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Raccontare il made in Italy, Sintesi del corso di Marketing

Riassunto per l'esame di Internet Marketing del corso di Comunicazione (UNIPD)

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

Caricato il 25/09/2020

Francescaderuvo
Francescaderuvo 🇮🇹

4.6

(14)

6 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Raccontare il made in Italy e più Sintesi del corso in PDF di Marketing solo su Docsity! RACCONTARE IL MADE IN ITALY – UN NUOVO LEGAME TRA CULTURA E MANIFATTURA Marco Bettiol INTRODUZIONE Non tutti i nodi sono uguali, non hanno la stessa importanza in termini di interconnessione. Più la rete è grande più è difficile che tutti abbiano la stessa visibilità. La struttura della rete rimane uguale (invarianza di scala). La rete ha una sua struttura. Il tempo non è irrilevante. L’architettura della rete è complessa, ma non caotica, verticale. Entrare dopo significa investire molte risorse economiche. Qualità di info (prosumer): si producono un grano numero di contenuti, ora che c’è distribuzione di contenuti. Contenuti interessanti perché prodotti da altri utenti (Insta) perché oggi è anche economicamente possibile (costa poco). Produciamo e manteniamo quasi gratis. Più produciamo più la rete si allarga, creano problemi di storage (capacità di spazio). Non si è veramente multitasking. Legge di Moore: ogni 18 mesi è possibile raddoppiare il n° di transistor contenuti in un chip di un computer a parità di costo  obsolescenza tecnologica. Sempre più economica -> si può sprecare. Il computing si sta distribuendo. Conseguenze: elevata rapidità di evoluzione delle tecnologie digitali; crescente produttività di internet e delle ICT; rapida obsolescenza tecnologica. Teoria dei rendimenti crescenti: Arthur: tecnologie immateriale (basate sulla conoscenza) sono caratterizzate da rendimenti crescenti e costi marginali decrescenti. Più lo uso più ha valore. Non ho costi di fruizione. L’utilità legata al valore dell’informazione e della conoscenza si moltiplica grazie all’effetto delle esternalità positive. All’aumentare del n° dei partecipanti alla rete si aumenta l’utilità di ciascun partecipante. In internet vale una legge che non vale nel mondo fisico. Ho rendimenti crescenti nel tempo, non ho costi di distribuzione o punti di ottimo (costo minimo). Non ci sono limiti. Legge di Metcalfe: l’utilità di una tecnologia di rete per un utente è equivalente al quadrato del n° di utenti che utilizzano la stessa tecnologia. Il problema è superare la massa critica iniziale. Crescita esponenziale, enormemente rapida. Meccanismo di attrazione -> l’utilità cresce più in fretta del numero degli utenti e quindi attira altri utenti. Conseguenze:  economia di scala dal lato della domanda (capacità di capire aspettative latenti): flessibilità tecnologia - aspettative dei consumatori  la presenza di lock-in (standard): switching cost elevati tecnologici e/o cognitivi – elementi di natura normativa. Internet “locale”: aumenta il livello di comunicazione locale, vicina (Facebook). Non fare innovazione, perché comporta costi elevati. C’è un ritorno per l’utente poiché è utile (utilità di interconnessione) anche se la tecnologia non è super avanzata. Garantisco posizioni 1 monopolistica. Non cambia perché vuol dire mettere in discussione sé stesso perché potremmo prendere in considerazione altro (Google). TRADE-OFF tra Rich and Richness Una scelta tra: molti utenti ma info semplici -> grande reach < info richness (costo per contatto basso) Pochi utenti, ma info abbondanti (es f2f) -> scarsa capacità di raggiungere gli utenti. Sono veicolato (costi per contatto alti). Superamento trade-off -> digitale Raggiungere n° elevato di utenti con info ampia e supera le comunicazioni mediate e si avvicina al f2f. Non ci sono vincoli economici e ci sono più potenzialità e disponibilità ampia. Il trade-off limitava le scelte. Tutto è misurabile. Accediamo alla rete tramite app  social media Google: quanti link in ingresso riceve. Indice sui siti più importanti. Viene dato un peso alle pagine web /= yahoo: director, ricerca testuale. Passa parola vale più di tutto il resto, della pubblicità ecc. Le info di rete contano tanto quanto le info personali: nella rete ci sono info che influenzano le nostre decisioni, opinioni rispetto a fonti di tipo pubblicitario. Ogni utente su due è asiatico, e utilizza la lingua madre (non più l’inglese) e fanno riferimenti culturali difficili da capire all’esterno. SOCIAL MEDIA E NUOVI MODELLI DI INTERAZIONE: Internet rompe il meccanismo di comunicazione unidirezionale, aggiunge interazione rispetto ai mass media (social). Cambia il ruolo del consumatore – impresa  interazione. Il consumatore diventa produttore. Paradigma della produzione di massa: distribuzione di massa e non c’è più un lavoro artigianale, che implicava tempo e costava di più  lo rendo accessibile a tutti impostando uno standard, tutto è in funzione alla quantità di produzione. Intelligenza nell’organizzazione e non nell’individuo (fordismo)  qui nasce il marketing per aiutare a trovare la domanda e convincere il consumatore; vendistica; mezzi di comunicazione di massa per raggiungere capillarmente il pubblico a costi contenuti. La catena di montaggio è un vincolo, non c’era possibilità di interazione perché non era economicamente possibile, quindi lo si doveva standardizzare il più possibile e il consumatore doveva adeguarsi. A partire dagli anni 70/80 si ha la LEAN o SLIM production in Giappone. Si produce solo quando serve, in linea con la domanda. È più flessibile e il consumatore richiedeva più varietà. Sistema a scala. Si parte dall’ordine e si retrocede alla produzione. Anni 2000 – nuovi paradigmi grazie a Internet, cambiamenti socioeconomici. Prima: la produzione impone le regole. 2 Se si analizza la produzione internazionale, si osserva che gli altri paesi abbiano investito su vigneti detti “internazionali” dalle caratteristiche più facilmente riconoscibili dal consumatore. I nostri produttori hanno puntato sulle tipologie di uve tradizionalmente diffuse a livello locale, nobilitandole. Una delle figure di riferimento del rinascimento enologico italiano è Angelo Gaja – rinnovo delle tradizionali tecniche di produzione del Barbaresco, prodotto da uve Nebbiolo. Uso delle barrique per l’affinamento del vino. Luigi Veronelli, noto critico gastronomico, intuì che per spiegare la grande complessità italiana ci fosse bisogno di nuovi strumenti concettuali basati su una precisa gerarchia piramidale. Alla base vi è il concetto di LUOGO di PRODUZIONE, inteso non solo come precisa collocazione spaziale, ma anche come clima, temperature, umidità, caratteristiche geologiche e tutti gli elementi che rendono unico un determinato luogo. Questa esaltazione del luogo prende le forme delle De.Co (denominazione Comunale). Il secondo livello è rappresentato dal vitigno, la tipologia di vite piantata nel luogo. Il terzo livello è rappresentato dal Cru che rappresenta l’esasperazione della sovrapposizione tra vitigno e luogo, ovvero la particolare posizione di un vitigno. Infine, il produttore denota l’identità di un vino. Il vignaiolo gioca un ruolo fondamentale, è l’autore. La sua artigianalità e le sue scelte operose in merito alla coltivazione agricola fino a quelle più strettamente enologiche sono la firma del vino. Vi è la necessità di “camminar la terra”, ovvero approfondire la conoscenza dei luoghi di produzione e degli uomini che con passione e lavoro riescono a ricavare i frutti migliori. La degustazione di un vino è uno strumento per comprendere la qualità dell’intervento dell’uomo all’interno di un preciso luogo. La degustazione del vino è solo l’atto finale di un percorso conoscitivo più ampio che parte dalla vigna per passare per il processo di vinificazione e di affinamento in cantina. L’estetica della cantina diventa un modo attraverso il quale il quale il produttore esprime la qualità del proprio agire e la capacità di contribuire alla geografia del luogo, intervenendo sul paesaggio. La cantina diventa fonte di attrazione dell’interesse del consumatore fin dalla sua struttura architettonica. L’incontro con i consumatori è un modo efficace di raccontare il vino italiano. I produttori più attenti alla dimensione internazionale hanno investito nell’organizzazione di eventi di degustazione nei quali spiegare agli addetti ai lavori e agli influencer la qualità del proprio vino. Sono nati anche diversi movimenti culturali (Slow Food/Movimento turismo del vino) volti a rendere più facilmente riconoscibile la grande varietà produttiva italiana con eventi aperti al grande pubblico. ES: Cantine Aperte. Questo investimento sulla qualità e sulla comunicazione del vino oggi inizia a dare i primi frutti. L’export aumenta in valore e diminuisce in quantità – prezzo superiore, segno che il consumatore internazionale inizia a comprendere la complessità culturale della produzione italiana. La sartoria ES: abiti indossati da James Bond sono oggi realizzati da Brioni, nota azienda abruzzese che produce abiti sartoriali di grandissima qualità. Le ragioni che hanno condotto alla scelta di Brioni sono due: la flessibilità nella realizzazione di abiti sartoriali di qualità e la capacità di aggiungere un tocco unico (lusso ed esclusività). I sarti abruzzesi hanno una rara maestria che permette di adattarsi ai cambiamenti dei gusti del mercato e alle richieste più estrose della propria clientela, conferendo all’abito una perfetta eleganza. Per non parlare poi della capacità di rinnovare la tradizione, rivedendo nei dettagli, nelle 5 tecniche costruttive e nei tessuti, la divisa borghese per eccellenza: la grisaglia. Brioni – raffinato gusto estetico e formidabile competenza artigianale. Queste doti sono un tratto caratteristico della storia della sartoria napoletana. Un modello di sartoria che ha saputo costruire uno stile riconoscibile nel tempo attraverso l’incontro con clienti dalle esigenze raffinate. Lo stile napoletano è divenuto noto nel mondo. È necessario però avere una predisposizione nel valorizzare la personalità di chi indossa l’abito. Secondo Suzy Menkes, l’abito sartoriale è tornato di straordinaria attualità. Menkes a Napoli ha potuto constatare la vitalità dei sarti e la loro evoluzione nel corso degli ultimi anni. Sono cambiate rispetto al passato le modalità di racconto e di interazione con i clienti. Le botteghe dei sarti sono diventate griffe riconosciute, hanno aperto negozi nelle principali capitali del mondo e hanno iniziato a utilizzare internet per raccontare il loro stile. Uno degli esempi più clamorosi è Kiton di Ciro Paone che è diventato un brand internazionale. Anche nel caso della sartoria maschile esistono scuole differenti nel nostro paese. Vi è infatti anche la sartoria milanese, con linee meno esasperate di quelle napoletane e un maggior rispetto della formalità. Una cultura che merita un nuovo racconto I prodotti che caratterizzano il nostro quotidiano nascondo una complessa evoluzione storica e culturale. Prodotti ordinari hanno aspetti straordinari. È una riserva inesauribile di idee, storie, pratiche che il nostro Paese ha a disposizione. Tuttavia, non riusciamo a valorizzare adeguatamente la complessità culturale che è alla base del prodotto italiano. Una delle ragioni principali è dovuta alla nostra incapacità di comunicare in modo efficace gli elementi che contraddistinguono il Made in Italy. L’errore che spesso le nostre imprese commettono è quello di dare per scontato che il consumatore conosca il contesto culturale che è alla base del prodotto. Problema che si amplifica quando il consumatore proviene da Paesi geograficamente e culturalmente distanti dal nostro. Molte aziende italiane, abituate a un consumatore domestico sofisticato e connoiseur, considerano superfluo fornire indicazioni in merito (Es dei bollini colorati a Los Angeles). Per raccontare in modo adeguato la qualità che contraddistingue il Made in Italy abbiamo bisogno di una comunicazione dotata di una maggiore sensibilità umanistica e meno agganciata ai classici automatismi del marketing. Cercare di imporsi all’attenzione dei consumatori attraverso la ripetizione di messaggi preconfezionati rischia di banalizzare la nostra produzione. Abbiamo bisogno di una maggiore flessibilità per adattare la comunicazione alle caratteristiche dell’interlocutore che si avvicina al prodotto. Le nostre imprese hanno bisogno di narratori che siano in grado di raccontare in un linguaggio comprensibile al consumatore le molte sfaccettature del nostro prodotto. Gli spunti per raccontare il Made in Italy certamente non mancano. Dalla valorizzazione del processo produttivo, alla possibilità di personalizzazione, alla qualità estetica fino alle tradizioni culturali che hanno contribuito a determinare le caratteristiche del prodotto e del suo contesto d’uso. L’evoluzione della rete è una grande opportunità per le nostre imprese perché abilità una comunicazione più interattiva e personalizzata. Il consumatore non è più un passivo ricettore di messaggi, ma diventa più intraprendente, può chiedere chiarimenti ed esprimere giudizi. Se non lo facciamo noi, il rischio molto concreto è quello di lasciare che siano gli altri a raccontarci. Chi ha capito le potenzialità della comunicazione del MiI sono state paradossalmente le multinazionali francesi del lusso, gruppi con LVHM e Kering. Hanno dedicato una parte consistente del proprio budget per comunicare questa ritrovata attenzione per la qualità manifatturiera. 6 Il lavoro manuale ora è reso visibile, è uno dei contenuti principali delle campagne di comunicazione: la figura dell’artigiano al lavoro. L’intenzione esplicita di questa strategia è far emergere l’impegno e la dedizione che sono necessari per la realizzazione di un prodotto autenticamente di lusso. Le differenze tra Francia e Italia possono essere difficilmente percepibili da una prospettiva asiatica. Perché non comunichiamo abbastanza Le ragioni per le quali abbiamo tanta difficoltà nel raccontare il MiI sono diverse. Stefano Micelli suggerisce che la cultura del segreto che caratterizza molto dei nostri mestieri artigianali giochi un ruolo importante. Se si ha paura di perdere il controllo sulle conoscenze che qualificano il proprio mestiere è difficile, se non impossibile, pensare di raccontare il proprio lavoro al consumatore. Un altro aspetto da considerare riguarda l’errata interpretazione dei meccanismi della comunicazione. Per molte imprese la comunicazione è un’attività che acquista un senso solo ex- post, una volta che il prodotto è già stato realizzato. Viene spesso confusa con il marketing operativo e la commercializzazione. La comunicazione, invece, esprime la sua piena efficacia se avviene ex-ante, quando ha l’opportunità di dialogare con i consumatori e di raccogliere suggerimenti e indicazioni utili per definire il prodotto. Per raggiungere questo obiettivo è necessario conquistare la fiducia del consumatore, da un lato costruendo un racconto credibile sull’impresa e su quello che intende realizzare, e dall’altro, dimostrandosi disponibili al confronto sistematico con la domanda potenziale. Conta anche il ritardo con il quale il nostro Paese sta investendo nelle nuove tecnologie. Siamo ultimi a livello europeo in molte delle classifiche sull’uso del digitale. Proprio questi canali di comunicazione (internet/e-commerce) si dimostrano per le caratteristiche funzionali e per i costi di gestione molto più vicini alle necessità delle piccole e medie imprese italiane. Infine, un ultimo aspetto da tenere in considerazione riguarda il canale di vendita. Molto spesso il prodotto italiano viene distribuito a livello internazionale attraverso importatori o distributori in loco e questo oggi sembra penalizzare le nostre imprese. Il punto vendita da semplice regolatore di una transazione commerciale sta diventando un luogo per comunicare la qualità del prodotto e per incontrare il consumatore. Uno spazio ideale per dare occasione al consumatore di vivere l’esperienza legata all’uso del prodotto e per offrire un servizio di personalizzazione. Vi è la nascita di una nuova complementarietà tra online e offline. La possibilità di poter verificare in prima persona il prodotto, poter accedere a un servizio di qualità, oppure ritirare un prodotto dell’azienda ordinato online sono aspetti che ancora contano. L’e-commerce offre l’opportunità di raggiungere il consumatore anche in luoghi non sufficientemente serviti da un punto di vista commerciale e di rendere accessibile tutta l’offerta dell’impresa. L’e-commerce ha fatto aumentare l’importanza della funzione comunicativa del punto vendita. Quello che conta per il consumatore nel punto vendita sono quindi l’esperienza della qualità del prodotto e il servizio. Cap 2 – Manifattura Culturale La fabbrica di Giovanni Bonotto a Molvena (VI) ha qualcosa di speciale, entri e trovi opere d’arte ovunque. Si occupa della produzione di tessuti e le opere d’arte servono ad “impollinare” di creatività le persone che vi lavorano. Le opere sono di artisti invitati regolarmente alla fabbrica negli anni precedenti. Invece di seguire i concorrenti sulla velocità della produzione, Giovanni fa l’opposto e si inventa la “fabbrica lenta”. Compra telai giapponesi dei primi del Novecento, restaura vecchi macchinari degli anni 50 e 70, va in giro per il mondo a cercare le materie prime più pregiate e particolari e si mette a produrre tessuti di grandissima qualità in tirature limitate. 7 3. PERSONALIZZAZIONE: l capacità di ascoltare le esigenze del cliente e di realizzare oggetti personalizzati è una caratteristica che oggi inizia a essere sempre più apprezzata sui mercati internazionali. Lina Miletic, responsabile comunicazione di De Majo: a noi sta il compito di spiegare tutta la qualità e il lavoro che stanno dietro il vetro di Murano e le possibilità di personalizzazione che gli possiamo offrire. Il punto di forza dell’azienda è la capacità di realizzare progetti speciali, costruiti ad hoc. L’azienda ha nel proprio team persone in grado di dare assistenza al cliente in tutte le fasi del progetto. Non tutti i consumatori hanno l’interesse o la disponibilità economica. Allo stesso tempo però non sono disposti ad accontentarsi di un prodotto standardizzato. Per venire incontro a queste esigenze, molte delle nostre imprese si sono specializzate nell’offrire delle personalizzazioni parziali, limitando le opzioni, ma garantendo al consumatore una buona varietà. Come nel caso degli abiti semi-sartoriali o già pronti. I semi-sartoriali (made to measure) possono prevedere la meccanizzazione della lavorazione di alcune parti dell’abito, mentre l’assemblaggio viene eseguito a mano. Nel caso dell’abito ready to wear, la personalizzazione può essere solo marginale, ex post. Non è facile per i produttori gestire una così ampia varietà di opzioni nella propria offerta. È necessario avere una particolare disponibilità all’ascolto e un’elevata cultura del servizio. Bisogna inoltre avere a portata di mano una rete qualificata di fornitori pronti a essere coinvolti quando le richieste del progetto lo richiedono. La personalizzazione del prodotto non sarebbe possibile senza la capacità delle nostre imprese di alimentare delle filiere ampie e differenziate di aziende specializzate in lavorazioni complementari. 4. ATUENTICITÀ: più il mondo diventa globale nel senso che si diffondono tecnologie, linguaggi e modelli di comportamento universali, più acquista significato la diversità locale, legata all’unicità di uno specifico contesto sociale e culturale. Gilmore e Pine, il consumatore oggi pone sempre più attenzione al tema dell’autenticità. È alla ricerca di esperienze autentiche perché riconducibili a una diversità che non può essere omologata. Noi abbiamo un vantaggio competitivo: molti dei prodotti per il quale siamo noti a livello internazionale possono vantare un’autenticità legata a solide tradizioni culturali. Secondo Hobsbawm e Ranger, le tradizioni che ci appaiono antiche hanno spesso un’origine piuttosto recente, e talvolta sono inventate di sana pianta. Per tradizione inventata si intende un insieme di pratiche, in genere regolate apparentemente o tacitamente accettate, e dotate di una natura rituale o simbolica, che si propongono di inculcare determinati valori o norme di comportamento. Ad esempio, il modo in cui oggi consumiamo la pasta è molto diverso rispetto al passato. La trasformazione della pasta in piatto autonomo avviene nel XVII secolo a causa della crisi alimentare che colpì Napoli. Se l’autenticità e la tradizione sono una creazione culturale, il modo più efficace per valorizzare il nostro passato è quello di rielaborarlo continuamente. Da questo punto di vista, il nostro patrimonio storico e culturale ci fornisce una materia prima formidabile e sulla quale immaginare nuovi usi. Quando riusciamo a elaborare in modo credibile le nostre radici culturali che il MiI è in grado di generare quel fascino irresistibile che attrae molti consumatori – costruire un ponte con il passato offrendo un’esperienza culturale che riguarda tanto il processo stesso di produzione quanto il contesto d’uso del prodotto. 10 All’estero ci amano, ma non ci trovano Se volete vendere delle camicie in Cina dovete produrle in Italia, parole di Qinghou a Pistellato. Quest’ultimo è il titolare di Columbus, azienda veneziana specializzata nella produzione di camicie. Pistellato sviluppa il brand And camicie. Qinghou nei suoi mall vuole offrire alla classe media cinese un prodotto di alta qualità, che pur non essendo griffato da un noto brand internazionale, sia in grado di trasmettere l’unicità dello stile italiano. La qualità italiana conta e si capiscono facilmente le ragioni che spingono gli imprenditori cinesi a chiedere agli italiani di tornare a produrre in patria. L’interesse verso il MiI non è limitato alle camicie, KPMG, nota società di consulenza a livello internazionale, ha realizzato un’indagine e da questa emerge una chiara immagine di come il MiI sia interpretato a livello internazionale. I prodotti provenienti dall’Italia svettano in termini di estetica e di qualità manifatturiera. I valori attribuiti sono legati alla bellezza, al lusso e alla passione. I settori nei quali ci viene riconosciuta una leadership sono arredamento, moda e cibo. Il MiI è preferito 3 volte più che il Made in France. I prodotti italiani piacciono al mondo, tanto che Google stima un aumento del 12% delle ricerche online di beni MiI a livello mondiale. La ricerca di Altagamma e BCG contiene due indicazioni interessanti: la prima riguarda i brand che i consumatori del lusso comprano: nella maggior parte dei casi la scelta ricade su aziende o brand che sono presenti nel loro Paese e che hanno visibilità sui media. Conta non solo il prodotto, ma anche il servizio che l’impresa è in grado di offrire per il quale la presenza in loco è spesso decisiva. Il secondo riguarda la modalità di ricerca delle informazioni e di acquisto dei prodotti. Internet gioca un ruolo di primo piano. Per ciò che concerne la comunicazione online e offline, le nostre imprese scontano un ritardo storico. Non ci facciamo trovare facilmente. Cap. 3 – Internet e il nuovo racconto del Made in Italy Il consumatore è cambiato e non è più in poltrona Esempio di Henry Ford, macchine tutte nere per accontentare non solo gli happy few (5% del mercato), ma anche tutto il resto. Era dunque necessario realizzare un’auto low cost. il modello fordista di produzione si è dimostrato straordinariamente efficiente. Le idee di Ford sono state poi applicate ad altri settori industriali e il mercato è stato invaso da prodotti standardizzati. il successo di questo modello si basava sullo scambio implicito tra la rinuncia ad ogni forma di personalizzazione in cambio di prodotti sempre più accessibili. Questi sono gli anni dell’industrializzazione di massa. Un meccanismo perfetto che però entra in crisi quando lo scambio implicito tra produzione e consumo viene rimesso in discussione. Si genera nei consumatori un crescente bisogno di differenziazione. Il consumatore è ora più attento e informato nelle proprie scelte. Il consumo si trasforma, gli aspetti simbolici del prodotto acquistano maggiore peso rispetto a quelli funzionali. Si compra per comunicare un’identità. Il consumo si traduce in un’attività di bricolage nel quale il consumatore svolge un ruolo attivo nella costruzione di senso. Si apre una nuova fase, nella quale i consumatori sono più attivi rispetto al passato e producono nuovi significati in modo autonomo rispetto alla produzione. Consumatori creativi “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” di Pellegrino Artusi è uno dei manuali di cucina più noti in Italia. Tale libro voleva dare dignità e codificare la cucina popolare (inizio del 900). L’ampliamento del libro è realizzato in gran parte attraverso il contributo degli stessi lettori. La facilità con la quale è cresciuta la passione per tale opera è dovuta all’approccio narrativo del 11 testo. Il manuale è il prodotto di una community che si è riconosciuta attorno a un’impresa comune: qualificare il quotidiano lavoro ai fornelli. Oggi internet gioca un ruolo cruciale nel connettere contesti diversi, nel consentire la nascita di nuovi luoghi di aggregazione online nei quali i consumatori hanno la possibilità di esprimersi. Le richieste di personalizzazione oggi possono trovare un’adeguata rappresentazione attraverso il contributo offerto dagli stessi consumatori. Questa capacità propositiva dei consumatori è oggi un tratto trasversale ed è visibile in diversi ambiti. I consumatori elaborano modi originali per utilizzare prodotti in parte esistenti in contesti nuovi. Internet diventa lo spazio nel quale condividere questa passione con altri e farla evolvere costantemente. Il rapporto tra produzione e consumo or si riequilibra. Da un lato la produzione non può più prescindere dalle richieste del mondo del consumo, dall’altro il consumatore è disposto a riconoscere un valore aggiunto per un’offerta più vicina alle proprie aspettative. Per le imprese la capacità di ascolto e di interazione con i consumatori diventa fondamentale. Un punto di partenza per soddisfare nicchie di mercato sempre più esigenti. In Italia è il caso di Dainese che ha saputo coltivare nel tempo il dialogo con la propria community di appassionati motociclisti. La società dei “makers” La diffusione della robotica e delle tecnologie di produzione digitale sta ulteriormente trasformando il rapporto tra produzione e consumo. Secondo Chris Anderson, grazie a queste nuove tecnologie, i consumatori possono diventare produttori. ES: produzione di automobili – Local Motors, produce dei particolari fuoristrada indirizzati a una nicchia di consumatori. L’aspetto che rende interessante Local Motors è il modo in cui progetta e costruisce l’automobile. Il design è realizzato da una community. Il progetto che dimostra di ottenere i maggiori consensi viene poi usato per la produzione di veicoli. Il progetto finale viene rilasciato in modalità Creative Commons e rimesso a disposizione della community per eventuali future modifiche. Il coinvolgimento diretto del cliente diventa parte integrante dell’esperienza legato all’uso di questo prodotto. I consumatori diventano produttori, makers. Le conseguenze sono un radicale cambiamento delle regole che hanno governato la produzione industriale. Guntlett, la società dei makers -> necessità di esprimere la propria creatività. Internet e i social network sono la struttura che sostiene queste nuove relazioni (con altri interessati agli stessi temi) basate sulla creatività. La società dei makers è già tra noi. Anche in Italia possiamo osservare le prime applicazioni. Massimo Banzi, l’inventore di Arduino, una scheda elettronica per la traduzione dei segnali analogici in digitale è diventato un punto di riferimento per i makers a livello internazionale. Si sono moltiplicate le applicazioni di questa scheda. Nel mondo del design i makers si chiamano autoproduttori: sono designer e artigiani che producono e vendono direttamente al consumatore finale. Si passa dalla creatività al prodotto finito. L’aspetto interessante di questo fenomeno è l’originalità. In Italia sono note due interessanti manifestazioni: Operae a Torino e Open Design Italia (prima a Venezia e ora a Trento) che danno visibilità al mondo dell’autoproduzione e che hanno favorito l’incontro con il consumatore. Nella moda, Just a Label è una piattaforma fondata dal sudtirolese Stefan Siegel con l’obiettivo di dare visibilità agli stilisti emergenti – riferimento a livello internazionale nel mondo della moda. 12 compresa dal consumatore, o perché si è sbagliato il canale di comunicazione oppure perché il messaggio non riesce ad attraversare il filtro della cultura locale. Mediazione culturale al tempo dei social media L’agenzia di comunicazione Young Digitals intuisce un interesse crescente verso la comunicazione nei paesi emergenti: i manager vogliono entrare in quei mercati, ma non sanno come fare. Ghedin, Pezzano e Polico costituiscono un gruppo di ricerca (Digital in the Round) e si mettono a studiare l’argomento. Coinvolgono altri giovani appassionati di marketing digitale che vivono o che provengono da quei paesi. Con le informazioni raccolte si propongono di aiutare le aziende del made in Italy a comunicare in questi nuovi mercati. In Cina molti brand italiani no sono a conoscenza del fatto che sui social media cinesi, ci siano profili attivi a loro nome che dialogano con i consumatori locali. Convincono a trasferirsi a Padova diversi esperti di comunicazione digitale, tre dalla Cina e una da Mosca. Appare evidente che per raccontare il Made in Italy è necessaria una sofisticata capacità di mediazione culturale. Non si tratta solo di evitare le possibili incomprensioni che si possono creare nella comunicazione tra culture diverse, ma di utilizzare le nuove possibilità offerte dal digitale per interagire con i consumatori nei Paesi emergenti come già alcune nostre imprese fanno con i consumatori occidentali. Cultura umanistica e reti internazionali Per costruire in Italia nuove professionalità in grado di realizzare una mediazione culturale necessaria nella comunicazione digitale a livello internazionale è possibile investire lungo due direzioni. 1. La prima è legata alla valorizzazione della cultura umanistica. Troppi pochi laureati nei settori cruciali per l’economia. Le nostre università non riescono a produrre sufficienti ingegneri e scienziati per sostenere i processi di innovazione e questo a sua volta si riflette nella scarsa competitività delle nostre produzioni. Abbiamo inoltre laureati in lingue orientali che non conoscono la comunicazione digitale e il marketing e laureati in comunicazione che conoscono poco le lingue 2. L’altra direzione sulla quale investire sono i giovani italiani che in questi anni sono andati a lavorare all’estero. Potrebbero diventare dei punti di riferimento nei Paesi nei quali vivono e lavorano. La loro conoscenza sia della cultura italiana che della lingua e cultura locale sono una risorsa preziosa. Da un lato potrebbero raccogliere informazioni sull’evoluzione dei mercati locali e dall’altro aprire interessanti opportunità commerciali. I produttori italiani? Si attardano… Se consumatori e internet cambiano, ci aspettiamo che altrettanto stiano facendo le imprese italiane, soprattutto per quanto riguarda l’uso delle tecnologie digitali. Come ha confermato il rapporto Digital Agenda Scoreboard del 2014, l’Italia occupa stabilmente le ultime posizioni per quanto riguarda la diffusione della banda ultralarga (fibra) sia per l’utilizzo di internet. Se analizziamo non solo l’accesso, ma il modo in cui viene utilizzata la rete ad esempio per la ricerca di informazioni in merito a prodotti e servizi, ancora l’Italia è tra le ultime nazioni in Europa. La diffusione dell’e-commerce è altrettanto carente. Le ragioni di questo ritardo come abbiamo visto sono in parte tecnologiche e in parte legate alle conoscenze dell’uso delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Ci sono anche dati positivi che arrivano principalmente dall’uso dei social network e dalla comunicazione mobile: occupiamo il primo posto in Europa per quanto riguarda il tempo trascorso sui social network. Nella comunicazione mobile il tasso di diffusione è uno dei più alti d’Europa. 15 Passiamo al mondo delle imprese. Quelle italiane sopra i dieci dipendenti che hanno un sito web sono il 67%, mentre quelle che usano i social media sono il 25%. Se andiamo a verificare i dati nell’uso dell’e-commerce queste differenze permangono. Le imprese che hanno utilizzato il canale online per vendere i loro prodotti/servizi sono sotto il 5%. Il digital divide è sia infrastrutturale sia legato all’uso più avanzato dei nuovi canali di comunicazione e di vendita da parte delle nostre imprese. Corriamo qualche rischio L’evoluzione della rete e del consumo pone due nuove sfide alle nostre imprese. La prima è di natura tecnologica: le imprese devono innanzitutto vincere la tradizionale difficoltà a utilizzare i nuovi strumenti digitali sia sul fronte della comunicazione, social media, sia su quello della vendita, e-commerce. Quello che forse ancora manca è la consapevolezza dell’evoluzione tecnologica dei Paesi emergenti. È necessario comprendere ad esempio che per vendere in Cina è necessario aprire un negozio su Taobao. La seconda è di tipo culturale: imparare a dialogare con gli utenti tenendo conto della maggiore complessità linguistica che l’evoluzione della rete sta portando. Per le nostre imprese significa intervenire sia sulla qualità della propria presenza in rete sia sulla capacità di ascolto delle richieste dei clienti. Avere un sito web e tradurlo in inglese è solo un punto di partenza per entrare in mercati culturalmente e linguisticamente diversi da quelli occidentali. Le conoscenze linguistiche e culturali diventano un valore aggiunto sia per dialogare con i clienti sia per prestare ascolto alle valutazioni che liberamente esprimono online sull’azienda e sul prodotto. Se non saremo in gradi di affrontare queste sfide, corriamo il rischio di non poter comunicare in modo adeguato la qualità del Made in Italy. Avremo difficoltà crescenti, nella società dei makers, a valorizzare la partecipazione del consumatore, perdendo le opportunità interessanti per mettere a punto percorsi innovativi per lo sviluppo, la produzione e la personalizzazione del prodotto. Cap 4 - Le regole della comunicazione La storia di tre cappellai Ilaria e Veronica Cornacchini e Matteo Gioli sono tre giovani designer di Firenze accomunati dalla passione per un oggetto considerato fuori moda e superato: il cappello. Fondano Superduper e partono con la realizzazione di una prima collezione di cappelli fatti a mano che presentano al Pitti. Il loro progetto si fonda sulla volontà di reinterpretare la tradizione del cappello e di dare a questo prodotto un gusto e uno stile più contemporaneo. Le tecniche artigianali sono fondamentali per dare qualità manifatturiera alle idee anticonformiste che hanno in mente. I consumatori vengono per lo più dal Giappone, dove Superduper è diventato un punto di riferimento per gli appassionati del genere. Ogni cappello ha una storia da raccontare. Idea del cappello di paglia che può essere piegato per essere trasportato durante un viaggio. I prodotti sono espressione della loro personalità. L’artigianalità dà credibilità al loro progetto. Stile e qualità manifatturiera fanno la differenza. La loro comunicazione si basa principalmente sul digitale, in particolare con i social network. L’e- commerce è stato però un canale altrettanto rilevante. Storia e community Se dovessimo utilizzare le tradizionali categorie della comunicazione di marketing, avremmo un po’ di difficoltà a comprendere il successo di un’azienda come Superduper. L’azienda è riuscita a trovare un suo spazio nel mercato globale, in particolare in Giappone dove una nicchia di consumatori ha accolto con entusiasmo la proposta dei nuovi cappelli. Quest’azienda ha saputo 16 valorizzare le nuove opportunità generate dalla diffusione della rete e dall’evoluzione dei modelli di consumo. I fattori che hanno aiutato quest’azienda a raggiungere una visibilità internazionale sono: 1. Il primo elemento è la storia che è alla base del prodotto. L’artigianalità della produzione in Italia, il recupero di un oggetto un po’ desueto, la completa rivisitazione del suo stile sono elementi che hanno contribuito a rendere il cappello un oggetto contemporaneo. I fondatori hanno poi aggiunto una storia personale interessante. Il binomio produttori/prodotto non è facilmente separabile. La rilevanza della dimensione narrativa connessa al prodotto e al produttore è alimentata da Superduper che lega ogni nuova collezione di cappelli a una storia 2. Il secondo fattore è la capacità di assecondare le richieste della propria community. Dialogare con i consumatori, raccogliere delle indicazioni, rappresenta un aspetto molto importante per aggiornare costantemente il prodotto e per comunicare i valori dell’azienda. Superduper si è accorta che il consumatore giapponese è maggiormente interessato a cappelli dal design e dal gusto molto particolare. L’e-commerce facilita l’incontro e l’interazione con il consumatore. Storytelling, l’arte di raccontare storie Possiamo notare quanto le storie e la capacità di comunicarle giochino un ruolo chiave per accrescere la visibilità a livello internazionale. la storia è l’elemento che rende unico agli occhi del consumatore il prodotto e l’artigiano/produttore che lo realizza. Una potenzialità che è ancora tutta da sfruttare e che rappresenta un contenuto prezioso da cui partire per raccontare storie interessanti. È proprio da una prospettiva globale che gli elementi che contraddistinguono il MiI come artigianalità, autenticità, estetica e tradizioni culturali assumono significato. Vanno raccontati affinché il consumatore, soprattutto internazionale, possa apprezzarli. Le tecniche di narrazione sono da tempo al centro di un intenso dibattito all’interno della disciplina del marketing e non solo. Lo storytelling è un tema che sta attirando l’attenzione degli esperti di marketing. Possiamo riprendere alcuni elementi che rendono la narrazione interessante dal punto di vista della comunicazione. Le storie sono un modo efficace per condividere conoscenze e suscitare emozioni. Giocano un ruolo fondamentale nel dare ordine e senso a eventi che ci accadono nella vita. L’applicazione di queste tecniche in ambito aziendale è giustificata dalla crescente richiesta di senso che il consumatore pone al mondo della produzione. La narrazione diventa parte integrante di ciò che significa essere produttori e artigiani del nuovo millennio. Il saper fare e il saper comunicare sono competenze che oggi devono essere sempre più integrate. Le storie possono essere raccontate in modi e con mezzi molto diversi. Il digitale ha moltiplicato le opportunità a diposizione. La rete offre la possibilità di dialogare direttamente con i consumatori e di interagire attivamente all’elaborazione di significati condivisi. I luoghi della produzione rappresentano, se adeguatamente valorizzati, un modo altrettanto efficace per raccontare la storia legata all’impresa e al prodotto. È possibile identificare 4 percorsi principali che le imprese del MiI possono seguire per aumentare l’efficacia della propria comunicazione. 1. Raccontare storie in digitale Il mondo del digitale è in continuo cambiamento. Oggi viviamo un web sempre più dinamico grazie ai social network e a nuove applicazioni. Tre modi per raccontare la complessità del prodotto italiano attraverso il digitale: - Sito web: il sito internet sembra essere uno strumento superato, invece, pur essendo uno degli strumenti “più vecchi” del web assieme alla posta elettronica, 17  Personalizzare il prodotto online: quando si compra una camicia in negozio molti dei suoi dettagli costruttivi passano inosservati. Su Neronote.com tutti i dettagli vengono portati in primo piano. L’azienda vende online camicie su misura (bespoke) che poi produce artigianalmente, ma a un prezzo competitivo, garantito dalla possibilità di rivolgersi direttamente all’acquirente finale. Attraverso il configuratore, il consumatore viene accompagnato in tutte le fasi necessarie alla realizzazione di una camicia personalizzata. I passaggi sono sette in tutto, ma per ognuno di questi si aprono numerose opzioni di personalizzazione. Dopo tutti i passaggi è difficile guardare una camicia con gli stessi occhi di prima. 3. Luoghi che raccontano: da musei a spazi di incontro Megafabbriche è la trasmissione di culto del canale televisivo di National Geographic – rende interessanti dei noiosi processi tecnici. Racconta la complessità della realizzazione di un prodotto. In Megafrabbriche l’Italia è ben rappresentata da imprese quali Ducati, Ferrari, Illy, Lamborghini… Il successo della trasmissione invita a riflettere sulle potenzialità che il luogo di produzione può avere per raccontare la cultura e la storia di un prodotto. Da alcuni anni opera in Italia “Musei Impresa” un’associazione di Confindustria che mira a valorizzare gli archivi e le collezioni storiche di prodotti delle aziende italiane. Molti di questi musei hanno sede in aziende che mantengono ancora oggi la loro leadership sui mercati internazionali.  Non musei ma Negli anni 80 la grappa era un prodotto poco qualificato. A fare il mercato erano aziende che avevano una produzione industriale su larga scala. È in questo momento che Jacopo Poli prende la leadership della distilleria di famiglia: Grappa Poli. Scommette tutto sulla qualità del prodotto e valorizza l’artigianalità della produzione che caratterizza da sempre la distilleria. Cambia il design e l’etichettatura della bottiglia per distinguersi dai produttori di quantità. Capisce poi l’importanza di dare uno spessore culturale alla storia e raccontare il processo produttivo in modo più accattivante. Apre il Museo della Grappa. Altrettanta importanza è dedicata all’approfondimento delle attuali tecniche di produzione utilizzate e all’esperienza diretta da parte del visitatore che tramite “olfattometri” ha la possibilità di testare le diverse note olfattive e compilare una scheda di valutazione. Questo modo di raccontare la qualità artigianale del prodotto ha incontrato l’interesse del pubblico: 10mila visite mensili – secondo museo. Il museo diventa quindi anche un’importante fonte di ispirazione per l’innovazione all’interno dell’azienda. La visita permette di capire come dietro a ogni prodotto ci sia una storia unica, frutto di una grande cultura e passione.  Luoghi di incontro Il Molino Quaglia produce farine di alta qualità macinate a pietra. Per raccontare il suo prodotto ha deciso di investire nella formazione indirizzata a un pubblico di professionisti e aspiranti tali. Ha aperto la Scuola del molino. L’obiettivo è far emergere la qualità del prodotto e allo stesso tempo proporre un’interpretazione più contemporanea dei tradizionali piatti che si possono realizzare a base di farina. La scuola è diventata anche un luogo di incontro tra professionisti per elaborare nuove direzioni da percorrere nella preparazione della pizza. L’esperienza del Molino Quaglia e della sua scuola di formazione ci fanno capire il potenziale di un’esperienza più interattiva e per questo coinvolgente del prodotto e dei luoghi di produzione.  Dal globale al locale Il settore agroalimentare si presta alla generazione di esperienze coinvolgenti. Il Movimento turismo del vino rappresenta un altro esempio emblematico del potenziale comunicativo che hanno le visite ai luoghi di produzione. L’evento Cantine Aperte permette 20 al visitatore di comprendere la qualità del prodotto e approfondire la conoscenza del territorio. Occasione straordinaria per i produttori più piccoli per raccontare il loro prodotto e dialogare con potenziali consumatori anche provenienti dall’estero. Anche il mondo dell’artigianato tradizionale può diventare protagonista di percorsi simili. Iniziativa interessante è il progetto Valore Artigiano realizzato da CNA e Confartigianato Vicenza. Obiettivo: valorizzare la qualità di artigiani locali attraverso l’incontro con il mondo del design – proposte di prodotto innovativi successivamente presentati al Fuori Salone del Mobile. Altro obiettivo: reinterpretare le competenze artigianali con la realizzazione di nuovi prodotti e proiettare gli artigiani verso mercati internazionali. Servono nuove competenze e investimenti mirati È evidente che il made in Italy deve recuperare su questo terreno. È in corso una profonda trasformazione della capacità comunicativa del nostro tessuto imprenditoriale. Sono due i fronti sui quali questa inversione di tendenza è più visibile: la diffusione di competenze specializzate nella comunicazione e i crescenti investimenti nel digitale. I comunicatori del Made in Italy La ricerca della Fondazione Nord Est e dell’università di Padova ha effettuato un’indagine su tutti i laureati in strategie di comunicazione (UniPd) degli ultimi 10 anni con l’obiettivo di conoscerne il livello occupazionale. Quadro positivo, l’88% è occupato. Il marketing e il web sono gli ambiti prevalenti nei quali i laureati sono impegnati. Inoltre, vi è un crescente interesse delle imprese per queste figure professionali che si evidenzia nell’alto livello occupazionale e nelle forme contrattuali. Gli investimenti in comunicazione La seconda parte della ricerca si è focalizzata sulle imprese del Made in Italy con l’obiettivo di analizzare in che modo sono organizzate le competenze relative alla comunicazione. Quota significativa di imprese che non hanno una strutturazione delle competenze della comunicazione. Le ragioni di questa mancata strutturazione sono legate in parte alla dimensione aziendale, in parte a una mancata comprensione dell’importanza della comunicazione. Le imprese non hanno ancora investito nella strutturazione di questa funzione perché la ritengono poco utile al proprio business. Le imprese dichiarano che nei prossimi due anni cambieranno la composizione degli investimenti in comunicazione, puntando sul digitale. Le imprese più internazionalizzate sono quelle che intendono maggiormente puntare sul digitale. Il web diventa quindi lo strumento prescelto per ampliare il proprio bacino internazionale. E l’e-commerce? L’e-commerce è un fenomeno in forte crescita a livello globale. I mercati principali sono gli Stati Uniti seguiti dalla Cina e dal Regno Unito. I consumatori dimostrano di apprezzare le nuove possibilità offerte dall’e-commerce e di iniziare a superare le differenze relative al livello di sicurezza delle transazioni. In Italia, la crescita di Yoox segnala un allargamento dell’interesse del consumatore anche per categorie merceologiche nelle quali le componenti di servizio del punto vendita tradizionale erano ritenute di grande importanza. Il consumatore inoltre ricorre all’e-commerce anche in ragione di un vantaggio economico. L’analisi di queste esperienze di successo suggerisce il consolidamento di una struttura di e- commerce legata alla vendita di beni facilmente riconoscibili dal consumatore e firmati da brand noti a livello internazionale. 21 Emblematico è il caso di Etsy, portale specializzato nella vendita di prodotti artigianali. Offre la possibilità di aprire uno spazio all’interno del marketplace online e di promuovere i propri prodotti. Il valore aggiunto per il consumatore è la possibilità di avvicinare un’offerta molto ampia di produttori indipendenti e di interagire con loro. La pubblicazione online di un oggetto è un’occasione per il produttore di dimostrare le proprie capacità e suscitare l’interesse del consumatore. Il successo di Etsy consente di guardare all’e-commerce come a un processo più interattivo e personalizzato che si basa sulla costruzione di un dialogo tra consumatori e produttori. La vendita online va interpretata come punto di partenza per la costruzione di una relazione con il consumatore. L’e-commerce rappresenta una grande opportunità per le nostre imprese per valorizzare appieno le proprie qualità e per avvicinare il consumatore internazionale interessato a un prodotto differenziato. Ci sono modalità differenti attraverso le quali le nostre imprese possono valorizzare questo potenziale. Le aziende con un marchio conosciuto possono investire nell’integrazione dell’e- commerce all’interno del proprio sito web – Es Santoni, scarpe uomo donna di alta qualità. Attraverso il sito l’azienda ha la possibilità di valorizzare meglio l’ampiezza della propria offerta. Il cliente può farsi un’idea più precisa della qualità dell’azienda esplorando le tipologie di prodotti offerti. Un altro percorso possibile per le nostre imprese è quello di promuovere il prodotto all’interno di portali che valorizzano la qualità del produttore (Etsy/Tannico) – portali con un numero consistente di consumatori interessati. Soluzione adeguata per le imprese che non hanno ancora un marchio riconosciuto. Esiste anche una terza possibilità, quella di riuscire a vendere online senza e-commerce. Vendere online senza l’e-commerce Sandro Frasson è il proprietario di FL, un’azienda artigianale di Vicenza specializzata nella lavorazione di marmi. Il lavoro è principalmente su commessa ed è legato alla filiera edilizia. Tentativo di pubblicità online su AdWords, puntando su diverse tipologie di prodotto – soluzioni costose con un’elevata personalizzazione. Le richieste si moltiplicano anche con visite dirette in azienda. Aumento del 30% del numero di contatti. Alcuni chiamano info-commerce questa modalità di acquisto. Certo avere la possibilità di completare l’acquisto online, laddove il prodotto lo consenta, aumenta la qualità del servizio offerto al cliente. L’esempio di FL è indicativo di come il digitale possa aiutare le nostre imprese ad aprire nuovi spazi di mercato e a intercettare una domanda più attenta e intraprendente. Anche senza sviluppare delle soluzioni specifiche per l’e-commerce, le nostre imprese potrebbero ottenere importanti benefici attraverso una migliore presenza online. 22
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