Scarica REALISMO. A. Negri, da Courbet agli anni 20 e più Dispense in PDF di Storia Dell'arte solo su Docsity! e dell'utopia. Non si trattava, naturalmente, degli unici realismi
possibili.
Si sono sentiti realisti — o sono stati dicl
che hanno rappresentato la realtà usando specchi concavi e convessi:
per cambiarla, per mantenerla così com'era o semplicemente per
raccontare delle storie, Alcuni grandi temi contemporanei — la vita
urbana, la civiltà industriale e di massa, la guerra — hanno con-
centrato su di ‘attenzione di pittori e scultori che hanno dilatato
fino al nostro secolo il linguaggio del naturalismo, affermatosi come
genere di moda, più o meno stucchevole ma di sicuro successo,
nelle esposizioni internazionali tra Ottocento e Novecento. Gli stessi
temi, d'altra parte, soprattutto nei contesti tedesco, sovietico, inglese
ce americano degli anni Venti, hanno stimolato ricerche stilistico-for-
mali fortemente innovative, ricche di intrecci con problematiche e
modi espressivi delle avanguardie ma pure fondamentalmente legate
all'idea di dare forma, indagare o svelare la realtà attraverso un
linguaggio che avesse per vocaboli «tutti gli oggetti vi li
usasse per rappresentare soltanto «delle cose reali ed esistenti»,
come a suo tempo aveva scritto {e fatto) Courbet.
La linea del realismo si è così sviluppata zigzagando, secondo
continui capovolgimenti di prospettiva, tra le declinazioni innume-
revoli del naturalismo documentarista e il sovversivismo estetico-po-
litico che aveva avuto nel maestro francese il suo primo campione:
da un lato il compiacimento tranquillizzante della norma e l'acca-
demia di una supposta «copia dal vero», gradevole da vedere e
facile da capire, dall ‘altro la deviazione provocatoria dalla normalità
la negazione sistematica del consolidato, del ripetitivo, dei valori
eterni e degli eterni ideali, dentro e fuori del campo delle forme.
I realismi degli anni Venti meno toccati du inclinazioni meta-
fisico-magiche costituiscono l'esito più importante, quanto a diffu-
sione e qualità di risultati, della vicenda artistica apertasi alla metà
del XIX secolo con le intemperanze di Courbet e dei suoi amici.
La situazione cambia strutturalmente nei primi anni Trenta, quando
massicci interventi dei governi nel sistema della produzione artist
— negli Stati Uniti come in Germania o in Unione Sovietica —
favoriscono lo sviluppo di realismi di segno opposto, celebrativi e
idealizzanti, classicisti e accademi
Con i nuovi realismi di Stato il «discorso del realismo» vede
capovolti i suoi princìpi di partenza. Vecchi fili, non sempre inter-
rotti, non tardano a riannodarsi: ma si tratta, ormai, di un altro
discorso.
Antonello Negri
Capitolo primo Un’arte viva
per un pubblico nuovo
. Realismo: difficoltà di definizione
11(1855 fu l'anno del Pavillon du réalisme di Courbet durante
l'Esposizione universale di Parigi: fu anche l'anno della prima ag-
gregazione, in Italia, di un movimento realista nazionale ', mentre
in Russia, con il suo Rapporti estetici dell'arte con fa realtà, Cer-
nySevskij poneva le basi teoriche della pittura degli Ambulanti *.
Il termine realismo era già comparso nel linguaggio della critica
narigina dopo il 1850*, ma fu intorno a quel fatidico 1855 che
ebbe inizio la sua fortuna nel campo dell'arte *. Tale fortuna, durata
fino a oggi e presumibilmente non conclusa, è stata direttamente
proporzionale alla molteplicità dei suoi significati, dunque a pos
sibilità di impiego piuttosto elastiche, per le quali chi scriveva di
arte non si preoccupava troppo di stabilire confini. Se n'era accorto
Roman Jakobson, che, nel saggio Du réalisme artistigue (1921),
sottolineò le «conseguenze fatali» dovute all'«impiego disordinato
di questa parola dal contenuto estremamente vago». Il linguista
russo individuava una prima fonte di ambiguità del termine nella
sua confusa utilizzazione per definire ora le aspirazioni degli artisti,
ora le percezioni degli spettatori: in un caso chiamando realista
«l'opera che l'autore in questione propone come verosimile», nel-
l’altro chiamando realista «l'opera percepita come verosimile du
colui che la guarda».
© D'altra parte, lo stesso concetto di verosimiglianza artistica —
così come quello di imitazione della natura — risulta assai poco
solido, poiché la fedeltà oggettiva e assoluta al vero, o al natura
appare tale soltanto in ragione di convenzioni rappresentative tran-
sitorie, in continua evoluzione. Tanto più che i i egli
ori e gli sculto
a seconda dei loro programmi di innovazione del linguaggio artistico,
o di sua conservazione, hanno inteso come ricerca della sealià
tanto la deformazione quanto la perpetuazione di canoni artistici
dominanti. Analogamente, dal punto di vista degli spettatori € della
4 1 Un'arte viva per un pubblico nuoro
critica, e in relazione alla loro disposizione più o meno aperta
nei confronti delle novità linguistico-formali, si è determinata una
percezione di realismo ora in opere che inframprvano Te le abitudini
figurative consolidate, ora in opere che le assecondavano. —
Quando Delacroix espose La Libertà che guida it popolo al
Salon parigino del 1851, la parte più conservatrice della critica,
con differenti sfumature, lo accusò di andare contro natura, di
rappresentare personaggi e dettagli che non si erano mai visti du-
rante le giornate di luglio *, di essere inverosimile nella sua smania
di rendere brutta ogni cosa. Al contrario, la critica di parte repub-
blicana, bonapartista e liberale di sinistra — più aperta alle novità,
in questo caso non soltanto politiche e ideologiche — trovava la
scena inventata da Delacroix assolutamente vera, non forzata, cor-
rispondente all'autentico clima di quelle giornate, argomentando che
nel quadro si ritrovavano le stesse facce, gli stessi tipi effettivamente
isti per strada durante la rivoluzione *
Ulteriori complicazioni sono de stenza di una cor-
rente ottocentesca storicamente nota come realista — con qualche
jone coincidente con la linea più innovativa della pittura
rancese tra 1840 e 1860 circa” — abitualmente usata come punto
di riferimento obbligato per_stabilire il grado di realismo della
produzione artistica anteriore e, soprattutto, posteriore, sia in Fran-
cia sia in altri paesi europei ed extraeuropei.
Della problematicità del termine erano comunque già consape-
voli i primi protagonisti del Realismo alla metà del secolo scorso.
La sua oscurità era manifesta a Courbet, che nel testo programmatico
pubblicato nel catalogo del suo Pavillon rifiutava di spiegarsi sulla
«maggiore o minore esattezza di una qualifica del genere [quella
di realista] che nessuno, bisogna sperarlo, è tenuto a capire a fon-
do» *; d'altronde, il letterato e amico di Courbet Champfleury, uno
dei primi teorici del movimento, sarebbe ben presto arrivato al
conclusione che il Realismo era vecchio come il mondo, che
ti erano sempre esistiti” e che quella parola dovesse essere
considerata «come uno degli scherzi più divertenti dell'epoca» ".
Alla difficoltà di attribuire un contenuto preciso al termine da
parte degli special e > letterati - che per. primi
pre generico trova una prima codificazione
nelle formulazioni dei di Di questo neologismo diventato
ben presto di moda il francese Dictionnaire de l'Académie, ne
dizione del 1878, riportava la seguente definizione, relativamente
Il Realismo. Du Courbet ugli anni Venti
wu
al suo impiego in campo artistico e lettera «En termes d'art et
de littérature, reproduction minutieuse cl servile des choses», pro-
ponendo il modo di dire «On trouve dans ses ocuvres un réalisme
choquant» "!. Mentre, nel Nuovo dizionario universale della lingua
italiana del Petrocchi, pubblicato tra 1884 e 1891, leggiamo che
il Realismo è una «dottrina artistica che vorrebbe considerate le
cose nel puro aspetto del vero materiale, escludendo l'ideale».
Semplificazioni e definizioni del genere non servono certo a
chiarire il senso del termine, ma riflettono bene quello che era
diventato il modo più comune e diffuso di intendere il Realismo,
dopo che l'avanguardia artistica del ‘48 ne aveva fatto la propria
paroli d'ordine con, tutto sommato, intenzioni diverse — come ve-
dremo — o comunque non semplicemente riconducibili a quelle
codificazioni.
Per rendersi conto dell'effettiva mancanza di contenuti di un
termine apparentemente così chiaro, può essere utile mettere a con-
fronto il suo senso comune — quello generalizzato dai dizionari è
accettato da un pubblico ampio, non necessariamente sprovveduto
ma neppure specializzato — con il modo in cui, nel nostro secolo,
è stato usato da una parte degli stessi_ qrtisti. Certamente, infatti,
sono definiti realisti — 0 tali sono st i dalla critica —
ttori e scultori che-hunno perseggiio.inia.ari produce minuziosa
ce_servile delle cose», secondo un ampio ventaglio di declinazioni
linguistiche e con_intenzioni programmatico-poctiche diverse. Ma,
accanto n essi, anche artisti del tutto disinteressati alla rappresen.
tazione delle forme visibili hanno, talvolta con_maggiore forza e
polemica convinzione, rivendicato la propria qualità di realisti; come
quei «nuovi artisti realisti» la cui ricerca di una massima deforma.
zione della composizione accademica trovava le proprie ragioni,
per Jakobson, in una forte tensione d'avvicinamento al vero,
Secondo Kandinsky, per esempio, il puro realismo coincideva
con «un fantastico a un livello superiore, il fantastico incarnato
nella materia più concreta». Nello scritto Uber die Formfrage
(Sulla questione della forma), pubblicato nel 1912 nell'«Almanacco
del Cavaliere Azzurro», questo argomento veniva ulteriormente svi.
luppato in relazione all'opera del doganiere Rousseau: prendendo
lo spunto dal suo modo particolare di dare forma all'immaginazione,
Kandinsky cercava di dimostrare che il grande Realismo di un'epoca
ormai alle porte sarebbe stato — come, dal suo punto di vista,
effettivamente già era la pittura del francese — equivalente all'Astrat-
smo, anzi assolutamente identico a esso, Alla prima mostra della
redazione del «Cavaliere Azzurro» (Monaco, dicembre 191 I-gennaio
1912) due dipinti di Rousseau — una Strada e un Paesaggio —
rendevano conto di quel puro realismo complementare alla non
lo 4. Unvarte viva per tn piebblico n
loro brutture e dei loro crimini. Bisogna dunque che lo scultore è
pittore, allo stesso modo del cantante, percorrano un vasto diapason,
mostrando la bellezza, di volta in volta luminosa o offuscata, in tutta
la vastità della scala sociale, dallo schiavo ul principe, dalla plebe al
senato, Non avete saputo dipingere che degli dei: ma bisogna anche
rappresentare i demoni, L'immagine del vizio, come quella della virtù
fa parte del campo della pittura e della poesia: assecondando le intenzioni
dell'artista, ogni figura, bella 0 bruttu, può soddisfare lo scopo dell'arte.
Che il popolo, riconoscendosi nella propria miseria, impari ad arros-
sire della propria viltà e a detestare i tiranni; che
a nudo nella propria oscena opulenza, riceva su ci
le frustate del proprio parassitismo, della propria
(Il nostro pubblico conservatore non è
essere chiamato onesto e moderal
lo si creda tale. Un artista che nella pratica del suo studio seguisse
principi estetici qui formulati sarebbe trattato da sedizioso, cacciato dai
concorsi, privato delle commissioni statali e condannato a morire di
fame). Che il magistrato, il militare, il mercante, il contadino, che tutte
le classi della società, riconoscendosi di volta in volta nella rappresen-
one della loro dignità e della loro bassezza, imparino, attraverso la
gloria o la vergogna, n modificare le propri a correggere i propri
comportamenti, a perfezionare le proprie istituzioni. E che ogni genera-
zione, depositando sulla tela e sul marmo il segreto del suo carattere,
arrivi alla posterità senz'altro biasimo — o npologia — che le opere degli
artisti
questo avviso. Non gli basta
vuole che lo si faccia bello e che
in questo modo che l'arte deve partecipare al movimento della
società, provocarlo e seguirlo ?*,
L'arte viva che Courbet indica come suo scopo sembra forte-
mente influenzato dal pensiero di Proudhon: essa è inoltre essen-
ulmente eterodiretta, coincidendo con una sistematica deviazione
dalle convenzioni rappresentative, mirante non tanto a stabilire nuo-
ve regole formali o di stile, ma a ire un rapporto immediato,
sulla base di una comunicazione trasgressiva, con un pubblico di.
verso da quello dei Salon (si direbbe che Proudhon volesse riferirsi
proprio a Courbet quando scriveva dell'artista sedizioso, cacciato
dai concorsi, privato di commis: statali e condannato a morire
di fame). Al racconto e alla conoscenza della società contemporanea
si mescola, nelle sue opere, l'appello per una sua trasformazione.
Ma, al di tà delle dichiarazioni di principio, il programma cour-
bettiano del 1855 è generico — forse necessariamente — quanto
modi di risolvere nello specifico pittorico quegli impegni di poctica.
In effetti, | dipinti eseguiti fino al 1855 — da lui stesso collegati
alla nozione di realismo — non sembrano affatto riconducibili a
un modo univoco di procedere, ma a una «mobilità» di soluzio
strutturali antitetica a qualunque forma di assolutismo idealizzante,
perfettamente sintonizzato, dunque, sulla lunghezza d'onda della
Il Realismo, Da Courbet ugli anni Venti UL)
proudhoniana filosofia del progresso. Per molti di quei dipinti la
presa diretta su una realtà osservata senza mediazioni gioca un
ruolo importante: può essere il caso degli Spaccupietre (1849), due
manovali che l'artista incontrava «ogni giorno andando a spasso» ?’.
Il quasi coevo Funerale a Ornans (1849-50) colloca invece una
folla di personaggi altrettanto autentici e nettamente individuati =
Tomi concittadini dell'artista — entro uno schema compositivo for-
temente condizionato dall'iconografia popolare ?”, nello stesso modo
in cui un dipinto di qualche anno più tardi, L'incontro (1854),
ripete puntualmente un dettaglio della stampa popolare ottocentesca
La vera immagine dell'ebreo errante; Pompieri che accorrono a
spegnere un incendio (1850-51) parrebbe invece derivato dal più
‘alto modello rembrandtiano della Ronda di notte. Lo studio del
pittore, infine, terminato appena in tempo per essere esposto nel
1855, dunque il dipinto cronologicamente più vicino alla dichiara-
zione di Courbet su cui ci siamo soffermati, venne definito dallo
stesso artista come «allegoria reale che fissa una fase di sette al
della mia vita artistica», proponendo così un'ulteriore possibilità:
quella dell'accostamento di personaggi realmente esistenti (gli umici
del pittore nella parte destra del quadro, tra cui si riconoscono
Baudelaire, Buchon, Champfleury) a figure d'invenzione ancorché,
forse, «tipiche» della società contemporanea ”*, se è lecito mutuare
il famoso termine introdotto da Engels — che pensava in primo
luogo a Balzac — c poi ampiamente usato da Lukacs, sempre in
campo letterario, come fondamentale categoria della sintesi artistica
realista **,
Il denominatore comune di opere conce in termini così dif-
ferenti è indicato dallo stesso Courbet in una dichiarazione del
1861:
La pittura è un'arte essenzialmente concreta e può consistere solo
nella rappresentazione delle cose reali ed esistenti, E un | Ì
teramente fisico, che ha per vocaboli tutti gli oggetti visibi
astratto, invisibile, che non esiste, è estranco all'ambito della pittura **,
Il fatto che il pittore realista usi esclusivamente «vocaboli» de-
suniî dal mondo delle cose «reali ed esistenti» non esclude però
— come si è visto — che tali vocaboli diano luogo a rappresentazioni
costruite in base a convenzioni compositive di altre epoche 0 di
iradizioni culturali non_accademiche;_in questo modo si precisa
la courbettiana «conoscenza intera della tradizione» come_ fonte
per un'«arte viva» del proprio tempo. Courbet non era affatto «tutto
occhio»; la sua pittura, soprattutto fino al 1855, aveva una decisiva
componente di elaborazione intellettuale che rendeva le sue opere
— alcune in particolare — estremamente pregnanti, ricche di significati
12 IL Un'arte viva per un pubblicò n
i vedeva. Una delle
come caratteriz-
zanti la pittura realista — il mettersi di fronte alla realtà come per
prima volta — era raramente soddisfatta da Courbet, che, al
contrario, spesso ripeteva e mescolava nelle suc opere figure e
schemi formali desunti da tradizioni figurative di diverso genere,
Dalla combinazione della pratica pittorica di Courbet con la
sua po: non si può dedurre nessuna regola di un'arte realista,
La sua adesione immediata alla realtà non è da intendere, per lo
più, come adesione all'oggettività, peraltro comunque equivoca, del
sempliec dato visivo. Egli si serviva di «vocaboli»-immagini corri
l'ambito di discorsi
Imente connotabili come oggettivi,
oni dal vero» e con-
i limiti e le regole della tradizione artistica
Possiamo pensare che il suo scopo fosse
di definire modelli più avanzati di rappresentazione della realtà,
caratterizzati da sperimentazioni, aggiustamenti e trasformazioni for-
mali detern non sottovalutare — anche dalla
volontà di rivolgersi a un pubblico diverso da quello della produ.
zione artisti
spondenti, sì, a cose conereie
compositivi e formali ben dil
raramente corris
tinuamente
conformista.
3. Realismo e maniera realista
carattere particolare del realismo di Courbet — «l'internazio-
nalista, sovversivo nel disegno, nell'esecuzione e nei soggetti [...]
che dipinse, come avrebbe potuto farlo Velasquez, una cosidetta
Venere d'Ornan, ignobile massa di carne, sudicia, untuosa, ma viva,
palpitante, sopra un fondo di paesaggio vero come vero» " —
e non soltanto in Francia.
sporchi («dei villani a un funerale,
degli stradaioli che rompono dei sas
tornano mezzo ubbriachi da una conferenza clericale, sé stesso
colla sua modella nel proprio studio, due o tre signore di provincia
ai spasso in un valloncello del suo dipartimento, una donna enor-
memente grassa e nuda, che si bagna a un ruscello») ” non era,
di per sé, una novità ò che infastidiva il pubblico della bella
pittura e la critica che di tale pubblico si faceva portavoce M era,
soprattutto, il fatto che quelle «scene moderne popolari», fino a
Courbet trattate in piccoli quadri, venissero da lui dipinte «in quadri
i . dunque con un'esplicita equiparazione al
di grandi «
e più alto nella gerafchia accademica, quello della pittura di
14 I, Uniar
va per un pirbblico ntiovo
La prosa ottocentesca di Lefèvre, Viardot e Chirtani *’, divul.
gativa ma nient'affatto generica, descrive in termini conerei pro.
blemi sollevati dalla provocazione di Courbet: non ultimo quello
della contrapposizione del suo realismo — che, secondo loro, avrebbe
potuto costituire un modello esemplare di riforma della pittura,
ed esercitare una grande influenza sui contemporanei — all'«eccesso
dell'imitazione» dell’«arte ufficiale», che però «colla forza delle com-
missioni per grandi lavori ordinati dal Governo, fu più influente
ancora» *, Quell'«eccesso dell'imitazione» è identificabile con la
maniera realista che secondo Weisberg caratterizzava, per esempio,
tanto la pittura di pietistica documentazione della vita contempo.
ranea di Antigna e quella patriottica ed edificante di Pils *”, sostenute
con entusiasmo dalla borghesia francese e dal governo, quanto la
produzione di pittori come Breton, la cui scelta occasionale di
temi sociali * non implicava necessariamente un atteggiamento di
protesta né, tantomeno, poteva essere considerata minacciosa verso
l'ordine costituito *. Invece, il modo di essere realista di Courbet
veniva ritenuto pericoloso; e un dipinto come_/ fottatori (Fig. 1)
poteva risultare, al pubblico artistico contemporaneo, non soltanto
sgradevole, ma addirittura sovversivo. C'è da chiedersi quali fossero
le ragioni di Tale ricezione, che risulta poco comprensibile, oggi,
quando ci si limiti alla pura visione del quadro; ma che era as-
solutamente naturale e immediata nel 1853, quando fu esposto al
Salon insieme a Le bagnanti e La filatrice addormentata.
Il quadro appare come una presa diretta dal vero, in cui vengono
raffigurati due lottatori che si stanno battendo in un'arena: ma la
si riferita a un luogo realmente esistente (l'ippodromo
parigino degli Champs Elisées, vicino all’Arco di Trionfo di cui si
intravvede la sagoma dietro una cortina di alberi) e a un avveni
mento usuale, come può esserlo un incontro di lotta, è in effetti
Ila base di sistematiche deviazioni dal vero, se con tale
termine ci si riferisce al reale svolgimento di uno spettacolo del
cenere in quel luogo e in quei termini
Courbet — che pure doveva avere assistito
a incontri di lotta — non sembra basarsi su un'esperienza visiva
personale; parrebbe invece aver usato come modelli, fondendoli,
due dipinti dello Zurbaran (Separazione dei monti Calpe e Abyia
e Cattura di Cerbero, del ciclo delle Fatiche di Ercole dipinto nel
1634 e oggi al Prado), arrivando alla rappresentazione di una «mac-
china muscolure a quattro zampe» *' non credibile da nessun punto
i vista, Una posizione come quella che vediamo raffigurata, infatti,
non è contemplata dalla specifica manualistica sportiva né sembra
effettivamente praticabile, poiché mette insieme due mosse — il colpo
H Realismo. Da Courbet agli anni Venti 15
d'anca e la cravatta alla Frangois le Bordelais — che in un vero
incontro si escludono.
upazioni dell'artista non doveva_esserci
Dunque, tra le_pre I
quella di rendere oral mente la tecnica della lotta, Né Courbet
si sforza di costruire a regola d'arte le anatomie dei personaggi,
che risuliano piuttosto come assemblaggi di singoli pezzi, ciascuno
dei quali trattato con meticolosa attenzione ai dettagli — le famose,
secondo alcuni disgustose, varici di una gamba del lottatore in
braghe rosse — 0 di eseguire una composizione nel suo complesso
rispettosa dei dettami accademici. Questa disarticolazione,. d'altron-
de, riguarda anche il rapporto tra il gruppo dei lottatori e il resto
ci quadro, nel senso che i primi risultano. avulsi dal fondo, dal
Tuogo in cui si svolge l’azione, come un frammento di puzzle giu
siapposto ad alîri pezzi con i quali intrattiene relazioni inaudite,
gravemente scorrette secondo le regole composilive generalmente
valide nel 1855. Frammentarietà, semplificazione, forte_evidenzia-
zione di dettagli, mancanza di relazioni organiche tra le parti sono
caranteri della pittura di Courbet che ricorrevano nelle figurazioni
popolari te_che ben presio avrebbero contraddistinto i manifesti
bblicitari): immagini, in entrambi i casi, destinate a un pubblico
Come nei manifesti, c'è una sfida; lo spettatore è direttumente messo
a confronto con l'immagine, da cui riceve l'impulso ad agire nel senso
indicato dal produttore. Come per i manifesti, il messaggio del quadro
non si esaurisce nella composizione . Il pittore rivolge il suo appello
direttamente al pubblico, e lo fa nel modo più penetrante, Dunque i
realismo di Courbet implica mezzi esecutivi che portano un messaggio
sar
indirizzato allo spettatore, o meglio a un certo gruppo di spettatori
Il senso della comunicazione di Courbet, rivolta a «un certo
di spettatori», comincia a prendere forma, in primo Tuogo,
Ste Trpure dei lottatori che, giù come attualizzazione di modelli
rogramma di pittura polemicamente
alt
mitolo
, manifestavano Un p )
alla mitologia_alla_r contemporanea, È c'è di più.
semplicemente di scegliere un soggetto contempo.
trattorlo in termini linguistici non accademici, ma di
costruire un'immagine dove i riferimenti alla situazione reale del
periodo — allora chiari, oggi necessitanti una decodificazione — im.
plicassero un appello politico indirizzato a un pubblico determinato,
— Tlottatori apparvero alla critica come vera e propria incarna.
one del brutto: Courbet non aveva avuto soltanto Il torto di
egnarli male, ma anche di averli fatti sporchi, ripugnanti, brutali,
neri, Nel loro dominante tono cupo, «grigio», si può leggere una
preciso imienzione dell'autore di non idealizzare né i corpi degli
20
1 Un'arte viva per tm pubblico nuoro
dustria» e ottenne un primo riconoscimento dal governo, che lo
incaricò di documentare i fatti della rivoluzione di febbraio; nono-
stunte fosse repubblicano, la sua piccola fortuna continuò anche
sotto il Secondo Impero, quando gli venne confermato l'incarico,
avuto nel 1851, di eseguire dipinti murali per l'Ecole des Mines
— oggi distrutti — a documentazione di tutti gli aspetti dell'industria
metallurgica, dall'estrazione del minerale alla sua prima lavorazione.
Del suo lavoro di accurato indagatore della storia industriale con-
temporanea rimangono comunque alcune notevolissime tele, come
la veduta di un paesaggio artificiale moderno, Miniere di carbone
e cave d'argilla a Monichanin (1860, Municipio di Montchanin),
dove macchine e impianti prevalgono sul «naturale», e la Forgiatura
al maglio di un albero motore a Indret (1864 c., Ecomuseo di Le
Creusot, Fig. 2)
Ma anche il r in quanto tale, è relativo
e discutibile, benché i motivi delle sue infrazioni — del: suoi modi
di alterare il «vero», il dato visivo elementare — fossero diversi”
da quelli di Courbet, in quanto commisurati ad altri obiettivi. ivi, Egli
voleva in primo luogo documentare con chiarezza didascalica quei
procedimenti del lavoro industriale moderno la cui organizzazione
perfettamente pianificata gli sembrava il modello di un sistema
sociale ben funzionante, dove tutti concorrevano armoniosamente
il ruggiungimento di uno scopo comune, Per mostrare didatticamente
tutto, ecco allora la necessità, nella Forgiatura, di eliminare gran
parte di una delle colonne di sostegno delle capriate del so) fitto, _
che si frapponeva tra l'occhio suo (e di chiunque avrebbe poi
guardato il quadro) e il centro focale della scena, con il risultato,
polare e di certo poco realistico, di un mozzicone di capitello
appeso a una tive appoggiati sul nulla, ; La sua idea di lasciare
ai posteri una «storia pittoresca dell'industria» ” si serviva di espe-
dienti compositivi giù ampiamente usati dai disegnatori delle tavole
dell'Encyclopédie per mostrare senza ostacoli visivi figure, ogge
ni su cui si volevano fornire informazioni complete, senza at-
tenersi al loro contingente svolgimento in un luogo determinato.
Il contenuto didattico dei suoi dipinti, d'altra parte, si allarga
ismo di Bonhommeé
dalla semplice documentazione di un processo lavoralivo alla visua-
lizzazione della filosofia da esso sottintesa. Le macchine raffigurate
eo I
navale in primo piano — rendono conto pienamente del livello
raggiunto dalla tecnologia metallurgica intorno al 1860 in Francia:
esse sono disegnate nei dettagli, con_ attenzione. ngcgneresca per
tuttii meccanismi, Lo stesso «determinismo plas ico» | " che gover-
nova il suo approccio all'immagine gli imponeva, però, una maniera
diversa di dipingere, nella stessa opera, gli uomini in azione, che
It Realismo, Da Courbet agli
ini Vettdi 2I
vediamo delincati senza contorni precisi, come riverberi colorati
della | luce violenta del metallo incandescente, Alla resa dell'osser-
"vazione del vero, secondo modi pittorici di volta in volta adeguati
“alle_cose_rappresentate. si. combina_una composizione ordinata —
non eversiva del dettato accademico — attraverso la quale Bonhommé
rifletteva un'ideologia sainisimoniana a agli antipodi del sovversivismo
di Courbet e, viceversi i listico riformismo
di Napoleone Il
Nel suo insieme, l'opera di Bonhommé, precedendo di un de-
cennio i dipinti di analogo soggetto dei tedeschi Paul Meyerheim.
e Adoiph Menzel (Figg. 3 c 4), descrive e celebra le «conquiste
pacifiche» ottenute da un esercito i cui capitani erano gli intellet-
tuali, i tecnocrati, gli ingegneri che «in fondo alla miniera consultano
fa bussola e indicano la vena da attaccare; nel momento della
colata spiano il termometro, pronti a dare il segnale di apertura
dei crogioli; davanti al maglio fermano e trasformano al momento
voluto la compressione», mentre intorno a loro si muoveva ordi.
natamente, dis plinatamente,_; armoniosamente. la truppa dei lavo-
ratori manuali, tutti impegnati nei loro compiti «come marinai al
posto d
combattimento» ?",
Nella suo Histoire de l'imagerie poputaire (Parigi 1869), Cham-
plleury aveva scritto che il Realismo si sarebbe dovuto sviluppare
anche in grandi pitture mura ne
edifici pubblici: un'idea già presente in Du principe de
sui temi dell'industria moderna, col.
locate difici
l'art et de sa destination sociale di Proudhon, in cui si sosteneva
che gli artisti avrebbero dovuto essere tra gli agenti più attivi del
progresso e di uno morale sociale anche attraverso l'impiego delle
opere da essi prodotte per la decorazione di scuole, stazioni, officine
Gli stessi Courbet e Manet ‘° volevano «decorare con sir
le stazioni ferroviarie», cioè i luoghi per eccellenza della modernità,
dove inche un pubblico popolare grande, mutevole, in continuo
movimento, avrebbe potuto godere dell'arte contemporanea.
Il problema di una destinazione-edi un uso sociale dell'arte
aveva fe sue radici nella cultura illuminista e nei suoi sviluppi
legati a correnti di pensiero saintsimoniane, fourieriste, positiviste si
esso si manifestò, parallelamente all'avvio della questione rea! sta,
come esigenza di secolarizzazione dell'arte, «proprietà e gloria na-
zionale» *, successivament _ COME. pressione sul governo perché as-
sumesse un ruolo di inci i e di guida. dell'arte « roprla:
mente detta», cioè dell'arte «seria e monu *. Il cambiamen-
to di forma praticato da Courbet per arrivare a un pubblico più
ampio andava di pari passo con un programma di «incanaglimento»
dell'arte che in un'ottica del genere cera invccettabile. La sua pittura
24 I, Un'arte vi
sa per un pubblico nuovo
non poteva essere considerata, dallo Stato, seria e monumentale,
cosicché i vaghi — ma indi progetti suoi e di Manet di
decorazioni murali per stazioni, potenziali veicoli di nuove forme
per nuove comunicazioni, non ebbero alcun seguito concreto.
Fu invece proprio Bonhommé, con la sua maniera meno pro-
blematica, ma più didattica € positiva, il primo pittore del XIX
secolo a svolgere in dipinti murali temi di vita contemporanea.
Del ciclo eseguito per la Ecole des Mines rimane però soltanto
una vecchia e scadente riproduzione fotografica. Il lavoro di Bo-
nhommé rispondeva bene all'interpretazione positivista del concetto
di destinazione sociale dell'arte: egli proponeva messaggi edificani
che traducevano in immagini forti idee come quella del concorso
di tutte Te classi al progresso della nazione. Esigenze simili comin.
ciarono a essere soddisfatte, negli anni Ottanta, da grandi cicli
murali maturati nel pieno ambito della cultura figurativa naturalista.
Tra 1881 e 1885 Henri Gervex ed Emile Blanchon decorarono
la sala dei matrimoni del municipio del XIX arrondissement di
Parigi con scene di vita contemporanea che si svolgevano in quello
stesso edificio e nel quartiere circostante, attraversato dal canale
commerciale della Villette e sede di grandi macelli. Gervex ritrasse
gli scaricatori al lavoro sul Quai de la Villette e l'ufficio di pubblica
assistenza con la sua piccola folla di poveri e diseredati; ma dipinse
anche il matrimonio del figlio del sindaco-scultore di quell'arron-
dissement, Mathurin Morcau, alla presenza di un elegante pubblico
di uomini di stato, politici e intellettuali perfettamente riconoscibili,
tra cui Emile Zola che proprio in quel quartiere ambientò il romanzo
L'assommoir, uno dei capolavori della letteratura natural Blan-
chon, da parte sua, dipinse la scuola serale per gli adulti (Fig. 3),
scena di una dichiarazione di nascita all'ufficio di anagrafe e
una veduta del mercato del bestiame.
Altri protagonisti della civiltà positivista, e suoi autentici eroi,
gli scienziati, venivano raffigurati in_momenti. salienti della Toro
attività di ricerca per il bene della collettività, come da Léon Lher-
mitte nei pannelli per-la-Sorbona.-l-murali di Gervex, Blanchon
e Lhermitte parlavano alla comunità con chiarezza di linguaggio,
in modo accettabile da tutti anche se nei termini di una tradizione
pittorica alta:_il loro realismo era diverso da quello provato
Courbet, che aveva lanciato il suo appello a una parte sola, ben
determinata, del corpo sociale.
una meccanica connessione
tra ricerca di nuovi modelli formali-c-radicalità di posizioni ideo-
che *, Nel semplarità il caso di Courbet è più
unico che raro: nei decenni successivi, a posizioni politiche propres-
siste — in un arco molto ampio di sfumature e di passaggi ideologici
30 LL Uniarte vira per nm pubblico niovo
rat dei Bagnanti ud Asnières della National Gallery di Londra,
con la veduta urbana industriale dello sfondo) — in Maximilien
Luce. Suoi dipinti come £ acciaieria di Charleroi (1895, Petit Palais,
Ginevra), La fonderia (1899, Rijksmuseum Kréller-Muller, Otterlo,
Tav. 3), La strada sotto la Comune (1905-5, Musée d'Orsay, Parigi,
Fig. 9), in cui_il taglio apparentemente obiettivo si associa a una
resa di one fortemente di parte, corrispondono u ciò che
Courbet intendevi storia contemporanea, Come Cour
bei, anche l'anarchico Luce rivolgeva il suo appello a un pubblicò
che non era quello della bella piltura: 0, almeno, non era soltanto
quello. Non è un caso che
culi
Ta fonderia, che pure fu ammirata dai
pri dell'avanguardia internazionale quando fu esposta nel 1900
alla Secessione di Berlino, sia stata utilizzata con intenzioni d'agi-
tazione politica dalla rivista radicale americana «The International
Socialist Review», che la pubblicò attribuendole un carattere di
inoppugnabile documentazione delle durissime condizioni di lavoro
del proletariato di fabbrica.
Parallelamente, in It
fu chi riusci i spostare la tradizione di.un Verismo. sociale dai.
connotati sempre più sentimentali verso una pittura di realtà che
interpretava molto criticamente la situa el_proprio tempo.
Per_alcuni la coincidenza di un metodo di sistematica analisi dei
dati della visione con l'indagine sul reale, e su un reale «moderno»,
fue i Gia una fase cronologicamente limitata (il
Nomellini dei primi anni Novanta; il Sottocornola dell’A/ba dell'o-
peraio, 1897 c., Galleria d'arte moderna, Milano); Pellizza da Vol
pedo, il più dotato dal punto di vista della qualità della pittura,
tendeva, da parte sua, a una concentrata trasfigurazione ideale e
simbolica delle tematiche sociali, arrivando a immagini (si pensi
naturalmente a /! quarto Stato, 1901, Galleria d'arte moderna, Mi.
lano) di massimo impatto visivo e ancora oggi efficaci, in grado
cioè di agire su realtà esterne alla pittura. Furono artisti come.
Morbelli. Pusterla e Longoni a rivolgere con una certa sistematicità
la loro attenzione alla storia contemporanea, in termini formali
mnovativi e con più o meno chiare aspirazioni a_un ricambio del
pubblico in senso «popolare». Tra i primi dipinti «moderni» di
Morbelli è da ricordare La stazione centrale di Milano (1889, Gal-
leria d'arte moderna, Milano), cui fecero seguito la serie dedicata.
e dal Parlatorio del Luogo Pio Tri.
io, pi one di Brera, che vide l'esor-
dio ufficiale del gruppo divisionista), e opere come Per S0 cente
simi!(1895, Civico Musco Borgogna, Vercelli, Tav. 7) € An_risaia
(1901, Museum of Fine Arts, Boston) che, probabilmente in base
, nell'ambito del gruppo divisionista, ci
mo, Du Courbet agli anni Venti 3l
a riprese fotografiche dello stess lavoro
‘bracciantile delle donne nella pianura padana ”.
Tra le opere d'esordio di Pusterla ci sono quelle Cucine eco.
nomiche di Porta Nuova (1887, Galleria d'arte moderna, Milano,
Tav. 6) dove, con linguaggio protodivisionista, si descriveva una
situazione di grande attualità — Ja prima gr
in una città che stava conoscendo il suo decollo industriale ?*.
Longoni aveva presentato alla Triennale di Brera del 1891 L'o-
ratore dello sciopero (Tav. 1) e La piscinina, ma la sua sperimen-
tazione — nel primo dipinto — di «problemi nuovi di pittura
riassumere in una Tigura uno dei grandi problemi nuovi della so-
cieli» * fu considerata provocatoria_da_gran_ parte della critica,
naturalmente di ‘*. Uno studio preparatorio del.
ratore fu pubblicato nel 1895 dal giornale socialista «La lotta
i classe del 1° maggio»; un altro lavoro fortemente polemico di
Longoni, Riffessioni di un affamato (o Contrasti sociali) del 1895,
oggi al Musco civico di Biella, fu pubblicato l'anno seguente nello
stesso foglio, con il risultato dell'incriminazione dell'artista per «i
stigazione all'odio di classe».
Come le ombre dei lottatori di Courbet, anche le ombre del.
l'orsiore e delalfamato di Longoni uscivano dai limiti del quadro
non disegnate dalla matita di un caricaturista, questa volta, ma
catturate e diffuse In migliaia di esemplari da processi i
di riproduzione dell'immagine.
tomeccanici
Not
Note al Capitolo primo
* Cfr, Corrado Maltese, #7 momento waitario della pittura italiana dell'Ottocent
in «Bollettino d'arte del stero della Put zione
consapevole recupero di tradizi
dell'artista e della sun respon
2a [...] essa abbraccia la realtà ne
nel suo aspetto sociale».
in misura determinante la ribellione di è
pumento era preceduto, nel 1863, da una Soci
dopo il rifiuto da parte di ulcuni giovani pittori
banchetto degli al Wathalla) del concorso accademi
(LN, Kramskoj, Perov, VI Surik
V. Verescagin e altri) rappresentavano
ma facevano unche pittura religiosa e di paesaggio — cercando, con mostre che
spostavano attraverso la Ri , di arrivare a un pubblico più ampio di quello del
esposizioni accademiche, con l'intenzione di risvegliare la coscienza tazioni popolar
Cfr, Maurice Domino, Les discouri du realismo, in «Histoire et crifique di
arts», n, 4-5 (numero speciule Les réalivmes et l'histoîre d'art, con le relazioni presenta
all'omonimo convegno di Besangon), Paris, mai 1978, p. 5.
* Prima del manifesto di Courbet, Champfleury aveva pubblicato in
(1:9-1854) Du réalisme. Lettre à Mme Sund: nella stessa rivista — nel
9-12-1855 — Fernand Desnoyer pubblicò Du Réal h,
Nel 1856 fu fondata du Duranty, Assézat
uscirono sei mimeri fino al maggio
dalla rivista, quanto al dibattito si
Lovis-Emile-Edmond Durant primi
cui veniva posto il problema
«convenzionale» («per ki foll
ila contemporanca c la storia razionale
forma, lo,
il posto, ma solament
Îl verom, e si
Lo non bisogna
un posto; l'A secolo ha libe
deva iconocì
luogo cinqu iù tardi
mico discendente da Erostrato mi lee Arrho, dal Lauro, se avessi nvut
188 Note
dei finmmiferi avrei dalv fuoco senza rimorsi n quella catacomba, con
vinzione di servire la causa dell'urte del futuro. Mi sarebbe solo disp
ritratti — aggiunse — per qualche fiammingo e qualelie veneziano»), Quindi Duraniy
pubblicò Réalisne nel numero del 1-1856) Reulione ci Réalistes nel numero del
15:3-1857 (dave fu anche pubblicato, nella traduzione di Max Buchon, Les reulistes
ei les idealistes di Schiller, 1795}: Le vie er la mort du réalisme nell'ultimo numero,
dell'aprile.maggio 1857, su col torneremo più avanti
Nel 1856, poi, uscì a Neuchiltel Le Réutisy
et commentées par Max Buci 1 1857 è, infii
Reéalisme, pubblicato a Purigi do Michel Lévy fréres.
* Churkes Farcy, dell'aristocratico «fournal des Artistes et des Amutcursa notava,
tra Paltro, come nel pio si vedesse sun mario, ucciso otto giorni prima i)
dei combattimenti, 4 giudicare dal colore elle carni, al quale l'artisi ci
meravigliosa opportunità — ha tolto pantaloni idogli ln camicia sollevata
sullo stomaco, Una cosa che certamente non è mai successa, n Parigi, In quelle tre
giornate, Nessuno dei due partiti che si combattevano si deve rimproverare uno sconcio
così indecente c ignuminioso» (riportato da Nicos Hadjinicolacu nel saggio L'erigerice
ct critigue des gris», cit.),
Discussione esihètigues recueillies
il volume di Champficury Le
deguarsi a valari cs
rivolgevano a pubblici
Salon: Lurrivo dei m e patiati porttine di Robert. Questa volla è
conservatrice a porlire di «natura presa sul fatto» c di fedeltà di rappresentazione,
mentre | progressisti, pur ammirando le qualità pittoriche dell'opera, non mancavano
di notare una certa mancanza di vita, di vi i di realtà,
î tura si può fare riferimento ai testi
riodizzazione del realismo in
(Reafism, Harmondsworth 1971; irad. it, Reafisnro, Einaudi, Torino
el P, Welsberg (Tie Reulist Tradilon, French Painting and Drawing
nd M maf Art, 1980), entrambi con adeguati apparai
in apre il suo siudio notando come questo movimento storico
sin prevabo, in primo logo in Fra dal 1840 circa fino al 1870/80; Weis
ppuc una prima fase realista da una successiva fase nuralista, pienamente
ppali negli n Se camente sostenuti da Zola nel 1866, Da
porte sun, Domino (in op. cit.) sposta all'indietro i termini cronologici, collocando al
1830/60 quella che delinisco l'ecpifania del Realismo». Quest'ultima ipotesi sembra
tu
infatti la presu di coscienza del realismo da parte di ar
1855, coincise con la sua Ne sono indizi probant
o della pitrui in la meteorica esistenza della rivista «Réalismen,
numero dell'aprile-maggio 1857, In tale occasione, Dui y scrisse l'edi
la mort du réatisme, in cui lucidameme evocava il tradimento —
probabilità storicamente inevitabile — del senso originario e
intenzioni eversive di um certo programma tea «Nol primo numero si vedeva la
helva del Realismo trascinarsi sul venire, come gli animali nati dal caos: poi si mise
in piedi c incominciò ad aggirarsi per Ie strade come un lupo col pelo diritto sulla
schiena, Oggi la belva è morta © sia
in qualche collezione! - Ral-
E
Courbet,
Modern Ari in Paris, Garl
* Anche Ei 7
nel fritto
Realismo come di uns «teoria ve
una costante arti metastorica, ©
Revue dramatigue vi litieraîre pubblicata il 22-14-1878
she ripreso questo punto a, scrivendo del
come Îl mondo». L'
trapposta al Formalismo, cra stata alimentata
dalla riscoperta della pittura olandese del XVII secolo da parte dei Goncourt e dei
da parte di Champfleury nel pubblicò a Laon un Essai sur la vie
xe des Lendl, peimires Laonnois, seguito da Nouvelles recherches sur la vie
et l'octvre des frères Le Nail, Laon 1862, un volume noto anche come Les peintres
de la réalità sous Louis NH » Les freres Le Nain), e dalla interpretazione di tali
episodi come precedenti del Realismo di quegli anni (cfr. Laura Malvano, Le debat
autonr du me erre 1855 et 1865, in «listoîne et critique des arts», cit),
Note n
“ Cfr. Domino, op. cit., p. 6.
“lv
Wassîly Kandinsky, Lo spirituale mell'urte. (1912), in Futtî gli scritii, val
Milano 1974, p. 128
rapporti Rousscau-Kandinsky si veda Le Dowanier Rousseau, Galeries n
nales du Grand Paluis, Paris, 14-9-1984/7-1-1985 (Editions de la Réunion des mu:
nulionaux, Paris 1984), pp. 76 seg. p.214.
num Gabo, Manifesto del realismo, Mosca 1920, tradotta in Mario De Miche
artistiche del Novecento. Feltrine! ilano 1966 (prima edizion
no 1959), pp. 3938.
lv,
#1 manifesti del pruppo, redatti da Pierre Restany, sono raccolti in Noure:
Réalisme 1960/1470, Rotonda della Besana, no, 27.11-1970/25-1-197 sì vedar
ire Restany, Nuoro reulismo, l'rearo Editore, Miluno 1968; 1960 Les
rendendo l'ipotesi di Roman Jukobson (Du sealisme artistigue, 1921
Th de la tittirature, Editions du Seuil, Paris 1965, p.
mine realismo costituito dall'insieme di otto element
+ che «se si ammette che ogni discorso del realismo mette in rappor
due di quegli clementi, si possono prevedere 80,640 combinazioni, possibili matri
di altrettanti discorsi del realismo» (Domino, op. cit., p. 12),
#* E stata accorlamente sottolincata ln tempes
«due libertà che le luzioni succedutesi in Frai
ramente 5; ; la di parola e la
Maltese, Vicende e problemi del realismo
XII, n. 46-47, dicembri
una questione di frma pittorica, v
sistema delli produzione c I
allora, i Salon iccade
"Courbet, op, ci
# Sulle fonti popolari della pittura di Courbet si veda, in primo luopo, Mey
Schapiro, Courbet « iv delle immagini popolari. Suggio sul
maivetè (1941), recentemente ripubblicato nella raccolta di scritti di Sch
paradossalme
# Nel dipinto si leggono le date 1853 © 1865: la prime, coincidente con
di uscita della Phito sopli du Progros, è riferita alla scena rappresentata, la secon
all'esecuzione del quadro, condotta dupo la morte del filosofo sulla base di fotografi
di una maschera e di un aliro ritratto, Per la datazione dell'opera si veda comungi
anche quanto scrive C, Léger in «Il des Amis de Gustave Courbet», n
1947, en. 1952
Cfr, Philosophie du Progrès. în Ocurres completes de P-}. Proudhon,
edizione, volume XII, Rivière, Paris 1946, p.49,
® dvi, pp.924.
# In una lettera a Champfleury scritta da Ormans nella primavera del 1850 (pu
blicata in Clark, op. cit, pp. 166-) Courbet descrive lo dettagliati
into per sottolineare un'assoluta cd cselu:
suoi occhi, senza inventare nulla. Il quadro «cc
da compiangere; uno è un vecchio, una vecchia
la testa abbron: coperta di un cappello di paglia nera, per la polvere e
pioggia. Le sue braccia, che sembrano soprammesse, sono coperte di una camicia
poi nel suo panciotto a righe rosse si vede una tabace!
al ginocchio, posato su un mucchietto di paglia, i suoi pantaloni.
edi da soli, presentano una larga ta
calca;
è un giovane
gli fanno da can
» tenuti da una
le da lungo tempo ridono da
i suoi pantato
rpe di suo pad:
oro lavoro sur
piedi porta
Qui e la pli utensili d