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Relazione sul libro "I Miserabili" di Victor Hugo, Temi di Italiano

Relazione contenente trama, analisi dei personaggi, temi trattati, storia della pubblicazione

Tipologia: Temi

2019/2020

Caricato il 20/03/2020

Arina.Lenko
Arina.Lenko 🇮🇹

4.1

(25)

21 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Relazione sul libro "I Miserabili" di Victor Hugo e più Temi in PDF di Italiano solo su Docsity! I MISERABILI PUBBLICAZIONE Pochi probabilmente conoscono però la storia della pubblicazione del romanzo, che fu straordinaria ed è tuttora appassionante, descritta anche nel libro The Novel of the Century: The Extraordinary Adventure of Les Misérables del professore e traduttore David Bellos. La vicenda sembra a sua volta un romanzo: il contratto «firmato nel 1861 in un’assolata isola dell’Atlantico, legò un genio francese in esilio a una casa editrice belga appena nata». Anche la cifra fu impressionante e senza precedenti: 300.000 franchi, circa 4,4 milioni di euro attuali, per i diritti di copyright di otto anni, cioè un periodo decisamente breve. Scrive Bellos che Hugo è tuttora la persona più pagata per un lavoro letterario: l’equivalente in oro di quella somma pesa 97 chili, ed era abbastanza per costruirci una piccola ferrovia. Il vero protagonista della storia non è tanto Victor Hugo, che all’epoca era già un affermato poeta e intellettuale francese, ma Albert Lacroix, un ambizioso editore belga di 27 anni, ammiratore di Hugo. Lacroix aveva fatto esperienza lavorando nella tipografia dello zio e poi aveva aperto la sua piccola casa editrice, la Lacroix, Verboeckhoven & Co. Deciso ad assicurarsi un contratto con Hugo, chiese il prestito per l’anticipo alla banca Oppenheim di Bruxelles: e anche questo è un aspetto notevole dato che, scrive Bellos, fu probabilmente «il primo prestito fatto da una banca per finanziare un libro». Quello di Lacroix non fu un gesto spericolato solo dal punto di vista economico. All’epoca Hugo, che aveva 60 anni, era anche un politico in esilio. Nel 1848 era stato eletto all’Assemblea nazionale con i Conservatori, da cui si era poi distaccato chiedendo il suffragio universale, l’istruzione gratuita per tutti i bambini e la fine della pena di morte. Quando nel 1851 Napoleone III aveva preso il potere instaurando una dittatura, Hugo lo definì un traditore. In breve la sua posizione divenne complicata e finì per scappare, travestito e con una barba finta, prima in Belgio e poi a Saint Peter Port sull’isola di Guernsey, un avamposto britannico davanti a Saint Malo, in Normandia. Qui restò dall’ottobre 1855 al 1870, continuando a pubblicare pamphlet contro Napoleone III. Pubblicare un suo libro era quindi rischioso: il Belgio era al riparo dalla censura di Napoleone III, ma il mercato editoriale rilevante era quello francese, se lì il libro fosse stato sequestrato per le finanze di Lacroix sarebbe stato un disastro. Nonostante questi ostacoli, Lacroix scrisse direttamente a Hugo saltando l’intermediazione dell’editore e gli propose un incontro. Puntò soprattutto sull’aspetto economico, sapendo che lo scrittore aveva già rifiutato un contratto da un amico editore di 150 mila franchi. Gli offrì qualsiasi somma avesse chiesto, in contanti. Hugo si mostrò interessato. Lacroix salì su una barca, arrivò a Guernsey, trattò con lui per un giorno intero e poi lo convinse a firmare il contratto: era il 4 ottobre del 1861. Lacroix comprò il libro a scatola chiusa: non ne sapeva niente, né dell’argomento – Hugo lo rassicurò soltanto che non aveva un contenuto politico, ma che era un dramma sociale – né della sua lunghezza. Hugo ci stava lavorando da 17 anni, da quando ne aveva 43. Era scappato dalla Francia lasciandolo indietro: glielo portò, salvandolo dai danni delle proteste del tempo, Juliette Drouet, sua amante per 50 anni. Continuò a scriverlo a Guernsey e lo finì in Belgio, in un hotel da cui poteva osservare il campo della battaglia di Waterloo. La firma del contratto fu un successo per Lacroix, ma anche l’inizio di sei mesi frenetici di lavoro, in cui dovette trattare con tipografi, traduttori, avvocati e gestire i capricci di Hugo, che contestava ogni minima correzione alle bozze e le rispediva indietro con viaggi rischiosi e lunghi – su due barche, tre treni, e un carro a cavallo – che rischiavano di far sforare la data di consegna. Nel frattempo Lacroix mise in piedi una campagna pubblicitaria enorme per l’epoca: Hugo aveva già creato una certa attesa facendo circolare la voce che stava scrivendo un nuovo romanzo – dopo il gran successo di Notre Dame de Paris, del 1831 – e l’editore la portò a livelli mai visti, inviando comunicati stampa con mesi di anticipo e affiggendo sui muri di Parigi illustrazioni dei protagonisti Jean Valjean, Fantine, Cosette, Marius e altri personaggi del libro. Contrariamente all’usanza dell’epoca non vennero distribuite copie in anticipo perché venissero recensite su giornali e riviste: scrive Bellos che probabilmente I Miserabili fu la prima opera letteraria messa sotto embargo.La mattina del 4 aprile 1862, secondo i tempi stabiliti, uscì Fantine, la prima parte del romanzo, in contemporanea a Parigi, Bruxelles, San Pietroburgo, Lipsia e altre città europee: nessun libro aveva mai avuto un lancio editoriale internazionale di simile portata. Hugo inoltre aveva chiesto la stampa di un’edizione popolare, insieme a quella tradizionale di lusso, cosa resa possibile dai progressi della tipografia dell’epoca e dalla diminuzione del costo della carta. Quel giorno c’erano lunghe code davanti alle librerie e a Parigi la prima edizione di seimila copie andò esaurita. Critici e scrittori non furono molto convinti: Alexandre Dumas disse che leggere I Miserabili era come «farsi strada nelle fogne» – riferendosi a una scena descritta nel libro – mentre Gustave Flaubert in una lettera privata si definì indignato e disse che «era stato scritto per le canaglie cattolico-socialiste e per i parassiti filosofici-evangelici». Il pubblico invece si appassionò enormemente alle vicende e quando il mese successivo uscirono 48mila copie della seconda parte, in molti andarono in libreria con carretti e carriole per accaparrarsene di più. In pochi mesi Lacroix ripagò il debito alla banca e fece la fortuna della casa editrice, che aprì diverse succursali, tra cui una a Parigi AUTORE Victor Hugo nacque il 26 febbraio 1802 a Besançon (Francia). Suo padre, Leopold-Sigisberg Hugo, generale dell'esercito napoleonico, seguì in Italia e in Spagna Giuseppe Bonaparte, e i figli e la moglie, Sofia Trebuchet, gli furono accanto nei suoi spostamenti. La Restaurazione pose fine a questo vagabondare. Dal 1815 al 1818, Victor visse a Parigi nel convitto Cordier dove il padre avrebbe voluto preparasse gli esami per essere ammesso all'Ecole Polytechnique. Hugo uscì invece dall'Istituto ben convinto di dedicarsi alla letteratura e nel 1819 fondò con il fratello Abel il foglio "Il conservatore letterario". Nel 1822 i suoi primi scritti di intonazione monarchica e cattolica "Odi e poesie diverse", gli fruttarono dal re Luigi XVIII una pensione di 1000 franchi che fu accresciuta nel 1823 per la pubblicazione di "Han d'Islande". Lo stesso anno sposò Adele Foucher. Da questo matrimonio nacquero cinque figli. Sono di questi anni i suoi primi contatti con i circoli romantici parigini, primo fra tutti quello di Jacques Nodier alla Biblioteca dell'Arsenal, è del 1827 il "Cromwell", il dramma la cui prefazione è considerata giustamente il manifesto delle nuove teorie romantiche. Nel 1830, poiché il "Cromwell" era un dramma di troppo vasta mole per essere rappresentato, sulla base delle teorie esposte, portò sulle scene l'"Hernani". Fu la battaglia decisiva e Victor Hugo fu riconosciuto capo della nuova scuola romantica. Gli scritti si susseguirono allora numerosi: opere drammatiche ("Marion Delorme" ; "Il re si diverte" ; "Lucrezia Borgia", "Maria Tudor", "Rui Blas",); un romanzo ("Nôtre Dame de Paris"), quattro volumi di versi ("Le foglie d'autunno" ; "I canti del crepuscolo" ; "Le voci interiori" ; "I raggi e le ombre" ), “L'ultimo giorno di un condannato a morte” e nel 1841 divenne membro dell'Accademia Francese. Due avvenimenti interruppero nel 1843 per un decennio la sua attività letteraria: la morte di sua figlia Léopoldine e l'insuccesso del dramma "I burgravi", che determinò la sua rinuncia al teatro. Nel 1845 venne nominato da Luigi Filippo Pari di Francia, nel 1848 deputato all'Assemblea Costituente, dove fu uno dei più fieri avversari del presidente Luigi Bonaparte. Ma il colpo di stato del 1851 segnò per lui l'inizio dell'esilio, di quell'esilio che doveva durare fino al 4 settembre 1870. Furono letterariamente anni molti fecondi: nel 1853 pubblicò "Le punizioni", aspra satira contro Napoleone III, nel 1856 "Le contemplazioni", nel 1859 la prima serie della "Leggenda dei secoli" (il seguito uscirà nel 1877 e nel 1883), nel 1862 i "Miserabili". Rientrò a Parigi dopo il crollo del III impero, entrò nel Senato nel 1876 e morì il 22 maggio 1885. Le sue esequie furono un'apoteosi; la sua salma fu lasciata per una notte sotto l'Arco di Trionfo dei Campi Elisi e vegliata da dodici poeti. TRAMA Il romanzo si apre con il vescovo di Digne 1, Monsignor Myriel, che dopo una serie di sventure e degli sprechi “è stato calcolato che fra salve, cortesie regali e militari, scambi di schiamazzi, cortesi segnali di etichetta, formalità di rade e cittadelle, albe e tramonti salutati tutti i giorni da tutte le fortezze, da tutte le navi da guerra, apertura e chiusura di porte eccetera eccetera, il mondo civile spara a salve, in tutta la terra, ogni 24 ore, 150000 cannonate inutili. A 6 franchi la cannonata sono 900000 franchi al giorno, 300000000 all'anno che se ne vanno in fumo. Questo è soltanto un particolare. Intanto i poveri muoiono di fame” pag 347 • Denuncia dell'incapacità della polizia e dei funzionari (fuga ridicolmente facile dei Thenardier) • Denuncia dell'inutile crudeltà delle galere e dell'assenza di rieducazione, “la galera fa il galeotto” pag 264 • Denuncia dell'ingiustizia della giustizia “Accadeva a volte che i sergenti di polizia, a corto di ragazzi, ne prendessero alcuni con il padre. Questi padri, disperati correvano addosso ai sergenti. In quei casi interveniva il parlamento, e chi faceva impiccare? I sergenti? No, i padri. • Denuncia della miseria materiale e intellettuale delle classi inferiori • Contrarietà alla pena di morte “Il patibolo è una specie di mostro fabbricato dal giudice e dal falegname, uno spettro che sembra vivere d'una specie di vita spaventevole, fatta di tutta la morte che ha dato” pag.13 • Denuncia della condizione di inferiorità delle donne dell'epoca • Rivendicazione della dignità delle prostitute (Fantine) • Elogio della rivoluzione “Insomma, ristabilire la verità sociale, ridare il trono alla libertà, ridare all'uomo la sovranità, rimettere la porpora sulla testa della Francia, restaurare nella loro pienezza la ragione e l'equità, sopprimere qualsiasi germe di antagonismo restituendo ognuno a se stesso, annientare l'ostacolo che la monarchia oppone all' immensa concordia universale, ricollocare il genere umano sullo stesso livello col diritto, quale causa più giusta e, quindi, quale guerra più grande? Queste guerre costruiscono la pace. Un'enorme fortezza di pregiudizi, di privilegi, di superstizioni, di menzogne, di estorsioni, di violenze, di iniquità, di tenebre, si erge ancora sul mondo con le sue torri di odio. Bisogna buttarla giù. Bisogna far crollare questa massa mostruosa. Vincere ad Austerlitz è grande, prendere la Bastiglia è immenso” pag. 1050 PERSONAGGI (MARIO PICCHI) Jean Valjean: Il protagonista per eccellenza, il personaggio che dall’inizio alla fine del romanzo viene sempre analizzato e citato, è Jean Valjean, un uomo che, dopo aver passato diciannove anni in prigione, costretto ai lavori forzati, non riesce più a reinserirsi nella società, in quanto tutti lo vedevano come il “galeotto” che rubò una pagnotta, ma che poi, a causa dei molti anni passati dietro delle sbarre, divenne un uomo pericolosissimo, come sottoscriveva il suo passaporto giallo. Nel romanzo Hugo lo descrive come un uomo dotato di grande agilità e forza. Si dice che “valeva quattro uomini” e che in carcere era soprannominato “Jean, il cricco”. All’inizio del romanzo ci viene presentato all’età di circa quarantasei, quarantotto anni, come un viandante di media statura, tozzo e robusto. Rappresenta l'io di Hugo sempre in fuga dall'abisso generato dall'assenza della madre e percepito come parte oscura della ropria esistenza. Eppure a Valjea l'autore attribuisce tutte le qualità che gli mancano o che ammira, come la castità, la forza, l'imperturbabilità. “E poi, la società umana gli aveva fatto soltanto male. Egli non aveva mai scorto di essa se non quel volto corrucciato che si chiama la sua giustizia, e che mostra a coloro ch'essa colpisce; gli uomini l'avevano toccato solo per batterlo ed ogni contatto con essi era stato una percossa; né mai, dopo la sua infanzia, dopo sua madre, sua sorella, aveva incontrato una parola amica e uno sguardo benevolo. Di sofferenza in sofferenza giunse alla conclusione che la vita è una guerra e che in questa egli era il vinto; aveva per unica arma l'odio, e decise di affilarla in carcere e di portarla seco uscendone. E, triste a dirsi, dopo aver giudicato la società che aveva fatto il suo male, giudicò la provvidenza, che aveva fatto la società e condannò anche quella. Per tal modo, durante quei diciannove anni di tortura e di schiavitù, quell'anima salì e cadde nello stesso tempo; da una parte entrò in essa la luce, dall'altra v'entrarono le tenebre. Jean Valjean non era, come abbiam visto, di natura cattiva. Era ancor buono, quando entrò nella galera; ma vi condannò la società e sentì che diventava malvagio, vi condannò la provvidenza e sentì che diventava empio. È difficile, a questo punto, non meditare un momento.” Cosette: è colei che completa il cambiamento di Jean Valjean, dandogli qualcosa da amare, Valjean trova in lei tutto l'amore che non aveva avuto durante la sua vita. Hugo ne contrappone la figura dotata di tutte le perfezioni alla madre, Cosette è piena d'amore mentre la madre non lo amò mai Marius: la sua situazione da giovane studente povero è un rimando alla giovinezza di Hugo,come la sua successiva ascesa ad una condizione sociale più prestigiosa Javert: Hugo si riflette nella sua precisione quasi maniacale (Hugo annotava ogni cosa, perfino le donne con cui ebbe rapporti). In Javert ha luogo la contraddizione tra legge-legge morale. Thenardier: è il proletariato che non vuole stare al posto per esso concepito dalla società, ma anzi si ribella sbandierando fieramente la propria condizione, pieno di rabbia verso l'ingiustizia sociale. PSICOLOGIA DI VICTOR HUGO • madre disfunzionale, si riflette in Fantine e nella Thenardier, l'assenza della madre porta Hugo a sviluppare una sorta di superio sempre all'erta per minacce inesistenti, tema che si riflette in Jean Valjean. • Padre assente, nel romanzo i padri sono lontani, inesistenti (Valjean), morti (Marius) o personaggi negativi (Thenardier) • Hugo si vede come un mostro, una sorta di Quasimodo, causa l'amore mancato della madre e il proprio rachitismo. Al contrario vede la moglie come la luce, in contrapposizione al proprio buio. Questo dualismo si riflette nel romanzo, che alterna avvenimenti positivi e negativi. • Da bambino visse in un ex convento da lui idealizzato come luogo felice, ripreso nel convento in cui si rifugiano Cosette e Valjean • Coobbe un proscritto che fu quasi un maestro per lui, ripreso con il vecchio convenzionale all'inizio del romanzo • Hugo percepiva nella propria vita una fatalità, un'inevitabile sofferenza da lui chiamanta ananke, necessità. Per questo nel romanzo l'autore tortura quasi i propri personaggi, in scene di tensione, di bilico tra bene e male, ma nelle quali Hugo trasmette al lettore l'esito necessariamente negativo della vicenda. Ad esempio, sappiamo già che Valjean morirà, pur essendoci momenti in cui sembra poter sopravvivere.
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