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Regimi totalitari e totalitarismo: definizione e caratteri generali, Tesine di Maturità di Storia

Una definizione e i caratteri generali dei regimi totalitari, con un focus sullo stalinismo e l'economia sovietica. Vengono descritti gli elementi comuni ai regimi totalitari, come la costruzione di un'ideologia organica e coerente, la vita politica controllata da un partito unico, la presenza di un dittatore carismatico e l'uso sapiente dei mezzi propagandistici di massa. Viene poi descritto l'ascesa di Stalin e la sua politica economica, con la creazione del Gosplan e la stesura di un piano quinquennale per trasformare l'economia sovietica da agricola a industriale.

Tipologia: Tesine di Maturità

2022/2023

In vendita dal 14/11/2023

elisa.ciacc
elisa.ciacc 🇮🇹

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Scarica Regimi totalitari e totalitarismo: definizione e caratteri generali e più Tesine di Maturità in PDF di Storia solo su Docsity! REGIMI TOTALITARI TOTALITARISMO: DEFINIZIONE E CARATTERI GENERALI Termine coniato per la prima volta dai liberalisti italiani con intenti denigratori nei confronti del fascismo, fu adottato poi da Mussolini, il quale esprimeva con orgoglio che il fascismo si contraddistingueva per una “fiera volontà totalitaria”. In seguito, la stampa inglese lo utilizzò per indicare un regime che si pone l’obiettivo di acquistare un controllo totale sullo Stato e sui cittadini, indicando sotto questa etichetta il fascismo, il nazismo e la rivoluzione bolscevica. Grazie alle opere di filosofi come HANNAH ARENDT (-> collegamento con filosofia) e CARL FRIEDRICH, si definirono alcune caratteri comuni ai regimi che potevano essere definiti totalitari: - costruzione di un’ideologia organica e coerente, tale da permettere una rilettura della realtà e della storia. Il cittadino subisce condizionamenti psicologici e fisici affinché aderisca a questa ideologia. - vita politica controllata da un partito unico, detenuto dal capo del regime. - a capo del regime c’è un dittatore carismatico, il quale costruisce un culto della propria persona. - uso sapiente dei mezzi propagandistici di massa - repressioni dure per gli oppositori - economia sottoposta al controllo dello Stato (BUROCRATIZZAZIONE) All’interno dello Stato totalitario, l’individuo ha senso solo come espressione del regime, tanto che totalitarismi come fascismo, nazismo e comunismo cercarono di plasmare un “uomo nuovo” che corrispondesse all’ideologia sulla quale si basavano. STALINISMO L’ASCESA DI STALIN Alla morte di Lenin (1924), tra i suoi collaboratori si accese una guerra alla successione, e si distinsero maggiormente due linee politiche: quella di Trockij e quella di Stalin. Trockij, capo dell’Armata Rossa, voleva diffondere la rivoluzione sovietica fuori dai confini nazionali, affermando quindi il comunismo a livello globale volto a distruggere il capitalismo europeo. Stalin, segretario del Pcus, al contrario, come primo obiettivo voleva ottenere il consolidamento del comunismo russo, poi in un secondo momento valutare la possibilità di esportare la rivoluzione nell’Occidente capitalistico. Nonostante Lenin, prima di morire, avesse criticate i suoi modi brutali, Stalin riuscì a consolidare il proprio ruolo di capo dell’Unione Sovietica: infatti, era riuscito ad espellere dal partito tutti i suoi oppositori, compreso Trockij che venne prima esiliato in Africa e poi ucciso da un sicario nel 1940. ECONOMIA SOVIETICA Al fine di costruire una nuova politica economica, Stalin ricorse al Gosplan (-> ovvero la “Commissione statale per la pianificazione”), affidando ad essa la stesura di un piano quinquennale, con l’obiettivo di trasformare l’economia sovietica da agricola a industriale, tanto da superare tecnicamente ed economicamente i Paesi capitalistici più sviluppati. Anche le campagne dovevano rivoluzionarsi, in quanto l’agricoltura sarebbe diventata in funzione dell’industria e le piccole aziende di contadini sarebbero state riunite in grandi aziende collettive, per eliminare qualsiasi pericolo di restaurazione del capitalismo. Dal 1928 al 1940, la programmazione dello sviluppo dell'Urss fu guidata dal Gosplan, che decideva quali beni dovevano essere prodotti, in quali quantità e da quali fabbriche, in quali proporzioni per il mercato interno e per l'esportazione, a partire da quali risorse e materie prime, secondo una valutazione preventiva degli interessi generali della collettività. Il piano di industrializzazione fu un successo: alla fine degli anni Trenta, l'Unione Sovietica era diventata la seconda potenza industriale del mondo. Non mancarono i risvolti negativi: - ci fu un massiccio afflusso di contadini nelle città, e questo processo di inurbamento provocò grandi disagi per alloggi e servizi - la metà degli operai erano di origine contadina, quindi non avevano le competenze adeguate a svolgere i lavori di fabbrica - l’agricoltura rimase arretrata dal punto di vista tecnico, e la produzione era troppo lenta rispetto al fabbisogno del Paese - la centralizzazione si rivelò controproducente, in quanto non teneva conto delle esigenze delle singole aziende Ma nonostante i risvolti negativi, al momento del lancio del primo piano quinquennale, il fervore e l’entusiasmo della rivoluzione non si erano ancora spenti: Aleksej Stachanov riuscì a battere ripetutamente il record nell'estrazione del carbone durante un turno di lavoro, diventando così un simbolo del lavoratore sovietico ideale. Lo stachanovismo divenne un modello seguito in tutta l'Urss, nonché una propaganda del regime. LA COLLETTIVIZZAZIONE Alla fine del 1929, per superare la piccola produzione agraria, Stalin intraprese una battaglia con tre contadini agiati, i kulaki, Costituendo grandi aziende agricole collettive, i kolchoz (-> ovvero insieme di contadini che dovevano consegnare allo stato una parte considerevole del loro raccolto) e i sovchoz (-> ovvero imprese gestite dallo stato che assumeva i contadini e incamerava tutto il loro raccolto). I piccoli proprietari terrieri dovettero quindi essere costretti con la forza trasformarsi in lavoratori delle fattorie collettive. Dato che molti contadini si rifiutarono di seminare arrivando addirittura ad uccidere il proprio bestiame, Stalin decise di far intervenire l'esercito: almeno due milioni di kulaki furono deportati e costretti a lavori forzati. Alla fine del 1933, si contavano circa 240.000 aziende collettive, che ospitavano 2/3 della popolazione contadina. LA PROPAGANDA Stalin usò campagne stampa per presentare i suoi oppositori all'opinione pubblica sovietica come avversari del popolo nell'ambito della lotta di classe, e per esaltare sé stesso come difensore dell’eredità di Lenin. La cultura e la scienza furono costretti ad adeguarsi all'ideologia del regime attraverso la dottrina del “realismo socialista”, tutte le espressioni artistiche invece dovevano avere un valore sociale e politico: cinema, teatro, letteratura, pittura e scultura divennero strumenti di propaganda. Grazie al controllo dei mezzi di comunicazione, Stalin si assunse il merito dei progressi raggiunti fino a quel momento: diventò l'unico artefice dello sviluppo dell'Urss e della costruzione del comunismo, diffondendo così un vero e proprio culto della sua personalità attraverso un’ipnosi di massa. L’ANTIFASCISMO Durante gli anni 20 e 30, la maggior parte degli antifascisti rimase in attesa degli eventi, sperando che il Duce compisse qualche passo falso. In particolare, tra i liberali, il principale oppositore fu Benedetto Croce, promotore del manifesto degli intellettuali antifascisti; tra i cattolici, don luigi sturzo, costretto poi a fuggire all'estero. Nel 1927 nacque a Parigi la concentrazione antifascista, di cui faceva parte anche Turati, che raccoglieva numerosi esuli del regime, i quali testimoniavano all'estero l'esistenza del movimento antifascista. L'opposizione più attiva fu quella dei comunisti tramite una rete di cellule clandestine: il più grande esponente fu ANTONIO GRAMSCI, che, dopo essere morto in prigione a seguito della sua incarcerazione, fu succeduto da PALMIRO TOGLIATTI. Il movimento antifascista fu un insuccesso a causa delle numerose divisioni interne, delle troppe diversità ideologiche e nei metodi di azione. Solo con lo scoppio della Seconda guerra mondiale, l'antifascismo riuscì progressivamente ad agire. NAZISMO IDEOLOGIA L'impianto ideologico del nazismo fu elaborato da Hitler nel Mein Kampf, ovvero il manifesto del movimento, scritto durante i mesi della carcerazione precedenti alla sua nomina a Cancelliere: Aveva concepito lo stato come una comunità di popolo fondata sulla purezza biologica, cioè sulla razza dei suoi appartenenti, per cui l'omogeneità razziale dei tedeschi era una condizione fondamentale per il rinnovo della potenza della Germania. Nonostante le sue idee inizialmente non furono prese sul serio, con il diffondersi del razzismo finirono per essere accettate: si diffuse un'immagine stereotipata dell'uomo ariano, alto, biondo e con gli occhi azzurri, considerato appartenente a un'antica razza superiore, destinata a dominare le altre. Di conseguenza, Hitler considerava un elemento di debolezza la presenza in Germania della comunità ebraica, la quale costituiva una “razza negativa” capace di danneggiare la purezza dei tedeschi. Intraprese quindi un progetto di purificazione della razza ariana, che prevedeva persino il ricongiungimento di tutte le popolazioni di lingua tedesca all'interno dei confini della Germania. Questo piano prevedeva non solo l'eliminazione degli ebrei, ma anche degli slavi, considerati una “razza adatta al lavoro servile”. ELEZIONI DEL ‘33 Nel 1933, lo storico edificio del Reichstag (-> ovvero il parlamento) andò distrutto in un incendio: la colpa ricadde sui comunisti, il che spinse il generale Hindenburg a firmare un decreto che sospendeva i diritti dei cittadini e consentiva arresti arbitrari e detenzioni a tempo indeterminato. I nazisti approfittarono di questa situazione per compiere violenze contro gli oppositori. Alla riapertura del Parlamento, i deputati furono minacciati di violenze personali: in questo modo, Hitler ottenne l'appoggio dei cattolici per l'approvazione di una legge che nel marzo 1933 gli conferì pieni poteri per quattro anni, eliminando definitivamente la democrazia tedesca. Da quel momento venne lanciato il programma nazista: - la Costituzione fu sospesa - i sindacati furono sciolti e gli altri partiti aboliti - processo di accentramento amministrativo e politico - emanate sentenze di morte per gli oppositori del nazismo Alla morte di Hindenburg (1934), Hitler diventò capo del Paese, del governo e delle forze armate, autoproclamandosi “Führer”: come capo del Terzo Reich, Hitler impose lo Stato totalitario tedesco. LA NOTTE DEI LUNGHI COLTELLI Il 30 giugno 1934, durante la cosiddetta “notte dei lunghi coltelli”, Hitler ordinò l'eliminazione violenta di Röhm e delle “camicie brune”, le quali si contrapponevano all'esercito regolare. Hitler approfittò dell'occasione anche per vendicarsi di chi lo aveva ostacolato sulla via del potere. A eseguire materialmente gli ordini furono le SS, le guardie personali di Hitler, le quali negli anni del regime diressero la Gestapo (-> ovvero la polizia segreta dello Stato), ed ebbero il controllo dei campi di concentramento (il primo ad aprire fu Dachau nel 1933). In questi ultimi, venivano deportati i “diversi”, tutti coloro che non si uniformava i dettami del nazismo: oppositori politici, zingari, omosessuali, obiettori di coscienza, delinquenti comuni. Allo scoppio della Seconda guerra mondiale, i campi avevano già ospitato circa un milione di persone. LA PERSECUZIONE DEGLI EBREI Nonostante la comunità ebraica tedesca contasse circa 500.000 persone, Hitler diede avvio alla discriminazione degli ebrei: nel 1935 con le “leggi di Norimberga”, gli ebrei furono definiti “razza inferiore” dal punto di vista biologico e sociologico, tanto da essere definiti “sottouomini”. Con queste leggi, gli ebrei furono privati della cittadinanza, dei loro beni, della libertà di movimento, gli fu vietato di praticare la loro professione, di frequentare le scuole, e furono impediti i matrimoni misti. Le leggi di Norimberga escludevano dal godimento dei diritti anche i potenziali oppositori del regime. Nel 1938 la violenza semita esplose in quella che passò alla storia come la “notte dei cristalli”: migliaia di negozi di proprietà ebraica furono distrutti e circa 200 sinagoghe furono bruciate, e circa 30.000 ebrei furono deportati nei campi di concentramento. Allo scoppio della Seconda guerra mondiale, il nazismo intraprese un progetto più radicale, ovvero lo sterminio biologico-razziale di tutti gli indesiderati, al fine di mantenere una razza pura, applicandolo prima ai malati mentali e ai disabili, e in seguito al popolo ebraico. NAZISMO E VITA QUOTIDIANA Tutti i sindacati furono sostituiti dal Fronte del Lavoro, un unico organismo che rappresentava i padroni e i salariati, al fine di raggiungere il comune obiettivo dello sviluppo della produzione nazionale. La “Gioventù hitleriana” era un'organizzazione che raccoglieva gli adolescenti e li formava all'attività fisica di stampo militare, addestrandoli all'obbedienza e insegnandogli i principi del nazismo. Dalla scuola furono estromessi gli insegnanti che non mostravano fedeltà al regime, mentre i programmi di studio e libri di testo furono di uniformati alla visione nazista del mondo e della storia. Come avvenne per il fascismo in Italia, la dittatura si servì di tutti i mezzi di comunicazione di massa per fini di propaganda: la radio, i giornali e il cinema diffondevano i valori del nazismo, Tornando alla popolazione sui fatti del mondo solo dopo essere stati opportunamente censurati. Un ruolo importantissimo nella creazione del consenso fu svolto dalle adunate, in occasione delle quali Hitler sfilava e parlava al popolo. Dalle conseguenze della crisi del ’29, la Germania si riprese a livello economico grazie a un esteso piano di lavori pubblici. L'interventismo statale negli affari economici fu significativo, e determinò un calo del numero dei disoccupati. POLITICA ESTERA In politica estera, il suo primo obiettivo era restituire alla Germania il suo status di grande potenza, allontanandosi da quelli che erano i principi del trattato di Versailles. Nel 1933 annunciò l'uscita dalla Società delle Nazioni, e nel 1936 firma l'Asse Roma-Berlino.
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