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Relazione de "I Malavoglia" di Giovanni Verga, Sintesi del corso di Italiano

La relazione del libro comprende: Breve scheda sul libro (data prima pubblicazione, genere ecc.) Biografia di Verga Riassunto del libro Analisi dei personaggi più importanti Analisi tematica

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

Caricato il 19/12/2021

MattiaDanese
MattiaDanese 🇮🇹

5

(1)

3 documenti

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Scarica Relazione de "I Malavoglia" di Giovanni Verga e più Sintesi del corso in PDF di Italiano solo su Docsity! SCHEDA Autore: Giovanni Verga Data prima pubblicazione: 1881 Casa editrice prima pubblicazione: Treves di Milano Brevissima trama: Verga racconta le vicende dei Malavoglia, una famiglia di pescatori sfortunati, guidata dal capofamiglia Padron’Ntoni. Possiedono una casa (la casa del nespolo) e una barca (la Provvidenza). Genere: romanzo Verista (Il verismo è una corrente letteraria che si è affermata nel corso dell'Ottocento in Italia grazie allo scrittore siciliano Giovanni Verga, il quale dedicava la sua attività letteraria alla scrittura di racconti di vita quotidiana) Temi: | temi centrali dei Malavoglia sono la ricerca dell’arricchimento e del benessere, che spinge i protagonisti a trovare le strade del miglioramento. Le loro azioni sono guidate anche dalla ricerca di valori come la sacralità del lavoro, l’unità della famiglia, l'onestà, il rispetto della parola data e il dolore che nasce dalla vergogna. Lingua: italiano/siciliano popolare Ambientazione: Aci Trezza, Sicilia Protagonisti: la Famiglia Toscano, in sintesi, ovvero: * Padron’Ntoni: il capo famiglia ® Bastianazzo: figlio di Padron’Ntoni ® Maruzza: moglie di Bastianazzo, detta anche la Longa ® Luca, ’Ntoni, Alessi, Mena, Lia: nipoti di Padron’Ntoni Antagonista: lo Zio Crocifisso Altri personaggi: Don Michele, Don Silvestro il segretario, Don Franco lo speziale, Don Giammaria, Don Ciccio, avvocato Scipioni, Croce Callà e la figlia Betta. Tino e Grazia Piedipapera, Fortunato e Brasi Cipolla, Rocco Spatu, Cinghialenta, la Locca, Alfio Mosca, Vanni Pizzuto, cugina Anna, Nunziata, Santuzza, Sara e Tudda, Mangiacarrubbe, la Vespa, zio Santoro, zio Cola, zio Santoro BIOGRAFIA Giovanni Verga nasce il 2 settembre del 1840 a Catania. Il padre, Giovanni Battista Verga Catalano, discendente dal ramo cadetto di una nobile famiglia, è proprietario di terre a Vizzini e ha sposato una ragazza della buona borghesia catanese, Caterina Di Mauro. L'infanzia di Giovanni trascorre tra l'elegante palazzo di famiglia e le vacanze nel «feudo» di Vizzini, dove lo scrittore viene a contatto con quel mondo rurale che tanta parte avrà nella sua produzione letteraria. Dal 1851 al 1857 frequenta la scuola di Antonio Abate, il quale fa sorgere nell'animo del giovane l'amore per la letteratura e ne incoraggia l'attività di scrittore. Nel 1857 termina il suo primo romanzo, Amore e patria. L'anno seguente si iscrive alla facoltà di legge presso l'Università di Catania, ma trascura gli studi per la passione letteraria. Intanto compone un secondo romanzo, | carbonari della montagna, e nel 1861 riesce a pubblicare a proprie spese questo acerbo lavoro. Nel 1862 ultima un altro romanzo, Sulle lagune, che viene pubblicato a puntate sul giornale fiorentino «La Nuova Europa». Ma ormai Verga sente che per la professione che ha scelto è necessario evadere dall'ambiente provinciale dell’isola; nel 1865, infatti, lascia Catania e soggiorna per due mesi a Firenze. Nella città ha l'occasione di fare vita mondana e nutre sogni di gloria. | sentimenti di questo periodo sono evidenti nel nuovo romanzo, Una peccatrice. Tornato in Sicilia per un'epidemia di colera, finalmente nel 1869 parte con un gruppo di amici per Firenze e, grazie alla protezione e all'amicizia di Francesco Dall'Ongaro vecchio scrittore e patriota, riesce a essere accolto nei salotti letterari più importanti del capoluogo toscano. Nel 1871 l'editore Lampugnani di Milano pubblica un suo nuovo romanzo, Storia di una capinera, che riscuote un notevole successo, tanto da spingere l'editore milanese Treves, uno dei più famosi del tempo, ad acquistare i diritti delle future opere di Verga. Nel 1872, dunque, lo scrittore si trasferisce a Milano, dove vive per circa vent'anni. L'ambiente culturale milanese gli offre molti stimoli: la città è in piena espansione economica e culturale ed è in quegli anni al centro dell'esperienza della Scapigliatura. Nella città ambrosiana frequenta i salotti letterari e stringe amicizia con Arrigo Boito, Federico De Roberto, Giuseppe Giacosa, Emilio Praga e altri artisti, ma a tutti preferisce la compagnia del conterraneo Luigi Capuana, arrivato a Milano nel 1877. A questi anni risale anche il suo legame amoroso con Giselda Foianesi, donna conosciuta già ai tempi del soggiorno fiorentino. Il periodo milanese, che dura fino al 1892-93, è caratterizzato dalla stesura di nuovi romanzi: Eva (1873), Tigre reale (del 1874, ma stampato nel 1875), Eros (1875). Gli anni milanesi sono anche quelli delle nuove letture, che portano Verga ad aderire alle istanze del Naturalismo e del Verismo. Nel 1874, infatti, pubblica il bozzetto Nedda, una novella ambientata nel mondo rurale della sua Sicilia e nel 1878 scrisse il suo primo racconto verista, Rosso Malpelo. Gli anni tra il 1880 e il 1893 sono i più fecondi per Verga, che pubblica le sue opere migliori: le novelle Vita dei campi (1880), il romanzo I Malavoglia (1881), Novelle Rusticane (1883) e le due redazioni di Mastro-don Gesualdo (1888 e 1889). Il progetto dello scrittore siciliano è quello di creare un «ciclo dei vinti», di cui | Malavoglia e Mastro- don Gesualdo avrebbero dovuto costituire i primi due episodi. Il «ciclo dei vinti, infatti, doveva comprendere ben cinque romanzi: ai due già citati avrebbero dovuto seguire La duchessa di Leyra, L'uomo di lusso e L'onorevole Scipioni. In realtà il progetto è destinato a interrompersi ai primi capitoli della Duchessa di Leyra. Anche Maruzza, la moglie di Bastianazzo, non riusciva a liberarsi dalla tristezza, tanto da smettere di accudire i propri figli. La cugina Anna e uno dei figli di Maruzza, Alessi, cercarono di aiutarla, prendendosi cura dei figli. Filomena venne a sapere da Compare Alfio Mosca che avrebbe dovuto sposare Brasi, figlio di Padron Cipolla, per risollevare le sorti della famiglia. Mentre Alfio, che possedeva solo un asino, le spiegò i suoi progetti futuri di carrettiere. Lei arrossì lasciando intendere che sarebbe stata disposta ad intraprendere una vita insieme a lui. Il ritorno del giovane 'Ntoni da Napoli riempì ancora una volta di gente la casa del nespolo: il fratello Luca espresse il desiderio di partire anche lui per la leva 'Ntoni, nonostante fosse tornato a casa, non intendeva rimanere una settimana in più nella casa del padre defunto. 'Ntoni rimase deluso quando venne a conoscenza del matrimonio tra la ragazza che lui amava, Sara di comare Tudda, con un altro paesano. Intanto 'Ntoni non smetteva di lavorare con fratelli e il nonno. Tutti si davano da fare per guadagnare i soldi necessari a pagare Tino Piedipapera, un contrabbandiere, a cui Zio Crocifisso finse di cedere il credito per i lupini: Mariuzza e Mena tessevano su commissione, Padron'Ntoni e il giovane 'Ntoni pescavano di notte, Luca lavorava sul ponte della ferrovia, mentre Alessi andava in cerca di esche da rivendere ai pescatori. Dopo l'inutile tentativo di padron'Ntoni di convincere il creditore Piedipapera, affinchè si accontenti della Provvidenza, quasi risistemata, e sulla casa del nespolo, si recò insieme al nipote 'Ntoni da un avvocato, il quale consigliò loro di non estinguere il debito per il momento, non essendo quest'ultimo provato da alcun documento. Però, l'intera famiglia, non essendo sicura del consiglio ricevuto, si recò dall'esperto in legge del paese, Don Silvestro, che suggerì a Mariuzza di rinunciare alla dote per poter rendere cedibile la casa. Poco dopo il Natale, Luca venne chiamato alle armi e partì. Nel frattempo la Provvidenza restaurata fu nuovamente varata con grande festa in tutto il paese. 'Ntoni conobbe Barbara Zuppidda, figlia di Turi Zuppiddu, con la quale instaurò una relazione destinata ad un matrimonio che non avverrà mai a causa delle disavventure dei Malavoglia. Per lo stesso motivo sfumò anche il matrimonio fra Mena e il ricco Brasi Cipolla. In paese erano sorte numerose ribellioni da parte degli abitanti verso le autorità, rappresentate dal segretario comunale Don Silvestro, a seguito della sua decisione di introdurre un dazio sulla pece, materiale necessario per riparare le imbarcazioni. Durante queste insurrezioni, ci fu lo scontro diretto tra la Zuppidda e Piedipapera a causa dei loro interessi economici; ‘Ntoni prese la difesa della famiglia Zuppidda a causa del suo interesse verso Barbara. Padron'Ntoni si oppose fermamente alla decisione del nipote di sposare Barbara e per questo motivo ‘Ntoni lasciò definitivamente la casa del nespolo. Padron'Ntoni e Padron Cipolla fanno incontrare i nipoti Mena e Brasi nella casa dei Malavoglia. Il ragazzo dimostrava un grande interesse per la ragazza, dal canto suo Mena sembrava disinteressata ed anche molto triste. Di fronte ad Alfio Mosca, il comportamento di Mena era diverso: era chiaramente innamorata e corrisposta. Alfio Mosca tuttavia, di fronte all'imminente matrimonio di Mena, lasciò il paese. Padron'Ntoni continuava a supplicare compare Tino Piedipapera affinchè gli concedesse la dilazione del debito fino a settembre, ma quest'ultimo sosteneva di non aver più pane da mangiare e gli consigliò di vendere la casa del nespolo. In occasione della spartizione dei capelli della futura sposa Mena, fu organizzato dai Malavoglia una festa, secondo la tradizione siciliana. L'atmosfera allegra fu interrotta dall'arrivo della notizia del naufragio della nave “Re d’Italia” durante la battaglia di Lissa. Sulla nave c’era Luca e dopo qualche giorno i Malavoglia furono avvertiti della sua morte. La famiglia si trasferì nella casa di un beccaio, che Padron'Ntoni aveva affittato dopo la vendita della casa del nespolo. Senza quest'ultima i Malavoglia non avevano e quindi rimandano il matrimonio di Mena. I Malavoglia, per risollevare le loro sorti economiche, ripresero a lavorare più di prima sulla Provvidenza. La sfortuna però non li aveva abbandonati e una notte furono costretti a fronteggiare il mare in tempesta. Padron’Ntoni rischiò di morire e ‘Ntoni e Alessi riuscirono a mettere in salvo la barca. Nonostante ciò, i Malavoglia continuavano a lavorare tranne ‘Ntoni, che, dopo il suo ritorno da Napoli, era entrato in una profonda crisi che lo aveva portato a frequentare l’osteria e i suoi clienti, abbandonando i doveri familiari. Il giovane 'Ntoni non pensò ad altro che "a quella vita senza pensieri e senza fatica" avrebbe potuto condurre dopo essersi arricchito in città. Furono inutili i tentativi del nonno per convincerlo a non partire e furono inutili anche le lacrime della Longa. Quest'ultima, ammalatasi di colera, morì. ‘Ntoni partì alla ricerca della fortuna tanto desiderata, abbandonando i familiari. ? che Padron’Ntoni fu costretto a vendere la provvidenza allo Zio Crocifisso; sia lui che Alessi avrebbero continuato a lavorare sulle barche di padron Cipolla. Con questo lavoro, Padron ‘Ntoni speravano di poter un giorno riscattare la casa del nespolo. Nel frattempo, Alessi sposò la Nunziata, giovane e onesta contadina nonché allevatrice dei suoi numerosi fratellini: con il loro lavoro i due speravano di poter riacquistare la casa del nespolo. ‘Ntoni tornò a Trezza deluso dall'aver fallito il suo tentativo di arricchirsi e di risollevare le sorti della famiglia. Iniziò a frequentare l’osteria e tutte le sere tornava a casa ubriaco. Padron'Ntoni aveva provato a convincere il nipote a cambiare vita e ad allontanarsi da gente come Rocco Spatu e Cinghialenta. Le sue parole non erano servite a niente. Nemmeno Mena era riuscita a convincerlo a tornare in mare e a lavorare con il nonno. ‘Ntoni ormai tornava a casa solo per dormire e di giorno si aggirava in paese con Rocco Spatu e i compagni di malaffare. Don Michele intanto aveva iniziato a corteggiare Lia, che ricambiava le sue attenzioni, nonostante Mena si opponesse a questa relazione. Don Michele aveva avvertito Mena del ? G. VERGA, Op.cit., pagina 212 fatto che ‘Ntoni si stava mettendo in un brutto giro e che, se avesse continuato così, lo avrebbero arrestato. ‘Ntoni, di fronte alle parole della sorella, negava tutto e si preoccupava di non far arrivare queste brutte voci sul suo conto al nonno. Era stato scacciato anche dalla Santuzza, proprietaria dell’osteria, perché era stufa di mantenerlo economicamente, ma soprattutto perché era gelosa del fatto che ‘Ntoni frequentava altre donne. La rivalità tra ‘Ntoni e Don Michele aumentava ogni giorno di più soprattutto a causa della Santuzza che, per fare un torto a ‘Ntoni, si dimostrava benevola con Don Michele. Questo odio sfociò in una rissa tra ‘Ntoni e Don Michele. Nonostante l’odio tra i due, Don Michele una sera si recò a casa di ‘Ntoni per avvisare Mena e Lia di non far uscire ‘Ntoni né quella sera, né le successive perché altrimenti sarebbe stato arrestato a causa dei suoi loschi traffici. ‘Ntoni non ascoltò nessuno e quella sera uscì con Rocco Spatu e Cinghialenta per un traffico di merce di contrabbando. In seguito ad una soffiata ai carabinieri, arrivarono Don Michele e i suoi uomini. Ci fu una colluttazione tra ‘Ntoni e Don Michele: questi ricevette una coltellata per mano di ‘Ntoni, che fu arrestato. Le settimane che seguirono furono molto dolorose per i Malavoglia, in particolar modo per Padron‘Ntoni, che non riusciva a capacitarsi del grosso guaio in cui si era cacciato suo nipote. Il giorno del processo in tribunale c'erano tutti gli abitanti di Aci Trezza, curiosi di sapere che sorte sarebbe toccata a ‘Ntoni. ‘Ntoni fu condannato a cinque anni di prigione: a nulla erano valsi i soldi spesi in avvocati da Padron'‘Ntoni. I Malavoglia erano arrivati ad un punto di non ritorno: Mena non poteva più sposarsi a causa della sua età, Alessi se ne sarebbe andato con la Nunziata e Padron'Ntoni aspettava solo la morte che sembrava non volesse mai arrivare. Chiedeva di essere portato all'ospedale perché nella casa del nespolo sarebbe stato solo un peso per tutti, soprattutto a livello economico. | nipoti si rifiutavano di farlo perché l'indole dei Malavoglia non lo consentiva; era gente buona d’animo e si sarebbe fatta in quattro per accudire il nonno. Padron‘Ntoni decise di lasciare la famiglia per non essere più un peso e si fece portare all'ospedale da Alfio Mosca. | nipoti, tornati a casa e non trovando il nonno, si disperarono e iniziarono ad accusarsi a vicenda. | Malavoglia sembravano finiti per sempre. Alfio Mosca chiese più volte il permesso di sposare Mena, la quale si rifiutò dichiarandosi ormai vecchia e in grado di accudire solo ai nipoti. Alessi aveva risistemato la casa del nespolo riportandola agli antichi splendori. Aveva comprato degli animali che gli avrebbero permesso di vivere dignitosamente. Padron‘Ntoni era morto all'ospedale, da solo ma contento di sapere che almeno Alessi e Mena vivevano tranquilli nella casa del nespolo. Una sera, mentre Alessi era fuori a guardare le stelle e a pensare alla sua vita, vide arrivare suo fratello ‘Ntoni. Era uscito dal carcere ed era tornato alla casa del nespolo per vedere come stava la sua famiglia. Era tornato non per restare, ma per salutare tutti. Una volta accertatosi che tutti stessero bene, li salutò ed andò via affidandosi all’unico “amico” di dei Malavoglia, fingendo di acquistare il credito che Padron 'Ntoni deve al vecchio usuraio per poter così far uscire la famiglia dalla casa del nespolo. È sposato con Grazia Piedipapera, donna pettegola ma sensibile ai problemi dei Malavoglia. Mariano Cinghialenta e Rocco Spatu: due assidui frequentatori dell’osteria, dediti al contrabbando, che convinsero ‘Ntoni a seguirli nei loro traffici. Don Michele: brigadiere del paese e frequentatore dell’osteria, nemico di ‘Ntoni a causa del suo rapporto confidenziale con la Santuzza. Aveva un grande interesse per Lia. ANALISI TEMATICA | Malavoglia si inseriscono all’interno di un progetto a cui Verga stava dando forma: il ciclo dei “Vinti”. Consisteva in un ciclo di cinque romanzi caratterizzati da tematiche che procedevano dal semplice al complesso, dai ceti sociali più bassi a quelli più alti. Con i “Vinti” Verga volveva rappresentare in progressione la vita dei pescatori e dei contadini (I Malavoglia), la borghesia provinciale (Mastro-don Gesualdo), la nobiltà cittadina (La duchessa di Leyra), il mondo parlamentare romano (L'onorevole Scipioni) e quello degli scrittori e degli artisti (L'uomo di lusso). Del progetto iniziale rimasero solo | Malavoglia, Mastro-don Gesualdo e il primo capitolo della Duchessa di Leyra. I Malavoglia sono un’opera corale nella quale la famiglia Toscano si presenta come un gruppo guidato dal vecchio Padron’Ntoni la cui vita si svolge intorno alla casa del nespolo, centro degli affetti familiari, e alla Provvidenza, la barca che naufragherà tragicamente. Verga intitolò l’opera utilizzando non il cognome autentico della famiglia, Toscano, ma un soprannome ispirato al linguaggio popolare siciliano, Malavoglia. Già nel titolo l’autore compie una scelta poetica assumendo l’ottica culturale e linguistica dei “Vinti”, protagonisti del romanzo. La poetica verista elaborata da Verga si legava a quella naturalistica francese, basata sull’approccio oggettivo e scientifico dei fenomeni reali e non più sulla soggettività dell’autore. In tale ottica i comportamenti umani sono assimilati a quelli degli animali, istintivi e materialisti. La volontà del singolo è sempre determinata dall'ambiente in cui vive, dalle leggi economiche e da una lotta per la vita di memoria darwiniana, che spinge l'uomo a imporsi o a soccombere nell’ambito di una selezione naturale. Dal punto di vista stilistico, questa teoria si traduce con una impersonalità dello scrittore: nell'opera non devono evidenziarsi né i sentimenti, né l'ideologia dell'autore, che deve dimostrare un comportamento neutrale. Deve documentare la realtà oggettiva senza sovrapporre la propria. A narrare le vicende devono essere i personaggi stessi, ogni ambiente sociale dal più basso al più elevato deve raccontarsi da solo, con le proprie immagini e con la propria lingua. Verga non ricorre all’utilizzo del dialetto per rappresentare le classi povere, sia per ragioni politiche (era un sostenitore dell’unità d’Italia), sia per ragioni artistiche. Il suo era un lessico semplice, naturale e immediato. | personaggi parlavano con il loro linguaggio e con i loro pensieri. La narrazione dei fatti avviene attraverso l’uso del linguaggio indiretto libero, in quanto lo scrittore si limita solo a registrare ciò che dicono e fanno i suoi protagonisti. Con I Malavoglia Verga si prefigge l’obiettivo di rappresentare la verità dei fatti non copiando dal vero la realtà, ma facendone una ricostruzione intellettuale, rappresentando cioè il mondo siciliano da una cerca distanza, per esprimere meglio l’ideologia della campagna siciliana. Egli si propone di ricostruire scientificamente la vita di Aci Trezza servendosi di documenti etnologici. Vuole esprimere un sentimento di nostalgia e di attaccamento alla terra attraverso il distacco geografico, vivendo nella grande città. Nel romanzo si distinguono tre parti: la parte iniziale e quella centrale hanno come protagonista il vecchio Padron’Ntoni, nella parte finale il protagonista è il nipote ‘Ntoni. Dopo una premessa che riassume gli avvenimenti tra il 1863, quando il giovane ‘Ntoni parte per il servizio militare, e il settembre 1865, quando comincia la storia dell’acquisto dei lupini, si raccontano avvenimenti che durano pochissimi giorni. Infatti ad ogni capitolo corrispondono poche ore, al massimo una giornata. Il “tempo della storia” è molto breve, mentre il “tempo del racconto”, cioè quello impiegato dal narratore per raccontare gli avvenimenti, è molto lento. Nella parte centrale il tempo della storia si allunga a discapito di quello del racconto: i capitoli descrivono avvenimenti di una durata di circa tre mesi. Nella terza parte, il “tempo della storia” diventa molto lungo, infatti l’autore ricorre alla tecnica del riassunto. Inoltre, nelle prime due parti, il protagonista è il paese, nella parte finale sulla scena ci sono solo i Malavoglia e il protagonista diventa ‘Ntoni. Verga evidenzia il contrasto fra le leggi dell'onore e del lavoro, rappresentati dal nonno, e il mondo moderno della ricchezza rappresentato dal nipote. Padron’Ntoni rappresenta il mondo della saggezza degli antichi, espressa dai proverbi, ‘Ntoni incarna il mondo del presente basato su valori di ricchezza e beni materiali rappresentato anche dal suo linguaggio politico e giornalistico. È un eroe verghiano, un escluso. Tutti i personaggi del romanzo sono organizzati in un sistema oppositivo: la famiglia Malavoglia rappresenta il lato positivo ed onesto della vita, Piedipapera, Cinghialenta, Rocco Spatu, Santuzza e Mangiacarrube appartengono al mondo disonesto e cinico. L'opposizione dei personaggi si ripropone anche all’interno della famiglia Malavoglia, dividendo in due gruppi i nipoti: ‘Ntoni è opposto ad Alessi, che continua la tradizione di famiglia. Lia, desiderosa di ricchezza, si contrappone a Mena che rimane sempre legata alla famiglia. Per Verga la forza della famiglia è garantita dal legame di sangue che unisce i suoi componenti. La solidarietà dei suoi membri garantisce la sopravvivenza in un mondo fortemente selettivo. Il tema dell'importanza della famiglia fa parte di un mondo dal quale Verga si era allontanato e che scomparirà nei romanzi successivi. Nei Malavoglia vi è un’esaltazione della rinuncia che rende eroiche figure come Mena, che rinuncia all'amore, Padron’Ntoni, che rinuncia alla propria famiglia e si fa portare in ospedale, ‘Ntoni che rinuncia all’offerta di Alessi di rimanere nella casa del nespolo. Attraverso l’addio finale di ‘Ntoni ad Aci Trezza, Verga esprime il suo distacco dal mondo contadino basato sulla ciclicità della natura, non riscontrabile nel mondo moderno. Gli eventi negativi che colpiscono i personaggi derivano dall’irruzione della storia e della modernità all’interno del loro mondo immobile e fuori dal tempo. In particolare: l’Unità d’Italia, che determina la chiamata al servizio militare per ‘Ntoni e Luca. Il primo viene a contatto col mondo e non riesce più a tornare alle sue origini, mentre il secondo muore nella battaglia di Lissa. La Rivoluzione Industriale, i cui effetti inducono i Malavoglia a tentare il commercio di lupini e a indebitarsi con Zio Crocifisso. Centrale nei Malavoglia è anche il tema della figura dell’escluso. In gran parte dell’opera, ad essere esclusa è l’intera famiglia dei Malavoglia, umiliata per il suo impoverimento e per la vergogna del carcere di ‘Ntoni. Nella parte finale il protagonista escluso diventa ‘Ntoni, costretto ad allontanarsi dal suo paese. Il destino di ‘Ntoni è lo stesso dell'artista moderno tanto caro a Verga: è un escluso condannato a vivere nel mondo moderno privo di ogni forma di naturalità.
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