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relazione per prova parziale, Prove d'esame di Sociologia

relazione svolta sull'evoluzione della discriminazione razziale presentata per la prova parziale

Tipologia: Prove d'esame

2022/2023

Caricato il 18/05/2024

elena-simbula
elena-simbula 🇮🇹

4 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica relazione per prova parziale e più Prove d'esame in PDF di Sociologia solo su Docsity! RELAZIONE DI SOCIOLOGIA La Discriminazione Razziale e la sua evoluzione La relazione andrà ad affrontare uno studio sulla discriminazione razziale, alcuni dei modi e dei motivi per i quali queste discriminazioni persistano tutt’oggi e come esse siano supportate dai mass media e dalle pseudoscienze, per via dell’influenza e dell’autorevolezza delle fonti da cui le informazioni sono emanate. Per supportare l’argomento andrò ad analizzare brevemente sia il razzismo nei vari periodi storici e come nonostante gli studi sulla distinzione in razze si siano rivelati pseudoscentifici e quindi siano stati smentiti continuino ad alimentare certe ideologie nel pensiero comune e come l’influenza dei mass media e dei personaggi di spicco influenzino l’opinione pubblica sostenendo e accrescendo la discriminazione. Ho scelto l’argomento perché è importante per capire i rapporti tra le persone di diverse etnie e come esso influenzi la società contemporanea. Per affrontare l’argomento è importante considerare diversi fattori della nascita e dello sviluppo di quello che oggi è considerato razzismo, intorno a 10-12 mila anni fa con il neolitico, presero forma anche le prime forme di organizzazione politica e sociale umana di tipo tribale, ma non passò molto tempo prima che si radicasse un forte senso di rivalità tra le diverse tribù, dando vita all’inizio di quello che oggi definiamo razzismo, curiosamente questo sembrerebbe mostrare che l’origine del razzismo avviene insieme al sorgere di ciò a cui apparentemente si oppone, ovvero l’organizzazione sociale e civile, ma sorprendentemente quel senso di generosità, o altruismo, per cui la nostra evoluzione culturale ci ha portati a dare un giudizio morale di “atteggiamento buono” sembra essere, nella nostra specie e in altre che adottano comportamenti simili, intimamente legato all’insorgere di una forte aggressività e, prima di tutto, diffidenza nei confronti dello straniero, ovvero colui che non riteniamo essere il nostro prossimo e quindi parte del nostro gruppo sociale. Compiendo qualche immaginario salto temporale, possiamo osservare come questo retaggio di discriminazione preistorico si sia perpetuato in diverse civiltà nel corso della storia, come ad esempio il barbaro nell’antica grecia e nell’antica roma e i nativi nel continente americano. Queste discriminazioni hanno permesso atteggiamenti come la tratta degli africani e lo schiavismo, il colonialismo e la giustificazione dei sopprusi come l’opera di dominazione culturale europea, le leggi razziali, l’olocausto, la discriminazione nei confronti dei neri americani, l’Apartheid in Sudafrica, l’inestinguibile conflitto tra Israele e Palestina e l’enorme emergenza umanitaria e migratoria in cui la contemporaneità si trova immersa. Sono solo degli esempi, l’elenco potrebbe purtroppo proseguire e i conflitti fra gruppi etnici sono una realtà all’ordine del giorno. Queste discriminazioni provengono prevalentemente dall’idea che si era creata di persone che venivano considerate come inferiori e selvagge. Finora la scienza sembra avere ben poco a che fare con il quadro appena tracciato, eppure molte delle ideologie sopracitate, dall’etica che guidò il sistema coloniale alle teoria relativa alla purezza della razza ariana dell’epoca nazista, furono supportate dall’opera di diversi antropologi e scienziati, molti dei quali si cimentarono anche con metodo scientifico nel tentativo di classificare l’umanità, finendo però poi per perdere di rigore e sfociare nella pseudoscienza e in affermazioni fantasiose riguardo ai diversi comportamenti delle varie razze umane. Ma l’idea di un progresso da forme “inferiori” a forme “superiori” e quindi il parlare di razza significherebbe poter individuare un cluster di differenze genetiche che legano il DNA a uno specifico territorio, il che richiederebbe diversi fattori come: l’isolamento di diverse popolazioni di una specie, il passaggio di una quantità di tempo adeguata a permettere l’accumulo di differenze genetiche tali da garantire un certo livello di isolamento riproduttivo e un’interruzione del flusso genetico tra varie popolazioni isolate tra loro, essendo queste leggi biologiche valide per l’intera popolazione animale, lo sono anche per la specie umana, pertanto se volessimo categorizzare l’umanità in ecotipi sarebbe necessario che ciascun gruppo fosse ben distinguibile da tutti gli altri, separato da linee nette di confine, geografico e biologico. Se non individuiamo confini chiari, ben definiti e dotati di senso biologico, non possiamo parlare di razze umane e, sebbene l’eventuale dichiarare la non esistenza delle razze non significhi eliminare il razzismo, l’eliminazione dal linguaggio comune di una terminologia profondamente errata potrebbe anche avere delle importanti ripercussioni a livello sociale e politico. Un esempio di come nonostante gli studi scientifici più recenti neghino una distinzione razziale su base scientifica, è il fatto che il razzismo resti un fenomeno diffuso, sostenuto in molti casi da teorie pseudoscientifiche razziste formate e diffuse durante l’800, come la teoria di Joseph-arthur de gobineau, che fu tra i primi ad introdurre un discorso pseudoscientifico sulle razze umane nel “saggio sull’ineguaglianza delle razze umane”, opera in cui de gabineau affermava la divisione dell’umanità in tre razze: bianca europoide, intellettualmente e morlamente superiore, gialla mongoloide, interessata solo al vantaggio materiale e nera negroide, completamente sottomessa a bisogni e passioni, inoltre nella sua opera esprime la preoccupazione, su come l’unione di diverse razze potesse far degenerare la razza superiore. Molti altri come Francis Galton, Georges Vacher Lapounge e Houston Stewart Chamberlain formularono teorie pseudoscientifiche razziste, molte delle quali usate a sostegno delle ideologie naziste di Hitler. Queste distinzioni sono ormai superate a livello scientifico, infatti secondo la “teoria out of africa”, che è il modello di evoluzione umana oggi più supportato, la nostra è una specie molto giovane dal punto di vista evolutivo, essendo comparsa intorno a 200 000 anni fa, in Africa, all’incirca dove oggi si trovano i paesi del Kenya, dell’Etiopia e della Tanzania. Evolutivamente parlando, 200 000 anni sono un tempo brevissimo, se comparato, ad esempio, ai 6 milioni di anni di storia dell’umanità intera. In un periodo così relativamente breve non ci sono stati né il tempo, né lo spazio sufficienti per generare differenze biologiche nette fra gruppi umani potenzialmente separati da confini definiti. Infatti, ogni essere umano è biologicamente unico e la maggior parte della biodiversità intraspecifica umana è individuale e non è legata al gruppo al quale potremmo ritenere di appartenere. Per queste ragioni tutte le ipotesi e le congetture di tipo razziale sono prive dell’importante significato biologico, poiché le razze più comunemente definite sono in realtà gruppi geneticamente eterogenei e privi di chiare barriere genetiche che li separino gli uni dagli altri. Ma allora perché nell’immaginario comune continuano a resistere queste discriminazioni, che spesso vengono associate a stereotipi riconducibili a teorie vecchie e superate a cui ormai da molti anni è stata tolta ogni credibilità scentifica? Non si può affermare che tutto ciò derivi esclusivamente da un fattore, ma i mass media hanno avuto un ruolo fondamentale nell’influenzare il pensiero pubblico. Il concetto di “mass media”, letteralmente “mezzi di massa” racchiude l’insieme degli strumenti di comunicazione di massa quali ad esempio giornali, radio, televisione, manifesti, cinema ecc. che hanno la peculiarità di comunicare un qualsiasi messaggio ad una massa di individui indeterminati contemporaneamente. Queste tecnologie, tipiche della nostra epoca, ormai costituiscono un sistema di comunicazione a livello globale, la funzione che esercitano è quella di filtro tra noi e il mondo che ci circonda, ogni persona tende a strutturare la propria realtà, finanche il proprio sistema di credenze tramite questi mezzi. Un esempio che mette in evidenza come i mass media influenzino la popolazione è la storia del 30 ottobre 1938 quando venne trasmesso da orson welles uno spettacolo radiofonico che riproduceva l’opera “la guerra dei mondi”, questo evento si trasformò in uno dei più rilevanti eventi mediatici di tutti i tempi. Circa un milione di radioascoltatori che seguirono il dramma credette infatti che gli Stati Uniti fossero realmente invasi dai marziani. La regolare trasmissione fu interrotta per dare l’annuncio dell’osservazione di diverse esplosioni di gas incandescente sul pianeta Marte, con riferimenti a istituzioni scientifiche e universitarie che contribuirono a dare una patina di ufficialità a ciò che veniva detto. Dopo pochi minuti si verificò un’altra interruzione apparentemente imprevista, che comunicò la caduta di un enorme oggetto fiammeggiante nella zona di Trenton, nel New Jersey. Questo riferimento preciso a zone e località contribuì anch’esso ad aumentare il carattere di verosimiglianza della situazione narrata. Inoltre, con l’obiettivo di far salire la tensione, vennero trasmessi gli interventi di alcuni testimoni che raccontavano in modo concitato l’apertura dell’oggetto precipitato, dalla cui estremità si racconta di vedere uscire qualcuno. la verosimiglianza venne infine avvalorata dagli interventi del comandante della Guardia nazionale di Trenton e del ministro degli Interni, il quale descrive l’arrivo a New York dei marziani. Bisogna però ricordare che nel corso del programma vennero trasmessi ben quattro annunci che ribadivano che l’intera vicenda e gli avvenimenti in essa contenuti erano totalmente immaginari, e altri ne seguirono nel corso della serata, vista la situazione creatasi. Infatti questi annunci non servirono a placare il panico sviluppatosi, con assalti alle stazioni di polizia e interminabili code di automobili sulle autostrade. Lo psicologo americano Albert Hadley Cantril individuò i fattori che avevano reso il programma più veritiero e che avevano indotto alcuni ascoltatori a credere che il dramma fosse reale: il tono realistico, ottenuto attraverso l’alternanza tra la narrazione, le interruzioni giornalistiche ed i sipari musicali; l’affidabilità della radio, ovvero la grande autorevolezza attribuita dai cittadini americani dell’epoca al mezzo radiofonico per diffondere notizie ed annunci alla popolazione; l’utilizzo di esperti, con il ricorso a personaggi dell’ambiente scientifico e del mondo militare; l’uso di località realmente esistenti; infine, la sintonizzazione dall’inizio del programma o a programma già cominciato: i soggetti che si sintonizzarono dopo l’inizio del programma furono più
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