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Regimi Totalitari (Stalin, Mussolini e Hitler), Sintesi del corso di Storia

Definizione del Totalitarismo + ciò che avviene in Unione Sovietica con Stalin, ciò che avviene in Italia con Mussolini e ciò che avviene in Germania con Hitler.

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

Caricato il 29/01/2020

Camillamaccari
Camillamaccari 🇮🇹

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Scarica Regimi Totalitari (Stalin, Mussolini e Hitler) e più Sintesi del corso in PDF di Storia solo su Docsity! I regimi totalitari
 La definizione di totalitarismo
 Il comunismo staliniano in Urss, il fascismo e il nazismo imposto in Germania da Hitler vengono indicati come regimi totalitari.
 Il concetto di totalitarismo, nacque in Italia negli anni Venti e fu coniato dai liberali per sintetizzare le condizioni in cui si trovavano gli italiani sotto il regime fascista che controllava ogni aspetto della loro vita. L’utilizzo di questo termine aveva intenti denigratori, ma Mussolini lo riprese affermando che il fascismo si contraddistingueva proprio per una “fiera volontà totalitaria”, il leader del fascismo esprimeva l’intenzione di subordinare l’intera vita sociale e culturale del Paese allo Stato. Nella definizione di “totalitarismo” coesistevano due aspetti: 
 -carattere rivoluzionario; 
 -carattere statalista. 
 Il termine totalitarismo fu utilizzato per definire un tipo di regime che si pone l’obiettivo di acquistare un controllo “totale” sullo Stato e sui cittadini (organizzare la vita). 
 Alcuni elementi caratterizzanti del totalitarismo sono:
 -un’ideologia organica e coerente (il cittadino del regime totalitario subisce condizionamenti fisici e psicologici affinché aderisca a tale ideologia); 
 -un partito unico (controllasse la vita politica; e l’unico incaricato di mediare tra le masse e il potere);
 -il capo è un dittatore carismatico (= Dio, l’unico), depositario dell’intero potere dello Stato (costruendo un culto della propria persona); 
 -uso sapiente dei mezzi propagandistici di massa (radio, giornali, cinema..); 
 -le masse sono tenute in costante mobilitazione attraverso una serie capillare di organizzazioni (celebrazioni collettive); 
 -l’economia è sottoposta al controllo dello Stato; 
 -un sistema organizzato di repressione degli oppositori (dal ricorso ad apparati di polizia segreta). 
 I regimi totalitari sono diversi dai regimi autoritari. Questi ultimi esercitavano sulle istituzioni e sugli individui un controllo stretto, ma non esclusivo e tanto pervasivo. 
 
 UNIONE SOVIETICA (Stalin)
 Il 21 gennaio 1924 alla morte di Lenin, ci furono lotte di successione e dopo la conclusione della guerra civile e l’avvio della nuova politica economica era in mano dei bolscevichi. Al loro interno si distinsero due linee politiche alternative, che facevano capo a Trockij e Stalin (definito rozzo da Lenin). La corrente guidata da Trockij sosteneva che il compito dell’Urss fosse quello di finanziare la rivoluzione permanente, i bolscevichi trockisti volevano giungere alla distruzione del capitalismo e all’affermazione del comunismo. Secondo Stalin, il governo avrebbe dovuto concentrarsi sul consolidamento del comunismo russo e valutare in un secondo momento la possibilità di esportare la rivoluzione (socialismo in un solo Paese). 
 I due leader avevano personalità differenti: Trockij godeva di un grande prestigio popolare come comandante dell’Armata Rossa, mentre Stalin era un uomo della burocrazia del partito ed era diventato segretario del Pcus (partito comunista dell’Unione Sovietica). 
 Stalin riuscì ad avere la meglio sull’opposizione trockista, e consolidò il proprio ruolo di capo dell’Unione Sovietica. 
 Trockij fu oggetto di una campagna violenta e fu deposto dal comando dell’esercito, nel 1927 fu espulso dal partito e due anni dopo mandato in esilio. 
 La vittoria di Stalin comportò un’accelerazione sul programma di industrializzazione (voleva diventare il primo paese industriale Unione Sovietica). 
 Stalin ricorse ad una Commissione statale per la pianificazione (Gosplan). Nel 1927 affidò alla commissione la stesura di un piano quinquennale, con l’obiettivo di trasformare l’economia sovietica da agricola a industriale. 
 Le campagne avrebbero dovuto subire un cambiamento altrettanto rapido, diventare delle grandi aziende collettive. 
 Stalin articolò tre piani quinquennali di produzione. Il primo fu messo in atto nel 1928-1932. 
 Dopo cinque anni già la produzione di petrolio, carbone, energia elettrica, ferro, acciaio e macchine fu triplicata. Alla fine degli anni Trenta migliaia di nuovi stabilimenti e giganteschi agglomerati di fabbriche erano sorti in diverse regioni del Paese. 
 L’Unione Sovietica era diventata la seconda potenza industriale del mondo. 
 Il primo piano quinquennale generò un massiccio afflusso di contadini verso le città: tra il 1928 e il 1932, il processo di inurbamento riguardò 8 milioni di persone, che divennero 30 milioni. 
 L’industria fu orientata ai settori pesanti: il loro tenore di vita era estremamente basso e i costi sociali dell’industrializzazione evidentemente elevati. 
 L’agricoltura rimase arretrata dal punto di vista tecnico. La produttività degli operai era scarsa. 
 Aleksej Stachanov, minatore, divenne un simbolo del lavoratore sovietico ideale (estrasse tanti sacchi di carbone). Si formò lo “stachanovismo” che spingeva i lavoratori sovietici a gareggiare tra loro nel migliorare la produttività individuale. Alla fine del 1929 Stalin intraprese un’azione di governo per trasformare l’agricoltura applicando la stessa rigida pianificazione utilizzata per il settore industriale (collettivizzazione forzata). Il governo sovietico lanciò una battaglia contro i contadini agiati, i kulaki, e avviò la costituzione di grandi aziende agricole collettive, i kolchoz e i sovchoz. Alla fine degli anni 20 esistevano nel Paese circa 25 milioni di imprese agricole individuali. 
 I piccoli proprietari terrieri dovettero quindi essere costretti con la forza a trasformarsi in lavoratori delle fattorie collettive. 
 Per ostacolare l’attività degli inviati del governo, molti contadini si rifiutarono di seminare, per non dover poi consegnare il prodotto alle aziende collettive, arrivarono anche ad uccidere il bestiame. Di fronte a questa ribellione, Stalin decise di dispiegare l’esercito, i rivoltosi furono eliminati sul posto e almeno due milioni di kulaki vennero deportati e costretti ai lavori forzati (oppure uccisi seduta stante). 
 Per questo fatto la produzione agricola tornò al di sotto dei livelli dell’anteguerra. Poiché però la quota di raccolto incamerata dallo Stato rimase altissima e divennero usuali le requisizioni supplementari, si diffuse una terribile carestia nell’Unione Sovietica (abbia provocato 6 milioni di morti per fame, senza che il governo intervenisse per mitigarne gli effetti).
 Nel 1933, circa 240.000 aziende collettive ospitavano i due terzi della popolazione contadina e praticavano un’agricoltura ampiamente meccanizzata. 
 Attraverso la stampa, gli oppositori di Stalin furono presentati all’opinione pubblica sovietica come oppositori del socialismo stesso e avversari del popolo nell’ambito della lotta di classe. Al contempo, Stalin fu esaltato come difensore dell’eredità di Lenin. 
 La cultura e la scienza furono costrette ad adeguarsi ai dettami ideologici del regime attraverso la dottrina del realismo socialista: tutte le espressione artistiche dovevano avere un valore sociale (dovevano esaltare Stalin). 
 Tale movimento contestuale di esaltazione di Stalin e di abbattimento dei suoi rivali, produsse un effetto importante. Stalin divenne l’unico artefice dello sviluppo dell’Urss e della costruzione del comunismo. Egli stesso favorì e incoraggiò la diffusione di un vero e proprio culto della sua personalità. Stalin riuscì a esercitare una ipnosi di massa, presentandosi come il rassicurante piccolo padre della Patria, l’unico in grado di prendersi cura dei suoi figli- concittadini.
 Nel 1934 il potere di Stalin assunse forme autocratiche (Grande Terrore).
 Stalin avviò una dura epurazione interna alla burocrazia di partito. La situazione si radicalizzò con l’assassinio di Sergej Kirov (che non era più d’accordo con Stalin), alto dirigente del Pcus e stretto collaboratore di Stalin: oppositori veri o presunti del dittatore furono uccisi, o spediti nei campi di lavoro forzato, senza processo o dopo un processo fittizio. Milioni di cittadini sovietici (polacchi, tedeschi, estoni, lettoni e lituani) furono accusati di tradimento della rivoluzione e dello Stato e condannati a morte. 
 L’art. 58 del Codice penale sovietico, puniva i reati contro lo Stato; subirono questo trattamento esponenti di primo piano del comunismo sovietico estromessi pochi anni prima dal potere, lo scrittore Isaak Babel’, ben due terzi dei membri del comitato centrale del Pcus, una larghissima schiera di funzionari e amministratori pubblici. 
 Durante questa fase di violento soffocamento di ogni dissenso, il termine “purga” (espulsione dal partito di un membro diventato sgradito), indicava i processi-farsa (i condannati erano costretti a confessare immaginarie cospirazioni, venivano condannati e giustiziati). Le cosiddette “Grandi purghe” danneggiarono anche l’Armata Rossa, che perse decine di migliaia di ufficiali. 
 Stalin fece accusare gli ufficiali di cospirare ai suoi danni, di sostenere segretamente la Germania o le potenze imperialiste, di boicottare lo sforzo di riarmo dell’Urss. 
 Strumento della repressione stalinista furono: 
 -la polizia politica (NKVD= “Commissariato del popolo per gli affari interni”), agiva in segreto e praticava abitualmente arresti, fucilazioni e deportazioni arbitrari; 
 -i campi di lavoro forzato, i cosiddetti GULAG, erano centinaia e ospitavano milioni di prigionieri. La rete dei gulag costituiva un vero e proprio sistema concentrazionario. Attraverso i campi di lavoro, Stalin poté attuare una politica del terrore che fu sorretta dalle delazioni, contro chi era sospettato di dissenso: esse permettevano di incriminare e condannare tutti i cittadini devianti.
 Le epurazioni della seconda metà degli anni 30 fecero di Stalin un autocrate. 
 Il Komintern distribuiva le istruzioni alle quali attenersi con l’obiettivo prioritario di preparare anche in Occidente il terreno alla rivoluzione comunista. 
 Partì allora per i comunisti europei una nuova parola d’ordine: allearsi con quanti erano disposti a combattere la dittatura fascista, dai socialdemocratici ai liberali. Nacque così la politica dei Fronti popolari, necessario per fronteggiare le destre.
 
 Il fronte degli oppositori al fascismo attraversò un momento buio. Mussolini e il regime raccoglievano il larghissimo consenso degli italiani. Il Tribunale Speciale per la difesa dello Stato emise contro gli oppositori del duce 29 condanne a morte, non meno di 4.500 condanne alla prigione e circa 10.000 al confino (confinato in quel posto ESILIO).
 Tra i liberali, il principale oppositore fu Benedetto Croce, promotore del Manifesto degli intellettuali antifascisti. Tra i cattolici, Luigi Sturzo e Alcide De Gasperi. Più attivi nell’antifascismo militante furono gli esponenti democratici e socialisti. Nel 1927 nacque a Parigi la Concentrazione antifascista cui appartenne anche Filippo Turanti: essa raccoglieva numerosi fuoriusciti e svolse un ruolo importante nel testimoniare all’estero l’esistenza di un forte schieramento politico contrario al fascismo. 
 Nel 1929 nacque il movimento di Giustizia e Libertà, creato da Carlo Rosselli e Emilio Lussu, che furono uccisi nel 1937 da sicari francesi di destra pagati dal fascismo, proprio per la loro attività contro il regime.
 L’opposizione più attiva al regime venne dai comunisti; ricostituito il partito all’estero, essi crearono in Italia una fitta rete di cellule clandestine. 
 Il maggior esponente del movimento fu in questa fase Antonio Gramsci che fu incarcerato nel 1926 e condannato a venti anni di detenzione. Il movimento trovò il suo leader in Palmiro Togliatti, tra i fondatori del Partito comunista, espatriato nel 1926 in Unione Sovietica. Il movimento antifascista si rivelò diviso tanto sulle responsabilità dell’avvento del regime quanto sulla linea d’azione da seguire. Solo con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, l’antifascismo riuscì ad agire in modo compatto sul fronte interno per diffondere una cosciente opposizione al regime. 
 
 GERMANIA 
 Il leader della Nsdap si dedicò alla stesura del Mein Kampf, il manifesto del movimento.
 Nell’indifferenza generale, Hitler aveva teorizzato una società politica basata sul concetto di Volk (popolo): lo Stato era da lui concepito come una comunità di popolo fondata sulla purezza biologica, cioè sulla razza dei suoi appartenenti. 
 La condizione imprescindibile per rinnovare la potenza della Germania era a suo parere l’omogeneità razziale dei tedeschi. Una gran mole di opere aveva giustificato il dominio coloniale affermando il diritto dell’uomo bianco a dominare sui popoli inferiori. 
 Il dibattito sull’estinzione delle razze inferiori si spostò all’interno del continente europeo (ebrei, slavi). Hitler rilanciò l’idea che gli ariani fossero destinati a dominare sulle razze inferiori. Considerava un elemento di grave debolezza la presenza in Germania di una consistente comunità ebraica (razza negativa). 
 Il progetto della purificazione della razza ariana era inscindibile da due elementi: 
 -il ricongiungimento all’interno dei confini della Germania di tutte le popolazioni di lingua tedesca e la conquista di uno “spazio vitale” (lebensraum) a oriente (riprendersi i confini a est Polonia). Questo piano prevedeva l’evacuazione, ossia il trasferimento o l’eliminazione non solo degli ebrei, ma anche degli slavi, una razza adatta al lavoro servile. 
 L’impianto razzista della Nsdap fu sottovalutato, nessuno considerò seriamente l’idea che Hitler desse corso alla sua dichiarata volontà di rovesciare il sistema parlamentare. 
 Una volta ottenuta la carica di Cancelliere, Hitler chiese a Hindenburg lo scioglimento immediato del Reichstag e nuove elezioni. Prima dell’elezioni, l’edificio del Reichstag andò distrutto in un incendio, appare probabile che l’attentato fosse stato fatto dai nazisti (oppositori, ebrei). 
 Alle elezioni, la Nsdap prese il 44% dei voti, la Spd registrò 18,3% delle preferenze, il Kpd il 12,3% e il Zentrum il 13,9%. Per tutta risposta i deputati furono minacciati di violenze personali: in questo modo Hitler ottenne l’appoggio dei cattolici per il varo di una legge che il 23 marzo 1933 gli conferì pieni poteri per quattro anni.
 Hitler Fuhrer della Germania:
 Il programma nazista si attuò attraverso le seguenti misure: 
 - la Costituzione fu sospesa; 
 -i sindacati furono sciolti e tutti i partiti politici, a eccezione di quello nazista, aboliti; 
 -i governi e i parlamenti dei Lander furono sciolti e le autonomie locali sacrificate in nome dell’accentramento amministrativo e politico (a Berlino); 
 Nel 1933 si tennero nuove elezioni politiche, la Nsdap ottenne il 92% dei suffragi (tutti gli altri aboliti). 
 Nel 1934, Hindenburg morì, Hitler diventò il capo del Paese, del governo e delle forze armate (avrà un potere perfetto, assoluto). La carica di presidente fu sostituita dal titolo di Fuhrer. Nel 1945, Hitler fu per la Germania il capo del Terzo Reich (il PRIMO REICH Sacro Romano Impero Germanico; il SECONDO REICH Bismark). 
 
 La notte dei lunghi coltelli e l’apparato repressivo
 Quello che preoccupava Hitler era la forza e l’indipendenza delle SA, circa due milioni di camice brune che obbedivano agli ordini di Ernst Rohm. Il Fuhrer ne ordinò quindi l’eliminazione violenta: il 30 giugno 1934, nella “notte dei lunghi coltelli”, Rohm e centinaia di suoi commilitoni furono svegliati in pieno sonno, prelevati e uccisi, dove si trovavano. Hitler approfittò dell’occasione per vendicarsi di chi lo aveva ostacolato sulla via del potere: compagni di partito, militari, avversari politici.. La vittima più illustre fu Kurt von Schleicher, che lo aveva preceduto nella carica di Cancelliere, fu ucciso insieme alla moglie. 
 L’intera operazione fu eseguita dalle SS (truppe d’assalto) di Heinrich Himmler. 
 Le SS diressero la Gestapo, la polizia segreta, ed ebbero il controllo dei campi di concentramento, il primo ad aprire i battenti fu Dachau. 
 Nei Lager, furono convogliati ai lavori forzati gli oppositori politici, gli zingari, gli omosessuali, gli obiettori di coscienza, i peggiori delinquenti comuni, i vagabondi, i Testimoni di Geova. I diversi insomma, tutti coloro che non si uniformavano ai dettami del nazismo furono emarginati e morirono a centinaia di migliaia a causa delle condizioni di vita e di lavoro. 
 La persecuzione degli ebrei
 La comunità ebraica tedesca era composta da circa 500.000 persone. Hitler diede avvio alla discriminazione degli ebrei. Una tappa fondamentale di questo percorso fu un pacchetto legislativo del 1935 noto come “Leggi di Norimberga”, con il quale gli ebrei furono definiti “razza inferiore” dal punto di vista biologico e sociologico, al punto tale da meritare l’appellativo di “Untermenschen”, “sottouomini”. 
 Le tre leggi del 1935 privarono gli ebrei della cittadinanza e del diritto di voto, vietarono la pratica professionale, ribadirono il divieto di accesso alla magistratura, alle scuole. Inoltre furono espropriati dei loro beni e si videro imposti pesanti limiti alla libertà di movimento. Furono impediti i matrimoni misti e i rapporti carnali tra ebrei e cittadini di razza ariana: si trattava dei primi provvedimenti eugenetici messi in campo dal regime nazista. 
 Dopo il 1935, la violenza antisemita esplose fino alla Kristallnacht, “notte dei cristalli” del 9-10 novembre 1938: furono incendiate quasi 200 sinagoghe, distrutti 7.000 esercizi commerciali, gli ebrei furono bastonati o uccisi per strada e circa 30.000 di loro furono deportati nei campi di concentramento. Gli ebrei avrebbero dovuto essere espulsi dalla Germania. 
 Fino ai primi anni Trenta i nazisti sostennero il movimento sionista (trasferimento degli ebrei al di fuori del Paese). Progressivamente, tra gli esponenti più oltranzisti si affermò un progetto più radicale, cioè lo sterminio biologico- razziale di tutti gli indesiderati. 
 Particolarmente penetrante fu il controllo del nazismo sulla vita dei tedeschi.
 La Hitlerjugend, cioè la “Gioventù hitleriana”, raccoglieva gli adolescenti e li formava all’attività fisica, li addestrava all’obbedienza per prepararli alla vita militare, li indottrinava sui principi del nazismo. 
 Dalla scuola furono estromessi gli insegnanti che non mostravano fedeltà al regime, mentre programmi di studio e libri di testo furono uniformati.
 Come in Italia, l’indottrinamento della popolazione avvenne attraverso agenzie educative formali e informali. 
 La dittatura si servì di tutti i mezzi di comunicazione di massa, la radio, i giornali e i cinegiornali, che diffondevano le parole d’ordine del nazismo.
 Un ruolo importantissimo nella creazione del consenso fu svolto dalle adunate, che avvenivano con complesse e suggestive coreografie. Divenne un appuntamento per tutti i tedeschi il congresso annuale della Nsdap: Hitler sfilava tra ali di folla e parlava nello stadio della città, tra lo sventolio delle bandiere con la svastica. 
 La Germania si riprese anche dalle conseguenze della crisi del ’29 grazie a un esteso piano di lavori pubblici (tutti hanno uno stipendio).
 Le Chiese si uniformarono rapidamente ai voleri di Hitler. Il Vaticano firmò con la Germania un concordato che assicurava ai cattolici la libertà di culto. Nel 1937, papa Pio XI, diffuse una lettera, nella quale egli denunciò le violenze naziste e il tentativo di sostituire la religione tradizionale con i valori pagani della razza. 
 Grandi roghi di piazza mandarono in fumo i libri degli autori sgraditi del nazismo, le opere d’arte etichettate come degenerate. Grandi esponenti della cultura tedesca, dovettero lasciare il Paese per non finire in prigione: Albert Einstein, Thomas Mann, Walter Gropius, Bertolt Brecht, Sigmund Freud, Erich Fromm.
 La creatività del terzo Reich prese le forme di un’architettura magniloquente e gigantesca. Fu il giovane progettista Albert Speer ad edificare la nuova Berlino imperiale. 
 La politica estera di Hitler 
 Hitler era per molti uomini politici stranieri ancora quasi sconosciuto. In politica estera, il suo primo obiettivo era lavare l’onta di Versailles e restituire alla Germania il suo status di grande potenza. 
 Nel luglio 1934, promosse il tentativo di colpo di Stato dei nazisti austriaci che avrebbe dovuto portare all’Anschluss. 
 Nel 1935 prese avvio un massiccio programma di riarmo della marina e dell’esercito. 
 Nel 1936, la Germania occupò con le proprie truppe la zona demilitarizzata della Renania. 
 La prima fase della nuova politica estera tedesca culminò il 25 ottobre 1936 nella firma dell’Asse Roma-Berlino.
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