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Recensione film Terraferma(2011), Appunti di Filosofia

Recensione del film di Emanuele Crialese "Terraferma". Riflessione sul concetto di morale autonoma di Immanuel Kant

Tipologia: Appunti

2018/2019

Caricato il 03/03/2022

james-jordan-1
james-jordan-1 🇮🇹

3.8

(6)

2 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Recensione film Terraferma(2011) e più Appunti in PDF di Filosofia solo su Docsity! Il film Terraferma, prodotto nel 2011 e ambientato nella ridente isola di Linosa, guida lo spettatore attraverso i turbamenti e le quotidiane avventure del giovane Filippo, intenzionato a seguire le orme del defunto padre morto anni or sono a causa di una malaugurata battuta di pesca. Supportato dall’anziano Ernesto, simbolo della laboriosità e dell’operato fruttuoso che tanto aveva contribuito ad arricchire la “perla nera del Mediterraneo”, Filippo coltiva il proprio amore per le tradizioni e i costumi del proprio territorio rifiutando categoricamente di rottamare il vetusto peschereccio paterno, simbolo del legame fra padre e figlio e prosecuzione spirituale del rispetto delle virtù e della legge del mare, unico baluardo e luce di speranza per gli scarsi proventi della famiglia del giovane siculo. A contrapporsi a tale scelta, Giulietta, madre di Filippo, cerca di dissuadere il figlio al fine di orientare il giovane alla scoperta del mondo al di fuori dell’isolotto e sottrarsi alla carenza di pescato, causa scatenante della povertà che attanaglia l’isola minacciando l’economia e l’autoconservazione delle famiglie di pescatori e strettamente collegate ad un legame indissolubile con l’adorato isolotto siciliano. Tutto ciò cambia improvvisamente durante la stagione estiva, quando l’amena Linosa, appartenente all’arcipelago delle isole Pelagie, diviene rapidamente meta ambita e pervasa da frotte di turisti desiderosi di rilassare i nervi e la tensione grazie alle innumerevoli meraviglie del territorio un tempo conosciuto come Trinacria. Cercando di barcamenarsi fra i turisti, la famiglia di Felice ottiene finalmente alcune fugaci gratificazioni convertendo il tanto conteso peschereccio in inaspettata attrazione turistica . Tuttavia, seppur il sole splenda sulla ridente cittadina costiera, nubi colme di incertezza si addensano all’orizzonte. Durante una battuta di pesca Ernesto e Filippo si ritrovano dinanzi ad una scelta tanto difficoltosa quanto provante. I due pescatori sono dunque costretti ad ignorare ogni legge pur di salvaguardare l’autoconservazione di alcuni immigrati, giunti nei pressi dell’isola e in attesa di essere tratti in salvo. Rispettare la burocrazia e le leggi fornite da enti statali o seguire il proprio codice morale incuranti di ogni possibile ripercussione? Ciò che risulta comprovato è che la vita di Filippo, tanto quella di ogni cittadino di Linosa, sarà sferzata da brezze e tempeste ben più feroci di ciò che ha sperimentato navigando per le isole dell’arcipelago. Attraverso la regia di Emanuele Crialese , lo spettatore vive i drammi e i patemi d’animo che attanagliano i protagonisti, condannati alla decisione infausta di anteporre il proprio spirito di autoconservazione alla volontà di possedere una morale categorica e fondata sull’autonomia e la libertà di adempiere all’umanità recondita e celata all’interno di sé stessi. L’amletico dilemma che coinvolge l’umile famiglia è tanto opprimente quanto imperativo. Rispettare la puntigliosa legislazione nazionale in materia di immigrazione o, rispettando la già citata legge marina, salvare i profughi etiopi e sottraendosi alla legge pur di salvaguardare tre vite?.Terraferma ,non limitato o ghermito dalle grinfie del tempo, risulta ancora tremendamente attuale, moderno e capace di graffiare l’anima di ogni spettatore. Parafrasando le parole dell’illustre scienziato e finissimo pensatore Mario Vassalle: Tanti apprezzano la verità purché non sia troppa”. L’immigrazione, il traffico clandestino di esseri umani e l’apparente cecità degli Stati Europei dinanzi a tali empi atti non sono altro che riflessioni contemporanee, tanto nel passato quanto, soprattutto, nel presente. Terraferma risulta esser dunque il banco di prova ideale per riflettere sulla netta differenza fra legislazioni e leggi morali, non cercando di sfuggire alla verità ma cercando di esaminare quanto più razionalmente possibile i preconcetti e le beghe legali impersonificate dai personaggi partoriti dalla mente di Emanuele Crialese. A tal proposito non vi è filosofo più adatto di Immanuel Kant per discutere della moralità che aleggia nelle decisioni dei protagonisti, scandite dall’evento catartico. La scelta dell’anziano Ernesto, il quale rifiuta le imposizioni esterne e accorre in soccorso dei profughi, rappresenta la perfetta sintesi della moralità autonoma, formale e categorica teorizzata dal filosofo tedesco. Difatti, pur inconsciamente, egli rispetta i cardini delle formule-basi dell’imperativo categorico, frutto della critica alle morali eteronome e prive di universalità teorizzate dal filosofo illuminista. La scelta di Ernesto segue alla lettera quanto riportato nella seconda formula dell’imperativo categorico: “Agisci in modo da trattare l’umanità, sia nella tua persona sia in quella di ogni altro, sempre anche come fine e mai semplicemente come mezzo”. Ciò che ingenuamente Ernesto definisce “legge del mare” è dunque la traslazione del rispetto del sopra citato precetto, il quale fa riferimento al rispetto della dignità umana di ogni essere umano, sia per quanto riguarda sé stessi che, come nel caso dell’anziano pescatore, coloro che ci circondano. Tale morale austera nasce dunque dal rispetto del mare e dei propri viandanti, sperduti alla dimora di un paese sconosciuto, sognato e bramato con ogni fibra del proprio essere. L’impeto del burbero anziano ha dunque salvato delle vite indifese, senza alcun fine prefissato ma solamente attraverso un dovere incondizionato e perentorio. Il gesto del pescatore assume dunque diversa valenza rispetto al parere del figlio Nino, che all’interno del film contesta le vetuste tradizioni degli antichi pescatori, legati ad una legge morale oramai inutile, non necessaria ad arricchire i propri affari e non veicolata ad alcuno scopo. A tal proposito risulta dunque emblematica la riunione fra il concilio degli anziani pescatori, affiancati dalle nuove generazioni che, esattamente come Nino, non soddisfatte dalla carenza di pescato reputano inutile salvaguardare la vita dei profughi andando incontro alla legge. All’austerità dei pescatori anziani, spettatori, a loro tempo, di un’età dell’oro e della nobilitazione attraverso il proprio lavoro, viene contrapposto il pessimismo delle nuove leve, incapaci di provvedere ai propri bisogni e dunque estranei alla “legge del mare” che accomuna ogni anziano pescatore, capace invece di decisioni univoche e basate su una legge morale che risulta accomunare ogni uomo. Nino ed ogni giovane pescatore sono invece guidati da morali ipotetiche, adoperando gli sventurati immigrati come mezzi e non salvaguardando la dignità umana, che dovrebbe essere comune ad ogni uomo. Risulta ancor più grottesca la scelta di Nino, che nega categoricamente la sola presenza di alcun profugo sbarcato sul suolo di Linosa al solo fine di sviare dalla verità la clientela, quasi come se il naufragio non fosse altro che un ostacolo nella realizzazione delle proprie azioni, atte ad incrementare la clientela e il proprio mero guadagno economico. Lo zio di Filippo, appellandosi alla ragionevolezza delle leggi non fa che introdurre il tema ancor più cocente e debilitante del rispetto di una morale tanto ipotetica quanto eteronoma. Egli pone dunque fondamento su forze esterne all’uomo o alla propria ragione ponendo massima fiducia nelle leggi, rappresentate però da incapacità di risultare quanto più celeri nella salvaguardia delle vite umane naufragate nei pressi dell’isolotto. Il personaggio di Nino rappresenta dunque il tipico pensiero, non totalmente educato al rispetto della dignità umana nei confronti del prossimo , strumentalizzando ogni uomo come mezzo, negandogli dunque la possibilità di essere un fine e adducendo ogni colpa alla politica e alla stipulazioni di leggi chiarificanti. Tuttavia, contrariamente a quanto asserito dal barone Von Clausewitz, la politica non è il preludio alla guerra ma il fortificarsi della pace, il rispetto dei diritti umani faticosamente racimolati attraverso lo sviluppo dell’uomo in quanto animale pensante, conscio di possedere una morale autonoma che egli condivide con ogni essere umano attraverso delle strutture a priori, rendendo dunque universale e deontologica,quanto spassionata, la via lungo la moralità. Eppure ciò appare nettamente differente quando, inaspettatamente, la legge punisce nuovamente la famiglia Pucillo, accusata di aver illegalmente trasportato dei profughi contravvenendo al rispetto delle leggi e venendo punita con il sequestro dell’amato peschereccio. Ecco che ciò conferma ancor di più l’innegabile correlazione kantiana con il capolavoro del Crialese, capace di traslare il principio fondante della Dialettica della Ragion Pratica, la disquisizione sull’effettiva presenza del sommo bene nel mondo empirico e meccanicistico. Kant stesso asserisce che il bene supremo sussiste nella somma fra virtù e felicità, tanto ricercata quanto fallimentare nelle epoche filosofiche
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