Scarica Recensione Libro d'ombra e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Design solo su Docsity! Matilde Gasponi Design 3 Accademia di Belle Arti Rimini Libro d’ombra- Jun’ichiro Tanizaki CAP. 1 riassumere il testo in una frase Tanizaki indica come, iniziando ad analizzare una serie di oggetti d’uso comune, in oriente ci sia stata una costante ricerca all’armonizzazione del tutto, anche nel bilanciamento tra luce e buio, tra luminosità ed ombra. CAP. 2 di cosa parla il testo? Una rivolta contro gli eccessi dell’elettricità, così come le difficoltà incontrate nel costruirsi una dimora che fosse al tempo stesso tradizionale e non priva degli agi della modernità, diventano per Tanizaki il punto di partenza per una critica della precipitosa adesione del Giappone alla civiltà occidentale; una civiltà “di cui sarebbe sciocco negare la grandezza”, e che assicura certo grandi vantaggi, ma che ha portato i giapponesi a vivere “in una società d’accatto”. Una società in rapida evoluzione verso modi di vita che non sono i loro. CAP. 3 qual è l’idea di base? Secondo Tanizaki nell’organizzazione domestica e in generale nell’intra muros giapponese, tutto, dai gabinetti, al toko no ma, alle sale del teatro nō, era progettato per essere in penombra. Innumerevoli erano gli schermi e gli ostacoli frapposti fra la luce esterna e le stanze di soggiorno: verande, lunghi e bassi spioventi, gronde profondissime, per non parlare degli shōji, le ante scorrevoli di porte e finestre con i riquadri di carta al posto del vetro, che lasciano filtrare una luminosità smorta e uniforme. E tutto quanto nelle stanze era pensato per la penombra. CAP. 4 i punti che mi hanno colpito di più Un punto sicuramente interessante è quando Tanizaki dica che i giapponesi non si sentono a loro agio di fronte le cose troppo lucenti. A differenza degli occidentali, loro non si ostinano a lustrare l’argenteria, anzi più li apprezzano quando, perduta la brillantezza d’origine, acquistano la scura patina del tempo. Infatti in seguito dice che non bisognerebbe temere la sporcizia e che spesso il pregio degli oggetti che chiamiamo belli e raffinati è costituito, almeno in parte, da una sordidezza, e da un certo grassume. Prediligono la patina nel tempo, ben sapendo che è prodotta da mani sudate, da polpastrelli unti, da depositi di morte stagioni; la prediligono per quel lustro, e quegli scurimenti, che gli ricordano il passato e la vastità del tempo.