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Relazione Code-Switching, Tesine universitarie di Sociolinguistica

Relazione per sostenere l'esame di Sociolinguistica

Tipologia: Tesine universitarie

2021/2022
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Caricato il 22/08/2022

marika-calzolari
marika-calzolari 🇮🇹

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Scarica Relazione Code-Switching e più Tesine universitarie in PDF di Sociolinguistica solo su Docsity! Marika Calzolari Code-switching Indice 1 Introduzione 2 Storia del fenomeno 2.1 Prima descrizione del fenomeno 2.2 Nascita del termine 1.3 Punti di vista differenti 3 Parlanti soggetti al Code-switching. 4 Le motivazioni del code-switching 4.1 Motivazioni sociali 4.2 Motivazioni psicologiche 5 Dominio di uso del linguaggio 6 Tipi di commutazione 6.1 Commutazioni multiple 6.2 Commutazioni singole 7 Fenomeni riconducibili all’alternanza di codice 7.1 Il fenomeno dell’esolinguismo 7.2 Code-mixing 7.3 Il prestito linguistico 7.4 La diglossia 8 Conclusioni Code-switching 1 Introduzione Il code switching o commutazione di codice inteso come «the use of more than one language in the course of a single communicative episode1» (Auer 1998), è un comportamento ‘naturale’ in tutti i contesti plurilingue ed è una delle strategie conversazionali adottate dai parlanti bilingue. Affinché l’uso di più lingue possa essere considerato commutazione di codice vanno tuttavia considerati alcuni criteri definitori importanti. Innanzitutto, i codici linguistici devono essere condivisi da parte di tutti i membri presenti alla conversazione. Altrettanto importante è il ruolo del parlante poiché, per poter parlare di code-switching, deve essere il medesimo parlante ad alternare in uno stesso evento linguistico più codici (Berruto 2009). Gli studi sulla commutazione di codice come parte del discorso bilingue costituiscono un campo della ricerca estremamente ampio sia da un punto di vista temporale, essendo un argomento di ricerca da circa quarant’anni, sia da un punto di vista contenutistico, essendo trasversale a vari rami della linguistica, quali ad esempio la ricerca sul 1 L’uso di più di una lingua nel corso di un singolo atto comunicativo (Auer 1998). bilinguismo, la linguistica migrazionale, la glottodidattica e la linguistica acquisizionale Altri fenomeni che sono connessi con l’alternanza di codice sono il code-mixing (vedi 7.2), il prestito linguistico (vedi 7.3) e la diglossia (vedi 7.4), essi insieme al code-switching vengono analizzati in situazioni di bilinguismo con paradigmi e criteri diversi dalle comunità monolingui. In passato l’uso di più lingue in un parlante era visto come una mancanza o addirittura come una “corruzione” propria di soggetti bilingui, e conseguentemente anche come una competenza linguistica inadeguata o come fenomeno di passaggio in parlanti immigrati che scomparirà con l’integrazione nella comunità della lingua dominante. Oggi giorno l’uso alternato di due lingue è considerato come caratteristica propria della parlata quotidiana della popolazione bilingue; la comunità bilingue è stata a lungo considerata come un’eccezione rispetto alla norma rappresentata da quella monolingue. 2 Storia del fenomeno 2.1 Prima descrizione del fenomeno Una delle prime descrizioni di questo fenomeno fu data da Uriel Weinreich, nella sua descrizione di bilinguismo e di bilingue ideale. Per lo studioso la tendenza a cambiare codice è una caratteristica propria di soggetti esposti fin dalla prima infanzia al contatto quotidiano con lingue diverse, ed è comunque rapportata ad un uso scorretto di tali lingue, contrapposto all’uso corretto realizzato dal bilingue ideale: Il bilingue ideale passa da una lingua all’altra a seconda degli appropriati mutamenti della situazione linguistica, ma non in una situazione linguistica immutata e certamente non in una stessa frase… C’è motivo di credere che notevoli siano le differenze individuali tra coloro che padroneggiano la commutazione, mantenendola assai vicina al modello ideale, e coloro che hanno difficoltà a conservare e a commutare i codici a seconda delle esigenze del contesto. (Weinreich 1974:107) Con il passare del tempo altri studiosi hanno dimostrato che il modello proposto da Weinreich risultava inconsistente. L’attenzione si è spostata verso la commutazione stessa come caratteristica del repertorio linguistico di un gruppo e non di un individuo (Gardner- Chloros 1991). Non si tratta quindi di soli fattori individuali che portano al cambio di codice ma anche fattori sociali. 2.2 Nascita del termine Il termine code-switching è stato coniato da Einar Haugen nel 1956 con il tentativo di descrivere quelle situazioni in cui un parlante introduce forme appartenenti ad una lingua diversa da quella in cui si svolge la conversazione. Il fenomeno viene definito quindi come “l’uso di più di una lingua in un singolo atto comunicativo”. Questa definizione ha diversi elementi che richiedono ulteriori osservazioni: - L’uso: sebbene il termine sia neutrale ed intende quindi sia la percezione che la produzione di un’informazione linguistica, molti studi sul code-switching si sono focalizzati nella produzione piuttosto che la percezione. - Di più di una: non c’è un numero preciso di lingue che entrano in contatto, esse rimangono integre e vengono considerate come sistemi separati. prospettiva; tuttavia, questi fattori non spiegano i modelli di commutazione che troviamo in molte comunità linguistiche. In questi casi, il cambiamento è considerato come codice non marcato, è impossibile tenere d’occhio ogni singolo interruttore che induce al cambio. Possiamo dire che il cambio linguistico in un parlante bilingue può essere un’espressione di identità mista, ma è comunque difficile stabilire una regola tra il cambio di codice e l’espressione identitaria. Nonostante non abbiamo uno schema fisso per le commutazioni di codice possiamo individuare due tipi di motivazioni ricorrenti: motivazioni sociali e psicologiche. 4.1 Motivazioni sociali Gardner-Choloros (1991) individua tre fattori principali per spiegare l’uso della commutazione in una comunità esposta a diversi contatti linguistici: 1. La commutazione come compromesso: essa viene usata come adattamento all’ambiente linguistico nel quale il parlante si trova (ambiente lavorativo, familiare, religioso ecc.); 2. Pressioni esterne che spingono il parlante ad utilizzare una lingua piuttosto che un’altra: esse possono derivare dal prestigio di cui gode una lingua oppure dettate da norma situazionali (come l’argomento di una conversazione), così come possono derivare da aspettative sociali o ragioni politiche; 3. L’interlocutore: fattore sicuramente meno obbiettivo rispetto agli altri, poiché le relazioni tra i parlanti sono molto complesse e soggettive, esse si riferiscono alle impressioni soggettive dell’individuo. 4.2 Motivazioni psicologiche Questo tipo di motivazioni sono più difficili da fissare, infatti, sono individualmente diverse e dipendono anche dal rapporto che il parlante bilingue ha con le lingue con cui entra in contatto. È possibile però individuare tre ragioni psicologiche più ricorrenti: 1. La padronanza di ciascuna lingua (una condizione di equilinguismo, ovvero la pari conoscenza delle lingue messe in contatto, in generale favorisce la commutazione); 2. Gli atteggiamenti che un parlante ha verso una certa lingua, quando la mescolanza linguistica fa parte dell’identità sociale ed è vista positivamente i parlanti sono più propensi al cambio. 3. La distanza sociale che il parlante vuole imporre tra sé e il suo interlocutore: spesso succede per voler esprimere autorità, una migliore educazione oppure mostrare di appartenere ad una classe sociale più elevata. 4.3 Spiegazioni psicolinguistiche del fenomeno Sono stati costruiti da psicolinguisti, alcuni modelli sul meccanismo che consente ai bilingui di passare da una lingua all’altra. Uno dei modelli più consistenti è quello proposto da Green (1986), che cerca di spiegare il meccanismo che sta alla base dello sviluppo dell’alternanza di codice. Secondo lo studioso i meccanismi ricorrenti sono due: il meccanismo selettore e quello generatore. Il primo meccanismo opera aumentando l’attivazione delle componenti che è necessario usare in una data situazione e diminuendo l’attivazione delle componenti che in tale situazione non intervengono.4 Il secondo meccanismo, chiamato generatore di risorse mette a disposizione l’energia necessaria per il funzionamento del sistema: se questa viene a mancare si determinano situazioni in cui il controllo sull’alternanza risulta imperfetto. 4 Esempio: se egli volesse parlare in L1 dovrebbero essere attivati i meccanismi di riconoscimento e di produzione di L1 e disattivati quelli ralativi a L2. Il modello proposto da Green (1986) prevede inoltre due modi di soppressione dell’attivazione delle componenti non necessarie: la soppressione di tipo interno ed esterno. La prima, interna al sistema linguistico, impedisce il recupero dei suoni che compongono una parola, ovvero la sua forma fonologica. La seconda, che non fa parte invece del sistema linguistico, dovrebbe sopprimere l’attivazione di parole appartenenti a tale sistema. Esempio di soppressione interna: i maccanismi che stanno alla base di una traduzione da L2 a L1, processo che prevede il riconoscimento di L2 e il maccanismo di produzione L1. Esempio di soppressione esterna si ha nel caso in cui un soggetto bilingue si esprime in una delle lingue a lui note (L1). 5 Dominio di uso del linguaggio In sociolinguistica, il termine dominio del discorso fa riferimento a caratteristiche o convenzioni d’uso della lingua, determinate dal contesto in cui avviene la comunicazione (Fishman 1972). Alcuni fattori sociali come ad esempio: con chi si sta parlando, il contesto sociale del discorso, la funzione e l’argomento della discussione risultano essere importanti per la scelta della lingua in diversi tipi di comunità linguistica. Usando informazioni sul dominio di uso in una comunità, è possibile costruire un modello che riassuma le norme di uso del linguaggio di una certa comunità. Le informazioni in questione sono molto utili per gli studi sulle comunità bilingue e aiutano a comprendere le motivazioni della commutazione di codice. Il dominio di uso del linguaggio si basa su: - ambientazione - argomento - partecipanti. Esempio: Maria è un’adolescente i cui genitori portoghesi si sono trasferiti a Londra negli anni ’60. Lei usa il portoghese a casa e con gli anziani presso la chiesa cattolica portoghese e nei luoghi di ritrovo della comunità portoghese, ma l’inglese è la varietà appropriata e il codice che deve usare a scuola. Usa l’inglese a lavoro dopo scuola servendo in un bar locale, anche se occasionalmente clienti più anziani la salutano in portoghese. In questo caso i domini in questione sono: la chiesa e la religione dove usa il portoghese, mentre nel dominio scolastico e lavorativo utilizza l’inglese. Un secondo motivo per cui un modello sul dominio è utile è che fornisce una base chiara per confrontare i modelli di scelta del codice nelle diverse comunità linguistiche. I modelli rendono facile il confronto tra le varietà appropriate in campi simili nelle diverse comunità linguistiche. Un modello è anche utile per un nuovo arrivato in una comunità come una sintesi dei modelli appropriati di uso del codice nella comunità. Un modello descrive il codice o i codici normalmente selezionati per utilizzo in diverse situazioni. 6 Tipi di commutazione Gli specialisti di grammatica interessati al code-switching cercano di capire se le regole grammaticali delle due varietà in contatto sono sufficienti a spiegare i modelli del linguaggio misto in un discorso, o se i codici misti hanno regole aggiuntive. Cosa ci può dire l’alternanza di codice sul modo in cui le nostre capacità linguistiche sono organizzate? La ricerca in questo ambito riguarda due aspetti: il primo riguarda la teoria linguistica5, il secondo riguarda la tipologia linguistica6 e l’influenza che le differenze tipologiche hanno sul modo di coordinare le lingue. Gardner-Choloros (1991) propone una distinzione tra le commutazioni: suddivise in commutazioni multiple (intrafrastica e interfrastica) e commutazioni singole. 6.1 Commutazioni multiple Le commutazioni multiple coinvolgono più di una parola e vengono divise in due categorie: i. La commutazione interfrastica riguarda il cambio di codice tra due proposizioni o frasi separate da una pausa, può essere una virgola, un punto o una congiunzione. A livello grammaticale e strutturale le due lingue non hanno problemi di compatibilità, in quanto le parti interessate alla commutazione non sono correlate sintatticamente ma semanticamente. Gardner ha rilevato che questo tipo di commutazione si manifesta spesso come ripetizioni di frasi già espresse nell’altra lingua, per enfatizzare l’enunciato. es. “Denn er het shunn g’saat g’hett: ‘ Joo on pique!”: “Perché lui ha già detto: ‘Ok gli daremo un lavoro!’”.7 ii. La commutazione intrafrastica riguarda il cambio di codice all’interno di una frase. La categoria comprende: 1. le commutazioni tra una principale ed una secondaria oppure tra due secondarie dipendenti da una principale; 2. Le commutazioni all’interno di una proposizione, nel caso siano composte da più lessemi; 3. Commutazioni staccate, segnate da una pausa che può verificarsi per un’esitazione del parlante o per una rottura grammaticale nell’espressione che coincide con l’interruzione. A differenza della precedente categoria l’uso di due lingue all’interno di una frase comporta diversi problemi a livello di compatibilità, sia per quanto riguarda la struttura e la morfologia della frase. Poplack (1980) ha osservato che la commutazione intrafrastica è molto più frequente e si manifesta in modo scorrevole, tant’è che la maggior parte dei parlanti non si rendono conto del cambiamento linguistico che avviene. Secondo Poplack questo atteggiamento deriva sia da fattori sociali ma è dovuto anche alla somiglianza tipologica tra le due lingue, come ad esempio si verifica con l’inglese e lo spagnolo (es. comunità portoricana di New York). Poplack però riporta anche un’analisi del tipo di commutazione impiegato ad Ottawa-Hull, dove la commutazione tra Francese e Inglese è molto differente rispetto al tipo di commutazione che avviene tra Spagnolo e Inglese nella comunità portoricana di New York, anche se le lingue in contatto sono tipologicamente simili. La commutazione in questione avviene con un’interruzione del flusso discorsivo nel passaggio da una all’altra lingua, e la frase ha la funzione di traduzione o ripetizione. Poplack distingue questo tipo di commutazione da quella che Gardner (1991) definisce staccata, definendola commutazione emblematica; essa a differenza della prima non è accompagnata da componenti metalinguistiche e si 5 La teoria linguistica di Noam Chomsky è una delle più importanti teorie relative al linguaggio umano. Essa è anche nota come grammatica generativa. Secondo la teoria, esiste una struttura mentale innata che ci consente di comprendere e produrre qualsiasi affermazione in un qualsiasi linguaggio naturale che conosciamo. (N. Chomsky 1965) 6 La tipologia linguistica studia le diversità e le similarità tra le lingue al fine di classificarle in “tipi” distinti, caratterizzati da un insieme di omologie formali o sostanziali. (A.F. Pott 1849). 7 Esempio di commutazione tra francese e alsaziano tratto da uno studio eseguito da Gardner nel 1991 su una comunità bilingue di Bruxelles. - Es.: 1: “Hai mangiato la ljubljanska?” (Italiano e Sloveno) - Es.2: Mama agua please! (Spagnolo e Inglese) 7.3 Il prestito linguistico Per prestito linguistico si intende una parola appartenente ad una certa lingua, che è stata trasferita e integrata in un altro sistema linguistico (Lewandowski 1976:415). Una caratteristica fondamentale è che l’uso dei prestiti non è ristretto ad un ambito bilingue, si può riscontrare in tutte le comunità. Il prestito ha generalmente la funzione di riempire una lacuna lessicale o per definire un concetto o un oggetto che nella lingua di partenza non esiste. Questo fenomeno coinvolge singole parole (in particolare nomi) che vengono adattate alla prima lingua dell’oratore. Poplack (1980) distingue i prestiti in due tipologie prestito occasionale e prestito acquisito, in base alla frequenza di uso e dal grado di integrazione (dal punto di vista fonologico, morfologico e sintattico) che un lessema mostra all’interno di una comunità. Un prestito stabilito è integrato a tutti i livelli e diffuso in tutta la comunità, mentre un prestito occasionale non è completamente integrato nella struttura linguistica e viene impiegato solamente a livello individuale. La distinzione tra commutazione e prestito avviene mediante criteri strutturali come il vincolo del morfema libero e il vincolo dell’equivalenza e non viene individuata nessuna correlazione tra i due fenomeni. Secondo Poplack e Wheeler (1990) più le lingue sono tipologicamente simili più si farà uso della commutazione, usata quando infatti il passaggio è agevole, fluente così da evitare di violare i modelli strutturali di entrambe le lingue. Se invece le lingue sono tipologicamente differenti si manifesta più spesso il prestito. In studi più recenti effettuati da Myers-Scotton (1992) invece questa teoria viene respinta, individuando una stretta connessione tra commutazione e prestito occasionale, tanto che può essere talvolta difficile distinguerli. A livello strutturale si può ritenere il prestito come elemento convenzionalizzato facente parte della lingua matrice, mentre la commutazione resta un’innovazione che non entra a far parte di nuove comunità linguistiche. In base a questo Scotton distingue i prestiti in prestiti culturali ed essenziali: i primi riempiono lacune lessicali ed entrano a far parte del lessico L1, i secondi sono forme che vengono utilizzate per varie ragioni in alcune situazioni di contatto e che inizialmente sembrano commutazioni. La studiosa in parole semplici definisce il prestito come una commutazione a tempo pieno. Anche secondo il pensiero di Gardner-Chloros (1990) non è possibile fare una distinzione precisa tra prestito e commutazione. Una commutazione è classificabile come innovazione introdotta dal parlante, ma se questo termine viene usato in maniera frequente in una comunità, allora in futuro può diventare un prestito. Sicuramente, al giorno d’oggi, il fenomeno ha subito un forte incremento dato dall’utilizzo di internet e social network che favoriscono l’aggiunta di parole straniere nell’inventario linguistico della lingua madre. Le parole lockdown, e-mail, green pass sono tutte parole inglesi che vengono utilizzate giornalmente nella nostra vita, sono entrate a far parte del nostro sistema linguistico. 7.4 La diglossia Il concetto di diglossia è un importante concetto sociolinguistico che riguarda l’alternanza di codice. Le comunità diglottiche hanno tre caratteristiche fondamentali: 1. Sono parlate due varietà distinte di una stessa lingua: alta varietà e bassa varietà. 2. Ogni varietà è usata per funzioni diverse, le varietà sono complementari tra loro. 3. Nessuno usa la varietà alta nelle interazioni quotidiane. I paesi di lingua araba usano l’arabo classico come varietà alta e le varietà colloquiali regionali come varietà bassa. Un tempo, il latino era la varietà alta accanto alle lingue figlie, come l’italiano, il francese e lo spagnolo, che avevano sviluppato dalla sua forma più colloquiale. Tutte queste comunità soddisfano i tre criteri. In queste comunità, mentre le due varietà sono (o erano) linguisticamente imparentate, in alcuni casi il rapporto è più stretto di altri. Il grado di differenza nella pronuncia delle varietà cambia da luogo a luogo, per esempio: i suoni del tedesco svizzero sono molto diversi da quelli del tedesco standard, mentre il greco Katharévousa è molto più vicino al Dhimotiki nella sua pronuncia. Anche la grammatica delle due varietà linguisticamente affini differisce notevolmente, generalmente la grammatica della varietà alta è morfologicamente più complessa. Il tedesco standard, per esempio, usa più maiuscole per i sostantivi e più flessione nei verbi rispetto al tedesco svizzero; mentre il francese standard, la varietà alta ad Haiti, usa più marcatori di numero e di genere sui sostantivi rispetto alla creola haitiana, la varietà bassa. Il vocabolario tende ad essere più simile, ma sicuramente l’alta varietà avrà più termini specifici mentre la bassa varietà più termini d’uso quotidiano. L’alta varietà gode di maggior prestigio e rispetto, in genere i parlanti la ammirano anche se non la sanno comprendere o parlare. Questi atteggiamenti sono rafforzati dal fatto che la varietà alta è quella descritta e «fissata», o standardizzata, nei libri di grammatica e nei dizionari. Le persone generalmente non pensano che la varietà bassa meriti di essere descritta. Tuttavia, gli atteggiamenti nei confronti delle varietà basse sono vari e spesso ambivalenti. In molte parti della Svizzera, le persone si trovano a proprio agio con la loro varietà bassa e la usano tutto il tempo, anche agli sconosciuti. In altri paesi, quando la varietà alta è una lingua usata in un altro paese come mezzo di comunicazione normale e la varietà bassa è usata solo localmente, la gente può dare alla varietà L un giudizio molto basso. A differenza del code-switching la diglossia prevede un cambio tra due varietà della stessa lingua, inoltre ogni varietà è utilizzata in contesti differenti e le due hanno una rilevanza differente all’interno di una comunità linguistica. 8 Conclusioni Dal numero sempre crescente di studi condotti in varie comunità bilingui risulta evidente che il fenomeno della commutazione è soprattutto il riflesso di realtà etniche, politiche, economiche ed individuali che ovviamente cambiano da comunità a comunità e da individuo a individuo. Un’analisi del problema dal punto di vista prettamente strutturale e grammaticale deve essere quindi accompagnata da un’analisi in sociolinguistica e pragmatica. Bibliografia Carli Augusto, "Il fenomeno della commutazione di codice", in: Miscellanea 3, EUT Edizioni Università di Trieste, 1996, pp.127-146. Holmes James, “Language choice in multilingual communities”, ed., An Introduction to Sociolinguistics, Routledge, 2013, Cap.2. Muysken Pieter, “Code-switching”, ed., The Cambridge Handbook of sociolinguistics, Cambridge University Press, 2011, Cap.17. Palumbo Maria Grazia,” La commutazione di codice nel parlato dell’insegnante di inglese come lingua straniera. Uno studio di caso”, in: Politiche e pratiche per l’educazione linguistica, il multilinguismo e la comunicazione interculturale, Università Ca’ Foscari 2021, pp.139-142. Torrens Guerrini Rosa Maria, “L'analisi del code-switching: uno strumento pedagogico nell'insegnamento dell'italiano lingua straniera”, in: Quaderns d'Italia, 1998, Vol.3, p.48-53.
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