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R.K. Merton - La Teoria di Medio Raggio, Appunti di Teoria Sociale

breve sintesi della teroia di medio raggio e del funzionalismo critico nel pensiero di K.RMerton

Tipologia: Appunti

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Scarica R.K. Merton - La Teoria di Medio Raggio e più Appunti in PDF di Teoria Sociale solo su Docsity! La teoria di medio raggio Mentre Parsons si dedica alla costruzione di una “grande teoria” come quadro interpretativo di carattere generale fondato sull’analisi funzionale: il funzionalismo; Robert Merton, altro esponente di spicco dello stesso orientamento, assume tuttavia indirizzi diversi dal suo, cercando di chiarire e rimettere a punto alcuni aspetti fondamentali della teoria funzionalista. Uno degli aspetti più importanti su cui Merton diverge dal funzionalismo parsoniano è stata la decisione di abbandonare la ricerca di una teoria onnicomprensiva sulla società. L’autore indica la necessità, per la sociologia, di costruire delle “teorie a medio raggio” che si discostino sia dalle grandi generalizzazioni non verificabili in termini empirici, sia dall’empirismo che si limita a raccogliere dati senza peraltro inquadrarli in una teoria. Tali teorie occupano una posizione intermedia tra le teorie generali dei sistemi sociali (troppo lontane poter fornire una spiegazione di quanto viene osservato) e quelle dettagliate descrizioni che non vengono generalizzate. Le teorie di medio raggio ( in contrasto con la “grande teoria” onnicomprensiva a cui ambiva Parsons) non hanno dunque come obiettivo quello di abbracciare la società nel suo complesso, ma non sono neppure semplici sequenze di ipotesi empiriche scollegate tra loro. Il sociologo americano, citando l’approccio onnicomprensivo di Parsons, propone nel suo volume Teoria e struttura sociale la formulazione di teorie <<specifiche applicabili a serie limitate di dati: teorie, ad esempio, sul comportamento deviante, o sul flusso di potere da una generazione all’altra, o sulle maniere invisibili di esercitare un’influenza personale>>. Tali teorie trattano di aspetti circoscritti di fenomeni sociali e fanno riferimento alla cumulazione dei risultati delle ricerche empiriche. La ricerca empirica va organizzata in modo che, se vengono scoperte, e quando vengono scoperte, uniformità empiriche, esse abbiano conseguenze dirette sul sistema teorico. In sintesi, le teorie di medio raggio, secondo le intenzioni dell'autore, dovrebbero essere l'anello di congiunzione tra quella messe di dati senza una struttura teorica e la generalizzazione teorica omnicomprensiva senza supporto empirico. Merton era convinto che nello studio della società ricerca empirica e riflessione teorica debbano procedere di pari passo ed essere integrate. Due esempi classici di teorie di medio raggio, citate dallo stesso Merton, sono Il suicidio di Durkheim e L’etica protestante e lo spirito del capitalismo di Weber. Merton è interessato al risvolto empirico della prospettiva funzionalista piuttosto che ad offrire proposizioni generali sulla struttura sociale e sul suo equilibrio. Attraverso la teoria di medio raggio l’autore mostra come l’orientamento generale di stampo funzionalista possa dare risultati interessanti nell’analisi empirica. La collaborazione che ha avuto con Paul K. Lazarsefedl in alcune ricerche sul sistema delle comunicazioni di massa procede proprio in questa direzione. Gli autori cercano di analizzare e rintracciare attraverso i dati raccolti quali siano le funzioni o le disfunzioni esercitate dai media verso l’individuo e verso l’intero sistema sociale. Funzionalismo critico Con la sua posizione, Merton integra e supera alcune istanze della teoria funzionalista. La sua può essere considerata una critica “dall’interno” in quanto egli non ne rifiuta la chiave interpretativa ma i postulati (le affermazioni che si pongono al di là della verifica empirica). Anch’egli, come Parsons, considera la società come un sistema sociale costituito da sottosistemi interconnessi e funzionali al mantenimento del sistema stesso. Secondo l’autore però il sistema non è affatto statico ed il conflitto sociale non può essere ridotto al minimo. Critica ai tre postulati Merton rileva così il carattere approssimativo e arbitrario di alcune argomentazioni. Ricava quelli che definisce i tre postulati fondamentali del primo funzionalismo. Il postulato dell’unità funzionale: tutti gli elementi di una cultura e tutte le attività sociali sono funzionali all’intero sistema sociale o culturale; il postulato del funzionalismo universale: ogni aspetto di un sistema sociale o culturale svolge una funzione positiva nei confronti dell’integrazione sociale; il postulato dell’indispensabilità: ogni elemento esistente in una società o cultura è indispensabile per lo svolgimento di una specifica funzione così come vi sono specifiche funzioni indispensabili al sistema. Merton critica questi postulati affermando, in riferimento al primo che tutte le società non hanno quell’alto grado di integrazione, al punto che ogni attività e ogni convinzione è funzionale per la società, e allo stesso modo, funzionale per le persone che vivono in essa: <<gli usi e i sentimenti sociali possono essere funzionali per alcuni gruppi e non funzionali per altri della stessa società>> (Merton 1949; trad. it. 1959). Riferendosi al secondo postulato mette in dubbio che tutte le forme sociali o culturali abbiano funzioni positive e che tutto ciò che esiste abbia, per il solo fatto di esistere, una funzione positiva nei confronti dell’integrazione sociale; introducendo così il concetto di disfunzione. Per quanto riguarda il postulato dell’ indispensabilità, l’autore non ritiene che vi siano, in ogni società, elementi indispensabili per svolgere determinate funzioni poichè le stesse funzioni possono essere svolte da elementi diversi e non ritiene neppure che gli stessi elementi svolgono sempre le stesse funzioni: <<proprio come lo stesso elemento può avere molteplici funzioni così la stessa funzione può essere variamente adempiuta da diversi elementi>> (ivi). Può esistere un’ampia gamma di quelle che definisce alternative funzionali, o sostituti, capaci di svolgere lo stesso compito. Il concetto di alternativa funzionale respinge l’idea che le istituzioni esistenti siano necessarie e, di conseguenza buone.
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