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Radiologia Diagnostica-Radiologia Interventistica, Dispense di Radiologia

Dispensa di Radiologia diagnostica e Radiologia interventistica creata sulla base degli appunti presi a lezione integrando argomenti non trattati ma chiesti durante l'esame e integrando agli argomenti trattati durante le lezioni informazioni aggiuntive utili/fondamentali a sostenere l'esame. Recensioni dirette hanno confermato l'estrema validità di questa dispensa che da sola ha permesso di superare l'esame con ottimi voti e impiegando un ridotto lasso di tempo.

Tipologia: Dispense

2019/2020

In vendita dal 01/06/2022

MatteoL61
MatteoL61 🇮🇹

5

(23)

20 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Radiologia Diagnostica-Radiologia Interventistica e più Dispense in PDF di Radiologia solo su Docsity! RADIOLOGIA RADIOGRAFIA CONVENZIONALE RAGGI X sono onde elettromagnetiche ionizzanti che viaggiano in linea retta e penetrano nei tessuti in funzione della loro densità; l’immagine è ottenuta da sistemi di rivelazione (piano sensibile) dei raggi X:  I tessuti radiotrasparenti appaiono NERI  I tessuti radiopachi sono BIANCHI (in questo caso le radiazioni ionizzanti sono state assorbite e non vengono rilevate da piano sensibile). L’immagine viene quindi trasportata su una matrice digitale che si caratterizzata per: + Risoluzione SPAZIALE + Risoluzione di CONTRASTO capacità di distinguere un tessuto da un altro. È importante considerare che la radiografia è una rappresentazione 2D e quindi al fine di collocare un determinato punto nello spazio sono necessarie almeno 2 proiezioni diverse, ovvero due piani di acquisizione delle immagini diversi AP, LL, CC, obliqua ecc. Infine, va specificato come oltre all’esame radiografico diretto nell’ambito della radiografia possono essere utilizzati MDC al fine di determinare contrastografie artificiali che ci permettono di valutare meglio un determinato distretto es. Solfato di Bario, MDC organo-iodato. ECOGRAFIA Tecnica diagnostica che utilizza gli ultrasuoni i quali penetrano nei tessuti generando poi degli echi di ritorno, captati dallo stesso strumento, che a seconda dell’entità e della deformazione del segnale è in grado, attraverso l’elaborazione di un computer, di codificare questi echi in un segnale luminoso in una scala di grigi. Le caratteristiche principali degli US sono:  Lunghezza d’onda  Frequenza maggiore è la frequenza e maggiore è la risoluzione dei tessuti esaminati ma minore è la profondità esaminabile. Ad oggi utilizziamo sonde “multifrequenza” in grado di modificare automaticamente la frequenza in base alla profondità dell’organo da valutare. Mentre il MEZZO attraverso cui passano gli ultrasuoni è costituito dalla cosiddetta IMPEDENZA ACUSTICA ovvero la forza con la quale ogni mezzo si oppone al passaggio degli ultrasuoni, che è in relazione alla densità del mezzo stesso. ARIA (impedenza 0)… OSSO (impedenza 3,75-7,40) Tra i termini utilizzati nell’ambito dell’US troviamo: - ANECOGENO Non ci sono echi che vengono riflessi NERO aria o liquidi - IPERECOGENO Maggiore riflessione delle onde (più bianco) rispetto al parenchima di riferimento - IPOECOGENO Minore riflessione delle onde (più nero) rispetto al parenchima di riferimento - ISOECOGENO Stessa ecogenicità del parenchima di riferimento È però importante considerare che l’ecografia è una metodica OPERATORE-DIPENDENTE che può quindi essere caratterizzata da valutazioni più o meno precise in relazione all’esperienza e bravura dell’operatore che la effettua. È infine importante considerare che ad oggi le tecniche di US sono utilizzate NON solo nell’ambito dell’ecografia standard ma se associate ad altri software possono darci utili informazioni riguardo diversi aspetti:  ECO-DOPPLER per effetto “doppler” si intende il fenomeno per cui la frequenza di un’onda meccanica riflessa da un corpo in movimento cambia in modo proporzionale alla velocità del movimento aumenta se la particella in movimento si avvicina, diminuisce se si allontana. In diagnostica medica questo effetto è sfruttato soprattutto per lo studio del flusso nei vasi sanguigni con il cosiddetto “ECO-COLOR-DOPPLER” ovvero una ecografia su scala di grigi che però secondo l’effetto doppler rappresenta il flusso sanguineo con una scala di colori: per convenzione il rosso rappresenta il flusso in avvicinamento alla sonda mentre il blu quello in allontanamento; la variazione della luminosità del colore rappresenta la velocità di flusso, mentre la turbolenza di flusso viene raffigurata con ulteriori colori aggiuntivi.  ELASTOSONOGRAFIA i moderni ecografi dispongono di un ulteriore software che permette una caratterizzazione tissutale in funzione dell’elasticità (molto utile per esempio nella valutazione dei noduli tiroidei) l’elasticità tissutale è valutata tramite la deformazione indotta da un impulso a radiofrequenza che in tempo reale ci permette di definire attraverso una scala cromatica se il tessuto è elastico (ROSSO) o rigido (BLU), con ovviamente gradazioni intermedie. Questa metodica NON è operatore-dipendente. TOMOGRAFIA COMPUTERIZZATA TC Tecnica di diagnostica per immagini il cui principio si basa sulla ricostruzione tomografica attraverso l’acquisizione di tante proiezioni radiografiche ad angolazioni diverse che permetto quindi una ricostruzione dell’oggetto nelle sue dimensioni nella TC il tubo radiogeno emette raggi X che attraversano la struttura posta all’interno del “Gantry” (buco della macchina) ed il rilevatore trasmette poi le informazioni al computer questa metodica permette di acquisire multipli strati contigui nel corso di un’unica rotazione del gantry. La TC è in grado di valutare le densità in modo assoluto (NON raffrontato ad un parenchima di riferimento come l’ecografia) utilizzando a tale scopo la scala di Hounsfield che va da -1000 (aria) a + 1000 (osso) con lo 0 che corrisponde all’acqua. AriaPolmone Tessuto adiposo Acqua LCR Rene Sangue Tessuto muscolate Materia grigia Materia bianca Fegato MDC Osso Lo studio TC a seconda dei distretti corporei e degli organi da valutare può essere implementato con l’infusione di MDC ev organo-iodato che consente una migliore differenziazione di strutture con densità simile o la valutazione della stessa struttura in tempi diversi (in funzione della vascolarizzazione) ecc. Il MDC è fondamentale anche nello studio dei vasi ANGIO-TC. RISONANZA MAGNETICA (RM) metodica diagnostica che si basa sull’utilizzo di campi magnetici ed onde ad elettrofrequenza (come le onde radio), sfruttando le caratteristiche nucleari degli atomi di idrogeno (si usano gli atomi di idrogeno poiché sono i più rappresentati 75% del corpo umano). FUNZIONAMENTO I protoni ruotano attorno ad una asse (spin) generando un microscopico campo magnetico; normalmente questi campi magnetici sono orientati casualmente e perciò il vettore magnetico dell’organismo, risultante dalla loro somma, è nullo se sottoposti ad un forte campo magnetico esterno l’asse dei protoni si orienterà lungo il campo stesso; Inviando a questo punto l’impulso di radiofrequenza sugli atomi compresi nel campo si determinerà un loro “caricamento” che determina la generazione di un vettore di magnetizzazione. Una volta cessato l’impulso di RF si determinerà un rilassamento dei protoni con conseguente ripristino del loro orientamento originale questo rilassamento determina l’emissione di energia che il macchinario capta attraverso appositi rilevatori e attraverso un software traduce questi segnali in immagini. Il rilassamento dei protoni avviene con due costanti di tempo distinte:  Tempo di rilassamento LONGITUDINALE T1 Immagini T1 dipendenti GRASSO MDC (sostanze paramagnetiche) Sangue Parenchimi Liquidi (es LCR) Fibrosi Tessuti ad elevata cellularità e vascolarizzazione Aria e Osso compatto  Tempo di rilassamento TRASVERSALE T2 Immagini T2 dipendenti Liquidi (es. LCR) Tessuti ad elevata cellularità e vascolarizzazione Parenchimi e grasso Fibrosi MDC Aria e osso compatto In te n si tà d el s eg n al e In te n si tà d el s eg n al e Esistono poi tecniche specifiche per sopprimere i segnali provenienti da determinati tessuti e studiare quindi meglio altri (senza interferenze), es:  Sequenze STIR: serve ad abbattere il segnale del grasso  Sequenza FLAIR: abbattono il segnale del LCR in T2 permettendo quindi di valutare meglio le affezioni encefaliche. MEDICINA NUCLEARE Branca della diagnostica per immagini che utilizza sostanze radioattiva (RADIOFARMACI= NO MDC) a scopo diagnostico e/o terapeutico. Dal punto di vista diagnostico si basa sullo studio, in vivo, della distribuzione del radiofarmaco è un’imaging essenzialmente FUNZIONALE a differenza di molti altri esami radiologici in cui l’aspetto morfologico è più rilevante. I farmaci che vengono utilizzati contengono degli ISOTOPI con il termine isotopo si intende un atomo di uno stesso elemento chimico avente però una differente massa atomica ovvero un diverso numero di protoni/neutroni nel nucleo. Questi composti sono “radioattivi” ovvero risultano instabili sono atomi che vanno incontro al cosiddetto “decadimento” ovvero la liberazione di energia sotto forma di radiazioni che possono essere: + Elettromagnetiche RAGGI GAMMA (diagnostica) + Corpuscolate Alfa, Beta – o Beta+ terapia Tra le caratteristiche fondamentali dei radiofarmaci abbiamo:  EMIVITA tempo di dimezzamento per gli esami diagnostici sono preferibili radioisotopi con un’emivita breve (ci interessa che il Pz sia radioattivo solo nel momento di acquisizione delle immagini) mentre per la terapia l’emivita deve essere più lunga al fine di distruggere i tessuti bersaglio.  Attività radioattiva viene misurata in millicurie; la dose somministrata differisce però dalla dose effettiva assorbita dal Pz che viene invece calcolata in milliSIEVERTS  Effetti ed interazioni con la materia Tra gli EFFETTI di questi radiofarmaci troviamo:  Effetto FOTOELETTRICO: un fotone trasferisce la sua energia ad un elettrone atomico fortemente legato, il quale viene espulso dall’atomo la vacanza lasciata da questo elettrone viene colmata da un elettrone di un orbitale più esterno che compiendo una transizione verso un livello più basso di energia determina la liberazione di raggi X.  Effetto COMPTON: un fotone interagisce con un elettrone debolmente legato all’atomo trasferendogli solo parte della sua energia l’elettrone si distacca e la restante energia del fotone si propaga in direzione diversa da quella del fotone incidente  Produzione di Coppie  Altri.. Radiofarmaci TERAPEUTICI Radiofarmaci DIAGNOSTICI + Alta specificità tissutale + Decadimento corpuscolare + Emivita più lunga + Uptake veloce da parte delle cellule neoplastiche + Rapida clearence renale + Alta specificità tissutale (meno importante) + Decadimento elettromagnetico + Emivita più breve Lo IODIO 131 ha una applicazione sia diagnostica che terapeutica (TERANOSTICA) viene infatti utilizzato sia sia per la scintigrafia tiroidea che in terapia per distruggere le cellule neoplastiche della tiroide stessa. METODICHE DIAGNOSTICHE Distinguiamo essenzialmente: + Scintigrafia + Tecniche Tomografiche acquisizione di singoli strati corporei SPECT e PET SCINTIGRAFIA metodica che permette il rilevamento di raggi gamma, prodotti dal radioisotopo (precedentemente somministrato) attraverso una “gamma camera” che trasduce questi segnali in immagini BIDIMENSIONALI che possono essere: + Statiche mirate o Total-body (somma di immagini statiche acquisite spostando il lettino a velocità costante) + Dinamiche valutazione nel tempo della distribuzione del radiofarmaco tramite acquisizione di una sequenza di immagini in tempistiche decise dall’operatore. La “scintigrafia” ha questo nome per la presenza nel macchinario di un “cristallo scintillatore” costituito da tallio che converte la radiazione ricevuta in luce visibile in quantità proporzionale alla radiazione assorbita Tra le indagini più importante applicate con questa metodica abbiamo la scintigrafia: miocardica, ossea, tiroidea, paratiroidi, individuazione del linfonodo sentinella (es K mammario). SPECT “Single Photon Emission Tomography” tecnica di medicina nucleare in cui si utilizzano solamente composti che emettono raggi gamma i quali vengono captati dal macchinario che produce immagini di singoli strati corporei immagini tomografiche. Nell’ambito della SPECT rientra anche la “scintigrafia”. Il radioisotopo più utilizzato nella SPECT (95% dei casi) e nella scintigrafia è il TECNEZIO 99, che deriva dal Molibdeno 99 (a sua volta derivante dall’uranio). Questo marcato utilizzo deriva dal fatto che questo composto è un esclusivo gamma-emettitore con emivita breve (6h). Può essere utilizzato come ione solo per la visualizzazione di tiroide e ghiandole salivari, per tutti gli altri usi deve essere coniugato a sostanze chelanti. Con il termine GATED-SPECT si intende l’acquisizione delle immagini SPECT sincronizzata con un dato evento fisiologico (es. battito cardiaco monitorato con l’ECG) PET “Positron Emission Tomography” Tecnica di medicina nucleare che utilizza radioisotopi emittenti positroni Fluoro 18 (il più utilizzato), Carbonio 11, Ossigeno 15 questi composti sono prodotti artificialmente attraverso il bombardamento di atomi di ossigeno o azoto con neutroni nel ciclotrone. Si chiamano “radioisotopi emittenti positroni” poiché nel loro decadimento liberano una particella Beta, ovvero una particella corpuscolata con massa uguale all’elettrone ma carica positivamente questa particella ha emivita breve e quando incontra la materia determina la produzione di 2 raggi gamma su un piano orizzontale ovvero con un angolo di 180° (raggi in verso opposto) questo fenomeno è definito ANNICHILAZIONE. I raggi gamma vengono captati dai rilevatori del macchinario e, poiché è noto l’angolo di emissione dei due raggi, è possibile risalire al punto di annichilazione all’interno del corpo ciò ci permette quindi di avere immagini tomografiche in relazione allo stato funzionale del tessuto ma in questo caso anche con risoluzione spaziale discreta. Inoltre, è bene considerare che ad oggi le macchine PET sono PET-TC e quindi permettono nello stesso Pz di quantificare precisamente la radioattività in una regione ben delimitata. Come già detto il composto radioattivo più utilizzato è il F18 che si lega molto bene al desossiglucosio il 18FDG è il più diffuso radiofarmaco utilizzato per la PET essendo un analogo del glucosio entra nelle cellule tramite i trasportatori GLUT, viene fosforilato sull’ossigeno 6 ma non prosegue il ciclo glicolitico per cui si accumula nei tessuti proporzionalmente al fabbisogno cellulare di glucosio; per cui le strutture che più lo captano sono: encefalo, cellule neoplastiche ed infiammatorie, miocardiociti in condizioni di stress metabolico (utilizzano come substrato energetico primario gli acidi grassi); nonché sistema escretore urinario (reni e vescica). APPLICAZIONE DELLA PET in ONCOLOGIA ci sono diversi parametri che possono essere studiati tramite la PET che ci danno indicazione dell’eventuale presenza di una neoplasia:  Incremento glicolisi  Incremento della sintesi proteica  Incremento della sintesi delle membrane plasmatiche  Incremento della sintesi del DNA (poco usata)  Incremento dell’espressione di alcuni recettori Per quanto riguarda il “QUANDO” si deve effettuare un’indagine PET in ambito oncologico:  Distinguere una lesione MALIGNA da una BENIGNAes. nodulo polmonare dubbio un tempo nel dubbio si faceva esame bioptico; ad oggi si può vedere tramite PET riduzione toracotomie del 60%.  Individuare un tumore PRIMITIVO sconosciuto in un Pz che presenta metastasi o sindromi paraneoplastiche.  Staging neoplasie  Monitorare efficacia delle terapie anti-neoplastiche  Identificare RECIDIVA di MALATTIA  Segnalare la SEDE migliore a dare informazioni se bioptizzata (ergo indica la zona da bioptizzare)  Guida il planning della radioterapia Ci sono alcune considerazioni da fare nell’ambito dell’utilizzo delle PET: o La PET con 18FDG deve prevedere un controllo della GLICEMIA il 18FDG può infatti competere con il glucosio e la sua captazione è quindi influenzata dalla glicemia:  Viene prescritto un digiuno pre-esame di 6h, anche perché il pasto induce una liberazione di insulina con relativo aumento della captazione di glucosio, ed eventualmente anche di 18FDG, anche a livello muscolare.  Nel Pz diabetico si deve programmare attentamente la giornata dell’esame l’insulina deve essere presa 4-5h prima dell’esame e dopodichè si dovrebbero evitare farmaci o cibi che possano influire sulla glicemia fino al termine dell’esame. In soggetti con una glicemia vicina ai 200 mg/dl l’esame è controindicato. o Nonostante si pensi che il soggetto in cui viene effettuata la PET sia esposto ad un quantitativo importante di radiazioni in realtà questa metodica espone a meno radiazioni rispetto ad una semplice TC con MDC molti clinici continuano a pensare il contrario e prescrivono poche PET e troppe TC con MDC. o LIMITI della PET: + DIMENSIONI uno dei limiti più grandi la risoluzione spaziale della PET è intorno ad 1 cm (se alla TC ho un nodulo di 2-3mm è inutile fare la PET) + Studio delle NEOPLASIE CEREBRALI (primitive e secondarie) con PET con 18FDG il 18FDG viene ampiamente captato dalla corteccia le neoplasie a livello cerebrale devono essere studiate con F-DOPA + Studio del PARENCHIMA EPATICO con PET con 18FDG  Tipicamente il carcinoma epatocellulare NON capta molto il 18FDG, per tali motivi la PET con questo tracciante di norma non è usata nel seguire questo istotipo Altri traccianti proposti per valutare questo tumore sono la 18F-Colina e il 11C-acetato. +Studio dei PARENCHIMI in MOVIMENTO La PET dura circa 15min con l’acquisizione di diverse immagini che non permettono una visione precisa dell’organo. Infine, è importante considerare che nell’ambito della RT deve essere seguito un ITER ben specifico composto di diverse fasi: 1. INDICAZIONE e PRESCRIZIONE 2. SIMULAZIONE è un momento dell’iter terapeutico in cui si simula il trattamento RT utilizzando gli stessi parametri che verranno utilizzati nell’unità di terapia e definendo il volume di interesse. In questa fase si cerca di far assumere al Pz una posizione precisa, fissa ma confortevole, grazie a sistemi di immobilizzazione e riposizionamento (es. maschera termoplastica o belly board permette di dislocare le anse intestinali al fine di avere un trattamento più mirato). 3. PIANIFICAZIONE Momento in cui si stabilisce il piano di trattamento finale del Pz si effettua una TC/RM tramite cui si definiscono il volume del bersaglio e degli organi limitrofi a rischio. Quindi quello che si fa nella fase di pianificazione è definire il volume macroscopico e l'estensione microscopica, nell'ambito delle “incertezze” che possono essere legate al riposizionamento del paziente o agli atti fisiologici, ad esempio nell’ambito di un tumore polmonare dobbiamo tener conto delle fasi di espansione e costrizione fisiologica del polmone che determinano uno spostamento del tumore. Inoltre, in questa fase oltre al tessuto che vogliamo trattare dobbiamo definire il TESSUTO SANO circostante che dobbiamo preservare sulla base di questa considerazione è bene definire che gli organi possono essere: + IN SERIE in cui il danno di una sub-unità comporta un danno funzionale di tutto l’organo (es. midollo spinale) + IN PARALLELO in cui il danno di una subunità NON pregiudica il funzionamento in toto dell’organo. Ad oggi i macchinari per la RT sono dotati di sistemi informatici che prima di eseguire il trattamento sono in grado di valutare la probabilità di danno a determinati organi permettono quindi di valutare a fondo l’indice terapeutico. 4. VERIFICA Consiste nel verificare che la simulazione e la pianificazione siano di fatto applicate, ovvero se il Pz è nella giusta posizione la macchina è in grado di valutare ed applicare gli spostamenti necessari per portare il paziente nella posizione più corretta per valutare questi spostamenti del Pz esistono sistemi bidimensionali, ma ad oggi anche tridimensionali, ancora più precisi, o anche tramite la conformazione della superficie del corpo del paziente tramite telecamere ad infrarossi. 5. ESECUZIONE Una volta stabilito ciò che vogliamo trattare e ciò che vogliamo preservare, ed una volta verificato che il Pz si trova nella posizione corretta, si può procedere al trattamento ad oggi i “trattamenti ad intensità modulata” ci permettono di “scolpire” in maniera precisa la radiazione all’interno e all’esterno della neoplasia grazie a strumentoicome le “LAMELLE MULTI-LIFT COLLIMATOR” si riesce a modulare il fascio di radiazioni che esce dalla macchina essenzialmente attraverso la velocità con cui si muovono le lamelle si scolpisce la dose di radiazioni rispetto a quel punto preciso che vogliamo trattare. RADIOLOGIA INTERVENTISTICA branca della radiologia medica che comprende tutte le procedure MINI-INVASIVE diagnostiche e terapeutiche effettuate mediante la guida ed il controllo delle metodiche radiologiche (Eco, TC, RM, fluoroscopia). Ad oggi i campi di applicazione della RI sono molteplici: vascolare, epato-biliare, oncologico, GI, muscolo-scheletrico, uro-genitale ecc. Tra gli strumenti utilizzati abitualmente nella RI vascolare troviamo:  INTRODUTTORI VASCOLARI Sono delle strutture che vengono posizionate all’interno del vaso, dopo puntura del vaso stesso e che permettono l’inserimento e la retrazione dei cateteri vascolari. Generalmente vengono introdotti in arteria femorale. Hanno un calibro che va dai 4-12 Fr (1 French= 0.3mm).  FILI-GUIDA Fili che veicolano il catetere nel vaso, possono essere idrofilici o metallici con diametro e lunghezza variabili.  CATETERE VASCOLARE “tubo” di lunghezza, calibro e conformazione variabile. Può essere utilizzato a fini diagnostici o terapeutici. Ne distinguiamo di diversi tipi: +Catetere ANGIOGRAFICO Catetere dotato di calibro ridotto; è utilizzato per raggiungere diversi distretti vascolari. All’interno del suo lume è iniettato MDC per effettuare un’angiografia diagnostica. +Catetere PORTANTE Catetere con calibro maggiore, struttura più rigida ed estremo distale più flessibile. Al suo interno possono essere avanzati cateteri a palloncino e/o stent con fini terapeutici. +Catetere a PALLONCINO Catetere dotato di camera espandibile che viene introdotto all’interno dell’organismo con fini terapeutici. Possono essere distinti a seconda di diversi aspetti:  Modalità/Capacità di espansione: - NON-compliantil’espansione massima è fissa - Compliante all’aumentare della pressione aumenta anche il diametro/espansione - Semi-Compliante Condizione a metà  Come vengono avanzati: - Monorail hanno il filo guida solo nella parte distale - Over the wire sono attraversati dal filo guida in tutta la loro lunghezza  Composizione: - Semplici (in plastica) - Ricoperti di farmaci citostatici per ridurre la proliferazione cellulare e quindi nel caso vascolare per evitare una ristenosi - Ricoperti di piccole lame/fili guida/maglie di metallo utilizzati in caso di stenosi calcifiche o in generale per aumentare la dilatazione  STENT Dispositivi a maglie metalliche, di forma cilindrica o tronco-conica, rilasciati all’interno dell’organismo al fine di ricanalizzare o deviare il flusso (a fini terapeutici). Possiamo distinguere gli stent in relazione a:  Modalità di Espansione: - Self-Expandible una volta rilasciati si espandono autonomamente - Ballon-Expandible si espandono grazie al gonfiaggio di un palloncino  Struttura: A celle aperte, A celle chiuse, A “disegno ibrido”  Composizione: - Tradizionali (o a base nuda) - Medicati con Paclitaxel tasso di ristenosi minore ma allungamento della terapia anticoagulante (a vita) - Riassorbibili È bene infine citare alcune categorie particolari di stent, come per esempio i FLOW-DIVERTER stent dotati di una morfologia particolare che vengono usati in neuroradiologia nell’ambito degli aneurismi. INDICAZIONI RI vascolare stenting carotideo, trattamento aneurismi cerebrali/aortici, trattamento stroke acuto, posizionamento di endoprotesi vascolari, trattamento steno-occlusioni arterie viscerali/degli arti inferiori, controllo sanguinamenti, trattamento delle fistole av, posizionamento dei filtri cavali, tips, sclero- embolizzazione varicocele ecc. PATOLOGIA AORTICA ANEURISMI AORTICI Dilatazione patologica dell’aorta; tende a colpire più frequentemente soggetti maschi sopra i 65aa; la zona più frequentemente interessata è l’aorta addominale, in particolare il tratto sotto renale. Le CAUSE possono essere molteplici: ATS, Traumi, IP, Vasculiti autoimmuni/infettive, Congeniti. Dal punto di vista CLINICO la maggiorparte (75%) risultano asintomatici; tuttavia possono andare incontro a fessurazione o rottura con sviluppo di sintomatologia dolorosa fino shock emorragico. Inoltre, è bene considerare che la presenza della sacca aneurismatico può portare ad alterazioni del flusso con relativa formazione di trombi che possono portare a fenomeni di embolia (distale). La DIAGNOSI si basa su: + Ecografia metodica di prima istanza nella diagnosi e nel controllo evolutivo dell’AAA. + Angio-TC esame di seconda istanza ma di scelta in urgenza, ci da molte informazioni riguardo: sede, morfologia e dimensioni della sacca, caratteristiche del colletto e presenza di vasi afferenti ed efferenti. Lo studio dell’aneurisma richiede una scansione in fase arteriosa preceduta da una scansione basale senza MDC per la valutazione della parete del trombo parietale e per la ricerca del cosiddetto “crescent sign”, un’iperdensità di forma semilunare a livello della parete dell’aneurisma espressione dell’iniziale penetrazione di sangue nella parete e quindi segno di imminente rottura. Ad oggi circa l’80% degli AAA può essere TRATTATO per VIA ENDOVASCOLARE le controindicazioni a questo trattamento sono:  Patologie del tessuto connettivo  AAA in fase infiammatoria acuta  Colletto <7mm  Estensione dell’aneurisma in entrambe le ipogastriche  Ipogastrica alta con controlaterale occlusa Il trattamento consiste in un accesso arterioso trans-femorale retrogrado bilaterale e inserimento di una struttura “a pantalone” che si adagia sulle pareti dell’aorta rafforzando il vaso ed escludendo l’aneurisma. Tra le COMPLICANZE di questo intervento troviamo:  TROMBOSI  Rottura della sacca aneurismatica (molto raro)  DISSECAZIONE  ENDOLEAK Persistenza del rifornimento, per via arteriosa, della sacca aneurismatica persiste quindi la pressurizzazione aumenta il diametro Rischio di rottura. Distinguiamo diversi tipi di endoleak: - Tipo 1 Mancata aderenza della protesi (o prossimalmente o distalmente) alla parete vasale con relativo rifornimento massivo della sacca aneurismatica. - Tipo 2 Più frequente rifornimento della sacca attraverso dei circoli collaterali (solo una piccola % determina un aumento di dimensioni tale da richiedere un trattamento). - Tipo 3 Disconnessione dei moduli/Rottura della protesi - Tipo 4 Porosità della protesi - Tipo 5 ENDOTENSION espansione/aumento della sacca in assenza di evidente endoleak Il TRATTAMENTO dell’endoleak può essere: + PERCUTANEO:  Posizionamento di una cuffia prossimale o distale (Tipo 1)  Embolizzazione dei rami afferenti alla sacca (Tipo 2) + CHIRURGICO (extrema ratio) Nell’approccio ad un Pz diabetico con lesione al piede devono essere valutati alcuni criteri che indicano l’eventuale necessità di un trattamento:  TcPO2 Levels (ossimetria) i livelli di O2 che arrivano al piede: + Valori <34mmHg correlati ad amputazione nell’85% dei casi + Valori tra 34-40mmHg amputazione nel 20% dei casi + Valori >40mmHg la necessità della rivascolarizzazione dipende dall’entità della lesione  Diametro della lesione il valore Cut-Off oltre il quale è indicato il trattamento è equivalente a 5 cm2  Classificazione TEXAS Tabella che mette in relazione la superficialità/profondità della lesione e la presenza di ischemia/infezione in base a questi aspetti stima il rischio di amputazione Il TRATTAMENTO ad oggi si basa essenzialmente sulla RI l’IT è stata la 1° a dimostrare un miglior rapporto rischio/beneficio nell’approccio endovascolare rispetto all’eventuale bypass open. Ovviamente la rivascolarizzazione si basa sulla localizzazione della lesione e quindi sul concetto di angiosoma gli angiosomi sono i territori vascolari tridimensionali che sono tributari di specifiche arterie: - Territorio della Tibiale Anteriore dorso del piede - Territorio della Peroniera-Calcaneare calcagno e zona malleolare mediale - Territorio della Tibiale Posteriore Pianta del piede Uno studio di Tor Vergata ha dimostrato come il coinvolgimento dei vasi a livello del piede, al di sotto della caviglia, sia importantissimo il successo della rivascolarizzazione di queste arterie è determinante nell’evitare l’amputazione. I Pz diabetici DIALIZZATI sono i più difficili da trattare, soprattutto quelli con occlusione della tibiale posteriore che presentano lesioni a livello del calcagno altissimo rischio di amputazioni severe ciò è dovuto alle calcificazioni arteriose tipiche dei Pz dializzati che rendono difficoltosa la rivascolarizzazione con tecniche standard il Trattamento di scelta in questi Pz consta di una micro-connessione tra arteria e vena distale (si crea una fistola AV). Tra le COMPLICANZE che possono insorgere nel trattamento di questi Pz troviamo l’EMBOLIZZAZIONE DISTALE più frequente nei casi di ricanalizzazione di stent chiusi e sistemi di rimozione di placca. SISTEMA NERVOSO CENTRALE DIAGNOSTICA:  Radiologia tradizionale uso limitato allo studio della colonna vertebrale: trauma, patologie degenerative, post-operatorio per verificare il corretto posizionamento di viti, placche, distanziatori discali.  ANGIOGRAFIA ad oggi il suo scopo diagnostico è stato sostituito dalla angio-RM o angio-TC; ed è quindi maggiormente utilizzata a scopo terapeutico, preliminare ad una procedura interventistica. - INDICAZIONI Aneurismi e malformazioni vascolari// stenosi, trombosi, dissezioni// stenting, embolizzazioni, trombolisi. - VANTAGGI Risoluzione maggiore, analisi “real time” del circolo cerebrale (esame dinamico), possibilità di intervenire subito. - SVANTAGGI Invasività, utilizzo di MDC e radiazioni ionizzanti  ULTRASUONOGRAFIA ECOGRAFIA e ECO-COLORDOPPLER. Per quanto riguarda lo studio del SNC tramite ecografia questa è utilizzata esclusivamente in ambito pediatrico, sfruttando la fontanella ancora aperta. Per quanto riguarda invece l’ECD questo è utilizzato per: + STENOSI CAROTIDEA (soprattutto) + TRANSCRANIAL DOPPLER Si utilizza una sonda particolare che riesce ad attraversare l'osso (squama del temporale meno spessa) e attraverso dei reperti particolari si studia il flusso prevalentemente a livello delle arterie cerebrali medie. VANTAGGI della US: Elevata sensibilità e specificità// Permette di valutare la morfologia della placca (contenuto calcifico, fibrotico, lipidico) // Grado di stenosi // NON invasività // Economicità  SVANTAGGI: - Operatore-dipendente - Lesioni localizzate oltre l’angolo mandibolare - Lesioni ad alto contenuto di calcio che possono ostacolare la visione della placca e quindi la realizzazione di un grading affidabile. - Presenza di una stenosi ad alto grado che può mimare un’occlusione il trattamento è diverso: un’arteria occlusa è inoperabile, se invece è molto stenotica ma non occlusa è operabile.  TOMOGRAFIA COMPUTERIZZATA nonostante la TC sia la tecnica di 1° scelta in molti distretti, per quanto riguarda il SNC ad oggi la RM rappresenta un’opzione decisamente migliore grazie alla sua maggiore risoluzione di contrasto. Comunque sia rimane un esame importante soprattutto nella patologia traumatica. In generale le indicazioni all’uso della TC nell’ambito del SNC sono: o Patologia TRAUMATICA Traumi del rachide, fratture della teca o della base del massiccio craniale, emorragie intracraniche ecc. o Patologia cerebro-vascolare acuta per DD tra ictus ischemico o emorragico. Nell’ambito dell’emorragia l’angio-TC ci permette inoltre di valutare la causa es. emorragia sub-aracnoidea è spesso dovuta alla rottura di un aneurisma.  In generale nelle URGENZE (traumi, stroke) l’utilizzo della TC è preferibile per la rapidità di esecuzione o Neoplasie è preferibile la RM anche se ci sono delle neoplasie in cui è utile fare uno studio TC es. neoplasie con calcificazioni: oligodendroglioma (calcificazioni serpiginose); craniofaringioma. o Patologia infettiva meglio RM ANGIO-TC Indicazioni: - Studio dei VASI EPIAORTICI ci permette di valutare le caratteristiche delle stenosi carotidee: entità, composizione della placca, irregolarità della parete, presenza di ulcerazioni ecc. - Studio del CIRCOLO INTRACRANICO malformazioni vascolari (lo studio va completato con uno studio angiografico), aneurismi (in caso di rottura l’angio-TC ci permette di valutare velocemente la sede e quindi di permettere una embolizzazione repentina), rapporti vascolari con la patologia neoplastica.  RISONANZA MAGNETICA metodica GOLD STANDARD nello studio di diverse affezioni cerebrali grazie alla più elevata risoluzione di contrasto e maggiore caratterizzazione tissutale rispetto alla TC. In linea generale:  Sostanza grigia: più scura (ipointensa) in T1 e più chiara (iperintensa in T2)  Liquor: più scuro (ipointenso) in T1 e più chiaro (iperintenso in T2)  Edema citotossico= iperintenso  Edema vasogenico= ipointenso in T1 ma iperintenso in T2 e FLAIR Le indicazioni ELETTIVE della RM nell’ambito del SNC sono: - Epilessia - Neoplasie cerebrali - Malattie demielinizzanti - Ipoacusia neurosensoriale - Disendocrinie ipofisarie - Malformazioni cerebrali - Patologie del midollo spinale - Studi funzionali - Patologie infettivo/infiammatorie Le applicazioni di seconda linea invece sono: + Sequele di traumi cranici (meglio TC) + Esiti di patologia vascolare (meglio TC) + Demenze e patologie degenertative cerebrali (es. parkinson) (meglio medicina nucleare) ANGIO-RM Tecnica di RM che consente l’esclusiva valutazione delle strutture vascolari arteriose e/o venose. Può essere fatta: + SENZA MDC studio intracranico: - Angio-RM TOF (tempo di volo) permette di ottenere un segnale alto da parte dei protoni ematici, riducendo invece al massimo il segnale dai tessuti stazionari. - Tecnica di Contrasto di Fase sfrutta il concetto che esiste una differenza tra spin mobili e stazionari vengono sottratte due immagini, una in cui il segnale di flusso è marcatamente ipointenso e l’altro in cui è più intenso l’immagine risultante fa vedere solo i flussi. + CON MDC studio extracranico si utilizzano MDC paramagnetici che intensificano il segnale in T1 valutazione vasi epiaortici (es. valutare stenosi carotidea). PATOLOGIA DEL CIRCOLO CEREBRALE Si definisce STROKE o ICTUS un deficit neurologico ad insorgenza ACUTA, con una disfunzione focale o globale, con sintomi che durano da oltre 24h o che causano la morte del Pz entro 24h. Lo stroke rappresenta la 3° causa di morte (2% di tutti i decessi/anno) e la 1° causa di invalidità nei paesi industrializzati. Dal punto di vista EPIDEMIOLOGICO l’incidenza tende ad aumentare con l’età e NON c’è una marcata differenza d’incidenza tra i due sessi (solamente nella fascia 60-79 anni è leggermente più f nelle donne). Lo stroke viene distinto dal TIA (attacco ischemico transitorio) che veniva definito inizialmente come un episodio acuto di disfunzione cerebrale, focale, dovuto ad un deficit di irrorazione con sintomi che regrediscono entro le 24h; ad oggi questa definizione ha subito una variazione evento di durata inferiore di 1h senza evidenza di lesioni alla RMN. Nonostante questa definizione possa far supporre ad una condizione di blanda entità in realtà il soggetto affetto da TIA presenta un maggior rischio di eventi ischemici maggiori, in relazione alla sua gravità. A tal proposito la gravità del TIA può essere valutata tramite varie scale tra cui la ABCD-score che in base a diversi parametri ci indica il rischio di Ictus Ischemico a distanza di 7gg dal TIA: + A AGE >60: 1 punto + B BLOOD PRESSURE IP: 1 punto + C  CLINICAL FEATURES emiparesi: 2 punti /// disturbi del linguaggio: 1 punto + D DURATA >60 min: 2 punti/ <60 min: 1 punto L’ictus o stroke viene CLASSIFICATO in base al movens eziopatogenetico in: + Ictus ISCHEMICO rappresenta il 75-80% dei casi di stroke. + Ictus EMORRAGICO o Emorragia cerebrale 15-20% dei casi di stroke. ICTUS ISCHEMICO Costituisce la forma più frequente di ictus legata ad una riduzione del flusso ematico con relativa ischemia del tessuto a valle. I MECCANISMI PATOGENETICI con cui si sviluppa l’ictus ischemico sono essenzialmente 3:  TROMBOTICO  EMBOLICO  EMODINAMICO: più raro dei precedenti, è legato ad una ipoperfusione grave (stenosi carotidea molto severa, arresto cardiaco, ipotensione grave, emorragia grave) e dipende dai meccanismi di autoregolazione e dall’efficienza dei circoli collaterali (per questo tende a colpire maggiormente gli anziani); in questo caso l’infarto viene definito “DI CONFINE” cioè l’ischemia interessa un settore a cavallo tra i territori di due arterie, ovvero le zone più periferiche e quindi meno perfuse. Le CAUSE possono essere molteplici:  ATS 20%; patologia frequente e polidistrettuale. Nella maggiorparte dei casi parliamo di ATS dei grandi vasi epiaortici extracranici, e quindi della carotide. Una placca aterosclerotica a livello carotideo può determinare: - Occlusione carotidea su base trombotica che può determinare un’ipoperfusione grave a valle che se non adeguatamente compensata dai vari meccanismi di regolazione può portare ad ischemia (meccanismo emodinamico). - Occlusione di una arteria intracerebrale da parte di un embolo (meccanismo trombo-embolico). Le caratteristiche della placca evidenziabili con ECD e ANGIO-TC, indicative di un rischio di evento trombo- embolico, sono: ECOGENICITA’ (iper-, ipo-ecogena, disomogenea), SUPERFICIE (regolare, irregolare), ENTITA’. L’ATS intracranica è più rara ma è comunque una possibile causa di ictus ischemico che tra l’altro si associa ad un più elevato tasso di recidiva. Le sedi più frequenti in cui si sviluppano le placche sono l’arteria cerebrale media e l’arteria basilare.  ICTUS LACUNARE 25%; sono aree infartuate di piccole dimensioni, conseguenti all’ostruzione dei piccoli vasi penetranti a seguito di fenomeni come per esempio la lipoialinosi. I fattori predisponenti sono: età, diabete ma soprattutto IP  ICTUS CARDIO-EMBOLICO 20%; sono infarti dovuti ad emboli a partenza cardiaca. La causa principale è la FA (tuttavia può essere determinato anche da altre cause IMA, protesi meccaniche, endocardite infettiva, stenosi mitralica); inoltre è bene considerare che possono esserci emboli non a diretta partenza dal cuore ma da zone limitrofe, es. a partenza da placche dell’arco aortico. Una caratteristica di questi ictus è che possono determinare lesioni multiple in aree cerebrali anche distanti, con relativa gravità significativa della sintomatologia (le altre cause non presentano tutta questa variabilità).  ICTUS INDETERMINATO 30%; Non è evidenziabile con certezza la causa  Altre cause 5%  vasculopatie infettive/infiammatorie, vasospasmo indotto da sostanze (es cocaina), malattie congenite del connettivo, malattie ematologiche e DISSECAZIONE costituisce il 10-20% degli stroke in soggetti con meno di 45 anni, può essere da causa traumatica o spontanea; generalmente interessa il tratto extracranico della carotide oppure l’arteria vertebrale. La dissecazione è un processo dinamico che deve essere monitorato nel tempo per valutare la progressione/evoluzione. E’ frequente la ricanalizzazione spontanea anche in poco tempo dall’evento acuto (es. 2° o 3° giornata). Prima di proseguire è fondamentale far riferimento al fatto che il processo di morte cellulare per ISCHEMIA è un processo GRADUALE e da ciò deriva la caratteristica fondamentale dell’iter diagnostico e terapeutico, ovvero il fattore TEMPO. Di fatto nell’ambito dell’ischemia possiamo distinguere: - Zona centrale o CORE ISCHEMIICO che è la zona in cui si ha una abolizione pressoché totale del flusso ematico per cui entro pochi minuti si instaura un danno irreversibile. - Zona periferica o ZONA DI PENOMBRA ISCHEMICA ovvero un territorio di sofferenza che presenta un danno reversibile, infatti se viene adeguatamente perfuso in un tempo definito questo tessuto andrà incontro ad un recupero se però questa zona non viene trattata, o viene trattata in ritardo, seguirà il destino del core ischemico ovvero morte cellulare Da queste considerazioni è ben intuibile come diagnosi e terapia debbano essere il più veloci possibili (time is tissue) La DIAGNOSI si basa sulla clinica seguita dalla diagnostica per immagini. Il ruolo della radiologia è:  Esatta diagnosi  DD tra ictus ischemico ed emorragico  Prognostico: vaso colpito, estensione del danno in funzione del tempo Individuare la causa e le tempistiche in cui è insorto il danno anche al fine di selezionare la popolazione per eventuali trattamenti Le tecniche che vengono utilizzate sono:  TC indagine che viene fatta in acuto e ci permette di distinguere la lesione emorragica da quella ischemica (anche se è bene considerare che non sempre la lesione emorragica si positivizza nelle prime ore). La TC tuttavia NON è in grado di evidenziare il danno ischemico nella fase iper-acuta in cui domina l’edema citotossico; al massimo la TC può evidenziare alcuni segni indiretti (presenti nel 50% dei casi): + Spianamento dei solchi + Riduzione del contrasto sostanza bianca-sostanza grigia + Lieve ipointensità del nucleo lenticolare/putamen Solamente dopo qualche tempo (24-72h) l’aerea infartuata apparirà come ipodensa. La presenza di una IPODENSITA’ PRECOCE: o Valore predittivo di infarto del 96% o Maggiore rischio di trasformazione in ictus emorragico o Peggiore prognosi Inoltre, può talvolta essere presente una iperdensità dell’arteria cerebrale media, il vaso più interessato nell’ambito di ictus ischemici, segno di occlusione trombo-embolica del vaso. Ci possono però essere dei falsi positivi dovuti a calcificazioni vascolari. ANGIO-TC localizzazione della lesione + Visualizzazione dei collaterali  RMN La RMN è più sensibile (soprattutto nei piccoli infarti) e permette una diagnosi molto più precoce rispetto alla TC anche grazie a tecniche quali la “diffusione” e “perfusione”: + Diffusione nell’ambito dell’evento ischemico a livello delle cellule neuronali si riducono i livelli di ATP con conseguente blocco della pompa Na/K ATPasica e quindi accumulo di molecole di H2O all’interno delle cellule (edema citossico) La tecnica di diffusione permette di valutare questo aspetto e quindi di evidenziare il core ischemico come un aumentato segnale in tempistiche molto precoci. È importante però considerare che possono essere presenti dei falsi negati nell’ambito della diffusione: - Valutazione TROPPO PRECOCE Valutare il Pz in maniera così precoce (<30min) è raro ma possibile - Infarti di PICCOLE DIMENSIONI - Infarti DELLA FOSSA CRANICA POSTERIORE si positivizzano più tardivamente + Perfusione ci permette di valutare il “tessuto salvabile” ovvero la zona di penombra ischemica, ovvero il tessuto ipoperfuso ma non ancora morto quindi potenzialmente recuperabile. Lo studio perfusionale può essere fatto tramite traccianti diffusibili (SPECT) o MDC (RM e TC) alla RM con gadolinio l’area apparirà ipointensa in T2 per ridotto passaggio di MDC. L’area ipoperfusa è data dalla sottrazione delle immagini in diffusione e perfusione. Per quanto riguarda la TERAPIA come già detto il TEMPO è un fattore fondamentale con il progredire del tempo il core infartuale diventa sempre più vasto andando progressivamente ad interessare tutta l’area ipoperfusa/zona di penombra; i tempi di evoluzione dipendono da tanti fattori anche se il core tende a coprire tutta la zona di penombra nell’arco di 6-8h (ad oggi però alcuni studi dimostrano, in casi specifici, un’utilità nell’intervenire anche dopo questo tempo). Nell’ambito del trattamento sono presenti linee guida ben strutturate dalla fase pre-ospedaliera alla fase post Il Pz deve avere la miglior gestione per le sue caratteristiche spesso ci sono spostamenti tra strutture ospedaliere per permettere un trattamento specifico per quel Pz. Abbiamo essenzialmente 2 metodi di approccio: - TROMBOLISI Mediante il t-PA (attivatore tissutale del plasminogeno) viene dato 0,9mg x Kg corporeo; il 10% in bolo il restante in infusione continua entro 4-5h dall’esordio dell’ictus. Nonostante il trattamento debba essere precoce e superato un determinato tempo risulta pressoché inutile, si è visto come in alcuni Pz (che presentano determinate caratteristiche alla RMN diffusione/perfusione) la terapia trombolitica può essere utile anche tra le 4,5-9h. Ovviamente prima di procedere alla trombolisi devono essere valutati tutti i criteri per avere un trattamento sicuro: NON dovrebbe essere effettuata in Pz che hanno avuto recentamente traumi, IMA, altri stroke (soprattutto di tipo emorragico); bisogna essere CAUTI in Pz che seguono terapia anticoagulante; la pressione deve essere ben controllata. Inoltre, posso decidere di non trattare sia se ho segni di rapida ripresa sia se ho segni di stroke molto grave poiché in quest’ultimo caso la terapia con t-PA può portare ad EMORRAGIA. - TROMBECTOMIA ha permesso notevoli modifiche nell’outcome di questi Pz effettuata da radiologi interventisti con l’inserimento di un catetere a livello dell’arteria femorale, viene fatto arrivare direttamente nella sede dell’occlusione a questo punto si può scegliere di aspirare il trombo/embolo o utilizzare uno stent retriver che imbriglia il trombo/embolo e se lo porta via. I candidati a questo trattamento sono quei Pz con occlusione prossimale entro 6h dall’esordio; tuttavia studi pubblicati nel 2018 hanno evidenziato come Pz con specifiche condizioni radiologiche (RMN diffusione/perfusione) possono giovare dei benefici della trombectomia fino a 16-24h dopo l’evento. Nell’ambito della ricanalizzazione è possibile valutare il successo della stessa tramite il sistema “TICI” in cui distinguiamo: + TICI 2b e 3 indicano un successo nella rivascolarizzazione + TICI 0, 1, 2a indicano un insuccesso; nello specifico il TICI 2a indica una condizione in cui abbiamo una rivascolarizzazione inferiore ai 2/3 del territorio vascolare di distribuzione dell’arteria che è occlusa. DIAGNOSI L’esame di prima scelta/Gold standard è la TC che evidenzia in fase acuta (0-7gg): - Iperdensità variabile in funzione dell’ematocrito - Alone periferico ipodenso (edema) - Effetto massa restringimento dei ventricoli e spianamento dei solchi.  Con il progredire del tempo abbiamo una progressiva riduzione della densità della raccolta ematica, in senso centripeto (Fase sub-acuta2/4settimane) Fino al raggiungimento di una condizione di ipodensità con eventuale dilatazione del sistema ventricolo cisternale (Fase degli Esiti >4settimane) Per quanto riguarda la RMN questa si positivizza precocemente ma NON viene in genere usata in acuto; possiamo decidere di usarla nei casi di: + Sanguinamenti in sedi atipiche per cercare la causa (es.neoplasia, MAV, fistole ecc.) + Pz giovani LA RMN consente inoltre la datazione delle lesioni grazie alle diverse capacità magnetiche dei prodotti di degradazione dell’Hb. TERAPIA e PROGNOSI bisogna considerare che l’emorragia intracerebrale è gravata da un alto tasso di mortalità nonché dalla permanenza di numerose sequele neurologiche. Un dato fondamentale da considerare è ovviante l’entità dell’ematoma la cui espansione riconosce fattori predittivi/prognostici: + Aspetti Clinici GCS, Pressione sanguinea + Parametri di laboratorio aspetto coagulativo, infiammazione + Criteri Neuroradiologici Per quanto riguarda il trattamento distinguiamo un approccio:  MEDICO mira ad ottimizzare la pressione arteriosa e la PIC; nonché a controllare condizioni quali per esempio coagulopatie ecc. Nell’ambito della PA è importante però considerare che alcuni studi hanno evidenziato come abbassare la pressione sistolica a 140mmHg sia sicuro ma allo stesso tempo NON è stato possibile (ancora) definire un valore di pressione considerato “positivo”. Altro aspetto da tener conto è che, come già detto prima, il danno più significativo è quello secondario e a tal proposito si stanno cercando di sviluppare terapie anti-ossidanti proprio per controllare questo aspetto.  CHIRURGICO dal punto di vista logico verrebbe da pensare che la rimozione dell’ematoma sia la soluzione migliore tuttavia, in funzione anche del fatto che il danno da effetto massa (primario) non sia così significativo, intervenire chirurgicamente può NON solo NON risultare utile ma generare a sua volta dei danni si è visto infatti che la chirurgia è il trattamento più pericoloso in Pz con un GCS<8 (coma) ed inoltre ci sono buoni motivi per supporre che la craniotomia potrebbe essere addirittura dannosa in emorragie intraparenchimali profonde. Ci sono solo due condizioni in cui è certa e scientificamente comprovata l’utilità della chirurgia:  Ematomi in fossa cranica posteriore  Emorragie sovratentoriali: (limitata) efficacia con chirurgia mini-invasiva EMORRAGIA SUB-ARACNOIDEA è una raccolta emorragica nello spazio tra aracnoide e pia madre; costituisce il 5% degli ictus ma è il tipo con maggiore gravità la mortalità complessiva si aggira tra il 30-50%; ed inoltre il 50% dei sopravvissuti presenta sequele neurologiche di gravità variabile. Dal punto di vista eziologico la ESA è riconducibile a:  ANEURISMI sono responsabili della maggiorparte (75%) delle forme di ESA. Dal punto di vista epidemiologico tendono ad interessare soggetti giovani, 40-50aa.  Altre malformazioni vascolari MAV, angiomi cavernosi  TRAUMI l’ESA interessa il 4-12% dei Pz con trauma cranico associato a perdita di conoscenza. Lo sviluppo di ESA è legato sia all’impatto diretto che ai movimenti di accelerazione-decelerazione che determinano una rottura dei vasi della pia madre e dell’aracnoide. ANEURISMI CEREBRALI dilatazioni della parete vascolare dei vasi arteriosi cerebrali; sono le malformazioni vascolari più frequenti a livello del SNC interessano il 2% della popolazione mondiale e si localizzano preferibilmente nelle biforcazioni del circolo anteriore (in particolar modo interessano l’arteria comunicante anteriore). Sono lesioni ad ALTO FLUSSO. Dal punto di vista eziopatogenetico si individuano 2 teorie di formazione di questi aneurismi: 1. Teoria ACQUISITA alcuni fattori possono determinare cambiamenti nella parete vasale con conseguente sua debolezza e formazione della sacca aneurismatica IP, ATS, infezioni micotiche ecc. 2. Teoria DISEMBRIOGENETICA sviluppo difettoso della tonaca media e della lamina elastica interna con conseguente debolezza vasale e formazione di aneurismi. Gli aneurismi possono essere distinti in base a:  Morfologia della sacca:  SACCIFORMI: i più frequenti; la dilatazione interessa un solo segmento del vaso, la cui parete si estroflette formando una sacca, generalmente occupata da trombi, che comunica con il vaso attraverso un orifizio chiamato colletto.  FUSIFORMI: la dilatazione coinvolge il vaso in tutta la sua circonferenza; sono dovuti in genere ad ATS.  Morfologia del colletto ampio o stretto  Dimensioni: + Piccoli (<6mm) + Medi (6-15mm) + Grandi (15-25mm) + Giganti (>25mm) Gli aneurismi possono rimanere asintomatici per tutta la vita ma possono andare anche incontro a rottura determinando quindi fenomeni emorragici; la rottura è più frequente con il crescere delle dimensioni e può essere spontanea o a seguito di fattori scatenanti, in particolare un rialzo pressorio (sforzo fisico intenso, defecazione, coito ecc.) CLINICA (basandoci sulla causa più frequente: aneurismi) la fase di rottura può essere preceduta dalla fessurazione dell’aneurisma, con stillicidio ematico, che comporta, a livello sintomatologico, l’insorgenza di CEFALEA, a tal proposito ogni cefalea, ad esordio acuto, che si verifica in soggetti che non soffrono di cefalea o con caratteristiche atipiche in pazienti affetti da altri tipi di cefalea, deve essere considerata sospetta e sottoposta ad approfondimento. La rottura dell’aneurisma si manifesta acutamente con CEFALEA VIOLENTISSIMA avvertita alla nuca e tra le scapole (simile ad un colpo di pugnale), associata a vertigini, NAUSEA, VOMITO e perdita di conoscenza di breve durata; successivamente compaiono i segni di sofferenza meningea (rigidità nucale, decubito a canna di fucile, fotofobia); e a seconda della localizzazione possono comparire segni focali. Se NON adeguatamente trattata il Pz andrà incontro a coma e MORTE. TRAUMA L’ESA si osserva nel 40% dei Pz con trauma cranico moderato-grave ed è generalmente dovuta a lacerazione dei vasi VENOSI corticali nel loro passaggio “a ponte” nello spazio sub-aracnoideo. Risulta essere isolata solo nel 5% dei casi mentre nel restante (maggiorparte) è associata ad altre emorragie intracraniche. La presenza di ESA da un outcome peggiore aumenta la mortalità. A differenza della forma aneurismatica la forma TRAUMATICA non è associata a nausea e vomito. Secondo le linee guida il trattamento nel caso di aneurismi NON rotti è indicato nel caso di dimensioni >5-7mm, anche se possono andare incontro a rottura anche aneurismi più piccoli la condizione deve essere valutata nello specifico: età, IP, comorbilità. DIAGNOSI di fondamentale importanza è il sospetto clinico, tenendo conto soprattutto della cefalea particolare. A seguito della valutazione clinica si procede quindi con l’imaging:  TC SENZA MDCil sangue si trova localizzato negli spazi sub-aracnoidei che alla TC risulteranno quindi IPERDENSI iperdensità dei solchi, delle scissure e delle cisterne.  La sensibilità della TC è del 90-95% e dipende dalla quantità di sangue e dal TEMPO, maggiore nelle prime fasi e tende a diminuire con il progredire del tempo (“lavaggio” del sangue).  Il sangue può raggiungere il sistema ventricolare determinando quindi un EMOVENTRICOLO con la formazione del tipico LIVELLO LIQUOR-SANGUE (livello fluido-fluido), ovvero: data la densità diversa, il sangue si depositerà più in basso mentre il liquor più in alto.  Nelle forme gravi il sangue impedisce il deflusso di liquor generando così IDROCEFALO che si manifesta con una dilatazione dei corni temporali dei ventricoli laterali. Nel caso di un TRAUMA è importante fare DD con PSEUDO-ESA ovvero una IPERDENSITA’ VASALE (quindi non degli spazi sub-aracnoidei) dovuta ad un rallentamento del flusso sanguineo causato dal rigonfiamento cerebrale ovvero dall’edema secondario al trauma.  Nei casi di sospetta ESA ma con TC negativa si può procedere (anche se alcuni non la consigliano più) alla PUNTURA LOMBARE test delle 3 provette: cioè il liquor ha un colore rosaceo/rosso uniforme in tutte e 3 le provette.  ANGIO-TC studio fondamentale per la ricostruzione anatomia vascolare per identificare la lesione sanguinante. Nell’ambito degli aneurismi ci permette di evidenziare una massa rotondeggiante ovalare iperdensa con C.E. precoce, intenso, omogeneo e fugace. Gli aneurismi di grandi dimensioni mostrano un C.E intenso nella parte centrale e nell’anello periferico mentre è molto modesto nella parte trombizzata (aspetto a bersaglio). È importante considerare che quando riscontriamo casualmente un aneurisma all’angio-TC è bene valutare in maniera approfondita l’eventuale presenza di altri: in 1 caso su 5 il Pz è portatore di aneurismi multipli.  ANGIOGRAFIA Studio Pre-Operatorio che attraverso una ricostruzione 3D ci permette di valutare le caratteristiche dell’aneurisma (e quindi la tecnica migliore con cui intervenire): - Valuta le dimensioni e la morfologia della sacca aneurismatica - Misura le dimensioni del colletto ed il rapporto colletto/sacca + Rapporto BASSO (1/3) esclusivamente il coiling + Rapporto AMPIO (in genere colletto >4mm) in questo caso abbiamo il rischio di fuoriuscita delle spirali di platino e quindi devono essere utilizzati altri sistemi. TRAUMI CRANICI rappresentano una delle condizioni patologiche più frequenti in ambito neurologico, anche se ad oggi NON abbiamo un preciso database. L’importanza dei traumi cranici risiede nella loro elevata mortalità e morbilità nel mondo occidentale rappresentano la 3° causa di morte ma arrivano al 1° posto nella fascia di età che va dai 15-35aa; da ciò è evidenziabile anche l’elevato costo sociale. Su 100 traumi: 10 muoiono, 4 rimangono in stato vegetativo, 9 hanno un grave esito, 64 un esito moderato, e 13 un buon esito. Dal punto di vista EPIDEMIOLOGICO i soggetti più colpiti sono: giovani, sesso maschile, ceti sociali più bassi/minoranze etniche, residenti in città metropolitane, soggetti con storia di abuso di sostanze, soggetti che hanno già subito un trauma cranico. Dal punto di vista EZIOLOGICO gli INCIDENTI STRADALI predominano, soprattutto nei giovani, seguiti poi da incidenti domestici, lavorativi, percussioni e sport (quest’ultimo campo è quello in cui si presentano più frequentemente traumi concussivi di lieve entità). Negli anziani sono più frequenti a seguito di cadute. CLASSIFICAZIONI dei traumi cranici: - BIOMECCANICA i traumi possono essere distinti in “ad alta velocità” (>200m/s) e “a bassa velocità” (<200 m/s). - GRAVITA’ in relazione alla GLALSGOW COMA SCALE (GSC) scala di valutazione della GRAVITA’ CLINICA basata sull’accertamento di risposte di ordine: visivo, verbale e motorio si da un punteggio a tutti e 3 i parametri e si ottiene uno score finale:  VISIVO da 1 (non c’è apertura degli occhi) a 4 (gli occhi si aprono spontaneamente)  VERBALE Da 1 (no risposta verbale) a 5 (risposte verbali appropriate)  MOTORIO da 1 (no risposta motoria) a 6 (capacità di eseguire comandi motori) Il punteggio finale va da 3, MOLTO GRAVE, a 15, TRAUMA MOLTO LIEVE; in particolare: + Trauma LIEVE GCS 14-15 + Trauma MODERATO GCS 9-13 + Trauma SEVERO GCS 3-8 È importante considerare che il GCS va fatto IN MODO SERIATO, ovvero a distanza nel tempo poiché ci può essere una progressione oppure un miglioramento del quadro è fondamentale monitorare il Pz nel tempo. Il GCS ha un importante VALORE PROGNOSTICO c’è un rapporto lineare con la MORTALITA’ e gli ESITI post- trumatici:  GCS lieve mortalità 1-4% // GCS grave mortalità 20-40%  Il 33-50% dei Pz con trauma cranico MODERATO presenta deficit funzionali a lungo termine. Oltre al valore prognostico il GSC ci guida anche nell’iter diagnostico l’esame di prima scelta nell’ambito del trauma cranico risulta essere la TC, tuttavia spesso NON è necessario effettuarla e questa scelta è guidata dal valore del GCS: - Trauma cranico LIEVE GCS= 14-15 75% di tutti i traumi cranici La TC deve essere effettuata solo se NECESSARIA, ovvero se sono presenti fattori di rischio PREESISTENTI o CONSEGUENTI al trauma (fattori che indicano un maggior rischio di emorragie): + Fattori PREESISTENTI età >65aa, abuso di alcol-droga, coagulopatie/terapia anti-coagulante, storia di epilessia. +Fattori CONSEGUENTI Cefalea ingravescente, vomito, amnesia, crisi convulsiva post-traumatica, frattura, dinamica del trauma, perdita di conoscenza. In base alla presenza di questi fattori distinguiamo classi di rischio che corrispondono a metodiche di approccio diverse:  Rischio lieve NO TC  Rischio moderato TC entro 6h  Rischio grave TC prima possibile - Trauma cranico MODERATO o GRAVE GCS <14 deve essere SEMPRE effettuata una TC cranio e TC rachide cervicale al momento del ricovero. VANTAGGI della TC LIMITI della TC - Rapidità d’esame - Accessibilità - Elevata sensibilità al sangue acuto - Dettaglio osseo elevato - Può permettere ricostruzioni multiplanari e ricostruzioni 3D molto utili nell’ambito della valutazione delle fratture della base cranica e del massiccio facciale - Danno assonale viene visto poco (meglio RMN) - Sottostima le lesioni (soprattutto lesioni contusive corticali) - Scarsa visualizzazione in iper-acuto del danno ischemico (secondario al trauma cranico per esempio per una dissecazione) - Scarsa predizione delle complicanze - Meno sensibile nello studio del tronco encefalo - Dose di radiazioni che può essere dannosa nei bambini Gli elementi semeiologici più rilevanti ai FINI PROGNOSTICI da ricercare alla TC sono: + Valutazione delle cisterne della base + Presenza di ematomi epidurali ed emorragie subaracnoidee + Deviazione della linea mediana Per quanto riguarda la RMN questa viene usata soprattutto nei traumi vertebro-midollari mentre per quanto riguarda i traumi cranici è utile soprattutto nell’ambito in cui c’è una discrepanza tra TC e clinica o nelle fasi sub-acute/croniche (non in acuto). A seguito di un trauma si svilupperanno delle LESIONI che vengono distinte in: 1. PRIMARIE sono le lesioni che si sviluppano al MOMENTO del trauma: + Fratture + Lesioni extraparenchimali Ematoma epidurale/sotto-durale/sub-aracnoideo + Lesioni intraparenchimali danno assonale diffuso, contusione, concussione, emorragia intraparenchimale. 2. SECONDARIE sono dovute ad alterazioni locali o sistemiche conseguenti al trauma; sono in genere più gravi e quelle più frequentemente correlate a morte del Pz: + Edema cerebrale diffuso TCE con relativo sviluppo di ischemie e ernie cerebrali + Infezioni + Fistole durali (rare) Il ruolo del medico è quello di contenere le lesioni primarie ma soprattutto è quello di PREVENIRE e TRATTARE le lesioni secondarie LESIONI PRIMARIE: FRATTURE Si distinguono diversi tipi di frattura in base alla morfologia e alla sede interessata:  Lineare semplice non è da sottovalutare perché comunque indica un trauma significativo da valutare in maniera approfondita.  Depresse si ha un distacco con sprofondamento dell’osso all’interno  Chiuse// Aperte queste ultime richiedo una profilassi antibiotica In base alla sede distinguiamo:  Fratture della TECA CRANICA sono presenti nel 60% dei casi, possono essere lineari, depresse o complesse. La loro presenza NON correla con le condizioni cliniche. NON necessitano di un trattamento a meno che non siano di rilevanza maggiore: depressione >8-10mm, frammenti multipli, danno neurologico corticale.  Fratture della BASE CRANICA possono determinare quadri di: + Lesione del FACIALE con paresi + Lesioni del NERVO ACUSTICO con ipoacusia neurosensoriale + Frattura a U del basicranio può coinvolgere il canale carotideo con relativa lacerazione della carotide interna. EMATOMA EPIDURALE raccolta ematica tra TECA cranica e DURA MADRE. Si presenta nel 2% di tutti i traumi cranici e nell’ 80-95% dei casi associati a frattura cranica. È prevalentemente di origine ARTERIOSA (90%), dovuto nella maggiorparte dei casi alla rottura dell’ARTERIA MENINGEA MEDIA (quindi zona temporo-parietale) a seguito di traumi che determinano la rottura dell’osso temporale (questa sede risulta più suscettibile poiché l’osso temporale presenta uno spessore più fino, 2-3mm, contro gli svariati cm dell’osso frontale o occipitale). Per quanto riguarda il 10% di origine venosa è correlato a lesioni dei seni trasverso, sigmoide e sagittale superiore. Questo ematoma NON è correlato a movimenti di accelerazione-decelerazione è considerato l’ematoma STATICO per definizione a tal proposito è bene considerare come nell’ambito degli incidenti stradali il casco protegga dal trauma statico ma NON dalla componente di accelerazione-decelerazione. Dal punto di vista EPIDEMIOLOGICO l’ematoma epidurale è “SCONOSCIUTO” negli anziani e ciò è dovuto al fatto che la dura madre in questi soggetti è fortemente adesa alla scatola cranica; mentre nel giovane abbiamo una relativamente facile scollabilità delle due strutture. Dal punto di vista CLINICO l’ematoma epidurale si presenta con: + Cefalea e vomito + Deterioramento dello stato di coscienza + Deficit neurologici focali che dipendono dalla sede + Alterazioni neurovegetative (bradicardia, IP, respiro di Cheyne-Stokes) È importante considerare che nel 40% dei casi di EE possiamo avere un “INTERVALLO LUCIDO/LIBERO”, ovvero il tempo che intercorre tra trauma e manifestazioni cliniche, anche molto lungo (anche se comunque è minore rispetto alle forme subdurali, che possono arrivare fino ad 1 mese). La DIAGNOSI si basa sulla TC che mette in evidenza una RACCOLTA IPERDENSA di FORMA BICONVESSA che comprime il parenchima cerebrale determinando un effetto massa con compressione delle cavità liquorali e deviazione della linea mediana. È importante considerare che l’ematoma epidurale è caratterizzato da un rapido accrescimento e quindi necessita di controlli ravvicinati nel tempo. Data la sede in cui si sviluppa (tra teca e dura madre) la raccolta ematica:  Può oltrepassare la linea mediana, attraverso la falce ed il tentorio  NON può oltrepassare le suture a cui la dura madre è fortemente adesa La TERAPIA si basa su una craniotomia con evacuazione dell’ematoma. I FATTORI che indicano la necessità di un intervento chirurgico sono:  CLINICI GCS <8  RADIOLOGICI: + SPESSORE ematoma >15mm + DISLOCAZIONE LINEA MEDIANA >5mm + Compressione delle cisterne della base + DENSITA’ MISTA dell’ematoma, indice di sanguinamento attivo. Oltre a questi aspetti è fondamentale considerare la gravità a lungo termine della concussione e soprattutto della RIPETITIVITÀ delle concussioni infatti a seguito di un trauma lieve (concussione) le cellule nervose si vengono a trovare in una condizione di maggiore VULNERABILITA’ durante la quale, se subiscono un altro insulto possono andare incontro a MORTE a tal proposito uno studio sperimentale ha valutato l’effetto a lungo termine di concussioni ripetute nel tempo attraverso l’utilizzo di tecniche di neuroimaging innovative (RMN con SPETTROSCOPIA) si sono andati a misurare i livelli di ATP e N-ACETIL-ASPARTATO, 2 markers di funzionalità neuronale, a seguito di traumi lievi ripetuti a distanza di poco tempo si è visto come concussioni multiple determinano una riduzione di ATP e NAA pari se non peggiore di un trauma cranico grave. Ciò che comunque è supportato da numerosi dati è che la ripetizione di traumi lievi nel tempo determina una condizione infiammatoria cronica a livello encefalico con relativa velocizzazione dell’AGING cerebrale e quindi maggiore incidenza di MALATTIE NEUROGENERATIVE (sviluppo più frequente e precoce di demenza). LESIONI SECONDARIE EDEMA CEREBRALE DIFFUSO TCE È un PROCESSO determinato da un aumento della pressione intracranica la quale può essere determinata a sua volta da condizioni quali: edema, emorragia, blocco della circolazione liquorale. A seguito di IP endocranica si svilupperà ipossia cerebrale dovuta ad una maggiore difficoltà di scorrimento del flusso sanguineo (vasi compressi dall’aumento della P endocranica) che determinerà una sofferenza cellulare con conseguente sviluppo di edema il quale a sua volta andrà ad aggravare la situazione aumentando la pressione intracranica CIRCOLO VIZIOSO. Il TCE è una complicanza temibile, una delle più frequenti cause di morte a seguito del trauma cranico la mortalità per una PICmedia >20mmHg è del 50%. Il TCE può essere evidenziato alla TC, la quale ha anche un importante valore predittivo. I segni TC del rigonfiamento cerebrale sono:  Scomparsa del contrasto zona grigia/sostanza bianca  Diffusa ipodensità del parenchima con iperdensità relativa del cervelletto rispetto agli emisferi  Spianamento dei solchi  Ventricoli piccoli Il TCE può essere evidenziato precocemente anche alla RMN. Per quanto riguarda il valore prognostico l’ENTITA’ del rigonfiamento cerebrale nel primo esame TC-post trauma è fortemente correlato all’outcome i Pz con scarsa o assente rappresentazione delle cisterne della base hanno una mortalità 3 volte superiore. La TERAPIA si basa sulla riduzione della P intracranica. MALATTIE DEMIELINIZZANTI la principale, per frequenza e gravità, è la SCLEROSI MULTIPLA patologia infiammatoria demielinizzante del SNC a verosimile patogenesi autoimmunitaria. EPIDEMIOLOGIA tende ad interessare soggetti giovani-adulti (anche se ci possono essere sia casi pediatrici che tardivi), con picco d’incidenza intorno ai 20-40aa, e tende a colpire prevalentemente il sesso femminile (M:F=1:2/3). EZIOLOGIA come nella maggior parte delle patologie autoimmunitarie l’eziologia è da ricercare nell’interazione tra: - PREDISPOSIZIONE GENETICA un ruolo principale sembra essere svolto da determinati polimorfismi del gene HLA, ma negli ultimi anni i numerosi studi nell’ambito di questa patologia hanno rilevato la partecipazione di molti altri geni. - FATTORI AMBIENTALI sono sospettati avere un ruolo: la dieta (in relazione a bassi livelli di vitamina D), eventuali infezioni virali (es. EBV) e la distribuzione geografica, infatti i paesi scandinavi tendono ad avere una prevalenza più alta PATOGENESI lo sviluppo di questa patologia è legato all’attacco da parte del sistema immunitario contro la MIELINA CENTRALE, ovvero quella formata dagli OLIGODENDROCITI L’attacco immunitario invece NON è rivolto alla mielina periferica, ovvero quella formata dalle cellule di Schwann Il pattern antigenico degli oligodendrociti è diverso da quello delle cellule di Sch. Sono stati individuati diversi meccanismi patogenetici in relazione alla sede, alla tempistica e al tipo di cellula/fattore che media il danno I meccanismi con cui si sviluppa il danno a livello del SNC sono: 1. Attacco diretto dei linfociti contro la mielina Si determinano così aree infiammatorie (definite “placche”) in cui abbiamo una progressiva perdita della mielina; è importante considerare come la perdita della mielina abbia un duplice effetto sul neurone:  Da una parte determina la riduzione della velocità di trasmissione dell’impulso nervoso, funzione propria della mielina.  Dall’altra la mielina ha anche una azione TROFICA sull’assone la perdita della mielina quindi determinerà una sofferenza fino a morte dell’assone a cui seguirà poi una morte retrograda del corpo cellulare del neurone. Si vengono così a creare placche cicatriziali con interruzione del segnale neuronale. 2. Con il progredire del tempo (dopo 15-20 anni) gli attacchi infiammatori si fanno meno vivaci, tuttavia il danno diventa neurodegenerativo con meccanismi ECCITOTOSSICI. 3. Abbiamo poi un terzo meccanismo di danno che interessa la SOSTANZA GRIGIA il quale è mediato da pseudofollicoli che si formano a livello del SNC così come nelle altre patologie autoimmunitarie anche nella SM a lungo termine avremo lo sviluppo di pseudofollicoli nella sede d’attacco a livello di questi pseudofollici vengono prodotte numerose citochine pro-infiammatorie le quali determinano meccanismi neurodegenerativi. STORIA NATURALE DELLA MALATTIA nella maggior parte dei casi (80%) la SM ha un andamento definito “Relapsing-Remitting” ovvero è caratterizzata da fasi di esacerbazione intervallate a periodi di remissione. Nell’ambito di questa forma è però importante considerare il fattore “TEMPO”:  Nelle FASI INIZIALI abbiamo una ricorrenza di episodi clinici di disfunzioni neurologiche deficitarie o irritative (più frequentemente deficitarie) che rispecchiano le fasi di riacutizzazione. Ogni manifestazione ha una durata di inizio e remissione ben precisa le ricadute durano in media 1/1.5 mese con un picco di massima espressione clinica intorno alle 2 settimane queste tempistiche risultano molto utili anche per la DD con patologie che possono determinare defcit neurologici, ad esempio l’ictus dove però le manifestazioni sono iper-acute  Comunque sia nella fase iniziale i Pz riescono a RECUPERARE completamente dalle fasi di acuzie, e quindi il disturbo è REVERSIBILE ciò è dovuto essenzialmente alla “riserva funzionale” ovvero ai meccanismi di COMPENSO che si attuano nell’ambito del danno e che quindi riescono ad attenuare/limitare quelle che sono le manifestazioni cliniche.  DOPO CIRCA 15-20 ANNI di fenomeni di riacutizzazione-remissione il danno a livello encefalico è significativamente aumentato e diffuso ed i meccanismi di compenso diventano quindi insufficienti si iniziano a sviluppare ed accumulare DISABILITA’ e andremo quindi a parlare della fase definita come “progressione secondaria”; questo passaggio è graduale, nella prima fase della progressione secondaria ci sono delle simil-ricadute che progressivamente scompaiono dando spazio a deficit IRREVERSIBILI e progressivi.  Nella progressione della SM abbiamo una sostanziale perdita assonale con relativa diminuzione del volume cerebrale; è come se avessimo un invecchiamento cerebrale iper-rapido infatti in condizioni fisiologiche ogni anno si perde lo 0,2% della massa cerebrale mentre i soggetti affetti da SM perdono fino all’1% della massa cerebrale all’anno 5 volte tanto. Oltre alla forma “relapsing-remitting” possiamo avere anche altre forme più RARE di SM, tra cui: - Progressivamente Cronica 10%in questa forma i sintomi iniziano molto subdolamente e tendono a progredire di settimana in settimana senza il caratteristico aspetto oscillante di remissione e ricaduta. Questa forma però potrebbe essere anche frutto di una sottovalutazione della sintomatologia iniziale o di assenza di essa determinata da un importante compenso. Quindi essenzialmente la forma progressivamente cronica o primariamente progressiva potrebbe essere una forma secondarie a quella remissiva-recidivante passata inosservata tant’è che questa forma tende ad interessare una popolazione che è 10-15 anni più anziana rispetto alla popolazione colpita dalla forma remissiva-recidivante. - Forma benigna 10% si discute ancora molto su questa forma; comunque il termine SM benigna è usato per descrivere un decorso della sclerosi multipla in cui le persone continuano ad avere bassi livelli di disabilità anche diversi anni dopo la diagnosi. MANIFESTAZIONI CLINICHE è importante considerare che è presente una importante variabilità interindividuale circa il tipo di manifestazione e la gravità della sintomatologia, in relazione all’entità e la sede del danno. Le manifestazioni cliniche più frequenti sono:  NEURITE OTICA RETROBULBARE è la manifestazione clinica d’esordio nel 20-30% dei casi, tant’è che ad oggi gli oculisti che rilevano tale condizione indirizzano subito il Pz (soprattutto se donna e giovane) a fare una RMN. Dal punto di vista sintomatologico il Pz avverte una perdita dell’acuita visiva monolaterale. Nell’ambito della SM è inoltre presente un DOLORE RETRO-ORBITARIO nei movimenti laterali dell’occhio.  INTERESSAMENTO DEL TRONCO ENCEFALICO La manifestazione clinica più frequente nell’ambito dell’interessamento del tronco encefalico è la DIPLOPIA, e ciò è dovuto ad un interessamento dei nuclei dei nervi III e VI. Un’altra lesione che si sviluppa in un numero significativo di casi è l’OFTALMOPLEGIA INTERNUCLEARE (sono alterati i movimenti coordinati dei due occhi nello sguardo laterale)  DISTURBI MOTORI  DISTURBI SENSITIVI  Interessamento del CERVELLETTO  Interessamento del MIDOLLO SPINALE  DISTURBI DELLA SFERA PSICHICA La DIAGNOSI si basa essenzialmente sulla CLINICA e sull’IMAGING in entrambi è fondamentale il riscontro di alcuni criteri specifici rappresentati dalla cosiddetta DISSEMINAZIONE SPAZIALE e TEMPORALE. Per quanto riguarda la CLINICA un’anamnesi accurata deve mettere in evidenza l’insorgenza di sintomi RICORRENTI NEL TEMPO (disseminazione temporale) e di TIPOLOGIA DIVERSA (disseminazione spaziale)  es. neurite ottica oggi e parestesia mano sx qualche mese fa. Per quanto riguarda l’IMAGING la RMN rappresenta il gold standard il ruolo della RMN è quello di:  Confermare un sospetto clinico  Monitorare l’attività della malattia: il quadro radiologico è un indicatore della severità della malattia e quindi della disabilità clinica del Pz più placche ci sono e più è grave la situazione  Monitorare l’efficacia del trattamento NEOPLASIE ENDOCRANICHE Prima di trattare nello specifico i tumori del SNC è importante considerare che a livello cerebrale il concetto di MALIGNITA’ assume delle connotazioni leggermente diverse rispetto a tumori in altre sedi ciò è dovuto al fatto che la neoplasia cresce in uno spazio rigidamente delimitato, con ridotta possibilità di adattamento compensatorio dell’encefalo in termini di spazio. Quindi quando parliamo di malignità dei tumori del SNC, oltre alle caratteristiche istologiche, dobbiamo tener conto di:  VELOCITA’ di crescita tumorale  DIMENSIONI del tumore  SEDE le neoplasie che originano in sede sovratentoriale sono sicuramente più aggredibili e quindi con prognosi migliore rispetto alle forme sottotentoriali, le quali manifestandosi in zone vitali come il cervelletto, il tronco, il bulbo ed il mesencefalo NON risultano (facilmente) aggredibili quindi neoplasie in questa sede, anche se di basso grado istologico, hanno un comportamento maligno. A tal proposito è purtroppo doveroso considerare che i tumori del SNC pediatrici sono prevalentemente sottotentoriali, mentre negli adulti sono tipicamente sovratentoriali (inoltre in età pediatrica i tumori del SNC sono secondi per incidenza solamente alle leucemie). Il tentorio del cervelletto è una struttura anatomica costituita da un lembo di dura madre che separa il cervelletto dai lobi occipitali dell’encefalo Per quanto riguarda la CLASSIFICAZIONE dei tumori del SNC distinguiamo innanzitutto i tumori in: + PRIMITIVI + SECONDARI METASTASI ad oggi sono forse i tumori più frequenti a livello endocranico e ciò potrebbe essere dato dall’evoluzione di terapie sempre più efficaci nell’allungare la vita dei Pz oncologici. Tra i tumori che danno più frequentemente metastasi intracraniche troviamo: melanoma, tumori polmonari, mammari, renali, GI. Le metastasi sono spesso multiple e si possono localizzare ad ogni livello anche se sono più frequenti a livello delle regioni temporale e parietale (territori irrorati dall’arteria cerebrale media) I tumori primitivi possono essere distinti a loro volta in: 〆 GLIALI sono i più frequente; originano dalle cellule gliali: astrociti, oligodendrociti, ependima 〆 NON-GLIALI tra cui troviamo diverse forme tumorali: - Tumori delle guaine nervose - Tumori delle meningi meningioni, frequentemente benigni; tuttavia quelli maligni risultano essere particolarmente aggressivi - Linfomi primitivi del SNC in genere ad alto grado di malignità; sono meno sensibili alle terapie rispetto agli altri linfomi - Tumori dei vasi sanguigni - Tumori embrionali più frequenti nei bambini medulloblastoma (nuova classificazione molecolare nel 2016 che lo divide in 4 gruppi sulla base di mutazioni specifiche); Neuroblastoma - Tumori a cellule germinali - Altri I tumori GLIALI come già detto sono i più frequenti, è possibile suddividerli in 3 sottogruppi: Astrocitomi, Oligodendrogliomi ed Ependimomi. Secondo la classificazione della WHO è possibile suddividere i gliomi in 4 gradi di malignità in funzione di: variabilità istotipica, aspetti morfologici e comportamento biologico: + GRADO 1 tumori a lenta crescita, NON invadono i tessuti circostanti, sono benigni e associati a lunga sopravvivenza + GRADO 2 crescita relativamente lenta, possono invadere i tessuti circostanti, possono essere benigni o maligni in relazione alla localizzazione + GRADO 3 hanno crescita veloce con tendenza all’infiltrazione (sono maligni) + GRADO 4 crescita rapida, molto aggressivi Nel 2016 è stata pubblicata l’ultima revisione della classificazione della WHO riguardo ai gliomi, che integra ai dati istologici tradizionali delle INFORMAZIONI MOLECOLARI, in particolare:  Mutazioni a carico del gene IDH1/2 (isocitrato deidrogensi)  CODELEZIONE dei cromosomi 1 e 19 Questa nuova classificazione istomolecolare presenta una valenza prognostica molto più accurata della precedente e permette di dirimere alcune diagnosi difficili:  Tumori con la CONTEMPORANEA presenza di mutazioni di IDH1/2 e co-delezione dei cromosomi 1-19 sono classificati come OLIGODENDROGLIOMI ed hanno una buona prognosi  Tumori con o senza mutazioni di IDH1/2 ma SENZA co-delezione 1-19 sono considerati ASTROCITOMI. Inoltre, è possibile distinguere tra un GLIOBLASTOMA insorto EX-NOVO (mutazione IDH non presente prognosi infausta) ed uno DERIVATO da una forma a più basso grado (IDH mutatoprognosi intermedia) Per quanto riguarda le MANIFESTAZIONI CLINICHE dei tumori del SNC, distinguiamo manifestazioni: + GENERALI IP endocranica + FOCALI: - IRRITATIVE crisi epilettiche - DEFICITARIE sindromi neurologiche in rapporto alla sede La DIAGNOSI si basa su  CLINICA  INDAGINI RADIOLOGICHE I compiti del neuro-radiologo sono: - Identificare la lesione responsabile del sintomo ed escludere la natura NON-neoplastica (es. aneurismi giganti, lesioni infiammatorie, lesioni ischemiche ecc.); valutando per esempio aspetti quali localizzazione, morfologia della lesione presenza di edema e tipologia di edema: l’edema CITOTOSSICO, che presenta una iperintensità in RM diffusione è tipico delle lesioni ischemiche (già si può escludere la natura neoplastica) mentre un edema VASOGENICO, ipointenso in diffusione, può essere perilesionale ad un tumore o comparire dopo qualche giorno da un evento ischemico. - Definite i rapporti con le varie strutture anatomiche e le aree funzionali per programmare l’intervento e per informare il Pz su eventuali rischi - Proporre una tipizzazione istologica ed un grading della lesione in base a: + Aspetti morfologici es. aspetto a farfalla del Glioblastoma Multiforme + Sede sulla sede della neoplasia possiamo trarre numerose informazioni e già avere un’idea del più probabile istotipo e quindi anche della natura benigna o maligna del tumore: # EXTRA-ASSIALI Tumori che si sviluppano all’esterno della struttura encefalica e che sono nella maggiorparte dei casi neoplasie benigne a lenta evoluzione e crescita espansiva e non invasiva (guarda i margini) es. Meningiomi # INTRA-ASSIALI Neoplasie che si sviluppano dentro l’encefalo es. Gliomi + Caratteristiche ottenibili da metodiche avanzate - In alcuni casi aiutare nella gestione terapeutica Le METODICHE DIAGNOSTICHE che possono essere utilizzate sono:  TC È l’esame di primo approccio in caso di cefalea acuta sospetta (primo esame nell’ambito dell’emergenza) ed inoltre può essere utile in Pz claustrofobici o con strumentazioni (vecchie) che impediscono di effettuare una RM. Nell’ambito di una neoplasia già nota può essere utile a valutare alcune componenti del tumore (es. metaplasia calcica) ed i rapporti con le strutture ossee  ANGIOGRAFIA il suo ruolo diagnostico è ormai limitato; ha un potenziale ruolo terapeutico embolizzazione, chemioterapia.  RISONANZA MAGNETICA È considerata come tecnica GOLD STANDARD in relazione alla sua elevata risoluzione di contrasto (capacità di distinguere 2 tessuti tra di loro). La presenza di neoangiogenesi ed alterazioni della BEE pongono indicazione allo studio delle patologie neoplastiche con MDC (gadolinio) e spesso effettuando anche una ANGIO-RM. Ad oggi la RM comprende anche la possibilità di applicare metodiche di studio avanzate che ci permettono di:  Valutare la presenza di lesioni ad alto indice mitotico (presumibilmente neoplastiche)  Definire i rapporti del tumore ai fini del planning chirurgico  Offrire un primo grading  Definire il pattern vascolare Queste metodiche sono:  PERFUSIONE (sia TC che RM) Tecnica che permette l’elaborazione di mappe atte a valutare il grado di vascolarizzazione, il flusso, il volume ematico ed il tempo di transito (molto utile quindi nel caso di neoangiogenesi tumorale). Inoltre, è bene considerare che i tumori più aggressivi presentano un volume perfusionale più alto; ed inoltre nell’ambito della neoplasia singola è possibile distinguere aree con livelli di perfusione diversa questa tecnica ci guida anche nel prelievo bioptico. Le sequenze di perfusione possono essere inoltre utilizzate nel follow up di una lesione trattata con le tecniche convenzionali questa appare come un’area potenziata ma è la vascolarizzazione che ci permette di differenziare tra una recidiva (alta vascolarizzazione) e un’area di gliosi/necrosi (scarsa vascolarizzazione).  DIFFUSIONE Tecnica che valuta la “motilità delle molecole d’acqua”. Un’evoluzione ulteriore di questa tecnica è la TRATTOGRAFIA sequenza di diffusione in grado (attraverso la valutazione dei movimenti dell’acqua) di fornire una ricostruzione tridimensionale delle fibre della sostanza bianca, valutandone quindi eventuali lesioni da infiltrazione o dislocazioni da compressione (tumorale).  SPETTROSCOPIA Tecnica che permette di valutare la concentrazione di determinati metaboliti la cui variazione può essere indice di determinate condizioni patologiche es: + NAA (N-acetil-aspartato) indicatore di tessuto nervoso intatto (si riduce nell’ambito di lesioni cerebrali comprese le neoplasie) + COLINA marker del turnover delle membrane cellulari un suo aumento indica un’aumentata cellularità (es neoplasie). Di solito i livelli di colina si mettono in rapporto con quelli di creatina. + LATTATO indicatore del metabolismo anaerobio aumenta nelle aree necrotiche In ambito tumorale la spettroscopia permette di: o Distinguere una lesione neoplastica da una non neoplastica confrontando i valori dei metaboliti in particolare una riduzione del NAA ed un aumento della colina è importante valutarli insieme: la colina può aumentare anche in una lesione di tipo infettivo-infiammatorio, senza accompagnarsi ad una riduzione del NAA. o Fornire un mapping della lesione neoplastica individuando le aree con maggiore aggressività.  RM FUNZIONALE permette di valutare le aree di attivazione corticale (a seguito di azioni motorie, stimoli sensitivi, verbali ecc.) attraverso la rilevazione dei livelli di deossi-Hb Permette quindi di valutare i rapporti tra area funzionale e area danneggiata.  PET per quanto riguarda il 18FDG, teoricamente si è visto che i tumori con elevato metabolismo glucidico avevano una prognosi peggiore rispetto a quelli con basso metabolismo glucidico (quindi maggiormente aggressivi); tuttavia il 18FDG a livello cerebrale presenta una bassa specificità a causa del fatto che questo composto è altamente captato anche dal parenchima cerebrale sano. Per questo motivo il 18FDG NON è utilizzato nello studio delle neoplasie a livello cerebrale al suo posto è utilizzata la F-DOPA la quale permette di valutare il metabolismo amminoacidico anche questo composto viene maggiormente captato da forme tumorali più aggressive/avanzate. L’utilizzo della PET con F-DOPA nell’ambito delle neoplasie cerebrali è utile soprattutto a valutare se e dove la neoplasia sta recidivando oppure nello studio delle metastasi (tuttavia è bene considerare che la captazione di questo composto può essere influenzata anche da condizioni quali l’infiammazione). PATOLOGIE dell’ipofisi distinguiamo 2 grandi gruppi:  Patologie CONGENITE: o Deficit di GH isolato causa ritardo nella crescita ed è secondario a varie cause tra cui ectopia della ghiandola, traumi intrauterini, difetti embriogenetici ecc. La RMN può evidenziare nei casi più severi l’ectopia della ghiandola o una riduzione del suo volume anche se è apparentemente normale nel 40-90% dei casi. o Deficit adenoipofisari multipli Sono secondari ad ectopia della neuroipofisi (70%) o ad ipoplasia dell’adenoipofisi (20%). o Sindrome della SELLA VUOTA È una condizione dovuta ad incontinenza del diaframma sellare con conseguente estensione intrasellare degli spazi sub-aracnoidei con conseguente schiacciamento verso il basso dell’ipofisi e slargamento della sella turcica. Dal punto di vista clinico può essere asintomatica oppure essere accompagnata da deficit endocrini (iperPRL), cefalea, disturbi del campo visivo. La RM evidenzia l’occupazione della sella, slargata, da parte di una formazione con attenuazione simil-liquorale.  Patologie ACQUISITE: - Adenomi - Craniofaringiomi - Gliomi - Meningiomi - Metastasi - Germinomi - Amartomi ipotalamici - Sella vuota (tipico di donne obese pluripare o condizioni che determinano necrosi ipofisaria) - Cisti aracnoidee - Cisti dermoidi/epidermoidi - Cisti della Tasca di Rathke - Istiocitosi X - Altri… ADENOMI IPOFISARI rappresentano il 10% dei tumori cerebrali primitivi e sono dovuti alla proliferazione di un tipo cellulare contenuto a livello dell’ipofisi. Dal punto di vista epidemiologico interessano soggetti adulti, tra 35 e 60 anni. Il 95% sono sporadici ed il 5% sono familiari (MEN1). Gli adenomi possono essere classificati in base a: + ISTOLOGIA + FUNZIONALITA’:  il 75% sono SECERNENTI e ciò comporta che spesso si rendono manifesti a causa delle alterazioni endocrinologiche, quando ancora sono di dimensioni ridotte. Le forme più frequenti sono i prolattinomi seguiti dagli adenomi somatotropi (GH)  il 25% NON sono secernenti e ciò comporta che la diagnosi è spesso tardiva, dopo manifestazione dell’effetto massa + RADIOLOGIA RM che ci permette di distinguere queste lesioni in relazione alla loro dimensione in MICROADENOMI (<1cm) e MACROADENOMI (>1cm) i quali oltre all’eventuale sintomatologia endocrinologica possono dare anche effetto massa. Inoltre, grazie alla localizzazione dell’adenoma è possibile effettuare una prima valutazione sulla tipologia istologica dell’adenoma: - LATERALI GH e PRL - CENTRALI ACTH, TSH ed FSH/LH Come già detto la RMN rappresenta l’indagine gold standard per lo studio dell’ipofisi. Prima di parlare nello specifico della diagnostica degli adenomi è importante considerare che la RM deve sempre essere correlata alla clinica:  Si stima che fino al 15% della popolazione generale (asintomatica) presenti un quadro radiologico di lesioni focali a livello ipofisario: microadenomi asintomatici, cisti ecc.  Un aumento del volume ipofisario può essere secondario ad una iperplasia ghiandolare correlata a: pubertà, gravidanza, ciclo mestruale ecc. Ad oggi la RM presenta una sensibilità prossima al 99% nell’individuazione degli adenomi, anche di piccole dimensioni, soprattutto grazie al tipico CE “effetto flip-flop” l’adenoma si caratterizza per una captazione tardiva rispetto al parenchima normale quindi inizialmente (in scansioni precoci) l’adenoma risulterà meno intenso rispetto al parenchima; successivamente (in scansioni tardive) risulterà invece più iperintenso. Raramente l’adenoma si evidenzia precocemente e ciò è dovuta ad una eventuale irrorazione arteriosa diretta. Nonostante nella maggiorparte dei casi si utilizzi il MDC talvolta questo non è necessario anche per visualizzare microadenomi (iperintensi in T2); comunque sia è bene considerare che anche nell’ambito dell’utilizzo del MDC è importante che venga fatta una scansione pre-contrastografica. Come dicevo prima la sensibilità della RM nello studio degli adenomi, anche i microadenomi, è molto alta tuttavia nell’ambito della malattia di Cushing la RM cala di sensibilità (anche se i dispositivi ad oggi disponibili la mantengono comunque alta 80-90%); questo è dovuto al fatto che gli adenomi ACTH secernenti sono posizionati nella porzione centrale dell’ipofisi la quale è molto vascolarizzata e quindi ci può essere un “mascheramento” da acquisizione del MDC da parte del circolo portale; inoltre è bene considerare che la sintomatologia può essere molto evidente anche per microadenomi molto piccoli, già di per sé NON facilmente individuabili. Nei casi dubbi di malattia di Cushing (discordanza clinica/RM) si può effettuare il “Venous Sampling” ovvero un prelievo di sangue bilateralmente nei seni petrosi in caso di adenoma ACTH secernente i livelli di ACTH saranno molto elevati. Per quanto riguarda i macroadenomi è importante considerare che attraverso la RM devono essere studiati a fondo alcuni aspetti al fine di selezionare l’approccio più adatto tra quello medico o chirugico (transfenoidale e transcranico): + ESTENSIONE: - Verso l’ALTO comprime e disloca il chiasma sintomi visivi - Verso il BASSO compressione dei seni cavernosi/basicranio - Di LATO compressione dei seni cavernosi ischemia + (eventuali) RAPPORTI Seni cavernosi, sifone carotideo, chiasma ottico, arteria cerebrale anteriore/media I rapporti vascolari possono essere valutati anche tramite ANGIO-RM. Purtroppo, attraverso la RM NON è possibile valutare la CONSISTENZA degli adenomi (NON c’è correlazione tra intensità del segnale-solidità della neoplasia) questo aspetto è importante per il chirurgo poiché:  un tumore “soft” permette un approccio transfenoidale  un tumore duro richiede un approccio transcranico. Forse in questo ambito le sequenze di diffusione potrebbero avere un’utilità. Infine, è bene definire che la RM è utilizzabile anche per monitorare gli effetti della terapia farmacologica e chirurgica e quindi nel Follow UP:  Terapia Medica si può avere: + Riduzione Volumetrica nel 66% dei casipossibile approccio transfenoidale + Modifica del segnale nel 40%  segno di necrosi emorragica indotta dalla terapia  Terapia Chirurgica Va posticipato a 3 mesi dall’operazione per permettere la stabilizzazione della zona traumatizzata ed è necessario al fine di verificare la radicalità. METASTASIsoprattutto da mammella e polmone; hanno un aspetto atipico possono essere multiple o singole (in questo caso più difficile la DD ma tendenzialmente la clinica è acuta) GLIOMI DEL CHIASMA Tumori più frequenti in età pediatrica; possono essere associati alla NF1. Sono per lo più tumori di basso grado, quindi istologicamente benigni, ma comunque hanno un comportamento maligno a causa della loro ineradicabilità, specialmente i casi associati a NF1, anche se sono stati descritti casi di regressione spontanea. Alla TC lesione ipodensa mal definita Alla RM ipointensità in T1 + potenziamento irregolare Spettroscopia picco di colina CRANIOFARINGIOMA tumore cistico che rappresenta il 6-9% delle neoplasie cerebrali. Può originare o da metaplasia squamosa dei residui della tasca di Rathke o da abbozzi dentari in sede anomala che migrano nella sella turcica. È una neoplasia prevalentemente pediatrica o adolescenziale, più frequente nel sesso maschile. Ha un comportamento biologico maligno poiché tende a distruggere le zone adiacenti. Dal punto di vista CLINICO cefalea, deficit endocrini (diabete insipido), disturbi visivi (compressione chiasma). Dal punto di vista MORFOLOGICO distinguiamo 2 varianti: + Adamantinoide più frequente nel bambino presenta componenti solide, cistiche e calcifiche + Papillare adulto prevalentemente solido La DIAGNOSI si basa su:  TC si evidenziano: - Cisti ipodense - Componente solida isodensa - Calcificazioni iperdense - C.E. nelle zone isodense e alla periferia delle cisti  RM si evidenzia intensità di segnale varibile: + In T1 Iperintenso in caso di alta concentrazione proteica (“ad olio di motore”) o emorragica; sennò ipointenso + In T2 iperintenso ma con aree ipointense (aree cheratinoialine/calcificazioni) GERMINOMI 1/3 sono soprasellari puri (più frequenti nel sesso femminile) e i 2/3 sono secondari ad una localizzazione pineale. Alla RM/TC appaiono come lesioni isointense con CE omogeneo ma margini irregolari per infiltrazione neoplastica. Questi tumori determinano un rialzo nei livelli sierici di AFP e B-HCG. CISTI DELLA TASCA DI RATHKE Possono essere intra o soprasellari; possono essere asintomatiche o causare deficit visivi e/o ipopituitarismo. Alla RM basale sono lesioni iperintense in T1 ed ipointense in T2, per l’alto contenuto proteinaceo e NON si osserva impegnazione dopo MDC. CISTI ARACNOIDEE Formazioni benigne costituite da LCR; 75% in età pediatrica; localizzazione episellare nel 10% dei casi; è possibile una crescita nel tempo con conseguenti problematiche. CISTI EPIDERMOIDI capsula di epidermide che contiene cheratine e cellule epiteliali desquamate. TC=ipodensa RMN-T2=iperintensa con aree ipointense NON CAPTA MDC CISTI DERMOIDI Capsula di epitelio squamoso e derma contenente strutture annessiali che possono degenerare e formare cristalli di colesterolo e acidi grassi e che possono anche calcificare. TC=ipodensa ma disomogena RM-T1=iperintensa (per il contenuto lipidico) NON CAPTA MDC AMARTOMA IPOTALAMICO Tumore estremamente benigno, che può essere di forma sessile o peduncolata. Può localizzarsi in sede intra-ipotalamica o para-ipotalamica. È più frequente nel sesso maschile; dal punto di vista clinico è frequentemente associato a pubertà precoce (e anche a crisi gelastiche, ritardo intellettivo, iperattività). RM=isointenso in T1 e T2 NON CAPTA MDC MEDIASTINO compartimento anatomico che occupa la parte mediana del torace. Il limite inferiore è rappresentato dal centro frenico del diaframma. Il limite superiore è rappresentato da un piano orizzontale che giace sulla faccia superiore della prima costa e passante per la prima vertebra toracica. I limiti laterali sono rappresentati dai foglietti parietali delle pleure mediastiniche. Il limite anteriore è la superficie interna dello sterno. Il limite posteriore è rappresentato dal limite posteriore del torace, ovvero dalla superficie interna delle vertebre toraciche. Può essere diviso in compartimenti a seconda del loro rapporto con il piano passante tra il corpo e manubrio dello sterno (mediastino superiore ed inferiore) e con il pericardio (mediastino inferiore diviso in anteriore, medio e posteriore). La scarsa accessibilità del mediastino alla semeiotica clinica lo rende necessariamente esplorabile attraverso la diagnostica per immagini: + RX Poco accurata, spesso falsi negativi + TC in genere esame di 1° istanza + RM ha un limite dovuto ai movimenti polmonari e cardiaci MASSE del MEDIASTINO ANTERO-SUPERIORE 5 T: - Timoma - Teratoma - Patologie della Tiroide e Paratiroide - Linfoma Terribile - Aneurismi dell’aorta Toracica MASSE del MEDIASTINO MEDIO Tumori, linfoadenopatie, ernia iatale, aneurisma aorta toracica, ectasia arteria polmonare, cisti congenite. MASSE del MEDIASTINO POSTERIORE Tumori (spesso neurogeni), linfoadenopatie, ernie diaframmatiche, emopoiesi extramidollare, cisti congenite, meningocele. DIAGNOSTICA CARDIOLOGICA Le tecniche radiologiche a nostra disposizione sono: + RX torace tecnica obsoleta per valutare il cuore. Può darci un’idea a grandi linee di: dimensioni, decorso dei vasi, alcune affezioni pericardiche calcificazioni o versamento pleurico + Ecocardiografia + Angiografia + Cardio-TC + Cardio RM + Medicina nucleare ECOCARDIOGRAFIA è possibile distinguerla in: - Trans-Toracica ci può dare informazioni riguardo: dimensioni delle camere cardiache, spessore delle pareti, aspetto delle valvole cardiache, cinetica di pareti ventricolari e valvole, flussi transvalvolari, frazione di eiezione del ventricolo sinistro. Le indicazioni possono essere: ricerca di aree ischemiche (ipo-acinesie ed ispessimenti parietali), cardiomiopatie, patologie valvolari, patologie pericardiche, cardiopatie congenite. - Trans-Esofagea consente una visione più diretta e dettagliata, soprattutto del ventricolo Dx e dei grossi vasi. Le indicazioni sono: Sospetto di endocardite in assenza di trombi all’ecocardiogramma trans-toracico, trombosi atriale, dissecazione aortica, patologie del bulbo aortico, forame ovale pervio, difetto Inter-atriale. - Intra-Vascolare Con sonde miniaturizzate introdotte nelle arterie coronarie in corso di angiografia coronarica convenzionale. Ci permette di valutare le caratteristiche delle pareti dei vasi. ANGIOGRAFIAL'introduzione di MDC permette la valutazione delle cavità cardiache, dei grossi vasi e delle arterie coronariche. L'angiografia coronarica è il Gold Standard per la valutazione delle arterie coronarie e delle stenosi, tuttavia NON consente la valutazione delle pareti vascolari. CARDIO-TCmetodica diagnostica non invasiva che permette la visualizzazione dettagliata delle arterie coronarie, della prima porzione aortica e delle camere cardiache comprese le varie strutture valvolari; inoltre questa metodica ci può fornire anche informazioni funzionali (NON solo anatomiche). Innanzitutto, prima di parlare nello specifico della metodica è bene considerare che una delle problematiche maggiori correlate allo studio del cuore è dovuta al fatto che il cuore appunto è un organo IN MOVIMENTO ad oggi i progressi tecnologici ci hanno permesso di superare questa problematica permettendo quindi uno studio cardiaco sia spaziale che temporale. Un’altra considerazione importante nell’ambito della CARDIO-TC è correlata alla PREPARAZIONE del Pz all’esame è utile che il Pz abbia una frequenza cardiaca relativamente bassa, per questo motivo si può optare per un trattamento con B-bloccanti da iniziare 3 giorni prima dell’esame. Inoltre, il battito dovrebbe essere sinusale e quindi è necessario valutare tramite ECG, prima dell’esame, se sono presenti o meno aritmie che potrebbero costituire una controindicazione. Infine, per studiare meglio le arterie coronarie al soggetto viene somministrato pre-esame uno spray sub-linguale contenente nitroglicerina che induce una vasodilatazione coronarica. Nell’ambito della TC cardiaca il soggetto è collegato a degli elettrodi che registrano l’ECG il quale ci servirà a capire “QUANDO” andare ad acquisire l’immagine La sincronizzazione con l’ECG ci permette 2 tipologie di acquisizione:  PROSPETTICA Acquisizione in una singola fase del ciclo cardiaco (la fase diastolica è il momento migliore per acquisire l’immagine). Questo tipo di acquisizione ci permette di ridurre la dose di radiazioni a cui esponiamo il soggetto (Pz giovani), tuttavia è più suscettibile ad artefatti.  RETROSPETTICA il dispositivo acquisisce una sequenza di immagini ravvicinate durante TUTTO il ciclo cardiaco questa metodica è meno suscettibile agli artefatti (poiché posso valutare tutte le fasi), tuttavia il soggetto è sottoposto a più radiazioni nonostante questo è comunque importante considerare che le tecnologie ad oggi disponibili limitano molto le dosi di radiazioni e quindi la modalità di acquisizione retrospettica è preferita rispetto alla prospettica. Come già detto la CARDIO-TC viene utilizzata soprattutto nella valutazione delle arterie coronariche (TC Coronarica) e per questo motivo questa indagine deve essere (quasi) sempre effettuata con MDC a tal proposito una problematica correlata al MDC potrebbe essere il “quando” bisogna effettuare la scansione ovvero individuare il momento preciso in cui il MDC evidenzia le coronarie per questa problematica ci viene in aiuto lo “SMART PREP”, un sistema di monitoraggio del MDC che consente all’operatore di vedere il momento in cui un determinato punto è evidenziato dal MDC quindi se acquisisco l’immagine quando ho un “enhancement” dell’arco aortico sono sicuro che andrò ad acquisire un’immagine in cui le coronarie sono evidenziate dal MDC. È importante però considerare che esiste un protocollo di TC-Coronarica in cui NON serve il MDC “CALCIUM SCORE” metodica in grado di valutare il Ca a livello delle coronarie; l’entità di calcio ci permette di ricavare uno score indicativo del rischio di coronaropatia, tuttavia è fondamentale considerare che questa tecnica NON evidenzia le placche lipidiche. Questa metodica è utilizzata per lo screening in soggetti a basso rischio, tuttavia il suo utilizzo in IT è molto limitato (più diffusa in USA). In generale le INDICAZIONI della CARDIO-TC sono:  Pz a rischio basso/intermedio di coronaropatia come test di screening in Pz con sintomi dubbi è un numero molto elevato di Pz. La CARDIO-TC presenta un Valore Predittivo Negativo prossimo al 100%, ovvero se il Pz non mostra alla cardio-TC la presenza di patologia coronarica allora questo NON ha patologia coronarica. I Pz ad alto rischio vengono indirizzati direttamente alla coranorografia. Nella coronarografia si inietta il MDC nel lume, quindi ho informazioni solo sul lume (stenosi significativa o meno) mentre con la TC abbiamo informazioni sullo stato ATS delle pareti delle coronarie, anche in assenza di stenosi significative ostruttive di fatto spesso la placca coronarica responsabile di una complicanza acuta è proprio una placca poco stenosante ma infiammata  Pz che hanno già effettuato stent/bypass come follow-up per valutare la pervietà di questi sistemi. Alcuni stent sono fatti di un materiale che da un artefatto detto “blooming” il reale volume delle maglie risulta maggiore impedendo quindi di vedere dentro le maglie e valutare adeguatamente la pervietà.  Per studiare eventuali anomalie congenite es “Myocardical BRIDGE” condizione in cui una coronaria nel suo decorso passa attraverso il muscolo miocardico e che quindi può andare incontro ad occlusione durante la sistole determinando l’insorgenza di eventi ischemici fino a morte improvvisa (specie in soggetti giovani e sportivi).  Studio delle valvole la cardio-TC è l’esame GOLD-STANDARD per candidare i Pz alla TAVI, ovvero una procedura di sostituzione percutanea della valvola aortica; la cardio-TC infatti ci fornisce diverse informazioni utili quali:  Quantità di calcio a livello della valvola  Anatomia aortica (per studiare il percorso da fare per raggiungere la valvola)  Valutazione anulus aortico (ovvero la struttura sotto le cuspidi valvolari della valvola aortica) in base alle dimensioni dell’anulus verrà scelta la valvola; inoltre è fondamentale valutare la distanza tra anulus ed osti coronarici che NON devono essere occlusi dalla valvola protesica. Come dicevo la cardio-TC ha un VPN prossimo al 100% ed un valore predittivo positivo di circa il 90% nell’ambito di una placca lipidica; tuttavia il VPP nell’ambito di una placca calcifica NON è così alto e questo è dovuto al fatto che quando c’è molto Ca la TC NON riesce a studiare in maniera corretta la condizione poiché il Ca “copre tutto” e quindi risulta difficile valutare l’entità della lesione a tal proposito ad oggi, per evitare di indirizzare i Pz con lesioni dubbie alla coronarografia (decisamente invasiva e più costose per il SSN) possono esserci d’aiuto le VALUTAZIONI FUNZIONALI effettuabili con cardio-TC: DIAGNOSTICA POLMONARE i polmoni sono gli organi deputati agli scambi gassosi tra l’ambiente esterno ed il sangue. I polmoni sono rivestiti dalla “pleura”, una membrana mesoteliale che si ripiega su sé stessa formando essenzialmente due foglietti (pleura parietale e viscerale) tra i quali è interposto il cavo pleurico contenente una minima quantità di liquido utile a favorire lo scorrimento dei foglietti durante gli atti respiratori; i due foglietti rimangono adesi tra loro grazie alla presenza di una pressione negativa nel cavo pleurico. Dal punto di vista DIAGNOSTICO il polmone rappresenta un apparato privilegiato a causa della presenza di aria che determina un contrasto naturale con le altre strutture toraciche. Gli esami di cui ci serviamo sono:  RX TORACICA esame di 1° livello, in quanto consente di riconoscere o almeno sospettare l’esistenza di numerose patologie respiratorie. L’RX viene effettuata nel sospetto/caso di: Infezioni delle vie respiratorie inferiori, versamento pleurico, Ca polmonare, dolore toracico aspecifico, trauma minore, follow up in Pz con polmonite/asma/BPCO, esame pre-operatorio. L’esame radiografico viene fatto in:  Stazione eretta  Apnea inspiratoria  2 proiezioni: PA e LL In linea generale quello che si vede (discretamente) alla RX trachea e bronchi principali, parenchima polmonare e trama vascolare, angoli e seni frenici, emidiaframma (il Dx più in alto), ombra mediastinica, involucro osseo, parti molli (tumefazioni).  TC Risulta più sensibile e specifica rispetto alla RX toracica, in genere è l’esame di 2° livello che viene effettuato per andare a confermare e caratterizzare una lesione già evidenziata alla RX oppure nel fondato sospetto di malattie polmonari con RX negativa; va comunque specificato che alle volte la TC può essere effettuata anche in prima battuta. I VANTAGGI della TC sono:  Elevata risoluzione di contrasto che ci permette di valutare rilievi anatomici e patologici con maggiore precisione.  Visione panoramica che ci consente di evidenziare lesioni presenti in distretti anatomici mal evidenziabili alla RX.  Precisione nel dettaglio anatomico, utile per identificare lesioni anche molto piccole La TC viene effettuata con Pz supino ed in Apnea inspiratoria; può essere fatta una TC basale o con MDC organo-iodato per valutare le strutture vasali e per discriminare le varie lesioni occupanti spazio dei vari compartimenti toracici. Ad oggi inoltre ci possiamo servire della TC ad alta risoluzione, ancora più sensibile e specifica.  ECOGRAFIA Lo scheletro toracico e l’aria polmonare rappresentano un ostacolo invalicabile alla propagazione degli ultrasuoni per cui questa metodica trova impiego limitato nello studio di questo apparato, prevalentemente per la valutazione di malformazioni congenite in fase prenatale. La Pleura è identificabile come una linea iperecogena caratterizzata da movimenti regolari di scorrimento, la sua individuazione ci permette di escludere il sospetto di pneumotorace. L’Ecografia ci può essere inoltre utile ad evidenziare la presenza di versamenti pleurici, consolidamenti polmonari, atelettasia, edemi. Tuttavia, il suo impiego più importante è quello di guida per le procedure interventistiche es. Toracentesi, drenaggio di versamenti e biopsia di lesioni pleuriche/polmonari.  RM NON offre un’adeguata risoluzione degli spazi aerei, quindi il suo utilizzo è limitato al completamento dello studio delle patologie “dei confini” infiltrazione parietale di tumori dell’apice polmonare, coinvolgimento mediastinico e diaframmatico.  SCINTIGRAFIA POLMONARE Comprende la scintigrafia ventilatoria, nella quale il Pz inspira gas radioattivi, e quella perfusionale in condizioni normali, sia alla ventilatoria che alla perfusionale, si ha una distribuzione del radiofarmaco in tutti gli ambiti segmentari polmonari alterazioni di questa captazione sottendono a condizioni patologiche es. Aspetti lacunari segmentari-Tromboembolia // aspetti lacunari NON-segmentari- Enfisema// Ipocaptazione diffusa-Versamenti ecc.  PET-TC utilizzata in ambito neoplastico, sia primitivo polmonare che secondario-metastatico; Follow Up in Pz trattati, studio delle recidive ecc. PATOLOGIE POLMONARI:  PNEUMOTORACE Condizione caratterizzata dalla presenza di aria nel cavo pleurico con conseguente collasso parziale o totale del polmone. Dal punto di vista eziologico può essere distinto in: + Spontaneo es. per rottura di bolle enfisematose subpleuriche + Acquisito Traumatico, Iatrogeno Dal punto di vista RADIOLOGICO il riconoscimento dello pneumotorace è tanto più agevole quanto il contenuto nello spazio pleurico è elevato e quindi con il polmone vistosamente collassato alla RX si osserva un netto contrasto tra la trasparenza vitrea della cavità toracica, in cui è completamente assente il disegno polmonare, ed il polmone ipotrasparente collassato. (alla TC si vedrà ovviamente meglio) Segni indiretti aggiuntivi aumento trasparenza dei quadranti superiori dell’addome, abbassamento e definizione “troppo bella” dell’emidiaframma, netta visibilità del seno costo-frenico anteriore. L’acquisizione del radiogramma dovrebbe essere effettuata in fase ESPIRATORIA, sia per agevolare la diagnosi che per valutare la situazione della lacerazione pleurica: - CHIUSA il polmone si ridurrà marcatamente di volume per la fuoriuscita di aria dai bronchi - APERTA il volume del polmone e dello pneumotorace si ridurranno entrambi (l’aria esce dalla breccia pleurica aperta) - Pneumotorace IPERTESO è una EMERGENZA si verifica quando la penetrazione dell’aria avviene con meccanismo a valvola: durante l’inspirazione l’aria entra nel cavo pleurico ma NON riesce ad uscire durante l’espirazione aumento progressivo della pressione nella cavità pleurica con relativo spostamento del mediastino verso l’emitorace sano ciò interferisce con il ritorno venoso cavale ridotto riempimento del cuore caduta della gittata cardiaca shock (fino a morte). In questo caso alla RX oltre alla scomparsa del disegno polmonare è possibile evidenziare: polmone ridotto alle dimensioni di un pugno completamente addossato al mediastino; sbandieramento contro-laterale del mediastino; abbassamento ed appiattimento dell’emidiaframma coinvolto; allargamento degli spazi intercostali.  VERSAMENTO PLEURICO condizione caratterizzata da un accumulo di liquido all’interno del cavo pleurico. Distinguiamo diverse tipologie di versamento: + Versamento trasudatizio contenuto proteico <3g/dl; conseguente ad un aumento della pressione idrostatica e/o ad una riduzione della pressione colloido-osmotica plasmatica. + Versamento essudativo contenuto proteico >3g/dl; conseguente a processi infiammatori + Versamento chiloso es. per rottura di un grosso ramo linfatico + Emotorace sangue nel cavo pleurico per lesioni vascolari + Empiema dovuto a processi infettivi Per quanto riguarda la DIAGNOSTICA in caso di versamento pleurico alla RX:  In proiezione LATERALE in ORTOSTATISMO è possibile evidenziare versamenti di volume di almeno 250ml che si manifestano come opacità delimitate da una linea curva a concavità verso l’alto; ovviamente se il versamento è massivo avremo un opacamento dell’intero emitorace.  Da un punto di vista temporale si assiste dapprima ad una obliterazione del seno costofrenico posteriore, poi laterale ed infine anteriore.  POLMONITI Processi infiammatori a decorso acuto o subacuto che interessano il parenchima polmonare e che riconoscono come eziologia quella infettiva. Le polmoniti possono essere distinte in: - Polmonite LOBARE e BRONCO-POLMONITE sono generalmente causate da infezioni batteriche; nello specifico parliamo di: Polmonite lobare quando il processo infiammatorio interessa un intero lobo polmonare; è quindi un processo diffuso e sincrono (la fase dell’infiammazione è uguale in tutta la zona interessata) e che quindi risulta essere facilmente trattabile con la terapia antibiotica.  Bronco-polmonite quando è coinvolta anche la parte terminale del bronco; è un processo multifocale in cui le fasi NON sono sincrone e per questo è più difficile da trattare (essendoci sempre un reservoir batterico) Alla RX queste polmoniti presentano: o Area o Aree di RADIOPACITA’ o Segno del BRONCOGRAMMA AEREO se il polmone è interessato da processi di addensamento parenchimale con bronchi pervi, il contrato con il parenchima più opaco consente di visualizzare l’aria contenuta dentro i bronchi. o Segno della SILHOUTTE Cancellazione del profilo di una struttura anatomica quando è presente una superficie di contatto con una struttura patologica di densità simile Quando il polmone si riempie di liquidi (come in una polmonite), il confine con il cuore viene eliminato. - Polmonite INTERSTIZIALE Processo infiammatorio coinvolgente l’interstizio polmonare, generalmente ad eziologia virale. Dal punto di vista radiologico alla RX è possibile individuare: una accentuazione del disegno interstiziale con aspetto reticolare, infiltrati interstizio-alveolari, interessamento polmonare diffuso; tuttavia sono relativamente frequenti i falsi negativi alla RX. La TC è decisamente più sensibile  è possibile evidenziare: o Segni Precoci tipici opacità “ground glass” con aspetto “a chiazze” sono prevalentemente periferiche, bilaterali e multifocali o Segni associati (tardivi): - Crazy Paving “pavimentazione pazza” si riferisce ad un ispessimento del setto lobulare con riempimento alveolare variabile - Ispessimento pleurico e sub-pleurico - Sovraconsolidamenti - ARDS Il ruolo della TC nell’ambito di queste polmoniti è soprattutto quello di valutare la severità ed eventuali complicanze (la TC è un esame poco specifico PCR più specifica ma meno sensibile di TC)  EDEMA POLMONARE si intende un accumulo anomalo di liquido nei compartimenti extravascolari del polmone. Le cause possono essere distinte in: + CARDIOGENE Insuff cardiaca sx, rigurgito mitralico + NON-CARDIOGENE Insuff renale, insuff epatica, tossine/farmaci, trauma, ARDS Alla RX si evidenzia:  Ridistribuzione apicale del flusso sanguineo  Ispessimenti peri-bronchiali  Linee di Kerley: sottili opacità polmonari lineari causate da infiltrazioni di liquidi o cellulari nell'interstizio.  Opacità polmonari ad ali di pipistrello  Versamento pleurico  Cardiomegalia (causale o associata)  EMBOLIA POLMONARE Ostruzione di un’arteria polmonare o dei suoi rami da parte di un embolo solido, liquido o gassoso che possono determinare ischemia e/o emorragia polmonare. Può essere acuta o cronica. Le indagini a nostra disposizione sono:  RX diverse condizioni: + Embolia senza infarto possiamo notare una riduzione del disegno polmonare nell’area ischemica; abnorme dilatazione dell’arteria polmonare a livello dell’ilo polmonare; risalita dell’emidiaframma dal lato interessato in rapporto alla riduzione del volume polmonare; presenza concomitante di versamento pleurico. Tuttavia, NON sempre la sola embolia è identificabile con l’RX. + Infarto polmonare sia esso ischemico o emorragico opacità di forma triangolare (base periferica e apice verso l’ilo)  TC con MDC esame GOLD STANDARD anche in urgenzapermette di valutare nel dettaglio i vasi e quindi di individuare un difetto di riempimento dei vasi arteriosi polmonari.  Angio-Pneumo-Grafia consente, tramite cateterismo, di definire l’esatta sede dell’ostruzione; è molto utile nelle macroembolie per la possibilità di intervenire direttamente sul trombo attraverso lo stesso catetere.  TC metodica d’elezione per la maggiorparte delle affezioni dell’apparato urinario viene effettuata un’iniziale acquisizione di immagini basale e successivamente viene iniettato il MDC che ci permette 2 tipi di valutazione: + Classica ANGIO-TC quindi valutazione delle strutture vascolari e dell’irrorazione di eventuali lesioni sospette + URO-TC ovvero una serie di scansioni che ci permettono di valutare tutto il sistema urinario grazie all’escrezione del MDC concetto analogo all’urografia e come in questa anche nell’URO-TC ci sono tempi di scansione ben precisi per evidenziare le varie strutture: - Fase cortico-midollare da 25-70 sec - Fase nefrografica da 80-180 sec - Fase escretoria  dopo 180 sec + Abbiamo inoltre un’ulteriore metodica TC nello studio della vescica CISTO-PNEUMO-TC si basa sul riempire d’aria la vescica ed effettuare una TC con MDC il contrasto tra lesione ipervascolarizzata e vescica “nera” ci permette di identificare anche le lesioni di piccole dimensioni. Le INDICAZIONI alla TC sono: - Traumi del rene e delle vie escretrici - Infezioni renali - Studio della colica renale la TC ci permette di valutare la localizzazione, la struttura e la composizione dei calcoli renali - Diagnostica delle cisti renali la Classificazione di Bosniak (classificazione radiologica) ci permette di suddividere le cisti in 4 classi di rischio tumorale sulla base di aspetti morfologici. - Individuazione e stadiazione di neoplasie renali e uroteliali - Studio delle malformazioni renali/ureterali - Studio delle patologie dei vasi renali - La TC ci permette anche di valutare il grasso perirenale che viene alterato in diverse condizioni patologiche.  RM viene usata per caratterizzare lesioni già note ed anche questa può servirsi del MDC (gadolinio) sia per effettuare una ANGIO-RM che una URO-RM: o RM BASALE fornisce una buona rappresentazione anatomica del rene in virtù dell’elevata risoluzione di contrasto. È fondamentale per identificare piccoli spot adiposi nel contesto di una lesione occupante spazio il tumore renale maligno NON contiene mai tessuto adiposo. In linea generale le varie componenti del sistema escretore appaiono: + Grasso perirenale e pararenale iperintenso in T1 con fascia di Gerota ipointensa + Ilo iperintenso in T1 (alto contenuto adiposo) + Corticale iperintensa rispetto alla midollare + Vasi, Calici, Ureteri e Vescica ipointensi in T1 o ANGIO-RM Consente un’ottimale visualizzazione dei vasi renali o URO-RM in realtà è composta da 2 differenti tecniche diagnostiche: - Urografia-RM dei fluidi statici pielografia-RM si avvale di sequenze T2 capaci di fornire un’immagine a calco dei fluidi statici o semistazionari (es. urina) con contemporanea riduzione fino all’annullamento completo del segnale dei tessuti e dei parenchimi circostanti studio dell’uropatia ostruttiva. - Urografia-RM escretoria si basa sull’evidenziazione dell’albero escretore evidenziato dal MDC.  ANGIOGRAFIA ad oggi utilizzata solamente in ambito terapeutico per angioplastica dell’arteria renale o in caso di embolizzazione di neoplasie renali.  Imaging Nucleare: o Scintigrafia a Fissazione Corticale o Scintigrafia Renale Sequenziale PRINCIPALI PATOLOGIE URINARIE CISTI RENALI sono formazioni molto frequenti, generalmente asintomatiche e riscontrate casualmente. La maggiorparte delle formazioni cistiche è di natura benigna, tuttavia una parte di queste (definite cisti complesse) può sottendere ad una patologia tumorale a tal proposito la classificazione radiologica di Bosniak (tramite TC) ci permette di suddividere le cisti in 4 classi di rischio tumorale sulla base di aspetti morfologici quali la presenza di:  Setti o Sepimentazioni all’interno della cisti  Calcificazioni o Ispessimenti della parete  Presenza di contenuto iperdenso all’interno della cisti, come sangue (cisti emorragiche) o materiale proteinaceo Vegetazioni di aspetto solido. Questa classificazione quindi ci permette di distinguere le cisti in diversi gradi in relazione al rischio tumorale e quindi ci permette di instaurare l’approccio più appropriato per quello specifico caso Passiamo da un grado 1, in cui NON abbiamo gli aspetti morfologici sopracitati e quindi la probabilità che la cisti sia maligna è prossima allo 0%, l’approccio in questo caso è solamente di follow up a distanza; ad un grado 4 in cui quegli aspetti morfologici sono molto marcati e la probabilità di malignità è prossima al 100%  necessaria l’asportazione chirurgica. NEOPLASIE delle VIE URINARIA innanzitutto è bene distinguere 2 grandi tipologie di tumore:  Tumori del PARENCHIMA RENALE Sono tumori che originano nell’ambito del parenchima renale e si sviluppano verso l’esterno; sono sintomatici solo in una piccola percentuale di casi e ciò comporta che alla diagnosi sono spesso già presenti metastasi. In questo gruppo distinguiamo: - Adenocarcinoma la forma più frequente in particolare il sottotipo “a cellule chiare” - Tumore di Wilms o nefroblastoma - Angiomiolipoma  Tumori delle VIE ESCRETRICI sono neoplasie che originano dall’epitelio di transizione/urotelio che riveste la porzione interna delle vie escretrici; queste neoplasie si sviluppano aggettandosi all’interno delle vie escretrici. Il sintomo d’esordio è spesso la macroematuria; alle volte si possono presentare con fenomeni di dolore per occlusione delle vie da parte di coaguli o della massa stessa. Caratteristica peculiare di queste neoplasie è la loro tendenza a sviluppare lesioni multiple sincrone ed inoltre sono anche frequenti le recidive. Dal punto di vista dell’IMAGING ci serviamo di: - Urografia - Ecografia lesioni solide con struttura disomogenea ma tendenzialmente isoecogena; può essere utile aggiungere all’esame la valutazione con ECD per valutare la vascolarizzazione della lesione. In ambito vescicale ci permette tra l’altro di stimare l’infiltrazione di parete - TC lesione ipodensa con C.E. precoce ed irregolare. Ovviamente possiamo servirci delle varie tecniche: Uro-TC, CistoPneumo-TC ecc. La TC è l’indagine ideale per valutare: sede, dimensioni, interessamento linfonodale e strutture limitrofe. - RM la maggior risoluzione ci permette di distinguere accuratamente le lesioni sospette es. tumori del parenchima renale maligni NON presentano grasso al loro interno; i carcinomi uroteliali risultano iperintensi in T1 rispetto all’urina ed ipointensi rispetto al grasso vescicale. La RM ci permette di individuare lesioni di piccole dimensioni, ci permette di valutare a fondo l’infiltrazione parietale e delle strutture limitrofe ed inoltre permette di differenziare nel post-terapia una recidiva da una fibrosi. - PET-TC per stadiazione e follow up - Angiografia solo per embolizzazione di vasi irroranti la neoplasia - Per il sospetto di lesione vescicale il primo esame da effettuare è la CISTOURETROSCOPIA e se si visualizza la lesione si bioptizza. PIELONEFRITE patologia infiammatoria, acuta o cronica, del rene e della pelvi renale tendenzialmente associata ad una infezione del parenchima dell’organo. Nell’ambito delle forme acute il rene appare ingrandito con cavità calico-pieliche dilatate. Nella forma cronica invece il rene presenta cicatrici con atrofia parenchimale e diminuzione delle dimensioni generali. Generalmente il primo approccio è costituito dall’ecografia ma la TC risulta molto più sensibile; la TC è necessaria per valutare a fondo soggetti che presentano pielonefriti ricorrenti per determinarne la causa  es. calcoli, stenosi, malformazioni ecc. TRAUMI RENALI il rene è l’organo genitourinario maggiormente colpito nell’ambito traumatico; di solito conseguono ad incidenti stradali o sportivi; l’80% sono traumi chiusi, il 20% sono traumi aperti. La DIAGNOSI si basa sulla valutazione obiettiva del Pz, eventualmente se possibile si effettua un esame delle urine, ma la conferma della presenza di lesioni e la tipizzazione delle stesse è effettuata tramite imaging, in particolare: + TC addomino-pelvica con MDC rappresenta l’indagine migliore; permette di valutare precocemente la presenza della lesione ed effettuare una stadiazione valutando: entità del danno renale, eventuali lacerazioni, presenza di emorragia, lesioni agli organi vicini in generale è possibile distinguere 5 gradi di severità di danno renale indicative di modalità d’approccio necessaria e prognosi. Es. in presenza di emorragia bisogna intervenire precocemente con embolizzazione + Ecografia renale elettiva nello studio delle lesioni lievi di tipo contusivo e nel follow up; grazie alla sua rapidità può essere utile anche in una prima valutazione di lesioni gravi. UROPATIA OSTRUTTIVA con il termine “uropatia ostruttiva” si intende una condizione patologica che determina ostruzione (acuta o cronica) delle vie escretrici renali; può essere da cause intrinseche (calcoli, neoplasie, malformazioni) o estrinseche (neoplasie addominali, fibrosi retroperitoneale). Da tale ostacolo deriva un aumento della pressione all’interno dell’albero urinario con conseguente dilatazione a monte di variabile entità ed eventuale atrofia del parenchima renale. Dal punto di vista DIAGNOSTICO: - Ecografia metodica di prima istanza che ci permette di valutare con accuratezza la presenza ed il grado della dilatazione delle vie escretrici; tuttavia è meno sensibile nell’individuare la natura dell’evento ostruttivo. - TC Gold Standard per individuare la causa - Scintigrafia per valutare la funzionalità residua LITIASI RENALE Condizione caratterizzata dalla presenza di calcoli a livello delle vie escretrici che possono determinare ostruzione con conseguenti problematiche; la composizione dei calcoli può essere molto variabile Ossalato di calcio, Acido urico, Struvite (infezioni), Cistina, Xantina, Misti ecc. L’approccio diagnostico si basa su: - RX diretta addome Poco sensibile a causa delle scarse dimensioni dei calcoli, sovrapposizione ossee, presenza di feci e gas intestinali ecc.; inoltre è bene considerare che NON tutti i calcoli sono radiopachi. - Ecografia formazione iperecogena con cono d’ombra posteriore + dilatazione delle vie escretrici a monte - TC basale diretta visualizzazione dei calcoli (+ segni indiretti) - Urografia/Uro-TC MALFORMAZIONI del GIUNTO PIELO-URETRALE condizione relativamente frequente che può rimanere asintomatica oppure determinare l’insorgenza di frequenti infezioni. Per fare diagnosi si usa Ecografia, TC e URO-RM. MALFORMAZIONE URETERI possiamo avere: + Uretere ectopico + Ureterocele erniazione dell’uretere dentro la vescica + Megauretere associato REFLUSSO VESCICO-URETERALE in generale il reflusso vescico uretrale è una condizione causata da una difettosa chiusura della giunzione vescico-uretrale anche per mal angolazione del punto di ingresso dell’uretere in vescica. Questa condizione determina l’insorgenza di pielonefriti ricorrenti con relativo rene atrofico, edema della parete ureterale, dilatazione uretere e calici il RVU può essere classificato in 5 gradi in relazione alla dilatazione delle strutture a monte. ALTERAZIONI VESCICALI possiamo avere: o Diverticolo Vescicale condizione in cui si forma una estroflessione a livello della parte vescicale (la tonaca muscolare NON partecipa) in cui ristagna urina con relativa proliferazione batterica e sviluppo di infiammazione cronica che tra l’altro predispone ad un maggior rischio di neoplasia. Tramite imaging è importante valutare se il ventricolo si svuota con la minzione. o Vescica Neurologica Associata a danno centrale o periferico del SN che comporta una vescica disfunzionale. Gli esami di imaging sono: ecografia, urografia, cistografia “Cristhmas Bladder” Vescica “ad albero di natale” forma tipica della vescica neurogena. 3° LIVELLO Infine, per quanto riguarda la STADIAZIONE questa si basa sul sistema TNM: + Il parametro T estensione locoregionale  viene valutato tramite RM multiparametrica + I parametri N (invasione linfonodale) e M (metastasi a distanza) sono valutati tramite PET PET-COLINA la necessità di questa indagine è guidata dai vari parametri del PSA nello studio PET del tumore della prostata il radiofarmaco che viene utilizzato è la F-COLINA, ciò è dovuto al fatto che la colina è un precursore della fosfatidil-colina, una componente delle membrane cellulari il tumore prostatico produce numerose membrane cellulari. Come già detto la PET nell’ambito dell’adenocarcinoma prostatico NON viene utilizzata per la stadiazione locoregionale ma per quella extraghiandolare (parametri N e M) e ciò è dovuto anche al fatto che la sostanza radioattiva si concentra a livello vescicale OSCURANDO quindi la prostata sottostante al fine di effettuare un’indagine locoregionale dovremmo acquisire immagini molto precocemente. Oltre che a livello vescicale la colina viene ampiamente captata da altri organi in cui quindi è difficile valutare la presenza di metastasi: Reni, Fegato, Pancreas, Milza, Ghiandole Salivari e purtroppo anche MIDOLLO OSSEO e quindi c’è un certo limite allo studio delle metastasi ossee (metastasi frequenti per questa neoplasia). Al fine di valutare meglio l’interessamento osseo è stata introdotta la PET con PSMA (Prostate-Specific Membrane Antigen, ovvero antigene di membrana prostatico specifico) che permette uno studio più specifico delle metastasi a localizzazione ossea; è pur vero che se acquisiamo immagini velocemente il midollo osseo NON ha il tempo di captare la colina e quindi si vanno ad evidenziare a livello osseo esclusivamente le metastasi quindi la specificità di questa metodica per lo studio delle metastasi ossee dipende anche dalla bravura del medico nucleare. La PET-COLINA ha inoltre un ruolo fondamentale nella valutazione della RECIDIVA, la quale può essere:  NON-LOCALE Metastasi linfonodali o in altre sedi  LOCALE Per valutare la recidiva locale senza “confusione” da accumulo di colina nella vescica si può optare per alcuni accorgimenti:  Far urinare il Pz prima dell’esame  Iniziare la registrazione senza il radiofarmaco il quale verrà quindi iniettato in bolo ed essendo il tumore molto avido di colina sarà il primo ad acquisirla, i reni non fanno in tempo a filtrarla per cui si evidenzierà solamente la neoplasia. DIAGNOSTICA DELL’APPARATO GENITALE FEMMINILE le tecniche radiologiche a nostra disposizione sono:  ECOGRAFIA Esame di 1° scelta nello studio dell’apparato genitale femminile: + UTERO aspetto globoso con una stratificazione ben apprezzabile: - Perimetrio Iperecogeno - Miometrio ipoecogeno - Endometrio Iperecogeno con spessore variabile in base al ciclo mestruale da 3-5mm a 1cm; fino a 2 cm nella donna gravida. Nella fase post menopausale il cut-off per definire un ispessimento sospetto è di 3mm. - Linea tra miometrio ed endometrio molto ipoecogena - Canale cervicale iperecogeno + OVAIE di forma ovalare, la midollare è iperecogena rispetto al miometrio// la corticale invece è costituita da follicoli anecogeni. L’ecografia può essere anche utilizzata come guida di procedure interventistiche quali agobiopsie, prelievi ovocitari e aspirazione di cisti/raccolte fluide  RMN Esame di 2° livello è preferita alla TC per l’assenza di radiazioni e la maggiore risoluzione di contrasto in T2:  Altre tecniche: o ISTEROSALPINGOGRAFIA consiste nell’acquisizione di immagini radiografiche dopo iniezione di MDC nell’utero; permette lo studio morfologico della cavità uterina (malformazioni, polipi, miomi) e delle tube, dove può evidenziare delle occlusioni/sindromi aderenziali. Può anche essere utilizzata per fini terapeutici disostruzione delle tube. o TC e PET-TC stadiazione delle neoplasie e follow up ENDOMETRIOSI Condizione patologica caratterizzata dalla presenza di tessuto endometriale in sede ectopica; questo tessuto endometriale risulta essere ormone-sensibile e quindi andrà incontro a sanguinamenti periodici e desquamazione con relativo sviluppo di sintomatologia in base alla sede e sviluppo di una reazione granulomatosa infiammatoria con formazione di aderenze e cisti (definite “cisti cioccolato” per il tipico colore del sangue lisato frammisto a tessuto stromale). Le localizzazioni più frequenti di questo tessuto patologico sono:  Ovaio 60%  Pelvi Legamenti utero-sacrali, Cavo di Douglas ecc.  Miometrio Adenomiosi  Apparato urinario soprattutto Vescica  Apparato GI soprattutto sigma-retto Endometriosi PELVICA e OVARICA l’iter diagnostico consta di: + Anamnesi si valutano i sintomi: dolore cronico viscerale + E.O. Ispezione, Palpazione vaginale, uterina e degli annessi che determina l’insorgenza di un dolore ventrale e dorsale. + UTERO: - Endometrio iperintenso - Linea giunzionale linea ipointensa - Miometrio ipointenso - Parametrio iperintenso + OVAIE Corticale ipointensa con follicoli iperintensi e midollare iso-iperintensa + CERVICE: - Mucosa iperintensa - Stroma ipointenso - Strato esterno di densità intermedia +VAGINA sottile stria di iperintensità con parete ipointensa + ECOGRAFIA rappresenta la tecnica diagnostica di prima scelta poiché possiede alta specificità e sensibilità  l’endometrioma appare come: formazione cistica uniloculare (priva di setti) rotondeggiante con pareti spesse, regolari e contenuto ipoecogeno omogeneo (“a vetro smerigliato”) con scarsa vascolarizzazione periferica e assenza di vascolarizzazione centrale (valutabile con ECD). Tuttavia, l’ecografia presenta alcuni LIMITI è un’indagine operatore dipendente ed ha poca accuratezza nell’individuare impianti profondi (legamenti e setto retto-vaginale) quindi nei casi di ecografia dubbia ci viene in aiuto la RMN. + RMN i vantaggi della RMN sono: miglior definizione dei rapporti anatomici, permette di individuare localizzazioni atipiche ed endometriosi profonda, l’utilizzo di MDC ci aiuta a fare DD tra endometriosi e tumori ovarici. Le cisti endometriosiche appaiono come lesioni iperintense in T1 per la presenza di Hb da ciò deriva che la soppressione del grasso (anch’esso iperintenso in T1) permette una migliore definizione. Le aderenze appaiono ipointense in T2. + LAPAROSCOPIA con prelievo di materiale e diagnosi istologica quindi nonostante l'elevata sensibilità e specificità delle tecniche di imaging, la laparoscopia rimane l’esame diagnostico GOLD STANDARD (soprattutto per quanto riguarda la stadiazione) Endometriosi APPARATO URINARIO la sede più frequentemente interessata è la vescica; dal punto di vista clinico questa condizione è caratterizzata da: disuria, dolori addominali, micro-macroematuria, dispareunia (dolore durante l’attività sessuale). Il coinvolgimento degli ureteri, per localizzazione intrinseca della malattia o per compressione da parte di formazioni/aderenze esterne, può determinare ostruzione con relativo sviluppo di idronefrosi. Le indagini che devono essere fatte nel sospetto di questa localizzazione sono: Ecografia, URO-TC, RMN Endometriosi APPARATO GI la localizzazione più frequente è a livello del retto-sigma. La lesione endometriosica causa fibrosi della tonaca muscolare e sviluppo di aderenze che comportano il tipico aspetto ecografico “a cappello di indiano” con pliche multiple. Oltre l’ecografia altre indagini che possono essere effettuate sono: RMN e Colonoscopia Virtuale ADENOMIOSI localizzazione di tessuto endometriale nello spessore del miometrio. Può essere Focale o Diffusa, oppure possiamo avere un cosiddetto ADENOMIOMA fibroma con focolai cistici endometriosici. Per quanto riguarda l’imaging: + Ecografia Ispessimento asimmetrico del miometrio//Aree cistiche ipo-anecogene//Striature ipoecogene da fibrosi + RM ispessimento della linea giunzionale con focali aree iperintense. NEOPLASIE dell’APPARATO GENITALE FEMMINILE FIBROMI UTERINI o LEIOMIOMI Sono tumori benigni molto frequenti tipici delle giovani donne, estrogeno- dipendenti e che possono regredire dopo la menopausa fino a massa calcifica. Possono essere asintomatici oppure manifestarsi con: sanguinamenti intermestruali, senso gravidico, addome acuto per torsione di fibromi peduncolati, impotenza funzionale d’organo (impossibilità ad accogliere l’impianto) ed eventualmente compressione vescicale se molto grandi. Istologicamente sono formati da fibre muscolari frammiste a fasci fibrosi con rivestimento stratificato ben delimitato; la diversa composizione percentuale delle componenti rende ragione del quadro radiografico che può però modificarsi in relazione alle possibili degenerazioni di questi tumori ialina, mucoide/mixoide, fibrosa, adiposa, cistica, calcifica, “rossa” (emorragica). La trasformazione maligna è rarissima ma risulta più frequente nei casi di degenerazione ialina o mixoide in questo caso i tumori sono definiti borderline e vi è indicazione alla loro escissione. Per quando riguarda la SEDE questi fibromi possono essere: Sottomucosi, Intramurali, Sottosierosi oppure i cosiddetti “Leiomiomi Parassita” (leiomiomi che si formano nella sottosierosa da cui si distaccano progressivamente perdendo i contatti con l’utero e rimanendo quindi localizzati a livello sulla superficie sierosa peritoneale). DIAGNOSTICA ED INTERVENTISTICA SENOLOGICA La mammella è un organo ghiandolare che si estende sulla faccia anteriore del torace. La mammella è rivestita da una capsula fibrosa che la ancora al grande pettorale (che delimita la mammella posteriormente); da questa capsula dipartono dei tralci connettivali (legamenti di Cooper) che suddividono la mammella in lobature. La mammella può essere divida in 4 quadranti: + Quadrante SUPERO-ESTERNO comprende il prolungamento ascellare della mammella; questo quadrante costituisce il quadrante in cui è più rappresentata la ghiandola e per questo rappresenta la regione in cui si sviluppa più frequentemente il K mammario. + Quadrante Supero-Interno + Quadrante Infero-Esterno + Quadrante Infero-Interno (+) Zona Retroauricolare Il CARCINOMA MAMMARIO rappresenta la neoplasia con incidenza maggiore nel sesso femminile (rappresenta il 29% di tuti i tumori diagnosticati nel sesso femminile); i fattori di rischio associati all’insorgenza di questa neoplasia sono: - Fattori GENETICI - Età - Fattori ormonali/riproduttivi (menarca precoce, menopausa tardiva, 1° gravidanza dopo i 30aa, l’allattamento riduce il rischio, esposizione ad estrogeni/progestinici) - Fattori dietetici e metabolici (obesità post-menopausale) - Fattori ambientali (radiazioni, tossine ecc.) Una delle problematiche significative di questa neoplasia è l’elevata incidenza ma al contempo l’impossibilità di intervenire con una prevenzione primaria da ciò deriva la necessità di attuare metodiche di screening al fine di effettuare una diagnosi precoce che cambia notevolmente la prognosi per queste Pz ( ad oggi grazie all’innovazione delle metodiche diagnostiche e terapeutiche è possibile individuare la lesione molto precocemente e al contempo effettuare un intervento mirato la sopravvivenza a 5 anni ha raggiunto l’87% delle Pz) È importante considerare che nella diagnosi precoce la donna può e deve partecipare attivamente: + Autopalpazione + Sottoporti ad accertamenti diagnostici a tal proposito fino a qualche anno fa si aveva il cosiddetto “Screening Organizzato”, ovvero si inviava una lettera alla popolazione di donne con età compresa tra 50 e 79aa invitandole a recarsi in determinate strutture per effettuare l’esame diagnostico; questa lettera veniva inviata ogni 2 anni ad oggi lo screening organizzato è superato è auspicabile che le donne ad oggi siano coscienti della necessità di indagare su questa patologia attraverso uno screening spontaneo (da effettuare annualmente). APPROCCIO DIAGNOSTICO la diagnostica semeiologica è integrata da: + Tripletta diagnostica di 1° livello Esame Clinico, Mammografia, Ecografia + Imaging di 2° Livello RM + Procedure interventistiche agoaspirato, biopsie percutanee 〆 ESAME CLINICO: - Autopalpazione da effettuare una volta al mese (7gg dopo il ciclo fase in cui il seno è meno dolente e turgido) - Esame clinico Anamnesi, Palpazione, Valutazione del Secreto 〆 ESAME STRUMENTALEGli esami di 1° livello sono la mammografia (donne >40aa) e l’ecografia (donne <40aa) e questa differenza di scelta su quale esame deve essere effettuato prima è dovuta al fatto che la mammella tende a subire dei cambiamenti con l’età:  Nelle donne sopra i 40aa tende a dominare il tessuto adiposo, più radiotrasparente, e per questo è preferita la mammografia come prima indagine (ed in base a quello che individuiamo si può effettuare anche l’ecografia) Nelle donne sotto i 40aa il tessuto prevalente è quello ghiandolare, più radiopaco, difficilmente studiabile tramite mammografia, e quindi l’indagine di prima istanza è l’ecografia che eventualmente può essere seguita dalla mammografia.  MAMMOGRAFIA GOLD STANDARD in donne >40aa ci permette di effettuare una diagnosi precoce. La mammografia consta di un esame radiografico della mammella che deve essere effettuato attraverso un’adeguata compressione della stessa al fine di avere una struttura distesa e quindi di evitare una sovrapposizione dei diversi quadranti. Le proiezioni con cui si valuta la mammella sono: + CRANIO-CAUDALE ci permette di valutare se la lesione è interna o esterna + MEDIO-LATERALE OBLIQUA  ci permette di valutare se la lesione è superiore o inferiore + Proiezioni aggiuntive Le donne con PROTESI MAMMARIA possono essere studiate con mammografia a seguito della “manovra di Eklund” che ci permette di dislocare la protesi e quindi di studiare la mammella. In generale le Pz con protesi devono essere studiate con mammografia ed ecografia. Se c’è sospetto di rottura protesi l’indagine gold standard è la RMN La mammografia può essere: o Analogica i primi mammografi in cui il segnale dei raggi X incidenti è registrato in forma di immagine fotografica su una lastra. o Digitale Tecnica ad oggi utilizzata grazie ai notevoli progressi l’immagine è acquisita da un detettore che tramite un software converte il segnale del fascio X in forma elettronica digitalizzata in livelli di intensità di grigio. Grazie all’avvento della digitale sono poi state introdotte tecniche specifiche quali per esempio la TOMOSINTESI che ci permette di acquisire dei piani di piccolo spessore abbattendo la densità della mammella e quindi ci permette di valutare lesioni che in mammelle relativamente dense sarebbe difficile individuare. o Associata a MDC con tecnica DUAL ENERGY la neoangiogenesi tumorale permette una captazione di MDC significativa della lesione maligna dopo la somministrazione di MDC vengono acquisite dapprima immagini digitali a bassa energia e poi ad alta energia  tecnica DUAL ENERGY la sottrazione di queste 2 immagini ci permette di individuare le aree con maggior enhancement. La DUAL ENERGY viene utilizzata per:  Chiarire meglio la natura di lesioni equivoche alla mammografia standard  L’individuazione di masse occulte alle altre tecniche diagnostiche  Studio per la stadiazione locoregionale e l’eventuale bilateralità Comunque sia la lesione sospetta precoce tipica delle lesioni maligne individuabile con la mammografia standard è costituita dalle “MICROCALCIFICAZIONI” che appaiono come piccole zone di opacità; in caso di lesione maligna queste microcalcificazioni tendono ad essere: multiple e compatte (5 microcalcificazioni/cm3  lesione sospetta), irregolari, sfaccettate ecc. Nel caso di lesione sospetta si deve procedere con agoaspirato per effettuare l’analisi istologica.  ECOGRAFIA È l’esame di primo livello in donne giovani o che presentano comunque mammelle molto dense. L’esame si esegue a Pz supina con le braccia in alto per valutare al meglio la struttura mammaria. L’ecografia ci permette di valutare l’ecogenicità, l’ecostruttura, la mobilità ed elasticità (elastosonografia); ed inoltre ci permette di indagare i rapporti con i tessuti circostanti (con la fascia superficiale e con i tessuti posteriori), e ci permette l’esplorazione del cavo ascellare. Per quanto riguarda la morfologia:  La struttura ghiandolare appare bianca (iperecogena)  Il tessuto adiposo appare ipoecogeno  Le cisti appaiono nere (anecogene pure)  Le lesioni maligne appaiono strutture stellate ipoecogene ma con echi interni iperecogeni (sono disomogenee) e presentano inoltre una vascolarizzazione anarchica (ECD)  RMN È un esame di 2° livello che deve essere effettuato in casi ben selezionati; nell’ambito del K mammario la RM è molto sensibile ma NON molto specifica per questo spesso a seguito di un esame RMN si effettua un 2° look ecografico andando a ricercare le lesioni visualizzate con RM le indicazioni ad effettuare questa indagine sono: - Stadiazione Loco-Regionale - Ricerca del Ca occulto in Pz con metastasi linfonodali ascellari (CUP SYNDROME) - Valutazione della risposta alla chemioterapia neoadiuvante - Sospetta recidiva locale dopo chirurgia e/o RT - Studio delle Protesi mammarie (senza MDC a meno che non si sospetti la presenza di una neoplasia) Il carcinoma della mammella è caratterizzato da una spiccata neoangiogenesi per cui tramite MDC la RM è in grado di individuare lesioni maligne anche di diametro di 2-3mm. Quello che si valuta è: + Morfologia della lesione lesioni irregolari a densità disomogenea + Presenza, morfologia e pattern del C.E. + DINAMICA del C.E.  il K mammario è caratterizzato da una curva intensità di segnale/tempo specifica  le lesioni maligne prendono (significativamente) contrasto nelle prime fasi ed hanno un wash-out lento  MEDICINA NUCLEARE utile nella stadiazione: o Per lo studio del linfonodo sentinella viene iniettato un radiofarmaco (albumina marcata con Tc99) all’interno della lesione e una volta individuato viene asportato (pre-operatorio o durante l’intervento stesso) e mandato all’esame istologico se tale indagine è negativa si può evitare l’exeresi della catena linfatica che compromette notevolmente il drenaggio linfatico dell’arto omolaterale. o PET viene utilizzata soprattutto per valutare le metastasi vertebrali e la recidiva, oppure anche per valutare la risposta alla chemioterapia neoadiuvante. 〆 PROCEDURE INTERVENTISTICHESono procedure di caratterizzazione cito-istologica; la guida strumentale (MX, Eco, RMN) è scelta in base alla metodica che evidenzia meglio la lesione, in genere è preferita la guida ecografica. Le metodiche utilizzabili sono:  Ago-Aspirato- procedura più semplice ma che presenta dei limiti  Biopsia vuoto assistita (VAB) è una procedura caratterizzata da una aspirazione che consente di introdurre l’ago 1 sola volta durante tutto il prelievo ed inoltre permette di prelevare un fustolo più grande; ci sono addirittura lesioni che possono essere completamente asportate con questa procedura (VAE). Ovviamente questa tecnica ha costi più elevati.  PET-TC indicazioni nell’ambito tiroideo: + Staging K tiroideo + Caratterizzazione Metabolica elevato metabolismo di una lesione localizzata indica un’elevata aggressività + Follow up post-tiroidectomia + Studio di incidentalomi tiroidei in Pz oncologici  RADIOLOGIA INTERVENTISTICA distinguiamo diversi metodi: o INIEZIONE PERCUTANEA DI ETANOLO PEI  procedura mininvasiva ecoguidata indicata per il trattamento NON chirurgico di noduli tiroidei benigni con componente fluida dominante. La PEI determina una marcata riduzione volumetrica del nodulo per necrosi coagulativa e trombosi dei vasi intratumorali con però rischio, specie per i noduli posteriori, di rottura della capsula e spandimento dell’alcol e alcolizzazione del nervo laringeo ricorrente con conseguente afonia (transitoria o permanente) o LASER TERMO-ABLAZIONE RTA  Indicata nel trattamento di noduli solidi benigni in caso di sintomatologia compressiva o problematiche di natura estetica viene introdotto un ago da radiofrequenza caudalmente rispetto al nodulo e successivamente viene retratto così da trattare tutto il nodulo man mano che l’ago esce. o ABLAZIONE CON RADIOFREQUENZA indicata nel trattamento di recidive tumorali in Pz tireoidectomizzati oppure per noduli maligni altamente differenziati. PARATIROIDI le paratiroidi sono ghiandole poste in prossimità della tiroide atte alla produzione di PTH in risposta alla riduzione dei livelli plasmatici di calcio; il PTH ormone che agisce sulla calcemia (incrementa assorbimento renale ed intestinale, aumenta la conversione in vitD attivata a livello renale, incrementa il riassorbimento osseo). Le paratiroidi sono nella maggiorparte dei casi 4 localizzate a livello del polo inferiore della tiroide (paratiroidi inferiori) e a livello della giunzione cricotiroidea (paratiroidi superiori) tuttavia, è fondamentale considerare che c’è una significativa variabilità di numero e localizzazione di queste piccole ghiandole. Le principali patologie delle paratiroidi sono: + Adenoma 85-95% + Iperplasia diffusa5-10% + Carcinoma paratiroideo 1% Queste patologie determinano il quadro di Iperparatiroidismo primitivo (quello secondario è dato da condizioni patologiche che determinano l’insorgenza di ipocalcemia cronica; quello terziario è dato da una cronicizzazione dell’ipoparatiroidismo secondario che anche a seguito di una correzione dell’ipocalcemia NON determina una relativa diminuzione della produzione di PTH). L’iperparatiroidismo, e quindi l’ipercalcemia che ne consegue, è caratterizzato clinicamente da: Osteoporosi, Nefrolitiasi, Calcificazioni metastatiche, Costipazione, Nausea, Ulcera peptica, pancreatite, Litiasi biliare, Letargia, Affaticamento, Debolezza ecc. L’iter diagnostico in caso di iper-paratiroidismo è costituito da: o ECOGRAFIA: - Adenoma massa ben circoscritta ipoecogena con vascolarizzazione raggiata o aspecifica; in questo caso le altre ghiandole al di fuori dell’adenoma sono abitualmente normali per dimensioni o sono rimpicciolite per feedback inibitorio. - Iperplasia primitiva diffusa abbiamo un ingrandimento maggiore di 4-5mm di tutte le ghiandole - Carcinoma lesione spesso difficilmente differenziabile dall’adenoma l’unico indice di malignità ecografico può essere l’invasione dei tessuti circostanti. o BIOPSIA ECOGUIDTA o SCINTIGRAFIA PARATIROIDEA le paratiroidi si studiano molto bene alla scintigrafia. Abbiamo essenzialmente 2 metodiche: 1. Scintigrafia a doppio tracciante o scintigrafia con imaging di sottrazione viene fatta l’acquisizione di due immagini di scintigrafia, una con tracciante selettivo per il parenchima Tiroideo ovvero il Tc99 e l’altra con sesta-MIBI che si concentra nella tiroide e nelle paratiroidi successivamente si sottrae digitalmente l’immagine selettiva della tiroide e si ottiene quindi un’immagine delle sole paratiroidi. 2. Scintigrafia a tracciante singolo o “Double Phase” sfrutta la dismissione precoce del Tc99-sestaMIBI da parte della tiroide sia la tiroide che le paratiroidi captano il tracciante ma a 2-3h la tiroide lo ha già dimesso acquisizione immagini dopo 10-20’, si evidenziano paratiroidi + tiroide, e acquisizione dopo 2-3h, si evidenziano solo le paratiroidi sottrazione delle due immagini permette una visione ancora più specifica delle paratiroidi. o TC con MDC o RM (migliore risoluzione di contrasto) permettono l’indagine pre-chirugica soprattutto per valutare la presenza di ghiandole ectopiche in sede retrosternale, a livello della biforcazione carotidea, dell’arco aortico ecc. SURRENI Le indagini di imaging utilizzate nello studio dei surreni sono:  ECOGRAFIA ha un ruolo marginale essendo i surreni di piccole dimensioni in sede retroperitoneale  TC basale e con MDC Metodica di prima istanza è in grado di identificare elementi patologici di diametro inferiore ai 5mm grazie al contrasto naturale offerto dal grasso perirenale. La TC inoltre può essere utilizzata come guida per la biopsia.  RM L’elevata risoluzione di contrasto ci permette di identificare in maniera specifica le lesioni ed inoltre è molto utile nella DD tra adenomi surrenalici e tumori maligni.  MEDICINA NUCLEARE distinguiamo 2 diverse tecniche di valutazione delle due diverse componenti dei surreni: o CORTICALE scintigrafia con analogo delle LDL marcato con Iodio131 (radiocolesterolo): + Sindrome di Cushing ACTH-dipendente ipercaptazione simmetrica + Sindrome di Cushing ACTH-indipendente (adenoma, iperplasia primitiva, carcinoma) ipercaptazione lesionale con inibizione del parenchima normale + Metastasi Captazione Ovviamente il radiocolesterolo è captato anche da altri organi tiroide, fegato, colecisti utilizzo di colloidi e accorgimenti nei tempi di acquisizione delle immagini ci permettono di identificare soprattutto il tessuto surrenalico. o MIDOLLARE scintigrafia con MIBG, un analogo della guanetidina, affine alla NORA, marcato con Iodio131 o Iodio123 l’indicazione principale per questa tecnica è la ricerca di feocromocitomi surrenalici ed extrasurrenalici e dei neuroblastomi surrenalici. Il MIBG con Iodio131 può essere utilizzato anche nella terapia radiometabolica per neoplasie NON aggredibili chirurgicamente. Patologie surrenaliche nello specifico: + Adenoma TC= noduli ipodensi (per la presenza di tessuto adiposo), C.E. NON significativo con wash out rapido; se funzionanti possono determinare l’atrofia del surrene controlaterale. RM= noduli ipointensi con possibili aree di iperdensità dovute al tessuto adiposo Scintigrafia= se funzionante è ipercaptante con ipocaptazione del surrene controlaterale. + Carcinoma surrenalico TC= masse di grandi dimensioni iperdense ma disomogenee per aree di necrosi, calcificazioni ed emorragie; C.E. marcato e persistente; tende rapidamente ad invadere localmente, a livello linfonodale e a livello sistemico RM= Iso o Ipo-intenso in T1 ma iperintenso in T2 // la scintigrafia è variabile + Feocromocitoma TC= lesione disomogenea con marcato C.E. // RM=iperintnesa in T2 // Scintigrafia= ipercaptante FEGATO ghiandola anficrina (sia esocrina che endocrina). È il più grande organo addominale e corrisponde semeioticamente all’ipocondrio dx e parte dell’epigastrio e ipocondrio sx. La sua superficie è rivestita da una capsula connetivale (capsula di Glisson). Può essere suddiviso in lobi e segmenti:  La suddivisione in LOBI è puramente anatomica ed è dettata dalla disposizione dei legamenti peritoneali: + Lobo DESTRO il più grande + Lobo SINISTRO + Lobo QUADRATO + Lobo CAUDATO  La suddivisione in SEGMENTI riflette: irrorazione arteriosa, drenaggio biliare e drenaggio venoso quindi ogni segmento rappresenta un territorio di parenchima che possiede una irrorazione ed un drenaggio biliare INDIPENDENTE Possibile resezione del segmento. Distinguiamo 8 segmenti: + I lobo caudato + II, III lobo sinistro + IV porzione mediale (lobo dx) + V, VI, VII, VIII lobo dx Tecniche di imaging del fegato: - ECOGRAFIA con ECD ed ELASTOGRAFIA (fibroscan) 1° indagine in grado di fornirci numerose informazioni. Ostacoli all’esplorazione ecografica del fegato sono meterorismo e steatosi marcata (difficoltosa visualizzazione dei segmenti profondi del lobo destro). In condizioni normali il fegato è leggermente iperecogeno rispetto al rene omolaterale; tramite ecografia è possibile inoltre individuare i vasi portali e le vene sovraepatiche (strutture tubulari ecoprive) e le formazioni legamentose (strutture lineari iperecogene). L’esame ECD ci permette di determinare la presenza e la caratterizzazione del flusso nei singoli vasi ed inoltre ci permette di caratterizzare la vascolarizzazione delle lesioni focali es. flussi intranodulari ad elevata velocità sono rilevabili nell’HCC e nell’IPN ma NON negli angiomi. - TC tecnica di uso frequente talora di 1° istanza ma più spesso complementare dell’ecografia. La TC epatica è generalmente effettuata con MDC La scansione viene effettuata sia al tempo 0 (basale) che dopo iniezione di MDC nello specifico distinguiamo 4 fasi di acquisizione: 1. BASALE parenchima omogeneo e strutture vascolari ben visibili. 2. FASE ARTERIOSA L’aorta e l’arteria epatica sono massimamente opacizzate ma il C.E. del fegato è relativamente scarso. Nella fase arteriosa distinguiamo 2 ulteriori sottotempi di acquisizione: a. Precoce 20’’ b. Tardiva 35’’ fase di visione delle lesioni ipervascolarizzate (iperdense rispetto al parenchima) 3. FASE DI REDISTRIBUZIONE PORTALE 50-60’’ Il MDC diffonde nel parenchima epatico che quindi presenterà il massimo C.E.  in questa fase si evidenziano le lesioni ipovascolarizzate (ipodense rispetto al parenchima) 4. Fase di EQUILIBRIO/TARDIVA 90-120’’ La densità di aorta e fegato diminuisce gradualmente - RMN è utile per la caratterizzazione delle lesioni focali e di alcuni tipi di epatopatia in alternativa alla TC; si usano le sequenze T1, T2, STIR, in diffusione, spettroscopia e di perfusione. La RM con MDC è in grado di individuare lesioni anche molto piccole (lesioni ipercellulariiperintense in T1). - ANGIOGRAFIA non utilizzata nella diagnostica ma come fase preliminare della radiologia interventistica - Medicina nucleare utilizzo ad oggi limitato - Colecistografia (MDC per via orale) e Colangiografia (MDC per via parenterale) NON si fanno più  ASCESSI seguono 3 stadi: necrosi (primi 10gg), Riassorbimento (10-15gg), Esiti (>15gg). La CLINICA è caratterizzata da: dolore in ipocondrio Dx e febbre alta. La TERAPIA può essere farmacologica oppure in caso di ascessi di grandi dimensioni si deve procedere con drenaggio. Distinguiamo 3 tipologie di ascessi epatici in base all’eziologia alle volte possono mostrare differenze caratteristiche ma NON sempre in tal caso è necessario il prelievo percutaneo con analisi microbiologiche. I 3 tipi di ascessi sono: - Piogenici 85%  Ecografia= area ipoecogena (corrispondente al tessuto necrotico) e iperecogenicità da evoluzione fibrotica // alla TC si evidenzia un’area ipodensa con orletto che si potenzia dopo MDC (componente flogistica maggiormente vascolarizzata). - Micotici la differenza NON è correlabile solamente all’imaging La clinica è importante= Pz immunocompromessi - Amebico L’amebiasi è endemica in Africa, Est-Asiatico, Sud-America l’ascesso epatico è la complicanza più frequente. Alla TC appare come una lesione cistica lobulata con spesso vallo e iperemia circostante dopo contrasto.  ANGIOMA è il più frequente tumore epatico (benigno): + Ecografia Lesione nodulare a margini regolari ed ecostruttura solida iperecogena; con ECD a causa del flusso molto lento NON si evidenzia il segnale. + TC Lesione ipodensa con C.E. precoce periferico che si estende poi verso il centro e persiste per alcuni minuti. + RMLesione ipointensa in T1 ed iperintensa in T2  ADENOMA e IPERPLASIA NODULARE FOCALE Sono lesioni di aspetto simile, la cui differenziazione tuttavia è importante in quanto l'adenoma (tipico in donne in trattamento con anticoncezionali) in più della metà dei casi va incontro a sanguinamenti spontanei massivi e può degenerare in HCC (e quindi a indicazione chirurgica) mentre l’IPN è pressoché asintomatica e priva di evolutività clinica. Adenoma IPN Ecografia Lesione nodulare singola iso/ipoecogena Lesione nodurale singola ad ecostruttura iso/ipoecogena ma con presenza di un’area stellata centrale iperecogena, che accoglie strutture stromali e presenta segnali arteriosi irradiantisi verso la periferia “a ruota di carro” TC (basale) Aspetto disomogeno per la presenza di grasso, necrosi ed emorragia recente Isodenso (MDC guarda su) RM Iperintenso in T1 Iso/iperintenso in T2 Isointenso con reperto (incostante) della stella (ipointensa in T1 e iperintensa in T2)  HCC EPATOCARCINOMA E la quinta neoplasia al mondo per frequenza; è più frequente nel sesso maschile ed in soggetti di età avanzata. La diffusione dell’HCC segue in maniera diretta la diffusione di malattia epatica cronica; il maggior fattore di rischio risulta essere infatti la cirrosi di qualsiasi eziologia; è importante considerare che solo il 3-4% degli HCC insorge in un fegato non (ancora) cirrotico e di solito questi sono soggetti infetti con HBV che ha un duplice effetto cancerogenico (infiammazione e integrazione del DNA dell’ospite). Per quanto riguarda la DIAGNOSI è importante considerare che i Pz con malattia epatica cronica sono Pz che dovrebbero essere tenuti sotto stretta sorveglianza al fine di effettuare una diagnosi precoce (in grado di salvare la vita). La sorveglianza di questi Pz prevede un’ecografia ogni 6 mesi ed il dosaggio dell’AFP (molto specifica ma poco sensibile molti HCC non la producono). Nell’ambito dell’esame ecografico possiamo quindi riscontrare lesioni nodulari che in base alle dimensioni ci indirizzano verso diversi approcci: + Lesione <1cm Ripeto ecografia dopo 3-4 mesi + Lesione tra 1-2cm Procedo con le 2 metodiche di secondo livello: TC e RM con MDC + Lesione >2cm è sufficiente un solo test di secondo livello  Tramite queste procedure è possibile individuare con un’elevata sensibilità e specificità la lesione tumorale se persistono ancora dei dubbi (molto raro) si può procedere con la biopsia che tra l’altro NON è semplice (lesioni spesso piccole in localizzazioni difficili da raggiungere) ed inoltre bisognerebbe evitarla in Pz cirrotici. Indagini di diagnostica per immagini nello specifico: o ECOGRAFIA Lesione solida ad ecostruttura disomogenea, ipoecogena quando di piccole dimensioni altrimenti iso-iperecogena. All’ECD è possibile identificare un segnale di flusso ad elevata velocità all’interno della lesione. o TC La TC basale evidenzia un nodulo/massa ipo- isodensa con alone periferico ipodenso. Tuttavia, la diagnosi si basa soprattutto sul riconoscimento del comportamento contrastrografico tipico per HCC. Difatti nella trasformazione neoplastica abbiamo un cambiamento nella vascolarizzazione con aumento massivo della vascolarizzazione arteriosa (nel parenchima epatico normale solamente 1/4 dell’apporto vascolare è arterioso mentre i restanti 3/4 sono venosi) Nell’HCC abbiamo un rapido enhancement globale della lesione in fase arteriosa seguito da un rapido wash-out in fase venosa tardiva. o RM T1 segnale variabile// T2 segnale iperintenso// MDC eaptospecifico (Gadoxetic acid-enhanced) la lesione appare ipointensa rispetto al parenchima epatico normale per l’assenza di flusso biliare. Per quanto riguarda la stadiazione è importante considerare, come già detto, che la maggiorparte degli HCC insorge in Pz affetti da cirrosi epatica e che quindi presentano un grado variabile di insufficienza epatica; per cui la prognosi dei Pz con HCC NON è condizionata solo dall’estensione della neoplasia ma anche dalle caratteristiche del Pz per questo il sistema più utilizzato è quello di BARCELLONA (BCLC) che valuta 3 parametri: + Variabili del tumore (dimensioni e numero) + Performance status del Pz + Stadio dell’epatopatia (Si basa sulla stadiazione clinica di Child-Pugg) Sulla base di questi parametri distinguiamo 5 stadi indicativi della prognosi ed importanti ai fini terapeutici: o 0 stadio molto precoce con una lesione <2cm o A Stadio precoce/iniziale sopravvivenza a 5 anni del 50-75% o B Intermedio prognosi 16 mesi o C Avanzato Prognosi 6 mesi o D Terminale  Prognosi <3mesi Per quanto riguarda il TRATTAMENTO questo può essere di tipo CURATIVO negli stadi 0 e A o PALLIATIVO negli stadi B, C e D:  Trattamento CURATIVO Resezione Chirurgica, Tx di Fegato La trapiantabilità è data da: - Criteri di Milano (1996): Nodulo singolo <5cm o fino a 3 noduli <3cm// Assenza di metastasi a distanza // Assenza di infiltrazione macrovascolare-linfatica - Criteri “Up To Seven” nuovi criteri ampliati (2009) definiti in questo modo poiché si basano sul concetto che la somma del numero di noduli e delle loro dimensioni in cm deve essere <7.  Trattamenti PALLIATIVI Metodiche di radiologia interventistica: - CHEMIOEMBOLIZZAZIONE TACE Simultanea combinazione della chemioterapia e dell’embolizzazazione dell’irrorazione arteriosa tumorale tramite iniezione di antiblastico (doxorubicina) ed embolizzante (lipiodol MDC iodato oleoso) L’embolizzazione oltre a determinare un effetto lesivo diretto dovuto all’ischemia determina anche un aumento del tempo di contatto neoplasia- antiblastico (e quindi un aumento dell’efficacia del chemioterapico) dovuto all’aumento di permeabilità secondario all’ischemia. È importante considerare che la TACE può essere effettuata anche nell’ambito del DOWN-STAGING ovvero per far rientrare i Pz entro i criteri “up to seven” di trapiantabilità. - Procedure Ablative: + Alcolizzazione Obsoleta e poco efficace ad oggi non si fa più + Termoablazione Agitazione Ionica Necrosi coagulativa Ablazione con radiofrequenza, Laser, microonde + Crioterapia DIAGNOSTICA SCHELETRICA Gli esami a nostra disposizione per studiare il compartimento osteo-articolare: o RADIOGRAFIA È la metodica di prima istanza nello studio delle condizioni patologiche dell’osso in funzione della spiccata radiopacità dello stesso. La radiografia viene effettuata tendenzialmente nelle proiezioni AP e LL, anche se ovviamente ne possono essere effettuate di diverse in funzione del sospetto clinico ed inoltre, se necessario possono essere effettuate RX dell’arto controlaterale (per confronto) o anche sotto carico/ sotto trazione per valutare alcuni aspetti. La cartilagine articolare, la capsula articolare, i dischi fribrocartilaginei ed i legamenti NON sono visibili direttamente con la RX. Le INDICAZIONI alla RX sono: Fratture, Calcificazioni, Osteofitosi, Valutazione età scheletrica ecc. o ECOGRAFIA metodica di prima istanza nello studio di muscoli, legamenti, borse sinoviali, capsule e tendini superficiali; per quanto riguarda l’osso sono visibili solo la superficie ossea ed il periostio, tuttavia nell’osso in fase di sviluppo è agevole l’identificazione del nucleo di ossificazione cartilagineo. Le INDICAZIONI DCA, Controllo evolutivo del callo osseo in formazione, Studio di muscoli/tendini/legamenti, Corpi estranei, Studio di eventuali infiammazioni (ECD aumenta vascolarizzazione) o TC Consente uno studio molto accurato dell’osso ed anche una buona visualizzazione delle strutture cartilaginee, muscolari e tendini. Inoltre, risulta essere fondamentale per lo studio di distretti difficili da valutare tramite RX es pelvi, spalla, vertebre ecc. Può essere ovviamente effettuata con MDC che può essere EV (osteomieliti, neoplasie) o intrarticolare (artro-TC). Le INDICAZIONI Fratture occulte/in sedi di difficile accesso, Osteomieliti, Sindromi dolorose lombari, Neoplasie ossee (primitive e secondarie), casi in cui è controindicata la RM. o RM è la metodica più completa (grazie alla sua elevata risoluzione di contrasto) nello studio delle articolazioni, muscoli, tendini, legamenti e borse sinoviali. Può essere effettuata con MDC: - EV per valutare condizioni infiammatorie, grado di vascolarizzazione di una neoplasia e per definire la precisa area di passaggio tra tessuto vitale e necrotico (osteonecrosi). - Intrarticolare Artro-RM solitamente effettuata a livello di spalla e ginocchio; permette di distendere l’articolazione così da visualizzare strutture altrimenti NON visualizzabili, piccole lesioni tendinee, corpi liberi intrarticolari ecc. Le INDICAZIONI all’uso della RM sono:  Stadiazione dei tumori ossei //  Studio delle Metastasi ossee  Fratture ossee occulte  Osteonecrosi  Osteomieliti  Lesioni tendinee, legamentose, meniscali, sinoviali, muscolari o MEDICINA NUCLEARE: SCINTIGRAFIA OSSEARappresenta una delle applicazioni più comuni della medicina nucleare ed è in grado di fornirci informazioni circa il metabolismo osseo, l’anatomia dello scheletro ed il flusso ematico. Come traccianti vengono utilizzati i DIFOSFONATI marcati con Tc99 che vengono assorbiti in funzione dei fenomeni osteoblastici. Le INDICAZIONI generali della scintigrafia ossea sono: Neoplasie, dolore lombare o dolore osseo NON giustificato da altre indagini, Osteomielite, Morbo di Paget ecc. È possibile effettuare la scintigrafia ossea attraverso 2 metodiche:  Scintigrafia STATICA Alta sensibilità e Precocità nello studio di metastasi ossee che appaiono come aree di ipercaptazione (dovuto ad i fenomeni osteolitici e relativa risposta oseoblastica); tuttavia la specificità è bassa aree di ipercaptazione possono essere rilevate anche in condizioni quali: riparazione di fratture, nell’osteoartrosi, nella malattia di Paget queste varie cause devono essere sempre indagate quando si effettua un esame scintigrafico. Per quanto riguarda le tempistiche in cui si va ad acquisire l’immagine il radiofarmaco si deposita rapidamente entro 1h ed in notevole quantità (quello NON captato è eliminato attraverso i reni); tuttavia l’acquisizione dell’immagine è ritardata fino a 3h dopo l’iniezione poiché si attende la riduzione della radioattività di fondo dei tessuti molli.  ILEO PARALITICO  RITENZIONE URINARIA  ALLETTAMENTO che aggrava la condizione osteoporotica ma può anche determinare l’insorgenza di TVP (60%), e quindi EMBOLIA POLMONARE (2-10%) che può anche essere fatale.  Anche se RARE sono comunque possibili lesioni a livello del midollo spinale con relativi deficit neurologici. La DIAGNOSI si basa essenzialmente su: + ANAMNESI si valutano tutti i fattori di rischio + QUADRO CLINICO la rachialgia è l’espressione più tipica della condizione osteoporotica, può essere un dolore acuto ma anche cronico. + ESAMI DI LABORATORIO (di 1° livello) Emocromo, VES, Elettroforesi, Ca, P, ALP, Vit D, calciuria 24h + RX rachide dorsale e lombare ed ESAME MORFOMETRICO misurazione delle altezze anteriore, posteriore e media delle vertebre sulla base di immagini radiografiche tramite questa valutazione è possibile classificare le fratture in relazione alla porzione fratturate e all’entità Classificazione di Genant: In base alla porzione fratturata: - Fratture a cuneo tratto anteriore - Fratture a lente biconcava tratto medio - Collasso Vertebrale Tratto posteriore  La presenza di edema intraspongioso nel corpo vertebrale fratturato (valutabile con RM) ci permette di distinguere un crollo vertebrale di recente insorgenza da uno di vecchia data. Il TRATTAMENTO può essere:  CONSERVATIVO Riposo a letto (considerandone però i rischi), ortesi (busti), analgesici, stile di vita, fisioterapia e terapia fisica (caldo/freddo, stimolazione elettrica, agopuntura), radioterapia.  RADIOLOGIA INTERVENTISTICA se il trattamento conservativo non è efficace, nel caso di fratture recenti e con dolore NON responsivo al trattamento farmacologico VERTEBROPLASTICA o CIFOPLASTICA lo scopo di questo trattamento è soprattutto quello di risolvere il DOLORE, ed eventualmente correggere la postura; entrambe le metodiche sono efficaci per ridurre il dolore. o VERTEBROPLASTICA tecnica che si basa sulla somministrazione, attraverso un approccio transpeduncolare, all’interno della vertebra “crollata” di un polimero cementante che attraverso un duplice meccanismo (meccanico e termico) porta a deafferentazione delle fibre nervose perisomatiche con relativa riduzione della sintomatologia algica. o CIFOPLASTICA è un’evoluzione della vertebroplastica che prevede, prima della consolidazione del soma vertebrale attraverso l’iniezione del cemento, il ripristino dell’altezza della vertebra attraverso il gonfiaggio di un palloncino, al fine di raggiungere la miglior biomeccanica della colonna possibile. Il composto che viene utilizzato è il PMMA (poli-metil-meta-crilato), un composto INERTE che quindi porta a perdere la funzione metabolica dell’osso le prospettive future ma che sono verosimilmente già realtà riguardano l’utilizzo di materiali bioattivi, come per esempio una miscela di stronzio + idrossiapatite uno studio ha messo in evidenza come dopo un anno dall’introduzione, questo composto viene assorbito e sostituito a sua volta da materiale osseo biologicamente attivo. Le CONTROINDICAZIONI ad effettuare queste procedure sono: + “Vertebra plana” Crollo vertebrale completo NON c’è possibilità di accesso al soma vertebrale + Fratture Stabili Asintomatiche + Terapia medica (antidolorifica) efficace + Coagulopatia NON correggibile + Infezioni attive locali o sistemiche + Fratture Instabili In base all’entità distinguiamo fratture: + Lievi perdita altezza 20-25% + Moderata Perdita altezza 25-40% + Severa perdita altezza >40% Le COMPLICANZE della vertebroplastica sono:  Leak Cemento ovvero una fuoriuscita del cemento a livello discale, paravertebrale, plesso vascolare venoso perivertebrale (a cui può conseguire un’embolia polmonare) oppure a livello intraforaminale/ intracanalare con stenosi del canale midollare.  Infezioni  Rischio collasso corpi vertebrali adiacenti Evenienza che si riduce nella cifoplastica grazie al ripristino delle altezze e quindi della biomeccanica della colonna  Reazioni Allergiche  Sanguinamento È importante considerare che prima di introdurre il materiale è fondamentale fare uno studio bioptico della vertebra per valutare la presenza di tumori primitivi o metastasi A tal proposito queste metodiche possono essere utilizzata nell’ambito “terapeutico” di una localizzazione neoplastica secondaria a livello vertebrale con il medesimo accesso (prima di introdurre il cemento) si può effettuare una TERMO-ABLAZIONE con RADIOFREQUENZA. PROTRUSIONI ed ERNIE DISCALI Patologie che interessano il disco intervertebrale Il disco intervertebrale è una struttura situata tra due corpi vertebrali adiacenti costituita da un anello fibroso esterno ed un nucleo polposo centrale il quale risulta molto idratato nelle prime fasi della vita per poi disidratarsi progressivamente a partire dalla quarta decade condizione verificabile grazie alla RM il nucleo diventa progressivamente ipointenso in T2 “Black Disc”. Con il termine PROTRUSIONE DISCALE si intende una condizione in cui a causa della lassità delle fibre anulari dell’anulus il suo contorno esterno oltrepassa i confini delle limitanti somatiche. Queste protusioni sono condizioni estremamente frequenti che causano una sintomatologia dolorosa dovuta alla compressione delle radici nervose midollari, L’anello fibroso del disco intervertebrale può inoltre andare incontro a FISSURAZIONI che possono essere: anulari, radiali o trasversali l’interruzione completa dell’anulus fibroso determina l’erniazione del nucleo polposo ERNIA DEL DISCO compressione delle radici nervose (radicolopatia dolore) ma potenzialmente anche del midollo spinale (mielopatia deficit di sensibilità e movimento) Le PROTRUSIONI possono essere trattate per via percutanea, attraverso tecniche di radiologia interventistica con approccio estremamente mini-invasivo grazie al quale si determina:  Eliminazione dei rischi chirurgici e della cicatrice post-operatoria  Riduzione dei tempi di ospedalizzazione e dei rischi infettivi Queste procedure sono RIPETIBILI ed inoltre NON precludono al ricorso successivo della chirurgia tradizionale. Quindi questi interventi che possono essere effettuati nell’ambito delle protrusioni (che determinano una sintomatologia algica) sono:  NUCLEOPLASTICA (associata alla O2-O3 Terapia) ha come razionale la riduzione del volume del nucleo polposo con relativa riduzione della pressione sull’anulus fibroso deficitario e quindi riduzione della protrusione. Il meccanismo alla base della nucleoplastica è quello di determinare una disidratazione del nucleo polposo (quindi accelerando quello che di per sé è un processo fisiologico) attraverso un accesso percutaneo viene inserito un ago a livello del disco intervertebrale, viene iniettato MDC per valutare l’assenza di interruzione dell’anulus fibroso e a questo punto con un duplice effetto meccanico-termico (laser) viene disidratato il nucleo polposo.  OSSIGENO-OZONO TERAPIA è una terapia adiuvante che determina anch’essa una disidratazione e relativa riduzione del volume del nucleo attraverso un’azione diretta sui mucopolissacaridi costituenti il nucleo polposo. Inoltre, la O2-O3 Terapia:  Riduce l’infiammazione ed il dolore per azione ossidante sui mediatori alogeni  Migliora la microcircolazione per risoluzione della stasi venosa indotta dalla compressione meccanica esercitata dalla protrusione sulle componenti vasali  INFILTRAZIONI di miscele di cortisonici e Anestetici a livello periganglionare e periradicolare. TUMORI OSSEI i tumori dello scheletro si dividono in: + PRIMITIVI a loro volta suddivisi in benigni, maligni e a malignità intermedia + SECONDARI/METASTATICI frequenti le metastasi da tumore della mammella, prostata, polmone, tiroide, rene, vie urinarie e tubo digerente. La localizzazione ossea è relativamente frequente a causa della ricca vascolarizzazione di questo tessuto. Il QUADRO CLINICO è caratterizzato da DOLORE, specialmente notturno con disturbo del riposo del soggetto, e FRATTURE PATOLOGICHE complicanza più temibile  può determinare un crollo vertebrale con relative lesioni midollari. La DIAGNOSI è effettuata tramite TC, RMN ed esame istologico. Se NON si conosce l’origine primitiva del tumore (condizione piuttosto frequente) TC total-body + PET. Il TRATTAMENTO dipende dalle condizioni generali del Pz e dalla localizzazione e tipo di lesione se il Pz ha buona prognosi si cerca di rimuovere il locus neoplastico chirurgicamente; se ha cattiva prognosi si può optare per l’utilizzo di tutori (tranne nei casi di fratture degli arti inferiori che devono essere trattate chirurgicamente anche se il Pz è terminale alleviare il dolore e migliore assistenza del Pz). TUMORI PRIMITIVI: TUMORI OSTEOGENETICI:  BENIGNI: - OSTEOMA-OSTEOIDE tipico di bambini e adolescenti. - OSTEOBLASTOMA colpisce bambini e adolescenti ed è formato da tessuto osseo immaturo; può raggiungere dimensioni notevoli determinando l’insorgenza di fratture patologiche.  MALIGNI OSTEOSARCOMATumore maligno dell'osso costituito da cellule mesenchimali che producono sostanza osteoide. È uno dei tumori maligni ossei più frequenti; è tipico dell’età infantile e giovanile. È una neoplasia molto aggressiva che tende a dare metastasi (polmonari) molto precocemente. PROGNOSI Con i protocolli terapeutici attualmente in uso l'Osteosarcoma classico ad alto grado di malignità localizzato alle estremità (senza presenza di metastasi polmonari all'esordio) ha una probabilità di guarigione che si avvicina al 70%. Le localizzazioni al bacino ed alle vertebre hanno una prognosi peggiore. Anche la presenza di metastasi all'esordio peggiora sensibilmente la prognosi. TUMORI CONDROGENETICI:  BENIGNI: + OSTEOCONDROMA uno dei tumori benigni più frequenti. + CONDROMA tumore benigno formato da tessuto cartilagine maturo che si localizza all’interno di strutture ossee (falangi di mani e piedi, metatarsi e metacarpi). Può andare incontro a trasformazione maligna, soprattutto nelle forme multiple.  MALIGNI CONDROSARCOMA tipico dell’età adulta/senile. Può originare dalla porzione interna dell’osso (forma centrale) o dalla porzione esterna (forma periferica) per poi infiltrare i tessuti molli circostanti. Presenta osteolisi, ossificazione endocondrale e sviluppo di calcificazioni. TUMORI FIBROGENETICI:  BENIGNI FIBROMA NON OSSIFICANTE è tipico di fasce di età giovanile. È in genere asintomatico ma alle volte può raggiungere dimensioni tali da determinare l’insorgenza di fratture. Nella maggior parte dei casi va incontro a regressione con l’accrescimento.  MALIGNI: + FIBROSARCOMA tipico dell’età matura. Si localizza a livello diafisario ed è altamente invasivo. + ISTIOCITOMA FIBROSO MALIGNO tipico dell’età matura. Anche questo è invasivo con marcata osteolisi. TUMORI MIELOGENETICI Mieloma Multiplo e Plasmocitoma determinano indebolimento della struttura ossea con conseguente aumentato rischio di fratture (patologiche). LINFOMI i linfomi sono neoplasie che derivano dall’espansione clonale dei linfociti B, T ed NK nelle varie fasi di maturazione. Gli organi più frequentemente coinvolti sono i linfonodi, la milza ed il midollo osseo anche se per l’ubiquitarietà dei linfociti nell’organismo ogni organo può essere colpito. I linfomi costituiscono il 4-5% di tutte le malattie neoplastiche maligne; l’incidenza tende ad aumentare con l’età (fatta eccezione per il LH che ha un’incidenza bimodale) e sono leggermente più frequenti nel sesso maschile. L’incidenza dei linfomi è aumentata negli ultimi 20 anni, e questo è da ricercare in diverse motivazioni:  Miglioramento delle tecniche diagnostiche  Aumento dei soggetti immunocompromessi; a sua volta dovuto a: + Età avanzata (aumento età media della popolazione) + HIV + Terapie immunosoppressive EZIOLOGIA:  Predisposizione genetica  Immunosoppressione e stimolazione cronica del SI  Agenti infettivi: EBV, HTLV-1, HIV, HCV, HP  Fattori ambientali pesticidi, benzene, altri composti chimici, farmaci e composti radioattivi  Condizioni cliniche e trattamenti il diabete aumenta il rischio; l’utilizzo di statine lo riduce. Ad oggi i linfomi vengono classificati in base a diversi aspetti: morfologia, fenotipo, clinica, genotipo; in quella che è la classificazione della WHO la cui ultima revisione risale al 2017. Una prima distinzione viene fatta tra LINFOMI A CELLULE B (85%) e LINFOMI A CELLULE T/NK (15%) e nell’ambito di queste categorie distinguiamo poi 2 gruppi: Neoplasie dei PRECURSORI e Neoplasie A CELLULE MATURE/PERIFERICHE. CLINICA:  Segni Sistemici astenia, febbre, calo ponderale (se >10% negli ultimi 6 mesi), sudorazione notturna e prurito.  Sintomi da coinvolgimento d’organo stomaco, intestino, osso, SNC, polmone, cute  Epato-Splenomegalia segni e sintomi di ingombro: addome aumentato di volume, difficoltà digestive  LINFOADENOMEGALIA condizione più frequente; distinguiamo: +Linfonodi SUPERFICIALI nella fase iniziale i linfonodi superficiali tendono ad avere forma rotondeggiante e le dimensioni e la rapidità di crescita sono variabili; hanno consistenza aumentata, non doloranti e ancora mobili rispetto ai piani circostanti. Nelle fasi più avanzate sono confluenti e fissi rispetto ai piani adiacenti. +Linfonodi PROFONDI un loro aumento di volume determina COMPRESSIONE degli organi vicini:  A livello MEDIASTINICO: compressione delle vie aeree (tosse e dispnea), compressione esofagea (disfagia), compressione della vena cava (turgore delle giugulari ed edema a mantellina).  A livello ADDOMINALE/PELVICO: disturbi della canalizzazione del tubo gastroenterico e delle vie urinarie. Poi in generale l’aumento di volume dei linfonodi può portare a condizioni quali edemi, da compressione dei vasi venosi e linfatici, e versamenti nelle cavità sierose. DIAGNOSI si basa essenzialmente su: + CLINICA Segni e Sintomi, Esami di laboratorio, Esami strumentali + BIOLOGIA Istologia, immunofenotipo, Citogenetica, Biologia molecolare ESAMI DI LABORATORIO: + Emocromo + Indici di flogosi VES, PCR, feritina fibrinogeno: aumentati + LDH e B2-microglobulina aumentate, indice di turn-over cellulare + Elettroforesi ipogammaglobulinemia o picco monoclonale + Indici di funzionalità epatica e renale + Sierologia per virus e parassiti + Onco-markers ESAMI STRUMENTALI: + RX del torace in 2 proiezioni + Ecografia stazioni linfonodali superficiali e addominali L’ecografia dei linfonodi normali rispecchia esattamente la loro anatomia: morfologia ovalare con una zona periferica ipoecogena (corticale) ed una zona centrale iperecogena. Nell’ambito dei linfomi i linfonodi tendono ad assumere altre caratteristiche: Aumento di dimensioni // la forma da ovale diventa TONDA // dislocazione o assenza dell’ilo // Sovvertimento della differente ecogenicità corticale-midollare // margini che dapprima si mostrano come netti ma bozzoluti per poi diventare meno netti per il superamento della capsula // Vascolarizzazione disorganizzata (ECD) // All’ELASTOGRAFIA i linfonodi diventano progressivamente più rigidi Blu. + TC  Generalmente i linfonodi appaiono come masserelle rotondeggianti di densità parenchimatosa e che in genere NON hanno C.E. significativo; in caso di malignità presentano un aumento di dimensioni associato a disomogeneità (anche per la presenza di necrosi). La TC è utilizzata soprattutto per: formulazione piano di trattamento RT, Verifica della risposta terapeutica, Follow Up. + RMN  Alla RM i linfonodi neoplastici appaiono ipointensi in T1 ed iperintensi in T2. La RM risulta poi essenziale anche nell’ambito della recidiva in particolare dalla differenziazione con la fibrosi la recidiva ha C.E. variabilmente elevato ed elevata intensità nelle sequenze STIR. + PET-TC Il suo utilizzo è finalizzato alla stadiazione e alla valutazione della risposta alla terapia. Ciò che comunque ci permette di fare diagnosi è l’ESAME ISTOLOGICO tramite biopsia dell’organo interessato (linfonodi o altri organi) tramite cui si evidenziano le lesioni a carico di tutto il tessuto e si possono fare test su immunofenotipo, citogenetica e biologia molecolare. STADIAZIONE La valutazione dell’estensione della malattia deve essere eseguita all’esordio, nel corso del trattamento, al termine della terapia e nel follow up. Di particolare importanza è la stadiazione di Ann-Arbor, modificata da COST-WOLDS che tramite TC-PET con 18FDG, permette di evidenziare l’estensione della malattia:  Stadio I coinvolgimento di una singola stazione linfonodale  Stadio II coinvolgimento di 2 o più stazioni linfonodali dallo stesso lato del diaframma  Stadio III coinvolgimento di stazioni linfonodali da entrambi i lati del diaframma  A livello sottodiaframmatico la milza è considerata come una stazione linfonodale; quando è coinvolta si aggiunge una “s” a pedice.  Stadio 4 oltre a linfonodi/milza sono coinvolti anche altri organi extra-nodali (MO, Polmoni, fegato ecc) A questa stadiazione si aggiungono poi delle lettere che indicano:  S interessamento della milza  E se c’è un interessamento extranodale adiacente ad una struttura linfonodale coinvolta  X in caso di massa voluminosa o “BULKY”: massa con diametro >10 cm o, se a livello mediastinico, che occupa più 1/3 di tutto il mediastino.  A assenza di sintomi generali  B presenza di sintomi generali DECORSO in base al decorso i linfomi possono essere suddivisi in 2 gruppi:  AGGRESSIVI rapidamente evolutivi associati a rapido aumento di volume linfonodale (spesso con formazione di masse bulky), sintomi sistemici, alterazioni dei parametri ematologici ed ematochimici.  INDOLENTI Evoluzione lenta che può durare anche anni; la comparsa dei sintomi sistemici e delle alterazioni di laboratorio è tardiva e può essere indice di evoluzione ad una forma aggressiva. È importante considerare che questa distinzione NON si riferisce all’esito della terapia, infatti la prognosi non dipende interamente dal decorso ma piuttosto dalla possibilità di guarire con gli attuali trattamenti di fatti spesso i linfomi indolenti sono più difficili da eradicare rispetto agli aggressivi PROGNOSI dipende da: + Caratteristiche biologiche della malattia + Caratteristiche CLINICHE + Fattori individuali Esistono degli score prognostici che permettono al medico di orientarsi al meglio, quale per esempio l’IPI score che si basa su: età, stadio ann-arbor, LDH, stazioni extralinfonodali, performance status (abbiamo una scala per il performance status che va da 0, asintomatico, a 4, stadio in cui il Pz è costretto a letto) TERAPIA al fine di attuare il programma terapeutico migliore è fondamentale valutare gli aspetti sia della malattia (tipo di linfoma, citogenetica e biologia molecolare) che gli aspetti del Pz (performance status, età, comorbilità ecc). Gli OBIETTIVI della terapia del linfoma possono essere:  ERADICAZIONE della malattia  Mantenimento di una buona qualità di vita Per quanto riguarda le strategie terapeutiche nell’ambito dei linfomi queste possono essere:  CHEMIOTERAPIA ci sono diversi farmaci attivi contro i linfomi Questi farmaci possono essere utilizzati come agenti singoli ma più frequentemente in combinazione; possono essere somministrati per via OS, SC, EV ma anche intrarachide tramite puntura lombare.  RADIOTERAPIA TUTTI i linfomi sono radio-sensibili; la radioterapia si può utilizzare per:  Consolidamento di remissioni ottenute con la chemioterapia  Trattamento singolo: più raramente, di solito per linfomi cutanei  ANTICORPI MONOCLONALISono Ig dirette verso molecole specifiche della superficie linfocitaria; le molecole più bersagliate sono: CD20, CD22, CD19, CD52 il particolar modo il farmaco più usato è il RITUXIMAB, anti- CD20. Gli mAb possono avere un effetto diretto sulle cellule tumorali oppure possono attivare il SI contro le cellule tumorali stesse (parliamo di mAb non-coniugati); altri ancora possono essere vettori di tossine (immunotossine) o ancora legati a radio-isotopi (per la radio-immunoterapia).  TERAPIE CELLULARI parliamo di Tx AUTOLOGO e Tx ALLOGENICO Valutazione della RISPOSTA alla terapia:  Remissione COMPLETA scomparsa di ogni evidenza di malattia  Remissione PARZIALE regressione della malattia misurabile e assenza di nuove lesioni  Malattia STABILE assenza di risposta o progressione  Progressione dopo RP o MS/ Recidiva dopo RC comparsa di nuove lesioni o aumento delle lesioni precedentemente conosciute.
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