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Regimi totalitari, Appunti di Storia

I regimi totalitari del 900, come il fascismo degli anni 30, il nazismo e lo stalinismo. Si tratta di regimi autoritari che intendono controllare ogni aspetto della vita dei cittadini, annullando la distinzione tra sfera pubblica e privata. le caratteristiche comuni dei regimi totalitari, come l'ideologia, il Partito unico, il leader carismatico, la repressione del dissenso e il controllo dell'economia. In particolare, viene approfondito lo stalinismo e la sua politica di industrializzazione forzata.

Tipologia: Appunti

2021/2022

In vendita dal 04/07/2022

CelesteArinci
CelesteArinci 🇮🇹

4.5

(2)

19 documenti

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Scarica Regimi totalitari e più Appunti in PDF di Storia solo su Docsity! I regimi totalitari sono un prodotto originale del 900 (fascismo degli anni 30, nazismo, stalinismo). I regimi totalitari sono un tipo particolare di regime autoritario. Regimi autoritari: Francia napoleonica, quella del secondo Impero, quelle dittature che si affermano in America latina, i regimi che si affermano nell'Europa orientale, e anche nella penisola iberica, tra le due guerre mondiali. I regimi totalitari sono regimi che intendono controllare ogni aspetto della vita dei cittadini. Annullano la distinzione tra sfera pubblica e sfera privata dei cittadini: quella privata viene dissolta all’interno di quella pubblica (l’individuo si risolve in cittadino dello Stato). Il regime totalitario non si accontenta della semplice obbedienza: pretende la convinta adesione dei cittadini al regime medesimo. Costruisce un gigantesco apparato di propaganda, volto a indottrinare i cittadini, per renderli manipolabili (colonizzare le coscienze). Il cittadino autoritario perfetto obbedisce e non si interessa degli affari politici. Il cittadino totalitario perfetto non obbedisce soltanto, ma deve sentirsi parte integrante del regime. Caratteri comuni ai regimi totalitari: si basano su un’ideologia, una dottrina politica organica, coerente, che si presenta come una vera e propria visione del mondo, che intende spiegare ogni fatto della storia e ogni aspetto della società. L’ideologia tende ad assumere l’aspetto di una dottrina religiosa. Promette un futuro radioso e teorizza l’avvento di un nuovo tipo di società. Nei regimi totalitari c’è un Partito unico, tutti gli altri sono posti fuori legge. Questo si trasforma in un apparato di propaganda, in modo da manipolare la società, e tende a fondersi e confondersi con lo Stato (tutte le cariche pubbliche sono occupate dal Partito). Vi è un leader carismatico, che gode di un potere assoluto, considerato come l’unico interprete dell’ideologia a fondamento del regime, e visto come un individuo dotato di capacità straordinarie (culto della personalità, con caratteri religiosi, una vera e propria fede mistica nel capo). La volontà del leader è origine della legge, fonte del diritto. In un regime totalitario, l’intera società civile è irreggimentata in associazioni, controllate dal Partito, spesso di carattere paramilitare, ed è costantemente mobilitata: i cittadini sono indotti a partecipare a cerimonie pubbliche, commemorazioni, adunate, spettacoli, anche di carattere ginnico. Questi devono identificarsi con il regime. I mezzi d’informazione sono tutti nelle mani del regime stesso: carta stampata, radio e cinema. In un regime totalitario esiste un durissimo apparato repressivo: il dissenso viene represso brutalmente (confino, carcere, lavori forzati, pena di morte). Esiste una polizia politica segreta, la quale opera al di là delle leggi, che è autorizzata a compiere sequestri ed omicidi politici. L’economia è sottoposta al controllo dello Stato, e quindi del regime: nello stalinismo, l’economia è interamente controllata dallo Stato, ma questo non accade nel fascismo e nel nazismo, che tutelano la proprietà privata e gli interessi del grande capitale (lo Stato interviene ampiamente). Stalinismo Lenin muore nel 1924. Si verifica uno scontro per la successione al potere. Due contendenti: Trockij, comandante supremo dell’armata rossa, e Stalin, segretario del Partito comunista sovietico, dal 1922. Questi rappresentano due visioni differenti dell’Unione Sovietica e della sua funzione storica: Trockij parla di rivoluzione permanente, mentre Stalin di socialismo in un solo Paese. Secondo Trockij non è possibile edificare il comunismo senza aver sconfitto, a livello mondiale, il capitalismo: il compito principale dell’Unione Sovietica sarà quello di diffondere la rivoluzione comunista nei principali Paesi industrializzati (Europa occidentale e Nord America). Deve fomentarla e finanziarla, attraverso il Komintern. Secondo Stalin, i tempi non erano maturi per diffondere la rivoluzione al di fuori dell’Unione Sovietica, pertanto, questa doveva concentrare le proprie energie nell’edificare il comunismo all’interno dei propri confini: soltanto in un futuro, non prossimo, sarebbe stato possibile diffondere il comunismo al di fuori dell’Unione Sovietica. Stalin riesce ad affermarsi: egli controllava la macchina amministrativa e burocratica del Partito, e tutte le rivoluzioni d’ispirazione comunista che si erano verificate in Europa, dopo la Rivoluzione d’ottobre, erano fallite (pensiamo agli spartachisti, in Germania). Stalin diventa il leader e Trockij viene emarginato, accusato di aver tradito i valori della Rivoluzione d’ottobre, viene espulso dal Partito comunista sovietico e, nel 1929, dall’Unione Sovietica. Egli si rifugia in Messico, dove viene ucciso, nel 1940, da un sicario inviato da Stalin (lo zio di Christian De Sica). Egli aveva organizzato la Quarta Internazionale. Stalin decide di eliminare la Nep, introdotta da Lenin nel 1921, la quale prevedeva la reintroduzione nell’economia russa di alcuni elementi di libero mercato. Essa aveva contribuito a risollevare l’economia russa, ma aveva accresciuto le disuguaglianze sociali: si era formato un piccolo gruppo di imprenditori (Nepmen) e un ceto di contadini benestanti, che avevano dimostrato di possedere capacità imprenditoriali, che erano riusciti ad arricchirsi (avevano, alle proprie dipendenze, operai agricoli). Stalin ritiene che questo non sia più accettabile e intende procedere alla rapida statalizzazione integrale dell’economia sovietica (collettivizzazione integrale dell’economia sovietica, nell’ambito industriale e agricolo). Nel 1928, Stalin affida alla Commissione statale per la pianificazione economica (Gosplan) il compito di elaborare un grandioso piano di sviluppo industriale, quinquennale: industrializzazione forzata dell’Unione Sovietica. Primo piano: dal 1928 al 1932. Effetti di questo: la produzione di carbone, petrolio, acciaio, energia elettrica e materiali industriali triplica, mentre quella manifatturiera raddoppia (risultati sensazionali). Secondo piano: dal 1933 al 1937. Esiti di questo: l’Unione Sovietica è diventata la seconda potenza industriale del mondo, seconda solo agli Stati Uniti. Ciò suscita un grande stupore. L’industrializzazione forzata ha anche molte ombre: costi sociali che vengono scaricati sugli operai sottopagati, che non avevano tutele sindacali. Essi, per la maggior parte, erano ex contadini, i quali erano stati costretti a trasferirsi nelle principali città industriali sovietiche. Difetti della statalizzazione dell’economia che vengono tenuti nascosti dal regime stalinista: l’economia tendeva poco ad innovarsi, in quanto non c’era competizione, la produttività media degli operai era piuttosto bassa perché mancavano gli incentivi economici che li stimolassero a lavorare di più. Si ricorre allo strumento della propaganda: fu creato il movimento stacanovista (dal nome di Stachanov, un minatore della regione del Donbass, il quale aveva messo a punto una nuova tecnica per estrarre il carbone, in quantità maggiore rispetto ai metodi tradizionali). Stachanov diventa uno degli eroi della propaganda sovietica, quale eroe socialista del lavoro, un esempio da imitare. I risultati ottenuti dal movimento furono abbastanza scarsi. Altro difetto: l’industria leggera veniva trascurata rispetto a quella pesante. I settori interessati, per quanto riguarda l’industrializzazione, erano l’estrazione del carbone e del petrolio, la produzione di acciaio, energia elettrica, cemento e grandi macchinari. I beni di consumo scarseggiavano e questo contribuiva a mantenere basso il tenore di vita dei cittadini sovietici. Nel 1929, Stalin lancia una grande campagna propagandistica contro i contadini benestanti, che vengono chiamati kulaki (pugni, ma anche strozzini, usurai). Stalin intende collettivizzare integralmente l’agricoltura sovietica: sul finire degli anni 20, esistevano 25 milioni di aziende agricole private, piccole o medio-piccole, molte delle quali erano state fondate grazie alla Rivoluzione d’ottobre (decreto sulla terra, che aboliva i latifondi e li suddivideva in poderi, assegnati alle famiglie contadine). Stalin intendeva abolire queste aziende, statalizzare tutte le terre ed istituire grandi aziende agricole statali (contadini come operai agricoli salariati, pagati dallo Stato). Si inizia ad espropriare le terre, ma i kulaki non lo accettano e tentano di opporre resistenza. Seguono fucilazioni sommarie e la deportazione di molti contadini, circa 2 milioni, nei campi di lavoro forzato della Siberia. Negli anni 30, abbiamo circa 240 mila grandi aziende agricole statali. Molti contadini, per reazione, lavorano il meno possibile: la produzione crolla e si verificano carestie (tra il 1932 e il 1933, nella Russia meridionale, si contano 6 milioni di morti a causa della carestia). Nei Paesi occidentali, si sapeva molto poco di tutto questo (indifferenza del regime). Stato sociale fascista: vennero istituiti molti enti pubblici assistenziali (alcuni esistono ancora oggi), con lo scopo di legare le masse lavoratrici al regime fascista, attenuando anche la conflittualità sociale. Gli enti sono l’Istituto Nazionale Fascista per la Provvidenza Sociale (INFPS) e l’INFAIL, ossia l’Istituto Nazionale Fascista per le Assicurazioni contro gli Infortuni sul Lavoro. Scopo dell’INFPS: elargire pensioni. Venne istituita l’Opera Nazionale Maternità e Infanzia, per proteggere l’infanzia abbandonata e le ragazze madri. Groviglio di competenze, piuttosto confuso, che favorì il clientelismo. Si parlava di benevole concessioni, a vantaggio delle masse. Battaglia demografica, volta ad aumentare la popolazione (fino a circa 60 milioni di Italiani) e a favorire l'aumento della natalità: furono introdotti assegni, sussidi alle famiglie particolarmente numerose, premi, in denaro, alle donne prolifiche, fu vietata anche la vendita di contraccettivi. Lo scopo era, soprattutto, di carattere militare: il fascismo pensava di intraprendere delle guerre di conquista, essenzialmente in Africa. Scuola fascista: grande apparato di propaganda, volto a indottrinare le giovani menti. Venne indottrinata soprattutto la scuola elementare, più facile da influenzare e obbligatoria per tutti. Gli insegnanti furono obbligati a prendere la tessera del Partito fascista, a giurare fedeltà al regime (pena la perdita del posto di lavoro), e fu introdotto il libro unico di Stato (libro che veniva scritto del Ministero, obbligatorio in tutte le scuole elementari d'Italia). I programmi vennero fascistizzati. Il regime cercò di fascistizzare anche l’università: nel 1931, fu imposto a tutti i docenti universitari il giuramento di fedeltà al regime (soltanto 12, su circa 1200, si rifiutarono). Anche alcuni antifascisti esortarono a giurare fedeltà per non essere tagliati fuori e continuare a far sentire la loro voce critica all’interno delle istituzioni del regime. Esso fondò l’Enciclopedia italiana, promossa dall’imprenditore Treccani, l’Istituto Fascista di Cultura e la rivista “Civiltà fascista”. Organizzazioni giovanili fasciste: associazioni tendenzialmente paramilitari, che facevano capo alla GIL (Gioventù italiana del littorio). Scopo: indottrinare i giovani, così da trasformarli in fascisti perfetti, in modo da prepararli alla vita militare e ad obbedire, inculcando in loro la fede nel duce e nel regime fascista. I bambini fino ad 8 anni erano inquadrati nei figli della lupa, mentre, dagli 8 ai 12 anni, nei Balilla. C’erano anche gli avanguardisti, dai 12 ai 18 anni. I giovani venivano preparati alla vita militare, quindi svolgevano esercizi ginnici, marciavano, facevano delle parate. Per quanto riguarda le bambine, c’erano le figlie della lupa, le giovani italiane e le piccole italiane. Nel 1937, venne istituito il Ministero della Cultura Popolare (MinCulPop), che controllava la stampa (editoria, giornali, cinema e radio). Nel 1924, il regime fondò l’URI (Unione radiofonica italiana), che si trasformò in EIAR (Ente italiano audizioni radiofoniche), e poi, dopo la Seconda Guerra Mondiale, in RAI (Radio audizioni italiane). Radio: strumento di propaganda, che porta ovunque la voce di Mussolini, nelle case degli Italiani. Nel 1924, fu fondato l’istituto LUCE (L’Unione cinematografica educativa): venivano girati dei brevi documentari propagandistici (cinegiornali settimanali), imposti prima della proiezione dei film nelle sale cinematografiche. L’istituto LUCE esiste ancora oggi, con il compito di conservare questi cinegiornali, che costituiscono una testimonianza storica importante per studiare l’Italia fascista. Nel 1937, Mussolini fonda, a Roma, Cinecittà, un grande centro di produzione cinematografica che si ispirava a quelli hollywoodiani, con il compito di girare pellicole propagandistiche, soprattutto film pseudostorici, che leggevano alcuni momenti della storia italiana in un’ottica fascista. Propaganda delle scritte sui muri esterni delle case di campagna, dove venivano riportate alcune frasi celebri di Mussolini, veri e propri slogan (“credere, obbedire e combattere”, “non si torna mai indietro”, “se avanzo seguitemi, se indietreggio uccidetemi”...). Miti dell’ideologia fascista: mito di Roma e mito del duce. L’Italia fascista considera l’antica Roma un faro di civiltà, pertanto, il fascismo presenta se stesso come prosecuzione dell’antica civiltà romana, tende ad ispirarsi all’antica Roma imperiale, riportandone in auge i fasti. L’Imperialismo fascista viene presentato come riproposizione e attualizzazione dell’antico Imperialismo romano. Il fascismo tende a presentare l’Imperialismo romano come un’anticipazione del fascismo: venerazione dell’antica Roma, che si esprime in vari modi, come nella valorizzazione della lingua latina, nel restauro delle rovine romane (fori romani, campagne archeologiche), nella costruzione di edifici monumentali che si ispirano agli edifici della Roma imperiale (forum Mussolini, a Roma). La propaganda fascista presenta Mussolini come un uomo straordinario, dotato di capacità eccezionali, grande stratega, condottiero, riformatore sociale, economista e, addirittura, filosofo. Mussolini: uomo del destino, voluto dalla provvidenza, novello Cesare e Augusto, al tempo stesso. Viene sottolineato il rigore fisico di Mussolini, il quale veniva presentato come un aviatore, un abile atleta, un nuotatore, uno schermidore, un esperto ballerino (celebrazione che sfocia del grottesco e nel ridicolo). Viene ritratto, anche, mentre partecipa alla trebbiatura e alla mietitura del grano. Apparato propagandistico: fabbrica del consenso. La borghesia, quasi interamente, appoggiava Mussolini, e lo stesso si può dire della Chiesa cattolica, con alcune eccezioni. Pure le masse popolari nutrivano simpatia per Mussolini ed il fascismo, a causa della martellante propaganda (era difficile pensare autonomamente ed esercitare lo spirito critico). Secondo alcuni storici, il fascismo deve essere considerato un totalitarismo incompleto, imperfetto: indubbiamente, ha avuto delle ambizioni totalitarie, ma continuavano a sussistere dei centri di potere che erano indipendenti dal regime fascista, ovvero la monarchia (Vittorio Emanuele III aveva ancora i propri poteri) e la Chiesa cattolica. Il fascismo non riuscì a fascistizzare l’esercito e la marina, che restarono fedeli al re, diversamente dall’aereonautica. Le alte gerarchie vaticane simpatizzavano per Mussolini, in funzione antisocialista, ma l’azione cattolica rappresentava uno dei pochi spazi non fascistizzati all’interno dell’Italia dell’epoca. Quindi, era possibile maturare una certa indipendenza di giudizio: non è un caso che si sia formata una parte consistente della futura classe dirigente dell’Italia repubblicana (politici democristiani). Politica estera del regime fascista: fino alla metà degli anni 30, il fascismo cercò di coltivare buoni rapporti con le potenze dell’Intesa, soprattutto con Francia e Regno Unito. Il regime fascista si mostrò ostile alla nuova Germania nazista: questo venne visto nel 1934, quando i nazisti austriaci tentarono di annettere l’Austria alla Germania di Hitler. Mussolini si oppose, difendendo l’indipendenza dell’Austria. Nel 1933, in Austria, si era affermato un regime autoritario, conservatore, di destra. Il massimo esponente era Dollfuss, che simpatizzava per il fascismo e rimpiangeva il passato imperiale dell’Austria, non volendo che questa venisse annessa alla Germania. Egli era antinazista. Nel 1934, i nazisti austriaci tentano un colpo di Stato, uccidendo Dollfuss, ma non raggiungono il loro obiettivo, in quanto Mussolini fa schierare numerose divisioni italiane al confine con l’Austria, sul Brennero, e minaccia di invaderla, nel caso in cui i tedeschi avessero tentato di annetterla alla Germania. Hitler, quindi, fa un passo indietro. Nel 1935, Mussolini promuove una conferenza internazionale a Stresa, sul Lago Maggiore, alla quale partecipano Francia e Regno Unito: questa condanna la politica di riarmo, portata avanti dalla Germania di Hitler, in aperta violazione del Trattato di Versailles. Nell’ottobre del 1935, Mussolini lancia l’Italia in una nuova guerra coloniale, alla conquista dell’Etiopia, così da ridare vita all’Impero romano e rivendicare la sconfitta di Adua. La guerra si svolge tra l’ottobre del 1935 ed il maggio del 1936. L'Etiopia era un Paese indipendente: esisteva ancora l’Impero d’Etiopia, con imperatore Hailé Selassié. Era un Paese arretrato, ma membro della Società delle Nazioni: il suo esercito non era trascurabile, in quanto veniva rifornito di armi moderne dalla Francia e dalla Gran Bretagna. Le operazioni militari sono guidate da Pietro Badoglio, uno dei principali responsabili della Rotta di Caporetto: le truppe italiane incontrano una resistenza furiosa, ma l’Italia riesce a vincere, ricorrendo ai gas asfissianti e ai bombardamenti sulla popolazione civile. I caduti italiani furono più di 4 mila, mentre quelli etiopi circa 50 mila, forse anche 70 mila. Nel maggio del 1936, le truppe italiane entrano nella capitale etiope, Addis Abeba, e Mussolini può annunciare che l’Impero era tornato a risplendere sui colli fatali di Roma. Egli proclama Vittorio Emanuele III Imperatore d’Etiopia. La Società delle Nazioni intende punire l’Italia, attraverso le sanzioni economiche, esortando gli Stati membri a non commerciare con l’Italia, così da danneggiare la sua economia ed indebolire il regime fascista. Queste sanzioni erano assai blande (sanzioni di facciata): per esempio, rimanevano escluse materie prime come petrolio e acciaio. Stati Uniti e Germania si rifiutarono di aderire alle sanzioni. Le sanzioni non riuscirono a danneggiare l’economia italiana, però furono adoperate da Mussolini per rafforzare il consenso di cui godeva, presso la popolazione italiana. Egli presentò la Società delle Nazioni come uno strumento nelle mani della Francia e della Gran Bretagna e tuonò contro l’egoismo di queste due nazioni, che volevano impedire all’Italia di costruirsi un proprio Impero coloniale. Una delle conseguenze più importanti delle sanzioni fu l’avvicinamento dell’Italia fascista alla Germania nazista: nell’ottobre del 1936, viene firmata l’Asse Roma-Berlino, una dichiarazione di reciproca simpatia tra i due regimi, che riconoscono di avere molto in comune, la visione del mondo e della storia. Essi chiedono la revisione dei trattati di pace di Parigi e sono ostili al comunismo, alla democrazia parlamentare, al Komintern e ai fronti popolari. Nel 1938, l’Italia fascista, per compiacere l’alleato tedesco, compie una svolta razzista e antisemita: nel luglio, compare il Manifesto della Razza, il quale viene firmato da medici, antropologi, psicologi e studiosi di statistica. Tesi di fondo: l’umanità si divide in razze, biologicamente distinte; il popolo italiano appartiene a quella ariana, mentre gli ebrei non ne fanno parte e, quindi, non sono veri italiani. Meno di due mesi dopo, vengono emanate le leggi razziali (Provvedimenti per la Difesa della Razza): leggi antisemite, che si ispirano a quelle di Norimberga, che il regime tedesco aveva adottato nel 1935. Gli ebrei italiani vengono espulsi da tutte le scuole statali e da tutte le università, sia come studenti, sia come docenti; gli ebrei vengono cacciati dalle pubbliche amministrazioni ed espulsi dalle forze armate; vengono vietati i matrimoni misti; agli ebrei viene vietato di esercitare le libere professioni, se non a beneficio di altri ebrei; fu posto un limite alle ricchezze possedute da essi, che non potevano più possedere aziende d’interesse strategico per la sicurezza nazionale (ad esempio, aziende di armi). Fu revocata la cittadinanza italiana agli ebrei che la avevano ottenuta dopo il 1914. Gli oppositori al regime non avevano vita facile: il tribunale di difesa del regime fascista emanò 29 condanne a morte, tramite fucilazione, circa 4 mila 500 sentenze di condanna al carcere e circa 10 mila condanne al confino. L’opposizione liberale era inesistente, con l’eccezione del grande intellettuale Benedetto Croce, celebre filosofo, storico, critico letterario e uomo politico. Egli era un giolittiano (era stato anche Ministro della Pubblica Istruzione): era tollerato dal regime fascista, quindi poteva continuare a pubblicare articoli sulla propria rivista culturale (“La critica”), sulla quale comparivano articoli, appunto, ostili al fascismo. L’opposizione di Croce era, però, moderata e si rivolgeva ad un pubblico elitario (poche persone). L’opposizione cattolica era, pressoché, inesistente. Nel 1927, a Parigi, fu fondata la Concentrazione antifascista, una struttura di coordinamento che riuniva i partiti antifascisti italiani, i quali si erano ricostituiti in esilio, in Francia. La Concentrazione antifascista era animata dalla figura di Filippo Turati e comprendeva i due partiti socialisti (PSI e PSU), quello repubblicano e, dal 1929, il Movimento democratico-radicale “Giustizia e Libertà”, fondato dai fratelli Rosselli (Carlo, economista, e Nello, storico) due antifascisti fiorentini, di origine ebraica. Carlo Rosselli aveva teorizzato il socialismo liberale, ritenendo che il socialismo riformista ed il liberalismo progressista dovessero convergere, fino a formare una nuova dottrina politica, che riunisse il meglio dell’una e dell’altra tradizione politica. Non parteciparono alla Concentrazione i comunisti: il Komintern vietava ai partiti comunisti dei Paesi occidentali di collaborare con i partiti socialisti riformisti. I comunisti italiani riuscirono a creare una fitta rete di cellule clandestine in Italia, esponendosi ad enormi rischi: nel 1926, era stato arrestato il segretario del Partito comunista italiano, Antonio Gramsci, il quale sarebbe rimasto in carcere fino alla morte. La guida della struttura del Partito comunista passò a Palmiro Togliatti, il quale visse in esilio in Unione Sovietica. manifestazioni sportive. Lo scopo era legare il più possibile i cittadini tedeschi al regime nazista, indottrinandoli. Nel 1938, fu fondata la Volkswagen, la nota casa automobilistica: Hitler era favorevole alla motorizzazione di massa. Egli fonda l’automobile del popolo, nota anche come Maggiolino. Nel 1935, era stato fondato il Ministero della Propaganda, con l’obiettivo di coordinare il controllo dei vari mezzi d’informazione, così da esercitare una capillare e martellante azione di propaganda. Nel 1936, il regime nazista organizzò le Olimpiadi di Berlino, che divennero un vero e proprio palcoscenico per il regime, con il quale intendeva mostrare un’immagine positiva di se stesso, presentandosi come un regime che garantiva ordine, efficienza e disciplina. Possiamo ricordare i grandi Congressi del Partito nazista, che si svolgevano nel mese di settembre a Norimberga, all’aperto, in un grande stadio: si trattava di riti religiosi di massa, vere e proprie liturgie collettive. A questi Congressi partecipavano decine di migliaia di persone del Partito nazista, vestite in divisa: Hitler attraversava la folla e c’era una vera e propria coreografia, ben progettata. Lo scopo di tutto ciò era colpire la componente emotiva dei partecipanti, facendo sì che si identificassero con il regime ed il Fuhrer, che divenne oggetto di un culto quasi religioso. Il nazismo cercava di riscoprire alcuni aspetti dell’antica religione germanica precristiana (nazismo come religione neopagana). Gran parte degli intellettuali tedeschi dell’epoca furono costretti ad emigrare (Einstein, Mann, Brecht, Freud…). I nazisti organizzavano roghi dei libri considerati contrari all’interesse del popolo tedesco, che ricordavano la caccia alle streghe. Alcune forme di arte (Cubismo) erano considerate espressioni di una visione degenerata del mondo, ed anche alcuni tipi di musica (Jazz). Nel 1933, il regime nazista firmò un concordato con la Chiesa cattolica, con il quale garantì a questa di non interferire nella sfera religiosa. I pastori luterani tedeschi accettarono di giurare fedeltà al Fuhrer. Nel 1937, papa Pio XI emanò un’enciclica (“Con cocente preoccupazione”), scritta in tedesco, con la quale condannava la dottrina nazista in quanto razzismo. Questa ribadiva l’uguaglianza di tutti gli uomini di fronte a Dio ed accusava il nazismo di voler resuscitare l’antico paganesimo germanico. L’enciclica cadde nel vuoto, fu ignorata dal regime nazista e non ebbe effetti concreti. Politica economica nazista: caratterizzata da un marcato dirigismo, un marcato intervento dello Stato nella sfera economica, in piena analogia con quanto veniva portato avanti dal fascismo. La Germania elaborò dei piani quadriennali; Hitler avviò un grande piano di opere pubbliche, con lo scopo di riassorbire la disoccupazione: riuscì a creare molti posti di lavoro (costruendo le prime autostrade) e riuscì ad accrescere il consenso di cui godeva presso la popolazione tedesca. Politica estera nazista: nell’ottobre nel 1933, la Germania nazista abbandona la Società delle Nazioni, in quanto Hitler la considera un’istituzione asservita agli interessi della Francia e del Regno Unito. Il nazismo, forma estrema di nazionalismo, non ammette alcuna istituzione superiore allo Stato. Nel 1934, i nazisti cercano di annettere l’Austria alla Germania, nell’intento di unire, in un unico Stato, tutti i territori di lingua tedesca (Hitler era un pangermanista). I nazisti austriaci organizzarono un colpo di Stato, che però fallì a causa dell’opposizione di Mussolini. Nel 1935, nella regione della Saar (regione mineraria situata nella Germania occidentale), si tiene il plebiscito previsto dal Trattato di Versailles: la regione era stata assegnata alla Francia per 15 anni, affinché questa potesse sfruttare le sue risorse minerarie a titolo di parziale risarcimento per i danni di guerra. Trascorsi i 15 anni, nella regione, si sarebbe dovuto tenere un plebiscito, un referendum, per consentire agli abitanti della Saar (sostanzialmente tedeschi) di decidere se restare con la Francia o tornare con la Germania. La Saar fu annessa alla Germania, ormai nazista. Nel 1935, la Germania nazista avvia un piano di riarmo, in aperta violazione del Trattato di Versailles: l’industria tedesca comincia a produrre cannoni, carri armati, sottomarini, navi da guerra, aerei da guerra e munizioni pesanti e leggere. La Francia ed il Regno Unito restano a guardare, in quanto non vogliono che scoppi una nuova guerra in Europa. Nel 1936, la Francia si ritira dalla Renania: questa sarebbe rimasta sotto occupazione francese per 15 anni, trascorsi i quali, i Francesi si sarebbero dovuti ritirare. Tuttavia, la Germania avrebbe dovuto mantenere smilitarizzata la Renania, quindi le forze armate tedesche non potevano metterci piede. Hitler rimilitarizza la Renania: la Francia ed il Regno Unito continuano a restare a guardare. Nel 1936, l’Italia e la Germania firmano l’Asse Roma-Berlino, un’alleanza politica (diventa militare nel 1939) favorita dalle sanzioni della Società delle Nazioni, in seguito alla guerra in Etiopia, e dalla guerra civile spagnola, scoppiata nel 1936.
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