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Re-inventare la famiglia di Laura Formenti, Sintesi del corso di Pedagogia

Riassunti del libro Re-inventare la famiglia (esame di Pedagogia della Famiglia) con approfondimenti sulla teoria dei sistemi e sulla pragmatica della comunicazione.

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

In vendita dal 26/02/2020

nannaf
nannaf 🇮🇹

4.6

(18)

7 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Re-inventare la famiglia di Laura Formenti e più Sintesi del corso in PDF di Pedagogia solo su Docsity! Re-inventare la famiglia Guida teorico pratica per i professionisti dell’educazione Di Laura Formenti Cap 1 Fasi l’orecchio: le invisibili partiture della famiglia Tesi del libro: lavorare con la famiglia richiede una consapevolezza epistemologica: un atteggiamento interrogante nei confronti dei propri presupposti e pregiudizi. Per comprendere la famiglia si utilizza la TEORIA SISTEMICA che mette la COMUNICAZIONE al centro di tutti i processi umani; la comunicazione umana, secondo i teorici dei sistemi, è: un insieme di livelli complessi, contesti multipli e circuiti riflessivi. Utilizzando la metafora di A.Scheflen la comunicazione è come una COMPOSIZIONE MUSICALE; da qui Winkin (1981) ha teorizzato il MODELLO POLIFONICO O ORCHESTRALE della comunicazione umana: comunicare è partecipare a un’interazione complessa (non è semplicemente un passaggio da A B). Infatti noi siamo abituati a prestare attenzione alla persona/nota come isolata dal suo contesto, ma, in realtà, essa fa parte di connessioni e armonie che caratterizzano ogni sistema familiare. Si fa ciò a causa di una “lettura soggettivistica” (legata all’epoca in cui viviamo, centrata sul MITO DELL’INDIVIDUO), che si focalizza sul singolo individuo, slegato dal processo, da quello che accade tra le persone; un individuo si realizza e si definisce solo grazie a se stesso e alle proprie azioni, alla propria capacità di realizzarsi, ma si tratta sempre di PROCESSI DI INFLUENZAMENTO RECIPROCO. Dunque L’approccio sistemico si fonda su un’ecologia delle idee: nell’azione concreta dell’educatore, ciò consisterebbe nel adottare una “postura di curiosità”, aprendo lo sguardo sulla famiglia e sulla sua storia che è composita: la visione di sé che ciascuno sviluppa è stata appresa da conversazioni in famiglia, con amici ecc. [ *studio schemi teoria generale dei sistemi con schemi ultima pagina riassunti ss, totalità, ecquifinalità ecc] -La famiglia come se fosse una rock band Il RUOLO DELL’EDUCATORE: La “Postura di curiosità” consiste anche nel: “Farsi l’orecchio”: apprendere a interfacciarsi con le situazioni nelle quali si trova come se fosse lui stesso uno strumento musicale = lavorare in modo sistemico, quindi “apprendere i contesti”, mettersi in relazione e interazione con i sistemi comunicativi ( non si può non comunicare), partecipare alla dinamica interattiva del sistema con un ruolo attivo, agendo alcuni copioni (definizione di formenti di copioni: sistema di aspettative implicite che organizzano eventi ripetitivi entro un certo contesto spazio-temporale; è una forma di conoscenza schematica). Nella famiglia rock band, ognuno suona, tutti danno un contributo attivo: la FAMIGLIA E’ UN’OPERA COLLETTIVA, INCOMPIUTA, SEMPRE IN COSTRUZIONE. Ogni membro della famiglia ha un suo timbro e un suo modo di suonare, ma il modo peculiare in cui si amalgamano e armonizzano tra di loro crea un ‘ sound inconfondibile”, ovvero : il SENSO DI NOI. Ogni famiglia è unica, ma spesso la troppa fretta di etichettare appanna l’orecchio dell’educatore. -La con-vivenza La CONVIVENZA è: uno spazio d’interazione condivisa che l’educatore deve imparare a osservare con curiosità e rispetto: non ci sono modi di convivere più giusti o corretti di altri, in assoluto. Infatti troppi professionisti incontrano la famiglia carichi di pregiudizi ma ci dobbiamo ricordare che la nostra visione delle cose è sempre troppo ristretta per dare conto delle vite degli altri. Come può fare allora l’educatore? Deve: A)Tenere a mente che c’è una grande varietà di stili di vita e che ogni famiglia si presenta con una cultura, un linguaggio, routine, storie e credenze diverse (per ogni società e fam. Il proprio modello diventa normativo: è giusto fare così). Ogni fam si presenta come un’unità, una totalità di relazioni portatrice di un’identità, una cultura e una sua logica. Ma, al contempo B)Non tracimare nel relativismo culturale, che è statico e banalizzante; al contrario, il modello relazionale interroga gli usi della convivenza come INDIZI della cultura di quella famiglia, per poi andare oltre. Dunque: l’obiettivo del lavoro educativo con la famiglia è quello di: aprire possibilità perché tutti stiano un po’ meglio. -Il senso del noi La famiglia spesso viene percepita come qualcosa di ovvio (Jedlowski): insieme di quotidianità, pratiche, ambienti e relazioni che abitiamo senza prestare attenzione. Come si impara il senso del noi? Si nutre di momenti in cui tutti “stanno bene” (partecipano al gioco, sono emotivamente sintonizzati ecc.) e di quelli in cui non si sta così tanto bene. E’ determinante il modo cui descriviamo la famiglia, comunichiamo e meta comunichiamo su di essa -Come osservare la famiglia l’educatore deve essere in grado di utilizzare al contempo: 1) Sguardo TECNICO: analitico, finalizzato, razionale e rigoroso che categorizza 2) Sguardo “ingenuo”: empatico, che con partecipa, che risuona L’obiettivo primario di chi osserva, non è quello dell’OGGETTIVITA’, bensì la RAPPRESENTAZIONE ESTETICA: mettere a parole quello che si presenta ai sensi: DISTINGUERE LA A) PERCEZIONE DI CIO’ CHE C’E DALLE B) INTERPRETAZIONI ( che comunque ci sono sempre, perché anche Beatson dice che quando osserviamo un sistema siamo inevitabilmente condizionati a focalizzarci sono su una parte della complessità). - Il corpo familiare La famiglia è un “organismo sovraindividuale”, un CORPO FAMIGLIARE: se uno dei membri si sposta o cambia il suo ritmo, anche gli altri dovranno farlo, per mantenere l’equilibrio o ritrovarlo (ognuno dei componenti si muove e trasforma in relazione agli altri). Formenti: “La famiglia è ridondanza, copioni” ridondanza: presenza di processi di codificazione, organizzati secondo regole e modelli ripetuti (Bateson, 1973). Dunque il senso del noi nasce dalla famiglia in AZIONE: “relazioni reali, regole interattive, abitudini e ripetizioni che la vita familiare impone ai corpi, educando a una certa postura, a un modo di respirare, di camminare, di svegliarsi, di mangiare, non solo i piccoli, ma tutti i membri della famiglia” = è la “ famiglia reale”. Cap 3 Alla ricerca delle tracce. I sensi della genitorialità tra frammenti autobiografici e teorie evolutive Se vogliamo individuare tracce di famiglia dobbiamo volgere uno sguardo -CURIOSO E NON INTERPRETATIVO- alle teorie così come i singoli le costruiscono; non sono spiegazioni immutabili: cambiano nel corso della vita. Ogni volta che non troviamo una spiegazione soddisfacente, creiamo nuove teorie: vi è una spinta alla ricerca e al cambiamento (Munari, p.71). L’approccio autobiografico (duccio demetrio): ognuno di noi cerca, riflette, connette, agisce per trovare una spiegazione soddisfacente del mondo, costruendo una personale teoria, visione connessa all’esperienza. Ci permette di intuire il ruolo potente e trasversale della storia di vita nelle scelte, nelle posture che assumiamo, nelle motivazioni che ci portano alle scelte di vita e professionali, nelle relazioni che instauriamo (demetrio p.71). ‘La memoria autobiografica è il recupero più o meno improvviso di ricordi (demetrio), il riemergere ad un livello consapevole di frammenti di storia vissuta contribuiscono a far comprendere e a comprender-ci, non necessariamente nella dimensione cognitiva (Non ricordiamo solo con la mente).’ -Qui c’è odore di famiglia ‘ tra noi e le cose come sono c’è sempre un filtro creativo’ (bateson, 1997). Noi non abbiamo bisogno di una visione radicata, piena di dualismi, bensì di una visione ecologica che, nell’incontro autentico con la famiglia, si focalizzi sui nessi più che sulle separazioni, sulle sfumature più che sulle figure piene… L’approccio autobiografico può essere utile per viaggiare nella complessità -Storicizzare e contestualizzare: operazioni cruciali ‘la genitorialità è BIO-CULTURALE’; ha le sue radici nella natura ma si sviluppa nella dimensione culturale e sociale. La famiglia è, sì, UNIVERSALE ma non è un modello unico e generale; infatti per riconoscere le tracce di famiglia è necessario rimanere nella COMPLESSITA’ che ci porta ad utilizzare l’attenzione al particolare a non perdere di vista il contesto. La famiglia, infatti, è anche l’esito provvisorio e in divenire, di un modo d’intendere la genitorialità costruito grazie a un processo storico e in uno specifico contesto di cui sono parte sia la famiglia che l’educatore-cercatore di tracce. Formenti: il contesto non è semplicemente un contenitore nel quale avvengono eventi, sono gli attori che, interagendo, selezionano il contesto. -Oltre l’istantanea fotografica l’educatore ha un’immagine con pregiudizi su cosa significhi famiglia: l’occhio dell’educatore è sempre mediato dalle proprie teorie, pregiudizi, storie familiari: è sempre situato in un momento storico, in un contesto sociale= si deve andare al di là di questo fotogramma in quanto la famiglia è sempre in divenire. -Artisti, ingegneri e bricoleur Per cercare tracce di famiglia è molto utile il modello evolutivo-ecologico, il quale mostra la genitorialità come un processo relazionale e in continuo divenire, = è provvisorio e parziale, fatto di sovrapposizioni culturali, punteggiato di adattamenti, continuità e discontinuità. Modello che si può anche chiamare BRICOLAGE EDUCATIVO : è la sintesi di arte (modello istintivo: creatività, inventiva, libera espressione dell’essere genitore, asimmetria relazionale) e mestiere (modello istruttivo: no personalità, addestramento, studio del mestiere di genitore). Infatti con questo modello si coordina la dimensione dell’improvvisazione creativa con la progettazione del futuro: c’è sia la capacità riflessiva e teorizzante, sia la necessità di fare e agire. Dunque i genitori devono essere ‘artisti’ e ‘ingegneri’ e rimodulano il progetto iniziale attraverso la capacità di: • Muoversi nella contingenza e nell’imprevisto • Accogliere l’imprevisto • Usare con creatività e flessibilità ciò di cui dispone • Essere flessibili Cap 4 interazioni: osservare la famiglia in azione L’osservazione è un processo selettivo e si differenzia dal semplice guardare o vedere, per il fatto che lo sguardo dell’osservatore è intenzionalmente guidato da premesse, ipotesi, pregiudizi. Ma soprattutto è soggettivo: l’osservatore non è mai totalmente oggettivo influenza il contesto e ne è influenzato. L’oggetto di osservazione, a sua volta, altera incontrollabilmente il suo comportamento perché osservato. Per questo motivo, è importante essere consapevoli dei propri pregiudizi e della propria idea di famiglia; bisogna esplicitarli. Perché ognuno di noi ha una personale esperienza di famiglia, di genitorialità, di cura, dell’essere figli. E’ importa far emergere queste idee grazie a una posizione curiosa e interrogante. -Che cosa vuoi mostrarmi Obiettivo della proposta di consulenza di Mara Pirotta è =dare visibilità alle strategie e risorse che vengono messe in atto da parte dei genitori nei confronti del figlio, per poi utilizzare le IMMAGINI come base per una riflessione in merito agli effetti delle relazioni di cura e ai feedback in circolo tra i componenti del sistema. Spesso la domanda dei genitori è ‘aiutatemi e valutate se sono o non sono un bravo genitore’, ma l’OBIETTIVO è= un percorso OSSERVATIVO-RIFLESSIVO sulla propria personalità; inizialmente, da una parte il percorso sostiene il genitore nella sua idea che ci sia qualcosa che non funzioni e, dall’altra: dà il messaggio che il genitore sia competente nella cura della relazione col figlio. La metodologia di MP parte da Lausanne Triadic (LTP), che, partendo dall’osservazione del nucleo fam., svolge un’analisi delle interazioni tra i componenti della famiglia. = • Il contesto di osservazione è: la CASA • I componenti della fam hanno libertà di azione, in quanto ciò fa emergere più visibilmente l’unicità di ogni famiglia e le sue competenze • Strumento utilizzato: la VIDEOCAMERA = fissa le immagini e le interazioni e dà la possibilità ai genitori di rivedersi 1)parte in cui si riprende: inizialmente i genitori sono inibiti, poi le richieste e i bisogni del figlio prendono il sopravvento e si ‘dimenticano si essere ripresi’. MP che riprende con la videocamera in mano non può avere una posizione neutra, bensì la sua presenza influenza inevitabilmente il sistema. 2) -Come ti vedi osservandoti? Post produzione video= Successivamente alla ripresa vi è un ‘momento tecnico’ in cui ci si ritrova assieme a osservare le immagini; durante questo momento si tagliano scene, si spostano frammenti di immagini ecc con genitori e si chiede loro in quali momenti si sono sentiti meno competenti e anche inadeguati. Dunque l’esperta pone domande aperte, circolari e riflessive che possono mettere in luce l’idea di genitorialità che loro stanno esprimendo; invita i genitori a concentrarsi anche sui feedback degli altri (es: che cosa mi stava dicendo mio figlio in quel momento?). Si mette in atto un processo creativo che può portare alla genesi di nuove risposte e strategie. La post produzione permette di: a) Rivedersi, decentrandosi dal problema e avviando la possibilità di trovare nuove punteggiature alla stessa scena, far emergere potenzialità e risorse. Come? Isolare il momento difficile da tutto il resto, contestualizzarlo e legittimarlo, permette al genitore di sentirsi riconosciuto nel proprio stare male, ma anche di cercare nuove soluzioni e riconoscere le proprie competenze. Punteggiatura (Warzlawick,1976): azione di un soggetto di dare senso e significato alla realtà p.113 b) ‘Armonizzazione’ (Bateson) o ‘effetto composizionale’ (Formenti): composizione creativa che avviene tramite le immagini video= prima vi è uno spiazzamento e poi una riconnessione a livello più profondo sulle proprie capacità. Vi è un confronto e riflessione tra il proprio vissuto (riflessione in azione) e ciò che si può osservare da fuori (riflessione sull’azione). La visione dall’alto di se stessi permette di avviare un processo di distanziamento e di riavvicinamento a sé; crea una nuova microteoria di sé e della propria famiglia, idea non più latente e faticosa ma giusta e condivisa. c) Permette di comprendere il proprio stile interattivo con gli altri componenti della famiglia, ma soprattutto viene data ai genitori la possibilità di confrontarsi, creando uno spazio di condivisione= il confronto di coppia attiva il SENSO DEL NOI, permette una riflessione sul senso di famiglia che ognuno ha e una costruzione di un’idea comune di essere e fare i genitori in questa famiglia, partendo dagli aspetti più pratici e gestionali andando verso quello più astratti. Cap 5 L’ABC dell’osservare -Osservare, perché, cosa e come La comunicazione è il fondamento delle relazioni umane e diventa l’oggetto osservativo; la comunicazione, in ambito sistemico, significa comprenderne la complessità, i molteplici livelli, la circolarità e l’interconnessione; produce effetti sulle persone che partecipano all’interno del sistema. La PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA (Watzlawick, Beavin e Jackson 1971) definisce i 5 assiomi (leggere su schemi). Comunicazione analogica: prossemica, postura, sguardo, movimenti, gesti, linguaggio paraverbale (tono, volume, pause). PNL (PROGRAMMAZIONE NEUROLINGUISTICA) = approccio che nasce dall’esigenza di dare origine a una base teorica appropriata per la descrizione dell’interazione. Fondatori: anni ’70, John Grinder (linguista) e Richard Bandler (matematico) elaborarono uno studio della comunicazione. Le narrazioni familiari aiutano a comprendere come cambia la vita quotidiana e come cambiano le relazioni sia per fattori interni alla famiglia, sia per determinanti sociali ecc (Formenti). La narrativa familiare: i fatti del passato vengono raccontati ripetutamente, di generazione in generazione; la storia ha un valore apprenditivo e agisce sempre nel presente come modello. Gli attori della famiglia tendono a identificarsi con alcuni ruoli e personaggi. Miti familiari (Ferreira), 1996: consiste nel un certo numero di opinioni ben sistematizzate, condivise da tutti i componenti della famiglia, concernenti i reciproci ruoli familiari e la natura della loro relazione. E’ un meccanismo di difesa utile per garantire l’equilibrio della famiglia (Formenti); l’adesione al mito fam impedisce l’innesco di processi di trasformazione riducendo al minimo i cambiamenti (mito della fam felice, del capro espiatorio). Ha un concetto negativo ma formenti ne recupera il valore positivo e generativo: il processo di mitizzazione favorisce la creazione e il rinforzo del senso d’identità e di famiglia, soprattutto nei momenti di transizione. -Costruzioni biografiche Le pratiche biografiche e autobiografiche vanno oltre la contrapposizione degli sguardi (psicologico e sociologico) presente all’interno dei servizi sociali; le storie possono aiutare a leggere le trasformazioni della vita familiare in modo diverso e possono essere utilizzate per un metodo d’intervento educativo. Alheit, 1995: fondamentale la ‘biograficità’= è un’attività auto-riflessiva che riprogetta i contorni della nostra vita dentro i contesti in cui la viviamo e sperimentiamo questi contesti come plasmabili. E’ l’esito di un percorso auto-educativo del soggetto che si osserva, si racconta, riflette. La proposta narrativa (scrittura, disegni ecc) (formenti) permette la cura delle relazioni familiari, quando da voce tutti (molti genitori apprezzano questa possibilità e dicono di sentirsi più competenti dopo aver partecipato a un’intervista, a un incontro basato su storie) e permette un susseguirsi di retroazioni, altre storie e la possibilità di combinare altri punti di vista. Nell’approccio sistemico: la biograficità non è solo la manifestazione della soggettività, ma è sempre INTERSOGGETTIVA: l’apprendimento avviene quando la storia raccontata modifica le relazioni, dà un potere d’azione sul contesto di vita= si celebra la complessità della vita famigliare. Linden West: se gli spazi transizionali (spazi tra le persone) hanno una qualità sufficientemente buona, allora le persone, all’interno di questi contesti si sentono competenti, capaci di apprendere. + secondo West l’educatore è irrimediabilmente ‘compromesso’ perché è impossibile essere neutrali e distaccati, porta con sé la sua versione della storia della famiglia con cui lavora. -Memorie familiari intergenerazionali La famiglia cambia nel corso delle varie generazioni, cambia i paradigmi consolidati, ovvero: ‘il modo in cui un gruppo fam si concepisce’, è il complesso di presupposti, immagini reali e ideali, rappresentazioni e concetti che costruiscono un modello cognitivo, emotivo valoriale ed etico con cui la fam sceglie di dare forma alle sue azioni (Formenti, 2000). La memoria familiare = è la principale risorsa curativa e trasformativa per la fam (diverso da memoria autobiografica che è un metodo di autoguarigione) dove non esistono processi narrativi collettivi né memoria familiare condivisa si segnala una sofferenza legata alla percezione di un vuoto nelle relazioni. Le nuove tecnologie hanno sempre un forte impatto sulla comunicazione delle relazioni quotidiane: modificano i modi tradizionali di vivere, di relazionarsi e di imparare: 1) Negli anni ’50: cambiano le relazioni e i compiti casalinghi (sgravano soprattutto la donna dei compiti domestici) e portano alla creazione della famiglia contemporanea, una così detta ‘ famiglia sentimentale’, fondata non più sulla rigida ripartizione dei ruoli ma sul piacere di stare insieme (Formenti). = vi è dunque (tutt’ora) l’omologazione a un modello unico di famiglia ma raramente abbiamo l’opportunità di rifletterci. Quindi per via di fattori sociali esterni alla fam, lo scenario della famiglia cambia completamente ad ogni generazione, inventa soluzione creative per stare a passo coi tempi. Vi sono anche cambiamenti strutturali del ‘ far famiglia’ • Aumento fam monoparentali • Coppie da fatto, separazioni, divorzi dunque, ricostituzione dei legami familiari in modo più complesso e creativo Secondo Formenti, a parte questi fenomeni generali, la vera urgenza di questo secolo è: quella educativa= importante è mettere l’accento sulla cultura familiare che è un ‘sistema complesso di saperi, ideologie, valori, rituali quotidiani’ che struttura le relazioni in modo ridondante, ripetitivo.’Quindi è solo attraverso le storie che posso comprendere il significato di un divorzio, per esempio. La cultura fam è un processo educativo che avviene continuamente all’interno della famiglia, per lo più inconsapevolmente attraverso l’immersione quotidiana nei modelli comunicativi, nella materialità dei rituali, dei discorsi. -Disordine e incertezza: quale idea di apprendimento per la famiglia? Il concetto di ciclo di vita familiare è andato in frantumi: non vi è più una regolarità, sequenzialità delle tappe, una durata specifica: le trasformazioni più evidenti di questi cambiamenti sono all’interno delle relaz familiari; vi è una diversificaz di strutture di stili di vita: si tratta della ‘famiglia in disordine’ (Roudinesco, 2006): fondata su sentimenti e libertà individuale ciò richiede momenti di condivisione e riflessione comune per costruire significati coordinati. Vi è dunque la necessità di apprendere in famiglia: anche se viviamo in un mondo individualista, vi è comunque il desiderio di relazioni familiari. Come s’impara oggi la famiglia? Vi è una massa di informazioni veicolata dai mass media, ma ciò non sembra rendere le famiglie più funzionali: la sensazione prevalente è quella dell’incertezza (Beck, 2000), vista come una minaccia, non un’opportunità. La nuova vulnerabilità non è solo economica e sociale, ma legata alle relazioni, agli effetti. Quindi dov’è la solidità per una famiglia in costante trasformazione? Forse nell’apprendimento costante, di prendersi cura di sé, degli altri per tutta la vita e della capacità di apprendere nei contesti in cui viviamo, soprattutto quello familiare. ‘L’educazione non può ridurre la complessità delle storie a pochi fattori presi separatemente, né di connotare l’incertezza come solamente negativa: la complessità è una caratteristica costitutiva del vivere, che deve essere riconosciuta tramite sguardi compositi.’ Quindi come s’impara in famiglia? In famiglia s’impara vivendo. L’apprendere è al centro della vita familiare: siamo immersi in interazioni e conversazioni che ci cambiano; in famiglia tutti imparano da tutti = la famiglia educa per definizione, proprio perché è un sistema di relazioni circolari e di comportamenti interdipendenti: è un sistema fluido, dinamico, in continuo cambiamento SOLO IL PENSARE PER STORIE RESTITUISCE QUESTA FLUIDITA’. E’ il carattere inconscio dei PROCESSI NARRATIVI che consente l’educazione familiar: nel rapporto tra le generazioni c’è un passaggio di conoscenze e di memorie. La convivenza è il modo più comune per la famiglia di sviluppare, attraverso interazioni quotidiane concrete il lessico familiare fatto di interazioni quitodiane, abitudini conoscenze. Formenti: l’educatore è come se fosse un etnografo= 1) osserva la famiglia in azione per comprendere ridondanza 2) raccolta delle storie per svelare il mondo dei significati 3) raccolta di disegni, oggetti per esplorare l’immaginario. -Doppi legami istituzionali Il doppio legame all’interno della famiglia è una contraddizione che mette in risalto il ‘potenziale trasformativo’ della cultura familiare, nello scarto tra a) le aspettative sociali e b) gli stili di vita privati. Ovvero… sembra che la famiglia non sia in grado di definire il proprio spazio d’azione: lo stato esercita una funzione di controllo, un’influenza sulla famiglia, soprattutto tramite le leggi e le politiche sociali, che fissano criteri condivisi sui quali viene valutata la ‘ sana vita familiare’ questo spesso rimarca il senso di inadeguatezza dei genitori, che si sentono sempre più incompetenti. Da una parte a) miglioramento dei diritti dei bambini, è una grande conquista dell’umanità ma, dall’altra b) aumento del controllo sociale sulla famiglia e i rischi che comporta; rischio dello stigma sociale: uno sguardo valutante e condannante è un problema aperto nel lavoro con le famiglie. Il doppio legame istituzionale consiste in; ‘sii adulto, autonomo, responsabile ma come io te lo prescrivo’,a cui il genitore risponde ‘ aiutami, ma lasciami stare’. Non tutte le famiglie sono egualmente sottoposte allo stesso modo alle pressioni del controllo sociale: le fam povere, emarginate hanno una probabilità più elevata di essere stigmatizzate. La cultura del controllo è profondamente penetrata nel lavoro socio educativo; il problema sta quando i servizi vogliono cambiare la fam, non superare la momentanea difficoltà: spesso, molti operatori sono impreparati a gestire i propri pregiudizi e impongono un modello di vita che appare come il più sano e il più giusto, quello più dominante- ma, si dovrebbe vedere, invece, il processo di cura come una conoscenza più approfondita dei processi di apprendimento, delle loro interconnessioni e complessità: non ci si può occupare del problema in maniera lineare! -Dimensione meso E’ il livello intermedio tra macro e micro: consiste nel porre nuovamente il soggetto all’interno di un contesto =Le interazioni che accompagnano ogni apprendimento individuale avvengono a livello meso: i contesti non sono semplicemente luoghi in cui avvengono apprendimenti ma sono essi stessi sistemi evolutivi. La vita familiare avviene a questo livello, che si trova tra livello macro: la fam definisce vincoli e possibilità, e livello micro: ogni componente della famiglia ha una sua unicità. SECONDA PARTE Cap 1: movimenti: il lavoro educativo con la famiglia Nella relazione di cura tra operatore e soggetti-famiglia vi sono dei circuiti riflessivi bizzarri (Cronen e Pearce): sono dei doppi legami responsabili di disagio; in ogni messaggio vi sono due livelli di significato organizzati gerarchicamente= livello di contenuto e livello di relazione la confusione avviene quando non è chiaro quale dei due sia da intendere come superiore in azioni che introducono anche un nuovo modo di parlare: secondo Bateson, infatti, usare le parole per definire le relazioni è molto delicato e nasconde insidie, soprattutto in quelle famiglie che vivono un deve essere un obiettivo del lavoro educativo, non una base di partenza. L’équipe come mente sistemica:rispecchia la circolarità perché si sintonizza sulla complessità della famiglia e la neutralità è la sua linea guida: è una forma di rispetto per ciò che la microcultura della famiglia porta nella relazione. La creatività: l’immaginazione, giocare ruoli e copioni diversi, sognare la famiglia= sono azioni cruciali per la trasformazione della famiglia. -Movimenti per stare tutti bene 1) fedeltà del soggetto a se stesso: dire sì a quello che ci rende felici e no a quello che ci rende infelici 2)Prendersi cura dei legami: significa puntare lo sguardo su qualcosa che c’è già ma è stata trascurata, creare le condizioni per far incontrare i pezzi della famiglia, ricomporre senso delle interconnesioni, riconoscendone la complessità e la difficoltà; significa non negare i problemi. 3) cura del noi: della FAMIGLIA, come insieme di interconnessioni che tiene insieme il piano reale col simbolico. Il senso del noi fa stare tutti un po’ meglio, a meno che non richieda la rinuncia a se stessi 4) rapporto tra famiglia e mondo più ampio: una delle caratteristiche delle fam con cui lavorano i servizi sociale educativi è l’isolamento sociale, che non deve essere affrontato come un problema ma una situazione da interrogare e affrontare. Cura è : costruire proposte educative che creino occasioni sociali di partecipazione, ma ciò nasce quando vi è il contesto giusto. Cap 2 Prevedere l’imprevisto nella tutela minori Tutela minori (T M): sono quelle funzioni pubbliche e quei servizi che hanno il compito di affiancare le bambine, i bambini ecc in favore dei quali è chiesto un controllo. L’Importante è che si eviti di assumere orientamenti e decisioni guidati da presupposti personali: tenere conto di anche i presupposti tutti i soggetti della scena. Due visioni polarizzate nella TM: A) prevalente interesse supremo del minore, per cui ‘ starà sicuramente meglio allontano in una comunità e B) ‘Insieme’ come la cosa migliore e l’aspetto da salvaguardare. Il lavoro educativo che si compie in TM non può rinunciare alla dimensione relazionale che è essenziale -Il paradosso dei processi di istituzionalizzazione nei servizi de-istituzionalizzati anni ’70 chiusura degli orfanotrofi e degli istituti minorili porta alla nascita delle comunità per i bambini e di quelle per mamme e bambini:realtà più piccole, meno rigide e aperte alla trasformazione vivere in comunità non è come vivere in un istituto, ma nemmeno è privo del tutto di elementi istituzionali= vi sono alcuni elem tipici delle istituzioni totale : - Gestione potere - –regolare la vita dei singoli e dei gruppi - – distacco tra vita ospiti e professionisti - – richiamare all’autorità giudiz. Come riferimento imprescindibile che fissa le premesse di quella permanenza: i servizi di TM sono infatti caratterizzati da un significato coattivo, ovvero la presenza del tribunale che obbliga l’operatore da una parte non può dimenticare che si trovi in un contesto di obbligo e, dall’altra, nelle situazioni obbligate si possono comunque trovare e promuovere spazi di libertà: prevedere spazi di partecipazione alle decisioni da parte delle mamme ospiti = gli interventi per ogni famiglia possono essere pensati non sulla base della ‘ riduzione del rischio’, ma sul riconoscere la fase che quella famiglia sta attraversando, sapendo che ci possono sempre essere evoluzioni (Formenti). Cap 3 Tracciare le connessioni: l’ADM come questione di famiglia -l’ADM Interagire con la famiglia all’interno dei propri ambienti permette di co-costruire nella quotidianità delle strategie in grado di resistere nel tempo, anche quando l’ed esce di casa; l’ed deve avere un posizionamento di curiosità nei confronti della famiglia, tenendo costantemente in considerazione il sistema di relazioni complessive che dovrebbero offrire appartenenza e benessere a tutti i membri della famiglia. -La casa Fare un’azione educativa a domicilio significa entrare in un mondo intimo e personale; è dunque un’azione delicata con la quale ogni educatore è chiamato a fare i conti: è normale che ci siano delle resistenze iniziali. Anche perché l’adm è un intervento coatto, decretato dal giudice, per cui l’operatore può essere visto come nemico e non come potenziale risorsa. La casa parla di abitudini, vissuti, relazioni: è dunque importante saper osservare gli spazi senza caricarli di giudizi e categorizzazioni; la casa diventa il SETTING EDUCATIVO per eccellenza Perché: permette di osservare processi e situazioni ripetitive che sarebbero totalmente invisibili in altri contesti educativi. Può anche essere un punto di transito, un luogo per andare in altri luoghi ; il domicilio non si deve trasformare in un vincolo. L’intervento educativo non è incentrato solo sul minore ma su tutti gli altri attori. -La famiglia e l’educatore: dal sostituire al valorizzare le relazioni L’educatore, con la sua presenza, modifica gli equilibri che la famiglia si è creata ( una certa dose di omeostasi è necessaria e funzionale in ogni famiglia) non stupisce quindi che la famiglia opponga resistenze all’ingresso dell’operatore. 1) È importante NON sostituirsi ai genitori: può portare a una sorta di deresponsabilizzazione degli stessi rispetto al loro ruolo educativo e alimenta la convinzione che a) sia il bambino il problema e b) che i genitori siano incapaci di badare al figlio 2) Concentrandosi solo ed esclusivamente sul figlio si mettono sullo sfondo le figure genitoriali ma al contrario, nell’approccio sistemico: si deve partire dalla storia della famiglia, lavorare sulle risorse effettive o potenziali dei genitori = si lavora CON la famiglia perché per far sì che un bambino stia bene è necessario che tutta la fam stia meglio (‘tutti stiano un po’ meglio, Formenti), che riesca ad essere un luogo di cura in cui è possibile stare bene e crescere. Quindi il sistema famiglia è al centro dell’intervento domiciliare, come rete di relazioni essenziali nella vita di un bambino o di un ado, ma questo non vuol dire mettere da parte la SOGGETTIVITA’ E L’UNICITA’DEL SINGOLO: far sì che nessuno si senta isolato 3) Il ruolo dell’educatore: espandere connessioni della famiglia e ricordarsi che tutti i membri della famiglia si sentono attori coinvolti nel processo di definizione delle proprie difficoltà e nella ricerca delle strategie più idonee Cap 4 comporre i legami messi alla prova dal carcere L’arresto del genitore è un momento topico che spezza i rapporti e mette in pericolo i legami. I figli e il nucleo fam sono le prime vittime; Dunque è importante la ricomposizione del nucleo familiare, creare un progetto di cura, soprattutto per: • I FIGLI: hanno il diritto di mantenere i contatti con il genitore detenuto, comprendere ciò che è accaduto; mantenere i legami con i genitori è un bisogno primario, è un diritto sancito dalla Carta internazionale dei Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza all’art 9., ma non sempre rispettato, nei fatti, dal carcere. In questo ambito uno degli obiettivi è la promozione della responsabilità genitoriale: il recupero della relazione con i figli sembra portare la persona detenuta all’assunzione di responsabilità, a ritrovare una motivazione al cambiamento. Per ogni bambino si deve mettere a fuoco un quadro complesso della sua realtà psicologica, scolastica, familiare. • IL GENITORE che resta a casa a occuparsi della famiglia -Il contesto istituzionale: il carcere e le sue leggi Legge 230/2000: attenzione da parte dell’ordinamento penitenziario italiano al sostegno dei rapporti familiari Legge Finocchiario n.40/2001: detenzione domiciliare speciale per madri con figli al di sotto di 10 anni, purchè sia stato scontato un terzo della pena + L.F ha modificato Art 21 dell’o.penitenziario prevedendo l’uscita diurna dal carcere con rientro la sera, per recarsi a lavorare 2011: possib di scontare la pena, se si hanno figli fino ai 6 anni, in una comunità; oggi i bambini possono vivere in detenzione fino ai 3 anni ma dopo tale data viene imposta la separazione forzata, che può assumere tutte le caratteristiche dell’evento traumatico. -Un intervento a più livelli Bambinisenzasbarre: l’attenzione va innanzitutto al bambino, sapendo che il suo benessere è legato al benessere del genitore e di tutta la rete degli altri adulti. Come già detto, il mantenimento della relazione durante il periodo carcerazione è riconosciuto come diritto-dovere del genitore ad assumersi la responsabilità e continuità del suo ruolo. I livelli sono: a) Attività di carattere psicopedagogico in carcere: per figlio e per genitore, il quale deve riconnettersi con la rete di relazioni dalla quale si è separato) b) Azioni di rete a livello locale: entrare in contatto con una rete di rapp istituzionali ( educatori, polizia penitenziaria, a.s. penitenziari) e servizi sociali territoriali (servizi alla fam, TM,) + Tribunale per i minorenni - La cura dei legami in carcere: temi emergenti 1)la QUESTIONE FEMMINILE: arresto della madre determina la rottura della relazione col figlio e il collocamento in comunità del bambino; se il bambini ha meno di tre anni la rottura viene solamente differita nel tempo, aggravandosi. E’ uno dei primo temi a emergere negli anni ’90: anche se leggi penitenziarie all’avanguardia….rimane il problema della separazione traumatica e forzata della prima fase dopo l’arresto: bambino non ha più contatti con la madre, non comprende cosa sia successo, mentre la madre a sua volta non ha notizie del figlio= dato che è un periodo che può durare diversi mesi, c’è bisogno di una ricomposizione della comunicazione tempestiva 2) la verità raccontabile: il primo passo è quello di dire ai bambini la verità sui loro genitori con parole a loro accessibili. ( i bambini sono in grado di comprendere cos’è a legge: la prigione pone Durante l’intervento è importare ‘ allargare lo sguardo’ verso le FAMIGLIE D’ORIGINE; può essere utile il genogramma familiare= è la rappresentazione dell’albero genealogico e dà info su mebri della famiglia: utile perché mette in evidenza l’insieme dei complessi pattern familiari E’ importante ampliare lo sguardo che permette di vedere il carattere sistemico del conflitto ma anche posizionarsi continuamente rispetto a ciò che si vede: vedere l’elemento negativo come una fonte di crescita. Cap 6 Costruire consapevolezza nella relazione con le famiglie Siccome l’educatore si trova all’interno di un sistema complesso è importante avere molta consapevolezza= auto consapevolezza è una forma di attenzione non reattiva e non critica verso i propri stati interiori permettono di conoscere sia lo stato d’animo che il pensiero su di esso. L’educatore deve essere consapevole del fatto di essere parte di un sistema entro il quale interviene; spesso ci possono essere dei pregiudizi: ‘ famiglia assente’: non è assolutamente considerata, ‘ diffidenza verso famiglia vista come distante o potenzialmente problematica, ‘ la ‘famiglia sbagliata’: carente, deviante, patologica. -Scontro: spesso gli educatori vedono la famiglia come un ostacolo al lavoro fatto nel Centro, ma le due dimensioni di vita che vivono sia la famiglia che gli ed del Centro devono incontrarsi: in uno sguardo condiviso, con radici nel passato e sguardo al futuro. I conflitti sembrano inevitabili, ma avviene la scoperta dell’altro e dei propri limiti= senza lo sguardo dell’altro, il suo rispecchiamento, senza il confronto delle idee, è molto difficile riconoscere i propri pregiudizi e schematismi mentali. -Le proprie relazioni familiari: il contatto con le famiglie sollecita il ricordo o la riflessione sulle proprie esperienze familiari l’esperienza personale permette di connettersi empaticamente con le dinamiche che osserva nelle famiglie del Centro. -Nella mente dell’educatore: Le neuroscienze negli ultimi 30 anni hanno confermato l’esistenza di circuiti reattivi automatici questo fa sorgere una domanda: se l’educatore reagisce in maniera automatica a una serie di stimoli, come può l’interazione educativa avere un carattere intenzionale? L’automatismo della risposta introduce delle domande di senso che l’ed deve porsi, per introdurre una pausa, una comprensione tra lo stimolo e la risposta per ampliare le possibilità di scelta= riflettere sull’intervento educativo. -Pratica di consapevolezza nella relazione: attraverso due strumenti utilizzati dal PTM: 1) OSSERVAZIONE DI SE’: ‘L’auto-osservazione ci permette di riconoscere il nostro egocentrismo e di prendere la misura delle nostre carenze, delle nostre lacune, delle nostre debolezze’ (Morin, 2005) mentre osservo me stesso, osservo e porto attenzione all’altro + porto alla luce pregiudizi. 2)LA MEDIAZIONE: permette l’incontro tra i saperi dell’educando e dell’educatore affinché si verifichi un effettivo apprendimento da parte di quest’ultimo * L’intervento Sistemico Ottica sistemica: concetti introduttivi, sviluppo storico, nuove tendenze -La teoria dei sistemi: La teoria dei sistemi fa capo a von Bertalanffy (1956): ha una matrice di tipo biologico ma ha influenzato il campo delle scienze sociali. Secondo Bertalanffy il SISTEMA è: un insieme di elementi che interagiscono tra loro, presupponendo l’interdipendenza tra le parti e la possibilità di un cambiamento attraverso la reversibilità della relazione. I sistemi possono essere di due tipi: chiusi o aperti. CHIUSI: sistemi che non hanno relazioni con l’ambiente. APERTI: sono formati da elementi interdipendenti che hanno un continuo scambio di informazione in entrata ed uscita con un ambiente (contesto) dinamico a cui il sistema organizzativo deve continuamente adattarsi. Il principio organizzatore di quest’ultimi è l’informazione; INPUT è l’informazione che entra nel sistema, OUTPUT quella che esce. Watzlawick –uno dei pensatori della teoria sistemico-relazionale” nella “Pragmatica della comunicazione umana” descrive le caratteristiche più importanti dei sistemi aperti: 1. TOTALITA’ di un sistema aperto: Le parti che compongono il sistema sono strettamente interdipendenti le une alle altre; ciò significa che qualsiasi cambiamento di una provoca cambiamento in tutte le altre parti. Quindi Il sistema non è uguale alle somma delle sue parti, bensì deve essere studiato nel sul complesso. 2. RETROAZIONE di un sistema aperto: la circolarità è una caratteristica tipica dei sistemi aperti. Un’informazione che va dall’emittente al ricevente comporta una successiva informazione di ritorno (feed-back) da quest’ultimo all’emittente. Ogni informazione di ritorno può avere due effetti: 1)o fa raggiungere l’OMEOSTASI; l’omeostasi è la stabilità del sistema ed è negativa perché è refrattaria al cambiamento. 2)o fa raggiungere la TRASFORMAZIONE; la trasformazione provoca una perdita di stabilità e di equilibrio del sistema ed è positiva perché favorisce il cambiamento. I due processi di omeostasi e trasformazione sono complementari e portano all’autoregolazione del sistema. Infatti se vi è un eccesso di trasformazione si arriva alla dissoluzione del sistema; al contrario, se vi è un eccesso di stabilità si rischia che il sistema perda flessibilità e fornisca risposte ripetitive, inefficaci e incoerenti. 3. EQUIFINALITA’ di un sistema aperto: i risultati di un sistema aperto, ovvero le modificazione che avvengono in quest’ultimo, non sono determinati dalle condizioni iniziali ma dalla natura del processo. gli stessi risultati possono avere origini diverse, contrariamente a quanto accade per i sistemi chiusi in cui sono le condizioni iniziali, di partenza, a determinare i risultati; così come, viceversa, risultati simili possono derivare da premesse differenti -Gli assiomi della comunicazione umana: Gli studiosi della Pragmatica della comunicazione umana sono Watzlawick, Beavin e Jackson (1967); la pragmatica è lo studio del rapporto tra trasmettitore e ricevitore, mediato dalla comunicazione. Nel linguaggio corrente si utilizzano frasi, modi di dire quali: «Fra quei genitori e il loro figlio non c' è comunicazione» ; «Quella coppia non comunica»; «La nostra équipe non funziona, si dovrebbe comunicare di più!». Si dà per scontato che comunicare equivalga a parlare e parlare di cose "intime", "profonde", "impegnate". in realtà, la comunicazione è molto più complessa!! I termini della comunicazione: messaggio una singola unità di comunicazione; interazione una serie limitata di messaggi scambiati; modelli di interazione unità di comunicazione di livello più elevato Gli ASSIOMI (i concetti fondamentali) della comunicazione : 1. E’ IMPOSSIBILE NON COMUNICARE: ogni comportamento è comunicazione è impossibile non comportarsi, quindi è impossibile non comunicare. Il fatto di non parlare, di ignorarsi reciprocamente, di isolarsi, non indica "non comunicazione" . 2. OGNI COMUNICAZIONE HA UN ASPETTO DI CONTENUTO E UNO DI RELAZIONE: Bateson (1972) individua due aspetti contemporaneamente presenti nella comunicazione: 1) la notizia: il contenuto 2) il comando: la relazione La relazione definisce il contenuto; quanto più una relazione è spontanea tanto più acquista importanza il contenuto e più recede sullo sfondo l’aspetto relazionale. 3. LA NATURA DELLE RELAZIONI DIPENDE DALLA PUNTEGGIATURA DELLE SEQUENZE DI COMUNICAZIONE TRA I COMUNICANTI: la punteggiatura organizza gli eventi di una comunicazione ma è un’operazione arbitraria compiuta da uno dei due comunicanti, quindi non sempre è condivisa dall’altro e può provocare conflitti di relazione. 4. COMUNICAZIONE VERBALE E ANALOGICA: 1) Comunicazione verbale: nominare una cosa attraverso la parola; adeguata per tramettere notizie, conoscenze, informazioni; altro grado di complessità e di astrazione; consente menzogne 2) Comunicazione analogica: espressioni non verbali come la posizione del corpo, il ritmo, la cadenza della voce come pure i segni di comunicazione presenti nel contesto in cui la comunicazione ha luogo. Basso grado di complessità e astrazione; difficile mentire.
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