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Re-inventare la famiglia., Sintesi del corso di Pedagogia dell'infanzia e pratiche narrative

riassunto di tutto il manuale della Formenti

Tipologia: Sintesi del corso

2021/2022
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Caricato il 13/01/2022

oxi-panda
oxi-panda 🇮🇹

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Scarica Re-inventare la famiglia. e più Sintesi del corso in PDF di Pedagogia dell'infanzia e pratiche narrative solo su Docsity! RE-INVENTARE LA FAMIGLIA PARTE PRIMA: lo sguardo dipende dall’azione. C'è un salto tra conoscere un oggetto interagendo con esso e conoscerlo attraverso una definizione. Toccare, annusare ecc. sono modi che il nostro corpo ha per attivare una percezione, ed essa non avviene se non c'è movimento. Anche nell'osservare ci sono diversi movimenti, come orientarsi verso l'oggetto e i micro movimenti dell'occhio. La vista non ha nulla di fisso. Se ci chiedono quanto pesa un oggetto e capiamo la domanda significa che sappiamo cosa significa il concetto di peso. Piaget spiega che i bambini imparano il concetto di peso attraverso il confronto di oggetti ed esperienze, scoprendo ch@'l ) corpo risponde in modo diverso. Ci vogliono circa 6 anni di vita e tante esperienze, errori e fallimenti per distinguere e” imparare le proprietà degli oggetti. E che per capire la domanda serve conoscere la lingua e il nome ? delle cose. Lo sguardo dipende dall'azione: se i processi di percezione e conoscenza dipendono da quello che noi facciamo nel mondo e dalle azioni che esercitiamo sugli oggetti, non sarà la loro definizione a farceli conoscere. La definizione deriva da azioni compiute da qualcuno. È complesso definire il concetto di famiglia perché risponde alla nostra descrizione. In base a ciò che facciamo e diciamo, le persone reagiscono. L'idea che ci facciamo degli altri è legata alle azioni comunicative nei contesti di tutte le persone coinvolte. È molto difficile per noi separare percezione, categorizzazione e giudizio, sono processi che avvengono insieme in automatico. Lavorare con la famiglia richiede una consapevolezza epistemologica, e un atteggiamento interrogante nei confronti dei nostri presupposti. Come si è formata in me l’idea di famiglia? Come ho imparato la famiglia? Quali sono i processi formativi più utili a un educatore che lavora con la famiglia? Scegliamo un punto di vista e delle premesse generali di carattere filosofico, epistemologico, ideologico. (@ FARSI L’ORECCHIO: LE INVISIBILI PARTITURE DELLA FAMIGLIA Il gioco “se fosse...” è una via per aiutare la famiglia a raccontarsi, e spesso si usa la metafora musicale. | teorici dei sistemi hanno concepito la comunicazione umana come un insieme organico di livelli complessi, contesti multipli e circuiti riflessivi. “La differenza tra queste due strutture è che la composizione musicale possiede una partitura esplicita, scritta, appresa e ripetuta consapevolmente. La partitura di una comunicazione non è formulata per iscritto ed è appresa inconsapevolmente, almeno in parte.” La comunicazione non è trasmettere informazione tra A e B, ma è partecipare a un'interazione complessa. Non bisogna considerare l'individuo come singolo, ma bisogna rapportarlo alla sua famiglia. Il pregiudizio più diffuso tra giovani educatori è l'idea che tutti i comportamenti ed eventi si possano spiegare ricercandone le cause o le motivazioni a partire dalle intenzioni, dalle azioni e dai valori dei singoli soggetti. SISTEMA: syn e stena (stare insieme), indica un aggregato di parti interagenti, ciascuna delle quali può esistere in sé, ma è interdipendente dalle altre e dal tutto secondo determinate leggi e regole. Questo termine si usa in diverse discipline. Bertalanffy elaborò a Teoria Generale dei Sistemi, in cui è presente una logica multidisciplinare per unificare conoscenze e di cercare le leggi universali capaci di governare il funzionamento dei sistemi. Egli definiva il sistema come un insieme di unità in reciproca interazione. Gli esseri viventi sono sistemi aperti che vanno analizzati come un complesso di elementi in interazione tra loro. Ci si interessa alle relazioni e al contesto in cui avvengono. L'apertura al flusso delle cose garantisce lo scambio di energia, informazioni, materia e quindi il sistema può cambiare ed evolvere verso forme più complesse. Le proprietà dei sistemi sono: E Totalità: “il tutto è diverso dalla somma delle parti”. È un tutto inscindibile, se una parte cambia o si danneggia, tutte le parti del sistema vengono coinvolte. E Retroazione e circolarità: non si ha un determinismo lineare, ma circolare B, C o D tornano su A. può essere positiva quando genera la variazione, o negativa quando lo blocca, generando l’omeostasi. MP Omeostasi: è lo stato stazionario di parametri entro i quali resta il sistema (equilibrio metastabile, che si ottiene con un continuo processo di retroazione negativa diverse possono raggiungere lo stesso risultato e viceversa RE-INVENTARE LA FAMIGLIA “Tutto avviene dentro le persone, che sia nella testa o nel cuore, o nell'inconscio, o anche nel corpo. Ci si influenza sempre in modo reciproco, in tutte le comunicazioni umane. La lettura soggettivistica degli eventi umani è legata al mito dell'individuo, in cui il senso della vita umana è legato alla capacità del soggetto di esistere, realizzarsi, aver successo e celebrare la propria unicità. È un mito egoistico, falsamente autonomo, non universale. L'approccio sistemico si fonda sull’'ecologia delle idee e quindi sulla curiosità per tutto quello che non appare immediatamente valido o scontato. Un racconto è espressione di un sistema complesso di idee e immagini, che trascende l'individuo. La visione di sé che ciascuno sviluppa non nasce nel nulla: è la storia raccontabile, appresa nelle conversazioni e nelle circostanze. Ogni storia è una composizione a più mani. La mia famiglia è una rock band “Farsi l'orecchio” per l’educatore significa imparare tecniche di osservazione e di conversazione, concetti e teorie, modalità progettuali e di valutazione, assumere una postura per interfacciarsi con le situazioni in cui si trova 2 immerso, come se fosse uno strumento. Metafora della cassetta degli attrezzi: l’educatore usa il sapere tecnico per rispondere ai guasti. Metafora della band: la band è coerente con il tipo di musica che vuole creare, c'è una connessione tra il modo in cui una famiglia è composta e quello che crea. Per comprendere una famiglia è necessario ascoltarla con attenzione, e provare a suonarci insieme. Entrare nelle sonorità della famiglia è necessario per l'educatore così come per capire la musica bisogna ascoltare un gruppo e non limitarsi a leggere la biografia o i testi. METAFORA: mutamento, è una figura retorica con la quale si esprime sulla base di una similitudine, una cosa diversa da quella nominata, trasferendo il concetto al di fuori del suo significato reale. Esse strutturano i processi di pensiero che stanno alla base della nostra conoscenza del mondo (la discussione è una guerra/danza evocano immagini diverse dello stesso concetto). La metafora consente di comprendere e vivere qualcosa di nuovo o complesso in termini di qualcos'altro che ci è noto e familiare. Il corpo e i sensi ci offrono metafore per capire il mondo, nascono dall'esperienza e dall'azione. Per Bateson essa comprende tutti i processi di conoscenza e di comunicazione che dipendono da somiglianze. Tutte le discipline si basano attorno a metafore e analogie, tuttavia possono avere limiti e rischi. L'educatore entra in una rete di relazioni e interdipendenze consolidate nel tempo. Una caratteristica della famiglia è la consuetudine e la ripetitività dei modelli di comunicazione. Bisogna provare tante volte per trovare soluzioni che convincano tutti al fine di “suonare insieme”. Insieme si ha un sound inconfondibile (senso del noi). | ruoli possono essere intercambiabili, se qualcuno si accorge di essere fuori tempo/accordo può provare a cercare soluzioni creative soprattutto quando i musicisti sono flessibili, preparati e motivati. Se non ci si accorge di essere fuori, perché si tende a isolare i suoni e non coglie le relazioni, magari cercherà comunque di partecipare escludendo gli altri dal suo campo di percezione. Se ci sono azioni scomposte e scoordinate tra i membri del sistema, si genera conflittualità e problematicità. Lavorare in modo sistemico significa apprendere i contesti, cioè mettersi in relazione e in interazione con i sistemi comunicativi, usando la comunicazione stessa come veicolo. Comunicare significa partecipare alla dinamica interattiva del sistema. Quando si suona insieme è necessario fare un lavoro attivo per tenere il ritmo perché nella complessità è facile perderlo. In famiglia qualcuno assume questa responsabilità, ma l'esito non dipende solo da lui, tutti contribuiscono in modo attivo. La famiglia è un'opera collettiva, incompiuta e sempre in costruzione. COPIONI FAMILIARI: (script), è un modello operativo che racchiude le aspettative su cosa si deve fare in determinate situazioni ed eventi che hanno caratteristiche ridondanti. È l'insieme di aspettative condivise dalla famiglia di come i ruoli debbano essere rispettati all’interno di contesti differenti, in base a rappresentazioni condivise. Ciò crea dei personaggi con è collaborativo e cerca di sintonizzarsi alle aspettative degli adulti, ma se sono troppo rigide gli impediscono di essere originale. un ruolo. Il bambino RITUALI E RITI: insegnano ai membri le strutture della società in quanto entità più ampia, un sistema di prassi, convenzioni e regole procedurali che funziona come guida. Partecipando ai riti familiari si realizzano apprendimenti espliciti e impliciti, come si fa una cosa crea un senso di identità. | riti sono ripetitivi e ciclici, hanno natura analogica e simbolica. Feste e imoni iti-che-trasfi Javita-famili; L'educatore che incontra la famiglia si trova spesso ad affrontare processi comunicativi e interattivi che producono disgregazione, conflitti e difficoltà. ivenza: le condizioni materiali della vita RE-INVENTARE LA FAMIGLIA un processo che funziona in due direzioni: l'oggetto esterno evoca uno stato mentale e lo stato mentale metaforizza il mondo esterno. Si crea connessione tra il mondo familiare e l'osservatore. Perché ci vuole orecchio Il senso del noi si apprende per via informale, quotidiana e poco riflessiva. Attualmente ci sono diversi interventi che non celebrano il senso del noi, ma che puntano allo sviluppo di competenze individuali (problem solving). Quando una band non trova il suo sound, la soluzione non è dare lezioni di strumento ai solisti. È importante prendersi cura delle connessioni familiari. Per celebrare la dimensione sistemica e relazionale della vira familiare dobbiamo sostenere tutti i membri nella loro capacità di suonare insieme per dare forma al noi, sul piano reale e simbolico. La trasformazione naturale di ogni sistema umano ne trarrà grandi vantaggi, senza dover necessariamente forzare la mano. Bisogna tenere distinte e ben udibili le tante voci e offrire riconoscimento alle diversità, che costituisce il tessuto vitale della vita quotidiana nelle famiglie senza voler a tutti i costi cercare un suono unico. Spesso si pensa che il senso del noi debba essere monolitico e compatto, ma è nella continua trasformazione, nel dialogo e nel riconoscimento delle differenze che nasce il senso della famiglia. La vita familiare comprende molteplici livelli che vanno onorati e celebrati: - L'individuo come unità, come voce unica - Le relazioni io-tu, come possibilità di armonizzazione - Il noi o assoluto familiare, come totalità che trascende i singoli 2- Il rapporto con il contesto sociale, naturale, storico, per evitare dolorose de-sincronizzazioni. Il lavoro educativo con la famiglia è come un abbraccio, un ascolto benevolo per ciascuna delle persone che mettono voce, peculiarità, rigidità, goffaggine e immense bellezze. @® FORMARE LO SGUARDO ATTRAVERSO LE PRATICHE Di Storia di una donna che voleva prendere i voti, ma si innamora di un'altra donna e decidono di avere un figlio con l’inseminazione artificiale. Nel 2010 c'è stata la Conferenza Nazionale sulla Famiglia a Milano, ci si concentrava sulle politiche sociali, sulle condizioni delle famiglie durante la crisi economica, sulla necessità di un rilancio delle politiche familiari. L'obiettivo era “mettere la famiglia in centro”, ma questo termine può avere diverse sfumature. Dalla definizione dipendono risorse, aiuti e sostegni economici. uale fami ja parliamo? Dati ISTAT: in Italia si separa % delle coppie, in 35 anni i matrimoni sono dimezzati, in 5 anni le unioni regolari sono calate quasi 17.500 unità, 1/3 è celebrato con rito civile. Le forme familiari sono sempre più variegate: single, coppie senza figli, famiglie mono-genitoriali, coppie non coniugate, coppie ricomposte da separazioni, unioni omosessuali. Se tutte queste non ricevono aiuti perché non conformi alla definizione, un pezzo di Italia non ha il diritto di essere una famiglia. La sterilità è aumentata e si ricorre sempre più a adozione o fecondazione assistita. “dietro ad ogni atteggiamento, c'è sempre una storia che attende di essere raccontata” (Jedlowski, 2000, 41). | ruoli sociali (mamma, papà, fratello, sorella, zio, nipote...) esistono solo in una rete di rapporti. Il modo in cui è raccontata una storia provoca conseguenze concrete in chi parla e chi ascolta. Più le parti sono coese, congruenti e verosimili, più sono difficili da modificare. Di queste storie ci si può innamorare. La complessità non sta nella natura in sé, ma nei codici che utilizziamo per descriverla, ogni narratore ha la sua cultura e le sue abitudini. Educarsi a uno sguardo sulla famiglia significa connettere lo sguardo di quel determinato narratore con quello che vede. Moltiplicare e comporre gli sguardi Provenendo tutti da una famiglia, siamo portatori di una naturale sapienza, che spesso diventa un ostacolo per realizzare un apprendimento trasformativo. Ci sono convinzioni che costellano la nostra visione di famiglia, e spesso sono apprese nell'arco di una vita, cicatrizzate in seguito a ferite o sconfitte, raramente oggetto di riflessione scientifica o di elaborazione teorica. | pregiudizi più comuni negli studenti riflettono una concezione familistica che assume toni polarizzati. | legami familiari appaiono: salvifici (l'affetto ti aiuta a superare le difficoltà); generatori di malessere (i figli di separati hanno RE-INVENTARE LA FAMIGLIA problemi); assolutamente positivi (non ci sono screzi); congelati in un'aura mitica e irreale (i miei li ho visti sempre innamorati) o appiattiti in modo reciproco (i figli devono essere riconoscenti). PREGIUDIZIO: giudizio o sentenza anticipata, indica un'opinione errata dovuta a scarsa conoscenza dei fatti o all'accettazione acritica di errate opinioni altrui. Accezione negativa: giudizio malevolo nei confronti di minoranze designate. “pregiudizi e stereotipi si applicano a priori e spesso in maniera automatica e tacita all'identità sociale. In ambito sistemico ha valore positivo: sono inevitabili, in quanto si manifestano già attraverso il linguaggio. | pregiudizi sono nascosti, agiscono in modo inconsapevole. Sono ogni pensiero preesistente che contribuisca alla formazione del proprio punto di vista, delle proprie percezioni e delle proprie azioni. Non è sbagliato avere dei pregiudizi, ma pretendere di non averne, cercare di reprimerli o di ignorarli. Qualsiasi idea, fantasia o emozione influirà sulla relazione. L'indicazione è riconoscere i propri pregiudizi, discuterne apertamente anche con l’utente, chiedersi in che modo le azioni dell’operatore sono il frutto dei suoi pregiudizi. Essi guidano le azj dell’educatore nell'incontro con l’altro, dando luogo a uno scambio continuo dilbiegaeetresipralenledrarescdiorse ul" |pproccio auto consapevole delli di difenderl prop: PI i Ritrovare una condizione di stupore, curiosità e autentico interesse per quanto ci accade può diventare il compito di un'intera esistenza. La ricompensa dell'impegno è la bellezza e un grande senso di appagamento. Solo dopo che si è compiuto il percorso si può stabilire l'itinerario che si è seguito; eppure i nostri pregiudizi su cosa significhi conoscere e imparare tracciano a priori il nostro agire e pensare. La qualità del tempo che trascorriamo con gli altri ci permette di comprendere il nostro punto di vista. È quando raccontiamo chi siamo a qualcuno che lo capiamo. Partire dalle pratiche Partire dalle pratiche invita a fare attenzione al contesto, alle peculiarità di ogni situazione, alla storia di chi apprende, i presupposti di ogni impresa formativa. Ogni incontro e relazione, ma anche la vita stessa costituiscono la principale 2 materia da cui imparare. Passaggi della didattica di Beppe Pasin A. DOMANDARE PER ACCOGLIERE E RICERCARE Porre buone domande aiuta a problematizzare sollevando questioni su temi che appaiono scontati. Invita a una postura di ricerca e di accoglienza generativa. Porre domande anziché esordire con affermazione provoca, apre possibilità al ricercare insieme risposte soddisfacenti, invita alla molteplicità delle versioni, valorizza le differenze, suscita curiosità. Riattribuire responsabilità al soggetto come ente pensante e fautore di inedite conquiste cognitive. Imparare a formulare buone domande è un esercizio che produce effetti sulla qualità delle relazioni interpersonali, introduce elementi di novità euristica in un rapporto che rischia di essere scontato e prevedibile, promuovere l’attenzione per la complessità delle relazioni familiari dei servizi e di chi vi opera. Una buona domanda è allora quella che rende visibili i presupposti, li ridiscute e solleva questioni su aspetti assodati, problematizzandoli. Le domande sono potenti mezzi per indagare, descrivere, raccontare la realtà, significarla, trasformarla attraverso il linguaggio. Esse possono far nascere storie, innescare cambiamenti, predisporre alla ricerca, oppure chiudere le possibilità e le conversazioni, confermando storie già scritte. Perseguire l'ottica sistemica nella formulazione delle domande significa imparare l’arte della ristrutturazione e della connotazione positiva. Rivolgere su di sé le domande aiuta a valutarne l'efficacia e la generatività narrativa, riflessiva, le aperture che offrono. RISTRUTTURAZIONE: è un intervento della prima terapia familiare sistemica, nasce dall’osservazione di ciò che avviene in modo “naturale” nella comunicazione umana. Si intende l'adozione di un punto di vista nuovo rispetto ai precedenti significati attribuiti a una determinata situazione o comportamento. È un cambiamento di cornice, un intervento intenzionale volto a modificare gli schemi relazionali abituali della famiglia utilizzando elementi ed energie già presenti nel sistema. Agisce sul livello meta: non sull'oggetto, ma sul significato della situazione, sulla possibilità di affrontare diversamente la situazione. Un modo per ristrutturare il campo semantico è l'umorismo: ciò che diverte è la traslazione di senso tra cornici diverse, la leggerezza è ristrutturante. Quello che era fatica diventa piacere e privilegio. Per portare il problema fuori dalla sua struttura abituale occorre l’intelaiatura concettuale ovvero dei diversi punti di vista della famiglia, RE-INVENTARE LA FAMIGLIA delle premesse linguistiche e culturali che utilizza, per uscirne, senza sfidarle o contrastarle. Può essere utile rompere gl ‘preesistenti-conuna dose di-confusione- CONNOTAZIONE POSITIVA: consiste in una meta-comunicazione che conferma e giustifica tutti i comportamenti dei membri della famiglia rispetto al problema riportato. È una ristrutturazione che nasce dall’attenzione dei sistemici per il contesto. Nel setting di colloquio familiare congiunto, la ristrutturazione del sintomo come messaggio positivo che il paziente offre ai familiari rischia di implicare una connotazione negativa dei comportamenti di chi combatte il sintomo. La e N connotazione positiva vede i comportamenti di tutti come corretti e sensati, con lo scopo di accedere alla famiglia come T_ unità sistemica. Essa implica un giudizio morale, ma consente di definire la relazione di cura senza introdurre squalifiche. Ciò che fa la differenza sono i modi in cui porgiamo una domanda, gli aspetti prossemici, non verbali e para verbali. Formulare una buona domanda non è facile: merita molta cura, tatto e poca compiacenza. Le domande che appaiono più generative sono quelle che: Esplorano presupposti - es. riesci a considerare questa famiglia come un sistema? Cosa fai per osservare le relazioni familiari? RE-INVENTARE LA FAMIGLIA TESTO: papà che non si sente genitore, ma inadeguato e con un'insufficienza di ruolo, la sua funzione è supplementare e non complementare. Per individuare tracce di famiglia occorre volgere uno sguardo alle teorie così come i singoli le costruiscono, alle relazioni tra saperi familiari e sapere accreditati, ai nessi tra sistemi di concettualizzazione e sistemi di valori. Si ha la tendenza a banalizzare l'umano: Riconoscere l'originalità e la complessità delle spiegazioni elaborate dalla famiglia e in famiglia può costituire un antidoto. Le conoscenze e i saperi che ci caratterizzano sono costantemente sottoposti a verifica, siamo sempre chiamati,a- rielaborare i nostri saperi. \U TESTO: una donna preoccupata che libera la casa della madre anziana, e si inqueta nel vedere somiglianze così evidenti tra loro, eliminare i suoi oggetti le prefigurava la sua morte. Ogni membro della famiglia costruisce teorie locali, dai frammenti autobiografici appare quanto esse siano uniche, originali, complesse, interconnesse alle teorie generali, alla storia familiare, una traiettoria esistenziale che si muove tra passato e futuro. Qu odore di famigl TESTO: racconta dell’odore di Luca ormai morto, ma che rimane riconoscibile. Le parole ci attraversano, suscitano in noi empatia o allontanamento, condivisione o spiazzamento, ma possiamo andare oltre e scorgere altre tipologie di tracce che ci parlano di filtri creativi, di nessi tra creatore creatura (Bateson). , Il linguaggio poetico parla anche di come noi intendiamo il mondo, ciò che cerchiamo è racchiuso nella poeticità della parola. Se il primo passo del cercatore di tracce è verso il riconoscimento della teoria, il secondo passo va verso l'esplorazione dei nessi che intercorrono tra sapere ed esperienza, tra pensiero e azione, tra epistemologia e metodologia nelle relazioni educative in famiglia e con la famiglia (sistemico). È necessario abbracciare una visione ecologica che si focalizzi sui nessi più che sulle separazioni, sulle sfumature più che sulle figure piene, sulla struttura che connette (Bateson). L'approccio autobiografico può fornirci tracce quando restiamo nell’intrinseca complessità delle storie. TESTO: madri che raccontano la nascita. Ecce homo: pater et mater Quando parliamo di teoria dell'evoluzione ci riferiamo a Darwin, nell'evoluzione il motore del cambiamento risiede nella diversità individuale e solo una visione storica e narrativa ci porta a comprendere il mondo del vivente nella sua interezza. È in questo pensare evolutivo e biografico, universale e locali, mondo e individui, che possiamo comprendere altre trame di significati. La genitorialità è un'avventura squisitamente umana, appartiene all'individuo e alla specie. È strettamente intrecciato con la nostra umanità. Quando riusciamo a individuare tracce di universalità in uno spazio e un tempo profondo, può cambiare la percezione della nostra collocazione nel mondo naturale culturale di cui siamo parte; la funzione e il ruolo di madre e padre, e l'identità del diveniente genitore che può avere diverse sfumature. Il genitore conosce e si riconosce come parte di un tempo che non si misura in generazioni. La genitorialità nasce con l'uomo sapiens, con le prime forme di innovazione tecnologica, di organizzazione sociale, di rituali di sepoltura, riproduzioni artistiche. Nella relazione genitoriale si trova il carattere simbolico che la caratterizza da millenni. Esempio pittura mani di padre e figlio, sepoltura di madre e figlio abbracciati. Storicizzare e contestualizzare: operazioni cruci L'antropologia ha molto da insegnare agli educatori che incontrano la famiglia. Non esiste società che non abbia elaborato teorie, pratiche, rappresentazioni e organizzazioni relative ai rapporti tra genitori figli. La genitorialità e bio-culturale, ha le sue radici nella natura, nasce nel fatto biologico della riproduzione ma si sviluppa nella dimensione culturale e sociale. La condizione di esseri umani e plurale e in tutto il pianeta ci sono una pluralità e diversità di regole sociali, espressioni simboliche rituali che riguardano il rapporto di filiazione virgola di coppia virgola di affinità virgola che riguardano il fare famiglia. This document is available free of charge on StuDocu.com Scaricato da Oxana Airaghi (oxana0597@gmail.com) RE-INVENTARE LA FAMIGLIA Per conoscere le tracce di famiglia è necessario restare in una complessità e interconnessione di piani che ci porta ad accogliere la dimensione locale nell’universale, a utilizzare l'attenzione al particolare, a vedere il dettaglio senza perdere di vista il contesto. per conoscere una traccia abbiamo bisogno di non perdere di vista l'insieme di circostanze ambientali, simboli che relazionali all'interno del quale è nata e si è sviluppata. Esempio: a qualità un bambino è capace di usare un coltello. Genitorialità, modelli di cura, educazione familiare, processi di crescita, sono una trama inestricabile di culturale, biologico, sociale e individuale e restando in tale complessità e intreccio possiamo comporre la storia della genitorialità. Sentirsi inadeguati. procedere per tentativi ed errori, abbandonare i sentieri delle certezze sono movimenti comuni al genere umano e ancora di più appartengono al mondo del vivente (p 86). © \/ Storicizzare e contestualizzare diventano due operazioni cruciali quando permettono di moltiplicare gli sguardi e creare le sfumature. CONTESTO: Rimanda a ciò che accompagna, circonda, precede, commenta, influenza. Di solito indica tutto ciò che sta intorno quindi l'ambiente, la situazione, l'istituzione. Nessuna informazione può essere compresa al di fuori diun contesto (Bateson). L'apparente immediata intelligibilità delle parole sembra svanire quando si cerca di darne una definizione precisa. Il contesto è immateriale e serve un atto di distinzione, e un processo di categorizzazione. indicazione metodologica: senza l'identificazione del contesto non si può capire nulla. Fruggeri rileva tre passaggi evolutivi nel significato di questa parola. 1. prospettiva fattuale oggettivista, considera il contesto come luogoreale, fisico e/o sociale, in cui gli individui compiono azioni e intrattengono relazioni. Cercare la spiegazione del sintomo nel contesto delle interazioni familiari invece che all'interno del singolo individuo. Ogni comportamento è un messaggio, qualcuno lo raccoglie, lo riconosce risponde con altri comportamenti interdipendenti. 2. Prospettiva costruttivista e simbolica. Il contesto è un sistema di rappresentazioni intrattengono relazioni. Ha valore semantico. Bisogna indagare sulle rappresentazioni familiari, sulle richieste del servizio, sulle aspettative dei membri e sul loro modo di dare senso al servizio. 3. Prospettiva riflessiva e ricorsiva. L'attenzione si sposta sul coordinamento delle azio aspettative ecc. Analizzare un contesto significa categorizzarlo, esso si evolve, siamo noi con le nostre azioni che lo definiamo e vediamo in attori compiono azioni e i e dei significati: azioni, madi diversi dagli altri. Dipende dalla forma che il processo assume nel tempo con la collaborazione di tutti gli attori coinvolti, l'istituzione, la famiglia e l'operatore. \ Oltre l’istantanea fotografia “L'occhio dell'educatore è sempre mediato dalle proprie teorie, pregiudizi, storie familiari. È sempre situato in un orizzonte culturale, in un momento storico e in un contesto sociale; è sempre costruito nel linguaggio della comunità dell'osservatore” (Gaudio, 2008, p. 23). L'uso del verbo essere ricostruisce un solo fotogramma della famiglia, estraendolo dallo sfondo in cui è nato e si è sviluppato. Il tempo presente non riesce a restituire il legame con il passato El progetti futuri costringendo quella famiglia dentro un eterno presente, infine l'osservatore buone dentro la propria cornice. Si ha un'evoluzione nel tempo. Artisti, ingegneri e bricoleur Il sapere della comunità scientifica, le informazioni degli esperti e i messaggi dei media appaiono guidati da il mestiere genitoriale l modelli istruttivo, richiama alla L'arte e la libera interpretazione E modello istintivo, razionalità; il mestiere si pratica con sudore e fatica, è|richiama la creatività; L'arte è un dono di natura, è osservanza di regole e uso di tecniche. Necessita di un sregolatezza. l'arte è creazione, inventiva, libertà addestramento e apprendistato espressiva. Entrambe convergono in un'idea di genitorialità come esito finale, raggiungimento di uno stato in cui il soggetto adulto può finalmente esercitare più la propria funzione oppure interpretare il ruolo. L’ adesione a uno dei due modelli pone dei problemi: il primo premia l’asimmetria e la dipendenza relazionale; il secondo è la responsabilità personale che viene meno. Entrambi i modelli pongono la genitorialità al di fuori della relazione, del contesto, della storia e delle storie. si apre una terza via: il modello evolutivo-ecologico, che rende conto di un processo relazionale è in continuo divenire. si opera per interdipendenza tra universale e locale, per cooperazione e conflittualità, per simmetria e relazionali Scaricato da Oxana Airaghi (oxana0597@gmail.com) RE-INVENTARE LA FAMIGLIA dentro asimmetrie di piani e livelli, muovendosi verso una descrizione doppia di mondi possibili. viene chiamato bricolage educativo per rendere conto della molteplicità e complessità insita nell'evoluzione. DESCRIZIONE DOPPIA: è uno strumento epistemologico che origina modelli di ordine diverso. Si hanno punteggiature diverse dello stesso flusso di interazione. Per cogliere a un livello più elevato la struttura che connette, si cerca di vederle insieme. La visione monoculare è coerente con una descrizione di azioni semplici e isolate, con la visione binoculare si passa dal comportamento al contesto. Bateson usa il termine simmetrico per le interazioni che potevano essere descritte con competizione, rivalità, emulazione reciproca ecc. mentre usa il termine complementare per le azioni che si combinavano l’una con l’altra (autoritàsottomissione, dipendenza-assistenza...). Il bricoleur dà ai suoi materiali funzioni non previste per la produzione di un nuovo oggetto, cogliendo tutte le occasioni per modificare le vecchie strutture in nuove funzioni. Il bricoleur usa arte e mestiere, coordinando quotidianamente la dimensione dell’improvvisazione creativa con la progettazione del futuro, attingendo sia alla capacità riflessiva e teorizzante, sia alla necessità di fare e agire. Il bricolage mette in movimento, in relazione, collega l'oggi con una prospettiva futura, il presente con la storia vissuta, segnando il passaggio dal sapere al connettere. | genitori sanno essere artisti e ingegneri insieme e rimodulano continuamente il progetto iniziale con la capacità di: muoversi nella contingenza, accogliere l’imprevisto declinando nei vincoli, usare con creatività e flessibilità ciò di cui dispone, inventare nuove funzioni per vecchie strutture, riconoscere la ricchezza di materiali e tecniche diverse, ricombinare in base a ciò che c'è a portata di mano. Il genitore sarà chiamato a risolvere questioni nuove ogni giorno, a misurarsi con la non linearità, il cambiamento repentino. È la capacità di misurarsi con l’imprevisto il suo banco di 2 prova, pertanto la flessibilità diventa una risorsa. @ INTERAZIONI: OSSERVARE LA FAMIGLIA IN AZIONE Abbiamo tutti dentro un mondo di cose: ciascuno un suo mondo di cose! E come possiamo intenderci, signore, se nelle parole ch'io dico metto il senso e il valore delle cose come sono dentro di me; mentre chi le ascolta, inevitabilmente le assume col senso e col valore che hanno per sé, del mondo com'egli l’ha dentro? Crediamo di intenderci; non ci intendiamo mai! (Luigi Pirandello). L'interazione umana non si ferma a livello puramente verbale, anzi grandissima parte della comunicazione ha luogo attraverso segnali, mimiche, gesticolazioni, posture e altre modalità di comportamento. L'osservazione è un procedimento selettivo e lo sguardo dell'osservatore è intenzionalmente guidato da premesse, pregiudizi e ipotesi che sono utili per ottenere le informazioni desiderate. Non si può osservare tutto: l'osservazione è una selezione e una scelta metodologica intenzionale. Soggettiva e coordinata con una comunità di osservatori. Non è possibile osservare in modo totale e nemmeno oggettivo. L’obiettività deve fare i conti con la difficoltà di stabilire confini netti e precisi tra chi osserva e chi viene osservato. Quando l'oggetto di osservazione è la famiglia, diventa ancora più complesso osservarla. L'esperienza pregressa di chi osserva, i suoi pregiudizi e preconcetti vengono messi in scena, con il rischio di non riuscire a cogliere gli aspetti che potrebbero modificare le sue ipotesi di partenza. Essere consapevoli dei propri pregiudizi e idee di famiglia può essere una strategia per introdurre novità e nuovi posizionamenti. Nel lavoro pedagogico, l'osservazione è una vera e propria pratica che richiede cura, attenzione e responsabilità: se osservo in un certo modo riesco a vedere alcune cose e non altre. OSSERVARE LA FAMIGLIA: è importante osservare il contesto di evoluzione e crescita di un bambino. Bisogna osservare le dinamiche relazioni di un gruppo che comprende il bambino e le figure di accudimento principali. Ci sono due grandi correnti di pensiero riguardanti l’influenza del contesto familiare: le metodologie che cercano di individuare i processi familiari di regolazione delle relazioni, e le metodologie che ricercano i processi di interiorizzazione delle relazioni. This document is available free of charge on StuDocu.com Scaricato da Oxana Airaghi (oxana0597@gmail.com) RE-INVENTARE LA FAMIGLIA @ L’ABC DELL'OSSERVARE Questo capitolo mette a fuoco l’azione specifica dell'osservare e utilizza soprattutto il mezzo audiovisivo come strumento di lettura delle interazioni umane e familiari. | film possono raccontare la realtà e avvicinarsi alla vita reale. Le storie raccontate con le immagini permettono di soffermarci su alcune sequenze, rivederle, e studiarle, operazioni che nella pratica professionale risultano impossibili. L'obiettivo è imparare a osservare fermandosi sulle interazioni che risultano difficili da leggere e rifarlo tutte le volte che serve per affinare le proprie capacità percettive. a / Osservare perché, cosa e come? La comunicazione è il fondamento delle relazioni umane, diventa l'oggetto osservativo nei suoi vari livelli, nei diversi stili, nelle svariate modalità. Il fine per l'operatore è affinare lo strumento per migliorare il suo modo di comunicare ed entrare in interazione con le persone di cui si occupa. COMUNICAZIONE: L'individuo non comunica: partecipa a una comunicazione e ne diventa parte. È un sistema che va oltre i singoli messaggi. Per comprenderla in modo sistemico bisogna riconoscerne la complessità, i libelli, la circolarità e l'interconnessione. Siamo sempre nel linguaggio anche quando non parliamo. In questa attività i protagonisti cercano riconoscimento reciproco e instaurano rapporti di collaborazione, solidarietà, intimità. Sulle persone che partecipano, produce effetti. Nella pragmatica della comunicazione umana ci sono 5 assiomi: ogni azione è comunicazione e contiene aspetti verbali e analogici (corpo, voce); instaura sempre una causalità circolare (stimolo, risposta, rinforzo), si inviano messaggi di contenuto e di relazione, gli scambi sono simmetrici o complementari. Non è importante ciò che si intende ma gli effetti che produce la comunicazione nel sistema. In questo processo interagiscono: le identità, il tipo di relazione, il contenuto, i modi, il contesto, i fini e gli effetti. La comunicazione analogica riguarda: la prossemica (posizione del corpo), postura, sguardo, i movimenti, i geti e il linguaggio paraverbale (tono, timbro, volume, pause, velocità). Usiamo tutti i sensi, costruiamo rappresentazioni mentali di tipo neurofisiologico, socioculturale e psicologico, e applichiamo meccanismi di cancellazione, generalizzazione e distorsione senza rendercene conto. Cosa osservare: i processi interattivi nelle quali la comunicazione si sviluppa, usando il modello e i principi della programmazione neurolinguistica (PNL), un approccio che nasce dall'esigenza di dare origine a una base teorica appropriata alla descrizione dell'interazione (Bateson). (on negli anni 70 un linguista e un matematico elaborano un modello di studio della comunicazione unendo le io \ competenze, studiando la comunicazione scoprirono diversi modelli di organizzazione della mente che producono effetti sul comportamento e sulle interazioni. Nacque la PNL: programmazione (uso di programmi comunicativi per raggiungere obiettivi specifici), neuro (esperienza filtrata ed elaborata dal sistema nervoso attraverso i sensi), linguistica ( le rappresentazioni sono codificate e fornite di significato attraverso il linguaggio). Si fonda sul feedback fornito dall’ascoltatore (intenzionale o spontaneo) ed è l'elemento fondamentale nell’analisi della ? comunicazione interpersonale. La PNL attribuisce a ogni comportamento un valore comunicativo che segue la regola dell’equilibrio tra le funzioni psichiche e organiche perciò rappresenta la migliore risposta possibile per una persona in quel momento. Il linguaggio del corpo è determinante: i gesti, le posture, il contatto visivo incidono sulla comunicazione per il 55%, il tono dell. coxe e le componenti para verbali incidono per il 38%, e il significato delle parole incide solo per il 7%. Un buon comunicatore ha il compito di trasmettere messaggi chiari e privi di quei fraintendimenti che vengono provocati da incongruenze tra i due livelli di comunicazione: verbale (digitale) dove il linguaggio è usato per trasmettere informazioni, extra verbale (analogico)che comprende la paraverbale quindi i modi in cui si manifesta la voce e la non verbale quindi i segnali del corpo. Per comunicare è indispensabile prendere coscienza che la realtà è diversa dalla rappresentazione, rispettare la genesi del pensiero altri, cercare di avvicinarsi alla mappa dell’altro, invece di imporre la propria. Dentro ogni azione c'è informazione. Le tipologie di approccio relazionale sono due: quella sintonica che tende a valorizzare i punti in comune tra i parlanti e quella distonica in cui la comunicazione mostra un bassissimo livello di efficacia, le posture e le parole sono di chiusa e di allontanamento. Per la PNL ai 5 sensi corrispondono 3 canali d’ingresso: visivo, uditivo, cenestetico. Nel sistema percettivo esterno corrispondono a vedere ciò che ci circonda, sentire i suoni reali emessi nell'ambiente, recepire sensazioni tattili e fisiche; Scaricato da Oxana Airaghi (oxana0597@gmail.com) RE-INVENTARE LA FAMIGLIA nel sistema percettivo interno corrispondono a immaginare e visualizzare cose, ricordare o creare suoni, parole nella nostra mente, attivare il ricordo di sensazioni, percezioni corporee, emozioni vissute. Ogni stimolo sensoriale fa parte della comunicazione, le parole tendono a portare alla conoscenza certe parti della nostra esperienza e non altre. | nostri sistemi sensoriali raccolgono dall'ambiente informazioni filtrate dal sistema nervoso centrale in base alla loro rilevanza ed effettua delle operazioni di cancellazione, distorsione, generalizzazione. Ciò che percepiamo della realtà è tradotto in rappresentazioni che influenzano e condizionano il comportamento. Attraverso il canale privilegiato costruirà il suo sistema primario e gli altri due interverranno in modo secondario per la verifica delle informazioni ricevute. Privilegiare il canale visivo © postura dritta, sguardo frontale, dà importanza all'aspetto estetico delle cose e usa metafore visive. Privilegiare il canale uditivo ? muove gli occhi lateralmente, respirazione toracica, impara ascoltando, ha più capacità riflessive, usa parole legate all'ascolto. Privilegiare il canale cenestetico © respirazione addominale, ama il contatto fisico e usare il tatto, gusto e olfatto, ha una gestualità più lenta, considera poco l'aspetto delle cose, memorizza facendo pratica e utilizza un linguaggio legato al sentire con il corpo. Per far comprendere le parole, devono essere in relazione al modello del mondo della persona a cui sono rivolte. Per entrare in rapporto con le persone è utile sintonizzarsi con il loro sistema rappresentativo. Il rapport è il processo con cui si stabilisce e si mantiene un buon rapporto interpersonale, di fiducia reciproca. Quando si crea intesa tra due persone, uno sarà portato a rispondere in modo positivo agli stimoli dell'altro e alla sua persona in generale. Empatia è partecipazione, rispettosa vicinanza, tentativo di comprendere e di vedere le cose dal punto di vista dell'altro; rispecchiamento e armonizzazione sono il punto di partenza per mettersi sulla stessa lunghezza d’onda dell’interlocutore, con il nostro atteggiamento rimandiamo all’altro lo stesso comportamento che appartiene al suo modello del mondo e ci permette di essere in sintonia senza essere invadenti; calibrazione ci sintonizziamo con una persona usando il suo stesso vocabolario verbale e con i suoi processi interni creando fiducia e accettazione; rispecchiare significa riproporre le modalità del nostro interlocutore: ricalco non verbale, paraverbale e verbale. Mettersi al passo significa riuscire a essere in sintonia col comportamento dell'altro, sia a livello verbale che extraverbale. Il film è uno strumento privilegiato per l'addestramento all'osservazione in quanto: - Racconta storie in modo efficace e in un tempo definito - Permette di esaminare uno spaccato di vita a più livelli (diversi punti di vista, tematiche e focus) - Consente di rivedere le sequenze dove le interazioni sono più complesse o significative per studiarle Nella letteratura sistemica, la famiglia viene definita come gruppo di individui con storia. Il film mette in scena processi costruttivi e trasformativi. È importante far emergere i pregiudizi personali di ciascuno riguardo al sistema familiare che andranno a incontrare al fine di arrivare all'incontro il più possibile consapevoli di quanto appartiene all'operatore e quanto alla famiglia. Il film viene visto da tutti contemporaneamente e risulta essere più oggettivo, visto da vari punti di vista e a più livelli di analisi. Eliminando il suono, si enfatizzano le immagini. L'informazione mancante costringe gli spettatori a completare i dati visivi facendo riferimento alla propria esperienza. Quali film? La scelta dei film dipende dall'obiettivo; ci sono due criteri generali: uno basato su contenuto e l’altro legato a situazioni comunicative specifiche che mostrano in modi efficaci come si costruiscono e si trasformano le relazioni umane. Se voglio evidenziare il cambiamento di identità reciproco dei comunicanti scelgo Pretty woman; se l'oggetto 2 è la costruzione della coppia, uso Green Card, un matrimonio per convenienza, in questo film ognuno porta il proprio standard di vita e la convivenza nel quotidiano li spinge a mettere in atto strategie di integrazione; ciascuno porta nella relazione non solo sé stesso, ma le proprie abitudini, lo stile della sua famiglia. Queste sono le differenze che appartengono al quotidiano, nella realtà della vita di coppia si scopre che le certezze del vivere vanno condivise e lavorate, per costruire una nuova storia devo pormi in una postura creativa rispetto alla mia storia. Questo è il processo del convivere, che significa portare una visione del mondo, della mia famiglia e cercare di costruirne al contempo una nuova. Per tematiche mirate all'evoluzione della famiglia c'è il film “La Famiglia” che mette a fuoco un processo evolutivo trigenerazionale. Il lungo corridoio simboleggia i cambiamenti e le trasformazioni dei membri della famiglia. È utile osservare famiglie diverse, nel film Chocolat è mono-parentale; nel film “diverso da chi” si può lavorare sui This document is available free of charge on StuDocu.com Scaricato da Oxana Airaghi (oxana0597@gmail.com) RE-INVENTARE LA FAMIGLIA pregiudizi: la coppia gay può essere scambiata per amici senza audio. Aiuta a riflettere sulla complessità della definizione di famiglia, oltre che ad approfondire il tema delle appartenenze e dei pregiudizi legati all'omosessualità. Il processo osservativo | film sono storie, narrazioni di situazioni vissute. Questa modalità di formazione è efficace, l'uso del mezzo audiovisivo permette di avere la distanza che serve per addestrarsi a osservare. Le sequenze possono essere viste più volte, per affinare i propri canali percettivi. È un'operazione inusuale, gli studenti sono poco attrezzati a osservare forse per l'overdose del mezzo visivo che li rende meno attenti, più passivi rispetto alla ricchezza di pensieri che può nascere dalla visione di un film. Il film è usato come strumento di formazione e occasione di apprendimento e di riflessività, è utile non rimanere legati solo alla storia raccontata. Per far affinare gli strumenti osservativi devono individuare delle sequenze, studiare il processo, analizzare le azioni e retroazioni dei singoli personaggi. Oppure tutti hanno una sequenza uguale che viene raccontata e commentata in modo diverso. È efficace togliere l'audio, l'immagine è evocativa, provoca molte possibili letture dal punto di vista personale. Il processo osservativo dipende dagli obiettivi formativi può essere mirato a livelli diversi: rimo livello: far emergere i pregiudizi. Di solito gli studenti leggono le interazioni in termini intrapsichici, inferendo quello che gli attori pensano o provano, e tendiamo a farlo anche nella vita di tutti i giorni. Separare ciò che si vede, da ciò che si pensa non è facile, se so che sono guidata dai pregiudizi posso metterli da parte. Il film è efficace perché ciascuno in qualche odo proietta un po' di sé stesso in ciò che vede. Il confronto tra le diverse versioni e punteggiature rende palesi i pregiudizi. Il pregiudizio è una lente colorata che impedisce la visione della realtà al naturale. Non la distorce completamente, ma non la fa vedere nella sua policromia. Far emergere i pregiudizi è importante, se so come funzionano e sono consapevole di come penso, posso riconoscere più facilmente quando attribuisco all’altro qualcosa che viene da me. Se restiamo inconsapevoli, non sapremo mai se incontro veramente l'altro o qualcuno che voglio che sia come me lo aspetto. Il processo di conoscenza dei propri pregiudizi è una postura e una pratica di grande utilità nel lavoro educativo e di cura; se non sappiamo quanto ci mettiamo del nostro nell'osservare, rischiamo di attribuire alle persone e alle famiglie dei comportamenti e pensieri inesistenti. Secondo livello: ricostruire i processi interattivi e comunicativi tra i personaggi. Il film si può interrompere e far tornare indietro, osservando in modo analitico le sequenze non verbali. Questo affina l'occhio sui processi relazionali, ogni azione comunicativa è preceduta e seguita da un'altra azione di uno o più personaggi del film. L'80% delle comunicazioni sono non verbali, se stiamo attenti solo al contenuto verbale, la nostra comprensione si riduce notevolmente. Tolto l'audio, si può approfondire lo studio della postura, dei gesti, dei modi di porsi, del modo di incontrare l’altro anche fisicamente, le interazioni... Terzo livello: affinare le tecniche di comunicazione. L'osservazione può offrire strumenti all'operatore per entrare in relazione con le famiglie e le persone. Per lavorare su questo obiettivo è utile la PNL, che pone l'accento “sulle capacità creative e organizzatrici della nostra mente inconscia, ben distinta dall’inconscio psicoanalitico, sia come struttura che ha creato il problema psichico, che come struttura in grado di risolverlo” (Dilts...) L'intervento di cura dipende dall'arte di creare un rapporto più che dall'approccio utilizzato. | pregi della PNL sono l'aver elaborato uno strumento sensorialmente controllabile e aver sistematizzato un insieme di interventi che ampliano la possibilità di azione. La PNL aiuta l'operatore a entrare più facilmente in rapporto, e costruire quel processo con il quale si stabilisce e si mantiene un buon rapporto interpersonale di reciproca fiducia e di accordo; è inoltre la capacità di generare risposte in un’altra persona. Il rapport rimane la cosa più importante perché è 2 quella garantisce la relazione: se sono in relazione, allora posso cogliere nell'altro i bisogni, le situazioni, i desideri ecc. La PNL offre strumenti di lettura non verbale, che riguarda prima sé in quanto cogliamo il modo in cui ci poniamo, agiamo, e reagiamo alle domande, alle interazioni, con la posizioni degli occhi, la tensione dei muscoli, l'inclinazione della testa ecc. La capacità di auto osservazione apre possibilità diverse nel mettersi in relazione: modificare la postura significa invitare anche l’altro a farlo. Una volta consapevoli della persona che siamo, possiamo leggere ciò che accade nell'altro, in un'ottica circolare di azione e retroazione. Promuovere la messa in gioco di sé nella formazione Scaricato da Oxana Airaghi (oxana0597@gmail.com) RE-INVENTARE LA FAMIGLIA operatori che ci lavorano descrivono certe situazioni come se nulla potesse cambiare. Interessante interrogarsi sullo stile narrativo e sulla semantica che gli operatori usano per descrivere e raccontare la famiglia per due ragioni: © riguarda il benessere degli operatori, che come le famiglie chiedono aiuto ad altri quando le proprie storie non appaiono generative di qualcosa di utile e non aprono possibilità, quando hanno la sensazione di essere bloccati in una certa relazione o progetto. Interessarmi e incuriosirmi alle loro storie è un modo per prendermi cura di loro: “il compito principale del professionista è avere cura di avviare e mantenere il più possibile le sue pratiche in una dimensione riflessiva, flessibile e adattabile alla realtà complessa del vivere”. @ riguarda il livello interattivo tra la famiglia e gli operatori. In una prospettiva ecosistemica ci si interroga su come i fattori e contesti esterni alla famiglia influiscano nella co-costruzione di narrazioni e rappresentazioni. La questione non è solo capire come la famiglia si racconta, ma chiedersi come gli operatori interagiscono con i suoi componenti, come li vedono, cosa vedono, cosa cercano. Come contribuiscono con la loro presenza e le loro azioni comunicative alla co-costruzione di certe narrazioni familiari e non di altre. Nella prospettiva ecosistemica nessun operatore ha un riolo determinante, di controllo delle relazioni, ma tutti gli attori sono ugualmente importanti, in quanto interconnessi tra loro con la famiglia tramite la famiglia. La famiglia è intesa come snodo attivo che interagisce creativamente dentro e con un'ampia costellazione di soggetti educanti, con la differenza che un professionista che la vora con la famiglia è un soggetto educante chiamato ad avere maggior consapevolezza del proprio posizionamento nello svolgimento del lavoro di cura dentro quella storia e con quel sistema familiare. Dalla patologia alla speranza Nel lavoro di cura possiamo individuare due orientamenti: patogenesi (creazione della malattia) e quello salutogenesi (creazione della salute). “L'orientamento alla patogenesi esprime la cultura della medicina tradizionale, che stabilisce una relazione lineare di causa-effetto tra fattore scatenante ed effetti provocati tra agente patogeno e sintomo. Ponendosi in una prospettiva clinica dove il focus è l'aspetto patologico centrato sulle debolezze, tale orientamento è guidato da una logica dettata da una sorta di determinismo tra problema e malattia, dove esiste il problema allora la famiglia, la persona o il contesto sono malati e anormali. L'orientamento alla salutogenesi pone i propri fondamenti sui punti di forza, sulle risorse delle famiglie e delle persone come base su cui costruire la propria normalità, collocare anche i processi di risoluzione e/o ripresa a seguito dell’identificazione di una condizione sfavorevole o problematizzante”. Il posizionamento di cura nelle famiglie è fortemente orientato alla prospettiva salutogenica, che privilegia la ricerca degli aspetti e dei temi funzionali, sani, riconducibili alle potenziali e alle risorse. L'intento è generare narrazioni che raccontino e descrivano qualcosa di diverso e più sano delle solite critiche o diagnosi e categorizzazioni. Bisogna porre l’attenzione verso i modi in cui il sistema familiare è raccontato/ si racconta. Il compito è intervenire in modo da maturare le attribuzioni pessimistiche che chiudono la speranza delle persone in difficoltà. Serve per comprendere le narrazioni e riconoscere gli impliciti della comunicazione che influiscono sulle relazioni, e poi intervenire nella narrazione stessa per promuovere i processi positivi già in atto o invitare gli attori a scoprire un vocabolario resiliente. La cura educativa orientata alla ricerca della bellezza “Agisci sempre per aumentare il numero delle possibilità” (Heinz von Foerster), questa frase invita alla ricerca e attivazione di diverse possibilità di percezione, di descrizione della realtà e dell'esperienza. Lavorare con storie This document is available free of charge on StuDocu.com Scaricato da Oxana Airaghi (oxana0597@gmail.com) RE-INVENTARE LA FAMIGLIA familiari che generano sofferenza e fatica significa non inseguire il cambiamento o il raggiungimento di un'evoluzione prestabilita, ma perseguire l'apertura a nuove visioni del mondo, a narrative più articolate e pensate, più belle. L'apertura visionaria darà origine a cambiamenti e trasformazioni, a movimenti nuovi e più utili. Lavorare alla ricerca della salute, della speranza e della bellezza significa pensare e offrire storie rinunciando alla tentazione di influenzare l’altro verso un cambiamento desiderabile e predefinito perché ridurrebbe le possibilità e diventerebbe inefficace e anti-ecologico. Moltiplicare le storie implica proporre nuove punteggiature e versioni della realtà che vanno ad arricchire, rimodellare e integrare le versioni iniziali, monologiche, statiche, e chiuse su sé stesse. L'idea è di affrontare le criticità partendo dalle possibilità, dal riconoscimento e dal loro valore. Il lavoro di cura educatila ) consiste nell’introdurre variazioni, proporre sguardi differenti nei confronti delle proprie relazioni familiari, 2 quindi di sé stessi e della propria storia, andando a cercare cose piccole e belle, lavorando nella convinzione che esistono sempre tracce di bellezza e che possono essere rese visibili dai componenti. È utile soffermarsi con attenzione e cura su queste tracce, accoglierle come un dono, valorizzarle, farle risplendere. Si privilegia la ricerca della bellezza e risiede nell'utilizzo della conversazione. Questo tipo di cura è nata grazie al lavoro con famiglie definite “multiproblematiche”, se è una relazione obbligata è perché c'è qualcosa che non funziona e c'è un problema che è stato rilevato dagli osservatori. Spesso ci sono problemi intrecciati tra loro a livelli diversi. È utile e indispensabile riflettere, quando si è immersi nei problemi. Chiedersi cosa possiamo fare in questa storia familiare. C'è modo e modo di stare nel tempo: lasciarlo transitare come indifferenziato o abitarlo disegnandone il senso” (Mortari, 2002, p 143). Innanzitutto, bisogna ascoltare il tipo di storia raccontata e poi andare a cercare e attivare ulteriori elementi di narrazione che rimettano in connessione la storia raccontata con le dimensioni della possibilità e della bellezza. Un posizionamento estetico nel lavoro di cura Iniziare cercando di incorniciare delle piccole belle variazioni alla storia irrigidita e all'emozione dominante. Trattare i problemi partendo dalla ricerca di momenti, emozioni, elementi e aspetti di salute e funzionamento aumenta il numero di possibilità, articolando la narrazione in una prospettiva più dinamica, salutare e educante. Non si tratta di incoraggiare, di essere ottimisti e dire “think positive”, e nemmeno di usare la connotazione positiva intesa come rilettura di comportamenti visti come negativi e patologici dentro una cornice di positività, scelta, funzionalità. Qui viene proposta una postura menta, una scelta dello sguardo, un’epistemologia o estetica del lavoro di cura con le famiglie e le loro storie. CORNICI: una cornice è qualcosa che inquadra, separa il contenuto dallo sfondo, gli dà senso e lo valorizza. Sul piano N cognitivo, struttura e definisce; sul piano simbolico, contiene e crea attenzione. Il termine cornice di riferimento distingue due modi di pensare la comunicazione umana: le cornici politiche riguardano le interazioni, l’organizzazione dei comportamenti, le strategie relazionali tra le persone; le cornici semantiche riguardano lo sviluppo dei significati attraverso la comunicazione. | due modi non sono contrapposti, ma intrecciati in una relazione dialettica. Il primo è legato all'approccio sistemico. Quando le persone raccontano le loro esperienze usano le cornici di riferimento semantiche, chiedendo loro anche di descrivere gli eventi, chi fa cosa ecc. porta il racconto sul piano dell'interazione, aiuta a rilevare modelli ripetitivi ed effetti pragmatici delle diverse azioni comunicative. La cornice politica è più disponibile quando tutta la famiglia è presente, le loro azioni e reazioni reciproche sono allora visibili, e‘ è più facile diventare consapevoli dell’esistenza di cornici. Rispetto alla definizione di un problema, la cornice politica definisce tutte le soluzioni tentate, mentre la cornice semantica definisce il modo di dare senso e significato alla situazione. Le due sono interconnesse (vedi esempio). Un buon osservatore deve saper riconoscere la differenza tra cambiare punto di vista entro un contesto dato per scontato, e cambiare quel contesto. Per riuscirci bisogna sperimentare diverse azioni di osservazione e ascolto. Ogni essere umano è immerso in cornici, cioè sistemi di premesse implicite, schemi abituali di interpretazione del mondo, dentro cui sviluppa il proprio punto di vista sulle cose. Ciò che ciascuno vede dipende dal proprio punto di vista sul mondo. Per vedere il proprio punto di vista è necessario cambiarlo, uscire dalla cornice di lettura abituale. Un buon osservatore è sostanzialmente un esploratore di altri mondi possibili, uno che sa come ci si connette a sé stessi e al mondo quando ci si predispone a vedere e valutare le stesse cose in modi che prima ci erano preclusi, perché non previsti dalle cornici che davamo per scontate. Saper accogliere altre cornici per Bateson si chiama apprendimento Scaricato da Oxana Airaghi (oxana0597@gmail.com) Pai RE-INVENTARE LA FAMIGLIA dell’apprendimento. Il pensiero sistemico ci ha insegnato a rispettare la complessità e a ragionare in termini di più universi, di una molteplicità di mondi culturali. L'incontro interculturale è l’esperienza paradigmatica per imparare a cambiare i nostri punti di vista. Finché entrambi restano immersi nella propria cornice la comunicazione sarà difficoltosa, se non impossibile. Per uscire dovranno cambiare cornice di riferimento e pensare che esistono altri mondi possibili, altri sguardi sulle cose. Non si tratta solo di recuperare la normalità del soggetto o della famiglia o di accettare l’altro, accoglierlo e riconoscerlo; e nemmeno di ricercare solo leggerezza e apertura ad altre prospettive. La proposta è più specifica e attiva: si tratta di andare insieme a cercare con uno sguardo curioso ed esplorativo, tracce di competenza e abilità, ma soprattutto di poesia e bellezza, di immaginazione e desiderio, per rintracciare e vivificare la narrazione familiare, trasformandola in romanzo. Si tratta di una postura mentale nel lavoro con la famiglia che si propone come estetica, ovvero sensibile alla bellezza delle relazioni tra le persone e cose... Bisogna cercare ogni segno di luce negli altri, e di aiutarli e rinforzarli in tutto ciò che di saggio vi sia in loro . (Bateson, cit. in Puviani, 2010, p.257). 2 Assumere un posizionamento estetico significa guardare e ascoltare con curiosità l’altro, per apprezzare insieme la sapienza delle storie e trovare nuove prospettive con cui ripercorrere l’esperienza e le relazioni. La bellezza è solo da scoprire nella normalissima quotidianità, si tratta solo di risvegliarla, dispiegarla, vederla. Un posizionamento estetico è come “un pensiero che riunifica la mente con il corpo, i sensi, le percezioni, che riconcilia la ragione con la passione, che propone un soggetto cosciente che non teme le proprie emoziono, che è in grado da queste di trarre apprendimento e conoscenza” (Mustacchi, 2001, p.29). Questo modo di posizionarsi nella relazione educativa ricerca il sentire, il sensibile, il vivo e il riconoscibile. È l'atto del riconoscimento che definisce la bellezza, si tratta di pensarla non come qualcosa che sta di fronte a noi, ma come un accadimento autoriflessivo, che è in relazione a noi e ci parla anche di noi. Il bello è un oggetto che prende forma, è una storia che si trasforma, perché prende luce, diventa visibile, le si dà voce, viene tracciata, disegnata, scritta o cantata e scelta dal suo autore. Un progetto pedagogico che sia sensibile alla dimensione estetica delle relazioni e storie familiari può e deve riconoscere e coltivare la dimensione poetica non solo nei romanzi, negli eventi eccezionali, ma soprattutto nella quotidianità, nello sviluppo di uno sguardo che di tutti gli esseri umani degli artisti e di tutte le storie familiari dei romanzi. Essere sensibili alla dimensione estetica significa ricercare un atteggiamento mentale fondato sul potenziale curativo della circolare presa di coscienza che ogni storia è colma di interesse; significa avere la profonda convinzione che ogni vita è un romanzo e ogni vita merita un romanzo, e che uno dei compiti dell’educatore estetico consiste nell’operare come narratore delle storie raccolte. Il rischio maggiore e più frequente è quello di cadere nella trappola del “non c'è niente di bello”. È proprio in questi casi che diventa più utile e interessante cercare nuovi significati e bellezze, con attenzione e cura. Le parole non bastano: alla ricerca di nuove grammatiche Lavorare con le famiglie e le loro storie cercando la bellezza non è semplice. Usare domande ben pensate e la cura autoriflessiva e autoconsapevole del proprio posizionamento non sono sufficienti per generare cambiamenti e trasformazioni. La parola e il pensiero strutturato hanno dei limiti, presentano una forma fin troppo definita e convenzionale che non riesce a intercettare in modo esaustivo la bellezza, la complessità e l'autenticità che richiamano lo stato di grazia, armonia, integrazione e corrispondenza tra mondo interno ed esterno. Le parole spesso non bastano. Nel lavoro educativo e pedagogico è utile ricorrere a linguaggi e grammatiche che danno cove ad aspetti non totalmente verbalizzabili: racconto, metafora, poesia, segni preverbali, disegno... Ricorrere all'immaginazione significa usare i linguaggi simbolici, metaforici e narrativi per creare nessi impensati, per riuscire a dar convivere e comporre elementi apparentemente estranei, per riunificare la mente con il corpo. L'immaginazione e il simbolico possono aiutare a riconoscere la complessità e la bellezza di cui ogni storia è portatrice, per onorarla e celebrarla ancor prima di volerla cambiare. La logica fantastica e il ricorso alla simbolizzazione accompagnano di continuo la nostra vita soprattutto nelle relazioni amorose e tra genitori e figli. Ognuno di noi usa i simboli, essi danno volto ai desideri, stimolano certe imprese, modellano un comportamento, avviano successi o fallimenti. This document is available free of charge on StuDocu.com Scaricato da Oxana Airaghi (oxana0597@gmail.com) RE-INVENTARE LA FAMIGLIA normale, moderno e sicuro. Il parto esce dalla famiglia, non avviene più in casa nel letto matrimoniale, col marito che chiama l’ostetrica, la madre e le vicine che accudiscono i bambini. Le funzioni della memoria familiare sono la continuità delle storie tramandate, conoscere le proprie radici. Il racconto della nascita appartiene al mito e leggenda e marca la nostra identità, i ricordi personale, la riflessività che nasce dal prendere le distanze e fare connessioni. Se la memoria autobiografica è un metodo di autoguarigione e autoformazione continua, la memoria familiare è la principale risorsa trasformativa e auto curativa per la famiglia. Dove non esistono processi narrativi collettivi né memoria familiare condivisa si segnala una sofferenza legata alla percezione di un vuoto nelle relazioni, di un'assenza di legami e significati chiari e accessibili. Costruire ricordi condivisi serve a dare significato alla vita familiare. Le nuove tecnologie modificano i modi tradizionali di vivere, di relazionarsi e di imparare e ne impongono di nuovi. Ci sono due immagini di famiglia: quella consumatrice in cui ogni membro ha valore in quanto target di messaggi pubblicitari e portatore di nuovi bisogni creati, e la quella sentimentale, fondata sul piacere di stare insieme. Le storie che raccogliamo ci ricordano che lo scenario cambia continuamente e le soluzioni creative che ogni famiglia mette in atto sono una combinazione di adattamenti che permettono di stare al passo con i tempi mantenendo un'identità. La tecnologia ha diversi effetti per le nuove generazioni: la comunicazione in rete modifica il rapporto con l'apprendimento e le relazioni orizzontali e personali, scacco dell'autorità, dà voce a realtà ed esperienze locali, a punti di vista individuali. Condiziona le relazioni che crea Sono cambiati molti modelli familiari: aumento delle famiglie monoparentali, coppie di fatto, separazioni e divorzi, famiglie omogenitoriali, ci sono nuovi legami familiari più complessi e creativi. L'urgenza dei nostri tempi è quella educativa, è cambiata la cultura famigliare intesa come sistema complesso di saperi, ideologie, valori, leggi e norme, rituali quotidiani che struttura la relazione in modi ridondanti, ripetitivi e normativi. Focalizzarsi sulla cultura significa affrontare il tema dell'educazione come processo che avviene continuamente nella 2 famiglia, con l'immersione quotidiana nei modelli comunicativi, negli stili di vita, nella materialità dei rituali, dei gesti e dei discorsi. Disordine e incertezza: quale idea di apprendimento per la famiglia? La discontinuità fa parte della cultura familiare di oggi. Il concetto di ciclo fi vita familiare diventa controverso perché manca la regolarità e sequenzialità delle tappe, la loro durata e i significati che si attribuiscono ai vari movimenti. Si crea un legame preservando una forte individualità. La sequenza lineare di fidanzamento, matrimonio, figli, nido vuoto si ricombina seguendo andamenti imprevedibili. Questo cambiamento non è omogeneo, dipende da fattori: economici, sociali, geografici, educativi. La biograficità è l'esito di un percorso auto-educativo del soggetto che si osserva, si racconta, riflette, prende le distanze e sceglie il proprio cammino. Coesistono modelli e stili di vita diversi nella stessa area, le trasformazioni più evidenti sono nelle relazioni familiari tra generi e generazioni. La famiglia in disordine si fonda sui sentimenti e sulla libertà individuale, richiede più negoziazione che non era necessaria alle generazioni precedenti, per le quali tutto appariva scontato. C'è il rischio di un'eccessiva idealizzazione, in cui la famiglia appare come lo scenario nel quale esprimersi in modo autentico e vare un reale potere d'azione. Queste aspettative chiudono la famiglia dentro un mondo idealizzato, privato, protettivo, autosufficiente e disconnesso dalla realtà sociale circostante. Questo disordine aumenta il desiderio di famiglia e delle relazioni familiari. Le storie ci dicono quanta energia e aspettative siano investite in questa idea, e quali apprendimenti vengono realizzati: azioni e conoscenze nuove, capacità di scegliere in un ventaglio più ampio di possibilità, nell'incontro con altre premesse. APPRENDIMENTO: ogni organismo vivo apprende attraverso cicli multipli di correzioni per sopravvivere in funzione del suo adattamento. Bateson lo definisce come un fenomeno gerarchicamente organizzato nel quale sono coinvolti diversi ordini di cambiamento. Ogni livello di apprendimento può cambiare e generare il livello superiore © Apprendimento 0, risposta specifica che segue uno stimolo sensoriale. Il cambiamento è minimo, l'individuo) riceve l'informazione e risponde con la reazione che si ripete sempre uguale quando c'è lo stimolo. Si basa su azioni non suscettibili di correzione, l'errore non serve, in quanto non contribuisce alle situazioni successive © Apprendimento 1, l'errore è vantaggioso perché fornisce all'organismo informazioni capaci di generare un cambiamento nella risposta, è il processo che avviene per tentativi ed errori. L'azione o risposta da correggere viene scelta in un certo insieme di azioni, connesse ad una aspettativa circa il contesto. | casi questo apprendimento sono: assuefazione, Scaricato da Oxana Airaghi (oxana0597@gmail.com) RE-INVENTARE LA FAMIGLIA riflesso condizionato, apprendimento strumentale, apprendimento meccanico, l'annullamento o inibizione della risposta. © Apprendimento 2, importante nelle relazioni educative e di cura. È un cambiamento dell’App 1, correttivo dell’insiem di alternative entro il quale si effettua la scelta. È adattivo: l'individuo si aspetta certi contesti con certi stimoli e risposte a lui note. Avviene un processo di generalizzazione del contesto basato sulle esperienze di apprendimento 1. È l'economia del pensiero e incide in misura maggiore nella vita di un individuo. Una buona parte della vita di relazione e di tutti gli esseri umani risale alla prima infanzia ed è inconscia. Bateson individua 4 fenomeni in questo A2: l'apprendere ad apprendere di tipo meccanico, l'apprendimento d’insieme, l'inversione, le nevrosi sperimentali e @ Apprendimento 3, cambiamento dell’App 2, un ordine di apprendimento che riguarda solo l’uomo e quando una persona vive una profonda riorganizzazione del proprio carattere. L’io di un soggetto è il prodotto dell'insieme di alternative entro le quali effettuare una scelta, un prodotto dell’A2 fl Apprendimento 4, come cambiamento del 3 non si manifesta in alcun organismo adulto sulla terra. I media possono insegnare come affrontare dei problemi familiari e cambiare le visioni delle persone. Essere immersi tutti nello stesso discorso significa assorbire dei presupposti senza poter interrogarsi. I new media consentono l'interazione, contaminazione, trasformazione dei punti di vista. Queste tecnologie influenzano le relazioni familiari in si può comunicare in vivo a distanza. modi prima impensabi Oggi l'incertezza viene collegata alla vulnerabilità, all'irrompere di un senso frammentato e fragile della vita quotidiana. La loro nuova vulnerabilità non è chiaramente identificabile come economica o sociale, ma è legata agli effetti dell'instabilità diffusa, diversi in relazione alle appartenenze sociali, ai contesti di vita, alle opportunità educative e formative, alla percepita solidità della famiglia. La complessità è una caratteristica del vivere, che può essere riconosciuta e conosciuta grazie alla composizione degli sguardi multipli. L'invenzione del privato La caratteristica più evidente della cultura familiare contemporanea è la vita privata, fatta di rituali domestici, compiti 2 ripetuti, spazi connotati. La privatezza della casa, della vita intima, richiede nuovi spazi organizzati in modo più complesso e raffinato rispetto al passato. C'è stato un cambiamento dei ruoli dei membri, e sono cambiati gli usi e i significati delle stanze. La cucina diventa il regno della famiglia, e il bagno il luogo della cura di sé e della solitudine, le camere da letto sono personali e personalizzate, diventano un sacro spazio individuale per studiare, svagarsi, accogliere gli amici e marcare il proprio territorio. Lo spazio domestico evolve con la definizione dei confini tra la sfera pubblica e quella privata. Genera in modo simbolico il senso del privato. Il salotto è l'emblema della famiglia borghese della middle class ed è il luogo in cui si celebra il noi, distinto dal salotto per ricevere gli ospiti. Negli anni 60 guardare la tv era un rituale simbolo dei legami familiari. L'oggetto della condivisione è un prodotto culturale che educa ai nuovi valori sociali, al tempo stesso estrania e ha poco a che fare con la realtà dei sentimenti e delle relazioni di quel nucleo. Le relazioni private sono celebrate e negate, un doppio legame generalizzato. (C DOPPIO LEGAME: concetto nato da un progetto di ricerca sulla comunicazione schizofrenica avviato da Bateson, Haley © Fry. L'ipotesi era che l'incapacità di discriminare i tipi logici fosse all'origine dei sintomi schizofrenici, originati dalla difficoltà nell’identificare e interpretare in modo corretto i segnali metacomunicativi. Si passa da un modello psicopatologico a un modello basato sul concetto di informazione. Il contesto di apprendimento della comunicazione schizofrenica era la famiglia, in cui Bateson vedeva coalizioni simili al gioco a 5 (alleanze instabili). Nel gruppo entra anche Jackson e iniziano a lavorare a diretto contatto con i pazienti e a osservare i comportamenti nel contesto familiare. Notano che se il paziente migliora, un altro membro peggiora, e le famiglie sembravano incoraggiare e provocare comportamenti irrazionali nel paziente. Il modello omeostatico della famiglia con membro schizofrenico è alla base dell'articolo dove il doppio vincolo è proposto come struttura comunicativa di apprendimento che genera nel paziente una risposta comunicativa analoga. Le condizioni del doppio legame sono: a. Occorrono due o più persone (vittima, madre insieme a padre e fratelli) b. Un'esperienza ripetuta (non serve cercare un trauma infantile come causa, sono le sequenze comunicative caratteristiche e ripetute a strutturare un’aspettativa) c. Un’ingiunzione primaria negativa in un contesto familiare in cui è importante evitare la punizione (ricatto, odio) This document is available free of charge on StuDocu.com Scaricato da Oxana Airaghi (oxana0597@gmail.com) RE-INVENTARE LA FAMIGLIA d. Un’ingiunzione secondaria in conflitto con la prima a un livello più astratto, la confusione tra i due livelli genera un paradosso; è un metamessaggio che si manifesta con gesti, tono di voce e atteggiamenti... e. Un’ingiunzione terziaria negativa che impedisce alla vittima di lasciare il campo Quando la vittima ha appreso a percepire il suo universo sotto l’angolazione del doppio legame, gli altri elementi non sono più necessari. Le vie sono la metacomunicazione, il sintomo e la creatività. L'ipotesi del doppio legame alimentò la curiosità di molti clinici e si diffuse, venne gradualmente abbandonata. Per Bateson il doppio legame era una teoria sulla metacomunicazione, la schizofrenia aveva un valore esemplificativo. Il rischio era di cadere in una concezione causale. Nel gruppo si erano generati nuovi orientamenti in cui non tutti erano d’accordo e si sciolse. Doppi legami istituzionali Le contraddizioni sono interessanti perché evidenziano il potenziale trasformativo della cultura familiare, nello scarto tra le aspettative sociali e gli stili di vita privati. Nel lavoro educativo ci sono tendenze molteplici e contraddittorie, da un lato siamo testimoni della crescente privatizzazione della vita familiare e valorizzazione delle relazioni a scapito di quelle esterne, dall'altro la famiglia non appare libera di definire il proprio spazio d'azione e di vita. Una costante azione di controllo è esercitata da agenzie, istituzioni e servizi. Gli stati democratici esercitano un controllo e un'influenza sulle famiglie attraverso leggi e politiche sociali che fissano criteri condivisi sui quali viene valutata la sana vita familiare. Il concetto di famiglia sana e ben funzionante era impensabile anni fa, ora si mette in discussione il ruolo degli adulti nella famiglia e diffondere la retorica dell’incompetenza genitoriale di invenzione recente. Le scienze umane monitorano, osservano, valutano, fissano i criteri di qualità della vita privata, con la conseguenza di minarne alla base proprio la privatezza. È stato un processo graduale, avvenuto prima con la destituzione di autorità del padre e poi con la nuova parola di genitorialità per definire la qualità del lavoro di genitore, un lavoro poco riconosciuto ma sempre più valutato e sanzionato. La cura del bambino cominciò a essere concepita come un lavoro a tempo pieno, difficile e impegnativo per i genitori, soprattutto le mamme. Aumentano le aspettative e le prescrizioni e cambiano a ogni nuova tappa, bisogna imparare che cosa le istituzioni si aspettano dalla buona genitrice. Anche l'offerta commerciale è aumentata con numerosi accessori per ogni bisogno del bambino. Che tipo di creatura progettiamo, con i nostri stili di vita, con le nostre tecniche di allevamento? Nella diade madre-bambino, il presupposto è che lei abbia un enorme potere nel determinare il destino del suo bambino, la sua intelligenza, felicità, 2 successo. Le mamme ricevono molte informazioni contraddittorie e fuorvianti e i papà sono lasciati in ombra e all'oscuro di tutto. Come può una donna sentirsi competente e sicura, e un uomo affrontare la paternità con gioia e fiducia? | racconti ricorrenti parlano di ansia, vulnerabilità, dipendenza dal parere altrui. Poche sono le storie di agentività, cioè narrazioni nelle quali il genitore parla di sé in prima persona, esprime le sue scelte, racconta di aver agito in modo attivo, di essersi opposto a pratiche non condivise, di aver espresso richieste. Molti racconti hanno come soggetto attivo il medico, l’ostetrica, il pediatra, lo psicologo...e il bambino, dai suoi umori dipende tutto. Nel rapporto tra pubblico e privato, la possibilità che un genitore perda i propri diritti a fronte di valutazione negativa dei suoi comportamenti, è molto alta, grazie alle numerose leggi che mettono al centro i diritti del bambino, diventando una conquista per l'umanità. Bisogna porre l’attenzione anche all'aumento del controllo sociale sulla famiglia e i rischi che comporta. Il controllo esercitato da pochi è sempre un rischio, se ostacola la possibilità di apprendere, di evolvere specialmente quando una famiglia viene connotata come fuori norma. Lo stigma sociale insito in uno sguardo valutante e condannante è un problema aperto nel lavoro con le famiglie. C'è modo di distinguere se la disobbedienza di una famiglia è controcultura o disattenzione e maltrattamento, ma richiede tempo e attenzione. Solo lavorando sulla cultura dei servizi, sulla cura dei legami e dei contesti, sulla formazione degli operatori che si può sperare di risolvere questo doppio legame istituzionale “sii adulto autonomo responsabile, ma come io te lo prescrivo” e a cui il genitore risponde “aiutami, ma lasciami stare”. Si tratta anche di superare alcune palesi ingiustizie, in quanto le famiglie non sono tutte sottoposte allo stesso modo alle pressioni del controllo sociale, sono soprattutto quelle vulnerabili, povere, di minoranze che hanno una maggiore probabilità di diventare clienti dei servizi e vedersi sottratti i figli. L'intrusione è più violenta quanto più la famiglia è lontana dalle aspettative sociali che ha infranto. In quanto educatori dovremmo insistere di più sull'apprendimento e sull'evoluzione come chiavi per comprendere le famiglie e il loro funzionamento e le possibilità di intervento. L'instaurarsi del Welfare portò alla nascita dei servizi, che si sostituirono alle risorse più tradizionali. La regione Lombardia segue una politica di sussidiarietà che decentra il potere dallo stato ai territori e alle realtà locali. Una Scaricato da Oxana Airaghi (oxana0597@gmail.com) RE-INVENTARE LA FAMIGLIA raccontare: ricostruire gli eventi in modo sincero richiede che si scelga una punteggiatura, ed è un invito a pensare. La prima tesi è che il sapere educativo è sempre incarnato e relazionale, fatto di corpi, sensi, interazioni concrete, scambi comunicativi; trasformate di differenze che implicano almeno tre livelli: soggettivo, relazionale, istituzionale. L'esempio riduce la complessità, illumina a posteriori la teoria ma non la sfida. Il racconto diventa l’unico modo sensato per comprendere e ricostruire a posteriori tale teoria. Sono solo store, a questo ci permette di mantenere l’attenzione per l'unicità delle situazioni narrate. C'è una complessità che nessun racconto riuscirà mai a restituire in modo completo. f\ La seconda tesi giustifica l’uso della narrazione: nelle storie c'è un prologo, uno svolgimento e un epilogo. Il lavoro \__/ educativo è un muoversi per mettere in movimento. Tutti i capitoli mostrano l'agire educativo come una presenza attiva dell'operatore nei sistemi familiari e istituzionali. L'agire sistemico non è mai passivo, ma policentrico: i target cambiano continuamente, dagli individui, alle famiglie, alle reti allargate. La terza tesi è quella della riflessività come postura abituale del professionista, è un corollario alle due precedenti. La riflessione diventa una prativa di cura di sé e dell'altro. La riflessività sistemica è circolare e relazionale: non la singola mente che si auto-interroga privatamente, ma un dialogo tra fatti e significati, tra azioni e teorie, tra ciò che osserviamo e le conversazioni che possono nascere da queste osservazioni. Questo porta a una teorizzazione leggera, ma non meno rigorosa o significativa, che intende mostrare anche l'importanza di avere sempre delle teorie di riferimento, di sviluppare un pensiero sempre più articolato anche grazie all'incontro con la ricerca pedagogica, con la letteratura scientifica, con i mondi di idee che possono aprire nuove visioni. La teoria ci rende attivi. (@®) MOVIMENTI: IL LAVORO EDUCATIVO CON LA FAMIGLIA Racconto di una madre che chiede all'educatrice di chiamare per chiedere informazioni sul corso di ginnastica artistica per la figlia. C'è stato un anno di desideri sospesi; la richiesta della madre genera un circuito riflessivo, a livello di contenuto la mamma sta chiedendo un favore, ma il messaggio è “tu sei più capace di me”. Se l’educatrice accetta di telefonare, rischia di convalidare una cornice nella quale questa mamma è incompetente, e l’educatrice sostituirebbe la madre, costituendo una minaccia alla relazione genitoriale, non diventa più educazione ma assistenza. Ogni azione è un fatto mentale. Noi sappiamo comunicare, rispondere ai messaggi a livelli diversi e uscire in modo creativo dai circuiti riflessivi bizzarri. Ogni educatore lavora su situazioni che sono naturali fino a quando non interviene un ostacolo, diventa poi necessario l'apprendimento, il cambiamento, e un intervento esterno. Nello scaffolding l'allievo esegue il compito con l'assistenza dell'esperto (è un processo relazionale reciproco, c'è un processo comunicativo fatto di azioni e reazioni circolari adattate alle successive prese di posizione e risposte dei singoli), nel fading l'allievo procede autonomamente, l'esperto fornisce solo suggerimenti. L'educatore offre una struttura che però non sorregge le persone, come sembra suggerire il linguaggio di certi servizi ma le azioni. This document is available free of charge on StuDocu.com Scaricato da Oxana Airaghi (oxana0597@gmail.com) RE-INVENTARE LA FAMIGLIA (arc ITI RIFLESSIVI: sono una revisione del doppio legame. Secondo gli autori solo alcuni circui identificati come doppi legami, responsabili di disagio e confusione sfociando nella psicopatologi che non generano disagio sono chiamati circuiti riflessivi armonici. Bateson distingue in ogni messaggio 2 livelli gerarchici di significato: livello del contenuto e quello della relazione, che identifica il contesto nel quale ilcontenuto deve essere interpretato. La confusione trai due livelli si ha quando non è chiara la gerarchia. Un circuito riflessivo semplice sono le affermazioni, l'asserzione è un messaggio sul messaggio (il primo è vero se il secondo è falso), il circuito riflessivo più complesso è quando si afferma qualcosa ma il tono non è coerente. Bateson per analizzare i circuiti riflessivi considera la discontinuità tra i livelli di relazione e di contenuto come analoga alla discontinuità tra classe ed elementi della classe. Nella comunicazione umana la riflessività non è un problema o un errore, ma una componente essenziale e necessaria. Inoltre, la comunicazione non ritrae la realtà esterna, ma è un processo di gestione coordinata del significato nel quale gli individui creano le realtà sociali, e avviene con una proliferazione di intrecci . | modelli comunicativi e grovigli. Ne derivano tre conseguenze fondamenta! a) Uncertogrado di riflessività è comunemente presente nelle relazioni gerarchich i è riflessività quando due elementi in una gerarchia sono organizzati in modo tale che ciascuno è sia contesto in cui l’altro va inserito, sia il contenuto di cui l’altro è il contesto. C'è un circuito riflessivo in un sistema gerarchico quando percorrendo dall'alto verso il basso e viceversa ci troviamo al punto di partenza. Si ha quindi un'influenza reciproca tra i livelli anche quando si esercita una forza contestuale (quale sta sopra) o una forza implicativa (quale sta sotto). Il circuito compare quando le due forze hanno la stessa potenza. b) | circuiti riflessivi sono intrinseci all'interazione sociale. All’inizio la qualità del contesto non è chiara perché verrà costruita durante l'interazione. Esempio: come stai? Può implicare un breve scambio o un racconto. Si può creare imbarazzo e confusione ma non è un errore e non si può evitare c) Peranalizzare una comunicazione sono necessari livelli molteplici di contesto e significato. Il modello di analisi della ‘comunicazione a due livelli proposto da Bateson viene ampliato fino a 6: contenuto, atti linguistici, episodio, relazione tra i comunicanti, sé o biografica interna e i modelli culturali. Tutti questi livelli formano un sistema gerarchico di significati. Ogni livello può diventare contesto e dare senso agli altri. La forza implicativa è più debole di quella contestuale. Con la forza contestuale i livelli superiori contestualizzano il significato di quelli inferiori, mentre con la forza implicativa è l'opposto. Per distinguere i circuiti armonici da quelli bizzarri sono stati introdotti i concetti icato sociale hanno una relazione transitiva quando ciascuno può diventare il contesto dell'altro senza che simodifichi il significato di nessuno dei due. Due livelli di significato hanno una relazione intransitiva quando non è possibile che ciascuno dei due diventi il contesto dell'altro senza che questo cambi il significato. Esempio, dichiararsi in una relazione. Sonogli episodi che gradualmente qualificano la natura della relazione. Nel livello della relazione ci sono due alternative di lettura: è un rapporto serio oppure è un flirt occasionale; a livello di episodio si può interpretare come conferma o come presa di distanza. Il circuito riflessivo genera confusione perché no sa se l'episodio debba essere trattato come contesto della relazione o se la relazione fa da contesto all'episodio. Le due percezioni si escludono reciprocamente. La transitività si basa sulla cultura e sull'esperienza personale che fissano delle metaregole. In base ai modelli culturali e familiari e alle esperienze personali, le metaregole hanno origine dalle percezioni sociali e possono fare da contesto per altre percezioni ransitività e intransitività: due livelli di sociali. Un circuito riflessivo può essere bizzarro per una persona e armonico per un’altra. Solo con il tempo si può stabilire I presenza di un doppio legame. ) Il contesto: dove siamo? Cosa stiamo facendo? Nulla avrebbe senso se è fuori da un contesto. L'educatrice accompagna in modo armonico l'evoluzione naturale di questa famiglia perché sa dove si trova, che tipo di relazione è, che cosa si aspettano gli altri (servizi, cooperativa, amici). C'è una rete di relazioni significative intorno a ogni famiglia e sono necessarie alla sua sopravvivenza. Avere in mente una mappa di queste relazioni è il primo passo per analizzare il contesto, che può essere tante cose diverse. C'è un contesto sociale, che è una rete di relazioni significative, che possono essere silenti, conflittuali, appaganti, prossimali (chi mi conosce), istituzionali (operatori), distali o occasionali, ma acquisiscono valore trasformativo. Ci sono anche relazioni del passato che continuano ad agire sul presente. | soggetti sono parte attiva di tutte queste relazioni, offrono e ricevono sguardi che costruiscono la loro identità, il loro benessere e malessere, le loro possibilità evolutive, le loro definizioni di un problema e delle sue possibili soluzioni. riflessivi (bizzarri) sono \ a \/ La rete delle relazioni è la risorsa più importante che ognuno ha per crescere, per costruire la propria idea di sé e del mondo e per modificarla. Un educatore è qualcuno che sa come muoversi tra queste relazioni, le valorizza per sfruttarne Scaricato da Oxana Airaghi (oxana0597@gmail.com) RE-INVENTARE LA FAMIGLIA le potenzialità, si prende cura dei legami riconoscendoli e rendendoli visibili. Per riuscirci bisogna 2 analizzare il contesto, e riflettere sul dove siamo. Per definire i significati che emergono è necessario identificare il luogo. C'è anche il contesto istituzionale, luogo concreto dentro il quale avviene l'intervento educativo: un'organizzazione di pratiche e di significati che propone cornici politiche e semantiche che definiscono cosa può e non può accadere in determinate circostanze. Il contesto istituzionale non è definito solo da mandati, compiti, progetti e contratti. Ogni servizio ha una sua epistemologia, ciò che si fa in quel contesto ha senso in riferimento alle sue cornici. Non si può lavorare fuori contesto. La caratteristica della comunicazione umana è la ripetitività, che rende prevedibile ciò che accadrà in un certo scambio. La tendenza umana a fondare contesti nasce dal bisogno di prevedere cosa farà l’altro. L'educatore che incontra la famiglia deve poter essere inquadrato dentro un sistema di attese e aspettative da parte degli altri, se le attese sono caotiche, scoordinate e scomposte (ognuno si aspetta cose diverse), ci sarà troppo imbarazzo e disordine per poter accompagnare una trasformazione, se sono coerenti e allineate confermeranno l’esistente e vanificano l'utilità dell'intervento educativo. Analizzare il contesto serve per realizzare una composizione delle cornici, per creare comunicazioni propizie alla trasformazione. È utile interrogarsi sulle caratteristiche costitutive dell’organizzazione di cui siamo parte. La conoscenza delle regole del macrosistema può aiutare l'educatore nel leggere i contesti: devono sconoscere le regole implicite e esplicite delle organizzazioni e sapere quali vincoli rispettare. L'obiettivo è che tutti stiano un po' meglio e si traduce in un lavoro creativo tra operatori diversi per formazione, mandato istituzionale e sensibilità. Le equipe multiprofessionali, e gli incontri di rete possono diventare luoghi di costruzione di un pensiero complesso sulla famiglia e sulle possibilità di accompagname le trasformazioni, se tutti si mettono in gioco per comporre gli sguardi diversi. Ogni servizio ha la sua anima organizzativa, la sua metafora costitutiva alla quale tutti contribuiscono attivamente portando dentro quel luogo le proprie azioni e il proprio immaginario. Per analizzare il contesto bisogna comprendere come il servizio si evolve e si trasforma, magari un cambiamento a livello istituzionale porta a ridefinire tutti gli interventi in corso. L'evoluzione del sistema più ampio crea pressioni sul servizio: le politiche sociali, la crisi del WS e la sussidiarietà hanno portato a una frammentazione delle risorse che ha costretto alcuni servizi a movimenti rapidi, ma aprendo anche nuovi spazi di possibilità e pensabilità. Tutti gli operatori sono chiamati a una maggiore consapevolezza di ciò che accade intorno. Il lavoro educativo è la capacità di leggere e usare in modo creativo le risorse e i vincoli presenti, ridefinendo in tempo reale gli scenari, gli obiettivi e le azioni concrete. Abitare l'incertezza significa sapere che non c'è garanzia di continuità, l'azione educativa diventa ancora più locale e univa. Emerge l'utilità di prenderci cura delle relazioni e di creare comunità di pratiche e percorsi riflessivi. La capacità di riflettere sul proprio posizionamento, sulle proprie azioni in relazione a quelle degli altri professionisti diventa una competenza indispensabile per fare bene e stare bene nel proprio lavoro. Chiedersi gli strumenti che abbiamo per leggere ciò che accade, che cosa e come sappiamo della famiglia con cui lavoriamo, quali messaggi proponiamo. L'educatore che non si interroga rischia di stare male e di non essere utile alla trasformazione (burnout). Può essere che all'inizio la famiglia sia presentata in modo negativo: stigma, svalutazione, mancanza di ascolto. La famiglia viene etichettata come patologica, disfunzionale e incompetente. L'inizio della relazione è insidioso, presenta pregiudizi, mancanza di comunicazione, poca progettazione. In Italia prima si decide e poi si informa i genitori per far accettare le loro decisioni. Sono pratiche cattive perché non sono utili alla trasformazione e non tutelano le relazioni, non si occupano degli effetti a lungo termine. La violenza non può essere eliminata, ritorna ad altri livelli di funzionamento e prende altre forme ( linguaggio ). Gli ingredienti dell’intervento educativo Per leggere il lavoro educativo in chiave sistemica e positiva possiamo farci guidare da alcuni concetti che definiscono gli ingredienti base di ogni intervento. La domanda: di chi è questo intervento? A quale bisogno risponde? Il bisogno e la domanda sono da costruire e interpretare. La domanda è un esito, chi fa che cosa? Se sono contrastanti e paradossali cosa si fa? A chi dare retta? Esiste un modo di aiutare, che non si basi sul negativo, sul far sentir l’altro incompetente? Una possibilità è sostituire al bisogno il desiderio, all'aiuto la cura. La domanda è una co-costruzione in continua ridefinizione. Chi sono io per te e tu per me? Si generano domande This document is available free of charge on StuDocu.com Scaricato da Oxana Airaghi (oxana0597@gmail.com) This document is available free of charge on StuDocu.com RE-INVENTARE LA FAMIGLIA prima delle persone, se si parte dall’idea di verità qualcuno la possiede e la conosce meglio. L'intervento nasce da una particolare conduzione del colloquio, si voleva superare l’idea che il successo della terapia fosse dovuto al carisma del terapeuta e sottolineare invece l’importanza delle azioni comunicative e del modo di porsi durante l’incontro con la famiglia. Ipotizzazione © capacità dell'equipe di formulare un'ipotesi sistemica fondata sulle informazioni in suo possesso, e funzionale a garantire l’attività dei conduttori nel ricostruire i giochi relazionali della famiglia. In quanto provvisoria, l’idea non è né vera né falsa, ma solo più o meno utile. serve a iniziare e organizzare il processo di indagine. Discutere tutto. L'idea che c'è sempre un’altra idea, non c'è mai un'idea finale e vera, la verità sfugge sempre, tu continui a cercarla ma non la trovi mai, e questo rende la conversazione terapeutica. Circolarità 2 conduzione basata sulle retroazioni della famiglia, sollecitate da domande che venivano poste in termini di rapporti, i dii - — ;S 597@ cioè di differenze e mutamenti (percepire le relazi 599"icat0 da Oxana Airaghi (oxana0597@gmail.com) circostanze specifiche) le L'equipe sistemica, con la postura dell’ipotizzazione, riconosce il valore parziale e temporaneo delle proprie idee sulla famiglia che saranno arricchite di continuo per garantire una visione circolare e utile al cambiamento. L'ipotesi sistemica è il prodotto di una conversazione generativa in cui gli operatori appaiono all'inizio lineari e ingenui, e discutendo prendono poi le distanze dai propri pregiudizi con l'ascolto reciproco. Ognuno vede un pezzetto che tende a categorizzare o valutare. L'incontro con le altre prospettive, la loro legittimazione e la discussione aperta disciplina lo sguardo, bisogna mettere insieme le diverse letture lineari, superando il giudizio e formulare un'ipotesi più complessa che tiene insieme le diverse visioni. Quando un'equipe diventa una mente sistemica riesce a sintonizzarsi sulla complessità della famiglia, a rispecchiarne la circolarità. La neutralità non è un dover essere ma una qualità emergente dalle azioni dell'equipe che sorge come esito di alleanza con la famiglia nel suo insieme, una forma di rispetto per ciò che la micro-cultura porta nella relazione. Lavorare in equipe è una condizione per poter lavorare in modo sistemico, per cogliere e onorare la complessa circolarità delle relazioni familiari e immaginare quello che potrebbero diventare. L’educatore sistemico lavorando a stretto contatto con la famiglia in situazioni di vita quotidiana, dovendosi coordinare con altri professionisti, ha altre possibilità di esprime ipotesi sistemiche per celebrare la circolarità e per assumere posture neutrali. È più facile coinvolgere il sistema più ampio e avvalersi di modi non verbali per comunicare. | linguaggi animativi hanno il potere di convocare tutti, mente e corpo, e di far emergere le qualità sistemiche delle relazioni familiari senza nominarle. Per Bateson la verbalizzazione e il ricorso al pensiero secondario presentano molte insidie. Usare parole per definire le relazioni, le emozioni, i problemi è delicato: si rischia di etichettare o generare paradossi e doppi legami o fraintendimenti. Inoltre, molte famiglie e soggetti soffrono una sorta di disconnessione tra la loro esperienza e le storie che raccontano, tra le relazioni vissute e le storie che sono state elaborate intorno alle relazioni. Gli obiettivi su cui lavorare sono recuperare la parola autentica, conversare in modi non distruttivi e imparare a meta comunicare. Il compito dell’educatore è allestire un contesto operativo come una nuova matrice di significati, in cui la circolarità è presente e possa essere trasformata. Usare le domande circolari o ipotetiche non sono l'unico modo per creare movimento e differenza. Può proporre un gioco, usare i linguaggi estetici, creare spazi inediti (attesa, ascolto, riflessione) e chiedere alle persone come li vogliono usare. Risulta importante anche la creatività e l'immaginazione, giocare ruoli diversi, copioni diversi, immaginare e sognare la famiglia, il futuro sono azioni cruciali per il cambiamento. La famiglia non va mai a dormire Ogni azione educativa con le famiglie è comprensibile se vediamo i singoli, le famiglie e i servizi come sistemi dinamici interconnessi e in continua trasformazione. C'è un movimento di base che può essere perturbato ma non determinato dall’intreccio con altri movimenti. L'azione educativa di carattere istruttivo corre più spesso il rischio di essere disarmonica e anti-ecologica. Può bloccare quello che era un passaggio naturale, può deviarlo e spingerlo in altre direzioni, può intensificarlo in modo artificioso e cambiarne il ritmo. L'azione educativa basata sull'idea di perturbare ha qualche chance di essere ecologica se sviluppa una grande sensibilità verso il contesto e i processi comunicativi che lo costruiscono e commentano continuamente. La metafora del movimento permette di Scaricato da Oxana Airaghi (oxana0597@gmail.com) oni tra due, modi di reagire in RE-INVENTARE LA FAMIGLIA riconoscere delle forme e non sposa l’idea del caso, ma di un tutto organizzato. Apre la mente verso territori nuovi per molti educatori. È raro vedere operatori che dedicano tempo ed energie a comprendere come si sta muovendo questa famiglia nel suo insieme in relazione ai vari contesti e sui diversi piani della sua esistenza. Ancora più raro vedere operatori che hanno una mappa della rete di relazioni prossimali dei loro utenti e delle potenziali aperture. a Molti vedono situazioni statiche, ferme e ripetitive, ma è necessario il movimento per mantenere un sistema” apparentemente fermo. | processi vitali non sono mai fermi. Oltre l'orizzonte, il sole sta per nascere ma non si è mai fermato, solo che da dove siamo non possiamo vederlo (siamo ciechi e non sappiamo di esserlo - Von Foerster e Porksen, 2001). La freccia del tempo va solo in avanti e quello che chiamiamo involuzione è tale per un osservatore, può essere utile per indagare i criteri con cui sta valutando e giudicando il sistema. Non dice molto su quello che succede davvero nel sistema. Il peggioramento ha significati diversi. Il bambino che si comporta da piccolo quando nasce il fratellino è un apprendimento a tutti gli effetti, incorpora strategie e veicola messaggi. Non si può non apprendere, vivere è conoscere. Di fronte a qualsiasi movimento, se lo interpretiamo come espressione della vita, della conoscenza di quel sistema diventiamo curiosi (dove ci porterà?). Quali movimenti per stare tutti un po’ meglio? Emergono 4 dimensioni della cura molto intrecciate tra loro: la fedeltà del soggetto a sé stesso, la cura dei legami, la 2 cura del noi e l'apertura al sistema più ampio, sociale e naturale. La fedeltà a sé stessi Pl sembra riguardare il singolo, in realtà definisce la qualità delle relazioni, significa dire sì a quello che ci rende felici e no a quello che ci rende infelici, non dovrebbe essere così difficile. Nasciamo già attrezzati: ogni neonato sa cosa gli serve, cosa lo mette a disagio, cosa si aspetta da chi si prende cura di lui e dà segnali quando non viene rispettato il suo bisogno. L'aspettativa biologica si incontra con il fato culturale e porta discontinuità, ma offre spazi anche alla creatività e all'invenzione propriamente umana. Ci spostiamo verso ciò che ci fa star bene, ci fa sentire creativi, amati e utili. Ogni sistema ha le sue discontinuità e attraverso le interazioni offre informazioni che aiutano il bambino a strutturarsi nei modi previsti per diventare un individuo adatto a quel mondo. Deve imparare a essere autonomo ma non tutte le famiglie danno molta importanza all'autonomia. A volte vengono proposti messaggi ambigui e ambivalenti (doppi legami) che dicono di essere autonomo solo quando lo decidiamo noi. La cura dei legami E riguarda le relazioni e significa puntare lo sguardo su qualcosa che già c'è, ma è stata trascurata, significa ricreare le condizioni materiali, psicologiche, organizzative, economiche, strutturali per fare incontrare i pezzi della famiglia che sono stati separati e garantire che l'incontro sia reale, in modo da ricomporre il senso delle interconnessioni, riconoscendone la complessità e la difficoltà. Ricomporre i legami messi a rischio o interrotti diventa sempre più urgente. La discontinuità si traduce in frattura, in impossibilità di coltivare la relazione con l’altro. Per non far soffrire troppo spesso si preferisce rinunciare, lasciare assottigliare i rapporti fino a spezzarli o impedire il diritto alla relazione. Prendersi cura dei legami richiede un'attenzione per i fili sottilissimi che tengono insieme il tessuto delle relazioni familiari, che possono essere ritrovati, riannodati, rinforzati se serve. Cura dei legami significa recuperare la capacità simbolica: il simbolo crea una ricomposizione curativa. La cura del noi E trae vantaggio dalla composizione che tiene insieme il piano reale con il simbolico. Il senso del noi fa stare tutti un po’ meglio a patto che non si richieda una infedeltà a sé stessi. Coltivarli insieme significa trovare soluzioni creative a vecchi dualismi: indipendenza vs dipendenza, individualità vs appartenenza, differenziazione vs unità familiare. La rappresentazione estetica del noi come insieme di parti interconnesse è un modo concreto di dare visibilità e celebrare le parti e il tutto, nutrendo il senso della famiglia. C'è il singolo e c’è il noi, si tratta di punti di vista componibili, non opposti e non alternativi. Rapporto tra famiglia e il mondo più ampio E! spesso le famiglie sono isolate socialmente, e va affrontato come una condizione di vita da interrogare, spesso non scelta e frutto di altre condizioni e scelte. Cura è costruire proposte educative che creino occasioni naturali di partecipazione, perché il desiderio dell'altro, la voglia di esserci e di confrontarsi nascono quando c'è il giusto contesto. La disconnessione dal mondo naturale e dal territorio fisico in cui Scaricato da Oxana Airaghi (oxana0597@gmail.com) si vive è un altro problema. Le famiglie vivono gran parte del loro tempo in casa. Hanno poche occasioni per prendersi cura del mondo. È uno stile di vita avere relazioni virtuali. Ma la consapevolezza della nostra dipendenza dal clima, dalle risorse naturali, dal cibo, fa parte della saggezza sistemica, ed è un aspetto di cura anche quello. Chi si prenderà cura del pianeta in cui tutti viviamo se non lo facciamo all’interno delle famiglie. @ PREVEDERE L’IMPREVISTO NELLA TUTELA MINORI Con tutela dei minori si definiscono di solito quelle funzioni pubbliche e quei servizi che hanno il compito di affiancare i minori in favore dei quali è richiesto un controllo. Esso può divenire penalizzante dei diritti di qualcuno della famiglia, è richiesto che le decisioni siano assunte da un'autorità giudiziaria. È necessario conoscere, decidere e agire assicurandosi più di qualche garanzia di avere visto giusto e di avere previsto giusto. Intervenire in una famiglia in questo modo non può essere improvvisato e richiede anche oggettività. Anche quando si decide di non intervenire c'è il rischio che il bambino si possa fare male. Non bisogna dimenticare i propri riferimenti epistemologici, e This document is available free of charge on StuDocu.com Scaricato da Oxana Airaghi (oxana0597@gmail.com) RE-INVENTARE LA FAMIGLIA - Richiamare all'autorità giudiziaria come riferimento che fissa le premesse e le conseguenze di quella permanenza Sono elementi che richiedono un'attenzione e una cura costanti. Ci aiutano a comprendere quali significati assumono quegli elementi mentre prendono forma e sostanza sulla scena. Capitano che degli ospiti si arrabbino per gli obblighi della comunità, l'educatore può rispondere in modo istituzionalizzante (bisogna fare così) ma può essere un'occasione per conversare sull’autorità e sul potere, sul fatto che chi li esercita vi è sottoposto a sua volta, sulla possibilità di ottemperare agli obblighi e rispettare i divieti, pur criticandone il senso, con una certa serenità. La genitorialità se pur limitata può essere ancora esercitata dalla donna. Il limite non deve essere colto solo come negativo, ma anche come occasione di apprendimento. E ) Nell’intervento di tutela minori è sempre presente il rischio di proporsi con un'ottica istituzionalizzante. Occorre che i processo riflessivo e auto-osservativo nei servizi tenga conto di due domande: possiamo immaginare che la genitorialità venga esercitata in piena coazione o non dobbiamo perseguire la capacità di autonoma iniziativa? Come facciamo a esercitare i nostri doveri di controllo e le necessità dell’organizzazione promuovendo insieme la libertà nei controllati? Il termine tutela non aiuta, perché la sua origine può indurre a interventi limitanti e chiusi; invece gli interventi per ogni famiglia possono essere pensati non sulla riduzione del rischio, ma sul conoscere la fase che sta attraversando in quel momento, sapendo che sempre possono esserci evoluzioni. È utile promuovere contesti 2 disponibili a dare posto a spiegazioni innovative dell’ordinario che capita. Da un lato c'è la necessità di riconoscere e promuovere le capacità della mamma, dall'altro l'opportunità che l'ingresso in comunità marcasse una differenza con quanto avvenuto prima e fuori. Sono esigenze contrapposte, irrinunciabili per costruire un contesto di protezione dei piccoli e di evoluzione delle famiglie. Riflettere sul processo e non negare i paradossi e contraddizioni che questo genera è l’unica via per non deviare nell’istituzionalizzazione dei servizi de-istituzionalizzati; da qui nascono 3 domande Genitori liberi o coatti? I servizi di tutela sono di solito caratterizzati da un significato coattivo: | presenza del tribunale che obbliga non è secondaria. La forzatura sulla dimensione coattiva non aiuta la famiglia a fare un salto evolutivo; si rischia al contrario di contrapporre due fronti immutabili, ma sottovalutare che ci si trovi in contesti d'obbligo sarebbe una mistificazione. Nelle situazioni obbligate si possono individuare e promuovere comunque degli spazi di libertà. Di solito il giudice prescrive il collocamento in comunità del figlio insieme alla madre o senza di lei, quindi ogni donna in comunità ha scelto di starci, ne è la prova che molti genitori optano per la separazione dai figli. Quando riusciamo a individuare insieme a loro spazi leciti e condivisi di libertà, allora possono fare passi avanti del tutto inaspettati. Si tratta di autorizzarsi alla libertà pur nei contesti limitati, di pensare e organizzare le comunità mamma bambino già prevedendo spazi di partecipazione alle decisioni da parte delle mamme ospiti, e immaginare comunità dove le madri possano pensarsi e vivere la loro genitorialità anche all’esterno, in un quotidiano più livero. Anche la gestione delle regole all'interno della comunità acquisisce un senso molto diverso a seconda di come viene posta. Un regolamento è un insieme di regole fisse e scritte da altri, alle quali ci si deve sottoporre oppure è un patto sottoscritto da tutti con la libertà che a ciascuno è possibile e che può variare nel tempo. Intervenire subito o dare tempo? Nelle comunità mamma bambino arrivano situazioni sempre più deteriorate o cronicizzate. L’istituzionalizzazione e la cronicizzazione sono fenomeni da sempre correlati, scambiandosi il ruolo di causa ed effetto anche a seconda dell'osservatore. C'è spesso il dubbio se intervenire subito con scelte come la separazione o se dare tempo. Posizioni contrapposte sul fare presto e sul dare tempo. È utile porre in relazione la quantità del tempo con la qualità di ciò che avviene in quel tempo, soprattutto nelle relazioni. Di solito la cronicizzazione non è data solo dal tempo, ma anche dal fatto che in quel tempo non si è riusciti a trasformare le relazioni. In questi casi dimentichiamo che intervenire subito non significa per forza sottrarre tempo e porsi in attesa non significa sospendere l'intervento. Categorie di utenza o storie singole da ascoltare? La conoscenza umana non può fare a meno della categorizzazione eppure la consuetudine di predisporre modalità di comprensione o d'azione a partire da categorie di utenza non è stata una strada utile. bisogna liberarsi dell'idea di spiegare i problemi e pensare gli interventi sulla base di categorie di utenza, anche se questa strada sia spesso suggerita da esigenze economiche e/o di rigore. Utile confrontarsi e chiedere a chi sta riflettendo con noi di This document is available free of charge on StuDocu.com Scaricato da Oxana Airaghi (oxana0597@gmail.com) RE-INVENTARE LA FAMIGLIA comprendere come mai la storia che si sta vivendo venga letta proprio a partire da quelle e non da altre possibili categorie. L'esigenza istituzionalizzante di predeterminare le letture su fattori oggettivi difficilmente ha un significato liberatorio e trasformativo. Assume molto più spesso un valore costrittivo. Il cantastorie fuori campo Il vivere insieme felici e contenti per tutta la vita è indiscutibilmente una bella storia che spesso si contraddice con la nostra percezione. Non tutti i personaggi potrebbero raccontarla così, il cantastorie sceglie come raccontarla. Anche nelle situazioni estreme la comprensione e la scelta di intervento non possono che venire attraverso un racconto da fare insieme tra gli operatori e le famiglie. Purtroppo, ci sono situazioni estreme in cui il pericolo per i piccoli è tale che vanno subito messi al sicuro, ma nel tempo di questa storia bisogna pure iniziare a parlare. Dei possibili finali anche lieti occorrerà cominciare a costruire premesse e decostruire illusioni. E magari saranno anche quelli che nella storia hanno il ruolo dei cattivi ad essere di aiuto. Prevedere l’imprevisto negli instabili equilibri Essere in bilico è una condizione che può dirci molto sullo stato precario delle famiglie, ma anche su noi che lavoriamo con esse. Il bilico è la posizione provvisoria di un corpo che si trova in equilibrio instabile (si rischia di cadere). Se noi lavoriamo con l’obiettivo di non cadere mai, saremo incapaci di ogni successo. Sottovalutare gli effetti della caduta potrebbe diventare mortale, nella tutela minori e delle loro famiglie. È opportuno tenere presente che non sappiamo a priori quale sarà l'equilibrio migliore. La tentazione è quella di banalizzare e semplificare pensando 2 che la cosa complicata possa essere tenuta sotto controllo. Aprire spazi di cura di relazioni, capaci di sollecitare, promuovere, osservare l’imprevisto. Si attribuisce nuovo senso a quei legami e si riscopre l'esistenza, si riconosce che la relazione viene prima. Possiamo prevedere che l'imprevisto potrà far luce sui legami presenti e possibili, sarà probabilmente il vero spazio educativo di quella storia. @ TRACCIARE LE CONNESSIONI: L’ADM COME QUESTIONE DI FAMIGLIA Grazie a questa pratica educativa ci si interroga su questioni epistemologiche di senso e di azione che si rivelano sempre più importanti e decisive. La famiglia è il luogo privilegiato per il benessere dei bambini e rappresenta l'appartenenza e la storia di un essere umano in crescita, la sua identità. La possibilità per l'educatore di entrare in contatto con la famiglia nella sua casa è una risorsa speciale a livello educativo e pedagogico. Interagire con la famiglia nei propri ambienti permette di co-costruire nella quotidianità delle strategie e modalità interattive resistenti nel tempo, in grado di continuare anche dopo l'uscita dell'educatore. La curiosità permette ai percorsi educativi di prendere avvio dalle caratteristiche di quella famiglia, dalla conoscenza della sua storia, con i suoi vincoli e le sue possibilità. L'intervento quindi non può prescindere dal tenere in costante considerazione il sistema di relazioni complessive che dovrebbero offrire appartenenza e benessere a tutti i membri della famiglia. L’ADM è una questione di famiglia in cui tutti sono chiamati a mettersi in gioco (compreso l’educatore, in quanto il suo punto di partenza è la relazione e l’alleanza con la famiglia). CURIOSITA’ E IRRIVERENZA: manifestazione di un acuto desiderio di sapere qualcosa, non per la sua importanza, ma per capricci l desiderio di sapere e di imparare. In questa definizione ci sono due pregiudizi condi dalla cultura popolare ovvero l’idea di una curiosità buona che anima il desiderio di conoscenza e l’idea di una curiosità inopportuna che reca fastidio e manca di rispetto. In ambito sistemico Cecchin scavalca entrambi i pregiudizi e regala a chi accoglie il suo invito la possibilità di percepire l'armonia dei sistemi in modo nuovo. L'operatore curioso si prende cura di qualcosa o qualcuno. La cura degli altri parte da quella per sé: la felicità del terapeuta è quella che conta di più; egli deve sentirsi bene per essere curioso. È impraticabile restare neutrali durante la seduta per evitare di condizionare i comportamenti dei membri di una famiglia, e il terapeuta rischiava di apparire freddo e cinico. La famiglia è contenta di avere una persona qualificata difronte, che le fa vedere dove sbaglia e risponde al suo bisogno di capire che cosa sta succedendo. Ma l’esperto che pensa di sapere e classifica la patologia osservata smette di ascoltare e di essere curioso, perché non gli serve cercare altre spiegazioni. Quando stabiliamo di aver trovato una spiegazione, spesso interrompiamo la ricerca di altre descrizioni. È utile avere una curiosità buona che porta a sperimentare e inventare punti di vista e mosse alternativi e che generano curiosità. Di solito rivolgiamo la curiosità buona verso persone, idee o Scaricato da Oxana Airaghi (oxana0597@gmail.com) RE-INVENTARE LA FAMIGLIA comportamenti che rispettiamo e volgiamo il nostro interesse a tutte le cause che giustificano la nostra mancanza di rispetto. La curiosità fastidiosa agisce per cambiare qualcosa che non ci piace e insegnano alla famiglia un copione diverso. Finché esiste una molteplicità di alternative, siamo in grado di conservare uno stato di curiosità. La curiosità sistemica ci invita a fare un salto: anche nei casi più disperati riconosciamo sis SU n Si tratta di ' comporre due lai e MS locument is available free of charge. on Uuzione a svolgere la sua funizione* 5 a quella che accetta il sistema per quello che è. Invece di dare consigli Ah curioso cerca di capire il messaggio, seguendo l’idea basilare che tutti i comportamenti sono messaggi. Il pregiudizio sistemico afferma che se un sistema esiste vuol dire che qualcosa funziona. La curiosità ci fa cercare ciò che tiene insieme questo sistema. Il processo di ipotizzazione a favorisce la ricerca continua di descrizioni e spiegazioni diverse, anche quando sembra impossibile immaginarne altre. Se ci \/ sentiamo incapaci di sviluppare ipotesi, abbiamo accettato il copione della famiglia e quindi perso il nostro senso di curiosità. L'entusiasmo nei confronti di un modello o di un'ipotesi aiuta il terapeuta a entrare in contatto con una famiglia senza perdere quella posizione di relativo distacco che rende possibile il rispetto e alimenta la curiosità. ma solo quando comincia ADM: una riflessione pedagogica tra premesse e definizioni. Per capire il significato educativo e pedagogico attribuito all’ADM (Assistenza Domiciliare Minori) è utile chiedere a chi ci ha lavorato. Quasi sicuramente si avranno definizioni e risposte molto differenti ed eterogenei. Questo perché i pregiudizi sull’ADM non riguardano solo quello che viene richiesto all’educatore, il suo mandato, ma anche il modo di considerare il bambino e la famiglia nell'intervento educativo, il modo di dare senso alle relazioni tra i diversi attori sociali coinvolti nell'intervento e con la rete più allargata. Ogni definizione data contiene un'interpretazione del contesto in cui la famiglia è inserita e del ruolo delle agenzie educative. Contiene un’epistemologia dell'intervento. Il termine ADM viene usato per indicare in modo approssimativo e generico interventi molto diversi, che hanno come 2 oggetto il minore, ma assumo sfaccettature e connotazioni differenti: assistenza, animazione, sociale, educativo, ludico, ricreativo, in base al tipo di progetto, agli obiettivi fissati e alle pratiche introdotte. La famiglia può apparire come figura principale, come sfondo o contesto, come risorsa, vincolo o motivo di sofferenza, difficoltà e disagio. L'Assistere viene interpretato come dare il proprio contributo con la presenza, è un'attività di sostegno e aiuto offerto o ricevuto da privati o enti. In base all’etimologia i significati sono molto più ampi e interessanti: sostenere, aiutare ma anche testimoniare, accompagnare e sviluppare. La specificità di questa assistenza è legata al luogo (domicilio) e al destinatario principale (minore). Questa definizione presenta due ordini di problemi: 1) non riesce a includere tutte le descrizioni che gli educatori fanno del proprio lavoro, rispetto ai luoghi e ai destinatari, 2) ci interroga sul senso che porta con sé, sull’epistemologia che sembra essere implicata in un intervento di questo tipo. È attraverso il fare che ognuno sviluppa la propria epistemologia sull’ADM. La casa: punto di partenza, di transito, di arrivo? Il nome indica che il servizio si dovrebbe svolgere al domicilio del minore, ed è questo che contraddistingue l’ADM da altri interventi educativi che si svolgono in setting predisposti ad hoc, strutturati secondo finalità istituzionali. L'entrare nella casa di una famiglia è un'azione delicata e importante con la quale ogni educatore è chiamato a fare i conti e nei confronti della quale non è possibile non posizionarsi. L'’educativa domiciliare è un intervento coatto, cioè decretato dal giudice e non scelto dalla famiglia. Per questo l'operatore non viene sempre subito percepito come una potenziale risorsa per i membri, ma come nemico che entra in casa. La diffidenza, la chiusura e l'aggressività sono inizialmente interpretabili come un modo legittimo, per quanto spiacevole, di prendersi cura della propria famiglia rispetto a quelli che appaiono come attacchi e tentativi di invasione. Il compito dell'educatore è quello di guadagnarsi quella fiducia che permetta alla famiglia di aprire non solo la porta della casa, ma anche la propria storia, per iniziare un percorso di co-costruzione di possibilità nuove, di strategie relazionali volte a raggiungere obiettivi funzionali al benessere di quelle persone. Quando si apre la porta di casa e si entra, si apre il contatto con un mondo, con delle storie che traspaiono da ogni angolo della casa. Entrare con delicatezza e in punta di piedi significa anche accostarsi in maniera accogliente all'ascolto di racconti e all'osservazione di dinamiche e interazioni delicate e complesse, che necessitano di cura. La casa è un luogo sensibile per valutare se un alloggio è idoneo e se gli individui che vi abitano sono in grado di prendersi cura di sé e degli altri. La casa parla di abitudini, vissuti e relazioni. Parla di com'è la vita delle persone che ci abitano, osservare gli spazi senza giudicarli e categorizzarli significa imparare tanto sugli e dagli individui che li abitano. La casa diventa il setting Scaricato da Oxana Airaghi (oxana0597@gmail.com) RE-INVENTARE LA FAMIGLIA Verso la trasformazione Tendiamo a definire educativi tutti i contesti in cui la famiglia entra in contatto con servizi e operatori le cui professionalità hanno come obiettivo il cambiamento. Tuttavia, il contatto tra le famiglie e i servizi non si dimostra educativo, ma anti-ecologico e diseducativo, quando la famiglia viene svalutata, non ascoltata ed etichettata. È più funzionale allenarsi a diventare un buon osservatore e un facilitatore nel processo di scoperta e riconoscimento delle risorse. Il compito è sostenere l'autonomia nel trovare le strategie più adatte al superamento dei momenti di crisi e alla ricerca di un nuovo equilibrio che permetta a tutti di stare bene. È possibile solo con la partecipazione attiva della famiglia; conoscersi, osservarsi e interrogarsi a vicenda sulla in modo da esplorare sia le premesse di partenza sia nuove possibili strategie. La pedagogia della famiglia è capace di temere sempre presenti e valorizzare le risorse dei membri di quella famiglia, la loro storia e le loro evoluzioni. La base da cui partire per co-costruire nuove storie e narrazioni è la storia della famiglia e le modalità con cui si racconta. Interagire con una famiglia partendo dalle sue risorse e capacità può apparire a un educatore più faticoso perché implica che siano in relazione e cerchino di generare un'alleanza, non facile da sostenere e portare avanti. Anche l'educatore è chiamato a interrogare sé stesso, 2 a mettersi in discussione, a modificarsi e questo genera sofferenza e fatica. L'operatore sistemico sa che c'è un'interdipendenza tra tutte le parti, ogni componente del sistema dà senso all'intervento educativo a partire dalle proprie premesse. Le possibilità di un percorso dipendono dal processo co-evolutivo che si genera nel tempo, tra tutti gli attori coinvolti. Una famiglia che si sente conosciuta diventa un insieme di persone che si sentono legittimate a chiedere aiuto quando hanno bisogno, senza sentirsi giudicate. Tutti gli attori devono stare bene e concorrere a costruire nuove storie agendo. @ COMPORRE I LEGAMI MESSI ALLA PROVA DAL CARCERE Quando un genitore viene arrestato passano, ci vorrà del tempo prima che riprendano i contatti e che si abbiano notizie dell'altra persona. L'arresto del genitore è un momento che spezza i rapporti e mette in pericolo i legami, e le vittime principali sono i figli e il nucleo familiare, violato nella sua interezza e organizzazione. Il carcere sembrerebbe non consentire alcuna ricomposizione dei legami che si interrompono, eppure questo intervento è necessario e vitale, soprattutto per i figli che devono poter mantenere i contatti con il genitore, capire cosa è accaduto, ritrovare i punti cardinali per orientarsi e fare le proprie scelte quando sarà il momento; ma anche per il genitore che resta a occuparsi della famiglia rimasta orfana e senza sostegno economico. Il progetto di cura possibile e necessario è il ricongiungimento: immediato (colloquio in carcere) o lontano (ritorno a casa). La carcerazione determina una catena di eventi che la famiglia subisce e vive spesso in solitudine. La pratica compositiva lo è per diversi piani psico-socioeducativi che integra, lo è nell’obiettivo concreto di riconnettere i legami interrotti. Lavorare nel carcere è un buon esercizio per l'ascolto e la cura dell'altro e di sé. La composizione assume il valore di prevenzione sociale e protezione dei diritti dell'infanzia; tra cui il mantenimento dei legami con i genitori, diritto non sempre rispettato dal carcere in quanto luogo di contrasti e conflitti. Il carcere radicalizza tutti i temi della famiglia che incontriamo anche fuori, estremizzandoli. Il contesto istituzionale: il carcere e le sue leggi Sono migliaia i bambini che entrano in carcere ogni anno per incontrare un genitore detenuto. Di solito il colloquio dura un'ora e può ripetersi 6/8 volte al mese. Il colloquio è un momento prezioso e cruciale per la cura del legame, per questo le istituzioni devono fare in modo che avvenga nelle condizioni migliori. La detenzione ha una ricaduta sociale estesa, coinvolgendo anche una parte della società civile e le istituzioni locali. La famiglia è un sostegno affettivo importante durante la detenzione, e l'ambito in cui la persona detenuta può trascorrere parte della pena quando vengono adottate misure alternative al carcere, quindi la conoscenza, la tutela e la valorizzazione della rete primaria di relazioni del detenuto sono importanti. Negli istituti di pena uno degli obiettivi è la promozione della responsabilità genitoriale, se pure con motivazioni che non riguardano subito le conseguenze per i figli, ma soprattutto il buon esito del cosiddetto patto trattamentale mirato al miglioramento del clima e la sicurezza dentro il carcere. Il recupero della relazione con i figli aiuta i detenuti a ritrovare la motivazione al cambiamento attraverso l'assunzione di responsabilità. Scaricato da Oxana Airaghi (oxana0597@gmail.com) RE-INVENTARE LA FAMIGLIA La legge 354 marca il passaggio da un sistema repressivo al riconoscimento della finalità rieducativa e risocializzante della pena. Le tappe di riforma successive segnano un'attenzione per le misure alternative alla detenzione. La legge Finocchiaro ha introdotto la detenzione domiciliare speciale per le madri con figli al di sotto dei 10 anni, anche per pene superiori a 4 anni purché non ci sia la possibilità di commettere altri reati e sia stato scontato 1/3 della pena. Inoltre, questa legge ha permesso anche l'uscita diurna dal carcere con rientro la sera, per recarsi a lavoro, aggiungendo del tempo di permanenza esterna per accudire i figli minori anche in assenza di un lavoro. C'è stata più attenzione al mantenere il rapporto genitori-figli, ed è stata fatta una legge di modifica nata dall'esigenza di far uscire i bambini dal carcere senza separarli dalle madri; questa modifica consente alle madri di bambini fino a 6 anni di scontare la pena in un luogo diverso dal carcere. In mancanza di alternative i bambini possono vivere con la mamma fino ai 3 anni, poi viene imposta la separazione forzata che assume tutte le caratteristiche di un evento traumatico. Un intervento a più livelli L'intervento di Bambinisenzasbarre combina due dimensio 1 la responsabilità contenuta nel mandato istituzionale e il rispetto dei suoi vincoli, la flessibilità e creatività dell'appartenenza al privato sociale, con la possibilità di fare ricerca, innovazione e sperimentazione nel lavoro di cura. Appare senza mediazioni possibili, invece essa è lo strumento da usare nello scambio relazionale con i genitori detenuti e i loro cari, con il personale penitenziario e con gli altri operatori. Una mediazione che consente di affrontare la specificità della comunicazione che si attiva in questo contesto. L'esperienza del carcere è l'esperienza della separazione che tocca corpo e mente. I figli diventano l'anello 2 debole di una catena di eventi che li priva della risorsa affettiva più importante. È molto influente e cruciale la relazione con i genitori in tutti i passaggi di sviluppo, sul piano affettivo, cognitivo e morale. Il mantenimento della relazione durante il periodo di carcerazione è riconosciuto come diritto del bambino al legame fondamentale per crescere come diritto-dovere del genitore ad assumersi la responsabilità e continuità del suo ruolo. La tutela della relazione consente alla persona detenuta di recuperare un'identità genitoriale persa o a rischio. Si riconosce il bisogno di continuità del legame affettivo per tutte le persone coinvolte. Vengono fatti degli interventi di prevenzione sociale in quanto il figlio di un detenuto ha maggiori probabilità di trovarsi in conflitto con la legge e di ripetere l'esperienza del genitore. Si individua un percorso di accompagnamento e di sostegno psicopedagogico alla coppia genitore-figlio nel suo sistema di relazioni; si privilegia il diritto del figlio al mantenere la relazione e a favorire l'inserimento nel tessuto sociale. Prendersi cura della rete di relazioni significa costruire una rete nelle reti, dedicata al mantenimento del legame tra genitore e figlio. La cura dei legami in carcere: temi emergenti L'arresto della madre determina la rottura della relazione primaria e il collocamento in comunità del bambino, poiché si tratta spesso di donne sole, senza compagni o rete familiare a cui appoggiarsi. Dentro il carcere la relazione madrefiglio è molto intensa, quasi esclusiva. La questione femminile è uno dei primi temi a emergere: a San Vittore le detenute politiche insieme a un gruppo di detenute comuni furono impegnate in un lavoro di sensibilizzazione istituzionale; e anche per merito di queste lotte sono state approvate leggi penitenziarie in tema di figli che sono considerate molto avanzate in Europa, pur non risolvendo il problema della separazione forzata e traumatica nella prima fase (più delicata). L'intervento tempestivo di ricomposizione della comunicazione può essere determinante. Colpevoli e innocenti: la persona non è il reato; il carcere è un'istituzione totale connotata da regole e vincoli molto forti, che vanno superati per poter intraprendere un processo di consapevolezza che richiede sempre un certo grado di libertà o un uso creativo dei vincoli. Si crea l’automatismo che chi è dentro è colpevole e chi è fuori è innocente. La verità raccontabile: la persona che incontriamo in carcere ha un figlio assente, che si cerca di rendere presente. È un bambino che spesso non conosce la verità sulla condizione del genitore, ma questa può essere appresa solo all’interno dei canali familiari. Il nostro compito è sostenere il processo di consapevolezza sulla verità raccontabile, da parte del genitore in carcere e della famiglia fuori da esso. È un compito difficile perché ogni famiglia ha le sue strategie, il suo percorso possibile per far fronte all'esperienza della detenzione di un congiunto. Marie France Blanco sostiene che il primo passo sia quello di dire ai bambini la verità sui propri genitori con parole per loro accessibili, perché sono perfettamente in grado di capire cosa sia la legge in quanto anche loro sono sempre This document is available free of charge on StuDocu.com Scaricato da Oxana Airaghi (oxana0597@gmail.com) RE-INVENTARE LA FAMIGLIA sottoposti a regole da rispettare, così come i genitori devono rispettare la legge e che sono non lo fanno vengono puniti come i bambini. Bisogna dire loro che la prigione pone dei limiti alla libertà di una persona ma non all’affetto e all'amore. Per loro è importante essere consapevoli che i loro genitori li continuano ad amare. Il silenzio e le bugie rendono impossibile crescere liberi. Quando si cancella un genitore, i legami diventano catene. Gli effetti della separazione: il genitore smette all'improvviso di essere un riferimento nella vita del figlio, e così lo incatena in un legame di lealtà che può far diventare tradimenti le sue libere scelte. L'interruzione del legame crea un disorientamento angoscioso, sentimenti di abbandono o rifiuto, fantasie nelle quali i genitori sono idealizzati o demonizzati. Ogni caso va valutato singolarmente perché ci sono molte variabili che intervengono (età de figlio, lunghezza della pena, dinamiche familiari, stabilità di coppia...). Se il bambino lo percepisce come un abbandono può essere sopraffatto dalla paura, dal risentimento e dalla rabbia, emozioni che esprime in modo esagerato fino a veri e propri sintomi. Quando i bisogni fondamentali del bambino sono frustrati e viene impedito di esprimere ciò che Scaricato da Oxana Airaghi (oxana0597@gmail.com) RE-INVENTARE LA FAMIGLIA L'attività di documentazione e ricerca svolge una funzione importantissima: l'associazione alimenta una banca dati con osservazioni sul campo e riflessioni teoriche, che costituiscono un laboratorio di ricerca. Lo spazio giallo ha permesso uno sbocco sul territorio, rivelando nuove potenzialità nel lavoro di connessione tra dentro e fuori. È fuori dal carcere che il genitore deve affrontare la prova di realtà, ritrovare il proprio posto in famiglia, con i figli, nel lavoro e in una rinnovata responsabilità sociale. Richiede che il sostegno ricevuto non si interrompa alla fine della detenzione. @ POSIZIONARSI NEL CONFLITTO: L’EDUCATORE A SPAZIO NEUTRO a La parola conflitto richiama l’idea di opposizione tra diversi punti di vista che non riescono a trovare una forma di” convivenza, di complementarietà e si scontrano in modo simmetrico. Questa parola significa urtare contro qualcosa, 2 e gli effetti dell'urto possono variare. Possono nascere conseguenze positive: il processo di differenziazione dell'altro e di emancipazione prevede sempre momenti conflittuali; ma possono anche esserci effetti negativi, sofferenze, violenze, e può essere visto come un nemico da combattere, da eliminare per portare pace e serenità. In alcune famiglie il conflitto assume termini di sofferenze in uno o più membri, in altre è visto come un tabù da evitare creando comunque problemi... nella maggior parte dei casi il conflitto è affrontato normalmente come un fatto della vita, anche con humor e creatività, e usato per fare passi in avanti nelle relazioni e nello sviluppo individuale. Spazio Neutro Spazio Neutro è nato per sostenere e favorire il mantenimento della relazione tra bambino e adulto di riferimento per lui, in quelle vicende familiari in cui questo bisogno non è rispettato, a causa di conflitti intra-familiari o situazioni di malattia e disagio. | servizi per il diritto di visita e di relazione devono la loro diffusione a un mutamento di sensibilità che riguarda le relazioni tra genitori e figli e l'idea d'infanzia. Questo mutamento ha permesso l'avvio di un processo che pone al centro dell'intervento il minore e il mantenimento delle relazioni con i propri genitori o adulti significativi. Gli Stati devono rispettare il diritto del fanciullo separato da entrambi i genitori o da uno di essi di mantenere relazioni personali e contatti diretti in modo regolare con entrambi i genitori, salvo quando ciò sia contrario all'interesse superiore del fanciullo. Le famiglie sono invitate dal Tribunale dei Minori in modo coattivo attraverso decreti nei quali l'autorità giudiziaria intende sostenere e/o controllare la relazione tra adulto e bambino in un luogo protetto. Qualcuno valuta che l'equilibrio della famiglia sia disfunzionale a uno sviluppo sano e sereno dei figli. Il conflitto famigliare arriva a spazio neutro perché valutato potenzialmente dannoso per una buona evoluzione del bambino coinvolto. Il bambino è il punto di partenza per gli operatori, il fulcro da cui iniziare. I principi teorici su cui si fonda Spazio Neutro si riferiscono al valore del legame parentale, al significato delle origini personali, al diritto dell'individuo a tenere vive le proprie radici, alla centralità del bambino inteso come essere più fragile nelle relazioni familiari. Molte famiglie sono invitate perché stanno vivendo una separazione altamente conflittuale e i figli vengono affidati al padre o alla madre e si trovano coinvolti nelle dinamiche tra i genitori che chiedono loro di schierarsi. È faticoso per loro trovare uno spazio proprio per mantenere un legame e un contatto sereno con entrambe le figure di riferimento, quindi si pensa che un luogo neutro che non appartiene a nessuno dei contendenti possa facilitare i genitori a riconoscere il bisogno e diritto del figlio a vedere rispettati i suoi affetti. Ci sono bambini inseriti in un copione familiare faticoso e improprio, sovrappongono la propria storia personale a quella del conflitto familiare e sembrano aver perso ogni visione positiva di una delle figure genitoriali e di ogni evento di vita legato ad essa. AI servizio Spazio Neutro è richiesto di costruire con la famiglia un progetto che renda possibile il mantenimento del diritto di visita e di relazione del bambino; l’obiettivo di lungo termine è far mantenere i contatti con entrambi i genitori in un clima che non sia pregiudizievole per la sua crescita. Il lavoro è svolto dalla tutela Minori che riceve dal tribunale la titolarità della presa in carico della famiglia segnalata con altri professionisti coinvolti dal decreto. Alla famiglia viene prescritto di collaborare con Spazio Neutro e con i vari professionisti della rete che si viene a costruire. Questo rappresenta una possibile difficoltà, in quanto i fruitori Scaricato da Oxana Airaghi Stuboa com) This document is available free of charge on TU DOCU. com essendo coattivamente inviati, possono essere in difficoltà nell'accettare l'imposizione e possono rifiutarsi di vivere la relazione in uno spazio semipubblico, sottoposto a osservazione e valutazione. In base alla sistemica è più probabile che il cambiamento avvenga non quando ci si relazione al sistema con istruzioni, piuttosto quando si contribuisce ad aumentare il numero delle possibilità tra le quali può scegliere. La sfida è passare Scaricato da Oxana Airaghi (oxana0597@gmail.com) RE-INVENTARE LA FAMIGLIA da un intervento di garanzia della relazione in cui il controllo è in primo piano, alla possibilità di innescare processi di apprendimento a partire dalla crisi che ha portato all'ingresso nel servizio. Questo passaggio richiede un lavoro impegnativo di relazione implica la collaborazione attiva di tutti i protagonisti. Il percorso a Spazio Neutro prevede diversi tipi di interventi: colloqui individuali con i genitori, colloqui con i minori, incontri protetti tra il bambino e il genitore escluso per effetto del conflitto o ritenuto potenzialmente dannoso. a L'esperienza del conflitto: eventi ed emozioni Nella storia di Massimo interviene il tribunale ordinario dove i genitori portano la causa di separazione, e arrivano le prime informazioni sulla situazione familiare del bambino. Gli adulti hanno difficoltà nella gestione dei rapporti, si susseguono accuse di incompetenza reciproche nel prendersi cura del figlio. L'ultimo litigio con la madre è visto come 2 un punto di non ritorno per il figlio nei confronti del padre. Tutto viene riletto in termini di “ho ragione io e le cose sono accadute per colpa dell'altro”. Il rifiuto è un effetto del conflitto tra i genitori. Leggi l’esperienza dell’educatore. La rappresentazione estetica: dare forma al conflitto Ricercare una rappresentazione estetica, sensibile e immaginativa del conflitto significa sia proporre alle persone con cui lavoro la ricerca di una rappresentazione alternativa del problema, sia ascoltare metafore, immagini che emergono spontaneamente nei loro racconti. Cambiare linguaggio è un'operazione che mira a cambiare la rappresentazione dei fatti. La situazione conflittuale spesso ha come sintomo le storie che vengono raccontate dai protagonisti. Si assiste a racconti saturati di attribuzioni di colpe, riletti solo attraverso la lente dell’ostilità e irrigiditi da essa e polarizzati. Se il racconto saturato dal problema non permette di ricontestualizzare l'esperienza, di costruire versioni diverse e rinnovate della storia, adattandole ai cambiamenti della vita, è improbabile che queste trame narrative permettano agli adulti coinvolti, ma soprattutto ai figli, di sviluppare salutari rappresentazioni di sé e della propria famiglia. Spiazzare la conversazione con l'utilizzo di linguaggi estetici e richieste a tema può mettere l’altro nella condizione di diventare osservatore della propria storia assumendo una posizione differente rispetto a quella ripetuta. Chiedere di disegnare il problema e la sua soluzione può portare differenze nella storia preconfezionata. Ogni volta che l'informazione relativa alle due descrizioni viene raccolta o codificata in modo diverso, ci si deve aspettare quella che metaforicamente potremmo definire una maggiore profondità. La proposta serve a farli entrare nel metodo di lavoro che si usa con i bambini. Vedi risposte dei genitori. La comprensione intelligente: verso una teoria del conflitto Le punteggiature delle narrazioni, i modi in cui i racconti sono riportati, le rappresentazioni estetiche sono elementi diversi ed eterogenei che si aprono nel corso delle conversazioni. Il sapere che viene dall'esperienza richiede che si assuma il presente vissuto come oggetto di riflessione, così che il suo tratto costitutivo diviene l'essere pensosamente presenti rispetto al divenire dell'esperienza. Il conflitto è uno di quei concetti astratti che si vivono e si strutturano attraverso metafore. La mappa del conflitto offerta dalla Tutela Minori è una diagnosi di sindrome da alienazione genitoriale (PAS pag. 318), un modo di leggere le situazioni conflittuali tra ex coniugi che sembra accreditarsi sempre più negli ultimi tempi. Ogni mappa di per sé è legittima e apre possibilità di azione: fino a ipotizzare un allontanamento del bambino dal genitore alienante e un collocamento forzato presso il genitore alienato. Questa mappa presenta dei limiti in quanto categorizza la situazione familiare offrendo una codifica che per gli operatori appare chiara, ma fa perdere di vista l'originalità e la peculiarità della situazione che sta vivendo questa famiglia. Porta a chiudere la curiosità, l'immaginazione, la fantasia dell'operatore, ed è il problema di ogni diagnosi. La; Per favorire il cambiamento dobbiamo creare un contesto e introdurre azioni che producono nuove possibilità di vedere. Caruso propone la pratica dell’altravisione per mettere le persone in nuove posizioni rispetto a sé, alla propria storia ed emozioni, alle proprie relazioni. Lo scopo non è cambiare la persona o il comportamento, ma costruire insieme possibilità di assumere novità che si affianchino al noto assumere una nuova prospettiva. ne deliberata Scaricato da Oxana Airaghi (oxana0597@gmail.com) “il filo conduttore che anima il percorso della vita è la certezza che in ogni uomo vi sia un potenziale inespresso che aspetta solo di essere risvegliato” (P. Paoletti). Il centro in questione accoglie utenti solo dietro invio dei servizi sociali, quindi la gravità delle situazioni familiari è tale da prevedere un intervento dei servizi, ma non così grave da richiedere l'allontanamento del minore dalla famiglia. Scaricato da Oxana Airaghi (oxana0597@gmail.com) RE-INVENTARE LA FAMIGLIA Il servizio prevede interventi di medio o lungo periodo caratterizzati da una metodologia educativa basata sul gruppo, mantenendo una presa in carico individuale, attenta ai bisogni specifici dei singoli nuclei familiari. Non è possibile superare una situazione di disagio senza lavorare a livello sistemico. L'azione educativa con le famiglie si configura sia come educazione al ruolo genitoriale, sia come orientamento alle risorse del territorio e si esplicita attraverso contatti telefonici e incontri di verifica. Si ispira ai principi della Pedagogia per il Terzo Millennio (PTM) e alla base di tale approccio c'è l'idea che è necessario educarsi per educare; si configura come un terreno di ricerca che le equipe educative svolgono, grazie anche alla partecipazione a un intenso programma di formazione continua. Crescere con le famiglie 2 Sono stati intervistati 6 educatori che hanno fatto parte di questo centro per 6 anni. Lo scopo è dare voce all'esperienza degli operatori con un invito alla riflessività. Questo permette di evidenziare alcuni aspetti del lavoro con le famiglie: 1. Interagiamo con sistemi B Sergio racconta di Sandro, un ragazzo corazzato che amava bullizzare i suoi compagni. Per la prima volta sente la presenza della sua famiglia. L'educatore è parte di un ampio sistema di relazioni entro il quale interviene, e l'intervento da lui condotto può avere effetti che vanno oltre il bambino. Questo episodio è un esempio di retroazione omeostatica del sistema famiglia rispetto alle azioni condotte dagli educatori. Il primo approccio è quello di una famiglia assente: in cui non è in alcun modo considerata nella cornice di riferimento con cui si guarda al minore. È un nodo cruciale per i servizi ai minori la capacità di includere la famiglia originaria nel percorso educativo. Si cerca il contatto con tutto il nucleo per non escludere mai, ma per avvicinare e tenare di dare una nuova immagine alle persone spesso stigmatizzate. Emerge una difficoltà di comunicazione, una trama di diffidenze reciproche che finisce per vedere contrapposte figure educative quotidianamente e faticosamente impegnate a realizzare la cura educativa. Quando nelle comunità i genitori sono gli abusanti e i trascuranti, è difficile trovare un pensiero che vada al di là della stigmatizzazione. 2. Fare silenzio B quando ci sono scontri tra opposte visioni: la mamma vede la situazione come una minaccia per il figlio, e l'educatore vede i progressi che lui sta facendo, spesso le cornici di senso di educatori e genitori non coincidono, e due interpretazioni diverse conducono a un conflitto. Spesso l'operatore ha sensazione che la famiglia ostacoli il loro lavoro, e questo è un atteggiamento non produttivo. A volte l'educatore è deluso perché scorge nella domanda della famiglia un mancato apprezzamento per il lavoro svolto. Il genitore contiene il passato del ragazzo, mentre l’educatore punta al futuro; queste due dimensioni devono integrarsi in uno sguardo comune, condiviso, che considera le radici del mino e la bellezza dell'albero che può diventare. | conflitti sembrano inevitabili, ma sono tappe di un percorso compiuto assieme alla famiglia, durante il quale avviene la scoperta dell'altro e dei propri limiti. La svolta avviene con la consapevolezza dei propri meccanismi reattivi, a cui segue la ricerca di un ascolto più profondo. Arriva il momento in cui dobbiamo fare silenzio e ascolta il genitore, fino a quando la loro rabbia e rancore si consuma abbassando i toni, dato che non reagiamo, a quel punto possiamo inserirci in una direzione diversa. Il genitore inizierà ad ascoltare, senza giudizio, accusa o rabbia. E insieme si può costruire un nuovo percorso. 3. Trovare la posizione, né troppo né troppo poco E nell'interazione educativa accade di fare troppo o troppo poco. L'atto educativo è frutto di un posizionamento fisico e mentale, fatto di emozioni e pensieri. Gli educatori in diverse occasioni si sono accorti di fare troppo con le famiglie e di non aver avuto una corretta posizione. Consiste in una serie di azioni che sono risposte automatiche al senso di bisogno e necessità che una famiglia evoca. È solo con la riflessione in equipe che si prende consapevolezza dell’automatismo e riesce a introdurre tra lo stimolo famiglia e la risposta automatica di comprensione che permette un'azione intenzionale. Trovare la giusta posizione permette di orientare la naturale propensione all'altro entro un percorso studiato e condiviso, in cui è possibile ristabilire i giusti confini rispetto alle richieste della famiglia. Questo non posso farlo, ma posso fare quest'altro. 4. Famiglie disfunzionali Pl quasi tutti gli educatori riconoscono di avere avuto un pregiudizio molto forte nel primo approccio con le famiglie, in quanto già dai servizi sociali, la famiglia può essere dipinta come un nucleo negativo da cui è necessario allontanare il minore. Agli occhi degli educatori la famiglia diventa il luogo dove si rovina il lavoro fatto al centro. Gli educatori si sono accorti che questa rappresentazione poneva grandi limiti alla loro This document is available free of charge on StuDocu.com Scaricato da Oxana Airaghi (oxana0597@gmail.com) RE-INVENTARE LA FAMIGLIA capacità di azione. È cruciale lavorare in gruppo con l'equipe e la supervisione. Senza lo sguardo dell’altro e senza il confronto di idee è molto difficile riconoscere i propri pregiudizi e schematismi mentali. Spesso il pregiudizio si scioglie dopo un rapporto approfondito con la famiglia. Juul afferma di non aver mai incontrato dei genitori e dei figli che non si amassero, ma di aver incontrato molti genitori e figli incapaci di trasformare i loro sentimenti di amore in un comportamento che lo esprima. La risposta alle delusioni è la speranza, la capacità di rinnovare la propria fiducia nelle possibilità di miglioramento delle persone. Un pregiudizio complementare è quello di avere uno sguardo troppo ingenuo sulle dinamiche familiari, soprattutto in situazioni di violenza che avvengono in casa, quindi l’idealizzare a priori la famiglia come porto sicuro. 5. |confini della famiglia El i racconti degli educatori sono pieni di confini: spazio-temporali del servizio, del proprio coinvolgimento personale, delle persone che si incontrano... la famiglia è uno spazio privato, chiuso da mura dove avvengono rapporti intimi, personali, connotati dalla dimensione affettiva e meno manifestabile. Le mura di casa 2 sono quelle entro le quali gestire i problemi (i panni sporchi si lavano in famiglia). Storia di un padre e una figlia che non si parlano e il servizio si prende la responsabilità di contattare il padre per chiarirsi. Entrare nelle case, nei rapporti familiari per svolgere interventi di mediazione è vissuto spesso con timore, si ha l’idea di varcare uno spazio privato; è come se questo tipo di interventi esuli dal mandato degli educatori, sia quello istituzionale sia quello che si sono dati da soli. La complessità della situazione richiama a definire la propria posizione. La responsabilità è la capacità di dare risposta: gli educatori riconoscono di essere parte di un sistema complesso di relazioni, che inevitabilmente influenzeranno. All’inizio l'emozione è il timore e viene riconosciuto e orientato, non è più qualcosa che blocca o fa scappare ma qualcosa che rende prudenti e delicati. L'emozione viene prima riconosciuta (consapevolezza di sé) poi utilizzata, quindi messa a disposizione della propria intenzionalità educativa che fornisce la direzione dell'intervento. 6. Le proprie relazioni familiari @l il contatto con le famiglie sollecita il ricordo o la riflessione sulle proprie esperienze familiari. Questo contatto immaginario tra mondi familiari può dare origine a percorsi auto educativi in due direzioni: 1) l'esperienza positiva di comunicazione porta nuovo valore e spessore alle proprie relazioni familiari; 2) il contatto con situazioni di conflitto riporta alla memoria i conflitti della propria storia familiare. L'esperienza personale permette di connettersi con empatia con le dinamiche che osserva nelle famiglie del Centro. L'atto educativo consiste nell'offrire alle famiglie un punto di vista diverso, che colloca i confini in un orizzonte di senso più ampio, in una vicenda personale e relazionale di crescita. L'idea è educarsi per educare o viceversa educare per educarsi. Differenze di età Di solito si rinforza l’idea che l'educatore sia più grande dell’educando, in cui l'asimmetria educativa è rafforzata da un'esplicita differenza di età e di esperienza. Ma non sempre si è più grandi. Il controllo del denaro è una forma di potere alla quale ruotano relazioni educative e non. L'imbarazzo è superato pensando l'intervento in una prospettiva più ampia. Bisogna definire l'asimmetria nella relazione con i genitori, fondata su una visione più ampia: l'educatore vede il punto di partenza e un possibile punto di arrivo. È solo con la completezza di questa visione che definisce educativo l'intervento. Una visione che determina un passaggio mentale nell'educatore, costretto a spostarsi dall’imbarazzo iniziale a una nuova posizione. L'altro aspetto di asimmetria è dato dalla capacità dell'educatore che la famiglia non ha e che viene condivida nel processo di mediazione. Ma questo deve essere accompagnato dal primo ovvero la visione più ampia. Nella mente dell’educatore Il percorso di consapevolezza si avvale degli strumenti della PTM. Definiamo alcune pratiche di cura della relazione che possono essere riassunte in educarsi per educare. Le risposte automatiche E l'uomo è un essere abitudinario, e spesso questo sfugge alla sua consapevolezza. | riflessi condizionati sono risposte automatiche agli stimoli esterni. Il comportamento umano si basa su questi riflessi. | circuiti reattivi automatici: quando pensiamo di sapere qualcosa il cervello ha già portato a termine il proprio compito. Una notizia che per noi è nuova non lo è per il cervello. | sistemi cerebrali operano in modo autonomo e fuori dalla nostra consapevolezza. Il cervello termina il suo lavoro mezzo secondo prima che le informazioni elaborate raggiungano la nostra coscienza. Siamo portati a credere in modo istintivo di avere il controllo su di essi e Scaricato da Oxana Airaghi (oxana0597@gmail.com) RE-INVENTARE LA FAMIGLIA sicuri. La diagnosi diventa una descrizione a cui l'osservatore attribuisce valore di verità. Boscolo e Cecchin considerano la diagnosi come il modello di ogni spiegazione lineare-causale: “l’uomo in quanto animale semantico ha bisogno di costruire definizioni di cos'è e cosa non è” (Boscolo e Cecchin, 1988, p.20). Le persone si definiscono reciprocamente attraverso un pi di rt logo;-defini: 'heA ità è ità-di-sopravvivenza-it-coni r redere-di conoscere l'ambiente. L'uso del verbo essere attribuisce valore di essenza e di stabilità a quello che invece è un giudizio parziale relativo a una posizione dell'individuo nel sistema. La diagnosi in ambito medico e psichiatrico tende a diventare un concetto senza tempo, totalizzante, che reifica i comportamenti e posta con sé un significato di irreversibilità nella storia della persona. Un paziente psichiatrico finisce per essere inchiodato a una realtà rigida e violenta in cui tutto sembra inamovibile. A un primo livello la diagnosi può avere senso di garantire l’attività del curante e orientarne il progetto di cura: senza farsi un'idea di che cosa sta succedendo, non ci sarebbe cura né curante. A un secondo livello la categorizzazione può e deve essere superata in favore di una o più ipotesi. La competenza di un operatore sistemico si costruisce sulla capacità di analizzare il contesto rispettandone i molteplici livelli: comprendere quando è utile difendere il valore della diagnosi, quando cercare di capire come andare oltre le etichette univoche, come integrare e comporre uno sguardo e il linguaggio medico con altri Il progetto Il punto di partenza sono le nostre storie personali e di formazione, i vari stili di lavoro, i diversi approcci e i molteplici sguardi sulla famiglia. Il progetto si arricchisce con stimoli e richieste delle famiglie. Per renderlo credibile bisogna proporre obiettivi funzionali alla cura del paziente. L'intervento è pensato come uno spazio di ascolto in un clima di accoglienza, in cui sia possibile definire la situazione familiare, attribuire senso e significato agli eventi e alle relazioni in corso, cercando insieme un nuovo punto di vista che apra nuovi orizzonti vivibili in maniera più dignitosa. Uno spazio in cui racconta la propria storia degna di ascolto e che diventa più tollerabile perché rivela significati. Si allestisce un contesto in cui favorire la comunicazione come possibilità di elaborare significati, sul piano emotivo e cognitivo tra i membri della famiglia, dove la sofferenza possa essere legittimata e riconosciuta per portare al 2 cambiamento. Allargare il campo al contesto sociale e relazione per valorizzare l'ambiente in cui si vive come risorsa vuol dire coinvolgere la famiglia non solo per gli aspetti legati alla malattia, ma per costruire le modalità relazionali e di comunicazione sviluppatesi nel tempo al suo interno, per portare alla luce le risorse dimenticate o nuove necessarie ad affrontare la situazione. Non si deve avere fretta di arrivare alle conclusioni in quanto sono la parte più effimera della ricerca. L'intervento non intende risolvere i problemi dall'esterno, o fornire risposte a interrogativi o elaborare modelli di comunicazione più funzionali, MA mettere le famiglie nella condizione di esplorare il proprio disagio, dargli un nome, riconoscere e condividere le proprie esperienze ed emozioni, offrendo un'occasione per comprendere ciò che succede tutti i giorni e uno spazio dove trovare legittimazione del proprio ruolo di genitori, prima di pensare a dei modi diversi di esserlo. Si parte dal presupposto che problema e soluzione appartengano a loro. L'intervento non intende spiegare, ma svelare quei segnali, tracce, modi, stili, dissonanze esistenti che, portati alla luce possono aprire a una trasformazione sostenibile, perché fondata sulla comprensione di ciò che le persone già conoscono senza saperlo. Prendersi cura dei legami L'apertura alla famiglia è il pretesto per osservare e farsi raccontare immagini, e costruire una relazione a partire dall’accoglienza come gesto di cura capace di trasformare l’estraneità in famiglia. L'accoglienza non è solo un forte interesse per l'altro ma costruzione di luogo ospitale, uso di parole capaci di veicolare le emozioni, i timori, le speranze di generare dialogo. Significa riconoscere che ogni famiglia è diversa e unica, e sfugge dalla categorizzazione. Accogliere significa chiedersi chi è l’altro, esserne incuriositi, farsi stupire, cogliere la bellezza e la peculiarità delle storie familiari. Non va trascurato il loro punto di vista, ma interrogato perché quello che ci raccontano non è banale, ma una ridefinizione di un contesto di appartenenza i cui componenti compiono azioni sulla base di informazioni, rappresentazioni e aspettative condivise. L'importanza del contatto This document is available free of charge on StuDocu.com Scaricato da Oxana Airaghi (oxana0597@gmail.com) RE-INVENTARE LA FAMIGLIA Il contatto permette di creare un significato condiviso su ciò che si fa insieme. La richiesta di guarigione e speranza che tutto torni come prima della malattia. L'intervento parte da aspettative e richieste sempre differenti. Domandi, priorità, obiettivi possono essere ridefiniti nel tempo. Formenti li colloca in un continuum di apprendimento, crescita, apertura a nuove possibilità che deve caratterizzare il lavoro con la famiglia. Ci sono genitori che devono affrontare momenti di transizione molto destabilizzanti. Accade spesso che il riconoscimento e l'accettazione avvengano in momenti diversi. C'è chi ha costruito significati e comportamenti non compresi dal coniuge perché mai comunicati. A volte si propongono incontri con tutti i componenti, nella convinzione che ognuno di loro debba avere l'opportunità di raccontare il proprio punto di vista e che abbia le risorse necessarie per farlo. È importante accogliere tutti coloro che esprimono un bisogno, anche solo di essere ascoltati. La famiglia viene accolta da un'educatrice e un'infermiera, all’inizio ci si conosce e si valutano insieme i tempi e i contenuti degli incontri. Durante il percorso si valutano insieme ai familiari l'opportunità di allargare l’invito anche al figlio. L'intero gruppo di lavoro si trovare per condividere le tematiche, le emozioni, le riflessioni che di volta in volta gli incontri con le famiglie fanno emergere e per decidere e valutare come e in quale direzione proseguire. Le stoi | familiari si presentavano spesso con una ripetizione lamentosa, sempre uguale e di un copione che offriva il vantaggio di ricondurre la loro tragica esperienza entro una dimensione di canonico e ordinario, di comprensibile e Scaricato da Oxana Airaghi (oxana0597@gmail.com) RE-INVENTARE LA FAMIGLIA accettabile. Un copione sempre uguale costruito negli anni per sopravvivere, dove tutto trova una spiegazione. È faticoso allontanarsi dal copione, e dare un nome alle cose e alle emozioni. Proponendo un nuovo modo di parlare e pensare alla situazione si può aprire la possibilità diversa di con la propria famiglia. Facilitare l’espressione livera e autentica di tutti permette di condividere, pensare e dare un nome alla propria esperienza, di raccontare i desideri inconfessabili perché poco adeguati al ruolo di genitore. A volte è stato necessario») presidiare lo stile e le regole della comunicazione con il rischio di semplificare le narrazioni. La narrazione biografica pùò/ diventare una via per rimettere in moto queste storie, ricominciare a condividere con gli altri i propri significati emotivi e cognitivi, oltre che conoscere altri significati e altri punti di vista. Diventa una pratica di pensabilità, confronto e riflessione in cui si può cominciare a interrogarsi sulle scelte e sulle posizioni prese. | genitori 2 raccontano e scoprono di saper narrare e di essere portatori di un punto di vista parziale. Ognuno sceglie quale storia raccontare. È una rivisitazione della propria storia. Come viene gestito il dolore e l'inevitabile cambiamento apre possibilità di apprendimento, tanto più interessante in quanto effettuato partendo da ciò che si conosce meglio. Un accompagnamento irriverente Chi narra diventa meno estraneo perché ci ha trasmesso una parte di sé. Questo ci permette di avere una curiosità irriverente, che ci consente di rendere elastico e flessibile il nostro modo di comunicare. Ri-descriviamo l’esperienza raccontata esplicitando i dubbi o chiedendo esempi, con l’idea che ci possa essere dell'altro. La curiosità ci aiuta a continuare a cercare descrizioni e spiegazioni diverse anche quando non siamo in grado di immaginame altre. Questo atteggiamento esplorativo, paziente, flessibile ci ha spinto a caratterizzare sempre più il nostro intervento come un intervento educativo, una pratica riflessiva, di autoformazione, di apprendimento, che diventa un atteggiamento cognitivo verso l'human becoming. L'intervento con i familiari si concentra sull’unicità della storia di ognuno e sulle risorse, sugli apprendimenti e relazioni che hanno dato vita a quella storia, valorizzati e sollecitati come opportunità da utilizzare in questo continuo processo di ridefinizione e aggiustamenti che è la genitorialità. Il fine è la mobilitazione delle risorse per dare forma a mondi possibili. Gli interventi con le famiglie sono diversi e costruiti negli obiettivi e nella modalità con chi ci sta accanto. Un bilancio provvisorio Molti hanno lasciato per diversi motivi. Questo progetto non ha ancora trovato un suo riconoscimento istituzionale e culturale, perché ci si concentra di più sulla malattia che sulla famiglia, coinvolgendola, toglierla dall'isolamento e cambiandone il rapporto con il servizio. Le storie che vengono raccontate parlano di relazioni, identità e ricordi che dicono chi sono stati, chi sono e chi potrebbero essere. Tutta la famiglia viene vincolata dalla diagnosi del malato. Manca uno spazio fisico definito e riconoscibile a tutti come luogo dedicato all'incontro con le famiglie. ® APPARECCHIARE CONTESTI DI APPRENDIMENTO PER PROMUOVERE COMPETENZE Storia di un'educatrice che organizza un incontro con i bambini e i genitori che vivono situazioni di disagio familiare. Durante il primo incontro avvengono le presentazioni, e presentarsi come educatrici può essere un punto di forza. Si esplicitano e condividono gli obiettivi e le ragioni del laboratorio: * Educareè difficile, essere genitori e figli oggi è più complesso che in passato, è normale essere in difficoltà * Il gruppo di famiglie è pensato come aiuto reciproco, incontro e confronto di idee, riflessioni, modi di stare insieme * Attività proposte da fare insieme, mirate a ragionare su temi educativi e richieste reciproche tra genitori e figli Si chiede alle famiglie di presentarsi e dire che cosa li ha convinti a partecipare, emerge il fantasma del marchio di famiglia a disagio (stigma), e ci sono idee diverse: le regole dati ai figli devono essere ferme e senza tentennamenti; ai figli le cose vanno spiegate, si danno loro suggerimenti ma non si può controllarli su tutto, tocca a loro fare tesoro dei consigli dei genitori. STIGMA: è un marchio che definisce una persona diversa e non normale. Denota disapprovazione sociale legata a caratteristiche fisiche o morali della persona. Porta alienazione e isolamento sociale, ma anche l'alienazione crea lo stigma. È una forma di discriminazione che dà senso ai comportamenti e all'identità sociale riconosciuta. Il soggetto è attivo nell'amministrare lo stigma e usa la funzione riflessiva e soggettiva per diventare consapevole dello stigma e posizionarsi. Se facciamo parte di un gruppo sociale ci aspettiamo di incontrare Scaricato da Oxana Airaghi (oxana0597@gmail.com) conduttrici di tali somiglianze. Ma le famiglie faticano ad accettare le differenze come elementi di ricchezza con cui confrontarsi. Scaricato da Oxana Airaghi (oxana0597@gmail.com) a \/ RE-INVENTARE LA FAMIGLIA Con il tempo le differenze lasciano spazio a un crescente senso di familiarità e condivisione: ognuno trova un suo modo di esprimersi e sviluppa un maggior senso di fiducia verso il gruppo come luogo sicuro e protetto dove poter consegnare delle parti di sé e della propria famiglia. Alla fine, si percepisce un senso di soddisfazione generale. Quando una famiglia si ritira tutto il gruppo subisce uno scossone. Circolano vissuti di inadeguatezza, la separazione è percepita come fallimento e abbandono. Ci si chiede cosa avremmo potuto fare per evitare l'allontanamento. Il compito diventa aiutarsi a capire l'accaduto e a spostare l’asse del sentire comune dalla colpa alla responsabilità. Il sentimento di timore dell'abbandono ha reso molto delicato trattare le assenze viste con elasticità ma vanno motivate. Seconda fase: ampliare lo sguardo 2 Si cerca di portare lo sguardo fuori dal gruppo. L'obiettivo era aprire nuove possibilità di pensiero attorno alle connessioni intergenerazionali dei comportamenti e degli stili genitoriali. | genitori si interrogano sull'origine di alcuni loro atteggiamenti e abitudini, i figli pensano a come alcuni limiti dei genitori si associno all'assenza di alternative legate ai loro percorsi di vita. Ci sono state diverse reazioni emotive. È prezioso che i genitori si raccontino ai figli, creando un clima di grande complicità e circolano nuove immagini e possibilità di interpretazione. Si osservano movimenti di riflessione più autonomi, alcuni portano a casa ciò che accade, gli stimoli suggeriti e poi consegnano il loro contributo l’incontro successivo. L'obiettivo è agevolare la costruzione di legami significativi. Terza fase: verso la conclusione A un gruppo è stato chiesto di porre l’attenzione all'ambiente di origine e alla comunità di appartenenza per esortarli a trasferire alcune riflessioni maturate all’interno del laboratorio anche nel contesto della propria quotidianità. Si è cercato di far sentire le famiglie all'interno di un sistema allargato con altre famiglie, istituzioni, agenzie con cui ognuno si confronta e che influenzano il proprio modo di essere e fare famiglia. La comunità è un supporto per la famiglia. L'altro gruppo è stato invitato a restituire agli altri come uno specchio l’immagine che ognuno si era costruito. La chiusura è faticosa per entrambi i gruppi, che manifestano la voglia di continuare il laboratorio, ma è necessario esplicitare che alcuni percorsi finiscono e va bene così significa che siamo arrivati fino in fondo e se ci dispiace vuol dire che sono stati importanti e piacevoli. Valutazione delle esperienze Tra gli indicatori utili per fare un bilancio del laboratorio ci sono le presenze e le assenze: alcuni sono sempre stati presenti, altri in modo altalenante e altri hanno abbandonato. Il percorso è stato faticoso per gli adolescenti. Chi ha partecipato con continuità ha mostrato le potenzialità dell'intervento, con la possibilità di creare un luogo pubblico anche per le famiglie che di solito si sottraggono a questo confronto. Un altro indicatore è il livello di partecipazione, di scambio, il clima emotivo e la capacità di elaborazione sono stati diversi. Nelle serate più difficili, il sentimento di sconforto invadeva le operatrici, si respirava delusione e irritazione. Le risposte emotive sono state di volta in volta elaborate grazie a un attento lavoro di comprensione dei significati all'interno dell'equipe, e grazie alla consapevolezza che dietro ad ogni azione, anche di attacco ci fosse una comunicazione da interpretare. La composizione eterogenea del gruppo aiuta: chi è più attrezzato circa le capacità cognitive e di elaborazione simbolica aiuta chi ha meno strumenti Bisogna curare l'adesione degli adolescenti per evitare che boicottino il lavoro con un rifiuto ostinato. La strategia per affrontare i momenti faticosi è mantenere la mente capace di commuoversi e di farsi sorprendere. Le tracce sedimentate Gli operatori dei servizi hanno intravisto la possibilità di costruire contesti nei quali non si porge solo la funzione di aiuto e sostegno e controllo, ma dove le famiglie possono esprimere le loro competenze, guardare vedere il proprio modo di fare famiglia senza giudizio. Un modo di avvicinare la genitorialità non a partire da ciò che la caratterizza nei deficit, ma per come si esprime. La traccia rimane esterna al lavoro diretto degli operatori però è entrata nelle loro rappresentazioni la possibilità di offrire l'esperienza del laboratorio. Il territorio ha chiesto al privato sociale di reperire le risorse per poter replicare l'esperienza offrendola a nuovi nuclei familiari. Non sappiamo se le famiglie abbiano utilizzato l'esperienza per innescare cambiamenti nel loro modo di genitorialità. Le tracce che possiamo rilevare This document is available free of charge on StuDocu.com Scaricato da Oxana Airaghi (oxana0597@gmail.com) RE-INVENTARE LA FAMIGLIA riguardano quanto le famiglie mostrano nel processo e ci restituiscono alla conclusione Il laboratorio sollecita la capacità dei singoli di stare in un contesto sociale con piacere, permette di fare un'esperienza in larga parte positiva, accanto ai propri familiari, mette in luce le competenze e i ruoli di ciascuno. Per il futuro Quando ci avviciniamo alle famiglie, prima di avere degli obiettivi bisogna avere in mente riconoscimento, rispetto e dignità come presupposti della relazione con l’altro, sui quali si può cominciare a prefigurare il lavoro. Non è la tipologia della famiglia che caratterizza l'azione di aiuto: è la prefigurazione della relazione, le immagini di competenza e di difficoltà con cui ci incontriamo e a scontriamo, è la capacità di immaginarci che si può sempre progettare insieme, anche ) se a volte l’idea di progetto si trasforma drasticamente rispetto alle nostre aspettative. Il lavoro con le famiglie presenta un grosso ostacolo: l'idea di buona famiglia o buon genitore. Il mito del buon genitore che fa la cosa giusta per educare i figli sembra creare sempre più genitori disorientati, che si chiedono se stanno sbagliando o cosa devono fare. Il mito del cattivo genitore spinge gli operatori a dare per scontato che da 2 famiglie in difficoltà cresceranno figli fragili, sofferenti e inadeguati. Per lavorare con le famiglie bisogna sfatare questi miti: la capacità di essere un adulto di riferimento per i piccoli non sta nel fare o dire la cosa giusta, ma nella capacità di sbagliare e provare a raddrizzare il tiro. Un problema non serve a trovare le soluzioni, ma a imparare dalle soluzioni che non si trovano. È necessario fare pensieri che non siano solo la conferma delle nostre aspettative e riposizionare i sentimenti di delusione, rabbia, impotenza, stanchezza dentro una ricerca di significati possibili. Non riteniamo importante che i significati che si attribuiscono alle cose siano particolarmente elaborati, complessi e simbolici; l'importante è che esistano, siano nominati e rappresentati per diventare quel senso comune che si va costruendo insieme, attorno all'oggetto che ci sta a cuore, cioè la crescita e l'educazione dei bambini. Lavorare con le famiglie significa trovare modalità e strumenti innovativi perché possano trovare luoghi pubblici di parola, cioè luoghi condividi, attraversati da legami vitali, e così uscire da problema della privatizzazione del compito educativo, della solitudine, delle distorsioni relazionali amplificate nelle mura domestiche. @ INTERROGARE LE RAPPRESENTAZIONI RECIPROCHE, TRA RICERCA E FORMAZIONE È il viaggio che copie il ricercatore a fare la differenza sul racconto del luogo ignoto, ricco di meraviglia e spiazzamenti. La ricerca si presenta differente in base a chi e a come la guarda. Quale contributo può dare la ricerca nella formazione degli educatori? Possiamo dire che i partecipanti a una ricerca sono ingaggiati in un'esperienza formativa? Il rapporto tra ricerca e formazione nella pedagogia della famiglia viene esplorato in relazione a 2 esperienze: 1) con gli studenti, 2) con operatori e famiglie di due servizi educativi. Ci si interroga sull’immaginario degli educatori: cos'è la ricerca per un educatore? Ricerca e lavoro educativo sono come mondi separati o come dimensioni intrecciate? Come coniugano nel quotidiano? È un lavoro di ricerca sulla famiglia o con la famiglia? Una cornice per la ricerca Con quale res stai entrando in ricerca? Qual è la tua domanda? Cosa ti muove? Che cosa cerchi da questo viaggio? Come costruisci con i partecipanti il senso dell'indagine? La res fa la differenza: può mostrare una città in tumulto o una strada calma e solitaria. Si costruisce a partire dall’interrogarsi sulle rappresentazioni reciproche di operatori e famiglie. L'intento è osservare una relazione in corso, pensandola come una danza che non può essere fermata o fotografata senza perdere la bellezza dei gesti e dei movimenti di cui è costituita. Si deve pensare a ciò che si osserva come una relazione in continua trasformazione. In un'ottica processuale e dinamica nessuno è in un dato modo in termini assoluti di tempo e contesto. Ogni persona vive dentro un tempo e un logo, è inserita in una storia individuale, familiare, sociale, socioassistenziale e ogni storia si sviluppa in un contesto sempre in trasformazione. La famiglia che appare non collaborativa può esserlo stata in altri contesti. Calvino descrive la città di Zemrude come fatta di storie, di relazioni tra gli individui che vengono osservate nel cambiamento. La città è viva, dinamica, muta, bisogna capire quali sono gli occhi che la vedono. Che ricercatore/educatore sei? Si è in ricerca di fronte al nuovo, ma anche tutte le volte che ci interroga sul quotidiano. La domanda è necessaria per essere in ricerca, ma non basta per essere ricercatori. Lo sguardo ingenuo è ideologicamente centrato, carico di pregiudizi vissuti come verità; lo sguardo scientifico è attinto a sé e agli altri continuamente disposto a interrogarsi sui propri pregiudizi (vedi esempio di educatrice). Il contesto educativo è abitato da altri. Non è solo la domanda a Scaricato da Oxana Airaghi (oxana0597@gmail.com)
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