Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Recensione critica “Il figlio di Saul”, Guide, Progetti e Ricerche di Storia E Critica Del Cinema

Recensione critica “Il figlio di Saul”

Tipologia: Guide, Progetti e Ricerche

2022/2023

Caricato il 18/04/2023

ludovica-buffetti
ludovica-buffetti 🇮🇹

4.6

(5)

5 documenti

1 / 1

Toggle sidebar

Anteprima parziale del testo

Scarica Recensione critica “Il figlio di Saul” e più Guide, Progetti e Ricerche in PDF di Storia E Critica Del Cinema solo su Docsity! Recensione: Il figlio di Saul (Saul fia), 2015, Làzlò Nemes Il documentarista Claude Lanzmann sostiene che l’orrore non possa essere rappresentato, ritenendo che l’unico modo per tramandare la memoria sia quella della testimonianza, attraverso le parole di chi quegli orrori li ha vissuti sulla propria pelle. Il regista avverte che qualsiasi forma di rappresentazione dell’Olocausto (immagini, arte o altre ricostruzioni) rischia di sfociare nella spettacolarizzazione di quelle atrocità, andando a perdere l’obiettivo che si sta cercando di raggiungere. Il regista e sceneggiatore ungherese Làzlò Nemes, con il film Il figlio di Saul (Saul fia) del 2015, cerca di seguire le parole di Lanzmann e di affrontare il problema della rappresentazione, decidendo di far concentrare lo sguardo dello spettatore solo e unicamente sul protagonista e il suo proposito. Il film racconta la storia di Saul Ausländer (Géza Röhrig), un ebreo ungherese membro di uno dei Sonderkommando del campo che, durante al pulizia di una camera a gas, vede il corpo di un ragazzo venir ucciso da un medico dopo essere sopravvissuto inspiegabilmente alla gassificazione. In lui riconosce il proprio figlio e da quel momento l’uomo cercherà in ogni modo di strappare il cadavere alla cremazione e, andando alla ricerca di un rabbino, di garantirgli una degna sepoltura. Nemes decide di girare l’intero film in semi-soggettiva con la macchina da presa attaccata alla nuca e al volto del protagonista. Ciò che ci mostra non è propriamente il punto di vista di Saul ma la sua percezione interiore, nella quale c’è spazio solo per il suo proposito e nient’altro, mentre la carneficina che fa da sfondo nel film sfuma davanti agli occhi del protagonista e anche dello spettatore, attraverso la sfocatura del background, che lascia la possibilità di immaginare cosa stia accadendo, senza rivelare troppo. Infatti, il regista ungherese decide di lasciare a fuoco solo il protagonista e le persone con cui viene a contatto, così che lo sguardo di chi osserva non faccia quasi caso a ciò che avviene dietro. La sfocatura lascia spazio all’immaginazione. Fa sì che il campo diventi qualcosa che non possiamo toccare, né vedere, né capire, perché si tratta di qualcosa che lo spettatore non può davvero comprendere né ridurre ad un’esperienza. Da un punto di vista narrativo possiamo dire che il regista vuole mostrarci Auschwitz come l’inferno sulla terra e Saul come la nostra guida che, attraverso il suo viaggio, ci mostra le atrocità e la miseria che lo circondano. Ma, in mezzo a tanto orrore, assistiamo a un barlume di speranza e di umanità grazie alla ricerca disperata del protagonista di salvezza per un ragazzo che, purtroppo, ha perso la sua umanità in quel girone infernale che è il campo di sterminio. Saul è consapevole che la sepoltura corrisponde alla salvezza dell’anima di colui che, in mezzo a tanta cattiveria, ha perso la vita, ma anche che salvare un corpo ad Auschwitz significa salvarli tutti, dalla dannazione e dall’umiliazione a cui i lager nazisti li ha destinati. Luogo di pubblicazione: Blog online di cinema
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved