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REALISMO-NATURALISMO-VERISMO. VERGA. DECADENTISMO. SIMBOLISMO. ESTETISMO. PASCOLI, Dispense di Italiano

REALISMO-NATURALISMO-VERISMO. VERGA: vita, opere, temi; LA LUPA (riassunto brano), LA ROBA (riassunto brano), I MALAVOGLIA, IL NAUFRAGIO DELLA PROVVIDENZA (riassunto). ECADENTISMO. SIMBOLISMO. ESTETISMO. PASCOLI: vita, opere, stile; X AGOSTO, TEMPORALE, IL LAMPO, IL TUONO, LA CAVALLA STORNA (analisi e parafrasi di tutte). D'ANNUNZIO: vita,opere,stile. PIOGGIA NEL PINETO (analisi e parafrasi). SVEVO: vita,opere,stile. LA PREFAZIONE E IL PREAMBOLO + IL VIZIO DEL FUMO E LE ULTIME SIGARETTE

Tipologia: Dispense

2021/2022

Caricato il 11/01/2023

sara_aroldi
sara_aroldi 🇮🇹

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Scarica REALISMO-NATURALISMO-VERISMO. VERGA. DECADENTISMO. SIMBOLISMO. ESTETISMO. PASCOLI e più Dispense in PDF di Italiano solo su Docsity! 1 REALISMO Corrente, movimento letterario che nacque e si sviluppò in Francia a metà dell’Ottocento grazie ad Honoré de Balzac. È contemporaneo al Positivismo. Il Realismo rifiuta il sentimentalismo del Romanticismo, vuole RAPPRESENTARE la REALTÀ quotidiana fotografandola come si presenta realmente SENZA COMMENTI E GIUDIZI e narrare quindi tematiche sociali vere inserite in contesti storici ed ambientali ben precisi e reali (in Italia parliamo di Verismo). Il narratore è impassibile. Gustave Flaubert fu il tramite tra il realismo e il naturalismo con l’opera “Madame Bovary”. NATURALISMO Corrente prevalentemente francese che si concentra sulla realtà quotidiana (periferie degradate, denuncia dei vizi e della povertà) e descrive i rapporti fra gli individui senza abbellimenti. Deriva dal Positivismo da cui trae la ricerca in modo scientifico e analitico dei dati per dare spiegazioni scientifiche. Il narratore non si sente neanche, usa il discorso INDIRETTO LIBERO. Il REALISMO osserva scrupolosamente la società ma non dispone di un metodo di analisi della realtà davvero scientifico come quello che il Positivismo aveva fornito al Naturalismo. Il Realismo si limita a fotografare, mentre il Naturalismo dà delle spiegazioni scientifiche. Per i naturalisti i vizi e le virtù sono riconducibili a fattori genetici. Il caposcuola del Naturalismo fu Emile Zola, il quale ispirò e alimentò il VERISMO in Italia con Luigi Capuana, Giovanni Verga, Federico de Roberto e Matilde Serao. VERISMO Il critico letterario Francesco De Sanctis, studiando Zola, comprende la necessità di trascrivere la realtà oggettivamente. L’arrivo in Italia del Naturalismo si deve anche alla diffusione delle teorie positivistiche e dalla presa di coscienza dei problemi che affliggono l’Italia postunitaria come lo squilibrio tra nord e sud, la cosiddetta QUESTIONE MERIDIONALE. I protagonisti di questa nuova corrente letteraria sono Luigi Capuana, Giovanni Verga e Federico de Roberto, tutti provenienti dalla Sicilia, descrivono gli ambienti degradati della loro terra e l’attaccamento alla roba (visto anche in Pirandello, autore dei romanzi psicologici, nella Giara). Nel Verismo viene meno la componente scientifica. Attribuiscono alla voce narrante il punto di vista corale e utilizzano un italiano accessibile a tutti mischiato con termini dialettali. NATURALISMO E VERISMO A CONFRONTO Naturalismo Verismo Origine Filosofia positivistica Rapporto con la tradizione Rifiuto del Romanticismo basato sul sentimento Tecnica narrativa Impersonalità, i romanzi sembrano fatti da sé Poetica Studio scientifico della società Ricerca del vero Ambiente Classe operaia, sobborghi urbani Mondo rurale del sud Italia Ideologia Progressista Conservatrice Atteggiamento Fiducia nel cambiamento sociale Pessimismo fatalista (vinti dal destino) Riscontro del pubblico Scandalo e successo Indifferenza GIOVANNI VERGA DISCORSO DIRETTO = l’autore chiude e apre le virgolette; DISCORSO INDIRETTO = l’autore narra in terza persona; DISCORSO INDIRETTO LIBERO = l’autore non apre e non chiude le virgolette ma entra nei discorsi dei personaggi. 2 VITA:  Nasce a Catania nel 1840 da una famiglia di nobili origini.  Dopo la spedizione garibaldina in Sicilia nel 1860, abbandona gli studi di giurisprudenza, e per 4 anni, presta servizio nella Guardia Nazionale.  Dal 1865 compie i primi viaggi a Firenze, città in cui si stabilisce a partire dal ’69. Incontra i Macchiaioli e Capuana. [nel ’65 FI è capitale dopo l’unità d’Italia del 1860. Da Torino si sposta a Firenze dal punto di vista della lingua, Manzoni aveva scelto il fiorentino parlato dalla gente colta, Firenze è la capitale della lingua. Roma diventa capitale nel ’71 dopo la Breccia di Porta Pia, grazie alla guerra franco-prussiana. Il re è Vittorio Emanuele I]  Nel 1872 si trasferisce a Milano, dove rimane per oltre vent’anni. Qui entra in contatto con gli ambienti scapigliati (1860-1880). Dopo aver conosciuto i romanzi di Emile Zola, aderisce al Verismo.  Nascono Rosso Malpelo, la raccolta Vita dei campi e il romanzo I Malavoglia, primo capitolo di un Ciclo dei Vinti progettato in cinque volumi. Quest’ultima opera fa fiasco, ma Verga non abbandona la poetica verista e nell’83 termina la raccolta delle Novelle Rusticane e Mastro Don Gesualdo; per il teatro compone Cavalleria Rusticana, spesso data insieme a I Pagliacci di Ruggero Leoncavallo, allievo di Carducci; è musicata da Mascagni, il quale vincerà il concorso Sonzogno nell’89; librettisti Torgioni- Tozzetti + Menasci.  Nel 1893 Verga torna in Sicilia. Nel 1912 aderisce al Partito nazionalista e nel 1914 appoggia l’intervento italiano nella 1WW. Dopo la fine del conflitto iniziano i riconoscimenti per le sue opere.  Nel 1920 Giolitti lo nomina senatore del regno (anche Puccini lo è e si firma “sonatore del regno” ironicamente) e nel 1922 muore a Catania. OPERE: EVA, EROS, TIGRE REALE (pre-verismo) Opere che trattano argomenti graditi al pubblico di città che frequenta salotti letterari: amori impossibili, ambizioni fallite, adulteri, suicidi per amore. I personaggi sono prostitute, ballerine, mogli infelici e giovani artisti squattrinati. Mentre è impegnato nei romanzi della prima fase tardo-romantica, sperimenta un nuovo tipo di racconto, con personaggi presi dalla realtà della sua terra d’origine. La svolta avviene nel 1874, quando compone Nedda che ha per protagonista una raccoglitrice d’olive che perde prima l’amato e poi la figlia. VITA DEI CAMPI Rappresenta l’inizio della produzione verista: composta da 8 testi, tra cui Cavalleria rusticana, La Lupa e Rosso Malpelo, ambientati nella campagna siciliana e incentrati su passioni incontrollabili. NOVELLE RUSTICANE Scritte tra il 1881 e l’83, le 12 novelle rusticane anticipano i temi delle opere successive. Il tema dominante è quello delle LEGGI ECONOMICHE che regolano le relazioni umane. La difesa dei beni e delle ricchezze, indicati come «LA ROBA», rappresentano l’unica ragione di vita dei personaggi. In essi Verga riflette il suo pessimismo che si trasforma in una sorta di fatalismo rassegnato. L’ambientazione è il mondo contadino. I MALAVOGLIA I Malavoglia danno inizio al CICLO DEI VINTI, che avrebbe dovuto essere articolato in 5 romanzi: I Malavoglia, Mastro Don Gesualdo, La duchessa di Leyra (figlia di Mastro Don Gesualdo che sposa il duca di Leyra, il quale sperpera tutto il denaro del padre). Gli unici romanzi ad essere pubblicati sono i primi due, il terzo è incompiuto. MASTRO DON GESUALDO Ambientato a inizio Ottocento, vede come protagonista Gesualdo Motta, un manovale siciliano che diventa proprietario terriero, meritandosi il titolo di “don”, riservato ai notabili. Egli è circondato dall’invidia dei 5 anche che lui mangiava solo pane e cipolla. Non gli interessa del denaro, infatti, appena ne accumula un po’ compra subito un pezzo di terra. Diventato vecchio, teme unicamente la morte, in quanto lo separerà dalla sua "roba": inutile è l'invidia che prova verso giovani lavoratori e l'uccisione di parte del bestiame, nel tentativo disperato di portarlo con sé nell'aldilà, in quanto dopo la morte, e Mazzarò ne è purtroppo cosciente, la "roba" accumulata in vita non varrà più niente. I MALAVOGLIA Il romanzo, composto da 15 capitoli, copre un arco cronologico di 12 anni, dal 1863 al 1875, e narra le vicende della famiglia Toscano, detti i Malavoglia, che vivono ad Aci Trezza, nei pressi di Catania. Sono pescatori laboriosi che vivono nella “casa del nespolo” e possiedono una barca, la Provvidenza. Il capo famiglia è padron ‘Ntoni; suo figlio Bastianazzo è sposato con Maruzza, detta la Longa e hanno 5 figli: il giovane ‘Ntoni, Luca, Mena, Alessi e Lia. Quando alcuni componenti della famiglia si allontanano, questa viene colpita da numerose disgrazie. La partenza di ‘Ntoni per la leva militare nel ’63 li priva di una forza lavoro preziosa. Per cercare di incrementate i guadagni decidono di tentare la via del commercio acquistando da zio Crocifisso, l’usuraio del paese, un carico di lupini da rivendere. Durante il trasporto una tempesta fa naufragare la provvidenza: Bastianazzo muore e i lupini vanno persi. Maruzza muore di colera. ‘Ntoni torna dalla leva militare ma desidera andarsene, quindi si dà al contrabbando e finirà in carcere. Lia scappa e diventa una prostituta. La famiglia, dopo tutti questi avvenimenti, è costretta a vendere la casa del nespolo e a trasferirsi. Padron ‘Ntoni muore in ospedale. Alessi riesce a riscattare la casa del nespolo, ‘Ntoni uscito di prigione torna ad Aci Trezza, ma riparte verso una destinazione ignota. Nel romanzo manca la figura del protagonista, la dimensione è quella collettiva, di comunità. Le figure del romanzo simboleggiano un particolare stato d’animo o carattere:  PADRON ‘NTONI = vecchio di casa saggio ed equilibrato, si accontenta di ciò che possiede ed è fedele alle proprie radici;  GIOVANE ‘NTONI = figlio maggiore di Bastianazzo e Maruzza, rappresenta l’ansia del nuovo e il desiderio di sottrarsi alle misere condizioni di vita della famiglia;  LIA = è la controparte femminile dello stesso atteggiamento;  ALESSI = continua il lavoro del nonno e riesce a riscattare la casa del nespolo, rappresenta la preservazione dei valori della famiglia;  ZIO CROCIFISSO = l’uomo più ricco del paese che vende il carico di lupini ai Malavoglia, quando il carico si perde nel naufragio non pensa di abbuonare il debito della famiglia. Verga dipinge un mondo in cui non compaiono alternative all’esistente, il fatalismo è forte e pensa che la realtà sia immodificabile. Ciò che domina il romanzo è il contrasto tra la figura di Padron ‘Ntoni e quella del giovane ‘Ntoni. Tutto viene sacrificato per il denaro. L’attaccamento al focolare domestico è l’unico modo per difendersi dall’avidità del mondo. L’autore si eclissa, ricorre a un effetto di straniamento. Accanto ai dialoghi c’è l’uso del discorso indiretto libero. Spesso Verga ricorre alla tecnica della concatenazione: ci sono formule ripetitive fisse legate ad un personaggio che ricordano gli epiteti in Epica usati da Omero: es. piè rapido = Achille; concave navi = navi greche; donne dai lunghi pepli = troiane. Questo da un’impressione di circolarità. IL NAUFRAGIO DELLA PROVVIDENZA Il dramma viene già annunciato nei capitoli precedenti, quando Padron ‘Ntoni fiutava l’aria per capire se ci sarebbe stata tempesta. Appena fa giorno, il naufragio dell’imbarcazione su cui viaggiavano Bastianazzo e 6 Menico con il carico di lupini diventa una certezza. Quella sera anche Maruzza comprende che il marito è morto. TEMA: LA DISGRAZIA E IL CORO PAESANO. Il capitolo si apre così su una scena stravolta dalla tempesta, quasi un preannuncio del dramma che incombe; il tutto è reso attraverso similitudini e immagini ed espressioni enfatizzanti: i pescatori sono al riparo, le barche sulla spiaggia, i pericoli di chi è in mare sono solo accennati dalle vele lontane. La scena si stringe poi sulla casa del nespolo, dove i pensieri erano rivolti alla Provvidenza e a Bastianazzo che la governava nella tempesta. La tensione della scena è tutta osservata, senza giudizi diretti da parte del narratore, da un’ottica impersonale ed impassibile, ma che riesce a cogliere il nascosto agitarsi delle passioni di Maruzza (“Maruzza la Longa (epiteto) non diceva nulla, com’era giusto, ma non poteva star ferma un momento, e andava sempre di qua e di là, per la casa e pel cortile, che pareva una gallina quando sta per far l’uovo (similitudine)”) o, attraverso le battute in dialogo diretto, il giudizio della comunità sulla improvvida scelta di Padron ‘Ntoni. Così commenta, ad esempio, Padron Fortunato Cipolla, sfruttando la forza concettuale dei proverbi. Il capitolo si chiude sul dolore straziante della Longa, tuttavia nel microcosmo di Aci Trezza la solidarietà è una virtù sconosciuta. La famiglia Malavoglia viene lasciata sola nella sua angoscia. Tutti i compaesani, con quel tempaccio, se ne stanno rintanati al coperto e possibilmente al caldo, solo i Malavoglia vagano come anime in pena, in mezzo alle intemperie, padron ’Ntoni sulla spiaggia, Maruzza e i bambini sulla sciara, da dove potevano scorgere un tatto di mare. I compaesani chiacchierano tranquilli, emettono sentenze e scherzano persino, indifferenti di fronte alla sciagura che incombe sui Malavoglia. Nulla sappiamo della lotta disperata di Bastianazzo e di Menico per resistere alla furia del mare: le persone rimaste a terra possono solo immaginare i terribili momenti vissuti dai due pescatori, ma il naufragio, di per sé, non ha testimoni. La verità, insomma, non viene accertata ma solo supposta, e tuttavia basta la diffusa convinzione che la Provvidenza abbia fatto naufragio a decretare la morte per annegamento dei due uomini. Il “coro” delle voci paesane ha ormai deciso per la disgrazia convinzione a cui non si sottrae neppure Maruzza: le insolite attenzioni che le riservano tante persone la lasciano sgomenta e sbigottita; quando viene ricondotta a casa, comincia a balbettare Oh! Vergine Maria!; e quando, da ultimo, le vengono incontro comare Piedipapera e la cugina Anna, prorompe in un grido disperato e corre a rintanarsi in casa. DECADENTISMO Il decadentismo è un decadimento del Romanticismo. Il vocabolo nasce in Francia per indicare la poetica di un gruppo di artisti dalla vita sregolata, detti “POETI MALEDETTI”. Il precursore è Baudelaire con la sua opera I fiori del male. I poeti decadenti SPIEGANO IN MODO IRRAZIONALE LE COSE. Il Decadentismo (Pascoli, D’Annunzio, Fogazzaro) è contemporaneo al Naturalismo francese (Zola, Flaubert, Balzac), i cui autori descrivono la società del tempo con la scienza e la ragione; e al Verismo (Verga, Capuana, De Roberto) che si limitano a fotografare la realtà così com’è [negli anni ’80 la scapigliatura è già passata]. Questi autori vengono definiti decadenti, in quanto espressione di un declino degli ideali risorgimentali e postunitari, da Benedetto Croce [non si laureò mai in niente, nonostante fosse antifascista non fu mai toccato dal regime]. In Francia il termine Decadentismo viene sostituito con SIMBOLISMO ed ESTETISMO. Gli autori nono sono in grado di proporre nuovi ideali in sostituzione a quelli tradizionali, da loro demoliti. Da qui il NICHILISMO = negando l’esistenza di qualsiasi valore si svaluta il senso stesso del vivere [dal latino nihil: nulla]. Spesso gli artisti fanno uso di alcol e droghe o si isolano. Questo si riflette nella loro scrittura: i personaggi ritratti sono degli inetti, dei ribelli. Il Decadentismo anticipa tematiche riprese dagli autori del 900: malattia di tipo psicologico e non, inabilità; come nel caso di Italo Svevo (la Coscienza di Zeno è un romanzo psicologico ispirato alle teorie di Freud, in 7 cui Zeno è un inetto che non riesce a smettere di fumare) di Luigi Pirandello, di Montale, di Kafka (Metamorfosi), di Alberto Moravia (Gli indifferenti). Nella letteratura decadente è ricorrente il TEMA DEL DOPPIO: il personaggio è diviso tra una parte buona, diurna, conscia e una parte malvagia, notturna, inconscia. Un esempio è il romanzo di Stevenson The strange case of Dr Jekyll and Mr. Hyde, o Il ritratto di Dorian Grey di Oscar Wilde. In Italia lo vediamo con Italo Calvino, autore neorealista, nel Visconte Dimezzato (morale: si trova l’armonia quando si uniscono le due parti). Il SOGNO diventa uno strumento grazie al quale si riesce a esplorare la natura più profonda dell’uomo. Nel decadentismo l’amore diventa EROTISMO e SESSUALITÀ; infatti, una delle figure principali è la DONNA FATALE E PERVERSA (visto in Puccini in Madama Butterfly e Turandotte). Nasce l’ESOTISMO, ovvero l’attrazione per i luoghi lontani e le culture diverse (nell’800 viaggiavano perché era normale per i giovani borghesi e di solito annotavano le cose che vedevano su un diario; ora si cerca la fuga dalla realtà in modo favolistico). Il termine MISTICISMO indica il desiderio dell’uomo di incontrare il divino già in questa vita. Rappresenta anche l’aspirazione al superamento dei limiti dell’esperienza sensibile. Accanto c’è il SATANISMO, un atteggiamento di aperta ribellione contro ogni legge e istituzione e contro Dio [nell’opera Mefistofele di Arrigo Boito, librettista di Verdi e poeta scapigliato, il dottor Faust vende l’anima al diavolo per la conoscenza]. SIMBOLISMO Nasce come movimento letterario e, successivamente, artistico nel 1886, quando il poeta Jean Moréas pubblica su un giornale parigino il Manifesto del Simbolismo. Il “simbolo” è un’immagine, una parola, una figura che evoca o rappresenta qualcos’altro. Gli artisti simbolisti non si servono mai di simboli immediati e comprensibili. Il simbolismo rifiuta l’idea che la realtà sia quella della ragione e aspira a rivelare l’ignoto e l’inconscio. La poetica gioca con le parole e:  La parola poetica non deve comunicare ma evocare.  Libere associazioni di immagini grazie all’ANALOGIA e alla SINESTESIA [luce-muto; muto orto solingo. Accostamento di termini appartenenti a sfere sensoriali differenti].  Linguaggio allusivo e sintassi disarticolata, ANASTROFE [inversione dell’ordine delle parole all’interno di un verso].  La musicalità diventa lo strumento tecnico. IL SUONO PREVALE SUL SIGNIFICATO, LE VALENZE MUSICALI SU QUELLE SEMANTICHE.  Verso libero, preferenza per l’ASSONANZA [le vocali coincidono a partire dall’accento tonico]. ESTETISMO Gli artisti ricercano il BELLO non per fini insegnativi, ma ricercano il bello in quanto tale, ha una finalità edonistica. Oscar Wilde scrive «solo per l’Arte e con l’Arte noi possiamo effettuare la nostra perfezione e difenderci dai pericoli della vita reale». In Italia l’esteta per eccellenza è Gabriele d’Annunzio con il romanzo Il piacere. L’esteta è eccentrico, ama la propria persona, ama l’attenzione, è narcisista. GIOVANNI PASCOLI VITA: 10 Parallelismo tra la 2 e la 4 stanza, l’uomo però perdona. Si passa continuamente dal sacro al profano. 3 EPICUREISMO, il cielo è lontano negli affetti e nello spazio 4 METONIMIA + METAFORA DELLA FAMIGLIA 5 SINESTESIA: accostamento di termini appartenenti a due sfere sensoriali differenti 6 ENDECASILLABO MINOR + CESURA: pausa al centro del verso 7 ENJAMBEMEUNT TEMPORALE Il poeta-fanciulla si pone con inquieto stupore di fronte alle immagini che annunciano un temporale e di fronte al lampo e al tuono che si manifestano al suo inizio, cogliendo turbamento e paura. Sono tre liriche di Myricae legate tra loro. TEMA: SUONI E COLORI DELL’INIZIO DI UN TEMPORALE. BALLATA MINIMA (perché ha 1 strofa e 1 ritornello) DI SETTENARI X ABABBX. Un bubbolìo1 lontano…2 Rosseggia l’orizzonte, come a3ffocato, a mare: nero di pece, a monte, stracci di nubi chiare: tra il nero un casolare: un’ala di gabbiano4. A parte il verbo iniziale “rosseggia” non ce ne sono altri; è una poesia evocativa e allusiva, non descrittiva e oggettiva. Il primo verso è la RIPRESA/RITORNELLO. 1 ONOMATOPEA: quando una parola contiene in sé il suono a cui si riferisce es. scricchiolare, frusciare, ecc. 2 sospensione del discorso 3 SINALEFE (mancata applicazione: dialefe) 4 ANALOGIA: perché è un intero concetto, se fosse stata una parola = metafora IL LAMPO Con le altre due liriche condivide la forma strofica, ma si distingue per la sensazione disarmante di paura che la natura può trasmettere quando si mostra in tutta la sua incontrollata potenza. La rapida apparizione della casa bianca sembra corrispondere alla visione fulminea di un occhio umano stupefatto. TEMA: UN’ILLUMINAZIONE IMPROVVISA. BALLATA MINIMA DI ENDECASILLABI X ABABBX (verso chiave quello che lega b e x). E cielo e1 terra si mostrò qual era: la terra ansante, livida, in sussulto; il cielo ingombro2, tragico, disfatto: bianca bianca nel tacito tumulto3 una casa apparì sparì4 d’un tratto; come un occhio5, che, largo6, esterrefatto, s’aprì si chiuse, nella notte nera. 1 POLISINDETO (con , asindeto) 2 ANTROPOMORFIZZAZIONE: si attribuiscono caratteristiche umane alla natura 3 OSSIMORO: tumulto e tacito si annullano, unione sintattica di due termini contradditori 4 la mancanza di virgola tra i due verbi dà l’idea dell’attimo 5 ANALOGIA: il lampo è paragonato all’occhio Si sente in lontananza un brontolio. In direzione del mare l’orizzonte si colora di rosso, come se fosse infuocato. Verso il monte il cielo è nero come la pece. Ci sono degli stralci di nuvole chiare. In mezzo al nero si vede un casolare, che sembra l’ala di un gabbiano. Il cielo e la terra si mostrarono quali erano: La terra era ansimante, di un colore plumbeo e sconvolta; il cielo denso di nuvole, cupo, disfatto: bianchissima nel silenzioso sconvolgimento una casa apparve all’improvviso e scomparve come un grande occhio che, atterrito, si aprì e si chiuse, nel buio della notte. 11 6 largo intesa la pupilla per la paura IL TUONO Alla paura generata dal lampo segue il fragore del tuono, che però si smorza presto, fino a un silenzio rotto a sua volta da una voce umana che si leva limpida, rassicurante e consolante: quella di una madre che canta la ninna nanna. TEMA: LA CONSOLAZIONE DOPO LA PAURA. BALLATA MINIMA DI ENDECASILLABI X ABABBX. E1 nella notte nera come i2l nulla, a u2n tratto, col fragor d’arduo dirupo che frana, il tuono rimbombò3 di schianto: rimbombò, rimbalzò, rotolò cupo, e tacque, e poi r4imareggiò rinfranto, e5 poi vanì. Soave allora un canto s’udì di madre, e il moto di una culla. Il dirupo che frana, che simboleggia il tuono che si abbatte con forza sulla terra, è il momento di massima tensione del racconto, ovvero il CLIMAX (v. 4). Subito dopo c’è un ANTICLIMAX (v. 5) perché dice “tacque”. A consolidare l’anticlimax, portandoci in una atmosfera più tenue ci sono gli ultimi due versi. 1 congiunzione, sembra la continuazione di un discorso 2 SINALEFE 3 ONOMATOPEA 4 ALLITERAZIONE, dà l’idea del franare 5 POLISINDETO LA CAVALLA STORNA 31 DISTICI DI ENDECASILLABI A RIMA BACIATA AA BB CC … Ci sono formule ricorrenti come nelle fiabe. Nella Torre [della tenuta Torlonia di San Mauro] faceva già silenzio. I pioppi del Rio Salto [torrente vicino alla tenuta] si muovevano per il vento. I cavalli normanni erano nelle loro poste, masticavano la biada facendo rumore con i pezzi. Là in fondo c’era la cavalla, selvaggia, nata fra i pini sulla spiaggia salata [del lido ravennate]; che nelle narici aveva ancora gli spruzzi dell’acqua e nelle orecchie le urla del mare. Mia madre aveva appoggiato il gomito sulla mangiatoia e le diceva a bassa voce: «O cavallina, cavallina storna, che portavi colui che non può più tornare; tu capivi i suoi gesti e le sue parole; Egli ha lasciato un figlio piccolo [Giacomo]; E nella notte oscura come il nulla, all’improvviso, con il fracasso di un enorme masso che frana, il tuono rintronò con forza facendo eco, risuonando e rotolando minaccioso, poi fece silenzio, e poi gorgogliò come la risacca marina, infine svanì. Allora il canto leggero di una madre si sentì, e il dondolio di una culla. Nella Torre era già calata la notte. Si muovevano (per il vento) i Pioppi del Rio Salto. I cavalli normanni stavano ai loro posti, masticavano la biada facendo rumore. Là in fondo c’era la cavalla, selvaggia, nata fra i pini sulla salata spiaggia; che nella criniera aveva ancora gli spruzzi dell’acqua e le urla nelle orecchie (i rumori del mare). Sulla sua schiena mia madre aveva appoggiato il gomito e gli diceva a bassa voce: “O cavallina, cavallina storna che portavi colui che non c’è più (il marito ucciso), tu obbedivi ai suoi gesti e alle sue parole. Egli ha lasciato un figlio piccolo, il primo di otto, e non è mai andato a cavallo. Tu che corri 12 il primo di otto tra figli e figlie, che non è mai andato a cavallo. Tu che senti ancora ai fianchi [dentro di te] le tempeste marine, sii obbediente alla sua piccola mano. Tu che hai nel cuore la spiaggia deserta sii obbediente alla sua voce bambina». La cavalla volse la sua testa magra verso mia madre, che diceva sempre più a bassa voce: «O cavallina, cavallina storna, che portavi colui che non può più tornare; lo so, lo so, che lo amavi veramente! Con lui nell’istante della sua morte c’eri solo tu. Tu che sei nata tra i boschi, le onde e il vento, hai nascosto nel cuore il tuo spavento; sentendo che il morso era stato allentato, hai frenato nel cuore l’istinto di fuggire; con calma hai proseguito il tuo percorso affinché potesse morire in pace…» La magra e lunga testa era accanto al dolce viso di mia madre che piangeva. «O cavallina, cavallina storna, che portavi colui che non può più tornare; oh! due cose egli avrà pur detto! E tu le hai capite, ma non le puoi ripetere. Tu con le briglie abbandonate tra le zampe e negli occhi il bagliore dello sparo, con nelle orecchie l’eco dei colpi, proseguivi il tuo percorso tra gli alti pioppi: lo riportavi a casa per il tramonto perché fossimo noi a sentire ciò che aveva da dire» Stava ferma con la testa alzata. Mia madre le abbracciò la criniera: «O cavallina, cavallina storna, che hai riportato a casa sua colui che non può più tornare! A me, colui che mai più tornerà! La cavalla volse la sua testa magra verso mia madre che diceva sempre più a bassa voce: “O cavallina, cavallina storna, che portavi colui che non c’è più, lo so che lo amavi veramente! Con lui in quell’istante c’eri solo tu e la morte. Tu che sei nata tra i boschi, le onde, il vento, nel tuo cuore spaventato, sentendo il laccio nella bocca che tiene il morso, corresti via. Con calma seguitasti per il tuo percorso perché morisse in pace”. La magra lunga testa era accanto al dolce viso di mia madre che piangeva. “O cavallina, cavallina storna, che portavi colui che non c’è più. Oh! due cose egli avrà detto! E tu le hai capite, ma non le puoi dire. Tu con le briglie sciolte tra le zampe e negli occhi lo sparo, con negli orecchi l’eco del colpo, proseguivi la tua via tra i pioppi: lo riportavi a casa per il tramonto perché noi sentissimo quello che aveva da dire”. Stava ferma con la testa alzata. Mia madre gli abbracciò il collo: “O cavallina, cavallina storna, riporta colui che non c’è più! A me, colui che mai più tornerà! Tu sei stata buona, ma non sai parlare! Tu non lo sai fare, poverina; altri che potrebbero non osano parlare. Oh! 15 1 IMPERATIVO, APOSTROFE ALLA DONNA CHE È CON LUI 2 PARLARE PAROLE = accusativo di relazione in latino + COMPLEMENTO OGGETTO INTERNO dato da verbo e c.ogg con la sessa radice (sognare sogni, vivere la vita) Piove sui mirti, piante sacre a Venere (divini), e piove sulle ginestre che sotto la pioggia risplendono. Piove anche sui fiori ancora chiusi e sui ginepri folti che diffondono però un dolce profumo. Piove sui nostri volti, come se anche noi fossimo una parte di questo bosco (silvestri) piove sulle nostre mani nude, sui nostri vestiti leggeri ed estivi, e piove addirittura sui nostri pensieri, rinfrescati dalla pioggia, e l’anima si dischiude e rinasce sotto la pioggia e ci rivela sogni nuovi che in realtà, ieri come oggi, ci illudono e basta Ermione. Lo senti? La pioggia cade sulle foglie solitarie e crea uno cigolio che si diffonde in modo costante tutto intorno e cambia solo a seconda di quello che tocca, foglie più fitte o meno fitte. E ascolta: il canto delle cicale, che non si spaventano con l’arrivo dei venti australi e con il cielo grigio, sembra rispondere alla pioggia che scende come un pianto. E il pino ha un suono particolare, e anche il mirto suona in un modo diverso sotto l’acqua che cade, e così anche il ginepro e tutte le altre piante sembrano come strumenti musicali diversi suonati dalla pioggia che sembra avere un numero infinito di dita. E noi siamo immersi nello spirito del bosco, piove su i mirti divini, su le ginestre fulgenti di fiori accolti, su i ginepri folti di coccole aulenti, piove su i nostri volti silvani, piove su le nostre mani ignude, su i nostri vestimenti leggeri, su i freschi pensieri che l'anima schiude novella, su la favola bella che ieri t'illuse, che oggi m'illude, o Ermione 3 . Odi? La pioggia cade su la solitaria verdura4 con un crepitio che dura e varia nell'aria secondo le fronde più rade, men rade. Ascolta. Risponde al pianto il canto delle cicale che il pianto australe non impaura, né il ciel cinerino. E il pino ha un suono, e il mirto altro suono, e il ginepro altro ancora, stromenti diversi sotto innumerevoli dita5. E immensi noi siam nello spirito silvestre6, 16 3 Ermione figlia di Menelao e Elena, quest’ultima fugge con Paride ed è la più bella del mondo. 4 Al cor gentile rempaira sempre amore – Guinizzelli 5 ANALOGIA 6 spirito che anima il bosco 7 LATINISMO 8 COMPLEMENTO OGGETTO INTERNO/ accusativo latino (Vivere Vitam) 9 LATINISMO 10 ENUMERAZIONE PER ASIDETO 11 La pioggia in Pascoli X Agosto = caduta di stelle pianto per la morte del padre 12 METONIMIA: traslato secondo un rapporto di contiguità logica 13 ENUMERAZIONE PER ASINDETO + ANTICLIMAX 14 METONIMIA 15 CLIMAX + ANTICLIMAX 16 pioggia d’argento e i tuoi capelli hanno lo stesso profumo di quelle ginestre, anche se sei solo una creatura umana mia Ermione. E ti prego ascolta ancora il canto accordato delle cicale che stanno sugli alberi e che prima diminuisce e poi aumenta all’unisono quando aumenta anche la pioggia, ma arriva un altro suono, più cupo, quello delle rane, dalla parte di bosco che sembra più una laguna paludosa. Si tratta di un suono più sordo e più fastidioso ma anche questo aumenta o diminuisce finché quasi non si sente più. Non si sente, poi, nessun rumore provenire dal mare, si sente solamente, su tutti i rami, scrosciare la pioggia che pare colore di argento e che purifica, si sente il suo scroscio che ancora continua a cambiare in base al fogliame su cui cade. Ascolta la cic la che adess è muta mentre la figlia del fango lontana, la rana, canta dove c’è più ombra, in quella zona paludosa chissà dove. E piove sulle tue ciglia, Ermione. e le tue chiome auliscono9 come le chiare ginestre, o creatura terrestre che hai nome Ermione. Ascolta, Ascolta10. L'accordo delle aeree cicale a poco a poco più sordo si fa sotto il pianto11 che cresce; ma un canto vi si mesce più roco che di laggiù sale, dall'umida ombra12 remota. Più sordo e più fioco s'allenta, si spegne13. Sola una nota ancor trema14, si spegne, risorge, trema, si spegne15. Non s'ode su tutta la fronda crosciare l'argentea pioggia16 che monda, il croscio che varia secondo la fronda17 più folta, men folta. Ascolta. La figlia dell'aria18 è muta: ma la figlia del limo lontana, la rana, canta nell'ombra più fonda19, chi sa dove, chi sa dove! E piove su le tue ciglia, Ermione. 17 17 SINEDDOCHE: fronda al posto di rami = una parte per il tutto 18 le cicale 19 ASSONANZA 20 Quasi fatta di vegetale. METAMORFOSI di Ovidio = Dafne in alloro, ninfe che abitano gli alberi. 21 SIMILITUDINE 22 METAMORFOSI 23 METONIMIA/ SINEDDOCHE 24 IMPOSTAZIONE CICLICA, come si apre si chiude. ITALO SVEVO VITA:  Nel 1861 nasce ETTORE SHMITZ da una famiglia ebraica a Trieste, una città di frontiera, la cui posizione di porto mediterraneo dell’impero austro-ungarico, l’ha resa una città cosmopolita frequentata da turchi, greci, italiani e tedeschi. Piove su le tue ciglia nere sì che par tu pianga ma di piacere; non bianca ma quasi fatta virente20, par da scorza tu esca. E tutta la vita è in noi fresca aulente, il cuor nel petto è come pesca 21 intatta, tra le palpebre gli occhi son come polle 21 tra l'erbe, i denti negli alveoli son come mandorle 21 acerbe 22 . E andiam di fratta in fratta, or congiunti or disciolti (e il verde vigor rude ci allaccia i malleoli c'intrica i ginocchi)23 chi sa dove, chi sa dove! E piove su i nostri volti silvani, piove su le nostre mani ignude, su i nostri vestimenti leggeri, su i freschi pensieri che l'anima schiude novella, su la favola bella che ieri m'illuse, che oggi t'illude, o Ermione. 24 Piove sulle tue ciglia nere e pare che tu stia piangendo ma è un pianto di piacere, e sembra che la tua pelle non sia più bianca ma verde e mi pare di vederti come una creatura nata dalla corteccia di un albero. E così tutta la nostra vita è profumata e fresca, (sembriamo anche noi un bosco): i nostri cuori nel petto sono come due pesche profumate e non ancora colte, le palpebre fra le tue ciglia sembrano le sorgenti d’acqua fra le zolle d’erba e i denti e le gengive sembrano mandorle non ancora mature. Andiamo fra i cespugli, insieme o separati, e la forza intima, selvaggia degli alberi ci prende a sé stringendoci le caviglie e ci lega le ginocchia! Chissà dov’è tutto il resto, dove siamo noi? E piove ancora sui nostri volti che ormai sono un bosco, piove sulle nostre mani nude, sulle nostre vesti leggere, sui pensieri nuovi che la pioggia ha rinnovato nella nostra anima e su quel sogno che continua ad illuderci, Ermione.
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