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Recensione libro "Potere forte" di Roberta Covelli, Tesine universitarie di Sociologia Dei Processi Culturali

Recensione e analisi critica degli argomenti trattati dall'autrice.

Tipologia: Tesine universitarie

2020/2021
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Caricato il 19/05/2021

Paolo_997
Paolo_997 🇮🇹

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Scarica Recensione libro "Potere forte" di Roberta Covelli e più Tesine universitarie in PDF di Sociologia Dei Processi Culturali solo su Docsity! RECENSIONE: POTERE FORTE Roberta Covelli ci parla in modo chiaro e concreto della nonviolenza come una pratica attuale, ma sopattutto efficace, di concepire ed interpretare il mondo. Esprime i suoi pensieri e le sue analisi, supportate da vari esempi storici ed elementi empirici, in modo che il lettore si senta direttamente avvolto e convinto dagli argomenti trattati, ma anche con uno sguardo di fiducia verso il futuro e il genere umano. Attraverso la nonviolenza mira a "rivoluzionare" la concezione del mondo, ossia rinnovare la coscienza comune, la quale ancora non comprende l'importanza, ma anche l'urgenza, di abbandonare pratiche violente in favore di azioni che, invece, tutelino, e non calpestino, i diritti umani. Roberta Covelli è una giovane dottoranda dell'università di Milano che cerca di promuovere la cultura della pace e della nonviolenza nel mondo, tramite, per esempio, pubblicazioni di articoli e servizio civile nell'ufficio stampa di Emergency. Già dal titolo "Potere forte" si può intuire come la nonviolenza non sia sintomo di debolezza o di viltà, ma quanto, al contrario, sia una scelta tanto necessaria quanto di buon senso per riuscire ad ottenere un mondo privo di discriminazioni e libero da ogni forma di violenza. In questo testo viene ribaltato il concetto che il termine "forza" ha assunto (o gli è stato attribuito) nell'accezione moderna, ossia la forza come una forma di violenza, come un qualcosa di negativo che deve essere combattuto. La forza non è violenza, la forza è una caratteristica della vita umana, tramite la quale gli individui riescono a gestire i propri conflitti, sempre nel rispetto della vita e delle libertà altrui. Nella violenza viene a mancare questo rispetto per la vita dell'avversario, il quale diventa un nemico da eliminare, al contrario della concezione di forza. Suddetto termine ha assunto un'interpretazione negativa durante i secoli, questo perchè sempre messa in correlazione con la guerra e con la logica dell' "essere più forte del nemico", cioè riuscire a sopraffarre ed eliminare il nemico, senza tenere conto che, però, "vincere" una guerra (nel modo più tradizionale si possa intendere) è sinonimo di perdere molte vite. In conclusione, forza non solo non ha lo stesso significato di violenza, bensì rispecchia esattamente il suo contrario, la forza della vita si pone in contrasto con la violenza ( e la crudeltà ) della guerra. Nel testo ci sono anche importanti riferimenti ad Aldo Capitini e la sua Pedagogia della nonviolenza, infatti possiamo notare come l'autrice si ispiri non solo alle sue parole, ma anche alle sue azioni, per riuscire a trasmettere l'efficacia e l'attualità della risoluzione dei conflitti con la nonviolenza. Vengono riportati molti esempi di risoluzione pacifica dei conflitti, come nel caso dell'India di Gandhi, il Sudafrica di Nelson Mandela e il movimento pacifista di Martin Luther King. Il suo intento è cercare di far evolvere la coscienza umana verso questa direzione, ma sono presenti alcuni limiti strutturali che, almeno per adesso, rendono impossibile (o comunque estremamente difficile) la risoluzione pacifica e civile di un conflitto violento, almeno nel breve periodo. Anche prendendo in esame gli esempi sopra citati, per poter arrivare alla loro realizzazione, i rispettivi paesi hanno passato vari decenni di violenze, che, tutt'ora, nonostante indubbiamente la situazione sia migliorata, risultano ancora presenti. Per esempio, il Sudafrica, da quando è nato, ha sempre avuto un regime di segregazione razziale che è durato per quasi tutto il '900, durante il quale si sono verificate violenze di ogni sorta contro la popolazione africana. Basti pensare allo stesso Nelson Mandela che, soltanto per i suoi pensieri di pace ed uguaglianza, è rimasto imprigionato nelle carceri sudafricane per 27 anni. Anche negli USA, per gran parte del '900, ci sono stati casi di sistematica violenza razziale contro la popolazione nera. Il movimento di MLK ha sicuramente ottenuto grandi conquiste a livello civile e sociale, però, anche in questo caso, il suo leader ha dovuto sacrificare la propria vita per raggiungere questi successi. Nonostante questo, ancora oggi possiamo osservare, purtroppo, molti casi di violenze e soprusi contro questa parte della popolazione, in particolare da parte delle forze di polizia, come nel caso George Floyd, per citarne solamente il più recente. Tutto questo per dire che, sicuramente, l'intento dell'autrice è nobile, ossia cercare di arrivare in una società in cui si promuovano i diritti umani, invece di essere costretti a difenderli, ma esistono più interessi (che siano economici o di potere) nel perpetrare queste violenze piuttosto che, invece,
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