neutro. — pugili: pugil, pugilis, dativo singolare maschile. — coronato: agg. participio perfetto da corono, coronare. Nelle competizioni panelleniche il premio consisteva nelle corone che variavano in base alla gara in questione (corona d’alloro, d’oleastro ecc.). — quale: agg. con valore relativo, qualis, quale, nominativo singolare neutro (si riferisce a carmen). — solet: indicativo presente del semideponente sŏlĕo, sŏles, solitus sum, solitum, sŏlēre. — componi: infinito presente passivo di compōno, compōnis, composui, compositum, compōnĕre. — victoribus: ablativo plurale maschile, victor, victoris. — mercede: ablativo singolare femminile, merces, mercedis. — pacta: agg. participio perfetto di păcisco, păciscis, pactum, păciscĕre. — abnegatam (esse): agg. participio perfetto di abnĕgo, abnĕgas, abnegavi, abnegatum, abnĕgāre. Abnegatam (esse) ei pecuniae partem è prop. principale, che ha il soggetto partem in accusativo e il verbo abnegatam esse all’infinito. È una oratio obliqua; Quintiliano non a caso sta riportando un elenco (‘prima si dice che abbia inventato’, ‘poi si dice che gli fu negata’ ecc.). ORATIO OBLIQUA: Si tratta di un costrutto assai frequente in latino, in particolare nella prosa storica, ma di comprensione non immediata, perché pochissimo usato in italiano. Noi siamo infatti soliti distinguere fra "discorso diretto" (in latino oratio recta), che riporta le parole di un personaggio così come furono pronunciate, fra virgolette, e "discorso indiretto" (da alcuni chiamato "stile indiretto", senza che ciò contribuisca gran che a chiarire la questione), che pone queste stesse parole in dipendenza da un verbo di dire, pensare, chiedere, rispondere. Es: Discorso diretto: gli chiese: “come stai?” ecc.; discorso indiretto: gli chiese come stesse. Il latino conosce anche questo secondo modo di riportare i discorsi, ma non è questo che s'intende, propriamente, per oratio obliqua: quest'ultima, infatti, utilizza costrutti che solo in parte si giustificano con la dipendenza da un verbo di dire (espresso o sottinteso, ma comunque situato al di fuori dell'oratio obliqua). L'oratio obliqua è discorso direttamente o idealmente retto da un verbo di dire (o simili), oppure mediato attraverso il pensiero di qualcuno. Es: Oratio recta: lo assalì indignato: “perché ti ostini a mentire?” Es. Oratio obliqua: lo assalì indignato: perché si ostinava a mentire? — ei: pronome dimostrativo, dativo singolare. — partem: accusativo singolare. — pecuniae: genitivo singolare. Altro esempio di traduzione: dopo che egli ebbe scritto, stabilito un compenso, un carme del tipo che è solito essere composto per i vincitori, per un pugine incoronao vincitore in una gara panellemica, gli fu negata parte del denaro ecc. — quod exierat in laudes Castoris ac Pollucis: subordinata causale quod+indicativo piuccheperfetto del verbo anomale exĕo, exis, exii, exitum, exire. — degressus: agg. participio perfetto congiunto, valore temporale “mentre divagava”; deriva dal verbo deponente dēgrĕdĭor, dēgrĕdĕris, degressus sum, dēgrĕdi. — more: mos, moris, ablativo singolare maschile. — frequentissimo: agg. superlativo di frequens, frequentis, ablativo singolare maschile. — poetis: ablativo plurale maschile (di I declinazione). — quapropter: avv. con valore relativo, “per cui”. — iubebatur: costruzione personale del passivo di iubeo; indicativo imperfetto, letteralmente “era stato ordinato da coloro di chiedere a coloro”; regge l’infinito petere. — ab iis: ab+ablativo plurale maschile del pronome determinativo is, ea, id. — petere: infinito presente pĕto, pĕtis, petii, petitum, pĕtĕre. Petere regge a/ab+ablativo della persona a cui si chiede; quaerere invece regge e/ex+ablativo. La differenza è che peto significa chiedere per ottenere qualcosa in cambio, invece quaero significa chiedere per sapere qualcosa. — persolverunt: indicativo perfetto di persolvo, persolvis, persolvi, persolutum, persolvĕre. Soggetti sono Castoris ac Pollucis. — ut traditum est: traditum è agg. participio perfetto di trado, tradis, tradidi, traditum, trādĕre. Ut ha valore comparativo-modale. [12] Nam cum esset grande convivium in honorem eiusdem victoriae atque adhibitus ei cenae Simonides, nuntio est excitus, quod eum duo iuvenes equis advecti desiderare maiorem in modum dicebantur. Et illos quidem non invènit, fuisse tamen gratos erga se deos exitu comperit. Traduzione: Infatti, svolgendosi un grande banchetto in onore della vittoria dello stesso (pugile) e, essendo stato invitato a quella cena lo stesso Simonide, fu chiamato da un messaggero poichè si dice che due giovani venuti a cavallo lo cercassero con grande urgenza. E quelli in realtà non li trovò, tuttavia si rese conto dall’esito della videnda che gli dei erano stati grati nei suoi confronti. Nam cum esset: cum narrativo, congiuntivo imperfetto. Ha valore a metà tra il temporale e il causale. — grande convivnium: nominativi singolari neutri. Grande è agg. seconda classe, grandis, grande. — in honorem: accusativo singolare. — victoriae: genitivo singolare. — eiusdem: genitivo singolare del pronome determinativo. — et adhibitus (esset): cum narrativo, adhibeo, ădhĭbes, adhibui, adhibitum, ădhĭbēre, congiuntivo piuccheperfetto passivo. — ei cenae: dativi singolari. — nuntio: dativo singolare di II declinazione. Il complemento d’agente è espresso con a/ab + ablativo, eccetto nella perifrastica passiva dove è espressso con il dativo d’agente. È forse un dativo d’agente (eccezione) oppure ablativo strumentale (“fu fatto chiamare per un tramite di un messaggero”). — excitus est è un indicativo perfetto passivo di excĭĕo, excĭes, excivi, excitum, excĭēre. Nuntio est excitus è la prop. principale. — quod: introduce una causale + indicativo. — dicebantur: costruzione personale, da dicor. Regge l’infinito presente desiderare. — eum: accusativo singolare (si riferisce a Simonide). — in modum maiorem: modum è accusativo singolare maschile di modus, modi; maiorem è un comparativo, accusativo singolare maschile dell’agg. magnus. — duo iuvenes: nominativo plurale, iuvenis, iuvenis. — advecti: agg. participio perfetto, nominativo plurale, di advĕho, advĕhis, 17 Memoria affettiva Quintiliano introduce la descrizione della tecnica mnemotica dei luoghi riallacciandosi all’aneddoto di Simonide e osservando l’importanza che i luoghi hanno nella memorizzazione quindi anche sulla base dell’esperienza personale, dicendoci che quando torniamo in determinati lugohi, in modo immediato e spontenao essi ci suscitano ricordi. Egli sembra teorizzare una memoria affettiva, che si innesca nel momento in cui vengono rivissute delle emozioni. È aspetto originale di Quintiliano che pur sembra avere le basi ancora una volta in Aristotele nel trattato Memoria e Reminscenza: ‘Bisogna che, quando si è nell’atto dell’aver memoria, nell’anima ci si dica, in questo stesso modo, che in precedenza si è sentita questa cosa o che se ne ha avuto sensazione oppure che la si è pensata. La memoria, dunque, non è né sensazione né credenza, bensì abito o affezione (πάθος, pàthos) di una delle cose siffatte, quando sia trascorso del tempo’. Una caratteristica propria di Aristotele è che la memoria può riguardare secondo lui esclusivamente un qualcosa di passato. È molto improbabile che Quintiliano abbia letto in modo integrale Aristotele, evidentemente questa simile teorizzazione proviene dall’esperienza dello stesso Quintiliano. Era forse un topos letterario poichè se ne avverte la presenza anche in un’epistola a Lucilio di Seneca, 1: ‘È proprio pigro e noncurante, mio caro Lucilio, un uomo che si ricorda di un amico solo quando è sollecitato da qualche posto (ab aliqua regione admonitus); eppure, alcune volte, luoghi familiari risvegliano un senso di nostalgia che era riposto nel nostro animo, e non si limitano a restituire ricordi ormai estinti, ma li risvegliano da uno stato dormiente, come la vista di uno schiavo o di una veste o di una casa rinnova il dolore di coloro che piangono la morte di un caro, anche se è stato attenuato dal tempo. Ecco la Campania, e più di tutte la vista di Napoli e della tua Pompei: è incredibile quanto abbiano ravvivato la nostalgia nei tuoi confronti. Ti ho davanti agli occhi. Quand’ecco mi separo da te: ti vedo affogare di lacrime e non riuscire a resistere a quelle emozioni che trapelano mentre cerchi di sopprimerle’. Nella Rhetorica ad Herennium non è presente la memoria affettiva, tuttavia è stata lo stesso riscontrata una componente soggettiva per cui ogni individuo si sofferma su aspetti sempre diversi dei vari momenti che vive. Non tutti inoltre associano a dei concetti e parole le stesse immagini perché ciascuno ha una propria sensibilità. Per cui ciascuno dovrà prepararsi dei repertori personali di associazioni di immagini nell’ambito del contesto della dottrina della mnmenotecnica in cui bisogna immaginare dei luoghi e collocare al loro interno delle immagini che richiamino i concetti e le parole che vogliamo ricordare. L’idea che la tecnica nasca dall’esperienza, che Quintiliano enuncia in 11, 2, 17 , non è aspetto originale, bensì topos già riscontrato da Aristotele e Platone: Tecnica ed esperienza ARIST. Met. A1 981 a 1-12: ‘Negli uomini, l’esperienza deriva dalla memoria: infatti molti ricordi dello stesso oggetto giungono a costituire un’esperienza unica. L’esperienza, poi, sembra essere alquanto simile alla scienza e alla tecnica: in effetti, gli uomini acquistano scienza e tecnica attraverso l’esperienza. L’esperienza come dice Polo, produce la tecnica, mentre l’inesperienza produce il puro caso. La tecnica si genera quando, da molte osservazioni di esperienza, si forma un giudizio generale ed unico riferibile a tutti i casi simili’. Quintiliano propone un esempio di declamazione che mostra come la conoscenza scolastica dei loci argomentorum sia limitata poichè ogni circostanza va considerata per le sue circostanze specifiche. Studiarsi a memoria l’elenco dei loci argomentorum (che Quintiliano fa nel capitolo 5), non serve a niente. QUINT. Inst. 5, 10, 119-121: [119] ‘Di queste cose io parlo, non perché giudichi inutile la conoscenza dei luoghi donde si traggono le prove di ragionamento – altrimenti non ne avrei trattato –, ma affinché quanti ne avranno preso conoscenza non credano di essere lì per lì diventati, anche trascurando il resto, oratori assolutamente perfetti, e intendano che, se non si saranno lungamente esercitati anche in altri punti che mi accingo ad insegnare, hanno appreso una scienza, per così dire, senza parole. [120] Nella realtà, non è avvenuto che, precostituite delle norme, se ne traessero le argomentazioni, ma tutto è stato detto prima che nascesse la precettistica; in séguito gli scrittori ne fecero oggetto di osservazione e, dopo averle raccolte, le pubblicarono. Prova è il fatto che usano gli antichi loro esempi e li attingono dagli oratori, mentre essi stessi nulla ritrovano di nuovo e di non detto prima [121] L’arte, dunque, è stata creata dagli oratori. Ma bisogna esser grati anche a coloro che hanno diminuito la nostra fatica. Giacché le singole scoperte, da loro fatte per primi col soccorso dell’ingegno, e non dovremo farle noi e già sono state tutte divulgate’. QUINT. Inst. 11, 2, 18 Loca deligunt quam maxime spatiosa, multa uarietate signata, domum forte magnam et in multos diductam recessus. In ea quidquid notabile est animo diligenter adfigunt, ut sine cunctatione ac mora partis eius omnis cogitatio possit percurrere. Et primus hic labor est non haerere in occursu: plus enim quam firma debet esse memoria, quae aliam memoriam adiuvet. Traduzione: (Gli oratori) scelgono dei luoghi il più possibile spaziosi, caratterizzati da gran varietà, ad esempio una casa grande e articolata in molte stanze. Qualsiasi cosa vi sia di notevole in essa (nella casa) diligentemente la fissano nell’animo, di modo che il pensiero possa percorrere tutte le sue parti senza indugio ed esitazione. In questo caso la prima fatica è non restare fermi nel percorso: infatti il ricordo, che richiama un altro ricordo, deve essere più che saldo (deve esserci concatenazione di ricordi: ricordando una cosa si ricorda anche la successiva; la concatenazione è manifestata dalla ripetizione in poliptoto -ripetizione della stessa parola posta però in casi e generi diversi- di memoria). Deligunt: indicativo presente dēlĭgo, dēlĭgis, delegi, delectum, dēlĭgĕre. Il termine è protagonista di un problema testuale: il testo tràdito tramanda discunt “imparano”. Spalding propone deligunt, accolto anche da Calcante. Murgia propone ediscunt “imparano a memoria”. — loca: accusativo plurale neutro. — quam maxime spatiosa: quam ha funzione di avverbio, seguito dall’avverbio maxime in forma superlativa “il più possibile”; spatiosa è agg. di prima classe, attributo riferito a loca, accusativo plurale neutro. — signata: agg. participio perfetto di signo, signas, signavi, signatum, signare, accusativo plurale neutro, si 20 riferisce a loca. — multa varietate: ablativi singolari femminili; varietate viene da varietas, varietatis, compl. di causa efficiente. — domum: accusativo singolare femminile domus, domus. magnam: aggettivo prima classe, accusativo singolare femminile; attributo di domum. — et diductam: aggettivo participio perfetto, accusativo singolare femminile, dīdūco, dīdūcis, diduxi, diductum, dīdūcĕre; attributo di domum “una casa grande e articolata”. — in multos recessus: accusativi plurali maschili. Con recessus, recessus s’intendono i vani nascosti delle case. — quidquid: quisquis, quidquid, pronome relativo, nominativo neutro singolare. — est: indicativo presente, verbo della relativa quidquid est in ea retta dal verbo adfigunt. — in ea: ablativo di stato in luogo (si riferisce a domus). — diligenter: avv. “diligentemente”. — adfigunt: indicativo presente da adfīgo, adfīgis, adfixi, adfixum, adfīgĕre. — animo: ablativo di stato in luogo figurato. — ut: introduce proposizione consecutiva ut possit percurrere. — cogitatio: nominativo singolare, soggetto della consecutiva. — possit: indicativo presente da possum. — percurrere: infinito presente di percurro, percurris, percucurri, percursum, percurrĕre. — omnis partis: accusativi plurali femminili. — eius: genitivo singolare del pronome determinativo. — sine cunctatione ac mora: ablativi singolari femminili, compl. di privazione. — hic: valore avverbiale “in questo caso”. — primus labor: nominativi singolari maschili. — est: indicativo presente. — non haerere: indicativo presente da haerĕo, haeres, haesi, haesum, haerēre. — in occursu: ablativo singolare maschile di stato in luogo figurato. — enim memoria: nominativo singolare femminile. — quae: introduce la relativa quae adiuvet aliam memoria. — adiuvet: congiuntivo presente da adiŭvo, adiŭvas, adiuvi, adiutum, adiŭvāre. — aliam memoriam: accusativo singolare. — debet esse: indicativo presente di dēbĕo, dēbes, debui, debitum, dēbēre. — plus quam firma: firma è agg. di prima classe, ablativo singolare femminile. plus + quam “più di”. Quintiliano sta introducendo la mnemotecnica dei loci, basata sulla memoria associativa, per la quale si costruiscono dei luoghi mentali in cui si collocano delle immagini mentali che rimandano a parole e concetti da ricordarsi; quando poi l’oratore deve ricordare le immagini, percorre mentalmente tali loci e le recupera man mano. QUINT. Inst. 11, 2, 19 Tum quae scripserunt vel cogitatione complectuntur [et] aliquo signo quo moneantur notant, quod esse vel ex re tota potest, ut de navigatione, militia, vel ex verbo aliquo; nam etiam excidentes <sensus> unius admonitione verbi in memoriam reponuntur. Sit autem signum navigationis ut ancora, militiae ut aliquid ex armis. Traduzione: Allora (gli oratori) annotano le cose, che hanno scritto o che hanno elaborato con il pensiero, con un segno, con il quale possano essere stimolate al ricordo (con il quale possono essere ricordate), segno che può derivare o dal concetto nella sua interezza, come dalla navigazione o dall’arte militare, oppure da una qualche parola; infatti, anche coloro che falliscono nel ricordare, sono riportati al ricordo dal richiamo di una sola e unica parola. Sia dato quindi un simbolo della navigazione come ad esempio un ancora nel servizio militare, come un tipo di armi. Tum: avv. valore temporale “quando, allora”. — (oratores) notant: indicativo presente nŏto, nŏtas, notavi, notatum, nŏtāre. La prop. principale è tum notant aliquo segno. — quae: pronome relativo, nominativo plurale neutro “le cose che”. Introduce la subordinata relativa scripserunt vel complectuntur cogitatione. — scripserunt: indicativo perfetto da scrībo, scrībis, scripsi, scriptum, scrībĕre. — vel complectuntur: indicativo presente passivo di complecto, complectis, complexum, complectĕre “le cose che sono elaborate”. — cogitatione: ablativo di mezzo. — [et]: espunto dagli editori perché la sua presenza non serve; forse inserito da un copista che non ha inteso bene il periodo. — aliquo signo: ablativo strumentale. — quo: ablativo singolare neutro del pronome relativo; introduce la sub. relativa quo moneantur. — moneantur: congiuntivo presente passivo da mŏnĕo, mŏnes, monui, monitum, mŏnēre. — quod: nominativo singolare neutro del pronome relativo; introduce la sub. relativa quod potest esse vel ex re tota, ut de navigatione, militia, vel ex verbo aliquo. — potest esse: indicativo presente possum. — vel… vel: cong. disgiuntiva “o… o”. — ex re tota: ablativi singolari femminili; tota è aggettivo di prima classe “oggetti considerati nella loro totalità”. — ut de navigatione: ablativo singolare di argomento. — militia: ablativo singolare femminile. — vel ex verbo aliquo: ablativi singolari; aggettivo indefinito+compl. partitivo “un qualcosa dalle armi, un tipo di arma”. — nam etiam excidentes: participio presente maschile, valore sostantivato che rendiamo con una relativa “coloro che”; da excĭdo, excĭdis, excidi, excĭdĕre, composto di ex+cado “persona che fallisce nel fare qualcosa”. Gemoll ha proposto di integrare <sensus> “concetti, idee, pensieri” a cui si riferisce excidentes. — reponuntur: indicativo presente passivo di rĕpōno, rĕpōnis, reposui, repositum, rĕpōnĕre. — in memoriam: complemento di moto a luogo “sono riportati al ricordo”. — admonitione: ablativo singolare femminile di admonitio, admonitionis “avviso, richiamo”. — unius: genitivo singolare dell’aggettivo unus, una, unum. — verbi: genitivo singolare neutro. — sit: congiuntivo esortativo. — signum: nominativo singolare neutro. — navigationis: genitivo singolare femminile di navigatio, navigationis. — ut ancora: nominativo singolare femminile. — militiae: genitivo singolare femminile militia, militiae. — ut aliquid ex armis: aggettivo indefinito+complemento partitivo (ablativo del plurale tantum arma, armorum) “un qualcosa dalle armi, un tipo di arma”. (Il complemento partitivo si forma con il genitivo semplice o con e/ex+ablativo oppure con inter/apud+accusativo). Quando l’oratore deve memorizzare una cosa che ha composto o che ha elaborato con il pensiero, associa a ciò che ha scritto/ elaborato dei segni con i quali possa ricordarle. Per la creazione delle immagini mentali che deve inserire nei luoghi, l’oratore può basarsi al concetto nel suo insieme (la navigazione) oppure alla singola parola (l’ancora). Per esempio per simboleggiare la navigazione può collocare l’immagine dell’ancora nelle sue costruzioni mentali per cui quando con il pensiero passerà di nuovo in quelle stanze, vedendo l’ancora, la assocerà alla navigazione e si ricorderà di dover parlare della navigazione. QUINT. Inst. 11, 2, 20 21 Haec ita digerunt: primum sensum (bello cum) vestibulo quasi adsignant, secundum (puta) atrio, tum inpluvia circumeunt, nec cubiculis modo aut exhedris; sed statuis etiam similibusque per ordinem committunt. Hoc facto, cum est repetenda memoria, incipiunt ab initio loca haec recensere, et quod cuique crediderunt reposcunt, ut eorum imagine admonentur. Ita, quamlibet multa sint quorum meminisse oporteat, fiunt singula conexa quodam choro, nec errant coniungentes prioribus consequentia solo ediscendi labore. Traduzione: I segni vengoono così distribuiti: si assegna, per così dire, la prima idea al vestibolo, la seconda idea (mettiamo) all’atrio, poi girano intorno agli impluvi nè si affidano nell’ordine soltanto alle stanze da letto o alle esedre ma anche alle statue e agli oggetti simili. Fatto questo, quando bisogna richiamare un ricordo, (gli oratori) iniziano a passare in rassega questi luoghi dal principio, e chiedono indietro ciò (le immagini) che a ciascuno (luogo) hanno affidato, di modo che siano indotti al ricordo dall’immagine di quelle cose. Così, per quanto siano numerose le cose di cui bisogna ricordarsi, quelle singole cose diventano unite tra di loro in una sorta di danza, nè (gli oratori) sbagliano se congiungono ciò che segue a ciò che precede per il solo sforzo di imparare a memoria. Haec: nominativo plurale neutro. Il dimostrativo sottintende “i segni”. — digerunt: indicativo presente dīgĕro, dīgĕris, digessi, digestum, dīgĕrĕre. — ita: avv. “così”. — primum sensum: accusativi singolari neutri (sensum proviene da sensus, sensus). — (bello cum): è una glossa intrusa che spiegava concetto di militia, viene espurgato. Non lo consideriamo per la traduzione. — adsignant: indicativo presente da adsignare. — vestibulo: dativo singolare. — secundum (sensum): accusativo singolare neutro. — atrio: dativo singolare neutro. — tum: avv. “allora”. — circumeunt: indicativo presente circŭmĕo, circŭmis, circumii, circumitum, circŭmire. — inpluvia: accusativo plurale neutro. — nec committunt: indicativo presente di committo, committis, commisi, commissum, committĕre “affidarsi” — per ordinem: accusativo singolare maschile ordo, ordinis. — modo cubiculis: dativo plurale neutro di cubiculum, i. — aut exhedris: dativo plurale femminile. — sed etiam statuis: dativo plurale femminile. — et similibus: dativo plurale neutro dell’aggettivo similis, simile; valore sostantivato “oggetti simili”. — hoc facto: ablativo assoluto con valore temporale. — cum est repetenda: cum temporale; costrutto della perifrastica passiva: indicativo presente di sum + nominativo singolare femminile del gerundivo rĕpĕto, rĕpĕtis, repetii, repetitum, rĕpĕtĕre. — memoria: nominativo singolare femminile. — incipiunt: indicativo presente di incĭpĭo, incĭpis, incepi, inceptum, incĭpĕre. — recensere: infinito presente di rĕcensĕo, rĕcenses, recensui, recensum, rĕcensēre “passare in rassegna”. — haec loca: accusativo plurale neutro. — ab initio: ablativo singolare di moto da luogo. — et reposcunt: indicativo presente rĕposco, rĕposcis, rĕposcĕre. — quod: accusativo singolare neutro. — cuique: dativo singolare del pronome indefinito quisque, quaeque, quodque. — crediderunt: indicativo perfetto di crēdo, crēdis, credidi, creditum, crēdĕre. — ut admonentur: indicativo presente passivo di admŏnĕo, admŏnes, admonui, admonitum, admŏnēre. È il costrutto del genitivo con i verbi di memoria (admoneo, moneo, commoneo) che significano “far ricordare, richiamare alla memoria di altri” e hanno l’accusativo della persona a cui si fa ricordare e de + ablativo o il genitivo della cosa ricordata. Es. Catilina admonebat alium egestatis, alium cupiditatis suae, complures periculi aut ignominiae “Catilina ricordava a uno la sua povertà, a un altro la sua ambizione, a molti il pericolo e la vergogna”. — imagine: abl. singolare. — eorum: gen. plurale. — ita: congiu. “così”. — quamlibet: congiu .“per quanto, sebbene”. — sint: congiuntivo presente. — multa: nominativo plurale neutro. — quorum: genitivo plurale neutro del pronome relativo. —oporteat: congiuntivo presente del verbo impersonale oportet. — meminisse: infinito perfetto logico costruito con il genitivo della cosa di cui si ricorda (eorum). — singula: nominativo plurale neutro dell’agg. di seconda classe singuli, singulae, singula. — conexa: participio perfetto di cōnecto, cōnectis, conexui, conexum, cōnectĕre. — quodam: ablativo singolare maschile del pronome indefinito quidam, quaedam, quiddam. — choro: ablativo singolare maschile chorus, chori. — nec errant: indicativo presente da erro, errare. Nec errant è un’espressione introdotta nel testo da Bonnell: il testo tradito G tramandava onerant e Winterbottom favoriva nec onerant. — coniungentes: nominativo plurale (si riferisce al soggetto) del participio presente con valore congiunto coniungo, coniungis, coniunxi, coniunctum, coniungĕre. — consequentia: accusativo plurale neutro participio presente del deponente consĕquor, consĕquĕris, consecutus sum, consĕqui. — prioribus: dativo plurale dell’agg. prior, prius. — solo labore: ablativo singolare. — ediscendi: genitivo del gerundio di ēdisco, ēdiscis, edidici, ēdiscĕre. Quintiliano fornisce un esempio di come funziona questa tecnica. L’aspetto originale rispetto alla Rhetorica ad Herennium è che Quintiliano sceglie come luogo la domus romana e ce ne fornisce la struttura (da distinguere dalle insulae). Le immagini vanno collocate nelle varie stanze seguendo il loro ordine. Il primo concetto (l’ancora) andrà collocato nel vestibolo/ingresso della domus mentale. Il secondo concetto andrà collocato nel cuore della domus romana, cioè l’atrio, al centro del quale vi era l’impluvium, una sorta di vasca in cui veniva raccolta l’acqua piovana che cadeva da un buco sul tetto; l’atrio era la parte più improtante della domus romana perché ospitava gli stemmata, cioè gli alberi genealogici con le maschere di cera e terracotta degli antenati, una sorta di zona in cui i proprietari sfoggiavano il proprio passato illustre. Si procede poi attraverso le camere da letto, le esedre, cioè una stanza semicircolare in cui si svolgevano riunioni tra i membri della famiglia e ospiti, fungeva cioè da sala di rappresentanza. Punto di riferimento per la tecnica non sono solo le stanze ma anche gli oggetti che in esse vi sono presenti. QUINT. Inst. 11, 2, 21 Quod de domo dixi, et in operibus publicis et in itinere longo et urbium ambitu et picturis fieri [spieri] potest. Etiam fingere sibi has imagines licet. Opus est ergo locis quae vel finguntur vel sumuntur, <et> imaginibus vel simulacris, quae utique fingenda sunt. Imagines voco quibus ea quae ediscenda sunt notamus, ut, quo modo Cicero dicit, locis pro cera, simulacris pro litteris utamur. Traduzione: Ciò che ho detto riguardo la casa può avvenire anche in edifici pubblici e in un lungo viaggio e in giro per la città e in dipinti. Ci si può anche inventare letteralmente queste immagini. C’è bisogno dunque di luoghi che sono inventati o che sono 22 Traduzione: Per parte mia non potrei negare che queste cose siano utili (giovino) ad alcune cose (per parte mia non potrei negare che questa tecnica — la tecnica mnemonica dei luoghi — sia utile in certi casi) come se debbano essere ripetuti molti nomi di cose sentiti in sequenza. Infatti pongono quelle cose nei luoghi che hanno imparato: un tavolo per fare un esempio, nel vestibolo e una pedana nell’atrio e così via poi, rileggendo al contrario la lista di cose (ripetendole), le trovano dove le avevano poste. Equidem: avverbio con valore limitativo “per parte mia”. — non negaverim: congiuntivo perfetto indipendente (verbo della reggente equidem non negaverim) di tipo potenziale, da nĕgo, nĕgas, negavi, negatum, nĕgāre. — haec: accusativo plurale neutro e soggetto dell’infinitiva oggettiva haec prodesse ad quaedam. — prodesse: infinito perfetto di prōsum, prodes, prōfui, prodesse. È il verbo dell’infinitiva. — ad quaedam: quidam, quaedam, quiddam, indefinito, accusativo plurale neutro. — ut si: introduce la comparativa ipotetica ut si reddenda sint multa nomina rerum per ordinem audita. — reddenda sint: è perifrastica passiva di forma personale. Reddo, reddis, reddidi, redditum, reddĕre viene da re+edo “andare indietro, ripetere”.— multa nomina: accusativi plurali neutri. — rerum: genitivo plurale. Indica le cose materiali (mensam, pulpitum: terminologia relativa alla domus). — audita: agg. participio perfetto, valore attributivo, accusativo plurale, audĭo. audis, audii, auditum, audīre. — per ordinem: accusativo singolare maschile, moto per luogo figurato. — namque ponunt: indicativo presente di pōno, pōnis, posui, positum, pōnĕre. — res illas: accusativi plurali femminili. — in iis locis: ablativo plurale di stato in luogo. — quae: introduce una sub. relativa (quae didicerunt) incastonata nella principale (namque ponunt res illas in iis locis). — didicerunt: indicativo perfetto di disco, discis, didici, discĕre. — mensam: accusativo singolare femminile. — ut hoc utar: ut ha valore di congiunzione comparativa-modale. Utar è congiuntivo presente del deponente ūtor, ūtĕris, usus sum, ūti. — in vestibulo: ablativo di stato in luogo. — et pulpitum: accusativo singolare neutro. Il testo tradito G presenta populum ma è privo di senso così Bonnell corregge con pulpitum. — in atrio: ablativo di stato in luogo. — et sic cetera: “e così via”; cetera è agg. di prima classe. — deinde relegentes: participio presente con valore congiunto (temporale), composto di re+lego “rileggere”, rĕlĕgo, rĕlĕgis, relegi, relectum, rĕlĕgĕre. Il testo tradito G presenta relegantes; Winterbottom presenta repetentes. — inveniunt: indicativo presente invĕnĭo, invĕnis, inveni, inventum, invĕnīre. — ubi posuerunt: indicativo perfetto da pōno, pōnis, posui, positum, pōnĕre. QUINT. Inst. 11, 2, 24 Et forsitan hoc sunt adiuti qui, auctione dimissa, quid cuique vendidissent testibus argentariorum tabulis reddiderunt, quod praestitisse Qintum Hortensium dicunt. Minus idem proderit in ediscendis quae orationis perpetuae erunt: nam et sensus non eandem imaginem quam res habent, cum alterum fingendum sit; et horum tamen utcumque commonet locus, sicut sermonis alicuius habiti: verborum contextus eadem arte quo modo comprehendetur? Traduzione: E forse di questa tecnica si sono avvantagiati coloro che, una volta conclusa un’asta, hanno ripetuto, mentre facevano da testimoni i registri dei cassieri, che cosa a ciascuno avessero venduto, cosa che dicono abbia compiuto Quinto Hortensio. Meno questa stessa cosa gioverà nell’imparare a memoria le cose che sono di un discorso continuo: infatti i concetti (le idee astratte) non hanno la stessa immagine che hanno le cose materiali poichè bisogna sempre inventare qualcos’altro; e però in ogni caso il luogo richiama alla memoria queste cose, come può (far ricordare) di una conversazione avuta in passato: la trama (connessione logica) delle parole con quella stessa arte in che modo sarà memorizzata? Et forsitan: cong. “forse”. — hoc: pronome dimostrativo, ablativo strumentale. — sunt adiuti: indicativo perfetto passivo di adiŭvo, adiŭvas, adiuvi, adiutum, adiŭvāre. — qui: pronome relativo, nominativo plurale; introduce la relativa qui reddiderunt. — auctione dimissa: ablativo assoluto con valore temporale di cui auctione è un femminile da auctĭo, auctionis; dimissa è agg. participio perfetto di dīmitto, dīmittis, dimisi, dimissum, dīmittĕre. — reddiderunt: indicativo perfetto di reddo, reddis, reddidi, redditum, reddĕre. — testibus tabulis: ablativo assoluto privo di participio, valore temporale “mentre facevano da testimoni i registri dei cassieri”. Testibus è il maschile testis, testis “testimone”; tabulis è il femminile tabula, tabulae. — quid: pronome interrogativo, accusativo singolare neutro che introduce una completiva interrogativa indiretta quid cui vendidissent “che cosa a ciascuno avessero venduto”. — cui: dativo di termine del pronome relativo. — vendidissent: congiuntivo piuccheperfetto di vendo, vendis, vendidi, venditum, vendĕre. — quod: accusativo singolare neutro del pronome relativo; introduce la relativa quod dicunt che regge a sua volta la sub. infinitiva oggettiva Quintum Hortensium praestitisse. — dicunt: indicativo presente. — Quintum Hortensium: accusativo e soggetto dell’infinitiva. — praestitisse: infinito perfetto di praesto, praestas, praestiti, praestatum, praestāre. — idem: nominativo singolare neutro del pronome determinativo idem, eadem, idem. — proderit: indicativo futuro anteriore di prōdo, prōdis, prodidi, proditum, prōdĕre. — minus: avv. “meno”. — in ediscendis: gerundivo di ēdisco, ēdiscis, edidici, ēdiscĕre; ablativo di stato in luogo figurato. — quae: pronome relativo qui, quae, quod, nominativo plurale neutro; introduce la relativa quae erunt orationis perpetuae. — erunt: indicativo futuro semplice. — orationis: genitivo singolare. — perpetuae: agg. di prima classe, genitivo singolare. — nam sensus: nominativo plurale maschile. — non habent: indicativo presente. — eandem imaginem: accusativi singolari femminili. — quam res: nominativo plurale femminile. — cum fingendum sit: cum narrativo impiegato con valore causale e con perifrastica passiva di forma personale anche se il gerundivo è neutro singolare e si potrebbe pensare che sia di forma impersonale, tuttavia ha un soggetto. Il verbo viene da fingo, fingis, finxi, fictum, fingĕre. — alterum: pronome indefinito accusativo singolare neutro alter, altera, alterum. — et locus: nominativo singolare maschile. — commonet: indicativo presente da commŏnĕo, commŏnes, commonui, commonitum, commŏnēre. È un verbo di memoria che ha un costrutto particolare (come memini): regge il genitivo della cosa che si ricorda (ma ha anche altre costruzioni, per esempio con l’accusativo oppure con de+ablativo della cosa che si ricorda). — horum: genitivo plurale. — sicut: avv. “come”. — sermonis alicuius: genitivo singolare femminile (dipende da commonet). — habiti: genitivo singolare dell’agg. participio perfetto con valore attributivo di habeo. — quo modo: ablativo singolare. Quo è il pronome interrogativo che introduce un’interrogativa diretta. — contextus: nominativo singolare di IV. — verborum: genitivo plurale. — eadem arte: 25 complemento di strumento “per mezzo di quella stessa arte”. — comprehendetur: indicativo futuro semplice comprĕhendo, comprĕhendis, comprehendi, comprehensum, comprĕhendĕre. Questa tecnica è utile per ricordarsi l’elenco degli oggetti ma molto meno per ricordarsi un discorso vero e proprio. Quando ci dobbiamo ricordare un concetto materiale è facile utilizzare la tecnica di memorizzazione dei luoghi (es: per memorizzare il concetto di tavolo mi basta memorizzare l’oggetto tavolo; se però devo memorizzare il concetto di libertà, non posso basarmi su un oggetto materiale perché la libertà è un concetto astratto). Se i luoghi suscitano memoria, perché è più difficile ricordare le singole parole che rimandano a concetti astratti? Essendo numerose le parole in un discorso, la creazione nella nostra mente di altrettanti numerosi luoghi in cui collocarle per poi raccoglierli diventa problematico perché la mente si affatica a causa delle troppe immagini. Quinto Hortensio Ortalo fu un importante oratore e politico romano, contemporaneo e amico di Cicerone. Nel 70 a.C. i due ebbero uno scontro in occasione del processo per concussione di Verre. Quintiliano ci riporta l’aneddoto, 1 relativo a Hortensio, secondo cui avrebbe ricodato ciò che era stato venduto durante l’asta, ricordato anche da Seneca Padre: Sen. Con. 1, pr., 18s.: [18] ‘E non c’era in lui [scil. Porcio Latrone] soltanto questa naturale felicità della memoria, ma un’arte mirabile di trovarvi posto alle cose che doveva ricordarle e custodirvele così bene che tutte le sue declamazioni, una volta pronunciate, vi restavano impresse indelebilmente. Così non gli servivano appunti: diceva di scrivere nella mente. Le parole che aveva pensato le diceva senza sbagliarne neppur una. D’ogni parte della storia era informatissimo: c’invitava a fargli il nome d’un condottiero e subito ne elencava per ordine le gesta; tanto facile gli riusciva ritrovar le notizie una volta che gli erano entrate nella mente. [19] Vi vedo, ragazzi miei, stupefatti e ammirati, anche troppo, di questa sua qualità; vorrei ne ammiraste ben altre di lui; questa, che a voi pare così straordinaria, si può imparare con esercizi non molto faticosi. Nel breve giro di pochi giorni chiunque può riuscire a imitare Cinea che, inviato da Pirro come ambasciatore ai Romani, il giorno dopo salutò per nome, lui nuovo alla città, i senatori e ogni componente della plebe urbana che attorniava il Senato; o quel tale che rivendicò la paternità d’un nuovo carme appena sentito recitare, e subito lo recitò a memoria mentre il vero autore non vi riusciva; od Ortensio che, sfidato da Sisenna, passò tutta una giornata a un’asta e alla fine elencò oggetti, prezzi, compratori nel loro ordine, sotto il controllo degli addetti (argentariis recognoscentibus) senza sbagliarne uno. QUINT. Inst. 11, 2, 25-26 [25] Mitto quod quaedam nullis simulacris significari possunt, ut certe coniunctiones. Habeamus enim sane, ut qui notis scribunt, certas imagines omnium et loca scilicet infinita, per quae verba quot sunt in quinque contra Verrem secundae actionis libris explicentur, [ne] meminerimus etiam omnium quasi depositorum: nonne impediri quoque dicendi cursum necesse est duplici memoriae cura? Traduzione: Tralascio che alcune cose non possono essere rappresentate da alcuna immagine, come di sicuro le congiunzioni. Infatti ammettiamo pure di avere, come coloro che scrivono in note (che si occupano di stenografia), immagini precise di tutte le cose e luoghi certamente infiniti, attravrerso i quali si dispieghino tante parole quante sono nei cinque libri della seconda azione contro Verre, ammettiamo pure che ci ricordiamo di queste cose come se fossero state riposte (nella nostra memoria): pure se riusciamo ad associare per ogni singola parola un’immagine, non è inevitabile che il flusso del discorso sia ostacolato dalla preoccupazione per una duplice memoria? (Anche se ci ricordassimo le immagini, non è inevitabile che il discorso sia ostacolato perché cerchiamo di ricordarci non solo i concetti ma anche le singole parole associate alle immagini?) Mitto: indicativo presente mitto, mittis, misi, missum, mittĕre. Significa “tralasciare” e anticipa la completiva dichiarativa quod quaedam nullis possunt significari simulacris. — quod: forma cristallizzata del pronome relativo con funzione di accusativo di relazione “il fatto che”. — quaedam: nominativo neutro plurale. — nullis possunt: indicativo presente. — significari: infinito presente di signĭfĭco, signĭfĭcas, significavi, significatum, signĭfĭcāre. — simulacris: ablativo strumentale plurale. — ut certe coniunctiones: nominativo plurale femminile. — sane: avv. “pure”. — habeamus: congiuntivo indipendente valore concessivo. — ut: ha valore esemplificativo “come per esempio”. — qui: nominativo plurale maschile, introduce la relativa qui scribunt notis. — scribunt: indicativo presente. — notis: ablativo plurale femminile. — imagines certas: accusativi plurali femminili. — omnium: genitivo plurale neutro “di tutte le cose”. — et loca: accusativo plurale (locus, loci: usato anche n. pl. loca in senso geografico di località, regione). — scilicet: avv. “certamente”. — infinita: agg. prima clase, accusativo plurale neutro (concorda con loca). — per quae: per+accusativo plurale neutro. — explicentur: indicativo presente passivo explĭco, explĭcas, explicavi, explicatum, explĭcāre. — verba: nominativo plurale neutro. — quot: agg. indeclinabile con valore relativo. — sunt: indicativo presente. — in quinque libris: ablativi plurali di stato in luogo (liber, libri). — secundae actionis: genitivo singolare femminile. — contra Verrem: compl. di moto a luogo figurato che esprime destinazione ostile. — [ne]: presente nel manoscritto tradito G ma espunto da Spalding perché corrotto. — meminerimus etiam: congiuntivo indipendente concessivo coordinato per asindeto ad habeamus. — omnium: genitivo plurale neutro. — quasi depositorum: genitivo plurale del Cicerone scrisse sette orazioni intitolate Verrine: la prima s’intitola Divinatio in Quintum Caecilium. 1 La divinatio consisteva nell’assegnazione di un avvocato all’imputato. Si teneva uno scontro preliminare al processo tra potenziali avvocati per decidere chi fosse più adatto a difendere la parte in causa e in cui Cicerone mette a nudo i piani architettati da Verre e ottiene il ruolo di avvocato. La seconda parte, In G. Verrem actio prima, coincide con la prima parte della discussione in cui Cicerone espone i punti salienti dell’argomentazione che avrebbe trattato nelle orazioni successive. In realtà l’actio secunda non viene mai pronunciata perché la prima fu così efficace che Verre si arrese ammettendo la sua colpevolezza. Cicerone tuttavia pubblica lo stesso le sue orazioni. Nel 69 a.C., anno successivo al processo di Verre, Hortensio divenne console e decise di ritirarsi a vita privata, dandosi all’ippica. 26 participio futuro ha valore attributiva “riposte”; depono, dēpōnis, deposui, depositum, dēpōnĕre. — nonne necesse est: nonne è particella che introduce un’interrogativa diretta per la quale ci si attende risposta affermativa; necesse è aggettivo indeclinabile “necessario”. — cursum: accusativo singolare maschile di IV decl. soggetto dell’infinitiva soggettiva. — dicendi: gerundivo, genitivo singolare da dico. — impediri: infinito perfetto di impĕdĭo, impĕdis, impedii, impeditum, impĕdīre. — cura: ablativo singolare femminile. — duplici memoriae: genitivo singolare femminile (duplex, duplicis). [26] Nam quo modo poterunt copulata fluere si propter singula verba ad singulas formas respiciendum erit? Qua re et Charmadas et Scepsius de quo modo dixi, Metrodorus, quos Cicero dicit usos hac exercitatione, sibi habeant sua: nos simpliciora tradamus. Traduzione: Infatti in che modo potranno scorrere le associazioni di parole se a causa di ogni singola parola bisognerà guardare indietro alle singole immagini? (Come faccio a ricordarmi il discorso se per ogni singola parola devo pensare all’immagine che le avevo associato e recuperarla nel luogo mentale?) Per la qual cosa sia Carmada, sia l’uomo di Scepsi del quale ho appena parlato, Metrodoro, che (Carmada e Metrodoro) Cicerone (nel De Oratore, vd. ‘Ancora la cera…’) dice che si sono serviti di questa tecnica, abbiano per sè le proprie cose: noi insegnamo tecniche più semplici. Nam quo modo: introduce una interrogativa diretta. — poterunt: indicativo perfetto. — fluere: infinito presente flŭo, flŭis, fluxi, fluxum, flŭĕre. Il verbo dà l’idea dell’immagine metaforica del discorso come un corso d’acqua che scorre. — copulata (verba): agg. participio perfetto, accusativo plurale neutro, da cōpŭlo, cōpŭlas, copulavi, copulatum, cōpŭlāre. — si propter singula verba: si introduce la condizionale si propter singula verba rescipiendum erit ad singulas formas; propter + accusativi plurali neutri compl. di causa (singula viene da singuli, singulae). — respiciendum erit: perifratica passiva di forma impersonale di cui rescipiendum è il gerundivo di respĭcĭo, respĭcis, respexi, respectum, respĭcĕre. — ad singulas formas: accusativi plurali femminili di moto a luogo figurato. — qua re: ablativo singolare femminile; qua è un nesso relativo concordato con re. — et… et: et correlativo “sia… sia”. — Charmadas-Scepsius: nominativo e genitivo singolari maschili — de quo: complemento di argomento; quo è ablativo singolare maschile riferito a Scepsius; introduce la relativa de quo modo dixi. — modo: avv. valore temporale “appena”. — dixi: indicativo perfetto. — Metrodorus: nominativo singolare. — quos: accusativo plurale (riferito a Carmada e Metrodoro) introduce relativa quos Cicero dicit. — Cicero dicit: il verbum dicendi introduce l’infinitiva oggettiva usos (esse) hac exercitatione. — usos esse: infinito perfetto (riferito a Camarda e Metrodoro) del deponente ūtor, ūtĕris, usus sum, ūti. — hac exercitatione: ablativi singolari femminili con valore strumentale. — habeant: congiuntivo indipendente con valore ottativo/desiderativo, verbo principale. — sibi: ablativo singolare di vantaggio. — sua: propnome possessivo, accusativo plurale neutro. — nos: pronome personale nominativo plurale. — tradamus: congiuntivo indipdendente con valore esortativo trādo, trādis, tradidi, traditum, trādĕre “impartire un insegnamento”. — simplicioria: accusativo plurale neutro del comparativo di simplex, simplicis. QUINT. Inst. 11, 2, 27 Si longior complectenda memoria fuerit oratio, proderit per partes ediscere (laborat enim maxime onere); sed hae partes non sint perexiguae, alioqui rursus multae erunt et eam distringent atque concident. Nec utique certum imperaverim modum, sed maxime ut quisque finietur locus, ni forte tam numerosus ut ipse quoque dividi debeat. Traduzione: Se con la memoria dovrà essere assimilato un discorso più lungo, gioverà impararlo a memoria per parti (infatti la memoria si affatica per un carico eccessivo); ma queste parti non siano troppo esigue, altrimenti saranno numerose (troppe) e la confonderanno e la indeboliranno. Nemmeno in ogni caso prescriverei una misura ben determinata, ma potrei (prescrivere) specialmente che ciascuna sezione che abbiamo isolato sia ben delimitata, a meno che non sia così abbondante di contenuto che debba essere esso stesso a sua volta divisa. Si: introduce un periodo ipotetico di primo tipo. — memoria: abl. strumentale. — complectenda fuerit: perifrastica passiva di forma personale (oratio è il soggetto del verbo). È un futuro anteriore ed è il verbo della protasi. Complectenda è gerundivo femminile perché si riferisce a oratio, viene dal verbo deponente complector, complectĕris, complexus sum, complecti. — oratio: nominativo singolare femminile. — longior: agg. comparativo da longus. — proderit: indicativo futuro anteriore di prōdo, prōdis, prodidi, proditum, prōdĕre. È il verbo dell’apodosi. — ediscere: infinito presente. — per partes: compl. moto per luogo. — enim (memoria) laborat: indicativo presente di laboro. — maxime: avv. “eccessivo”. — onere: compl. causa. — sed hae partes: nominativi plurali femminili. — non sint: congiuntivo esortativo. — perexiguae: agg. prima classe, nominativo plurale. — alioqui rursus: avv. “altrimenti in aggiunta”. — erunt: indicativo futuro semplice. — multae: nominativo plurale femminile. — et eam: pronome determinativo, accusativo singolare. Si riferisce a memoria o oratio (memoriam; orationem). Il testo tradito G riporta eum ma non si riferisce a nulla per cui Winterbottom propone in modo dubbioso che eum sia corretto con eam. — distringent (eam): indicativo futuro semplice di distringo, distringis, distrinxi, districtum, distringĕre. — concìdent (eam): indicativo futuro semplice di concīdo, concīdis, concidi, concisum, concīdĕre. — nec utique imperaverim: congiuntivo perfetto di impĕro, impĕras, imperavi, imperatum, impĕrāre. È indipendente, valore potenziale. — modum certum: accusativo singolare maschile. Nec utique imperaverim modum certum è principale. — sed maxime (imperaverim): coordinata di tipo avversativo che regge la sub. sostantiva ut+congiuntivo. — ut finietur: indicativo futuro semplice passivo del verbo fīnĭo, fīnis, finii, finitum, fīnīre. — ni tam numerosus forte: sub. II grado dipendente dalla sostantiva e che a sua volta regge la consecutiva ut debeat dividi. — debeat: congiuntivo presente di dēbĕo, dēbes, debui, debitum, dēbēre. — dividi: infinito passivo di dīvĭdo, dīvĭdis, divisi, divisum, dīvĭdĕre. — ipse: nominativo singolare maschile del pronome dimostrativo. 27 indicativo presente di adstringo, adstringis, adstrinxi, adstrictum, adstringĕre. — magis adhuc: “ancor di più”. — (eos) qui: nominativo plurale che introduce la relativa. — transferunt: indicativo presente di transfĕro, transfĕrs, transtuli, translatum, transfĕrre (composto di fero). — memoriam: accusativo singolare. — ab aliquo simili: ab+ablativo singolare del pronome indefinito aliquis, aliqua, aliquid seguito dall’ablativo singolare dell’agg. di II classe; compl. di moto da luogo. — ad id quod: ad+accusativi singolari neutri. — continendum est: costruzione personale passiva di forma personale (quod è soggetto); continendum da contĭnĕo, contĭnes, continui, contentum, contĭnēre. — ut in nominibus: ablativo plurale. — si sit tenendus Fabius: perifrastica passiva personale (Fabius è soggetto). — referamus: coongiuntivo presente esortativo, composto di fero. — ad illum cunctatorem: ad+accusativi singolari maschili di moto a luogo. Illum è aggettivo dimostrativo con valore enfatico ‘quel’ perché oltre a indicare qualcosa lontana da chi parla e ascolta, indica, in questo caso, qualcosa che è isolato e spicca. — qui: introduce la relativa (si riferisce a cunctatorem). — non potest èxcidere: possum regge l’infinito presente excĭdo, excĭdis, excidi, excĭdĕre (da cădo, cădis, cecidi, cădĕre). — aut ad aliquem amicum: accusativo singolare. — qui vocetur: congiuntivo presente di voco. — idem: nominativo singolare del pronome indefinito. Quintiliano dice che un ricordo ne stimola un altro: compio qualcosa di isnolito che mi ricordi di dovermi ricordare di qualcosa. Dunque anzichè mettere l’anello al dito a cui si mette di solito, si mette a un altro dito. Di conseguenza durante la giornata, rendendosi conto dell’anomalia, ci si ricorda il motivo di quel cambiamento, ovvero quello di doversi ricordare di una cosa in particolare. Un simbolo è più utile quando assomiglia alla cosa che deve essere ricordata. Adstringunt ha un senso poco chiaro in questo caso, significa di solito ‘vincolare qualcuno’; potremmo dargli il significato traslato ‘costringere qualcuno’. Ad esempio per i nomi propri se dobbiamo ricordarci il mome ‘Fabio’ lo associamo a qualcosa a noi vicina, come un amico, oppure al famoso temporeggiatore. PRONOMI E AGGETTIVI INDEFINITI ‘QUALCUNO/QUALCOSA’ Si classificano in base a una scala che va da un grado massimo di determinatezza a un grado minimo di determinatezza. 1. Quidam, quaedam, quiddam; aliquis, aliquid: qualcuno/qualcosa che sicuramente esiste; 2. Quispiam, quidpiam: qualcuno/qualcosa che è probabile che esista; 3. Quis, quid: qualcuno/qualcosa che è possibile che esista; 4. Quisquam, quicquam: qualcuno/qualcosa che non esiste o non dovrebbe esistere. Quidam, quaedam, quiddam (agg. quidam, quaedam, quoddam). È composto qui + dam (quindi si declina come un pronome relativo). Individua qualcuno/qualcosa che esiste ed è determinato ma non ne specifica l’identità o la natura, per brevità o per discrezione, oppure perché poco nota: ‘uno, qualcuno, un certo, un tale’ (ma non uno qualsiasi!). Accurrit quidam notus mihi nomine tantum (Hor, Sat. 1, 9, 3). Mi corse incontro un tale a me noto soltanto di nome. Erat comes eius Rubirius quidam (Cic. Verr. 1, 64). Era suo compagno un certo Rubirio. Aliquis, aliquid (agg. aliqui, aliqua, aliquod) È composto ali + qui (quindi si declina come un pronome relativo). Indica qualcuno/qualcosa che esiste, senza individuarla: la sua natura o identità è ignota o indifferente: ‘qualcuno, uno qualunque, una cosa qualunque’. Exspectabam aliquem meorum (Cic. Att. 13, 15). Aspetto qualcuno (uno qualunque, non so quale) dei miei. Quispiam, quidpiam (agg. quispiam, quaepia, quodpiam) Indica qualcuno/qualcosa che è probabile che esista (molto raro nel latino classico). Quaeret quispiam…. Qualcuno (è probabile che) chiederà…. Quis, quid (agg. qui, quae, quod) Indica qualcuno/qualcosa che è possibile che esista. Ricorre in prossimità di particelle di senso eventuale (si, ne, nam, an…). Si quis quid quaereret…. Cic. De Orat. 1, 102) Se qualcuno chiedesse qualcosa… Quisquam, quicquam (agg. ullus, ulla, ullum) Indica qualcuno/qualcosa che non esiste o non dovrebbe esistere, quindi ricorre in proposizioni di forma e senso negativo o limitativo (in traduzione, spesso, negazione + pronome si rende con ‘nessuno’). Nec mortem effugere quisquam nec amorem potest (Pulbl. Syr. 470). Nessuno può sfuggire nè alla morte nè all’amore (non esiste cioè nessuno che può sfuggire alla morte e all’amore). QUINT. Inst. 11, 2, 31 30 Quod est facilius in Apris et in Ursis et Nasone aut Crispo, ut id memoriae adfigatur unde sunt nomina. Orìgo quoque aliquando declinatorum tenendi magis causa est, ut in Cicerone, Verrio, Aurelio. Sed hoc miserim. Traduzione: Il che è più semplice per Apro, Urso, Nasone e Crispo, purché si fissi nella memoria ciò cioè da dove vengono i nomi (si fissa nella memoria da dove provengono i nomi). Talvolta anche l’etimologia dei nomi derivati permette di ricordare maggiormente come in Cicerone, Verrio, Aurelio. Ma questo potrei tralasciarlo. Il concetto è che sono i nomi stessi ad agevolare la memoria perché rimandano alla cosa da ricordare. Quod: nesso relativo. — est: indicativo presente. — facilius: comparativo neutro di facilis, facile. — in Apris et in Ursis et Nasone aut Crispo: stati in luogo figurati. Apris e Ursis sono al plurale ma li rendiamo al singolare. Sono nomi che derivano da nomi comuni: Apris < cinghiale; Ursia < orso, Nasone < naso. Quindi se dobbiamo ricordarci questi cognomi usiamo come immagine mentale ciò a cui questi cognomi rimandano (nasone per esempio rimanda al naso). — ut adfigatur: consecutiva restrittiva. Adfigatur è congiuntivo passivo di adfigor, da adfīgo, adfīgis, adfixi, adfixum, adfīgĕre. — memoriae: dativo singolare. — id: nominativo singolare neutro. — unde: avv. “da dove”. — nomina: nominativo plurale neutro. — sunt: indicativo presente. — aliquando quoque: avv. “talvolta anche”. — origo: nominativo singolare femminile. — declinatorum: agg. participio perfetto sostantivato, genitivo plurale, da declino, declinas, declinavi, declinatum, declinare. — causa est tenendi: “permette di ricordare; tenendi è genitivo del gerundio di teneo. — magis: avv. “maggiormente”. — ut in Cicerone, Verrio, Aurelio: ci sono casi in cui il cognome rimanda a un altro sostantivo comune su base etimologica: da cicer ‘cece’; verrio: da verres ‘porco’; da aurelius ‘aurus’. — sed hoc miserim: congiuntivo potenziale che indica in questo caso potenzialità nel presente (da mitto). Sebbene il testo tradito riporti miserim, un manoscritto (siglato F) preferisce ‘miseri’; in questo caso diventerebbe un genitivo di pertinenza a cui bisogna sottintendere est: ‘ma questo è proprio di uno sciagurato (persona da poco)’: cioè questi espedienti li usano soltanto persone da poco. Questa correzione però non è necessaria e la maggior parte degli editori mantengono la versione del testo tradito G: miserim. QUINT. Inst. 11, 2, 32 Illud neminem non iuvabit, isdem quibus scripserit ceris ediscere. Sequitur enim vestigiis quibusdam memoriam, et velut oculis intuetur non paginas modo, sed versus prope ipsos, estque cum dicit similis legenti. Iam vero si litura aut adiectio aliqua atque mutatio interveniat, signa sunt quaedam quae intuentes deerrare non possumus. Neminem: dativo singolare del pronome indefinito nemo. — non iuvabit: indicativo futuro semplice. Neminem e nemo costituiscono una doppia negazione. — illud: accusativo singolare neutro. È prolettico di isdem quibus scripserit ceris ediscere. — ediscere: infinito presente ēdisco, ēdiscis, edidici, ēdiscĕre. Ha il compito di specificare l’illud prolettico. — ceris: ablativo plurale di cera, cerae. — quibus: ablativo plurale femminile, introduce una subordinata relativa. — scripserit: indicativo futuro anteriore di scribo. — enim (orator) sequitur: indicativo presente del deponente sĕquor, sĕquĕris, secutus sum, sĕqui. — memoriam: accusativo singolare femminile. — quibusdam vestigiis: ablativi plurali neutri (vestigium, vestigii) “con certe tracce”. Un uso particolare di quibusdam è quello di avere un valore attenuativo o limitativo se accostato a un sostantivo, da tradurre così: “come una sorta di traccia”. La principale è sequitur… memoriam; regge la coordinata per polisindeto con et: et velut…ipsos. Estque introduce un’altra coordinata (et est) che regge la temporale cum dicit. — oculis: ablativo singolare maschile. — intuetur: indicativo presente del deponente intŭĕor, intŭēris, intuitus sum, intŭēri. — non paginas modo: accusativo plurale femminile. — sed prope versus ipsos: accusativi plurali maschili. — et est: indicativo presente. — cum dicit: indicativo presente di dico. — similis: nominativo singolare, agg. seconda classe, similis, simile. — legenti: participio presente sostantivato “colui che legge”, da lego. — si: introduce un periodo ipotetico misto: la protasi è al congiuntivo presente (secondo tipo), l’apodosi è all’indicativo (primo tipo). La protasi essendo dell’obiettività può utilizzare il congiuntivo che dà l’idea della possibilità. — interveniat: congiuntivo presente di intervĕnĭo, intervĕnis, interveni, interventum, intervĕnīre. — litura: nominativo singolare femminile. — aut adiecto aliqua: participio perfetto di ădĭcĭo, ădĭcis, adieci, adiectum, ădĭcĕre. — atque mutatio: nominativo singolare. — sunt: indicativo presente. — quaedam signa: accusativo plurale neutro. — intuentes: agg. participio presente del verbo deponente intŭĕor, intŭēris, intuitus sum, intŭēri. È il verbo della relativa. — quae: nominativo plurale neutro. — non possumus deerare: indicativo presente di possum + infinito presente di dĕerro, dĕerras, deerravi, deerratum, dĕerrāre. Errare dà l’idea del vagare senza meta, da cui poi in senso figurato ‘errare’ come ‘sbagliare’. Traduzione: A nessuno non gioverà ciò, cioè imparare a memoria dalle stesse tavolette di cera sulle quali aveva scritto. Infatti (l’oratore) segue la memoria con certe tracce, e come con gli occhi vede non solo le pagine, ma anche quasi le righe stesse, ed è quando parla simile ad uno che legge. Se poi intervenisse una cancellatura o una qualche aggiunta e un cambiamento, essi sono come dei simboli, guardando i quali non possiamo sbagliare. Per sfruttare la componente visiva della memoria Quintiliano consiglia di imparare a memoria i propri testi direttamente dalle tavolette su cui erano scritti perché la sequenza delle righe si imprime facilmente nella mente. Anzi segni relativi a cancellature e correzioni sono utili perché possono fungere da segni mnemonici. Quintiliano descrive poi come funziona la memoria visiva: quando studiamo qualcosa succede spesso che nella mente si visualizzi e memorizzata la pagina con le rispettive righe. Per imparare a memoria bisogna spesso rileggere il testo; spesso ci saranno anche delle cancellature che saranno altrettanto utili perché funzionano come quei segni mentali che noi utilizzavamo come elementi di confine tra le sezioni ma che in questo caso sono segni fisici psoti proprio sul testo. QUINT. Inst. 11, 2, 33 31 Ista ratio, ut est illi, de qua primum locutus sum, arti non dissimilis, ita, si quid me experimenta docuerunt, et expeditior et potentior. Ediscere tacite (nam id quoque est quaesitum) erat optimum si non subirent velut otiosum animum plerumque aliae cogitationes, propter quas excitandus est voce, ut duplici motu iuvetur memoria dicendi et audiendi. Sed haec vox sit modica et magis murmur. Traduzione: Questo metodo, com’è simile a quella tecnica di cui ho parlato, così, se l’esperienza personale mi ha insegnato qualcosa, è più utile e più efficace. Imparare a memoria a bassa voce (infatti ci si è chiesto anche questo) sarebbe stata la cosa migliore se nella maggior parte dei casi non subentrassero nell’animo ozioso altri pensieri, a causa dei quali (l’animo/la mente) deve essere richiamato all’attenzione dalla voce, in modo che la memoria si giovi della duplice azione del dire e dell’ascoltare. Ma questa voce sia misurata e poco più che un mormorio. Ista ratio: nominativi singolari femminili. Ratio ha una vasta gamma di significati: “ragione”, “metodo sistematico”.— ut.. ita: forma correlativa. — ut: introduce la comparativa ut est non dissimilis illi arti. — est: indicativo presente. — non dissimilis: dissimilis, dissimile, agg. di seconda classe, nominativo singolare. — illi arti: dativi singolari femminili. — de qua: introduce la subordinata relativa de qua primum locutus sum, dentro la comparativa. È un ablativo singolare femminile di argomento (si riferisce ad arti). — primum: avv. “com’è simile a quella tecnica di cui prima ho parlato”. — locutus sum: indicativo perfetto del deponente loquor, lŏquĕris, locutus sum, lŏqui. Il soggetto è Quintiliano. — si: introduce protasi del periodo ipotetico di primo tipo. — experimenta: nominativo plurale. — docuerunt: indicativo perfetto di doceo. — quid: pronome indefinito della pura possibilità, accusativo singolare neutro. — et expeditior et potentior: dobbiamo sottintendere il verbo sum, già espresso. Sono due nominativi singolari di comparativi di maggioranza assoluti. Expeditior viene da expeditus, a, um, agg. participio perfetto di expèdio, expĕdis, expedii, expeditum, expĕdīre “utile, agevole”; potentior viene da potens, potentis, agg. participio perfetto di possum “efficace”. — ediscere: infinito presente di edisco. — tacite: avv. “a bassa voce”. — (nam quaesitum est: indicativo perfetto passivo di quaero, quaeris, quaesii, quaesitum, quaerĕre. — id quoue): nominativo singolare neutro (soggetto di quaesitum est). nam… id quoque: incidentale. — erat: indicativo imperfetto. — optimum: agg. di prima classe, nominativo singolare neutro. Ediscere erat optimum è l’apodosi del periodo ipotetico misto: apodosi all’imperfetto, protasi al congiuntivo: si vuole indicare un’azione che è ripetuta in passato “imparare a memoria in silenzio sarebbe stata la cosa migliore se (ogni volta) che dovessimo provarci non subentrassero altri pensieri”: c’è quindi un’idea di reiterazione. — si non subirent: congiuntivo imperfetto del verbo anomalo sŭbĕo, sŭbis, subii, subitum, sŭbire; verbo dell’apodosi. — velut plerumque: accusativo singolare neutro. — otiosum animum: accusativi singolari maschili. — aliae cogitationes: nominativi plurali femminili. — propter: introduce complemento causa esterna. — quas: accusativo plurale femminile. — excitandus est: perifstastica passiva personale di excĭto, excĭtas, excitavi, excitatum, excĭtāre. — voce: ablativo singolare strumentale. — ut: introduce sub. consecutiva. — memoria: nominativo singolare. — iuvetur: congiuntivo esortativo passivo di iuvo. — duplici motu: ablativi singolari maschili. — dicendi et audiendi: gerundi genitivi singolari rispettivamente di dico e audio. — sed haec vox: nominativi singolari femminili. — sit: congiuntivo esortativo. — modica: agg. prima classe, nominativo sngolare femminile — et magis murmur: avv. + nominativo singolare neutro di murmur, murmuris. Per memorizzare il testo delle tavolette il consiglio era di rileggere il testo direttamente dalle tavolette. Inoltre il consiglio che dà Quintiliano per la memorizzazione è quello di rileggere più volte il testo però non a mente perché il silenzio permette agli altri pensieri di intromettersi. Piuttosto serve ripetere a voce, ma non a volume troppo alto altrimenti ci confondiamo da soli. Questa tecnica della lettura e della memorizzazione sulle tavolette utilizzando le correzioni è sia simile alla tecnica dei luoghi di cui ha parlato in precedenza (perché le correzioni corrispondono alle immagini mentali che ci permettono di ricordarci le cose), ma è anche più efficace di quest’ultima. Nell’antichità si era abituati a leggere a voce alta; gli studiosi pensano che essendo i testi scritti, scritti in scripto continua, leggere a voce alta permetteva di scandire meglio le parole e comprenderne i significati. QUINT. Inst. 11, 2, 34 Qui autem legente alio ediscit in parte tardatur, quod acrior est oculorum quam aurium sensus, in parte iuvari potest, quod, cum, semel aut bis audierit, continuo illi memoriam suam experiri licet et cum legente contendere. Nam et alioqui id maxime faciendum est, ut nos subinde temptemus, quia continua lectio et quae magis et quae minus haerent aequaliter transit. Traduzione: Chi invece impara a memoria mentre a leggere è un altro, in parte è rallentato, perché il senso della vista è più acuto di quello dell’udito, in parte può trarne giovamento poichè, avendo sentito una o due volte, subito gli è possibile mettere alla prova la sua memoria e fare a gara con chi legge. E infatti d’altra parte si dovrà fare in modo soprattutto che noi la proviamo subito (la memoria), soprattutto deve essere fatto ciò, cioè che noi subito la mettiamo alla prova, poichè la lettura continua passa sopra ugualmente sia sulle cose che restano più impresse, sia su quelle che restano meno impresse. Qui: nominativo singolare maschile del relativo. — autem ediscit: indicativo presente di ēdisco, ēdiscis, edidici, ēdiscĕre. — legente alio: ablativo assoluto. — in parte: ablativo singolare di pars, partis. — tardatur: indicativo presente passivo di tardo. — quod: sub. causale + indicativo. — sensus: nominativo singolare. — oculorum: genitivo plurale oculus, oculi. È un concreto per astratto: occhio > vista; orecchie > udito.— est: indicativo presente. — acrior: agg. comparativo di maggioranza da acris, acre “acuto”. — quam aurium: secondo termine di paragone, genitivo plurale, auris, auris. — in parte potest iuvari: potest + 32 “Latrone impiegò la seguente divisione: se in quella circostanza fosse lecito al figlio punire l’adulteroio; se fosse doveroso; in caso affermativo, se non gli si dovesse perdonare di non aver potuto farlo, trattenuto dall’affetto filiale. Circa la liecità chiese: se sia lecito a un figlio punire l’adulterio in assenza del marito; se gli sia lecito farlo quando il marito è sul posto, ma è come se non ci fosse”. QUINT. Inst. 11, 2, 37 Certa sunt enim non solum in digerendis quaestionibus, sed etiam in exsequendis, si modo recte dicimus, prima ac secunda et deinceps, cohaeretque omnis rerum copulatio, ut ei nihil neque subtrahi sine manifesto intellectu neque inseri possit. Traduzione: Non soltanto nel distribuire le questioni, ma anche nello svolgerle, purchè le esponiamo correttamente, il primo, il secondo e i successivi punti sono ben determinati, e ciascuna composizione dei concetti è coerente di modo che ad essa nulla possa essere tolto o aggiunto senza che ce se ne renda conto (senza comprensione chiara). Non solum: avv. — in digerendis: ablativo singolare; digerendis è gerundivo di dīgĕro, dīgĕris, digessi, digestum, dīgĕrĕre. — quaestionibus: ablativo plurale di quaestio, quaestionis. — sed etiam in exsequendis: ablativo gerundivo del deponente exsĕquor, exsĕquĕris, exsecutus sum, exsĕquĕre. — si: introduce una condizionale. — dicimus: indicativo presente. — modo recte: avv. “nel modo corretto”. — prima ac secunda: nominativi singolari femminili. — et deinceps: avv. “i successivi”. — Omnis copulatio rerum cohaeret: indicativo presente di cŏhaerĕo, cŏhaeres, cohaesi, cohaesum, cŏhaerēre. — ut: introduce la sub. consecutiva: ut ei nihil possit neque subtrahi neque inseri sine intellectu manifesto. — ei: dativo singolare. — nihil: nominativo singolare. — possit: indicativo presente. — neque subtrahi: infinito perfetto passivo subtrăho, subtrăhis, subtraxi, subtractum, subtrăhĕre. — neque inseri: infinitto perfetto passivo insĕro, insĕris, inserui, insertum, insĕrĕre. — sine manifesto intellectu: ablativi singolari. QUINT. Inst. 11, 2, 38 An vero Scaeuola in lusu duodecim scriptorum, cum prior calculum promovisset essetque victus, dum rus tendit repetito totius certaminis ordine, quo dato errasset recordatus, rediit ad eum quocum luserat, isque ita factum esse confessus est? Minus idem ordo valebit in oratione, praesertim totus nostro arbitrio constitutus, cum tantum ille valeat alternus? Traduzione: 35 Non è forse vero An vero est prop. principale interrogativa diretta che Scevola nel gioco delle dodici lettere, Scaevola…scriptorum prop. dichiarativa avendo mosso per primo la pedina, cum prior…. promovisset prop. narrativa ed essendo stato battuto essetque victus coord. alla narrativa mentre andava in campagna, dum rus tendit prop. temporale richiamata alla mente la sequenza repetitio… ordine ablativo assoluto (= prop. temporale) ordinata di tutta la partita, Ricordatosi recordatus participio congiunto (= prop. temporale) in che punto aveva sbagliato quo…. recordatus prop. interrogativa indiretta (Scevola) tornò da quello rediit ad eum prop. principale con cui aveva giocato quocum luserat prop. relativa e quello confermò isque confessus est coord. alla principale che era andata così? ita factum esse? prop. interrogativa diretta Avrà meno importanza la sequenza minus…oratione prop. principale ordinata dei concetti in un discorso, essendo composto tutto quanto a praesertim…constitutus prop. causale maggior ragione in base alle nostre scelte quando esso ha già tanto valore in modo cum… alternus? prop. causale alterno? An vero (est): prop. principale che si configura come una interrogativa diretta. Regge la prop. dichiarativa scaevola in lusu duodecidem scriptorum rediit ad eum. — Scaevola: nom. singolare, soggetto di rediit. — in lusu: abl. singolare, lusus, lusus; stato in luogo figurato. — duodecidm scriptorum: scriptum, scripti, genitivo singolare neutro. — cum promovisset: cum narrativo. Promovisset è congiuntivo piuccheperfetto di prōmŏvĕo, prōmŏves, promovi, promotum, prōmŏvēre. La prop. narrativa è: cum promovisset prior calculum. — prior: predicativo del soggetto, agg. comparativo, prior, prius, nominativo singolare. — calculum: calculus, i, acc. singolare maschile. — et esset victus: coordinata alla comparativa. Esset è congiuntivo imperfetto di sum. Victus è participio perfetto di vinco. — dum: introduce la sub. temporale dum tendit rus. Esprime concomitanza generica. — tendit: indicativo presente tendo, tendis, tetendi, tentum, tendĕre. L’azione espressa dalla sovraordinata cade in un punto espresso dalla temporale: “mentre stava andando in campagna, a un certo punto di questo segmento temporale ha deciso di tornare indietro”. — rus: acc. neutro di moto a luogo, rus, rusis. — repetito totius ordine certaminis: abl. assoluto. Repetito è l’abl. del part. perfetto di rĕpĕto, rĕpĕtis, repetii, repetitum, rĕpĕtĕre. Ordine è abl. di ordo, ordinis. Totius certaminis sono genitivi singolari neutri (totius viene da totus, tota, totum; certaminis viene da certamen, certaminis. — recordatus: participio perfetto valore congiunto, da rĕcordo, rĕcordas, recordavi, recordatum, rĕcordāre. — quo dato errasset: quo è avv. interrogativo; errasset è la forma contratta di erravisset, cong. ppf. da erro, erras, erravi, erratum, errare.— rediit: indicativo perfetto di rĕdĕo, rĕdis, redii, reditum, rĕdire. — ad eum: moto a luogo. — quocum luserat: relativa che regge la coordinata alla principale isque confessus est. Luserat è indicativo piuccheperfetto di lūdo, lūdis, lusi, lusum, lūdĕre. — ita: avv. ‘così’. — factum esse: congiuntivo piuccheperfetto passivo di facio. — valebit: indicativo futuro semplice vălĕo, văles, valui, valitum, vălēre. — idem ordo: nominativi singolari maschili. — in oratione: abl. singolare stato in luogo figurato — constitutus: participio perfetto congiunto da constìtuo, constìtuis, constitui, constitutum, constitùere. — totus: nomin. singolare. — praesertim: avv. ‘soprattutto’. — nostro arbitrio: abl. singolari (arbitrium, i). — cum ille tantum valeat: cum + cong. prop. causale; cong. presente di valeo, vales, valui, valitum, valere. — alternus: agg. I classe, valore avverbiale. Scevola è riuscito a ricostruire nella sua mente tutte le mosse che erano state fatto dall’avversario fino al punto di capire dove aveva sbagliato. Scevola fu un giurista importantissimo a cui si deve la sistemazione del diritto civile romano e uomo di politca importante: fu console e pontefice massimo nel 133 a.C. Da pontefice aveva compreso l’importanza degli Annales Pontificum, cioè tavole sbiancate, vale a dire dei registri che il pontefice in carica appendeva fuori dalla memoria e in cui erano segnati gli episodi più significativi del periodo. Nella sua opera monumentale raccolse tutte le tavole dei pontefici ma è andata perduta. L’episodio del gioco di Scevola sembra essere confermato da Cicerone, che ricorda quanto fosse bravo in questo gioco. Il gioco si basava su una divisione in quadranti (nella forma di cerchi) incisi sulla pietra. Ci sono dodici colonne divise in tre file. Il gioco consisteva nel portare avanti delle pedine attraverso un percorso stabilito. Chi arrivava per primo alla fine vinceva. QUINT. Inst. 11, 2, 39 Etiam quae bene composita erunt memoriam serie sua ducent. Nam sicut facilius versus ediscimus quam prosam orationem, ita prosae vincta quam dissoluta. Sic contigit ut etiam quae ex tempore videbantur effusa, ad verbum repetita reddantur. Quod meae quoque memoriae mediocritatem sequebatur, si quando interventus aliquorum qui hunc honorem mererentur, iterare declamationis partem coegisset. Nec est mendacio locus, salvis qui interfuerunt. Traduzione: Anche i discorsi che saranno stati ben composti guideranno la memoria con la propria sequenza. Infatti come più facilmente impariamo a memoria i versi rispetto a un discorso in prosa, così più facilmente impariamo a memoria i testi in prosa vincolati al ritmo (la prosa ritmica) piuttosto che sciolti. Così, capita che anche le cose, che sembrano pronunciate in modo estemporaneo, siano ripetute, una volta riportate alla memoria, parola per parola. Il che riusciva anche alla mia memoria mediocre, se a volte il sopraggiungere di persone che meritavano questa forma di riguardo mi aveva costretto a ripetere una parte della declamazione (se dovevo ripetere una parte di un discorso quando aveva parlato qualcuno che si meritava questo onore). Nè sto dicendo falsità, essendo ancora vivi coloro che erano presenti (alle declamazioni di Quintiliano). Quae: pronome relativo, nominativo pl. f. «i discorsi che». — composita erunt: indicativo futuro anteriore di compōno, compōnis, composui, compositum, compōnĕre. — bene: avv. — ducent: ind. futuro semplice di duco. — memoriam: accusativo singolare femminile. — sua serie: series, seriei, abl. femm. singolare. — nam sicut facilius: facilis, facile, comparativo di maggioranza. — ediscimus: indicativo presente, ēdisco, ēdiscis, edidici, ēdiscĕre. — versus: acc. plurale. — quam orationem prosam: secondo termine di paragone introdotto da quam; accusativi singolari femminili (oratio, orationis; prosus, prosa, prosum). — ita (facilius ediscimus) prosae vincta quam dissoluta: prosae è nominativo singolare femminile; vincta è nominativo del part. perfetto vincĭo, vincis, vinxi, vinctum, vincīre; dissoluta è nominativo del part. perfetto di dissolvo, dissolvis, dissolvi, dissolutum, dissolvĕre. — Sic: connette il periodo successivo con il precedente, ma non introduce una prop. consecutiva. — contigit: verbo di accadimento «capita che» ind. perfetto di contingo, contingis, contigi, contactum, contingĕre. — ut: introduce la sostantiva, retta dal verbo di accadimento: (contigit) ut quae reddantur ad verbum «(accade) che le cose siano ripetute parola per parola». — quae: nominativo plurale neutro «le cose che». — reddantur: congiuntivo presente passivo reddo, reddis, reddidi, redditum, reddĕre. — ad verbum: espressione avverbiale «parola per parola». — (quae) videbantur: costruzione personale vĭdĕor, vĭdēris, visus sum, vĭdēri. Regge il participio perfetto effusa. La costruzione è: (qaue) videbantur effusa ex tempore.— effusa: è nominativo plurale neutro dell’agg. perfetto effundo, effundis, effudi, effusum, effundĕre. — ex tempore: ablativo singolare. — repetita: participio perfetto con valore temporale «una volta riportate alla memoria», da [rĕpĕto], rĕpĕtis, repetii, repetitum, rĕpĕtĕre. — quod: incapsulatore anaforico (riprende ciò che è stato detto prima). — 36 sequebatur: indicativo imperfetto del deponente sĕquor, sĕquĕris, secutus sum, sĕqui. — quoque memoriae mediocritatem: dativi singolati femminili. — si quando…: periodo ipotetico misto, con apodosi di primo tipo e protasi di terzo tipo. Un caso del genere si ha quando la protasi indica una condizione che si ripete più volte nel passato (ogni volta che); in reltà questo caso è un caso specifico, per cui la protasi è una condizione accessoria: vale a dire l’azione, che viene espressa dal verbo nell’apodosi, si verifica in ogni caso a prescindere che si realizzi la condizione della protasi. (Quintiliano cioè è in grado di ricordare ogni testo ma se questo è ritmato allora è più semplice). La costruzione è: Si quando interventus aliquorum, qui hunc honorem mererentur, coegisset iterare partem declamationis. — interventus: nominativo singolare maschile di IV decl. «il sopraggiungere improvviso di qualcuno» — aliquorum: genitivo plurale. — qui hunc mererentur honorem: propos. relativa. Mererentur è ind. presente del deponente mĕrĕor, mĕrēris, meritus sum, mĕrēri. — coegisset: congiuntivo ppf. da cōgo, cōgis, coegi, coactum, cōgĕre. — iterare: infinito presente. — partem: acc. singolare. — declamationis: genitivo singolare. — nec est locus: locus, loci, nominativo singolare «né c’è possibilità». — mendacio: ablativo singolare da mendacium, ii «di menzogna». — salvis (iis): ablativo assoluto nominale. Salvis è ablativo di salvus, salva, salvum. — qui interfuerunt: prop. relativa anticipata da iis; indicativo perfetto di intersum, interes, interfui, interesse. Quintiliano sta prospettando un altro caso semplice da ricordare, facendo una distinzione fra i testi in versi e in prosa. Il ritmo del verso facilita la memorizzazione dei testi in versi, rendendoli più semplici da memorizzare rispetto al discorso in prosa. È più semplice memorizzare testi che hanno un ritmo piuttosto che quelli che non li hanno. Già Aristotele nella Poetica notava come fosse più semplice imparare testi in versi prorpio grazie al ritmo. Quintiliano ci dà un’importante testimonianza: sappiamo che praticò l’attività di avvocato e non solo: questa è una testimonianza del fatto che si occupò anche di declamare beni fittizi. Alla scuola di retorica il docente faceva esibile lo studente con le proprie declamazioni a scuola. In un ricordo tratto dalle Institutio 1, 2, 23-35 Quintiliano dice che il docente stabiliva l’ordine di declamazione in base alla capacità di ognuno (si cominciava dal più bravo) e riuscire il primo della classe era una grande soddisfazione: in base ai progressi o peggioramenti che eventualmente poi gli studenti facevano, il docente poteva anche mutare la classifica, quindi arrivare primi era anche uno stimolo a continuare su quella strada per mantenere il proprio posto o salire nella classifica. Periodicamente gli studenti si esibivano in prove di declamazione di fronte a un pubblico, che era composto maggiormente dai genitori (soprattutto i padri e soprattutto in età imperiale; i padri erano fissati con la carriera declamatoria dei figli perché essa presupponeva una carriera politica). Spesso in queste esibizioni erano presenti anche i conoscenti e gli amici dei genitori dei ragazzi. Quintiliano stesso ci dà testimonianze a riguardo. Anche Quintiliano è stato padre, e aveva molte aspettative nei confornti dei suoi figli, anche se si rende conto che queste pretese erano eccessive. Saper declamare secondo Quintiliano è un’attività utile dal punto di vista didattico ma deve essere fatta nel momento giusto, quando cioè gli studenti sono adeguatamente preparati e hanno prodotto un lavoro particolarmente curato. Sappiamo che a volte i docenti prima dell’esibizione degli studenti correggevano le declamazioni dei propri studenti per farli fare una buona figura davanti ai genitori; Quintiliano invece dice che questi testi devono essere frutto della fatica degli studenti perché questo è da stimolo a continuare a migliorarsi. Nel passo Quintiliano sta forse alludendo alla sua attività di declamatore da adulto, parallela alla sua attività di avvocato. Da alcuni studiosi, il passo sarebbe l’unica testimonianza della sua attività di declamatore da adulto. In realta secondo altri studiosi un’altra testimonianza sarebbe contenuta nel libro settimo dell’Institutio: l’espressione però è ambigua e ciò che ci fa optare per un riferimento alle declamazioni è controversiae, che indica generalmente un discorso cioè una declamazione, non una causa reale. Un’altra testimonianza indiretta dell’attività di declamatore è il fatto che a Quintiliano si fanno risalire le declamazioni minori e maggiori (anche se la sua attribuzione è molto dubbia però ciò che importa è che gli antichi lo ritenevano un declamatore al punto che gli attribuivano queste declamazioni seppur erroneamente). QUINT. Inst. 11, 2, 40 Si quis tamen unam maximamque a me artem memoriae quaerat, exercitatio est et labor. Multa ediscere, multa cogitare, et si fieri potest cotidie, potentissimum est: nihil aeque vel augetur cura vel neglegentia intercidit. Traduzione: Se qualcuno però mi chiedesse l’unica e massima arte della memoria (se qualcuno mi chiedesse qual è l’unica più efficace tecnica della memoria), risponderei è l’esercizio e l’applicazione (il lavoro con la fatica). Il metodo più efficace è quello di imparare a memoria, riflettere molto, e, se possibile, tutti i giorni: niente in egual misura o viene incrementato dall’applicazione o lo fa a pezzi (viene fatto a pezzi) la trascuratezza. Si quis: pronome della pura possibilità. Introduce una prop. ipotetica mista, che ha apodosi (est) di primo tipo e protasi (quaerat) di secondo tipo. — tamen quaerat: congiuntivo presente di quaero, quaeris, quaesii, quaesitum, quaerĕre «chiedere per sapere»; (peto «chiedere per ottenere qualcosa di materiale»). — a me: dativo singolare. — unam et maximam artem: accusativi singolare femm. — memoriae: genitivo singolare. — est: indicativo presente; il verbo è singolare, i soggetti (exercitatio, labor) plurali. — exercitatio et labor: nominativi singolari; sono un’endiadi, per cui sono visti com unicum. — potentissimum est: superlativo di potens. — multa: avv. “molto”. — ediscere: infinito presente di ēdisco, ēdiscis, edidici, ēdiscĕre. — cogitare: infinito presente di cōgĭto, cōgĭtas, cogitatum, cōgĭtāre. — si fieri potest: incidentale. Fieri è l’infinito presente dell’anomalo fĭo, fis, factus sum, fieri. — cotidie: avv. “quotidianamente”. — nihil aeque: avv. “in egual misura”. — vel augetur cura: ind. presente passivo di augĕo, auges, auxi, auctum, augēre. Cura è nominativo. singolare. — vel neglegentia intercidit: intercìdit (composto caedo), indicativo perfetto di intercīdo, intercīdis, intercidi, intercisum, intercīdĕre. Neglegentia è nominativo singolare. Quintiliano dice qual è in concreto il mezzo migliore per coltivare la facoltà della memoria e aiutarci nella memorizzazione. La tecnica migliore cioè è l’esercitazione. Quindi in questo caso Quintiliano sta rispondendo sia a quelli che ritenevano che la 37 Mirum dictu est: supino in diatesi passivo. Dictu è ablativo di limitazione: delimita il campo di azione dell’aggettivo stesso. Mirum è nominativo singolare di mirum, miri. — nec ratio: nominativo singolare. — (est) in promptu: ablativo singolare di stato in luogo figurato; promtus, promptus. «è a portata». — quantum: nominativo singolare neutrom, quantum, quanti. — firmitatis: genitivo singolare del participio perfetto di firmo, firmas, avi, atum, firmare. — nox interposita: nominativi singolari femminili. Interposita è participio perfetto interpōno, interpōnis, interposui, interpositum, interpōnĕre. — adferat: congiuntivo presente di adfero. «Quanto di fermezza una notte interposta arrechi». — sive… sive: congiunzione disgiuntiva. — ille labor: nominativi singolari. — requiescit: indicativo presente dell’intransitivo rĕquĭesco, rĕquĭescis, requievi, requietum, rĕquĭescĕre. Letteralmente: «sia che quella fatica (del ricordo) giaccia». — cuius: genitivo singolare del pron. relativo. — fatigatio ipsa: nominativi singolari «della cui fatica stessa». — sibi: dativo singolare. — obstabat: indicativo imperfetto di obsto, obstare. — sive recordatio: nominativo singolare femminile. — quae: nominativo femminile. — est pars: PN.— firmissima: superlativo di firmus, a, um. — eius: genitivo di paragone. — maturatur: indicativo presente passivo mātūro, mātūras, maturavi, maturatum, mātūrāre. — atque concoquitur: indicativo presente passivo concŏquo, concŏquis, concoxi, concoctum, concŏquĕre. — quae: nominativo plurale neutro. — non poterant: indicativo imperfetto, possum. — referri: infinito passivo di rĕfĕro, rĕfĕrs, retuli, relatum, rĕfĕrre. — statim: avv. «subito». — postera die: nominativi singolari femminili; poster, postera, posterum I classe. — contexuntur: indicativo presente passivo da contexo, contexis, contexui, contextum, contexĕre. — et illud idem tempus: nominativi singolari neutri. Tempus significa «intervallo di tempo: dal tempo A al tempo B». — quod solet esse in causa: sub. relativa. Esse in causa + genitivo: «essere nella ragione di» vs «essere causa di». Solet è personale. — oblivionis: genitivo singolare di oblivio, oblivionis. — confirmat: indicativo presente. — memoriam: accusativo singolare femminile. Quae è una correzione di Spalding. Quintiliano comincia delle osservazioni sugli aspetti più incredibili della memoria. Il primo ad essere affrontato riguarda il fatto che la memoria si rafforza con il trascorrere della notte: quando andiamo a dormire, infatti, quello che abbiamo memorizzato il giorno prima si fissa meglio nella memoria durante la notte. Una delle cause per cui la notte aiuta la memorizzazione è che ci riposiamo e questo fa scomparire la fatica che, invece, durante il giorno ci impediva di ricordare bene; siamo cioè con la mente più riposata. Inoltre è una questione di tempo: più il tempo passa, più il ricordo può sedimentarsi in modo più efficace, venendo appunto digerito dalla mente. Il linguaggio metaforico ripreso dalla sfera della digestione e dalla cucina lo utilizza anche Seneca in una Epistola a Lucilio, in cui raccomanda al suo interlocutore di leggere più autori possibili e assimilare, dalle diverse letture, più spunti possibili da fare propri e poterli usare per proprio conto. Se Quintiliano parla di digestione per far arrivare i contenuti alla memoria, Seneca, invece, parla di digestione per far arrivare i contenuti nello spirito (ingenuium). Anche la memoria di Q. deve essere interiorizzata, e non deve essere solo esteriore. Il trascorrere del tempo è per Quintiliano un motivo di dimenticanza ma nel caso specifico del trascorrere della notte, è proprio questo intervallo di tempo che facilita la memorizzazione e aiuta cioè la memoria. L’assimilazione delle letture SEN. epist. 84, 5-7: ‘Anche noi dobbiamo imitare le api, e distinguere tutto quello che abbiamo raccolto da letture diverse (infatti le cose divise si conservano meglio), poi servendoci delle capacità e dell’impegno della nostra mente dobbiamo fondere in un unico sapore quei vari assaggi, e anche se sarà riconoscibile la fonte da cui abbiamo attinto, tuttavia i nostri scritti siano diversi dalla fonte da cui abbiamo attinto. Vediamo che la natura opera nel nostro corpo senza alcun nostro intervento il medesimo procedimento (il cibo che abbiamo ingerito, finché continua a mantenere le sue caratteristiche e galleggia solido nello stomaco, è un peso; ma quando da quello che era si trasforma, allora diventa forza e sangue), facciamo lo stesso con quelle cose che alimentano il nostro spirito, non lasciamo che rimanga intatto quello che abbiamo ingerito, affinché non sia estraneo. Digeriamolo (concoquamus illa); altrimenti andrà nella memoria, non nello spirito (alioqui in memoriam ibunt, non in ingenium). QUINT. Inst. 11, 2, 44 Etiam illa praevelox fere cito effluit, et, velut praesenti officio functa nihil in posterum debeat, tamquam dimissa discedit. Nec est mirum magis haerere animo quae divitius adfixa sint. Ex hac ingeniorum diversitate nata dubitatio est, ad verbum sit ediscendum dicturis, an vim modo rerum atque ordinem complecti satis sit: de quo sine dubio non potest in universum pronuntiari. Traduzione: Anche quella (la memoria) molto veloce generalmente scompare radicamente, e, come se avendo adempiuto alla sua funzione momentanea non dovesse nulla per il futuro, se ne va, come se fosse stata congedata. E non è strano che aderiscano di più nella mente le cose che sono state fissate per più tempo (con maggiore difficoltà). Da questa varietà di attitudini e di ingegni è nato il dubbio se coloro che devono pronunciare un discorso debbano impararlo a memoria, parola per parola, o se sia sufficiente ritenere solo i concetti essenziali e il loro ordine: in proposito, senza dubbio, non ci si può pronunciare in termini assoluti. Costruzione del primo periodo: Etiam illa praevelox fere effluit cito: prop. principale et discedit: coordinata alla principale 40 velut praesenti….in posterum debeat: prop. comparativa ipotetica tamquam dimissa: prop. comparativa ipotetica implicita Etiam: cong. «anche». — illa: nominativo singolare. — praevelox: prefisso intensivo, agg. II classe praevelox, praevelocis. — fere: avv. «generalmente». — effluit: indicativo presente di efflŭo, efflŭis, effluxi, efflŭĕre. — cito: avv. «rapidamente». — et discedit: indicativo presente di discēdo, discēdis, discessi, discessum, discēdĕre. — tamquam dimissa: comparativa ipotetica implicita. Dimissa è il participio perfetto di dīmitto, dīmittis, dimisi, dimissum, dīmittĕre. — velut: introduce la comparativa ipotetica, il cui verbo è debeat. — functa: participio perfetto del deponente fungor, fungĕris, functus sum, fungi. — officio: dat. singolare neutro. — praesenti: praesens, praesentis, dativo singolare attributivo di praesum, praees, praefui, praeesse. — debeat: congiuntivo presente di dēbĕo, dēbes, debui, debitum, dēbēre. — nihil: nihil, nullius rei, accusativo singolare. — in posterum: posterum, i, accusativo singolare. — nec est mirum: mirus, a, um, nominativo singolare neutro. — haerere: infinito presente di haerĕo, haeres, haesi, haesum, haerēre. È una completiva. — magis: avv. «di più». — animo: ablativo stato in luogo figurato. — quae: nominativo singolare, introduce la relativa il cui verbo è adfixa sint. — adfixa sint: congiuntivo perfetto di adfigor, passivo di adfīgo, adfīgis, adfixi, adfixum, adfīgĕre. — divitius: avv. comparativo. — ex hac diversitate: abl. di moto da luogo. — ingeniorum: genitivo plurale. — nata est: indicativo perfetto passivo del deponente nascor, nasceris, natus sum, nasci. — dubitatio: nominativo singolare. — sit ediscendum: interrogativa indiretta; costrutto della perifrastica passiva impersonale. — dicturis: dativo d’agente del part. futuro di dico, con valore sostantivato. «È nato il dubbio se, da parte di coloro che parleranno, si debba imparare parola per parola». — ad verbum: ad + accusativo, moto a luogo. — an: cong. disgiuntiva. An satis sit complecti modo rerum atque ordinem. — an satis: da satis, «sufficiente», agg. II classe. — sit: congiuntivo presente di sum. — complecti: infinito presente del dep. complector, complectĕris, complexus sum, complecti. — modo rerum: genitivo plurale di res, rei. — atque ordinem: accusativo singolare. — de quo: abl. di argomento. — sine dubio: sine + dubium, i, abl. singolare «senza dubbio». — non potest pronuntiari: infinito passivo di pronuntio, as, avi, atum, are. — in universum: «con una risposta valida in tutti i casi». Quelli che sembrano ricordarsi tutto subito, poi quelli le cose a lungo andare se le dimenticheranno. Quindi, la memoria, che sembra veloce nell’assimilare, sembra sforzarsi all’inizio, ma poi, una volta che ha memorizzato le cose più vicine non si sforza più e a lungo termine lascia andare le informazioni. Quintiliano nella seconda parte del paragrafo poi pone una questione: il discorso, una volta composto, deve essere imparato a memoria, parola per parola, o è sufficiente memorizzare i concetti e il loro ordine, senza cioè assimilare ad verbum? Quintiliano contempla, in alcuni casi, la possibilità di memorizzare un concetto parola per parola, in altri, invece, quella di memorizzare in generale il concetto. Quintiliano ha qualche riserva nei confronti di chi si mostra da subito disponibile alla memorizzazione. Una riflessione la fa nel primo libro, in cui parla di un caso particolare, in cui i bambini sembrano precoci rispetto ai loro coetanei, ma che poi si dimostrano un bluff: sembrano migliori e talentuosi, tuttavia proprio il fatto di avere delle buone capacità di partenza imprigrisce loro e non li fa applicare per migliorarsi ulteriormente. Un po’ di scetticismo… Inst. 1, 1, 3-5: ‘L’allievo cui penso io apprenderà senza problemi quel che gli viene insegnato; farà anche delle domande, ma in ogni caso più che precorrere i tempi, seguirà passo passo il maestro. Il tipo di intelligenza, per così dire, precoce non arriva mai a frutto senza incontrare problemi. Son quelli cui riescono facilmente le prime prove e che spinti dall’audacia mettono subito in mostra tutte le loro capacità; tuttavia esse si fermano lì, nelle immediate vicinanze; dicono le parole tutte di seguito e con faccia imperturbabile; le proferiscono senza che la vergogna provochi loro degli indugi. Non rendono molto, ma subito. Sotto non c’è reale valore, né poggia su radici profonde; sono come i semi sparsi sulla superficie del terreno, che crescono più velocemente degli altri, sicché poi in anticipo sul raccolto biondeggiano piantine che imitano la vera spiga ma recano una resta senza frutto. In rapporto all’età, quel loro essere così precoci suscita ammirazione; poi, i progressi si arrestano e l’ammirazione cala’. QUINT. Inst., 11, 2, 45 Nam si memoria suffragatur, tempus non defuit, nulla me velim syllaba effugiat (alioqui etiam scribere sit supervacuum); idque praecipue a pueris optinendum atque in hanc consuetudinem memoria excercitatione redigenda, ne nobis discamus ignoscere. Ideoque et admoneri et ad libellum respicere vitiosum, quod libertatem neglegentiae facit; nec quisquam se parum tenere iudicat quod ne sibi excidat non timet. Traduzione: Infatti se la memoria ci sostiene, se il tempo non è mancato, non vorrei che sfuggisse alcuna sillaba [del testo che è stato composto] (altrimenti, anche scrivere sarebbe inutile); ciò [la capacità di memorizzare il testo parola per parola] deve essere conseguita soprattutto sin da quando si è bambini, e la memoria deve essere portata a questa abitudine con esercizio, affinchè non impariamo a essere indulgenti con noi stessi [a perdonarci]. Perciò è sbagliato, sia farci suggerire, sia guardare sul quaderno degli appunti, poichè dà spazio alla negligenza [poichè produce libertà alla negligenza]; e nessuno ritiene di ricordare poco ciò che non teme che gli sfugga. Nam si memoria suffragatur: indicativo presente del deponente suffrāgor, suffrāgāris, suffragatus sum, suffrāgāri. — (si) tempus non defuit: indicativo perfetto di desum, dees, defui, deesse. De-fuit: de privativo. — velim: congiuntivo presente di volo. Introduce la completiva volitiva con verbo al congiuntivo presente. — effugiat: congiuntivo presente di effŭgĭo, effŭgis, effugi, effŭgĕre. — nulla syllaba: nominativo singolare femminile. — (alioqui etiam scribere sit supervacuum): proposiz. 41 parentetica. Alioqui è avv. disgiuntivo «altrimenti». Etiam scribere: infinito presente di scribo. Sit: congiuntivo potenziale. Supervacuum: agg. I classe, nominativo singolare. — id (que): nominativo singolare neutro da is, ea, id. — optinendum: nominativo singolare neutro del gerundivo che indica il dovere, la necessità (verbo sum sottinteso: perifrastica passiva); da optĭnĕo, optĭnes, optinui, optentum, optĭnēre — praecipue: avv. «soprattutto». — a pueris: abl. plurale, puer, pueri. — atque memoria: nominativo singolare femminile. — redigenda: gerundivo di rĕdĭgo, rĕdĭgis, redegi, redactum, rĕdĭgĕre. — in hanc consuetudinem: moto a luogo. — excercitatione: ablativo di modo. — ne discamus: finale negativa, congiuntivo presente di disco, discis, didici, discĕre. — ignoscere: infinito presente di ignosco, ignoscis, ignovi, ignotum, ignoscĕre. — ideo (que): avv. «perciò». — et… et: nesso correlativo. — vitiosum (est): PN.— admoneri: infinito presente passivo di admŏnĕo, admŏnes, admonui, admonitum, admŏnēre. «suggerire». — respicere: infinito presente respĭcĭo, respĭcis, respexi, respectum, respĭcĕre. — ad libellum: acc. sing neutro. — quod facit liberatem: sub. causale, quod + indicativo. — neglegentiae: dativo singolare femminile. — nec quisquam: pronome indefinito, nominativo singolare. — iudicat tenere: indicativo presente, iudico + infinito presente di teneo. — parum: avv. «poco». — quod non timet: prop. relativa. — sibi: dativo singolare. — excidat: indicativo presente di excido. Dal par. 45 Quintiliano contempla la memorizzazione del testo parola per parola. La prima ragione per cui consiglia di imparare un testo parola per parola è che se non impariamo parola per parola, non ha nemmeno senso che il testo sia composto prima. Solo perché è più difficile imparare un testo parola per parola non vuol dire che non dobbiamo provarci, altrimenti cominciamo a non prendere sul serio ciò che facciamo e ci sforziamo meno nel nostro mestiere. È importante che ci sia tempo a sufficienza per imparare l’intero testo. Non è infatti rilevante imparare ad verbum secondo Quintiliano quando non abbiamo tempo. In questo caso anche la composizione di un discorso da tenere a mente è sconsigliata. L’oratore, infatti, deve essere in grado di improvvisare, quando necessario. Un altro caso in cui imparare a memoria non è rilevante è il dibattito (alteractio): dopo cioè la parte del processo (l’actio), caratterizzata dall’orazione completa (oratio continua) c’era una parte in cui l’avvocato dell’accusa e l’avvocato della difesa avevano un dibattito. Secondo Quintiliano, nel caso del dibattito non ha senso l’applicazione della memoria, poichè è un momento in cui bisogna improvvisare in base a ciò che ci dice l’avversario. Quando non è rilevante imparare ad uerbum Inst. 12, 9, 16: [L’oratore] esporrà a voce quante più cose la causa permetterà, dopo averle scritte, e, come dice Demostene, anche scolpite, se se ne darà il caso. Ma ciò sarà permesso o dai giudizi primari o dai giudizi che si tengono, nelle cause pubbliche, dopo alcuni giorni di intervallo: ma, allorché è necessario replicare sùbito, non tutto potendo essere già preparato, ne consegue che a chi è un po’ meno pronto nuoccia persino l’avere scritto, se si presenteranno delle situazioni diverse da quelle previste. Nel paragrafo Quintiliano sta facendo riferimento ai causidici: durante i processi si mettevano dietro l’oratore e gli davano dei suggerimenti in tempo reale durante il processo e l’altercatio. Quintiliano è contrario a questa pratica. Nel capitolo III del libro XII, infatti, fa una tirata contro questi suggeritori e contro coloro che se ne servono. Non sopporta, infatti, che l’autore non sia autonomo. L’oratore può ricorrere a un avvocato che lo aiuti nelle questioni legali, sia in fase di composizione del discorso, sia durante il processo stesso. Inoltre, secondo Quintiliano quando si chiede un consulto durante la composizione del discorso è tollerabile, ma inaccettabile durante il processo perché possono indurre in errore. Quintiliano, inoltre, aveva suggerito l’utilità degli appunti per gli oratori che dovevano pronunciare molti discorsi, purchè fossero appunti utili a ricordare il testo parola per paorla, cioè la trascrizione. Ciò che Quintiliano non tollera affatto sono gli appunti, che schematizzano o riassumono il discorso, perché, da un lato impigriscono la memoria, dall’altro ci confondono. QUINT. Inst., 11, 2, 46 Inde interruptus actionis impetus et resistens ac salebrosa oratio; et qui dicit ediscenti similis etiam omnem bene scriptorum gratiam perdit, vel hoc ipso quod scripsisse se confitetur. Memoria autem facit etiam prompti ingeni famam, ut illa quae dicimus non domo attulisse, sed ibi protinus sumpsisse videamur, quod et oratori et ipsi causae prulimum confert. Traduzione: Di qui la foga del discorso risulta interrotta e l’orazione è stentata e diseguale; chi parla è simile a colui che impara a memoria, rovina anche ogni eleganza delle cose scritte bene, è proprio per questo stesso fatto che rivela di averlo scritto. La memoria d’altra parte dà anche fama di ingegno brillante, come se sembrassimo non aver portato da casa quelle cose che diciamo, ma le avessimo composte lì per lì sul momento, cosa che giova moltissimo sia all’oratore, sia alla causa in sè. Inde: avv. «da qui». — impetus: nominativo singolare IV decl. — actionis: genitivo singolare. — interruptus: agg. interruptus, a, um, participio perfetto di interrumpo, interrumpis, interrupi, interruptum, interrumpĕre. — et oratio: nominativo singolare. — resistens: nominativo singolare del participio presente di rĕsisto, rĕsistis, restiti, rĕsistĕre. — ac salebrosa: agg. I classe, deriva da salebra, indica l’asprezza, l’irregolarità del suolo. Ha valore metaforico, perché indica qui l’irregolarità del tono del discorso. — et qui dicit: prop. relativa. — (est) similis: agg. nominativo singolare, similis, e. — ediscenti: agg. participio presente, dativo singolare di ēdisco, ēdiscis, edidici, ēdiscĕre. — etiam perdit: indicativo presente di perdo. — omnem gratiam: accusativi singolari femminili.— scriptorum: genitivo pl. neutro scriptum, i «le cose scritte». — bene: avv. «opportunamente». — vel hoc ipso: ablativi di causa. — quod confitetur: indicativo presente del dep. confĭtĕor, confĭtēris, confessus sum, confĭtēri. sub. completiva dichiarativa (quod + indicativo). — scripsisse: infinito perfetto di scrībo, scrībis, scripsi, scriptum, scrībĕre. — 42 Nam quisque: pronome indefinito distributivo, il verbo è al singolare (perdit e reponit = coord. alla principale) ma lo rendiamo al plurale. — invitus: «malvolentieri», agg. I classe. — perdit: indicativo presente di perdo; solitamente significa «mandare in rovina qualcosa», in questo caso «mandare in rovina il ricordo», e quindi: «dimenticare»— verbum: accusativo singolare. — id quod: introduce sub. relativa. — elegerat: indicativo piuccheperfetto di ēlego, ēlegis, elegi, electum, ēlegĕre. — nec facile: avv. — reponit: composto di re+pono, il prefisso indica lo scambio. Cord. principale.— aliud: accusativo singolare neutro di alius, alia, aliud. — dum: è di secondo tipo, indicante una corrispondenza cronologica netta tra reggente e subordinata «per tutto il tempo che». — quaerit: indicativo presente. — id quod scripserat: prop. relativa. Scripserat è l’indicativo piuccheperfetto di scribo. — sed ne hoc est remedium: hoc e remedium sono nominativi neutri. — memoriae infirmae: dativi singolari femminili. — nisi iis: abl. pl. — qui: pronome relativo, nominativo plurale. — paraverunt sibi: indicativo perfetto di păro, păras, paravi, paratum, părāre. —aliquam facultatem: accusativi singolari femminili. — dicendi: genitivo del gerundio di dico. — quod si cui defuierit utrumque: protasi del periodo ipotetico di I tipo. Defuierit è futuro anteriore di desum. — suadebo: indicativo presente suādĕo, suādes, suasi, suasum, suādēre. Regge infiniti omittere e convertere. — omittere: infinito presente di omitto. — omnino: avv. «del tutto». — totum laborem: accusativo singolare. — actionum: genitivo plurale. — ac potius: valore correttivo «e piuttosto». — si valet: indicativo presente di valeo. — in litteris: ablativo plurale femminile, littera, litterae. — (suadebo) convertere: infinito presente di converto. — ad scribendum: accusativo del gerundio di scribo. Se un oratore si ostina a voler ricordare qualcosa, che non riesce a richiamare alla mente peggiora le cose, perché si ostina e l’ostinazione distrae ulteriormente la memoria, che non funziona. Se qualche parola sfugge, dobbiamo saperla rimpiazzare con un’altra. Dunque se l’oratore non sa improvvisare, nè imparare a memoria, gli conviene abbandonare l’attività di oratore. Per Quintiliano è importante non attaccarsi troppo al testo di riferimento perché è possibile che in corso d’opera ci vengano in mente delle idee e dei pensieri più illuminanti di quelli che avevamo pensato. QUINT. Inst., 2, 50-51 [50] Ceterum quantum natura studioque valeat memoria, vel Themistocles testis, quem unum intra annum optime locutum esse Persice constat, vel Mithridates, cui duas et viginti linguas, quot nationibus imperabat, traditur notas fuisse, vel Crassus ille Dives, qui, cum Asiae praesset, quinque Graeci sermonis differentias sic tenuit ut, qua quisque apud eum lingua postulasset, eadem ius sibi redditum (esse) ferret, vel Cyrus, quem omnium militum tenuisse creditum est nomina. Costruzione: Ceterum quantum valeat memoria natura et studio vel Themistocles testis: prop. principale quem constat: prop. relativa …. (quem) locutum esse optime Persice intra unum annum: prop. infinitiva Vel Mithridates (testis) cui traditur: prop. relativa …. duas et viginti linguas notas fuisse: prop. infinitiva …. quot nationibus imperabat: incidentale Vel Crassus (testis) qui tenuit quinque differentias Graeci sermonis: prop. relativa … cum Asiae praesset: cum narrativo, valore temporale ….sic ut quisque ferret: prop. consecutiva …. ius sibi redditum (esse): prop. infinitiva …. qua eadem eum lingua postulasset: prop. relativa Vel Cyrus (estis) quem creditum est: prop. relativa … tenuisse nominam omnium militum: prop. infinitiva Traduzione: Del resto quanto sia forte la memoria grazie al talento naturale e all’esercizio, ne è testimone Temistocle [lo testimonia Temistocle] il quale risulta che abbia parlato in persiano in modo eccellente nel giro di un solo anno, oppure ne è testimone Mitridàte, al quale si tramanda fossero state note ventidue lingue, quante erano le popolazioni su cui governava, o lo testimonia Crasso, il quale, quando governava sull Asia, conosceva a memoria cinque dialetti [varianti] della lingua greca, così che ciascuno riportava che gli era stata resa giustizia nella stessa lingua con lui presso Crasso aveva fatto richiesta, o ancora ne è testimone Ciro, il quale si è creduto che abbia saputo a memoria i nomi di tutti i soldati. Ceterum: ceterum, ceteri «del resto». — quantum: nominativo singolare neutro. — valeat: congiuntivo presente di valeo. — memoria: nominativo singolare femminile. — studio et natura: ablativi singolari. — vel… testis: testis nominativo alla greca. — quem constat: accusativo singolare maschile, introduce la relativa, il cui verbo è constat, da consto. Quem è il soggetto della infinitiva oggettiva quem locutum esse optime Persice intra unum annum. — locutum esse: infinito perfetto passivo del depon. lŏquor, lŏquĕris, locutus sum, lŏqui. — intra unum annum: intra + accusativi. — cui: dativo singolare, riferito a Mitriade. — traditur: indicativo presente passivo trado, tradis, tradidi, traditum, tràdere. — duas et viginti linguas notas fuisse: infinitiva soggettiva. Fuisse è l’infinito perfetto. Notas è il participio perfetto di noscor, da nosco, noscis, novi, notum, nòscere. — quot: 45 indeclinabile. — imperabat: indicativo imperfetto. — nationibus: ablativo plurale. — ille: dimostrativo con il valore di articolo determinativo; si usa con i soprannomi. — dives: nominativo singolare. — qui: introduce la prop. relativa, il cui verbo è tenuit. — tenuit: indicativo perfetto di teneo, tenes, tenui, tenum, tenere. — quinque differentias: accusativi pl. — sermonis Graeci: genitivi. — sic ut quisque ferret: sic anticipa la consecutiva ut quisque ferret, il cui verbo è un congiuntivo imperfetto e il cui soggetto è quisque. La consecutiva regge a sua volta l’infinitiva ius sibi redditum (esse) eadem eum lingua. — ius: neutro accusativo, soggetto della infinitiva.— sibi: dativo singolare. — redditum esse: infinito perfetto passivo reddo, reddis, reddidi, redditum, reddĕre. — qua eadem lingua postulasset: ablativi singolari f., prop. relativa. Postulasset è il cong. ppiucheperfetto di postulo. — quem creditum est: accusativo del relativo, va in accusativo perché introduce la prop. infinitiva. — tenuisse: verbo dell’infinitiva, da tenuo. — nominam: accusativo singolare. — omnium militum: genitivi singolari. [51] Quin semel auditos quamlibet multos versus protinus dicitur reddidisse Theodectes. Dicebantur etiam nunc esse qui facerent, sed mihi numquam ut ipse interessem contigit: habenda tamen fides est vel in hoc, ut qui crediderit et speret. Traduzione: Anzi si dice che Teodette abbia ripetuto subito dei versi, per quanto numerosi fossero, ascoltati una volta soltanto. Si diceva che anche oggi ci fossero in grado di farlo [di ripetere subito dei versi sentiti una volta sola], tuttavia a me non è mai capitato di essere presente di persona: tuttavia bisogna avere fiducia proprio per questo, affinchè, colui che ci avrà creduto, speri anche di arrivare a un simile risultato Quin: avv. «in verità», valore correttivo. — Theodectes dicitur reddidisse: passivo di dico, costruzione personale + infinito reddidisse. «Tedeotte è detto aver ripetuto subito». Teodette è un nominativo alla greca. In italiano lo rendiamo impersonale. Reddidisse è l’infinito perfetto di reddo, reddis, reddidi, redditum, reddĕre — protinus: avv. «subito». — quamlibet: avv. «a piacere, a volontà». — multos versos: accusativi pl. maschili. — auditos: accusativo plurale del participio perfetto di audior, da audio. — semel: avv. «una volta sola». — dicebantur etiam nunc esse: prop. principale, il cui verbo dicebantur ha una costruzione personale. — qui facerent: soggetto della principale, espresso con la relativa. Facerent è il congiuntivo imperfetto. — sed mihi numquam contigit: coordinata avversativa alla principale. Contigit è l’indicativo perfetto di contingo, contingis, contigi, contactum, contìngere. È un verbo di accadimento, regge la sostantiva ut ipse interessem. — ut ipse interessem: è il congiuntivo imperfetto di intersum. — tamen habenda est: perifrastica passiva tipo personale. — fides: nominativo singolare. — vel in hoc: ablativo singolare. — ut qui crediderit et speret: sub. finale. In + ablativo costituisce l’elemento prolettico della finale. Quintiliano conclude offrendo esempi di alcuni personaggi illustri, che hanno saputo coniugare la predisposizione naturale ad un’applicazione della tecnica della memoria, ottenendo dei risultati incredibili. L’obiettivo è quello di incoraggiare lo studente di retorica a studiare, applicarsi e addestrare la memoria. Temistocle è un importante politico e stratega ateniese, attivo durante le guerre persiane (V sec.), personaggio ambiguo che è stato esiliato da Atene e che si rifugia presso i persiani che nelle guerre aveva sconfitto. Riesce grazie alla sua memoria particolarmente valida, sia per il talento naturale, sia per l’esercizio costante, a imparare il persiano nel giro di un solo anno. Secondo Cornelio Nepote, inoltre, lo parla anche meglio dei nativi persiani. I verbi utilizzati sono impersonali perché sono tutti aneddoti: Quintiliano non sta dando per assodato che siano tutte circostanze reali, l’importante è che fungano da stimolo. Crasso è detto dives perché pare che fosse ricco, aveva una memoria prodigiosa e, una volta giunto in Asia per combattere con Aristomìco, per conquistare la fiducia dei cittadini che si rivolgevano a lui, imparò i dialetti greci, per comunicare con ciascuno in dialetto greco. Teodette, filosofo del IV sec. a.C. e oratore, poeta e scrittore era in grado di ripetere a memoria un gran numero di versi, dopo averli sentiti anche una sola volta. 46
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