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Recensione critica del film Marie Antoinette, Prove d'esame di Storia

Recensione che unisce un'analisi attenta del film a una altrettanto approfondita della Rivoluzione Francese, periodo in cui è ambientato il film

Tipologia: Prove d'esame

2021/2022

In vendita dal 15/08/2022

Luvetti
Luvetti 🇮🇹

4.5

(4)

19 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Recensione critica del film Marie Antoinette e più Prove d'esame in PDF di Storia solo su Docsity! Recensione critica del film Marie Antoinette Il film, diretto da Sofia Coppola e girato in lingua inglese, parla della vita di Maria Antonietta alla corte di Francia. Nonostante lo spettacolo possa sembrare una rappresentazione documentaria, la regista non intende riproporre una visione fedele della Rivoluzione francese e del momento storico in questione, ma cerca piuttosto di rappresentare le giornate di una ragazza che viene improvvisamente trasferita in un altro Stato per iniziare una vita totalmente Qdiversa, e anche molto complessa. Si può dire quindi che Sofia Coppola cerchi di offrire un punto di vista diverso dalla critica tradizionale sulla regina, passata alla storia come una donna fredda, sprezzante e cattiva. Viene rappresentata infatti una ragazza molto semplice, che poco si adatta all’ambiente regale, costretta a sposarsi con un perfetto sconosciuto, anch’esso timido e apatico. Il mio intento non è quello di fare un riassunto della trama del film, poiché questa ci è ben nota, ma di proseguire la recensione evidenziando quelli che sono, a parer mio, gli snodi centrali dello sceneggiato. L’ambiente regale e la vita a corte La vita a corte non è affatto facile per Maria Antonietta, che è vista come un elemento estraneo (oltre che straniero), criticato da tutte le donne di Versailles. Questa forte ostilità nei suoi confronti, insieme alla pressione dei compiti a cui deve adempiere e all’estrema solitudine in cui vive, la portano a diventare una donna presuntuosa e viziata. Dopo aver trascorso un notevole arco di tempo nella sfarzosa reggia di Versailles, la ragazza austriaca decide di fare un “escape from all the protocol” perché l’aria che respira a corte inizia ad essere troppo pesante. Trascorre dunque un periodo in campagna con alcune sue amiche. Seppur decida poi di tornare a corte, è chiaramente percepibile come, in realtà, lei non si sia mai abituata a quel “protocollo regale”, che è invece ben tollerato e rispettato da suo marito. Il re, infatti, è inserito in una routine che prosegue sempre uguale: il pranzo viene servito su una lunga tavola apparecchiata solo per due e imbandita di abbondante cibo, alcune giornate si passano a cacciare, si gioca a carte con gli amici, si va a letto ad un’ora prestabilita sempre uguale… Ma Maria Antonietta non vive ugualmente bene questa ripetitività e non abbandona il suo desiderio di viaggiare: più volte chiede a Luigi XVI di andare a Parigi per vedere l’Opera ma suo marito non ha affatto voglia di spostarsi, poiché possiede già tutto quello che vuole a corte. Anche qui si percepisce come la vita di corte non è proprio adatta alla giovane ragazza. Nonostante ciò, l’infelicità della regina viene parzialmente soppressa tramite l’organizzazione di feste in maschera, la partecipazione a banchetti sfarzosi, numerose gite a teatro, importanti abiti ricamati, e la presenza di abbondanti dolci e sfarzi. La donna conoscerà anche un ragazzo ad una di queste feste, il count Fersen, che diventerà il suo amante. Queste sono le uniche distrazioni che permettono a Maria Antonietta di sopportare la vita a corte. La ricerca spasmodica di un erede Ma come si giustifica la cattiveria delle dame nei confronti della regina? È particolarmente evidente come lo snodo centrale del film sia la questione dell’erede: la posizione di Maria Antonietta a corte non è sicura finché non farà nascere dei figli, come le ricorda incessantemente la madre nelle sue lettere. Per questo la ragazza è messa molto sotto pressione ed è guardata male da tutte le dame: deve dare vita ad un erede. E ci mette troppo tempo. Ma è davvero solo sua la “colpa”? In realtà, come ci mostrano le scene più intime e private del film, la responsabilità è anche del re, uomo freddo che non sembra interessarsi della questione più di tanto. Ma questo non viene neanche pensato da tutte le persone presenti a corte: l’aspettativa è posta solo sulla donna, che è colpevole e incapace di procreare. L’ansia e la pressione (ed oppressione) che Maria Antonietta vive sono rappresentate molto bene dalla regista, che, probabilmente, essendo donna, può immaginare cosa voglia dire essere screditata per una “incapacità” del genere. La figura della donna è quindi ben definita: all’interno della vita mondana essa è trattata come un essere inferiore, che ha il principale ruolo di procreare un figlio, e nello specifico, un figlio maschio. Quando finalmente nascono prima una bambina e poi il cosiddetto “dauphin”, l’erede per il trono francese, le tensioni a corte si allentano e cresce, anche se quasi impercettibilmente, l’affetto che Luigi XVI mostra nei confronti della moglie. La Rivoluzione Francese e l’aspetto politico Seppure tutti riteniamo che il ruolo principale di chi regna sia la gestione delle questioni politiche, questo film smentisce le nostre aspettative. Il ruolo governativo dei regnanti ha pochissimo spazio nelle loro vite sfarzose e frivole: le giornate proseguono tutte uguali e sono tanto parallele quanto in contrasto alla vita che si svolge poco lontano da Versailles. Qui, infatti, tutto va avanti nel modo più pacifico e naturale: ci viene mostrato un ambiente in cui nessuno parla della situazione politica preoccupante della Francia. Il film, infatti, come già anticipato, si concentra in modo più che minimo sull’Illuminismo e sulla Rivoluzione, elemento a cui si accenna, solo vagamente, in alcune scene. La regina si preoccupa più del vestito da indossare quel giorno piuttosto che della crescente carenza di cibo e pane per tutto il suo popolo. Questo tipo di questioni vengono infatti riferite al re, che intanto si preoccupa di dare man forte ai Rivoluzionari americani, senza preoccuparsi delle conseguenze che ciò avrà sul suo Paese (“oh, taxes will be raised slightly”!). Ma i nodi iniziano ad arrivare al pettine: i Francesi si ribellano e hanno fame. Maria Antonietta non sembra interessarsene e chiede che il problema venga riferito e risolto dal re; lei si preoccuperà del fatto che non vengano più mandati diamanti a corte, cosa che dovrebbe essere una risoluzione vincente, anche se, ai nostri occhi, appare giustamente una trovata inutile. Ricorda infatti la famosa frase, un falso storico, “S'ils n'ont plus de pain, qu'ils mangent de la brioche”. Le cose iniziano a precipitare verso il peggio: i rivoluzionari protestano e si avvicinano a Versailles, dove, alla fine, riescono ad entrare. Il popolo si rivela più forte di quella società utopica regale, poiché riesce a distruggere quel luogo idilliaco che era Versailles. Maria Antonietta si affaccia alla finestra davanti agli uomini protestanti: la realtà che le si presenta è sconvolgente e sconfortante. L’ultima cena a Versailles è paurosa: si sentono le urla del popolo fin dentro alla sala da pranzo, dove si continuano a mangiare cibi prelibati e il servizio prosegue come al solito. Infine, la famiglia reale scappa in carrozza e dice addio allo sfarzo, che viene distrutto dalla folla. Il resto della storia, noto a tutti, viene omesso.
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