Scarica recensione libro la frontiera e più Prove d'esame in PDF di Pedagogia solo su Docsity! Recensione del libro “La frontiera” di Alessandro Leogrande, Feltrinelli, 2015 Alessandro Leogrande, scrittore, giornalita e filosofo, è nato a Taranto nel 1977 e morto nel 2017 a Roma, città nella quale visse dal 1996. Ha scritto per giornali e riviste come Internazionale, l’Unità, Il manifesto, il Riformista, il Fatto Quotidiano ed altri. È stato editorialista del Corriere del Mezzogiorno, curatore dell’inserto Fuoribordo per il settimanale “Pagina 99” e ha condotto trasmissioni per Radio 3 RAI e Radio Svizzera Italiana. È stato per dieci anni vicedirettore del mensile “Lo straniero”. Ha esordito con il reportage narrativo Un mare nascosto, dedicato alla sua città (1999), e ha proseguito l’indagine sulle nuove mafie, i movimenti di protesta, lo sfruttamento dei braccianti stranieri con Le male vite. Storie di contrabbando e di multinazionali ((L'Ancora del Mediterraneo 2003), con il quale si aggiudicò il Premio Sandro Onofri, Nel paese dei viceré. L'Italia tra pace e guerra (2006), Uomini e caporali. Viaggio tra i nuovi schiavi nelle campagne del Sud (2008) e Fumo sulla città (2013). In seguito si è occupato dei flussi migratori dai Balcani e dall’Africa in diverse opere tra le quali Il naufragio. Morte nel Mediterraneo (2011) e La frontiera (2015). La frontiera è un libro che ci porta nel mondo delle migrazioni attraverso l’intreccio di diverse storie che catturano l’attenzione del lettore e lo avvicinano maggiormente a quella che sembra essere una realtà distante da noi, fatta solo da numeri, ma che è invece ben più profonda. Necessita di essere letta attraverso i pensieri e le esperienze vissute da queste persone che decidono di partire per un viaggio pieno di speranze ma anche di pericoli e che si lasciano dietro le spalle tutto. Leogrande utilizza i racconti dei sopravvisuti ai naufragi del Mediterraneo per rompere la barriera dell’indifferenza. Ricostruisce la situazione eritrea stretta nella morsa di una dittatura spietata che estende la sua influenza oltre i confini, la fuga di massa di eritrei costretti da continui abusi, torture, in perrenne stato di conflitto. Riporta il racconto di un ragazzo somalo sopravvissuto a una delle più grandi tragedie accadute nel Mediterraneo, il naufragio del 6 maggio 2011 avvenuto davanti le coste della Libia nel quale sono morte 650 persone su 750 fuggite dalla furia della guerra contro Gheddafi che si riperquoteva su chi era non era libico e poteva essere scambiato per un mercenario. Molte le partenze dalla Libia, ultima tappa verso l’arrivo in Italia, molte le testimonianze raccolte da Leogrande. Una delle storie che mi ha colpita è stata quella di Ali, un ragazzo fuggito dal Darfur a 21 anni. Si fermò per un anno nel Ciad per mettere da parte un po’ di soldi e partire per la Libia. Lì diede mille euro ad uno scafista che organizzava la traversata. Formarono un gruppo di 30 persone, molti erano donne e bambini, salparono di notte e il giorno dopo il motore andò in avaria. Restarono in balia del mare per giorni, finirono ben presto le scorte di cibo e acqua, il primo a morire fu un bambino, l’isteria iniziò a dilagare, a poco a poco molte vite si spensero. Ali pensò di morire, cadde in un sonno profondo che durò due giorni, si svegliò solo quando venne trascinato sul lettino dai soccorritori. Non ricordava niente. Fu un viaggio difficile da affrontare, così logorante da rapprentare una rottura tra quella che era stata la vita prima del viaggio