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Recensione a Io non ho paura, Dispense di Letteratura Contemporanea

recensione di Mauri al libro di Ammaniti

Tipologia: Dispense

2020/2021

Caricato il 01/03/2021

ale-chia
ale-chia 🇮🇹

4.2

(39)

25 documenti

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Scarica Recensione a Io non ho paura e più Dispense in PDF di Letteratura Contemporanea solo su Docsity! Paolo Mauri, La calda estate di Michele, “la Repubblica”, 5 aprile 2001 [https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2001/04/05/la-calda-estate-di- michele.html?ref=search] C' è una domanda che vorrei fare a Niccolò Ammaniti a lettura ultimata del suo romanzo Io non ho paura: perché il noir? Perché inserire la storia di un rapimento a scopo di estorsione in un romanzo che narra l' estate di un gruppo di bambini? Di fatto in Io non ho paura appena pubblicato da Einaudi Stile Libero (pagg. 219, lire 16.000) ci sono due romanzi, o almeno due racconti. Il primo, che trovo molto ben risolto, molto fresco e "vero", di quella speciale verità che sa restituire la narrativa, racconta le vicende - appunto - di un gruppo di bambini come se ne creano tanti per spontanea aggregazione nei cortili dei caseggiati, nei borghi, in vacanza. Cosa fanno questi bambini? Non fanno nulla di speciale eppure quel loro nulla è epico e grandioso come sanno esserlo solo i giochi dei bambini: epico e grandioso fino a che non interviene l' ora di pranzo o di merenda, perché allora tutto finisce e tutto si dimentica per ricominciare il giorno dopo o due ore dopo. Nei gruppi naturalmente c' è un leader e anche qui, in questa storia: è soprannominato Teschio, per via (forse) di una stampina a ricalco, di quelle che vanno via con un po' d' acqua. Deve il suo primato al fatto di avere qualche anno più degli altri. Poi c' è il protagonista, Michele Amitrano, nove anni, animo di perdente, ma fino ad un certo punto. Ha sempre con sé la sorellina di cinque anni, con il problema degli occhi storti e degli occhiali che si rompono. I due sono figli di un camionista e in casa di soldi ce ne sono pochi. Ma quasi tutti in questo borghetto fuori mano che si chiama Acqua Traverse, con la e finale, sono senza soldi, meno il figlio dell' avvocato Scardaccione, Salvatore, che è il miglior amico di Michele, anche se una volta non esita a tradirlo. L' estate di questi bambini è, come dicevo, fatta di niente: di giochi, invenzioni improvvise, corse in bicicletta, cacce a chissà quale tesoro e Ammaniti sa restituire assai bene questo niente dove tutto è però assoluto e sfacciato, come solo i bambini sanno essere. Memorabile è la scena che si svolge nella fattoria di Melichetti dove il gruppo si reca in spedizione. Il Teschio aveva appena raccontato che questo Melichetti aveva gettato il proprio cane bassotto vivo nel recinto dei maiali che lo avevano divorato. Appena giunti sul posto Barbara, la bambina cicciona che il Teschio piglia sempre di mira, se ne esce con la domanda «Signor Melichetti, è vero che ha dato da mangiare ai maiali il suo bassotto?». Nel secondo racconto (che, beninteso si interseca al primo) tra una penitenza e l' altra compare, in una casa diroccata dove i ragazzi vanno a fare le loro bravate, un bambino rapito. Lo scopre Michele, in fondo ad un buco. Diventerà il suo amico segreto, venendo poi però a scoprire che i rapitori sono in pratica quasi tutti gli abitanti del piccolo borgo di Acqua Traverse, compresi i suoi genitori e un amico del padre che è venuto temporaneamente a stare da loro. Anzi che è venuto a stare proprio nella stanza di Michele, con tutto l' orrore del suo essere vecchio, bevitore di cognac, e naturalmente "duro". Ora io trovo perfetta, da un punto di vista narrativo, si intende, la crudeltà dei ragazzi che impalano ad un certo punto una gallina, mentre trovo ordinaria e già vista tutta la storia del bambino rapito, della madre che parla alla televisione, della polizia che arriva, alla fine, come in tutti i telefilm, con le luci e l' elicottero. Non è un caso che anche il narratore, quando Michele tenta di far scappare Filippo, che è il bambino rapito, e vede che lui non ha più forze ricorra al paragone con la gallina morta: «si è lasciato andare nella cenere, con il capo tutto piegato, come una gallina morta». È probabile che Ammaniti, già "cannibale" con audience ormai internazionale, abbia successo proprio per quanto di genere c' è nel suo romanzo e come si sa il successo mette fuori gioco ogni discorso critico, o almeno lo rende apparentemente, momentaneamente superfluo. Resto però convinto che le buone qualità, le sorprese vere di questo libro stiano altrove. Nell' aver restituito al lettore il calore dell'estate infuocata vista con gli occhi di un bambino che si lascia invadere dalle cose del mondo. E che pian piano prende coscienza di esserci, di poter fare, di poter crescere. È un tema antichissimo del romanzo, ma è un tema sempre nuovo. È la sfida delle cose che diciamo
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