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Regimi totalitari - fascismo e stalinismo, Sintesi del corso di Storia

Riassunto fascismo e stalinismo

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

Caricato il 23/03/2020

Veronica87.
Veronica87. 🇮🇹

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Scarica Regimi totalitari - fascismo e stalinismo e più Sintesi del corso in PDF di Storia solo su Docsity! I REGIMI TOTALITARI. Come già annunciato, i grandi regimi totalitari compresero l’importanza che i nuovi mezzi di comunicazione stavano assumendo. Tutte le grandi realtà totalitarie basarono il loro sistema politico sul monopolio dell’informazione e sulle nuove tecniche di propaganda. FASCISMO E RIFORMA GENTILE In Italia, il sistema totalitario fu caratterizzato da una grande capacità comunicativa attraverso la quale fu stabilito un controllo totale sull’informazione e sulla cultura: fin dall’inizio, Benito Mussolini, acuto giornalista, comprese l’importanza della propaganda, tanto da conquistare un gran numero di consensi senza smascherare il suo volto autoritario e antidemocratico. Lo scopo fu quello di orientare l’opinione pubblica verso il consenso al regime, comunicando la sua missione nazionale e inducendo le masse alla totale sottomissione alla volontà del DUCE (per rievocare il mito della romanità. Da dux in latino: capo) Mussolini creò lo stereotipo del perfetto fascista con il volto sbarbato e il corpo allenato da una vita sportiva, infatti l’esaltazione della forza fisica fu uno dei principali obiettivi dell’ideologia fascista, esemplari furono le foto del DUCE spesso ritratto come automobilista o aviatore (concezione virile dello Stato), le vittorie olimpiche degli italiani o i risultati positivi conseguiti nel ciclismo. Tutto questo contribuì alla creazione di una nuova visione dello sport, come attività di massa, uno stile di vita in cui prevalesse il più forte. Altri esempi sono rintracciati nell’esaltazione apparente della funzione sociale della donna con lo slogan “Madri Nuove per figli Nuovi”, in realtà le stesse furono relegate ai ruoli tradizionali (in primis a quello di donna madre con lo scopo di incrementare demograficamente la popolazione). Tra il 1911 e il 1925 Mussolini assunse il controllo dei maggiori giornali italiani e con le “Leggi fascistissime” del 1926 venne definitivamente soppressa la libertà di parola. Nel 1937 il controllo della stampa fu assunto dal Ministero della Cultura Popolare che ebbe il compito di censurare tutto il materiale contrario al regime, di far crescere l’entusiasmo per la guerra in Etiopia (i direttori di alcuni giornali umoristici furono convocati dal ministero con l’obbligo di far apparire fisicamente o moralmente le razze di colore), ma anche di proporre il periodo fascista come modello Storico di pace e moralità. Solo “La Stampa“ e “Il Corriere della sera” riuscirono a sopravvivere come giornali d’opposizione. Molto diffusa fu anche la pubblicazione di manifesti e volantini con slogan e ordinanze per suscitare tra le masse pregiudizi e reazioni di paura. Mussolini si rese conto di quinto fosse essenziale, per consolidare il proprio potere, l'appoggio dei cattolici. Pertanto, con grande soddisfazione della Santa Sede, nel 1923 ordinò di reintrodurre i crocefissi negli ospedali (da dove, invece, il laico stato liberale li aveva rimossi) e stanziò tre milioni di lire per il restauro e la ricostruzione delle chiese danneggiate durante la guerra. In tal modo, andò costruendosi un clima di reciproca fiducia, che sfociò nella firma degli accordi del Laterano dell'11 febbraio 1929. Tra gli anni Venti e gli anni Trenta il duce iniziò a investire ingenti risorse sulla radio e nel 1924 venne creato il “Giornale Radio” un radiogiornale che rivisitava i fatti del giorno in chiave fascista, infatti la programmazione radiofonica riguardava ciò che potesse essere utile per il consenso della pubblica opinione. Altro mezzo di comunicazione di la cosidetta “Arma più forte dello Stato” ovvero il cinema. Il cinema fu meno controllato e proprio per fornire una documentazione precisa sulle imprese i successi dell’ Italia fascista nel 1923 nacque l’ISTITUTO LUCE. Nel 1935 Luigi Freddi, direttore della Direzione Generale Cinematografica, amante del cinema americano (più concentrato su storie a lieto fine e non sull’esaltazione del regime fascista) fondò “Cinecittà” I Patti Lateranensi si concretizzarono in tre distinti documenti. Al primo posto va ricordato il Trattato, in base al quale il Regno d'Italia riconosceva Santa Sede «la piena proprietà e la esclusiva ed assoluta potestà e giurisdizione sovrana sul -Vaticano». In tal modo, dopo quasi sessant'anni, rinasceva uno Stato della Chiesa (la Città del Vaticano), dotato di piena e completa sovranità sul proprio territorio: la «questione romana», apertasi nel 1870, trovava così la sua definitiva e formale chiusura. La Convenzione finanziaria fu una specie di corollario economico del Trattato (che si limitava alle sole questioni politiche e territoriali); l'Italia si impegnò a versare alla Santa Sede una cospicua, in qualità di indennizzo per la perdita dei proventi dell'antico Stato della Chiesa, subita dal papato nel 1870. In questo caso non si può parlare di una rottura con il passato, visto che lo stato liberale, con la Legge delle guarentigie del 1871, si era offerto di versare al papa una rendita annua, in modo che egli potesse provvedere alle proprie necessità dopo aver perduto gli introiti provenienti dai territori di cui era stato in passato il signore temporale. Una vera svolta rispetto allo stato laico uscito dal Risorgimento fu rappresentata invece dal terzo documento firmato il 1 febbraio 1929: il Concordato. Sulla base di esso, infatti. lo stato cessava di essere neutrale in campo religioso, e accettava di privilegiare una confessione sopra tutte le altre. Alla Chiesa cattolica fu concesso che la sua dottrina religiosa fosse oggetto di insegnamento in tutte le scuole di ogni ordine e grado; l'articolo 36 del Concordato affermava categoricamente che «l'insegnamento della dottrina cristiana secondo la forma ricevuta nella tradizione cattolica» veniva considerato dall'Italia a fondamento e coronamento dell'istruzione pubblica». Analogamente, alla Chiesa venne concesso che il matrimonio celebrato secondo il rito cattolico avesse piena validità civile e che ai sacerdoti scomunicati fosse impedito di esercitare attività di insegnamento nelle scuole e nelle università dello stato. Sia per la Chiesa sia per il regime fascista, i Patti Lateranensi furono un grande successo. Eppure ben presto emersero differenti valutazioni degli accordi: ciascuna delle due parti cercò di porre l'accento sull'elemento che riteneva maggiormente importante per la propria strategia d'azione. Mussolini ad esempio, nel discorso tenuto alla Camera il 13 maggio 1929 in occasione della ratifica degli accordi, insisté soprattutto sul fatto che lo stato fascista era riuscito là dove lo stato liberale aveva sempre fallito. La stipulazione del Concordato, a suo giudizio, era stata soltanto il necessario prezzo da pagare per giungere alla soluzione della questione romana. In nessun modo, secondo il Duce, la firma del Concordato significava che alla Chiesa venisse concesso di interferire nella vita civile e sociale: lo stato non aveva rinunciato in nessun settore alla sua piena sovranità. Una delle più importanti forme di controllo delle masse, durante il regime fascista è data all’attuazione della riforma sull’educazione, del 1923, ad opera dell’appena eletto Ministro della Pubblica Istruzione, Giovanni Gentile. “Riforma Gentile”, definita da Mussolini, ex maestro elementare, “La più Fascista delle Riforme”. La scuola Fascista innalza l’obbligo scolastico a 14 anni ed istituisce la scuola elementare a ciclo unico. Una volta terminata la prima fase di studi, l’allievo si trova davanti a quattro strade: il ginnasio, quinquennale, che dava l’accesso ai Licei, unica via per l’Università; l’istituto tecnico; l’istituto magistrale, destinato alla preparazione dei maestri di scuola elementare; la scuola complementare di avviamento professionale, triennale, al termine della quale non era possibile iscriversi ad alcun’altra scuola. Dal punto di vista delle materie, Gentile introduce lo studio della religione Cattolica nella scuola primaria, poiché utile a creare un minimum di spirito intellettuale nelle masse popolari. Nei Licei, invece, compare la Filosofia, affinché le nuove leve della futura classe dirigente fossero dotate di un elevato bagaglio culturale e ideale. Il concetto fondante l’azione Gentiliana è quello secondo cui gli studi, specie quelli secondari, devono essere “Aristocratici, nell’ottimo senso della parola: studi di pochi, dei migliori […] cui l’ingegno destina di fatto, o il censo e l’affetto delle famiglie pretendono destinare al culto de’ più alti ideali umani. La limitazione delle iscrizioni è propria delle scuole di cultura e risponde alla necessità di mantenere alto il Livello di dette scuole chiudendole ai deboli e agli incapaci” E’ quindi una scuola classista, borghese, censitaria, che preclude alla gran parte del popolo l’accesso all’istruzione secondaria ed all’Università, quella partorita dalla mente del filosofo siciliano.
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