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REALISMO. A. Negri, da Courbet agli anni 20, Dispense di Storia Dell'arte

Dispense per storia dell'arte Contemporanea

Tipologia: Dispense

2019/2020

Caricato il 28/02/2020

Samsam3
Samsam3 🇮🇹

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Scarica REALISMO. A. Negri, da Courbet agli anni 20 e più Dispense in PDF di Storia Dell'arte solo su Docsity! e dell'utopia. Non si trattava, naturalmente, degli unici realismi possibili. Si sono sentiti realisti — o sono stati dicl che hanno rappresentato la realtà usando specchi concavi e convessi: per cambiarla, per mantenerla così com'era o semplicemente per raccontare delle storie, Alcuni grandi temi contemporanei — la vita urbana, la civiltà industriale e di massa, la guerra — hanno con- centrato su di ‘attenzione di pittori e scultori che hanno dilatato fino al nostro secolo il linguaggio del naturalismo, affermatosi come genere di moda, più o meno stucchevole ma di sicuro successo, nelle esposizioni internazionali tra Ottocento e Novecento. Gli stessi temi, d'altra parte, soprattutto nei contesti tedesco, sovietico, inglese ce americano degli anni Venti, hanno stimolato ricerche stilistico-for- mali fortemente innovative, ricche di intrecci con problematiche e modi espressivi delle avanguardie ma pure fondamentalmente legate all'idea di dare forma, indagare o svelare la realtà attraverso un linguaggio che avesse per vocaboli «tutti gli oggetti vi li usasse per rappresentare soltanto «delle cose reali ed esistenti», come a suo tempo aveva scritto {e fatto) Courbet. La linea del realismo si è così sviluppata zigzagando, secondo continui capovolgimenti di prospettiva, tra le declinazioni innume- revoli del naturalismo documentarista e il sovversivismo estetico-po- litico che aveva avuto nel maestro francese il suo primo campione: da un lato il compiacimento tranquillizzante della norma e l'acca- demia di una supposta «copia dal vero», gradevole da vedere e facile da capire, dall ‘altro la deviazione provocatoria dalla normalità la negazione sistematica del consolidato, del ripetitivo, dei valori eterni e degli eterni ideali, dentro e fuori del campo delle forme. I realismi degli anni Venti meno toccati du inclinazioni meta- fisico-magiche costituiscono l'esito più importante, quanto a diffu- sione e qualità di risultati, della vicenda artistica apertasi alla metà del XIX secolo con le intemperanze di Courbet e dei suoi amici. La situazione cambia strutturalmente nei primi anni Trenta, quando massicci interventi dei governi nel sistema della produzione artist — negli Stati Uniti come in Germania o in Unione Sovietica — favoriscono lo sviluppo di realismi di segno opposto, celebrativi e idealizzanti, classicisti e accademi Con i nuovi realismi di Stato il «discorso del realismo» vede capovolti i suoi princìpi di partenza. Vecchi fili, non sempre inter- rotti, non tardano a riannodarsi: ma si tratta, ormai, di un altro discorso. Antonello Negri Capitolo primo Un’arte viva per un pubblico nuovo . Realismo: difficoltà di definizione 11(1855 fu l'anno del Pavillon du réalisme di Courbet durante l'Esposizione universale di Parigi: fu anche l'anno della prima ag- gregazione, in Italia, di un movimento realista nazionale ', mentre in Russia, con il suo Rapporti estetici dell'arte con fa realtà, Cer- nySevskij poneva le basi teoriche della pittura degli Ambulanti *. Il termine realismo era già comparso nel linguaggio della critica narigina dopo il 1850*, ma fu intorno a quel fatidico 1855 che ebbe inizio la sua fortuna nel campo dell'arte *. Tale fortuna, durata fino a oggi e presumibilmente non conclusa, è stata direttamente proporzionale alla molteplicità dei suoi significati, dunque a pos sibilità di impiego piuttosto elastiche, per le quali chi scriveva di arte non si preoccupava troppo di stabilire confini. Se n'era accorto Roman Jakobson, che, nel saggio Du réalisme artistigue (1921), sottolineò le «conseguenze fatali» dovute all'«impiego disordinato di questa parola dal contenuto estremamente vago». Il linguista russo individuava una prima fonte di ambiguità del termine nella sua confusa utilizzazione per definire ora le aspirazioni degli artisti, ora le percezioni degli spettatori: in un caso chiamando realista «l'opera che l'autore in questione propone come verosimile», nel- l’altro chiamando realista «l'opera percepita come verosimile du colui che la guarda». © D'altra parte, lo stesso concetto di verosimiglianza artistica — così come quello di imitazione della natura — risulta assai poco solido, poiché la fedeltà oggettiva e assoluta al vero, o al natura appare tale soltanto in ragione di convenzioni rappresentative tran- sitorie, in continua evoluzione. Tanto più che i i egli ori e gli sculto a seconda dei loro programmi di innovazione del linguaggio artistico, o di sua conservazione, hanno inteso come ricerca della sealià tanto la deformazione quanto la perpetuazione di canoni artistici dominanti. Analogamente, dal punto di vista degli spettatori € della 4 1 Un'arte viva per un pubblico nuoro critica, e in relazione alla loro disposizione più o meno aperta nei confronti delle novità linguistico-formali, si è determinata una percezione di realismo ora in opere che inframprvano Te le abitudini figurative consolidate, ora in opere che le assecondavano. — Quando Delacroix espose La Libertà che guida it popolo al Salon parigino del 1851, la parte più conservatrice della critica, con differenti sfumature, lo accusò di andare contro natura, di rappresentare personaggi e dettagli che non si erano mai visti du- rante le giornate di luglio *, di essere inverosimile nella sua smania di rendere brutta ogni cosa. Al contrario, la critica di parte repub- blicana, bonapartista e liberale di sinistra — più aperta alle novità, in questo caso non soltanto politiche e ideologiche — trovava la scena inventata da Delacroix assolutamente vera, non forzata, cor- rispondente all'autentico clima di quelle giornate, argomentando che nel quadro si ritrovavano le stesse facce, gli stessi tipi effettivamente isti per strada durante la rivoluzione * Ulteriori complicazioni sono de stenza di una cor- rente ottocentesca storicamente nota come realista — con qualche jone coincidente con la linea più innovativa della pittura rancese tra 1840 e 1860 circa” — abitualmente usata come punto di riferimento obbligato per_stabilire il grado di realismo della produzione artistica anteriore e, soprattutto, posteriore, sia in Fran- cia sia in altri paesi europei ed extraeuropei. Della problematicità del termine erano comunque già consape- voli i primi protagonisti del Realismo alla metà del secolo scorso. La sua oscurità era manifesta a Courbet, che nel testo programmatico pubblicato nel catalogo del suo Pavillon rifiutava di spiegarsi sulla «maggiore o minore esattezza di una qualifica del genere [quella di realista] che nessuno, bisogna sperarlo, è tenuto a capire a fon- do» *; d'altronde, il letterato e amico di Courbet Champfleury, uno dei primi teorici del movimento, sarebbe ben presto arrivato al conclusione che il Realismo era vecchio come il mondo, che ti erano sempre esistiti” e che quella parola dovesse essere considerata «come uno degli scherzi più divertenti dell'epoca» ". Alla difficoltà di attribuire un contenuto preciso al termine da parte degli special e > letterati - che per. primi pre generico trova una prima codificazione nelle formulazioni dei di Di questo neologismo diventato ben presto di moda il francese Dictionnaire de l'Académie, ne dizione del 1878, riportava la seguente definizione, relativamente Il Realismo. Du Courbet ugli anni Venti wu al suo impiego in campo artistico e lettera «En termes d'art et de littérature, reproduction minutieuse cl servile des choses», pro- ponendo il modo di dire «On trouve dans ses ocuvres un réalisme choquant» "!. Mentre, nel Nuovo dizionario universale della lingua italiana del Petrocchi, pubblicato tra 1884 e 1891, leggiamo che il Realismo è una «dottrina artistica che vorrebbe considerate le cose nel puro aspetto del vero materiale, escludendo l'ideale». Semplificazioni e definizioni del genere non servono certo a chiarire il senso del termine, ma riflettono bene quello che era diventato il modo più comune e diffuso di intendere il Realismo, dopo che l'avanguardia artistica del ‘48 ne aveva fatto la propria paroli d'ordine con, tutto sommato, intenzioni diverse — come ve- dremo — o comunque non semplicemente riconducibili a quelle codificazioni. Per rendersi conto dell'effettiva mancanza di contenuti di un termine apparentemente così chiaro, può essere utile mettere a con- fronto il suo senso comune — quello generalizzato dai dizionari è accettato da un pubblico ampio, non necessariamente sprovveduto ma neppure specializzato — con il modo in cui, nel nostro secolo, è stato usato da una parte degli stessi_ qrtisti. Certamente, infatti, sono definiti realisti — 0 tali sono st i dalla critica — ttori e scultori che-hunno perseggiio.inia.ari produce minuziosa ce_servile delle cose», secondo un ampio ventaglio di declinazioni linguistiche e con_intenzioni programmatico-poctiche diverse. Ma, accanto n essi, anche artisti del tutto disinteressati alla rappresen. tazione delle forme visibili hanno, talvolta con_maggiore forza e polemica convinzione, rivendicato la propria qualità di realisti; come quei «nuovi artisti realisti» la cui ricerca di una massima deforma. zione della composizione accademica trovava le proprie ragioni, per Jakobson, in una forte tensione d'avvicinamento al vero, Secondo Kandinsky, per esempio, il puro realismo coincideva con «un fantastico a un livello superiore, il fantastico incarnato nella materia più concreta». Nello scritto Uber die Formfrage (Sulla questione della forma), pubblicato nel 1912 nell'«Almanacco del Cavaliere Azzurro», questo argomento veniva ulteriormente svi. luppato in relazione all'opera del doganiere Rousseau: prendendo lo spunto dal suo modo particolare di dare forma all'immaginazione, Kandinsky cercava di dimostrare che il grande Realismo di un'epoca ormai alle porte sarebbe stato — come, dal suo punto di vista, effettivamente già era la pittura del francese — equivalente all'Astrat- smo, anzi assolutamente identico a esso, Alla prima mostra della redazione del «Cavaliere Azzurro» (Monaco, dicembre 191 I-gennaio 1912) due dipinti di Rousseau — una Strada e un Paesaggio — rendevano conto di quel puro realismo complementare alla non lo 4. Unvarte viva per tn piebblico n loro brutture e dei loro crimini. Bisogna dunque che lo scultore è pittore, allo stesso modo del cantante, percorrano un vasto diapason, mostrando la bellezza, di volta in volta luminosa o offuscata, in tutta la vastità della scala sociale, dallo schiavo ul principe, dalla plebe al senato, Non avete saputo dipingere che degli dei: ma bisogna anche rappresentare i demoni, L'immagine del vizio, come quella della virtù fa parte del campo della pittura e della poesia: assecondando le intenzioni dell'artista, ogni figura, bella 0 bruttu, può soddisfare lo scopo dell'arte. Che il popolo, riconoscendosi nella propria miseria, impari ad arros- sire della propria viltà e a detestare i tiranni; che a nudo nella propria oscena opulenza, riceva su ci le frustate del proprio parassitismo, della propria (Il nostro pubblico conservatore non è essere chiamato onesto e moderal lo si creda tale. Un artista che nella pratica del suo studio seguisse principi estetici qui formulati sarebbe trattato da sedizioso, cacciato dai concorsi, privato delle commissioni statali e condannato a morire di fame). Che il magistrato, il militare, il mercante, il contadino, che tutte le classi della società, riconoscendosi di volta in volta nella rappresen- one della loro dignità e della loro bassezza, imparino, attraverso la gloria o la vergogna, n modificare le propri a correggere i propri comportamenti, a perfezionare le proprie istituzioni. E che ogni genera- zione, depositando sulla tela e sul marmo il segreto del suo carattere, arrivi alla posterità senz'altro biasimo — o npologia — che le opere degli artisti questo avviso. Non gli basta vuole che lo si faccia bello e che in questo modo che l'arte deve partecipare al movimento della società, provocarlo e seguirlo ?*, L'arte viva che Courbet indica come suo scopo sembra forte- mente influenzato dal pensiero di Proudhon: essa è inoltre essen- ulmente eterodiretta, coincidendo con una sistematica deviazione dalle convenzioni rappresentative, mirante non tanto a stabilire nuo- ve regole formali o di stile, ma a ire un rapporto immediato, sulla base di una comunicazione trasgressiva, con un pubblico di. verso da quello dei Salon (si direbbe che Proudhon volesse riferirsi proprio a Courbet quando scriveva dell'artista sedizioso, cacciato dai concorsi, privato di commis: statali e condannato a morire di fame). Al racconto e alla conoscenza della società contemporanea si mescola, nelle sue opere, l'appello per una sua trasformazione. Ma, al di tà delle dichiarazioni di principio, il programma cour- bettiano del 1855 è generico — forse necessariamente — quanto modi di risolvere nello specifico pittorico quegli impegni di poctica. In effetti, | dipinti eseguiti fino al 1855 — da lui stesso collegati alla nozione di realismo — non sembrano affatto riconducibili a un modo univoco di procedere, ma a una «mobilità» di soluzio strutturali antitetica a qualunque forma di assolutismo idealizzante, perfettamente sintonizzato, dunque, sulla lunghezza d'onda della Il Realismo, Da Courbet ugli anni Venti UL) proudhoniana filosofia del progresso. Per molti di quei dipinti la presa diretta su una realtà osservata senza mediazioni gioca un ruolo importante: può essere il caso degli Spaccupietre (1849), due manovali che l'artista incontrava «ogni giorno andando a spasso» ?’. Il quasi coevo Funerale a Ornans (1849-50) colloca invece una folla di personaggi altrettanto autentici e nettamente individuati = Tomi concittadini dell'artista — entro uno schema compositivo for- temente condizionato dall'iconografia popolare ?”, nello stesso modo in cui un dipinto di qualche anno più tardi, L'incontro (1854), ripete puntualmente un dettaglio della stampa popolare ottocentesca La vera immagine dell'ebreo errante; Pompieri che accorrono a spegnere un incendio (1850-51) parrebbe invece derivato dal più ‘alto modello rembrandtiano della Ronda di notte. Lo studio del pittore, infine, terminato appena in tempo per essere esposto nel 1855, dunque il dipinto cronologicamente più vicino alla dichiara- zione di Courbet su cui ci siamo soffermati, venne definito dallo stesso artista come «allegoria reale che fissa una fase di sette al della mia vita artistica», proponendo così un'ulteriore possibilità: quella dell'accostamento di personaggi realmente esistenti (gli umici del pittore nella parte destra del quadro, tra cui si riconoscono Baudelaire, Buchon, Champfleury) a figure d'invenzione ancorché, forse, «tipiche» della società contemporanea ”*, se è lecito mutuare il famoso termine introdotto da Engels — che pensava in primo luogo a Balzac — c poi ampiamente usato da Lukacs, sempre in campo letterario, come fondamentale categoria della sintesi artistica realista **, Il denominatore comune di opere conce in termini così dif- ferenti è indicato dallo stesso Courbet in una dichiarazione del 1861: La pittura è un'arte essenzialmente concreta e può consistere solo nella rappresentazione delle cose reali ed esistenti, E un | Ì teramente fisico, che ha per vocaboli tutti gli oggetti visibi astratto, invisibile, che non esiste, è estranco all'ambito della pittura **, Il fatto che il pittore realista usi esclusivamente «vocaboli» de- suniî dal mondo delle cose «reali ed esistenti» non esclude però — come si è visto — che tali vocaboli diano luogo a rappresentazioni costruite in base a convenzioni compositive di altre epoche 0 di iradizioni culturali non_accademiche;_in questo modo si precisa la courbettiana «conoscenza intera della tradizione» come_ fonte per un'«arte viva» del proprio tempo. Courbet non era affatto «tutto occhio»; la sua pittura, soprattutto fino al 1855, aveva una decisiva componente di elaborazione intellettuale che rendeva le sue opere — alcune in particolare — estremamente pregnanti, ricche di significati 12 IL Un'arte viva per un pubblicò n i vedeva. Una delle come caratteriz- zanti la pittura realista — il mettersi di fronte alla realtà come per prima volta — era raramente soddisfatta da Courbet, che, al contrario, spesso ripeteva e mescolava nelle suc opere figure e schemi formali desunti da tradizioni figurative di diverso genere, Dalla combinazione della pratica pittorica di Courbet con la sua po: non si può dedurre nessuna regola di un'arte realista, La sua adesione immediata alla realtà non è da intendere, per lo più, come adesione all'oggettività, peraltro comunque equivoca, del sempliec dato visivo. Egli si serviva di «vocaboli»-immagini corri l'ambito di discorsi Imente connotabili come oggettivi, oni dal vero» e con- i limiti e le regole della tradizione artistica Possiamo pensare che il suo scopo fosse di definire modelli più avanzati di rappresentazione della realtà, caratterizzati da sperimentazioni, aggiustamenti e trasformazioni for- mali detern non sottovalutare — anche dalla volontà di rivolgersi a un pubblico diverso da quello della produ. zione artisti spondenti, sì, a cose conereie compositivi e formali ben dil raramente corris tinuamente conformista. 3. Realismo e maniera realista carattere particolare del realismo di Courbet — «l'internazio- nalista, sovversivo nel disegno, nell'esecuzione e nei soggetti [...] che dipinse, come avrebbe potuto farlo Velasquez, una cosidetta Venere d'Ornan, ignobile massa di carne, sudicia, untuosa, ma viva, palpitante, sopra un fondo di paesaggio vero come vero» " — e non soltanto in Francia. sporchi («dei villani a un funerale, degli stradaioli che rompono dei sas tornano mezzo ubbriachi da una conferenza clericale, sé stesso colla sua modella nel proprio studio, due o tre signore di provincia ai spasso in un valloncello del suo dipartimento, una donna enor- memente grassa e nuda, che si bagna a un ruscello») ” non era, di per sé, una novità ò che infastidiva il pubblico della bella pittura e la critica che di tale pubblico si faceva portavoce M era, soprattutto, il fatto che quelle «scene moderne popolari», fino a Courbet trattate in piccoli quadri, venissero da lui dipinte «in quadri i . dunque con un'esplicita equiparazione al di grandi « e più alto nella gerafchia accademica, quello della pittura di 14 I, Uniar va per un pirbblico ntiovo La prosa ottocentesca di Lefèvre, Viardot e Chirtani *’, divul. gativa ma nient'affatto generica, descrive in termini conerei pro. blemi sollevati dalla provocazione di Courbet: non ultimo quello della contrapposizione del suo realismo — che, secondo loro, avrebbe potuto costituire un modello esemplare di riforma della pittura, ed esercitare una grande influenza sui contemporanei — all'«eccesso dell'imitazione» dell’«arte ufficiale», che però «colla forza delle com- missioni per grandi lavori ordinati dal Governo, fu più influente ancora» *, Quell'«eccesso dell'imitazione» è identificabile con la maniera realista che secondo Weisberg caratterizzava, per esempio, tanto la pittura di pietistica documentazione della vita contempo. ranea di Antigna e quella patriottica ed edificante di Pils *”, sostenute con entusiasmo dalla borghesia francese e dal governo, quanto la produzione di pittori come Breton, la cui scelta occasionale di temi sociali * non implicava necessariamente un atteggiamento di protesta né, tantomeno, poteva essere considerata minacciosa verso l'ordine costituito *. Invece, il modo di essere realista di Courbet veniva ritenuto pericoloso; e un dipinto come_/ fottatori (Fig. 1) poteva risultare, al pubblico artistico contemporaneo, non soltanto sgradevole, ma addirittura sovversivo. C'è da chiedersi quali fossero le ragioni di Tale ricezione, che risulta poco comprensibile, oggi, quando ci si limiti alla pura visione del quadro; ma che era as- solutamente naturale e immediata nel 1853, quando fu esposto al Salon insieme a Le bagnanti e La filatrice addormentata. Il quadro appare come una presa diretta dal vero, in cui vengono raffigurati due lottatori che si stanno battendo in un'arena: ma la si riferita a un luogo realmente esistente (l'ippodromo parigino degli Champs Elisées, vicino all’Arco di Trionfo di cui si intravvede la sagoma dietro una cortina di alberi) e a un avveni mento usuale, come può esserlo un incontro di lotta, è in effetti Ila base di sistematiche deviazioni dal vero, se con tale termine ci si riferisce al reale svolgimento di uno spettacolo del cenere in quel luogo e in quei termini Courbet — che pure doveva avere assistito a incontri di lotta — non sembra basarsi su un'esperienza visiva personale; parrebbe invece aver usato come modelli, fondendoli, due dipinti dello Zurbaran (Separazione dei monti Calpe e Abyia e Cattura di Cerbero, del ciclo delle Fatiche di Ercole dipinto nel 1634 e oggi al Prado), arrivando alla rappresentazione di una «mac- china muscolure a quattro zampe» *' non credibile da nessun punto i vista, Una posizione come quella che vediamo raffigurata, infatti, non è contemplata dalla specifica manualistica sportiva né sembra effettivamente praticabile, poiché mette insieme due mosse — il colpo H Realismo. Da Courbet agli anni Venti 15 d'anca e la cravatta alla Frangois le Bordelais — che in un vero incontro si escludono. upazioni dell'artista non doveva_esserci Dunque, tra le_pre I quella di rendere oral mente la tecnica della lotta, Né Courbet si sforza di costruire a regola d'arte le anatomie dei personaggi, che risuliano piuttosto come assemblaggi di singoli pezzi, ciascuno dei quali trattato con meticolosa attenzione ai dettagli — le famose, secondo alcuni disgustose, varici di una gamba del lottatore in braghe rosse — 0 di eseguire una composizione nel suo complesso rispettosa dei dettami accademici. Questa disarticolazione,. d'altron- de, riguarda anche il rapporto tra il gruppo dei lottatori e il resto ci quadro, nel senso che i primi risultano. avulsi dal fondo, dal Tuogo in cui si svolge l’azione, come un frammento di puzzle giu siapposto ad alîri pezzi con i quali intrattiene relazioni inaudite, gravemente scorrette secondo le regole composilive generalmente valide nel 1855. Frammentarietà, semplificazione, forte_evidenzia- zione di dettagli, mancanza di relazioni organiche tra le parti sono caranteri della pittura di Courbet che ricorrevano nelle figurazioni popolari te_che ben presio avrebbero contraddistinto i manifesti bblicitari): immagini, in entrambi i casi, destinate a un pubblico Come nei manifesti, c'è una sfida; lo spettatore è direttumente messo a confronto con l'immagine, da cui riceve l'impulso ad agire nel senso indicato dal produttore. Come per i manifesti, il messaggio del quadro non si esaurisce nella composizione . Il pittore rivolge il suo appello direttamente al pubblico, e lo fa nel modo più penetrante, Dunque i realismo di Courbet implica mezzi esecutivi che portano un messaggio sar indirizzato allo spettatore, o meglio a un certo gruppo di spettatori Il senso della comunicazione di Courbet, rivolta a «un certo di spettatori», comincia a prendere forma, in primo Tuogo, Ste Trpure dei lottatori che, giù come attualizzazione di modelli rogramma di pittura polemicamente alt mitolo , manifestavano Un p ) alla mitologia_alla_r contemporanea, È c'è di più. semplicemente di scegliere un soggetto contempo. trattorlo in termini linguistici non accademici, ma di costruire un'immagine dove i riferimenti alla situazione reale del periodo — allora chiari, oggi necessitanti una decodificazione — im. plicassero un appello politico indirizzato a un pubblico determinato, — Tlottatori apparvero alla critica come vera e propria incarna. one del brutto: Courbet non aveva avuto soltanto Il torto di egnarli male, ma anche di averli fatti sporchi, ripugnanti, brutali, neri, Nel loro dominante tono cupo, «grigio», si può leggere una preciso imienzione dell'autore di non idealizzare né i corpi degli 20 1 Un'arte viva per tm pubblico nuoro dustria» e ottenne un primo riconoscimento dal governo, che lo incaricò di documentare i fatti della rivoluzione di febbraio; nono- stunte fosse repubblicano, la sua piccola fortuna continuò anche sotto il Secondo Impero, quando gli venne confermato l'incarico, avuto nel 1851, di eseguire dipinti murali per l'Ecole des Mines — oggi distrutti — a documentazione di tutti gli aspetti dell'industria metallurgica, dall'estrazione del minerale alla sua prima lavorazione. Del suo lavoro di accurato indagatore della storia industriale con- temporanea rimangono comunque alcune notevolissime tele, come la veduta di un paesaggio artificiale moderno, Miniere di carbone e cave d'argilla a Monichanin (1860, Municipio di Montchanin), dove macchine e impianti prevalgono sul «naturale», e la Forgiatura al maglio di un albero motore a Indret (1864 c., Ecomuseo di Le Creusot, Fig. 2) Ma anche il r in quanto tale, è relativo e discutibile, benché i motivi delle sue infrazioni — del: suoi modi di alterare il «vero», il dato visivo elementare — fossero diversi” da quelli di Courbet, in quanto commisurati ad altri obiettivi. ivi, Egli voleva in primo luogo documentare con chiarezza didascalica quei procedimenti del lavoro industriale moderno la cui organizzazione perfettamente pianificata gli sembrava il modello di un sistema sociale ben funzionante, dove tutti concorrevano armoniosamente il ruggiungimento di uno scopo comune, Per mostrare didatticamente tutto, ecco allora la necessità, nella Forgiatura, di eliminare gran parte di una delle colonne di sostegno delle capriate del so) fitto, _ che si frapponeva tra l'occhio suo (e di chiunque avrebbe poi guardato il quadro) e il centro focale della scena, con il risultato, polare e di certo poco realistico, di un mozzicone di capitello appeso a una tive appoggiati sul nulla, ; La sua idea di lasciare ai posteri una «storia pittoresca dell'industria» ” si serviva di espe- dienti compositivi giù ampiamente usati dai disegnatori delle tavole dell'Encyclopédie per mostrare senza ostacoli visivi figure, ogge ni su cui si volevano fornire informazioni complete, senza at- tenersi al loro contingente svolgimento in un luogo determinato. Il contenuto didattico dei suoi dipinti, d'altra parte, si allarga ismo di Bonhommeé dalla semplice documentazione di un processo lavoralivo alla visua- lizzazione della filosofia da esso sottintesa. Le macchine raffigurate eo I navale in primo piano — rendono conto pienamente del livello raggiunto dalla tecnologia metallurgica intorno al 1860 in Francia: esse sono disegnate nei dettagli, con_ attenzione. ngcgneresca per tuttii meccanismi, Lo stesso «determinismo plas ico» | " che gover- nova il suo approccio all'immagine gli imponeva, però, una maniera diversa di dipingere, nella stessa opera, gli uomini in azione, che It Realismo, Da Courbet agli ini Vettdi 2I vediamo delincati senza contorni precisi, come riverberi colorati della | luce violenta del metallo incandescente, Alla resa dell'osser- "vazione del vero, secondo modi pittorici di volta in volta adeguati “alle_cose_rappresentate. si. combina_una composizione ordinata — non eversiva del dettato accademico — attraverso la quale Bonhommé rifletteva un'ideologia sainisimoniana a agli antipodi del sovversivismo di Courbet e, viceversi i listico riformismo di Napoleone Il Nel suo insieme, l'opera di Bonhommé, precedendo di un de- cennio i dipinti di analogo soggetto dei tedeschi Paul Meyerheim. e Adoiph Menzel (Figg. 3 c 4), descrive e celebra le «conquiste pacifiche» ottenute da un esercito i cui capitani erano gli intellet- tuali, i tecnocrati, gli ingegneri che «in fondo alla miniera consultano fa bussola e indicano la vena da attaccare; nel momento della colata spiano il termometro, pronti a dare il segnale di apertura dei crogioli; davanti al maglio fermano e trasformano al momento voluto la compressione», mentre intorno a loro si muoveva ordi. natamente, dis plinatamente,_; armoniosamente. la truppa dei lavo- ratori manuali, tutti impegnati nei loro compiti «come marinai al posto d combattimento» ?", Nella suo Histoire de l'imagerie poputaire (Parigi 1869), Cham- plleury aveva scritto che il Realismo si sarebbe dovuto sviluppare anche in grandi pitture mura ne edifici pubblici: un'idea già presente in Du principe de sui temi dell'industria moderna, col. locate difici l'art et de sa destination sociale di Proudhon, in cui si sosteneva che gli artisti avrebbero dovuto essere tra gli agenti più attivi del progresso e di uno morale sociale anche attraverso l'impiego delle opere da essi prodotte per la decorazione di scuole, stazioni, officine Gli stessi Courbet e Manet ‘° volevano «decorare con sir le stazioni ferroviarie», cioè i luoghi per eccellenza della modernità, dove inche un pubblico popolare grande, mutevole, in continuo movimento, avrebbe potuto godere dell'arte contemporanea. Il problema di una destinazione-edi un uso sociale dell'arte aveva fe sue radici nella cultura illuminista e nei suoi sviluppi legati a correnti di pensiero saintsimoniane, fourieriste, positiviste si esso si manifestò, parallelamente all'avvio della questione rea! sta, come esigenza di secolarizzazione dell'arte, «proprietà e gloria na- zionale» *, successivament _ COME. pressione sul governo perché as- sumesse un ruolo di inci i e di guida. dell'arte « roprla: mente detta», cioè dell'arte «seria e monu *. Il cambiamen- to di forma praticato da Courbet per arrivare a un pubblico più ampio andava di pari passo con un programma di «incanaglimento» dell'arte che in un'ottica del genere cera invccettabile. La sua pittura 24 I, Un'arte vi sa per un pubblico nuovo non poteva essere considerata, dallo Stato, seria e monumentale, cosicché i vaghi — ma indi progetti suoi e di Manet di decorazioni murali per stazioni, potenziali veicoli di nuove forme per nuove comunicazioni, non ebbero alcun seguito concreto. Fu invece proprio Bonhommé, con la sua maniera meno pro- blematica, ma più didattica € positiva, il primo pittore del XIX secolo a svolgere in dipinti murali temi di vita contemporanea. Del ciclo eseguito per la Ecole des Mines rimane però soltanto una vecchia e scadente riproduzione fotografica. Il lavoro di Bo- nhommé rispondeva bene all'interpretazione positivista del concetto di destinazione sociale dell'arte: egli proponeva messaggi edificani che traducevano in immagini forti idee come quella del concorso di tutte Te classi al progresso della nazione. Esigenze simili comin. ciarono a essere soddisfatte, negli anni Ottanta, da grandi cicli murali maturati nel pieno ambito della cultura figurativa naturalista. Tra 1881 e 1885 Henri Gervex ed Emile Blanchon decorarono la sala dei matrimoni del municipio del XIX arrondissement di Parigi con scene di vita contemporanea che si svolgevano in quello stesso edificio e nel quartiere circostante, attraversato dal canale commerciale della Villette e sede di grandi macelli. Gervex ritrasse gli scaricatori al lavoro sul Quai de la Villette e l'ufficio di pubblica assistenza con la sua piccola folla di poveri e diseredati; ma dipinse anche il matrimonio del figlio del sindaco-scultore di quell'arron- dissement, Mathurin Morcau, alla presenza di un elegante pubblico di uomini di stato, politici e intellettuali perfettamente riconoscibili, tra cui Emile Zola che proprio in quel quartiere ambientò il romanzo L'assommoir, uno dei capolavori della letteratura natural Blan- chon, da parte sua, dipinse la scuola serale per gli adulti (Fig. 3), scena di una dichiarazione di nascita all'ufficio di anagrafe e una veduta del mercato del bestiame. Altri protagonisti della civiltà positivista, e suoi autentici eroi, gli scienziati, venivano raffigurati in_momenti. salienti della Toro attività di ricerca per il bene della collettività, come da Léon Lher- mitte nei pannelli per-la-Sorbona.-l-murali di Gervex, Blanchon e Lhermitte parlavano alla comunità con chiarezza di linguaggio, in modo accettabile da tutti anche se nei termini di una tradizione pittorica alta:_il loro realismo era diverso da quello provato Courbet, che aveva lanciato il suo appello a una parte sola, ben determinata, del corpo sociale. una meccanica connessione tra ricerca di nuovi modelli formali-c-radicalità di posizioni ideo- che *, Nel semplarità il caso di Courbet è più unico che raro: nei decenni successivi, a posizioni politiche propres- siste — in un arco molto ampio di sfumature e di passaggi ideologici 30 LL Uniarte vira per nm pubblico niovo rat dei Bagnanti ud Asnières della National Gallery di Londra, con la veduta urbana industriale dello sfondo) — in Maximilien Luce. Suoi dipinti come £ acciaieria di Charleroi (1895, Petit Palais, Ginevra), La fonderia (1899, Rijksmuseum Kréller-Muller, Otterlo, Tav. 3), La strada sotto la Comune (1905-5, Musée d'Orsay, Parigi, Fig. 9), in cui_il taglio apparentemente obiettivo si associa a una resa di one fortemente di parte, corrispondono u ciò che Courbet intendevi storia contemporanea, Come Cour bei, anche l'anarchico Luce rivolgeva il suo appello a un pubblicò che non era quello della bella piltura: 0, almeno, non era soltanto quello. Non è un caso che culi Ta fonderia, che pure fu ammirata dai pri dell'avanguardia internazionale quando fu esposta nel 1900 alla Secessione di Berlino, sia stata utilizzata con intenzioni d'agi- tazione politica dalla rivista radicale americana «The International Socialist Review», che la pubblicò attribuendole un carattere di inoppugnabile documentazione delle durissime condizioni di lavoro del proletariato di fabbrica. Parallelamente, in It fu chi riusci i spostare la tradizione di.un Verismo. sociale dai. connotati sempre più sentimentali verso una pittura di realtà che interpretava molto criticamente la situa el_proprio tempo. Per_alcuni la coincidenza di un metodo di sistematica analisi dei dati della visione con l'indagine sul reale, e su un reale «moderno», fue i Gia una fase cronologicamente limitata (il Nomellini dei primi anni Novanta; il Sottocornola dell’A/ba dell'o- peraio, 1897 c., Galleria d'arte moderna, Milano); Pellizza da Vol pedo, il più dotato dal punto di vista della qualità della pittura, tendeva, da parte sua, a una concentrata trasfigurazione ideale e simbolica delle tematiche sociali, arrivando a immagini (si pensi naturalmente a /! quarto Stato, 1901, Galleria d'arte moderna, Mi. lano) di massimo impatto visivo e ancora oggi efficaci, in grado cioè di agire su realtà esterne alla pittura. Furono artisti come. Morbelli. Pusterla e Longoni a rivolgere con una certa sistematicità la loro attenzione alla storia contemporanea, in termini formali mnovativi e con più o meno chiare aspirazioni a_un ricambio del pubblico in senso «popolare». Tra i primi dipinti «moderni» di Morbelli è da ricordare La stazione centrale di Milano (1889, Gal- leria d'arte moderna, Milano), cui fecero seguito la serie dedicata. e dal Parlatorio del Luogo Pio Tri. io, pi one di Brera, che vide l'esor- dio ufficiale del gruppo divisionista), e opere come Per S0 cente simi!(1895, Civico Musco Borgogna, Vercelli, Tav. 7) € An_risaia (1901, Museum of Fine Arts, Boston) che, probabilmente in base , nell'ambito del gruppo divisionista, ci mo, Du Courbet agli anni Venti 3l a riprese fotografiche dello stess lavoro ‘bracciantile delle donne nella pianura padana ”. Tra le opere d'esordio di Pusterla ci sono quelle Cucine eco. nomiche di Porta Nuova (1887, Galleria d'arte moderna, Milano, Tav. 6) dove, con linguaggio protodivisionista, si descriveva una situazione di grande attualità — Ja prima gr in una città che stava conoscendo il suo decollo industriale ?*. Longoni aveva presentato alla Triennale di Brera del 1891 L'o- ratore dello sciopero (Tav. 1) e La piscinina, ma la sua sperimen- tazione — nel primo dipinto — di «problemi nuovi di pittura riassumere in una Tigura uno dei grandi problemi nuovi della so- cieli» * fu considerata provocatoria_da_gran_ parte della critica, naturalmente di ‘*. Uno studio preparatorio del. ratore fu pubblicato nel 1895 dal giornale socialista «La lotta i classe del 1° maggio»; un altro lavoro fortemente polemico di Longoni, Riffessioni di un affamato (o Contrasti sociali) del 1895, oggi al Musco civico di Biella, fu pubblicato l'anno seguente nello stesso foglio, con il risultato dell'incriminazione dell'artista per «i stigazione all'odio di classe». Come le ombre dei lottatori di Courbet, anche le ombre del. l'orsiore e delalfamato di Longoni uscivano dai limiti del quadro non disegnate dalla matita di un caricaturista, questa volta, ma catturate e diffuse In migliaia di esemplari da processi i di riproduzione dell'immagine. tomeccanici Not Note al Capitolo primo * Cfr, Corrado Maltese, #7 momento waitario della pittura italiana dell'Ottocent in «Bollettino d'arte del stero della Put zione consapevole recupero di tradizi dell'artista e della sun respon 2a [...] essa abbraccia la realtà ne nel suo aspetto sociale». in misura determinante la ribellione di è pumento era preceduto, nel 1863, da una Soci dopo il rifiuto da parte di ulcuni giovani pittori banchetto degli al Wathalla) del concorso accademi (LN, Kramskoj, Perov, VI Surik V. Verescagin e altri) rappresentavano ma facevano unche pittura religiosa e di paesaggio — cercando, con mostre che spostavano attraverso la Ri , di arrivare a un pubblico più ampio di quello del esposizioni accademiche, con l'intenzione di risvegliare la coscienza tazioni popolar Cfr, Maurice Domino, Les discouri du realismo, in «Histoire et crifique di arts», n, 4-5 (numero speciule Les réalivmes et l'histoîre d'art, con le relazioni presenta all'omonimo convegno di Besangon), Paris, mai 1978, p. 5. * Prima del manifesto di Courbet, Champfleury aveva pubblicato in (1:9-1854) Du réalisme. Lettre à Mme Sund: nella stessa rivista — nel 9-12-1855 — Fernand Desnoyer pubblicò Du Réal h, Nel 1856 fu fondata du Duranty, Assézat uscirono sei mimeri fino al maggio dalla rivista, quanto al dibattito si Lovis-Emile-Edmond Durant primi cui veniva posto il problema «convenzionale» («per ki foll ila contemporanca c la storia razionale forma, lo, il posto, ma solament Îl verom, e si Lo non bisogna un posto; l'A secolo ha libe deva iconocì luogo cinqu iù tardi mico discendente da Erostrato mi lee Arrho, dal Lauro, se avessi nvut 188 Note dei finmmiferi avrei dalv fuoco senza rimorsi n quella catacomba, con vinzione di servire la causa dell'urte del futuro. Mi sarebbe solo disp ritratti — aggiunse — per qualche fiammingo e qualelie veneziano»), Quindi Duraniy pubblicò Réalisne nel numero del 1-1856) Reulione ci Réalistes nel numero del 15:3-1857 (dave fu anche pubblicato, nella traduzione di Max Buchon, Les reulistes ei les idealistes di Schiller, 1795}: Le vie er la mort du réalisme nell'ultimo numero, dell'aprile.maggio 1857, su col torneremo più avanti Nel 1856, poi, uscì a Neuchiltel Le Réutisy et commentées par Max Buci 1 1857 è, infii Reéalisme, pubblicato a Purigi do Michel Lévy fréres. * Churkes Farcy, dell'aristocratico «fournal des Artistes et des Amutcursa notava, tra Paltro, come nel pio si vedesse sun mario, ucciso otto giorni prima i) dei combattimenti, 4 giudicare dal colore elle carni, al quale l'artisi ci meravigliosa opportunità — ha tolto pantaloni idogli ln camicia sollevata sullo stomaco, Una cosa che certamente non è mai successa, n Parigi, In quelle tre giornate, Nessuno dei due partiti che si combattevano si deve rimproverare uno sconcio così indecente c ignuminioso» (riportato da Nicos Hadjinicolacu nel saggio L'erigerice ct critigue des gris», cit.), Discussione esihètigues recueillies il volume di Champficury Le deguarsi a valari cs rivolgevano a pubblici Salon: Lurrivo dei m e patiati porttine di Robert. Questa volla è conservatrice a porlire di «natura presa sul fatto» c di fedeltà di rappresentazione, mentre | progressisti, pur ammirando le qualità pittoriche dell'opera, non mancavano di notare una certa mancanza di vita, di vi i di realtà, î tura si può fare riferimento ai testi riodizzazione del realismo in (Reafism, Harmondsworth 1971; irad. it, Reafisnro, Einaudi, Torino el P, Welsberg (Tie Reulist Tradilon, French Painting and Drawing nd M maf Art, 1980), entrambi con adeguati apparai in apre il suo siudio notando come questo movimento storico sin prevabo, in primo logo in Fra dal 1840 circa fino al 1870/80; Weis ppuc una prima fase realista da una successiva fase nuralista, pienamente ppali negli n Se camente sostenuti da Zola nel 1866, Da porte sun, Domino (in op. cit.) sposta all'indietro i termini cronologici, collocando al 1830/60 quella che delinisco l'ecpifania del Realismo». Quest'ultima ipotesi sembra tu infatti la presu di coscienza del realismo da parte di ar 1855, coincise con la sua Ne sono indizi probant o della pitrui in la meteorica esistenza della rivista «Réalismen, numero dell'aprile-maggio 1857, In tale occasione, Dui y scrisse l'edi la mort du réatisme, in cui lucidameme evocava il tradimento — probabilità storicamente inevitabile — del senso originario e intenzioni eversive di um certo programma tea «Nol primo numero si vedeva la helva del Realismo trascinarsi sul venire, come gli animali nati dal caos: poi si mise in piedi c incominciò ad aggirarsi per Ie strade come un lupo col pelo diritto sulla schiena, Oggi la belva è morta © sia in qualche collezione! - Ral- E Courbet, Modern Ari in Paris, Garl * Anche Ei 7 nel fritto Realismo come di uns «teoria ve una costante arti metastorica, © Revue dramatigue vi litieraîre pubblicata il 22-14-1878 she ripreso questo punto a, scrivendo del come Îl mondo». L' trapposta al Formalismo, cra stata alimentata dalla riscoperta della pittura olandese del XVII secolo da parte dei Goncourt e dei da parte di Champfleury nel pubblicò a Laon un Essai sur la vie xe des Lendl, peimires Laonnois, seguito da Nouvelles recherches sur la vie et l'octvre des frères Le Nail, Laon 1862, un volume noto anche come Les peintres de la réalità sous Louis NH » Les freres Le Nain), e dalla interpretazione di tali episodi come precedenti del Realismo di quegli anni (cfr. Laura Malvano, Le debat autonr du me erre 1855 et 1865, in «listoîne et critique des arts», cit), Note n “ Cfr. Domino, op. cit., p. 6. “lv Wassîly Kandinsky, Lo spirituale mell'urte. (1912), in Futtî gli scritii, val Milano 1974, p. 128 rapporti Rousscau-Kandinsky si veda Le Dowanier Rousseau, Galeries n nales du Grand Paluis, Paris, 14-9-1984/7-1-1985 (Editions de la Réunion des mu: nulionaux, Paris 1984), pp. 76 seg. p.214. num Gabo, Manifesto del realismo, Mosca 1920, tradotta in Mario De Miche artistiche del Novecento. Feltrine! ilano 1966 (prima edizion no 1959), pp. 3938. lv, #1 manifesti del pruppo, redatti da Pierre Restany, sono raccolti in Noure: Réalisme 1960/1470, Rotonda della Besana, no, 27.11-1970/25-1-197 sì vedar ire Restany, Nuoro reulismo, l'rearo Editore, Miluno 1968; 1960 Les rendendo l'ipotesi di Roman Jukobson (Du sealisme artistigue, 1921 Th de la tittirature, Editions du Seuil, Paris 1965, p. mine realismo costituito dall'insieme di otto element + che «se si ammette che ogni discorso del realismo mette in rappor due di quegli clementi, si possono prevedere 80,640 combinazioni, possibili matri di altrettanti discorsi del realismo» (Domino, op. cit., p. 12), #* E stata accorlamente sottolincata ln tempes «due libertà che le luzioni succedutesi in Frai ramente 5; ; la di parola e la Maltese, Vicende e problemi del realismo XII, n. 46-47, dicembri una questione di frma pittorica, v sistema delli produzione c I allora, i Salon iccade "Courbet, op, ci # Sulle fonti popolari della pittura di Courbet si veda, in primo luopo, Mey Schapiro, Courbet « iv delle immagini popolari. Suggio sul maivetè (1941), recentemente ripubblicato nella raccolta di scritti di Sch paradossalme # Nel dipinto si leggono le date 1853 © 1865: la prime, coincidente con di uscita della Phito sopli du Progros, è riferita alla scena rappresentata, la secon all'esecuzione del quadro, condotta dupo la morte del filosofo sulla base di fotografi di una maschera e di un aliro ritratto, Per la datazione dell'opera si veda comungi anche quanto scrive C, Léger in «Il des Amis de Gustave Courbet», n 1947, en. 1952 Cfr, Philosophie du Progrès. în Ocurres completes de P-}. Proudhon, edizione, volume XII, Rivière, Paris 1946, p.49, ® dvi, pp.924. # In una lettera a Champfleury scritta da Ormans nella primavera del 1850 (pu blicata in Clark, op. cit, pp. 166-) Courbet descrive lo dettagliati into per sottolineare un'assoluta cd cselu: suoi occhi, senza inventare nulla. Il quadro «cc da compiangere; uno è un vecchio, una vecchia la testa abbron: coperta di un cappello di paglia nera, per la polvere e pioggia. Le sue braccia, che sembrano soprammesse, sono coperte di una camicia poi nel suo panciotto a righe rosse si vede una tabace! al ginocchio, posato su un mucchietto di paglia, i suoi pantaloni. edi da soli, presentano una larga ta calca; è un giovane gli fanno da can » tenuti da una le da lungo tempo ridono da i suoi pantato rpe di suo pad: oro lavoro sur piedi porta Qui e la pli utensili d
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