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Recensione Se questo è un uomo - Primo Levi, Guide, Progetti e Ricerche di Italiano

Recensione critica sul libro dell'esperienza dell'esportazione di Primo Levi.

Tipologia: Guide, Progetti e Ricerche

2020/2021

Caricato il 15/05/2021

giorgio_monaco
giorgio_monaco 🇮🇹

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Scarica Recensione Se questo è un uomo - Primo Levi e più Guide, Progetti e Ricerche in PDF di Italiano solo su Docsity! Primo Levi SE QUESTO È UN UOMO Casa editrice: Einaudi, pubblicato a Torino nel 2005. Trama: Nel libro l’autore racconta la sua personale esperienza di deportazione a partire dalla cattura in Italia, seguita dal lungo viaggio su carri-bestiame fino ad Auschwitz nel campo di concentramento di Buna. Vengono descritti gli sfruttamenti subiti sottolineando la feroce violazione della dignità umana eseguita dai nazisti. Gli incolpevoli prigionieri venivano sopraffatti secondo una gerarchia basata sulle leggi razziali che li poneva al di sotto dei criminali. Ridotti a larve umane, gli ebrei entrano anche in una feroce competizione tra loro per tentare di sopravvivere. Levi, passati pochi mesi, riesce ad ottenere un trattamento meno rigido grazie alle sue competenze in ambito chimico e comincia a lavorare nel laboratorio della fabbrica. Quando, a causa dell’avanzata dell’Armata Rossa, i nazisti decidono di evacuare, abbandonano nel campo i malati, tra cui lo stesso Primo Levi che aveva contratto la scarlattina. È così che l’autore, insieme a pochi altri, riesce a salvarsi quando avverrà la liberazione da parte dei soldati russi il 27 gennaio del 1945. Personaggi principali: Primo Levi, autore e protagonista di questo racconto autobiografico. Nasce a Torino il 31 luglio 1919, città nella quale si laureerà in chimica poco prima di essere catturato. Entrato all’interno del lager, allo scrittore viene attribuito un numero identificativo, il 174517, che gli viene tatuato nel braccio destro. Inizialmente riesce a svolgere le mansioni a lui assegnate all’interno del campo, ma con il passare del tempo le forze lo abbandonano a causa delle pessime condizioni in cui viveva. Levi è un uomo astuto e coraggioso che riesce a fare della sua cultura la sua salvezza (il lavoro in laboratorio). Alberto, colui che diventerà il migliore amico di Primo all’interno del campo, è un giovane italiano, intelligente e riflessivo che dimostra un’ottima capacità di adattamento nei rapporti all’interno del lager. Alberto e Primo non si separavano mai, tanto che venivano identificati come ‘i due italiani’. Per questo Alberto risulterà essere un punto di riferimento per l’autore che si separerà da lui solo durante il ricovero per scarlattina, durante il quale l’amico partirà e verrà poi ucciso. Lorenzo, il protettore di Levi, si differenziava dagli altri in quanto ‘non pensava si dovesse fare del bene per una ricompensa’. È un operaio civile che per sei mesi ha portato pane e avanzi di rancio a Levi, gli regalò una maglia e gli spedì una cartolina. La figura di Lorenzo ha aiutato l’autore a ‘non dimenticare di essere io stesso un uomo’. Gli antagonisti del racconto sono i soldati nazisti che vengono descritti da Levi come ‘indifferenti, con i visi di pietra, facevano il loro ufficio di ogni giorno, sembravano dar vento a una rabbia vecchia di secoli’. Infine, l’autore divide i prigionieri, che durante la reclusione incontra nel campo, in due grandi gruppi:  I sommersi ovvero gli Häftlinge, i più deboli, sono coloro che si attengono passivamente alle regole ufficiali, finendo per essere i primi a indebolirsi e morire. Tra questi l’autore racconta di Null Achzehn.  I salvati invece sono coloro che lottano per la sopravvivenza cercando di emergere e guadagnarsi una posizione di lavoro privilegiato, come quella di Kapo (controllore dei prigionieri). Tra questi Levi parla di Schepschel, l’ingegner Alfred L., Elias Lindzin ed Henri. Descrizione dell’ambiente: I luoghi che vengono descritti dall’autore sono il campo di internamento di Fossoli, vicino a Modena, da cui tutti gli Ebrei partirono per Monowitz, vicino ad Auschwitz. Il luogo dove vivevano era un Arbeitslager, cioè un campo di lavoro: vicino ad esso era situata una fabbrica di gomma sintetica chiamata Buna, perciò il campo stesso veniva chiamato Buna. I prigionieri erano costretti a vivere in "blocks", in condizioni terribili. Il protagonista descrive il Lager come un quadrato di circa 600 m a lato, circondato da filo spinato, percorso da corrente ad alta tensione, costituito da 60 baracche in legno, più la cucina in muratura, le docce e le latrine. Vi sono Blocks adibiti a scopi particolari, ad esempio l'infermeria, e i comuni Blocks divisi in "Tagesraum", l'abitazione del capo- baracca, e dormitorio, con 148 cuccette strette e fitte "come celle di alveare". Vi è poi la Piazza D'Appello, dove venivano radunati al mattino per l'appello, appunto. L'autore descrive inoltre il Ka- be, ovvero l'ospedale la Buna, la fabbrica a cui lavoravano i prigionieri di Auschwitz, e infine il Laboratorio di Chimica. Trascrizione di frasi rappresentative dal libro: “Accade facilmente, a chi ha perso tutto, di perdere sé stesso.” Nel libro, pur cercando di evitare i particolari più atroci, vengono sottolineate tutte le offese alla dignità e alla personalità di ogni uomo che si vede privato di ogni oggetto materiale e di ogni valore morale. “Allora per la prima volta ci siamo accorti che la nostra lingua manca di parole per esprimere questa offesa, la demolizione di un uomo.” Levi è riuscito a raccontare probabilmente la pagina più buia della storia dell’umanità, riuscendo a superare quei limiti che temeva insiti nel nostro linguaggio. “Oggi io penso che, se non altro per il fatto che un Auschwitz è esistito, nessuno dovrebbe ai nostri giorni parlare di Provvidenza”. Levi fu per tutta la vita un ateo e lo disse e lo dimostrò in molte occasioni della sua vita: da giovane e da adulto. Nel 1986 in un’intervista a Roth affermò: “Devo dire che l’esperienza di Auschwitz è stata tale per me da spazzare qualsiasi resto di educazione religiosa che pure ho avuto. C’è Auschwitz, quindi non può esserci Dio. Non trovo una soluzione al dilemma. La cerco, ma non la trovo” “Il Lager è la fame: noi stessi siamo la fame, fame vivente”. I prigionieri lavoravano incostantemente in attesa di una miserabile zuppa; trasformavano il pane in un prezioso oggetto di scambio, arrivando anche a rubarselo a vicenda come animali. Anche nel sonno i prigionieri schioccano le labbra e dimenano le mascelle, sognando di mangiare. Stile dell’autore: L’autore organizza il libro in diciassette capitoli non numerati ai quali vengono anteposti una poesia messa ad epigrafe (Shemà) e una breve Prefazione. Nella scrittura di Primo Levi il problema stilistico è nettamente superato dalla necessità di testimoniare, ovvero di comunicare in modo chiaro ed esplicito un’esperienza vissuta. Nella stesura dell’opera l’autore intende porre il lettore di fronte a una serie di fatti, senza proporre giudizi precostituiti. Si alternano una prima persona autobiografica e giudicante, una prima persona plurale di valore collettivo e una terza persona che è soltanto apparentemente neutrale e descrittiva.
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