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Research Methods In Clinical Psychology - Baker, Pistrang e Elliott, Sintesi del corso di Storia E Metodi Della Psicologia

Riassunto libro in inglese di Metodi d'indagine in Psicologia Clinica. Professore Giannini

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020
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Scarica Research Methods In Clinical Psychology - Baker, Pistrang e Elliott e più Sintesi del corso in PDF di Storia E Metodi Della Psicologia solo su Docsity! 1 CAPITOLO 1- IL PROCESSO DI RICERCA Spesso, la conclusione di un progetto di ricerca non è definita: non viene data una risposta alla domanda da cui si era partiti, piuttosto mette in luce il fatto che ci si stava ponendo una domanda sbagliata o che il modo in cui si cercava di rispondere era scorretto. La psicologia in generale e la psicologia clinica in particolare, sta attualmente imperversando un dibattito acceso sulla natura della ricerca – e cioè, quali di queste storie possiamo definire realmente ricerca e quali no. Diversi ricercatori hanno messo in dubbio la validità e l’utilità della psicologia intesa come una storia tradizionale, definita “visione comune” o “vecchio paradigma”: si tratta essenzialmente di un approccio quantitativo, ipotetico-deduttivo, che si basa su modelli lineari causali. Queste e altre criticità chiamano in causa la necessità di sostituire l’approccio tradizionale con un approccio alla ricerca più qualitativo, orientato alla scoperta e non lineare. Questo dibattito è la manifestazione contemporanea della distinzione fatta da William James (1907) tra modi di pensare tough-minded (duri/risoluti) e tender-minded (teneri/ morbidi), che è una traslazione in termini psicologici dell’antico dibattito filosofico tra razionalismo (Platone) ed empiricismo (Aristotele). Tuttavia, appare troppo semplicistico vedere questo dibattito in maniera bilaterale, con i ricercatori che si contrappongono da una parte e dall’altra. È preferibile osservarne la sottostante molteplicità: le preferenze metodi quantitativi piuttosto che qualitativi, gli atteggiamenti riguardo a domande di ricerca esplorative piuttosto che confermative. Non crediamo infatti che ogni singolo approccio alla ricerca (o la ricerca psicologica in sé stessa) possa avere tutte le risposte; crediamo che i ricercatori abbiano bisogno di avere a disposizione un’ampia gamma di metodi. Concordiamo con le critiche mosse alla “visione comune”, questo non significa che bisogna abbandonare del tutto i metodi quantitativi, o addirittura la ricerca in generale. È infatti possibile fare una sintesi tra vecchi e nuovi paradigmi. Il nostro pluralismo metodologico si baserà sul principio delle metodologie appropriate. Con questo intendiamo che i metodi adottati per fare ricerca dovrebbero venir fuori dalle domande di ricerca poste. IL PROCESSO DI RICERCA Il processo di ricerca è la sequenza di step che i ricercatori devono seguire durante un progetto. Questi passaggi possono essere raggruppati entro quattro fasi principali, queste non appaiono sempre distinte e possono interagire tra loro. 1. Preparazione: questa fase comprende sia questioni scientifiche, come la scelta del tema, la definizione del modello concettuale, la revisione della letteratura, la formulazione delle domande di ricerca; sia questioni più pratiche, come la risoluzione di problematiche organizzative, politiche, finanziarie o etiche. 2. Misurazione: scegliere come misurare i costrutti psicologici di interesse. 3. Progettazione: consistono in quando e da dove i dati verranno raccolti. Per esempio: chi saranno i partecipanti? Ci sarà un disegno sperimentale con un gruppo di controllo? Quante valutazioni pre e post ci saranno? Quali questioni etiche devono essere affrontate? Questi aspetti di progettazione di solito 2 possono essere considerati in maniera indipendente dagli aspetti di misurazione. Le domande di ricerca, le procedure di misurazione e la progettazione costituiscono insieme il protocollo di ricerca, il progetto di uno studio. Dopo aver affrontato queste prime tre fasi, i ricercatori in genere conducono un piccolo studio pilota, i cui risultati possono portare a rivedere l’intero protocollo e possibilmente a condurre a ulteriori studi pilota. Successivamente, il protocollo viene ultimato; l’ultimo step consiste nella sua implementazione. 4. Analisi, interpretazione e diffusione dei risultati: i dati vengono raccolti, analizzati, interpretati, messi per iscritto, possibilmente pubblicati e messi in pratica. 5 Epistemologia: la teoria della conoscenza è conosciuta come epistemologia; è l’area della filosofia dedicata a descrivere come arriviamo a conoscere le cose o a credere che siano vere o reali. Infatti, quando gli psicologi parlano di validità e affidabilità stanno parlando in termini epistemologici. Secondo Hamlyn, ci sono quattro posizioni epistemologiche fondamentali, dette anche criteri di verità: 1. La teoria della corrispondenza della verità, sostenuta dai filosofi realisti, afferma che una credenza è vera se corrisponde alla realtà. 2. La teoria della coerenza, sostenuta dai filosofi razionalisti, afferma che una credenza è vera se è internamente coerente e non contraddittoria dal punto di vista logico. 3. Il criterio pragmatista o utilitaristico dice che una credenza è vera se è utile o se produce benefici concreti. 4. Il criterio del consenso, sostenuto dalle teorie sociologiche della conoscenza (vedi sotto), afferma che una credenza è vera se viene condivisa da un gruppo di persone. Nessuna di queste teorie è completamente appropriata: tutte hanno notevoli errori alla base. Per esempio, la teoria della corrispondenza implica un continuo regredire, perché la realtà deve essere misurata in maniera valida prima di poter valutare il grado di corrispondenza. D’altro canto, possono valere come linee guida pratiche. In maniera ottimale, uno potrebbe cercare di realizzare tutti e quattro i criteri in un’unica ricerca. Realismo e Costruzionismo: il realismo presuppone che ci sia un mondo reale al di fuori, che è indipendente dall’osservatore. Il compito dello scienziato è quello di comprendere nella maniera più accurata possibile le caratteristiche del mondo. Per molto tempo gli psicologi si sono affidati alla teoria della corrispondenza della verità, anche se recentemente la loro posizione si è evoluta in un atteggiamento di realismo critico. Questo atteggiamento presuppone che esista un mondo che possiede delle regolarità; ciononostante, non possiamo conoscere il mondo con certezza: tutte le nostre acquisizioni sono essenzialmente dei tentativi. La posizione di realismo critico enfatizza la replicabilità della ricerca. Questo vuol dire che i ricercatori devono chiarire bene come hanno raccolto i dati e come sono giunti a quelle conclusioni, in modo che altri ricercatori possano sottoporre a giudizio le loro conclusioni o replicare essi stessi quello studio. Inoltre, suggerisce che i ricercatori dovrebbero affrontare lo stesso argomento con metodi diversi, con punti di forza e di debolezza complementari. Nel corso del tempo sono emerse diverse sfide per le filosofie realiste e critico-realiste. Questi approcci tendevano a focalizzarsi o sulla teoria della coerenza o sulla teoria del consenso e cercavano di eliminare così il criterio di corrispondenza. La principale corrente è il costruzionismo e costruttivismo, alcune delle quali si sovrappongono nel postmodernismo. Queste correnti condividono un atteggiamento di rinuncia all’assunzione che esista una realtà oggettiva, e una decisione di studiare le interpretazioni delle persone. I postmodernisti mostrano una visione del mondo più multi-sfaccettata e alcuni pensano che non esistano storie vere o false, ma solo storie diverse. Il problema centrale con questa visione di costruzionismo o post-modernismo così radicale è che non tutte le costruzioni sono ugualmente accurate, coerenti, replicabili e utili. 6 I costruzionisti sociali pongono l’accento sulla costruzione sociale della realtà. Ritengono che i ricercatori non siano degli osservatori distaccati, ma che giochino un ruolo attivo in ciò che stanno indagando. Nell’arrivare a conoscere qualcosa, sia lo stato della nostra conoscenza che quello stesso qualcosa possono essere modificati; ciò che chiamiamo fatti non sono altro che una costruzione congiunta delle cose e del nostro processo di conoscenza. Ricerca Pura e Applicata: una distinzione importante è tra la ricerca accademica di base e la ricerca applicata, spesso presentate come dicotomiche ma si descrivono meglio come le due estremità di un continuum. La ricerca di base (o pura) consiste nella generazione e validazione di teorie, si focalizza sui processi comuni alla maggior parte delle persone. Poiché la psicologia clinica è una disciplina applicata, la ricerca pura è rara. La ricerca applicata affronta questioni pratiche. Nella parte più estrema del continuum, si trova la ricerca-azione, che ha lo scopo di affrontare un problema particolare di un certo contesto. La ricerca valutativa si trova anch’essa sul polo del continuum della ricerca applicata, dal momento che affronta principalmente i bisogni generali di un particolare servizio o di un’agenzia. La valutazione è spesso motivata da questioni pratiche, come per esempio la necessità di mantenere certi finanziamenti per un particolare servizio. Nella pratica attuale, la ricerca pura e applicata si mescolano l’una nell’altra. Cos’è la scienza? Inizialmente la scienza veniva considerata basata su un’osservazione attenta, grazie alla quale le teorie venivano successivamente formulate. La formulazione di una teoria a partire dall’osservazione è conosciuta come induzione, che consiste nel muoversi dal particolare al generale. Sfortunatamente, nell’utilizzare l’induzione come principio-guida per la scienza ci sono due problemi insormontabili:  Il primo problema è che è impossibile avere osservazioni pure: ciò che osserviamo e come lo osserviamo sono basati su una teoria. Questo fenomeno è conosciuto come osservazione teoria-dipendente.  Il secondo problema è che non esiste una base logica per il principio di induzione. Solo perché è stato osservato che una cosa si è manifestata per 10 volte, questo non vuol dire necessariamente che accadrà un’undicesima volta. Ciò significa che le teorie non possono essere verificate una volta per tutte, ma soltanto corroborate dalle evidenze scientifiche in maniera temporanea, dando luogo a verità probabilistiche. Popper, fa luce su numerose questioni: o I limiti di un approccio verificazionista, le teorie valide dovrebbe essere potenzialmente suscettibili di disconferma o Problemi nella spiegazione post-hoc, è facile adattare una teoria ai fatti dopo che sono accaduti o L’osservazione teoria-dipendente o La tentazione degli scienziati a saltare alle conclusioni senza un’attenta raccolta dei dati 7 Tuttavia, nonostante questi grossi problemi con l’induzione, non stiamo suggerendo di abbandonarla, quanto piuttosto di utilizzarla entro una cornice rigorosa e integrata da altri approcci, come la deduzione e la falsificazione. Deduzione e falsificazione: Popper trovò come soluzione quella di basarsi sulla deduzione invece che sull’induzione, sulla falsificazione invece che sulla verifica. La deduzione consiste nell’andare dalla teoria a una predizione verificabile, conosciuta come ipotesi. Questo approccio è il metodo ipotetico-deduttivo. L’opera di Popper, mira a delineare una netta demarcazione tra scienza e non-scienza. Il criterio alla base è che la scienza debba essere in grado di formulare ipotesi che possano essere rifiutate, o, nella terminologia dell’autore, falsificate. Per Popper, una buona scienza è caratterizzata da una serie di congetture forti, che saranno in ultima analisi falsificate. Una buona teoria è quella che produce un ampio numero di proposizioni falsificabili. Una cattiva teoria, o una teoria non scientifica, non è capace di falsificazione. Il problema principale è che nessuna teoria può spiegare completamente tutti i dati conosciuti. Le contraddizioni ci saranno sempre, ma, ciononostante, la teoria può essere mantenuta, dal momento che le incongruenze potrebbero essere spiegate in altri modi, per esempio come errori di misurazione o come variabili intervenienti non spiegabili, senza dover necessariamente ricorrere alla falsificazione della teoria. Il rifiuto non è mai definitivo: c’è sempre il proposito di negare che esso sia avvenuto. Abduction: uno sviluppo recente è la rinascita dell'interesse per la nozione di abduction di Peirce, un termine scomodo, che non ha nulla a che fare con il suo solito senso di rapimento). Secondo Peirce, il rapimento è un processo logico che gli scienziati usano di fronte a una scoperta sorprendente: cercano con la loro immaginazione possibili spiegazioni. Ciò corrisponde alla formulazione di "congettura audace" di Popper, ma è elaborata in modo più approfondito ed è correlata ai processi di induzione e di deduzione. Le idee sono complesse, ma il punto chiave è che gli scienziati che lavorano usano una combinazione di processi, spostandosi tra un'accurata raccolta di dati, salti creativi e inferenze logiche o statistiche. Paradigmi e Rivoluzioni Scientifiche: Come una teoria viene sostituita da un’altra? Kuhn ha proposto il concetto di Paradigma, che è l’impianto centrale delle idee entro il quale la maggior parte dei grandi scienziati lavora. Il paradigma determina quali fenomeni devono essere considerati importanti e il metodo che deve essere usato per condurre le osservazioni. Gli scienziati che lavorano all’interno di un paradigma stanno elaborando teorie anziché cercare di rifiutarle. Primo o poi, le criticità raccolte nel tempo porteranno a superare quel paradigma e a rimpiazzarlo con un altro, ed è ciò che Kuhn definisce rivoluzione scientifica. Per esempio, la sostituzione della teoria aristotelica (che la terra fosse al centro dell’universo) con la teoria copernicana (che la terra si movesse intorno al sole) rappresenta una rivoluzione scientifica. Il concetto di paradigma è centrale nel lavoro di Kuhn. È facilmente applicabile alle scienze fisiche, ma c’è un grosso dibattito su come esso possa essere applicato alle scienze sociali. C’è un paradigma guida in psicologia clinica? O ci sono più paradigmi, a indicare che siamo ancora in quello che Kuhn chiama stato pre-paradigmatico? Probabilmente, gli approcci cognitivo-comportamentale, psicodinamico e umanistico possono essere considerati come paradigmi concorrenti e competitivi, anche se questo forse non rileva il gran numero di sovrapposizioni teoriche che ci sono tra paradigmi opposti. 10 5. Il professionista che si basa sulle evidenze (Evidence-based Practitioner): i professionisti possono essere visti come consumatori piuttosto che come produttori di ricerca. Questo modello però lascia da parte la questione relativa a chi produrrà nuove scoperte scientifiche. 6. Lo scienziato clinico (Clinical Scientist): in questo modello gli psicologi clinici sono innanzitutto e soprattutto ricercatori che studiano fenomeni clinici e potrebbero non essere coinvolti nei servizi clinici. Gli scienziati clinici possono essere visti come i produttori di ricerca per i professionisti basati sulle evidenze che così se ne servono. Questa visione sembra logia ma presenta numerosi svantaggi. In primo luogo, gli scienziati clinici possono essere così distanti dalla pratica clinica da non poter produrre ricerca significativa per i professionisti. In secondo luogo, i professionisti vengono rilegati a un ruolo passivo di consumatori. In terzo luogo, l’attuale relazione tra ricerca e pratica è spesso il contrario di quella descritta nel modello scienziato clinico/professionista informato dalla ricerca: le innovazioni hanno molta più probabilità di emergere dalla pratica clinica che dalla ricerca. Dunque, i ricercatori sono probabilmente più dei consumatori di pratica clinica piuttosto che il contrario. 7. Il modello di prova basato sulla pratica: l'approccio più recente sviluppato è il modello di prova basato sulla pratica, che enfatizza il valore di condurre ricerche in contesti clinici di lavoro. I professionisti raccolgono dati sulla loro pratica clinica di routine, che viene utilizzata per generare prove su come vari interventi lavorano nell'ambiente clinico reale. Il modello è nato da un'insoddisfazione per i limiti dei disegni randomizzati. Due approcci comunemente usati sono il "case tracking", che utilizza misure standardizzate frequentemente gestite per monitorare i progressi del cliente, e il "benchmarking", in cui i risultati del servizio in questione vengono confrontati con le buone pratiche di altri servizi. Confronto tra modelli: questi modelli hanno ciascuno un diverso orientamento alla ricerca, e mettono in evidenza diverse tipologie di ricerca. I modelli possono essere classificati nei termini di quanto essi considerano il professionista come un produttore o come un consumatore di ricerca:  il modello del professionista-scienziato assume che il clinico farà ricerca  il modello del professionista che si basa sulle evidenze sottolinea solo l’uso (il consumo) della ricerca.  I modelli dello scienziato che mette in pratica e dello scienziato clinico del luogo stanno in una posizione intermedia, focalizzandosi sul fare ricerca entro un contesto clinico.  Il professionista intuitivo non produce né consuma ricerca, a parte gli sudi di caso.  Gli scienziati clinici fanno ricerca come loro compito principale. QUESTIONI PERSONALI Perché gli psicologi clinici fanno ricerca? C’è una vasta gamma di ragioni personali per cui gli psicologi clinici possono voler impegnarsi nella ricerca. Alcune fra le ragioni più comuni sono le seguenti: 11  Curiosità: la ricerca esiste per rispondere a delle domande, il suo scopo è quello di aggiungere qualcosa alla conoscenza.  Piacere personale: alcuni ricercatori fanno ricerca solamente per una soddisfazione intrinseca. Trovano piacere nelle sfide che pone la ricerca, sentono il bisogno di mantenere il loro acume intellettuale, danno valore al contatto con gli altri colleghi, o semplicemente vedono la ricerca come uno stacco dalla loro routine quotidiana. C’è anche la soddisfazione di vedere un lavoro pubblicato o la sensazione positiva di contribuire allo sviluppo della professione.  Cambiamento professionale e sociale: idealmente, la ricerca non dovrebbe solo portare a un accumulo di conoscenza, ma anche a un cambiamento nella pratica professionale. Molti clinici vogliono sapere quali interventi funzionano e quali no. Altri sono disturbati dalle ingiustizie delle società occidentali, e vogliono produrre cambiamenti sociali e politici per alleviare il disagio psicologico delle persone.  Competizione tra le professioni e gli orientamenti teorici: alcune persone sono portate a fare ricerca per far avanzare la loro area lavorativa o l’orientamento teorico di riferimento. La ricerca è un modo per legittimare pratiche professionali esistenti o per svilupparne di nuove.  Esigenze di carriera individuale: la struttura alla base dell’avanzamento di carriera nelle istituzioni potrebbe prescrivere il dovere di fare ricerca scientifica per avanzare di livello. Ci sono dei requisiti richiesti agli studenti che vogliono ottenere una qualifica professionale, e può essere richiesta un’esperienza nel settore della ricerca.  Richieste istituzionali: nei servizi, c’è spesso una pressione da parte dei settori manageriali di fare valutazioni o implementare forme di ricerca applicata. Perché gli psicologi clinici non fanno ricerca? Essi non fanno ricerca per vari motivi:  Irrilevanza: si pensa che la ricerca non fornisca niente di utile alla pratica. La fonte principale di apprendimento sembra essere la pratica clinica, piuttosto che gli studi di ricerca.  Enfasi sulle generalizzazioni: c’è un conflitto tra l’atteggiamento scientifico, che guarda alle generalizzazioni, e l’atteggiamento clinico, che si fonda, invece, sulla individualità degli esseri umani. La maggior parte della ricerca è stata condotta all’interno della tradizione nomotetica, che si basa sul raggruppamento delle persone alla ricerca di aspetti in comune, piuttosto che sulla tradizione idiografica, che enfatizza l’unicità.  Paradigma scorretto: il paradigma positivista, nel quale è stata condotta gran parte della ricerca in psicologia, è stato considerato riduttivo e semplicistico.  Intrusività: la ricerca è stata vista come uno strumento che schiaccia il fenomeno oggetto della sua analisi. Per esempio, i terapeuti spesso temono che la registrazione delle sedute possa alterare il processo terapeutico in vari modi.  Richieste di tempo: la ricerca occupa molto tempo e spesso ha una priorità minore rispetto alle richieste che provengono dai servizi. Inoltre, spesso non è supportata o valorizzata dai capi o dai colleghi.  Competenze tecniche: la ricerca richiede una competenza tecnica notevole. 12  Etica: nella ricerca si percepisce una sottile de-umanizzazione dei partecipanti che vengono trasformati in “soggetti”. Inoltre, ci sono problemi etici con alcuni studi psicologici, per esempio quelli che usano l’inganno.  Burocrazia: la conduzione di un progetto di ricerca di solito comporta molte pratiche preliminari e trattative, al fine di ottenere l'approvazione dei gatekeeper dell'istituzione ospitante e ottenere l'approvazione del comitato di revisione etica o istituzionale.  Esperienze di cattiva formazione: per diverse ragioni, durante la loro formazione, molti psicologi clinici esperiscono la ricerca come un processo spiacevole e alienante. Altri non trovano guida o supporto per la loro ricerca e quindi finiscono per considerarla come un’attività solitaria o ingestibile.  Essere analizzati/sentirsi sotto controllo: i partecipanti a una ricerca possono sentirsi analizzati, e questo genera ansia. Questo può rendere particolarmente difficoltoso il progetto di ricerca.  Conclusioni fastidiose: la ricerca può arrivare a delle conclusioni che non ci piacciono. Può portare a una revisione spiacevole delle idee a cui si era affezionati se queste non corrispondono ai dati di realtà. 15 Anche nella ricerca esplorativa, una buona prassi per i ricercatori è cercare di essere il più espliciti possibile sulle loro teorie implicite o “preconoscenze” (preunderstandings), che si manifestano sotto forma di aspettative o possibili bias. La differenza è che nella ricerca esplorativa queste teorie implicite sono messe da parte, invece di essere esplicitamente testate. Dopo aver completato uno studio esplorativo, il ricercatore potrebbe trovare utile mettere a confronto i risultati ottenuti con le aspettative di partenza, in modo da determinare cosa ha effettivamente imparato. Alcune tipologie di domande di ricerca: ci sono varie tipologie di domande di ricerca, che si associano a diversi approcci di indagine. Le domande che riguardano la descrizione di fenomeni si prestano a un tipo di ricerca qualitativa orientata alla scoperta, mentre domande sulla correlazione e sulla causalità di solito conducono alla scelta di metodi quantitativi. Di seguito, presenteremo alcune delle tipologie più frequenti di domande di ricerca  Descrizione: com’è X? Quali sono le sue caratteristiche, peculiarità, o variazioni? Le domande descrittive si focalizzano sull’origine e lo sviluppo di un fenomeno, o cercare di fornire esempi di casi tipici. Le domande descrittive possono anche concentrarsi sulla quantità o la frequenza di certi fenomeni o disturbi.  Confronto – descrizione: il gruppo X è diverso dal gruppo Y? Queste domande vogliono confrontare due o più gruppi di persone che si distinguono sulla base di differenze preesistenti. Esse non affrontano aspetti di causalità.  Correlazione: X e Y covariano, cioè hanno una relazione che li lega? Questa relazione è influenzata da una terza variabile Z? Le domande di correlazione si focalizzano sull’indagare una possibile associazione tra due o più variabili.  Causalità: X provoca un cambiamento in Y? Alcune di queste domande vengono formulate con un confronto esplicito; altre domande, il confronto è implicito. Possono essere poste anche domande più elaborate che prevedono interazioni tra variabili.  Misurazione: quanto X può essere misurata bene attraverso le medie dello strumento M? La peculiarità che contraddistingue questa tipologia di domanda è il fatto che si focalizzi sulla prestazione di uno specifico strumento di misura, piuttosto che sul costrutto sottostante allo strumento. Rassegna della letteratura: una volta che è stata scelta l’area in cui si colloca l’argomento di ricerca, può cominciare il processo di rassegna della letteratura, che procede in parallelo con il processo di formulazione delle domande di ricerca. La rassegna della letteratura viene fatta per numerose ragioni:  Per valutare quanto bene sia sviluppata la letteratura, che tipo di lacune ci siano e se ci sia stata una ricerca descrittiva preliminare sufficiente per definire il fenomeno.  Per vedere quanto la letteratura esistente risponda alle domande di ricerca. C’è bisogno di un altro studio? Questo studio è stato già condotto in passato? La duplicazione di uno studio raramente può essere vista come un problema.  Per un supporto nella formulazione delle domande di ricerca alla luce delle teorie e dei lavori precedenti, in modo da dare anche una cornice teorica o concettuale in cui lavorare. 16  Per un supporto negli aspetti di misurazione e progettazione. Per vedere quali strumenti e approcci sono stati utilizzati negli studi precedenti e quali sono i punti di forza e di debolezza di disegni sperimentali già implementati. Fonti di informazioni: diverse fonti di informazione possono contribuire a velocizzare il processo di rassegna della letteratura:  Per fare una ricerca di scoping, cioè per conoscere un'area sconosciuta all'inizio dello studio, è utile usare Google Scholar, Web of Scienze e Scopus. Questi consentono agli utenti di eseguire ricerche su autori, titoli o aree tematiche. Possono elencare le pubblicazioni in ordine di conteggio delle citazioni, che danno un indice approssimativo della loro importanza. Consentono anche una ricerca per citazione.  Database specifici per disciplina come: PsycINFO è un database dell’American Psychological Association (APA). MedLine è un database della Biblioteca Nazionale di Medicina. CINAHL, si focalizza sulla letteratura infermieristica e EMBASE è farmacologica.  Le edizioni recenti dei manuali nelle aree degli argomenti di interesse.  Pubblicazioni di rassegne. Clinical Psychology Review, Clinical Psychology: Science and Practice, ed Evidence-Based Mental Health sono riviste che pubblicano articoli di rassegna sulle principali aree di ricerca che sono rilevanti in psicologia clinica. L’Annual Review of Psychology contiene rassegne autorevoli sugli sviluppi contemporanei dell’intera psicologia.  Riviste attuali: vale la pena sfogliare gli indici dei numeri degli ultimi due anni delle tre o quattro riviste più importanti che trattano l'area tematica. Ricerche sistematiche: molte domande di ricerca possono essere risolte riassumendo la letteratura esistente, piuttosto che raccogliendo nuovi dati. Una debolezza dei metodi di revisione tradizionali è che spesso non sono chiari sui loro metodi di localizzazione e valutazione degli studi, rendendoli così aperti a potenziali fonti di bias. Le revisioni sistematiche mirano a ridurre al minimo i potenziali bias essendo trasparenti. Usano procedure sistematiche per la selezione degli studi, per la revisione e nel metodo di valutazione e sintesi di tali studi. La revisione dovrebbe porre una domanda specifica. Questa domanda impone criteri di inclusione ed esclusione per gli studi da rivedere. Per gli studi sull'efficacia del trattamento, i revisori usano spesso le categorie PICOS: popolazione, intervento, comparatore, risultati e impostazione. I criteri possono anche includere problemi metodologici e parametri di pubblicazione. La ricerca produrrà un gran numero di articoli, che possono essere scansionati online per vedere se possono essere eliminati sulla base del titolo e dell'abstract. I rimanenti devono essere letti per intero per vedere quali saranno inclusi nel corpo finale degli studi da rivedere. Una volta finalizzato l'insieme degli articoli per la revisione, è necessario valutare la loro qualità metodologica. Ciò avviene tramite uno strumento di valutazione critica, ovvero una lista di controllo per la valutazione di studi che utilizzano diversi tipi di progetti. Il corpo della revisione fornisce una valutazione critica e una sintesi degli studi recuperati. La revisione deve riassumere i risultati degli studi e fornire una valutazione complessiva della forza delle prove, dando peso agli studi più metodologicamente validi. I vantaggi delle revisioni sistematiche sono che sono trasparenti e replicabili. Sono utili per domande sull'efficacia degli interventi; sono meno utili per le recensioni che affrontano questioni più teoriche. Un altro svantaggio 17 è che le strategie di ricerca non sono sempre così solide come sembrano inizialmente. Sono spesso difficili da formulare e non identificano sempre tutti gli studi pertinenti. Meta-analisi: la meta-analisi è un tipo specializzato di revisione sistematica e ha una forma di ricerca a sé stante. Il suo nome significa "analisi delle analisi. Le procedure di selezione dello studio in meta-analisi sono identiche a quelle delle review in generale, ma la sintesi dello studio utilizza metodi quantitativi per riassumere il modello generale dei risultati. In breve, la meta-analisi utilizza l'indice della forza dei risultati in ogni studio, che viene quindi mediata in tutti gli studi della revisione, producendo un'utile statistica riassuntiva che riassume la dimensione media degli effetti. La meta- analisi può anche essere usata per esaminare quali caratteristiche di uno studio sono associate a risultati specifici. Il vantaggio è che è un modo più potente di aggregare la letteratura e di rilevare le tendenze attraverso gli studi, sebbene sia stato criticato per aver dato troppo peso agli studi metodologicamente non corretti o in alternativa per reintrodurre la distorsione il processo di selezione dello studio. Meta-sintesi: i ricercatori qualitativi hanno recentemente sviluppato un analogo qualitativo alla meta-analisi, spesso chiamato "meta-sintesi". È essenzialmente un'analisi tematica delle analisi tematiche. La procedura prevede in genere di utilizzare i temi di ogni singolo studio come dati grezzi per condurre un'analisi tematica globale. La proposta: quando le tue idee cominciano a farsi più chiare, conviene metterle per iscritto. Come prima cosa, prepara un riassunto (da una a tre pagine) delle domande di ricerca che proponi, del modello teorico, degli strumenti e del disegno sperimentale. Puoi usarlo per ricevere i primi feedback, per cercare un supervisore e ottenere le prime consultazioni. Successivamente, puoi ampliarlo in una proposta più ampia. Spesso è richiesta una proposta di ricerca formale. Non si tratta di uno sforzo vano, visto che la proposta sarà il punto centrale su cui scriverai le sezioni di introduzione e metodo nel tuo report finale. Il primo step è preparare una bozza iniziale. Le proposte evolvono via via, finché si continua a leggere, parlare e pensare al progetto. La struttura di una proposta è simile alle sezioni di introduzione e metodo di un articolo scientifico. Dovrebbe contenere l’argomento della ricerca e il motivo per cui questo è importante, una breve rassegna di ciò che è stato già fatto in letteratura e quale teoria psicologica può essere adottata e una sintesi di come dovrebbe essere lo studio, con le sue domande di ricerca e le ipotesi. La sezione del metodo descrive nel dettaglio il disegno di ricerca proposto e gli aspetti di misurazione dello studio. Una proposta di solito ha questa struttura:  Introduzione o Dichiarazione dell’argomento di ricerca e della sua importanza o Rassegna della letteratura focalizzata sul tema (che comprende sia le ricerche precedenti sia la teoria psicologica) o Razionale (motivo) e panoramica dello studio proposto o Domande di ricerca o ipotesi  Metodo o Partecipanti o Disegno di ricerca o Strumenti o Considerazioni etiche 20 rispettare una programmazione temporale prestabilita. I ritardi possono avvenire per due ragioni: i funzionari della commissione etica non si incontrano con frequenza; in secondo luogo, la commissione potrebbe sollevare delle obiezioni, alle quali si è chiamati a rispondere prima di procedere con lo studio. Rispondere ai dubbi: alcuni potrebbero non essere convinti dell’argomento della ricerca che si sta proponendo ma comunque sia dovrebbero nutrire fiducia nei vostri confronti. Le persone possono opporsi al progetto per motivi razionali e pratici. Queste persone possono opporsi anche per proteggere i pazienti dal rischio di essere sopraffatti dalla ricerca. Oltre a queste preoccupazioni, la ricerca nei servizi spesso attiva sentimenti di minaccia e sospetto. Può essere vista come intrusiva. Bisogna saper cogliere questa opposizione: se non si ascoltano le paure delle persone e non si cerca di venire loro incontro, è probabile che lo studio verrà danneggiato in seguito. Molte volte queste paure possono essere espresse in maniera indiretta. Inoltre, la ricerca potrebbe rimanere imbrigliata nelle politiche interne del contesto. Le competenze cliniche personali sono fondamentali per comprendere e rispondere ai dubbi. Per farlo, è necessario avere un atteggiamento di apertura su ciò che si intende fare e sul perché. La questione centrale è che i membri del contesto non vogliono essere coinvolti nella ricerca perchè porta con sé un alto fattore di disturbo. È necessario minimizzare la portata di questo fattore e far scorgere loro i vantaggi. Bisogna allineare gli obiettivi della ricerca con gli obiettivi del contesto. Authorship (paternità della ricerca): se si intende pubblicare lo studio, conviene considerare gli aspetti dell’authorship sin dall’inizio. Lo staff più anziano qualche volta chiede di avere il nome sulla pubblicazione semplicemente perché la ricerca è stata condotta nella loro unità. A meno che essi non abbiano dato un contributo significativo allo studio, la loro richiesta è inappropriata e, nel caso degli psicologi, anche non etica. La gratitudine per aver acconsentito allo svolgimento dello studio in quel contesto dovrebbe essere espressa nella sezione Acknowledgements dell’articolo scientifico. 21 CAPITOLO 4- FONDAMENTI DI MISURAZIONE QUANTITATIVA Abbiamo ora raggiunto la seconda delle quattro fasi del processo di ricerca, la fase della misurazione. Essa consiste nel decidere come valutare ciascuno dei costrutti psicologici oggetto di indagine. Se la mancanza di misure adeguate si pone come un grave ostacolo alla tua ricerca, il primo passo logicamente deve essere quello di sviluppare delle misure appropriate. La fase di misurazione consiste quindi nello specificare come ciascuno di questi costrutti può essere valutato. Ci sono due aspetti separati ma interdipendenti da considerare: come ciascun costrutto viene definito e come viene misurato. Il confine tra la fase di preparazione e la fase di misurazione non è naturalmente così netto come lo stiamo delineando. Per esempio, le considerazioni relative alla misurazione possono influenzare la formulazione delle domande di ricerca. Se un ricercatore sa che non c’è un metodo valido per misurare qualcosa, è complicato mettersi a studiarla. Alcuni tipi di misurazione vanno oltre i limiti temporali prestabiliti o le risorse finanziare del ricercatore. IL PROCESSO DI MISURAZIONE Domini di variabili: le variabili studiate nella ricerca in psicologia clinica possono essere raggruppate in 5 ambiti generali:  Cognitivo: pensieri, atteggiamenti, credenze, aspettative, attribuzioni, memoria, ragionamento, ecc.  Affettivo: sentimenti, emozioni, umore, sensazioni corporee, ecc.  Comportamentale: azioni, performance, abilità, linguaggio, ecc.  Biologico: fisiologico e anatomico, e.g., battito cardiaco, pressione sanguigna, funzionamento immunitario, ecc.  Sociale: stressor acuti e cronici, supporto sociale, funzionamento familiare, lavoro, ecc. Queste variabili costituiscono il contenuto della ricerca psicologica: le domande di ricerca saranno concettualizzate nei termini di molte di queste. Tuttavia, ciascuna deve essere definita con chiarezza e tradotta in uno o più metodi di misura pratici. La misurazione dei costrutti psicologici: utilizzeremo il termine “misurazione” in senso generale per riferirci al processo di ricerca di indicatori volti a misurare i concetti psicologici. Il concetto psicologico sottostante viene definito costrutto; l’indicatore, o il modo di osservarlo, è chiamato misura di quel costrutto. Sebbene questo linguaggio sia associato ai metodi quantitativi, può essere utile applicarlo anche ai metodi qualitativi, anche se in questo caso i ricercatori parlano di fenomeno anziché di costrutto. Il processo che va dal costrutto alla sua misura associata è spesso chiamato operazionalizzazione. Ci sono molti modi per operazionalizzare un costrutto. Quello che viene usato dipende dalle domande di ricerca, dalla cornice teorica di riferimento e dalle risorse disponibili per lo studio. Una seconda difficoltà collegata alla prima è che non esiste una sola misura capace di catturare perfettamente un costrutto. Infine, la relazione tra un costrutto e la sua misura non è solitamente un processo lineare: il modo in cui un costrutto viene misurato può influenzare come viene compreso o definito. 22 Per facilitare il processo di operazionalizzazione, al costrutto può essere attribuita una definizione operazionale, cioè può essere definito in modo da poter essere facilmente misurato. Non è sempre possibile sviluppare una definizione operazionale per ogni costrutto. Le prime generazioni di ricercatori sono state formate sulla dottrina dell’operazionismo, che affermava che un concetto fosse identico alle sue operazioni di misura. Questa dottrina venne successivamente rifiutata e sostituita dalla strategia realistica critica delle operazioni convergenti, che sosteneva l’utilizzo di molteplici indicatori per misurare costrutti sottostanti. Nel contesto clinico, non possiamo cogliere adeguatamente molti costrutti dagli strumenti attualmente esistenti. In linea con la posizione critco-realista, affermiamo che la maggior parte dei costrutti psicologici è solo in parte colta dalle misure associate. La definizione operazionale di un costrutto dipende chiaramente da come esso è stato concettualizzato a livello teorico. Questa si chiama teoria della dipendenza da misurazione, qualsiasi modo di misurare un concetto presuppone una visione di cosa quel conetto è. In maniera simile, i ricercatori qualitativi evidenziano l’influenza dei preconcetti del ricercatore sulla misurazione: il concetto di circolo ermeneutico comprende le influenze reciproche tra le nostre idee e le comprensioni dei nostri dati. Un’ulteriore complicazione è il fatto che la misurazione spesso cambi la persona o la situazione che deve essere misurata, un fenomeno conosciuto come reattività (reattanza) della misurazione. Per esempio, le persone possono comportarsi in maniera diversa se sanno di essere osservate. Fonti di misurazione e approcci: le fonti di misurazione possono essere categorizzate in self-report e osservazione: si può chiedere direttamente alle persone su loro stesse oppure guardare cosa stanno facendo. I data possono essere raccolti da qualsiasi fonte usando o un metodo qualitativo o un metodo quantitativo. La distinzione tra metodi qualitativi e quantitativi solleva questioni epistemologiche e visioni su cosa è la scienza. Ogni metodo deriva da tradizioni accademiche e filosofiche contrastanti. I metodi quantitativi sono identificati con le cosiddette discipline “hard science” (scienze dure), principalmente la fisica; i metodi qualitativi, con le “soft” (molli) scienze sociali, come la sociologia e l’antropologia, e le scienze umanistiche. Nelle prime decadi del XX secolo, molti importanti psicologi sentirono che la strada per la legittimazione e il prestigio accademico si trovasse nell’essere considerati “hard science”, e perciò pensarono di identificare la psicologia con la fisica e i metodi quantitativi. FONDAMENTI DEI METODI QUANTITATIVI Per definizione, i metodi quantitativi sono quelli che usano i numeri. I principali vantaggi delle misure quantitative sono i seguenti:  L’utilizzo di numeri permette precisione nella misurazione. È possibile valutare gli errori di misurazione; in questo modo, i ricercatori sanno quanta fiducia possono avere nei confronti dei loro strumenti.  Ci sono metodi statistici ben consolidati che servono ad analizzare i dati.  Le misurazioni quantitative facilitano il confronto.  I metodi quantitativi sono adatti per gli approcci ipotetico-deduttivi. 25 popolazione. Una misura riferita al criterio confronta gli individui con uno standard assoluto. L’approccio opposto, la misurazione idiografica, si focalizza esclusivamente su un singolo individuo, senza fare riferimento ad altri. Non viene fatto nessun confronto. Attendibilità: come si fa a valutare gli strumenti? I due criteri principali, attendibilità e validità, derivano da una serie di assunzioni conosciute come la teoria classica dei test. L’idea originale nella teoria classica dei test era che, nel misurare qualcosa, si aveva a che fare con la coerenza tra misurazioni ripetute. La parte coerente del punteggio, la parte che rimane uguale tra le misurazioni, è nota come punteggio vero. Il punteggio osservato è la somma tra punteggio vero ed errore, che viene concettualizzato come una fluttuazione casuale intorno al punteggio vero. Espressa come un’equazione, questa relazione è x= t + e (dove x è il punteggio osservato, t il punteggio vero ed e l’errore). L’attendibilità si riferisce al grado di riproducibilità di una misurazione. La non attendibilità è il grado di errore nella misurazione. Un’attendibilità alta è importante perché permette di misurare con precisione e consente di scoprire relazioni tra variabili che sarebbero oscurate se fosse presente una grande quantità di errore. L’attendibilità degli strumenti ha un grosso impatto sulla possibilità di trovare ciò che si sta cercando. Tuttavia, l’affidabilità non ci dice nulla su quello che effettivamente la misura significa. Dice semplicemente che la misurazione è ripetibile. Il significato di una misura è valutato dalla sua validità, che discuteremo in un paragrafo a parte. I metodi per valutare l’attendibilità dipendono dalla scala di misura delle variabili (nominale o a intervalli), dal tipo di misura (self-report o osservazione) e dal tipo di coerenza a cui si è interessati. I metodi più comuni sono i seguenti.  L’attendibilità test-retest esamina la coerenza nel tempo. Lo strumento viene somministrato allo stesso insieme di persone in due o più momenti diversi. La sua attendibilità test-retest viene valutata dalla correlazione tra i punteggi di momenti temporali diversi.  L’attendibilità delle forme parallele esamina l’affidabilità tra diverse versioni dello stesso strumento. Si tratta di un’estensione dell’attendibilità test-retest, dove, la seconda volta, invece di risomministrare lo stesso strumento, si usa una forma alternativa. Di nuovo, il coefficiente di attendibilità è la correlazione tra i punteggi delle due somministrazioni.  La coerenza interna è il classico modo con cui si valuta l’attendibilità tra gli item di una scala che è composta da più item simili. L’assunzione di base è che gli item siano equivalenti o paralleli, cioè che siano tutti volti a misurare lo stesso costrutto di base. La coerenza interna è un modo per valutare quanto gli item di una scala vadano d’accordo fra loro. In generale, l’attendibilità della scala è stimata dalle covarianze di tutti gli item tra loro, attraverso l’alfa (α) di Cronbach.) di Cronbach.  L’attendibilità split-half è una vecchia versione della coerenza interna usata prima dello sviluppo dei computer, perché era più facile da calcolare. Viene calcolata dividendo la misura in due metà equivalenti e correlando poi le due metà tra loro. È stata sostituita dall’α) di Cronbach. di Cronbach.  L’attendibilità inter-giudici viene utilizzata per le misure di osservazione. I ricercatori che fanno le valutazioni vengono chiamati codificatori, valutatori o 26 giudici: l’attendibilità inter-giudici è il modo con cui le loro valutazioni sono in accordo o covariano tra esse. Ci sono due aspetti da considerare separatamente: quanto è efficace il sistema di valutazione nel suo complesso e quanto sono validi i giudici. Statistiche di attendibilità: una serie di statistiche differenti vengono utilizzate per misurare l’attendibilità. Il primo step è stabilire la scala di misura delle variabili, per poter decidere la statistica di affidabilità più appropriata. Per scopi pratici, verranno considerate solo le scale nominali e a intervalli: generalmente, le scale ordinali sono analizzate come se fossero scale a intervalli. Scale nominali: poiché gli psicologi si trovano spesso a dover calcolare l’attendibilità di scale su dati nominali. Supponiamo che due psicologi categorizzano i pazienti entro tre categorie diagnostiche – schizofrenia, disturbo dell’affettività, e altro – e vogliono sapere quanto siano simili le loro valutazioni. La prima cosa da fare è rappresentare i dati in una tabella. È necessario poi calcolare l’accordo in percentuale tra i due clinici. Nell’esempio, l’accordo è (10+20+20) /100 = 0.50, cioè il 50% di accordo. Tuttavia, se i giudici classificassero i pazienti in maniera casuale, si potrebbe comunque trovare che per caso sono in accordo, ed è per questo motivo che è necessario avere un controllo. A questo scopo, si utilizza il k di Cohen. La formula è: k = (po – pc) / (1 - pc) dove po è la proporzione di accordo osservata (cioè il totale dei numeri nelle celle di accordo della tabella diviso il totale complessivo), ovvero 0.50 nell’esempio di prima, mentre pc sta per la proporzione di accordo fortuito/casuale. Per calcolare pc, prima bisogna calcolare la proporzione di osservazioni in ciascuna riga e colonna, dividendo il totale di riga e colonna per il totale complessivo. Quindi, pc viene calcolato moltiplicando le proporzioni corrispondenti di riga e colonna tra di loro e sommando insieme i numeri risultanti. Con i dati nominali, è possibile analizzare anche l’attendibilità su qualsiasi categoria all’interno di una scala. In altre parole, si può vedere quale categoria ha un buon grado di accordo e quale no. Questo può essere fatto trasformando la scala in due categorie: la categoria di interesse e tutte le altre categorie combinate in un’unica categoria. Scale ordinali e a intervalli: con le misurazioni su scale ordinali e a intervalli, ci sono diverse possibilità per misurare l’attendibilità. Per cominciare, se si sta usando una scala a intervalli con un cut-off, possiamo trasformarla in una scala nominale binaria. Si calcola, quindi, il k di Cohen. Più frequentemente, i ricercatori calcolano l’associazione tra due misurazioni usando il coefficiente di correlazione di Pearson, r. Se sono coinvolti più di due giudici, l’α) di Cronbach. di Cronbach può essere usata trattando i giudici come item, oppure si può usare una statistica più complicata che si chiama correlazione intra-classi. Nella situazione più comune in cui una scala è formata da più item di cui si è calcolata la media o il totale dell’insieme, l’α) di Cronbach. di Cronbach è il classico indice di attendbilità delle osservazioni raggruppate. L’affidabilità dell’intera scala sarà più alta della correlazione media tra gli item, perché sommare insieme misure multiple fa sì che vengano considerati in media anche gli errori di ciascuna di esse. 27 Poiché la coerenza interna di una scala cresce con il numero degli item di quella scala, è più facile avere un’affidabilità più alta con una scala a 24 item che non con una a 8 item. Quindi, si potrebbe essere interessati a vedere quanto, aumentando la scala di varie quantità, migliorerebbe la sua affidabilità. L’affidabilità di queste misurazioni combinate viene calcolata usando la Spearman-Brown Prophecy Formula: rkk = k(r11) / (1 + (k - 1) r11) dove rkk si riferisce all’affidabilità delle misurazioni combinate; k = il fattore con il quale si incrementa la scala; e r11 che è il coefficiente di affidabilità originario. Dimensionalità: se, invece, lo strumento vuole indagare più dimensioni, come per esempio la Checklist sui sintomi psicologici allora bisogna usare un’analisi fattoriale per esaminare la struttura interna dello strumento. Anche in questo caso, deve essere usato l’α) di Cronbach. di Cronbach per valutare la coerenza interna delle sottoscale risultanti. Validità: la definizione è “se lo strumento misura effettivamente ciò che dovrebbe misurare”. Il processo di costruzione e valutazione degli strumenti di misura si compone di due fasi: in primis, guarda all’attendibilità, e, successivamente, considera la validità. L’attendibilità è una condizione necessaria ma non sufficiente per la validità. Per essere valido, uno strumento deve essere anzitutto attendibile, altrimenti condurrà a molti errori. Dall’altro lato, uno strumento può essere altamente attendibile ma non valido, per esempio se si considera la circonferenza della testa come una misura dell’intelligenza. 1. Validità di contenuto (Content validity): valuta se la misura comprende tutti i vari aspetti del costrutto che sono specificati nella sua definizione. Per esempio, una scala self-report di depressione contiene item che includono le componenti di umore ridotto, motivazione diminuita, disturbi del sonno, ecc.? Si tratta di una decisione qualitativa: non esiste un coefficiente che indichi la validità di contenuto di uno strumento. 2. Validità apparente (Face validity): esprime il grado in cui la misura descrive il fenomeno, in poche parole che misura ciò che dichiara di misurare. Non sempre l’intento di uno strumento è avere validità apparente; per esempio, l’MMPI ha diversi “item di controllo”, inseriti allo scopo di rendere il test più difficile da falsificare. La validità apparente è in parte un concetto legato alle relazioni con il pubblico, poiché si assicura che la scala appaia normale agli occhi dei rispondenti, che potrebbero sentirsi a disagio se non ne colgono il senso. Come la validità di contenuto, così anche la validità apparente è un concetto qualitativo: non esiste un coefficiente che la misuri. 3. Validità di criterio (Criterion validity): valuta quanto una misura correli con un criterio o un indicatore del costrutto che essa sta misurando. Si divide in due tipologie a seconda se il criterio venga misurato nello stesso momento oppure in un momento successivo: a. validità concorrente quando la scala è correlata con un criterio presente b. validità predittiva quando la scala è correlata con un criterio futuro Il coefficiente di validità è, in entrambi i casi, la correlazione tra la misura e il criterio. 30 Scarsa 0.50 0.10 31 CAPITOLO 5- FONDAMENTI DEI METODI QUALITATIVI La materia prima della ricerca qualitativa è il linguaggio, in opposizione ai numeri. Si può ottenere il linguaggio in vari modi. Può essere una descrizione che un partecipante fa di sé registrata durante un’intervista qualitativa, parole trascritte da una conversazione, può essere qualcosa di pubblicato, appunti presi dal ricercatore dopo aver osservato il comportamento dei partecipanti in una sessione di osservazione qualitativa. Qualsiasi sia la fonte da cui derivano, i dati linguistici forniscono al ricercatore informazioni definite come una “thick description”, che possono essere utilizzate per comprendere i sentimenti delle persone, i loro pensieri, la loro personale lettura del mondo, o i modi con cui comunicano con gli altri. La differenza tra approcci quantitativi e qualitativi è molto più della differenza tra numeri e parole; riguarda l’epistemologia, la teoria che esplora in cosa consiste la conoscenza. La ricerca quantitativa è principalmente basata sulla filosofia del positivismo. I ricercatori qualitativi tendono a rigettare il positivismo a favore di posizioni epistemologiche non positiviste basate sullo sviluppo della comprensione piuttosto che sulla verifica di ipotesi. Piuttosto che affermare di studiare una realtà oggettiva universale, come fanno i positivisti, i ricercatori qualitativi sono più interessati ad esaminare i significati personali e le interpretazioni soggettive della realtà di ogni individuo. Inoltre, nella ricerca qualitativa è messa in primo piano la soggettività del ricercatore. Le convinzioni, le comprensioni e le sensazioni dei ricercatori sull'argomento della ricerca influenzeranno inevitabilmente la raccolta e l'interpretazione dei dati. Piuttosto che tentare di eliminare questa fonte di "parzialità", come farebbero i positivisti, molti ricercatori qualitativi sostengono che la soggettività dei ricercatori può arricchire il processo della ricerca e quindi dovrebbe essere abbracciata. Vantaggi: i principali vantaggi di utilizzare i metodi qualitativi sono i seguenti:  I metodi qualitativi evitano le semplificazioni imposte dalla quantificazione. Permettono di studiare aspetti dell’esperienza più complessi e impongono meno restrizioni sui dati o sui modelli teorici sottostanti rispetto agli approcci quantitativi.  Consentono al ricercatore di affrontare domande di ricerca che non si prestano facilmente alla quantificazione, come la natura delle esperienze individuali legate a una condizione psicologica o a un evento.  Permettono di studiare la persona in profondità e in dettaglio.  Il materiale raccolto di solito è di facile comprensione: i report di studi qualitativi efficaci fanno vivere al lettore l’esperienza diretta dei partecipanti.  I metodi qualitativi sono utili per generare ipotesi e si adattano bene alla ricerca esplorativa, orientata alla scoperta. Consentono un approccio più flessibile, ed eventualmente anche di modificare il protocollo a metà strada. La raccolta dati non è limitata da ipotesi preesistenti.  I metodi self-report qualitativi generalmente danno maggiore libertà ai partecipanti rispetto ai metodi quantitativi strutturati.  Possono essere usati per dare voce ai partecipanti, specialmente per quelli svantaggiati o socialmente esclusi, le cui esperienze sono raramente rappresentate nella ricerca. 32  Siccome le procedure di raccolta dati sono meno limitate, i ricercatori possono anche scoprire cose interessanti a cui non avevano pensato all’inizio o che comunque non si aspettavano di trovare. Quadro di riferimento storico: i metodi qualitativi affondano le loro radici negli storici dell’Antica Grecia. Nella loro versione moderna, i metodi qualitativi vennero utilizzati per la prima volta nell’area di ricerca etnografica. I fondatori dell’antropologia culturale condussero delle osservazioni etnografiche su gruppi culturali lontani dalla loro cultura. Trascorsero molti mesi vivendo con loro e osservandoli da vicino. I metodi etnografici iniziarono a essere utilizzati per studiare “lo strano e il meraviglioso” e progressivamente si sono avvicinati a esaminare la propria cultura. Nella ricerca clinica, i metodi qualitativi sono stati prima di tutto utilizzati nelle storie di casi clinici, come ad esempio i primi casi di Breuer e Freud che hanno inaugurato la tradizione psicoanalitica, e lo studio del “Piccolo Albert” di Watson e Rayner che contribuì a definire la tradizione comportamentista. Esiste anche una tradizione di metodi di osservazione partecipante nella ricerca sulla salute mentale. I due principali metodi di raccolta dei dati qualitativi usati nella ricerca in psicologia clinica sono le interviste in profondità e l’osservazione qualitativa. Metodi comuni di analisi dei dati sono la grounded theory, diversi tipi di analisi fenomenologica, e l’analisi del discorso. QUADRO DI RIFERIMENTO FILOSOFICO Sfortunatamente, la ricerca qualitativa non è immune dalle tipiche fazioni che dividono gli studiosi. Nonostante i ricercatori qualitativi siano uniti dal desiderio di superare i limiti tangibili degli approcci quantitativi, si trovano comunque in disaccordo sulla epistemologia di base e sulla filosofia della scienza che caratterizza il loro lavoro. Gli approcci qualitativi sono due: la tradizione fenomenologica e la tradizione del costruzionismo sociale. I fenomenologi cercano di comprendere i pensieri, i sentimenti, le percezioni e le interpretazioni che la persona fa del mondo. I costruzionisti sociali guardano al linguaggio come a un prodotto sociale, mettendo in dubbio molti concetti classici, come la realtà, la verità o l’uomo, che sono dati per assodati in altre discipline. Sebbene queste due posizioni siano nate da due correnti filosofiche diverse non si escludono a vicenda: alcuni approcci qualitativi prendono spunto da entrambi. Fenomenologia: la fenomenologia è semplicemente lo studio dei fenomeni, e un “fenomeno” è semplicemente una parola ricercata per dire “percezione”. Essa è lo studio sistematico delle esperienze delle persone e i loro modi di vedere il mondo. A volte l’approccio viene chiamato “fenomenologico-ermeneutico” per porre l’accento sul suo aspetto interpretativo. Gli approcci fenomenologici in psicologia derivano dal movimento fenomenologico in filosofia. A sua volta, esso deriva dalla tradizione filosofica razionalista e idealista di Platone e Kant. Husserl è stato il suo fondatore; Brentano, Heidegger, Merleau-Ponty e Sartre le figure chiave del suo sviluppo. Assunzioni: possiamo distinguere quattro assunzioni centrali della fenomenologia. 1. In primo luogo, la percezione viene vista come l’attività psicologica primaria, poiché le nostre percezioni fanno emergere ciò che facciamo, pensiamo e 35 atto di interpretazione e ciò che un lettore comprende di un testo può differire da ciò che comprende un altro lettore. Critiche al postmodernismo: la posizione postmodernista è stata fortemente criticata, le principali argomentazioni sono:  La mancanza di interesse per gli stati mentali delle persone. Una psicologia che ignora il ruolo dell’esperienza interiore è di gran lunga limitata e presenta una visione alienante della persona.  L’enfasi su un atteggiamento non-realista rischia di imprigionare la ricerca in una torre d’avorio, avulsa dalla realtà. La realtà è importante, specialmente la realtà sgradevole. Studiare gli stupri, l’abuso sui minori, il razzismo o il genocidio da un punto di vista puramente discorsivo può diminuire la loro importanza o può far apparire anche che si voglia negare la loro esistenza o la necessità di prevenirli.  Il modello sottostante di persona è quello di un sé frammentato, non integrato. La persona può essere vista come una manipolatrice del linguaggio, il cui obiettivo è quello di gestire l’impressione che dà agli altri o di fare in modo che gli altri agiscano in un certo modo. Questa non è un’immagine appropriata dell’essere umano che è invece spinto ad aiutare gli altri per rendere la loro vita molto più ricca e significativa.  Il linguaggio è permeato da un gergo impenetrabile, che sembra voler dare l’impressione di erudizione e profondità. Conclusioni: in sintesi, i punti forti della posizione costruzionista riguardano il fatto che ci ricordano di guardare da vicino e con occhio critico il modo in cui il linguaggio viene usato per costruire la realtà e per raggiungere gli obiettivi. Inoltre, la posizione costruzionista pone l’accento sulla natura teoria-dipendente dell’osservazione scientifica. Infine, il costruzionismo enfatizza la natura sociale dei concetti psicologici. FAMIGLIE DI APPROCCI QUALITATIVI Esistono molti approcci diversi alla ricerca qualitativa. La scelta di quale approccio adottare dipende dalle domande di ricerca e dalla tradizione filosofica con cui vi identificate. A fini didattici, divideremo gli approcci qualitativi in quattro famiglie principali, in base al tipo di domande che stanno cercando di affrontare:  approcci di analisi tematica  approcci narrativi, approcci basati sul linguaggio e approcci etnografici. Come nell'analisi qualitativa in generale, non esiste un modo migliore per organizzare il materiale, solo varie possibili alternative. Approcci di analisi tematica: la prima famiglia di approcci è la famiglia di analisi tematica, che copre gli approcci più comunemente utilizzati nell'ambito della ricerca psicologica clinica pubblicata. La caratteristica di questi approcci è che tentano di estrarre i temi principali attraverso un set di dati (che di solito consiste in trascrizioni di colloqui qualitativi). Analisi del contenuto: l'analisi del contenuto si colloca al confine tra metodi quantitativi e qualitativi. Esso mira a fornire le frequenze delle categorie di contenuti 36 importanti nel set di dati. È qualitativo in quanto i dati grezzi per lo studio sono qualitativi, ma è quantitativo in quanto l'output è un conteggio di frequenza dei vari temi o codici. L'analisi del contenuto può anche essere condotta in modo automatizzato. Approccio framework: framework è un approccio strutturato all'analisi tematica. Ha alcune somiglianze con l'analisi dei contenuti, ma appartiene più saldamente al campo qualitativo. La sua caratteristica principale è che il ricercatore sviluppa un quadro di codifica dettagliato. Questo di solito viene fatto a priori, in base alla teoria, alla ricerca precedente o alle domande poste nel protocollo di intervista, ma può essere sviluppato induttivamente, in base ai dati raccolti. Le origini di Framework sono nell'analisi delle politiche sociali, ma è particolarmente popolare nei contesti medici. Grounded theory: la grounded theory è stata messa a punto da Glaser e Strauss, che si erano posti l’obiettivo di discutere come i dati qualitativi non potessero essere usati solo per fornire ricche descrizioni, ma anche per generare teorie. La grounded theory può essere usata con un’ampia gamma di materiale qualitativo, come le interviste semi-strutturate, i focus-group, l’osservazione partecipante e i diari. Il processo di base consiste nell’identificare le categorie a un basso livello di astrazione e in seguito costruire concetti teorici più astratti. Il punto finale di solito è una o più categorie centrali, che catturano l’essenza del fenomeno. Un esempio di questo metodo in psicologia clinica è lo studio di Bolger (1999) relativo al fenomeno della sofferenza emotiva. Le partecipanti erano donne appartenenti a un gruppo terapeutico di adulti figli di alcolisti; furono intervistate in diverse occasioni dopo le sessioni di terapia di gruppo nelle quali avevano esplorato esperienze di vita dolorose. Le interviste si focalizzavano sull’esperienza della sofferenza e sul significato che aveva per loro. La categoria centrale emersa dalle analisi venne definita “il sé spezzato”, caratterizzata da quattro sottocategorie: l’essere ferite, la disconnessione, la perdita del sé e l’autoconsapevolezza. Ricerca qualitativa consensuale: la ricerca qualitativa consensuale è un approccio sistematico basato sulla grounded theory e la fenomenologia. Presenta l'uso di più analisti e revisori qualitativi, nonché un sistema per interpretare la natura dei temi qualitativi in base alla loro frequenza nei dati; ad esempio, i temi riportati da tutti o quasi tutti gli informatori sono definiti come "temi generali" che possono definire l'esperienza studiata, mentre i "temi tipici" sono utili per costruire una narrazione di esperienza tipica. Fenomenologia empirica: la fenomenologia empirica è il più antico metodo di ricerca qualitativa sistematica che emerge in psicologia. L'approccio sottolinea un'analisi approfondita, spesso di singoli casi, al fine di descrivere le principali caratteristiche distintive di un'esperienza e le diverse variazioni che l'esperienza può avere nella popolazione. Approcci ermeneutici: un approccio più flessibile è rappresentato dagli approcci che si definiscono come ermeneutici. I ricercatori che si collocano in questo approccio trovano che la grounded theory e l’approccio fenomenologico empirico siano restrittivi e usano, quindi, una gamma più ampia di metodi. Essi affermano che è importante andare oltre il significato superficiale dei protocolli di ricerca, in modo da identificare i significati impliciti o persino non consapevoli racchiusi nel testo. 37 Analisi interpretativa fenomenologica: l'analisi fenomenologica interpretativa è collegato al metodo IPA. L'IPA fa spesso appello ai nuovi arrivati nella ricerca qualitativa, perché è un approccio accessibile, sistematico e pratico alla raccolta e all'analisi di dati fenomenologici. Descrive le fasi coinvolte nello svolgimento di un'indagine, ad esempio, come generare dati significativi di ordine inferiore e di ordine superiore. Analisi tematica generale: infine, esistono alcuni approcci generici all'analisi tematica a cui non è associato un "marchio", ad esempio quelli descritti da Boyatzis e da Braun e Clarke. Gli autori la intendono come un "approccio accessibile e teoricamente flessibile". È in grado di essere utilizzato in un numero di posizioni epistemologiche, comprese quelle costruttiviste fenomenologiche e sociali. Approcci narrativi: molti autori hanno sottolineato come la narrazione sia fondamentale per la comunicazione e l’esperienza umana. Le storie ci circondano ed è importante sviluppare metodi di ricerca per dargli un senso. Analisi narrativa: esistono diverse versioni dell'analisi narrativa, sia qualitativa che quantitativa. La loro caratteristica comune è che prendono le storie come dati grezzi per la ricerca e si propongono di analizzare le proprietà delle storie nel contesto in cui si verificano. Sono state proposte diverse formulazioni della struttura narrativa, ma la più semplice è costituita da tre elementi. In primo luogo, c'è un inizio, in cui viene descritta l'impostazione, viene presentato il personaggio principale e viene introdotta una situazione o un problema. In secondo luogo, viene descritta una serie di azioni, ostacoli, conflitti, reazioni e tentate soluzioni, che spesso portano a un climax o punto di svolta. Terzo, c'è un finale o una risoluzione nella storia, spesso con qualche tentativo di affermare il punto o la prospettiva attuale della persona. Ricerche sulla storia della vita: un tipo importante di storia è la storia che raccontiamo sulla nostra vita o sulle altre persone: la biografia, l'autobiografia o la storia della vita. Curiosamente, la psicologia ha a malapena preso in considerazione lo studio di intere vite. Quasi tutte le ricerche psicologiche osservano piccole porzioni di comportamento e raramente le collocano nel contesto dell'intera persona e nel modo in cui hanno vissuto la loro vita nel tempo. La ricerca formale sulla storia della vita mira a costruire una comprensione delle vite individuali col tempo. Approcci basati sul linguaggio: questo tipo di approccio si basa sul testo. Gli autori tendono ad attingere idee socialiste costruzioniste nel mondo interiore della persona che produce il testo. L'approccio più popolare con gli psicologi nell'analisi del discorso; altri approcci includono analisi di copertura, approcci critici e femministi e decostruzione. Analisi del discorso: esistono molti tipi di analisi del discorso: si tratta di un campo di ricerca interdisciplinare che spazia dalla psicologia alla sociologia, dalla comunicazione alla linguistica e alla letteratura. L’analisi del discorso implica un esame rigoroso dei testi, allo scopo di analizzare quali siano i repertori di discorsi dai quali colui che parla può attingere e il tipo di “posizione soggettiva” che assume. I cosiddetti approcci critici usano forme di analisi del discorso per esaminare come il linguaggio perpetua i differenziali di potere, ad esempio in termini di classe sociale, razza ed etnia, genere o orientamento sessuale. Questi approcci includono alcuni rami 40 3. Usare metodi qualitativi come interviste e focus group per sviluppare misure quantitative. 4. Usare dati qualitativi per chiarire o esplorare risultati quantitativi, sia come un’aggiunta a uno studio principalmente quantitativo sia come un follow-up a un’indagine. 5. Usare dati quantitativi per chiarire risultati qualitativi, molto frequente negli articoli di sociologia. 6. Usare entrambi i tipi di dati in maniera complementare nello stesso studio. 7. Condurre sugli stessi partecipanti in maniera separata studi qualitativi e studi quantitativi, sia per affrontare questioni diverse, sia per affrontare le stesse questioni ma da differenti angolazioni. 41 CAPITOLO 6- METODI SELF-REPORT I metodi di ricerca che interrogano direttamente la persona sono chiamati metodi self- report e assumono principalmente la forma di interviste, questionari e scale di valutazione. Invece di chiedere direttamente alla persona, si può chiedere in alternativa a qualcuno che conosce quella persona, come un amico, un familiare o il terapeuta; di solito questa persona viene definita informatore. Ciò consente di avere una visione della persona da parte di chi la conosce bene perché può osservarla nel suo ambiente di vita naturale. È utile anche quando il rispondente non fornisce informazioni affidabili. Vantaggi e svantaggi: il vantaggio principale dei self-report è quello di fornire il punto di vista diretto dei rispondenti. Questi strumenti danno, quindi, l’accesso ai dati fenomenologici, come le percezioni che le persone hanno di sé stesse e del mondo, che non potrebbero essere ottenuti altrimenti. Inoltre, i metodi self-report possono essere utilizzati per ottenere informazioni in situazioni dove non è possibile avere dati osservazionali. Il principale svantaggio dei self-report è legato ai potenziali problemi di validità che potrebbero avere. I dati raccolti sono personali e idiosincratici e possono avere poca corrispondenza con la “realtà”. Cosa ancora più importante, le persone non sempre dicono la verità. Possono persino ingannare sé stesse o possono ingannare il ricercatore. Inoltre, i partecipanti potrebbero non fornire dettagli o non utilizzare concetti a cui il ricercatore è interessato. Dibattiti emersi da campi di ricerca differenti, la psicoanalisi e la psicologia sociale e la psicologia cognitiva, hanno messo in dubbio la validità dei self-report. Dalla prospettiva della psicologia sociale, Nisbett e i suoi colleghi hanno affermato che le persone spesso non sanno cosa influenzi il loro comportamento e che ci siano dei bias ricorrenti nel modo in cui spiegano i loro comportamenti e quelli degli altri. Una fonte di bias molto frequente, conosciuta come effetto attore-osservatore, è la tendenza che le persone hanno di attribuire al loro comportamento fattori causali situazionali, mentre al comportamento degli altri fattori causali disposizionali. Un altro tipo di bias a esso collegato, il self-serving bias, è la tendenza a prendersi il merito per i successi e a negare la responsabilità per i fallimenti. Gli psicoanalisti evidenziano i limiti che ci sono nell’accedere alla conoscenza di sé consapevole. Secondo loro, molti sentimenti e molte esperienze sono inconsapevoli e vengono protetti da meccanismi di difesa come la repressione e la negazione, che li distanziano così dal livello conscio. Quindi, le spiegazioni che la persona dà non possono essere prese per buone. Alcuni ricercatori di orientamento psicoanalitico preferiscono utilizzare misure proiettive, come il Thematic Apperception Test (TAT), il test delle macchie di inchiostro di Roscharch e il metodo di completamento delle frasi, che sono stati progettati con l’obiettivo di valutare i pensieri e i sentimenti inconsci delle persone, anche se è piuttosto difficile da stabilire la validità di queste misure. Gli psicologi cognitivi si concentrano sui complessi processi mentali coinvolti nella risposta a domande di auto-relazione, in particolare quelle quantitative. Vi è un consenso generale sul fatto che la risposta implichi quattro componenti cognitive distinte: comprendere la domanda, richiamare le informazioni dalla memoria, integrare le informazioni e formulare una risposta. Ognuno di questi passaggi è soggetto a errori. 42 È importante tenere a mente le critiche sui limiti dei metodi self-report. Questo però non vuol dire che tutti i self-report non siano validi, ma solo che non bisogna affidarsi completamente ad essi. Non è necessario, tuttavia, abbandonare questo metodo di raccolta dei dati; bisogna, piuttosto, integrarlo con dati osservazionali. Inoltre, è una buona idea cercare di cogliere le possibilità di auto-inganno nei protocolli verbali. Costruire un’intervista o un questionario potrebbe sembrare semplice, ma in realtà non lo è. Molte persone si sono trovate nella sgradevole situazione di rispondere a questionari o a interviste costruiti male, spesso nei contesti di ricerche di mercato. Progettare buone misure self-report richiede conoscenze e competenze. Per questo motivo, è preferibile, quando è possibile, utilizzare misure già esistenti piuttosto che cercare di costruire la propria da zero. Terminologia: un’intervista è un particolare tipo di conversazione volta a raccogliere informazioni, anche se l’intervistatore di solito ha una guida scritta, che è il protocollo o la scaletta dell’intervista. Le interviste di solito sono condotte faccia a faccia, anche se occasionalmente possono avvenire per telefono. Un questionario è una serie strutturata di domande scritte, che di solito genera delle risposte scritte. Le checklist e gli inventories (questionari) sono un tipo di questionario che presenta una lista di item dal formato simile in cui viene chiesto al rispondente di indicare tutti quegli item che che corrispondono alla sua personale esperienza. Il termine “sondaggio” (survey) è ampiamente utilizzato ma non ben definito. Consiste in uno studio sistematico su un campione di media e ampia grandezza condotto tramite intervista o questionario inviato per posta. Un censimento è un sondaggio dell’intera popolazione. Modalità di somministrazione: poiché i dati self-report possono essere raccolti sia tramite questionari scritti sia tramite interviste, i ricercatori devono pensare a quale sia il metodo migliore che risponde in maniera appropriata ai loro scopi. I vantaggi dei questionari scritti sono i seguenti:  Sono standardizzati (ovvero, le parole utilizzate sono esattamente le stesse ogni volta);  Consentono ai rispondenti di compilarli privatamente, nel momento che preferiscono;  Possono essere utilizzati per garantire riservatezza attraverso un sistema di codifica numerica, e perciò possono anche trattare tematiche imbarazzanti, socialmente indesiderabili o illegali  Sono economici da somministrare. I vantaggi delle interviste riguardano il fatto che possono sfruttare la flessibilità della relazione tra intervistatore e rispondente per consentire all’intervistatore di:  Fare domande di follow-up, in modo da chiarire il significato, esplorare il materiale che i rispondenti non menzionano spontaneamente e approfondire risposte superficiali;  Assicurarsi che la persona intervistata risponda a tutte le domande;  Dare istruzioni più complicate e controllare che vengano comprese;  Variare l’ordine delle domande;  Permettere ai rispondenti di fare loro stessi delle domande agli intervistatori;  Permettere ai ricercatori di ottenere abbastanza informazioni per giudicare la validità del self-report dei rispondenti. 45 cercano di minimizzare la distinzione tra ricercatore e "soggetto" al fine di creare una ricerca in cui partecipante e ricercatore interagiscono come uguali. Alcune ricercatrici femministe vedono i paradigmi tradizionali, in cui il ricercatore è responsabile della relazione, come replicare le relazioni di potere patriarcale. La loro critica è principalmente rivolta alla quantificazione e alla manipolazione sperimentale, ma si estende anche alle forme più tradizionali di colloquio qualitativo. Sostengono che per dare potere alle donne bisogna ascoltare direttamente quello che stanno dicendo e rispondere personalmente senza nascondersi dietro la facciata del ricercatore obiettivo. Programma del colloquio: il primo passo è preparare un programma di interviste che elenchi le aree importanti da affrontare. Di solito è una buona idea strutturare il programma attorno a una sorta di quadro logico, che potrebbe essere, concettuale o cronologico, ma è importante utilizzare il programma in modo flessibile, non rigido. È fondamentale testare il programma delle interviste su alcuni intervistati e rivederlo di conseguenza. L'intervista in genere inizia con domande generali, come domande di riscaldamento, e in seguito più dettagliate. Le domande standard non devono essere presentate in un ordine fisso, ma il programma delle interviste funge da aiutante- promemoria, per ricordarti cosa devi fare. Il programma elenca le domande principali, ma è importante utilizzare le domande di follow-up per ottenere maggiori dettagli se necessario. Stile di intervista: l’atteggiamento generale dell’intervistatore dovrebbe essere improntato sull’empatia e l’attenzione non giudicante, dando molto spazio al rispondente per pensare e parlare, ed evitando domande tendenziose. Per poter essere un bravo intervistatore, è necessario partire da un atteggiamento di interesse genuino nel voler conoscere gli altri e nell’ascoltare le loro storie, con tolleranza e accettazione. Le interviste qualitative sono state sempre più viste come un metodo chiave per aiutare gli intervistati a "raccontare le loro storie". Negli approcci narrativi, il compito principale dell'intervistatore è aiutare l'intervistato a raccontare la propria storia. Tuttavia, l'intervistatore deve bilanciare il bisogno del rispondente di raccontare la propria storia, con il proprio bisogno di ottenere materiale pertinente con le domande di ricerca. Le competenze terapeutiche, come l’empatia e l’intuizione clinica, sono realmente utili in questo caso. Tuttavia, bisogna distinguere tra interviste di ricerca e interviste di terapia (di assessment), dal momento che tutti gli orientamenti terapeutici implicano interventi inappropriati per le interviste qualitative. In generale le interviste di assessment clinico sono diverse dalle interviste di ricerca, poiché le prime mirano ad assemblare informazioni per arrivare a una formulazione clinica coerente. È importante audio-registrare le interviste per due ragioni. In primo luogo, appunti o ricordi sono facilmente soggetti a imprecisione e incompletezza. In secondo luogo, annotazioni estese rischiano di distrarre il rispondente e di interrompere il flusso dell’intervista. Tuttavia, se non è possibile utilizzare un registratore, le annotazioni devono indicare chiaramente quali siano le frasi precise del rispondente e quali siano i riassunti fatti dall’intervistatore. Competenze specifiche di intervista qualitativa: per voler realmente comprendere e apprendere dalle persone attraverso un’intervista, sono necessarie delle abilità tecniche nella raccolta di informazioni e nell’ascolto. Queste abilità possono essere 46 descritte come le cosiddette “modalità di intervento” (response modes), ovvero tipologie di interventi o modi di colloquiare dell’intervistatore. Possono essere suddivise in tre gruppi: 1. Le modalità di intervento essenziali si fondano sulle risposte di “ascolto attivo” tipiche della terapia centrata sul cliente. Due interventi chiave sono le domande aperte, per raccogliere informazioni e stimolare il rispondente a elaborare, e le riflessioni, per comunicare di aver compreso e incoraggiare ulteriori esplorazioni del contenuto. Suggerimenti per guidare la conversazione (“Potrebbe parlarmi di…”) sono, inoltre, essenziali per cominciare l’intervista e strutturarla, mentre brevi segnali di comprensione (e.g., “Capisco” o “Uh-huh”) costruiscono la relazione e aiutano il rispondente a continuare a parlare. Se viene usato uno stile più centrato sulla parafrasi e più attivo, bisogna essere consapevoli, quando si fanno le analisi, della possibile influenza dell’intervistatore sui dati. Come notato in precedenza, il programma delle interviste inizierà in genere con alcune domande generali ma spesso sono le domande di follow-up non scritte che sono importanti. L'intervistatore deve decidere nel momento cosa seguire e cosa non fare, dato che non ci sarà tempo per seguire ogni punto. Le domande di follow-up (a volte chiamate sonde) vengono utilizzate per ottenere una descrizione dettagliata del materiale o nei casi in cui la risposta non è chiara. 2. Modalità di intervento supplementari/aggiuntive, comprendono: le domande chiuse, che possono essere usate un po’ prima della fine dell’intervista per verificare delle ipotesi; le auto-aperture (self-disclosures) che consentono all’intervistatore di spiegare gli obiettivi della sua intervista; le rassicurazioni o gli interventi empatici per incoraggiare l’apertura del rispondente. 3. Le modalità di interventi da evitare comprendono i consigli sulla risoluzione di problematiche, con cui si suggeriscono al rispondente vari modi per risolvere i suoi problemi; le interpretazioni, che cercano di dire al rispondente perché ha fatto una determinata cosa o come si è effettivamente sentito; i disaccordi o gli scontri, che, attraverso critiche o svalutazione del rispondente, interrompono la comunicazione; il dare informazioni al rispondente. Tracciamento delle risposte del rispondente: è importante che il ricercatore tenga traccia della pertinenza delle risposte del rispondente durante il colloquio, al fine di assicurarsi che le domande di ricerca ricevano risposta e che sia chiaro il significato delle risposte del rispondente. È anche importante esaminare attentamente i dati dalla prima visione d'insieme prima di intraprendere ulteriori interviste. Questo ti renderà consapevole di eventuali problemi con le domande del colloquio o con risposte ambigue o vaghe dai rispondenti, in modo da poter modificare il programma e la tecnica del colloquio. Gli intervistatori qualitativi si confrontano con informazioni apparentemente contraddittorie. Le persone avranno spesso sentimenti e punti di vista multipli, a volte contraddittori. È una buona idea ascoltare tali contraddizioni, perché possono riflettere sentimenti ambivalenti o evitare esperienze dolorose. Durante l'intervista, potresti venire a conoscenza di possibili incoerenze, che potrebbero essere: 1. Interne, tra le diverse parti della storia; 2. Esterno, con un'altra fonte come un documento o un altro rispondente; 3. Tra contenuto manifesto e latente, ad esempio, tra le parole e il tono della voce. 47 METODI SELF-REPORT QUANTITATIVI  Il metodo self-report quantitativo per eccellenza è il questionario scritto o scala di valutazione (rating scale).  Il disegno dei questionari può sembrare semplice, ma non lo è. Non mancano comunque in circolazione questionari progettati male. La massima di base è “abbi cura del rispondente”.  La maggior parte dei questionari usa la scala Likert.  Gli item ben fatti sono chiari, semplici e brevi.  Ci sono vari aspetti da tenere in considerazione nel progettare una scala di risposte, per es. il numero di punti, il tipo di ancoraggio, se si tratta di scale unipolari o bipolari (a un polo o a due poli).  Il set di risposte, come il consenso (acquiescenza) e la desiderabilità sociale, si riferisce alla tendenza a rispondere agli item indipendentemente dal loro contenuto. Deve essere tenuto in considerazione quando si progettano e si interpretano misure self-report. Le fasi di sviluppo di una misura: se si sta facendo ricerca su una variabile che non viene misurata in maniera soddisfacente dagli strumenti esistenti, si rende necessario costruire ad hoc una misura adeguata. Non è una cosa da prendere alla leggera, dal momento che richiede tempo e abilità specifiche. Tuttavia, poiché molte aree sono del tutto o quasi prive di misurazioni appropriate, si tratta di un tipo di ricerca abbastanza frequente. Spesso approcciarsi a una nuova area di ricerca significa scoprire che non ci sono strumenti di misura validi e quindi diventa necessario riformulare la ricerca per accogliere l’ulteriore sfida di costruire un nuovo strumento. Per costruire una misura, le fasi da seguire sono pressappoco le seguenti:  Aver fatto una ricerca in letteratura per assicurarsi che non esistono strumenti di quel tipo, sviluppare una prima bozza della scala basata sulla teoria, su interviste qualitative pilota o sull’analisi di questionari esistenti.  Con degli studi pilota, sperimentare progressivamente la scala su rispondenti sempre più vicini alla popolazione target (ovvero il pre-testing), modificandola successivamente. Prevedere di revisionarla diverse volte. Conviene testare in maniera informale l’affidabilità e possibilmente fare un’analisi fattoriale su un campione pilota di 20 o 30 rispondenti per vedere se qualche item deve essere eliminato o aggiunto prima dello studio vero e proprio.  Una volta che è stata sviluppata una versione soddisfacente della scala, condurre uno studio di affidabilità formale somministrando lo strumento a un campione ampio estratto dalla popolazione che si avvicina alla popolazione di interesse. Dopodiché si possono esaminare le caratteristiche degli item, coerenza interna e struttura fattoriale. In genere, viene somministrata due volte ad alcuni dei partecipanti, allo scopo di valutare l’affidabilità test-retest.  Se l’affidabilità e la struttura fattoriale sono soddisfacenti, si possono condurre studi appropriati di validità, che esaminano le correlazioni dello strumento con altri criteri o costrutti. (Questi studi possono essere anche combinati a quello dello step precedente). La nuova misura viene somministrata insieme ad un set di misure simili e diverse, come una misura della desiderabilità sociale e misure che non correlano con il nuovo strumento, per stabilire la validità discriminante. 50 utilizzando le categorie della scala e in particolare se sono in grado di discriminare in modo affidabile i punti vicini.  L'uso della categoria della scala di valutazione sembra interagire con il contenuto degli item: una scala di valutazione a cinque punti che funziona per un item potrebbe non funzionare per un altro.  Sebbene a volte si affermi che l'affidabilità aumenta con più punti di scala, una scoperta comune è che i rispondenti non possono discriminare in modo affidabile due o talvolta anche tre dei punti della scala a cinque punti. In ogni caso, sembrano esserci rendimenti decrescenti oltre i cinque punti.  Le persone tendono a evitare le estremità delle scale, un fenomeno conosciuto come tendenza centrale.  Invece di usare scale a punti discrete, un altro approccio è quello di chiedere ai rispondenti di segnare un punto su una linea di 10 centimetri (una scala visuo- analogica) e usare poi un righello per misurare. A un polo o a due poli. Le scale di risposta possono essere a un polo (unipolari) o a due poli (bipolari). Una scala a un polo ha un solo costrutto, che varia di intensità. Una scala a due poli ha due identificatori opposti alla fine della scala. Punto medio. Le scale a due poli possono o non possono avere un punto medio, che rappresenta opzioni come “Non so”, “Neutrale” o “Né l’una né l’altra”. In altre parole, possono avere un numero pari o dispari di punti. L’argomentazione contraria ad avere un punto medio è che in generale le persone hanno un’opinione, in un modo o in un altro, che esprimono se vengono sollecitate un poco. Questa procedura prende il nome di scelta forzata (forced choice), che rende le analisi più semplici, perché i rispondenti possono esser divisi in quelli che esprimono un’opinione positiva e in quelli che ne esprimono una negativa. L’argomentazione a favore del punto medio è il fatto che la neutralità rappresenti un’opinione alternativa genuina, ed è coercitivo non permettere ai rispondenti di esprimere le loro opinioni nel modo in cui vogliono. Ancoraggio. L’ancoraggio si riferisce all’etichettare i punti della scala con parole in aggiunta ai numeri. In questo modo, i punti vengono esplicitati e le persone valutano gli stessi criteri. Questo, però, comporta due assunzioni: (1) che la scala abbia proprietà a intervalli, e cioè che i punti siano tutti uguali; e (2) che le persone comprendano la stessa cosa dagli aggettivi usati. A volte i ricercatori ancorano semplicemente i punti estremi della scala, come nelle scale visuo-analogiche e nei differenziali semantici (che usano coppie di aggettivi bipolari, come buono-cattivo, duro-soffice, pesante-leggero). È anche possibile ancorare punti alternati della scala, un compromesso tra l’ancorare tutti i punti e l’ancorare solo gli estremi. Set di risposte: i set di risposte si riferiscono alla tendenza degli individui a rispondere agli item in modi che non sono specificatamente collegati al loro contenuto. Quelli più comunemente incontrati sono:  Il consenso / l’acquiescenza (“dire di sì”) si riferisce alla tendenza ad essere d’accordo piuttosto che in disaccordo. Il modo per aggirare i problemi di acquiescenza è avere un numero uguale di item con punteggi positivi e negativi. Inoltre, quando gli item sono invertiti e ne viene calcolata la media, ogni tendenza all’acquiescenza viene eliminata. L’acquiescenza è stata segnalata come un problema particolare quando si lavora con persone con ritardo mentale. Sigelman 51 e colleghi suggeriscono alcune linee guida per una buona pratica, per esempio, il fatto che i ricercatori debbano evitare le domande “sì/no” e usare invece le domande aperte con questa popolazione.  La desiderabilità sociale si riferisce alla tendenza a rispondere in una maniera socialmente accettabile o consciamente o inconsciamente. Nella ricerca clinica, è importante considerare anche la tendenza opposta, ovvero quando i rispondenti cercano di “simulare il male”. Questo può accadere nel contesto forense, quando i criminali cercano di ottenere una sentenza più lieve o un regime carcerario meno duro; nel caso di richieste di risarcimento dell’assicurazione per traumi psicologici. Alcune possibilità per evitare problemi di desiderabilità sociale sono: o Inserire una scala di desiderabilità sociale nello strumento principale. o Utilizzare un formato a scelta forzata, dove il rispondente sceglie tra alternative simili di desiderabilità sociale. o Usare “item di controllo”, sui quali l’accettabilità della risposta non è evidente. Assemblaggio del questionario e aspetti successivi: dopo aver progettato le domande e la scala di risposte, il compito finale è assemblare il tutto in un questionario coerente. Bisogna cercare di rendere l’esperienza di compilazione quanto più possibile avvincente e minimizzare qualsiasi cosa che potrebbe affaticare o irritare i rispondenti. Bisogna rendere il questionario piacevole alla vista, con una scrittura leggibile e con un linguaggio facilmente comprensibile. È di aiuto ai rispondenti se gli argomenti all’interno del questionario sono ordinati in una sequenza logica e la transizione tra aree diverse viene resa il più fluida possibile. È necessario pensare all’analisi dei dati prima della bozza finale, perché si potrebbero stampare le istruzioni di inserimento dei dati nel questionario. Dillman suggerisce di mirare ad almeno un 60% di tasso di risposta e di inviare lettere di promemoria per incrementare la risposta iniziale. È importante ricordare che le persone che compilano il questionario e lo restituiscono non sono di solito rappresentative dell’intera popolazione target: esse tendono ad avere un livello più elevato di cultura, educazione e motivazione. Allo scopo di concettualizzare cosa potrebbe condurre ad errori nel campionamento, bisogna chiedersi come mai qualcuno potrebbe non voler compilare il questionario. È possibile qualche volta stimare questi bias confrontando i rispondenti con i non rispondenti su alcune variabili chiave. Uno sviluppo recente nella ricerca sui questionari è il questionario basato su internet. Internet ha il vantaggio di dare accesso a un campione potenzialmente enorme di rispondenti, e questo è particolarmente importante per le popolazioni difficili da raggiungere. Integrazione tra metodi self-report qualitativi e quantitativi: è doveroso sottolineare che la nostra separazione tra intervista e questionario e tra metodi qualitativi e quantitativi è stata fatta per scopi didattici, non pratici. La nostra idea è che tutte le combinazioni di metodi di raccolta dati self-report/osservativi, qualitativi/quantitativi, possano essere usate. 52 CAPITOLO 7- OSSERVAZIONE In psicologia clinica i ricercatori possono scegliere se usare l’osservazione, i self-report o una combinazione tra questi due. L’osservazione può assumere varie forme. Si può osservare la persona nel suo ambiente di vita naturale. Gli studi di psicologia ecologica rappresentano un classico esempio di questo tipo di osservazione. È possibile condurre osservazioni anche in condizioni standardizzate, in clinica o in laboratorio. La Strange Situation, che valuta le reazioni del bambino alle brevi separazioni dal suo caregiver in condizioni standardizzate. L’osservazione è diversa dalla valutazione, dalla spiegazione, o dai report sintetici. Ci riferiamo qui all’osservazione come metodo di misurazione, non come disegno di ricerca. Dati osservativi possono essere usati in disegni descrittivi, correlazionali o sperimentali: non c’è un legame logico tra il metodo di misurazione e il disegno di ricerca adottato. Vantaggi e svantaggi: il vantaggio dell’osservazione è che si tratta di una misura diretta del comportamento. Inoltre, consente di valutare il comportamento all’interno del suo contesto. E’ utile anche per studiare comportamenti di cui le persone non sono consapevoli (per es., il comportamento non verbale) o comportamenti che non sono accessibili attraverso i metodi self-report (per es., a causa della negazione, della distorsione o della semplice dimenticanza). Lo svantaggio dell’osservazione è che può essere usata solo per rispondere a certi tipi di domande di ricerca, specialmente quando si è interessati ai comportamenti esteriori (manifesti). Spesso però le domande di ricerca sono molto più complesse e il comportamento manifesto è solo un aspetto. Tuttavia, i metodi osservazionali possono essere usati anche per studiare i processi interni, in due modi. Uno riguarda il fatto che il partecipante alla ricerca sia egli stesso l’osservatore, cioè si impegni nell’automonitoraggio. L’altro è che le osservazioni del comportamento vengono usate per fare inferenze sui processi cognitivi e sugli stati emotivi. Un altro svantaggio è che gli studi di osservazione hanno spesso problemi legati alla reattività alla misurazione: le persone possono comportarsi in maniera differente se sanno di essere osservate. Una possibile soluzione al problema della reattività è quello di osservare di nascosto. OSSERVAZIONE QUALITATIVA Nell’osservazione qualitativa, l’osservatore cerca di documentare un resoconto narrativo. Tuttavia, a differenza di una descrizione letteraria, il resoconto cerca di essere esplicito e sistematico, invece che metaforico e intuitivo. Tanti approcci diversi ricadono nella categoria dell’osservazione qualitativa. Questa sezione esamina i due principali: l’osservazione partecipante e i metodi basati sul testo. Osservazione partecipante: l’osservazione partecipante consiste in una procedura in cui l’osservatore entra a far parte di un gruppo sociale allo scopo di fare esperienza in prima persona delle sue dinamiche interne. È caratterizzata da un periodo di intensa interazione sociale tra il ricercatore e le persone che devono essere osservate, nel loro 55 soltanto agli approcci qualitativi; si manifesta con tutti i tipi di osservazione. Gli osservatori partecipanti possono ridurre questo problema dando alle persone il tempo di abituarsi alla loro presenza nel setting. Ricerca basata sul testo: la seconda area che afferisce all’osservazione qualitativa è la ricerca basata sul testo. I testi forniscono il materiale di base per un insieme di approcci di ricerca che prende il nome di analisi del discorso. Questi testi comprendono trascrizioni di conversazioni, documenti ufficiali, trasmissioni televisive e articoli di giornale. Gli approcci basati sul testo si caratterizzano per un esame approfondito del testo: il focus è concentrato sulla sua struttura, sulle assunzioni e significati sottostanti. Ciò li distingue dai self-report, perché in questi approcci l’obiettivo è quello di analizzare il testo in quanto esempio di comunicazione, e non quello di comprendere ciò che l’autore di quel testo pensa o prova. Fonti di testi: gli studi che adottano questi approcci possono attingere da una grande varietà di fonti possibili:  Documenti personali. Il tradizionale approccio dei documenti personali raccoglie lettere, diari  Documentazioni o archiviazioni amministrative possono essere usate, come report della corte di un tribunale o documentazioni di casi clinici.  Testi culturali che comprendono documentazioni pubblicate ampiamente diffuse. Possono essere libri di auto-aiuto, discorsi politici, mezzi di intrattenimento  Rappresentazioni visive che includono fotografie, pubblicità e home video.  Interazioni che avvengono spontaneamente. I ricercatori possono interessarsi anche alle conversazioni normali, ordinarie, di tutti i giorni o quelle specialistiche, come linee telefoniche di supporto.  Esempi raccolti o “trovati” di uso del linguaggio comprendono lo slang e le metafore, per esaminare come le persone parlano della malattia mentale. I ricercatori possono raccogliere anche esempi di fenomeni di interesse teorico o pratico.  Testi richiesti o costruiti sono quelli realizzati o sollecitati dal ricercatore. Per esempio, il ricercatore potrebbe chiedere ai partecipanti di scrivere un resoconto personale di esperienze difficili o di impegnarsi in un compito di interazione familiare. Esempi: la ricerca storica è l’esempio prototipico della ricerca basata sul testo. Dal punto di vista della psicologia, la ricerca storica ha il merito di riportare in vita il passato, allo scopo di aiutarci a comprendere il contesto storico all’interno del quale si sono sviluppate idee importanti in psicologia. Il potere di un’accurata analisi storica viene illustrato da Runyan, nella sua analisi sulle innumerevoli spiegazioni attribuite all’episodio di Vang Gogh che si mozzò un orecchio. Da un’attenta analisi di documenti storici, riuscì a escludere quasi tutte le spiegazioni che erano incoerenti con quello che si conosceva della vita del pittore. OSSERVAZIONE QUANTITATIVA 56 L’essenza dell’osservazione quantitativa è che le variabili da osservare e i metodi per osservarle vengono definiti in maniera esplicita. Si caratterizza per l’uso di codici comportamentali predefiniti da osservatori formati (chiamati anche valutatori o giudici) la cui affidabilità è garantita. Le osservazioni quantitative si concentrano di solito su un numero piccolo di comportamenti specifici, anche se qualche volta essi possano variare in maniera più ampia. Le osservazioni quantitative possono essere usate per affrontare diversi tipi di domande di ricerca. Per esempio, sono utili per le domande di descrizione, per le analisi sequenziali e per le domande di covariazione. Quadro di riferimento teorico: storicamente, i metodi di osservazione quantitativa si sono sviluppati in quattro diverse aree: osservazione comportamentale, ricerca sul processo psicoterapeutico, la psicologia dello sviluppo e analisi di contenuto nella comunicazione. L’osservazione comportamentale ha le sue radici concettuali nel comportamentismo metodologico, che afferma che la psicologia dovrebbe restringere il suo campo di azione al comportamento osservabile. La ricerca sul processo psicoterapeutico ha inizio con il lavoro di Carl Rogers e il gruppo di terapia centrata sul cliente. Questi sono stati i primi ricercatori a studiare le registrazioni delle interazioni in terapia e i primi a quantificare aspetti della relazione terapeutica, come l’empatia del terapeuta. Psicologia dello sviluppo: ricercatori in questo campo usano i metodi di osservazione, sia perché i bambini hanno abilità linguistiche insufficienti, sia per valutare aspetti delle interazioni genitore-figlio che non possono essere ottenuti tramite self-report. L'esempio più famoso è lo Strange Situation Test. L’analisi di contenuto ha origine dalla ricerca sulla comunicazione nei mass media, che utilizza come sua materia prima giornali e trascrizioni di trasmissioni. L’analisi di contenuto può essere usata con i dati self-report, le trascrizioni di incontri. L’analisi di contenuto fa da ponte tra l’approccio quantitativo e l’approccio qualitativo, per il fatto che applica l’analisi quantitativa alle descrizioni verbali (qualitative). Procedure per condurre le osservazioni: noi qui parleremo delle misure osservazionali dal punto di vista del ricercatore che vuole sviluppare uno strumento: questo punto di vista viene assunto in parte per chiarire il processo coinvolto nella costruzione di una misura, in parte per fornire linee guida utili alla ricerca sulla costruzione di strumenti di misura. Sviluppare gli strumenti: il primo step nell’osservazione quantitativa è la definizione operazionale/operativa del comportamento che deve essere osservato. L’obiettivo è specificare il comportamento in maniera sufficientemente buona, cosicché possa essere osservato con un’alta affidabilità inter-giudice. Dare definizioni chiare è più difficile di quanto sembri, perché persino comportamenti apparentemente semplici sono difficili da delineare. Sviluppare una buona definizione è un processo incrementale. Spesso è utile cominciare con un’osservazione qualitativa informale, supportata da una rassegna della letteratura e sulle misure osservative simili. Il ricercatore sviluppa poi una versione iniziale dei codici e li prova su alcuni dati. Quando il ricercatore ha un sistema 57 di codifica abbastanza valido da poter essere usato, il passo successivo è insegnare i codici ai giudici, che li testano sui dati. Questo porta a un nuovo ciclo di prove e revisioni, che incrementa la probabilità che le altre persone attorno al ricercatore siano capaci di usare la misura (una forma di generalizzabilità tra osservatori chiamata portabilità). Poiché possono essere esaminate numerose e varie dimensioni di un comportamento, è utile avere una cornice teorica che guidi le scelte da fare. Metodi di osservazione: dopo aver specificato le dimensioni del comportamento da osservare, lo step successivo è scegliere un metodo di osservazione. Ci sono numerose opzioni:  La rilevazione narrativa, ovvero scrivere un resoconto di ciò che accade, è equivalente all’osservazione qualitativa. È utile per generare di ipotesi, realizzare uno strumento e per formulare idee su relazioni causali. Tuttavia, è difficile stabilire l’affidabilità di tali osservazioni. La documentazione narrativa è spesso un passo preliminare allo sviluppo di metodi più strutturati di osservazione.  La registrazione degli eventi produce la forma più semplice di dati di frequenza. L'osservatore conta ogni ricorrenza del comportamento durante l'intero periodo di osservazione. I vantaggi sono che è semplice e che può essere fatto insieme ad altre attività; gli svantaggi sono che non è possibile analizzare sequenze o altre complessità ed è difficile mantenere l'attenzione dell'osservatore o valutare l'affidabilità dell'osservatore a livello di evento.  La rilevazione a intervalli suddivide il periodo di osservazione in intervalli uguali, in ciascuno dei quali viene registrato il numero di comportamenti. Nel campionamento a intervalli intero, il comportamento viene documentato solo se è presente per l’intera durata dell’intervallo, al contrario del campionamento a intervalli parziale, in cui può essere presente anche solo per una parte dell’intervallo. I vantaggi della rilevazione a intervalli riguardano il fatto di poter analizzare le sequenze e quindi di avere una stima rudimentale sia della frequenza che della durata di un comportamento. Può essere adattata per rilevare diversi comportamenti in contemporanea. Il fatto che gli intervalli siano cronometrati contribuisce a mantenere gli osservatori attenti e vigili. Gli svantaggi riguardano il fatto che ciò richiede molto sforzo da parte dell’osservatore, perché è necessario seguire il tempo e anche il comportamento.  Il campionamento a tempo, le osservazioni vengono fatte solo in momenti specifici di tempo, per esempio ogni cinque minuti. Quando si osservano gruppi ampi, può essere usato lo scan sampling, in cui ogni membro del gruppo viene osservato in modo sequenziale. I vantaggi del campionamento a tempo sono relativi al fatto che producono una misura diretta della prevalenza di un comportamento in un gruppo e questo è utile per comportamenti continui, ad alta valutazione; vuol dire anche che i valutatori non devono mantenere uno stato di attenzione continua. Lo svantaggio è che si rischiano di perdere i comportamenti a bassa frequenza, perché potrebbero manifestarsi nell’intervallo tra due tempi di osservazione.  La codifica dell’azione sequenziale rileva gli eventi nell’ordine in cui essi avvengono. Essa richiede un sistema di codifica esaustivo che tenga in 60 integrante dell’intero processo di ricerca, incluso il quadro teorico di riferimento e le domande di ricerca, le analisi e l’interpretazione. 61 CAPITOLO 8- FONDAMENTI DEL DISEGNO DI RICERCA In questo capitolo, inizieremo a esaminare la fase del disegno di ricerca. Per chiarire cosa si intende con il termine “disegno di ricerca”, bisogna pensare alle domande “cosa, quando, dove e chi?” applicandole a un progetto di ricerca. La misurazione è il “cosa”: cosa viene studiato, quali misurazioni vengono fatte. Il disegno di ricerca denota il “quando, dove e da chi” le misurazioni vengono fatte: la struttura logica che guida la raccolta dati dello studio. I disegni di ricerca possono essere classificati in due tipologie fondamentali: i disegni sperimentali e i disegni non sperimentali. I disegni sperimentali implicano un intervento attivo del ricercatore, come per esempio il sottoporre a un tipo di terapia alcuni clienti e a un secondo tipo di terapia altri clienti, mentre i disegni non sperimentali implicano semplicemente una misurazione, senza alcun cambiamento per il fenomeno o la situazione che deve essere misurata. Questi due approcci al disegno di ricerca riflettono “le due discipline della psicologia scientifica”. Gli sperimentalisti sono molto interessati a esaminare l’influenza causale di fattori esterni, che possono essere soggetti alla manipolazione sperimentale; i non sperimentalisti sono spesso più interessati a vedere le variazioni tra le persone. DISEGNI NON SPERIMENTALI I disegni non sperimentali possono essere classificati, a seconda dei loro scopi, in disegni descrittivi e disegni correlazionali. Come si capisce dal loro nome, i disegni descrittivi di solito mirano a descrivere semplicemente, mentre i disegni correlazionali sono volti a esaminare le associazioni in modo da fare predizioni o esplorare legami causali. Disegni descrittivi: alcuni esempi di studi descrittivi sono:  La ricerca epidemiologica descrittiva, che vuole documentare l’incidenza e la prevalenza di problemi psicologici specifici.  La ricerca sulla soddisfazione dei consumatori, che valuta la soddisfazione del cliente verso un servizio psicologico.  La ricerca fenomenologica, che intende comprendere la natura e le caratteristiche peculiari di una data esperienza. Gli studi descrittivi quantitativi riportano i loro risultati usando le statistiche descrittive. Si tratta di un’espressione tecnica che fa riferimento a statistiche come la percentuale, la media, la mediana, l’incidenza e la prevalenza. Tuttavia, è raro avere uno studio puramente descrittivo, poiché i ricercatori vogliono spesso esaminare l’associazione tra due o più variabili di interesse. Disegni correlazionali: gli studi correlazionali hanno l’obiettivo di esaminare la relazione tra due o più variabili: in un linguaggio tecnico, vogliono vedere se esse covariano, correlano o sono associate reciprocamente. Studi di questo tipo sono anche chiamati studi di osservazione passiva o studi naturalistici, contrapposti agli studi che impiegano metodi attivi di manipolazione sperimentale. Negli studi correlazionali, i ricercatori misurano un certo numero di variabili per ciascun partecipante, con lo scopo di studiare l’associazione che c’è tra queste variabili. 62 La ricerca sullo sviluppo di strumenti, che si pone l’obiettivo di costruire, valutare o migliorare strumenti di misura, utilizza sia disegni descrittivi che disegni correlazionali. I disegni correlazionali possono essere trasversali, in cui tutte le osservazioni vengono fatte nello stesso momento, o longitudinali, in cui le misurazioni vengono effettuate in due o più momenti temporali diversi. Gli studi correlazionali possono utilizzare semplici misure di associazione statistica, come i coefficienti chi-quadro e di correlazione, o i metodi multivariati, come la regressione multipla, l’analisi fattoriale e le procedure di regressione lineare logistica. Possono usare anche metodi più avanzati, con l’obiettivo di mappare/tracciare la struttura sottostante di un set complesso di dati. Questi metodi hanno diversi nomi ma la logica alla base è la stessa: vengono usati per valutare quanto i modelli concettuali generati da ricerche precedenti si adattino bene ai dati. La path analysis è sia un metodo di analisi concettuale, sia una procedura per testare modelli causali. L’essenza della path analysis è raccontare una storia sotto forma di diagramma di flusso, mostrando quali variabili influenzano le altre. Correlazione e causalità: il principale svantaggio degli studi correlazionali è che non possono essere usati per fare inferenze causali in maniera univoca. La regola d’oro nel disegno di ricerca è: correlazione non vuol dire causalità. L’esistenza e la natura di relazioni causali implica alcuni problemi filosofici complessi:  In primo luogo, non è esattamente chiaro cosa gli psicologi intendano quando parlano di “cause”.  In secondo luogo, in psicologia e in epidemiologia si ha a che fare con cause probabilistiche più che deterministiche. Quando diciamo che un intervento causa un cambiamento, intendiamo dire che tale intervento pone le basi per un possibile cambiamento, ma questo cambiamento non è affatto sicuro.  In terzo luogo, i filosofi e gli scienziati hanno avuto difficoltà nel definire un insieme di condizioni necessarie a inferire una relazione causale. Quattro condizioni generalmente condivise sono:  Covariazione: le due variabili devono manifestarsi insieme.  Precedenza: la variabile ipotizzata come causale deve precedere in maniera affidabile la variabile effetto.  Esclusione di spiegazioni alternative: altre spiegazioni per la covariazione osservata devono essere ragionevolmente escluse.  Meccanismo logico: ci deve essere una spiegazione plausibile per la relazione causale ipotizzata. Gli studi correlazionali possono stabilire la prima condizione, e cioè che le due variabili, A e B, covarino. Devono essere note anche le informazioni rilevanti per la seconda condizione, e cioè come queste variabili siano ordinate nel tempo (se l’una precede l’altra). La terza condizione, e cioè l’eliminazione di spiegazioni alternative, può essere in qualche modo soddisfatta entro una cornice correlazionale, mentre la quarta condizione, fornire cioè una spiegazione plausibile, viene derivata dalle precedenti teorie e ricerche. Facciamo un esempio, supponiamo che la variabile A rappresenti l’empatia del terapeuta e la variabile B rappresenti il risultato del cliente alla fine della terapia, e che la ricerca abbia trovato una correlazione positiva significativa tra l’empatia del 65 artificiose le misure e le procedure dello studio confrontate con il mondo reale al di fuori del setting di ricerca. Cook e Campbell hanno considerato anche la validità di conclusione statistica e la validità di costrutto in aggiunta alla validità esterna. Il dilemma fondamentale riguarda il compromesso che spesso si deve trovare tra validità interna e validità esterna. Si ha un’alta validità interna in laboratorio, dove il ricercatore può esercitare un controllo notevole delle variabili, sacrificando la loro validità esterna, cioè la loro generalizzabilità e la rilevanza nel mondo reale. In poche parole, i disegni erano ingegnosi ma artificiosi. Al contrario, le ricerche sul campo, condotte nei contesti naturali con popolazioni cliniche, di solito hanno un’alta validità esterna. Sfortunatamente, però, questo è a svantaggio della validità interna, dato che il controllo sperimentale è molto più difficile nei setting di campo, per una serie di ragioni che discuteremo in seguito. Il nocciolo del pensiero di Cook e Campbell è che tutti i disegni di ricerca sono imperfetti, ma è possibile analizzare sistematicamente la natura e le conseguenze delle loro imperfezioni, chiamate minacce alla validità. Il compito del ricercatore è cercare di ottenere un disegno di ricerca ottimale a partire dagli scopi e dai limiti della ricerca. La classificazione dei disegni di ricerca di Cook e Campbell: Campbell e i suoi collaboratori hanno proposto anche una tassonomia dei disegni di ricerca. Hanno introdotto la distinzione fondamentale tra disegni quasi sperimentali e sperimentali. I quasi-esperimenti sono definiti come “esperimenti che hanno un trattamento, misure di outcome e unità sperimentali, ma non usano l’assegnazione casuale per fare confronti da cui si inferisce il cambiamento causato dal trattamento”. Tuttavia, è preferibile usare i termini di “disegni randomizzati” e “non randomizzati”. Disegni di ricerca non randomizzati Disegno a un gruppo con solo il post-test: questo disegno di ricerca elementare è illustrato nel seguente diagramma: X O Nella notazione di Cook e Campbell, “X” sta per un trattamento sperimentale, “O” sta per un’osservazione o una misurazione, di una o più variabili. Il disegno a un gruppo con solo il post-test, originariamente chiamato one-shot case study (studio di caso a un colpo), è il disegno di ricerca più semplice. Si caratterizza come un disegno quasi-sperimentale, perché c’è un intervento sperimentale, X. Questo disegno è utile per generare ipotesi sulla causalità, ma è quasi sempre insufficiente per fare inferenze causali, perché farlo provoca la fallacia logica del “post hoc ergo propter hoc” (poiché B avviene dopo A, B deve essere un risultato di A). Tuttavia, questo disegno non dovrebbe essere rifiutato a priori dalla ricerca che vuole verificare spiegazioni causali. Può essere adottato se sono disponibili dal contesto informazioni sufficienti, e specialmente se si assume un atteggiamento investigativo, volto alla ricerca di segni o indizi di causalità – cause segnalate. Shadish et al. sostengono che l’interpretabilità di questo disegno è rafforzata quando l’effetto è chiaro e misurato in molteplici modi; questo consente un approccio “pattern-matching” che confronta gli effetti alle loro potenziali cause, come un epidemiologo lavora a ritroso su un’epidemia per ricercarne le possibili motivazioni. 66 Disegno a un gruppo pre-post test O1 X O2 Questo disegno estende il precedente aggiungendo una misura preliminare, che consente una stima diretta del cambiamento nel tempo. Gli psicologi potrebbero somministrare una misura della gravità del problema a tutti i clienti prima e dopo la terapia. Tuttavia, non è possibile attribuire immediatamente al trattamento sperimentale, X, il cambiamento nelle variabili di outcome. Questo perché è rischioso inferire post hoc ergo propter hoc. Cook e Campbell (1979) hanno stilato un elenco di possibili minacce alla validità interna che possono esserci in questo disegno di ricerca:  Il cambiamento endogeno, che fa riferimento a qualsiasi tipo di cambiamento nella persona. L’esempio più importante è la guarigione spontanea, chiamata anche remissione spontanea, che consiste in una guarigione senza apparenti ragioni esterne.  La tendenza alla maturazione, che si riferisce alla crescita o alla maturazione della persona. Si tratta di un caso speciale di cambiamento endogeno.  La reattività alla misurazione, in cui l’atto del misurare cambia ciò che deve essere misurato. Per esempio, ci possono essere degli effetti di pratica su un test psicologico, per cui i partecipanti potrebbero andare meglio alla seconda somministrazione del test in quanto hanno imparato a rispondere.  Il cambiamento secolare, un trend sociale a lungo termine, come per esempio la riduzione generale del fumo negli anni.  Gli eventi che interferiscono/intervenienti, ovvero eventi significativi che avvengono tra il pre-test e il post-test, come una crisi internazionale può incrementare l’ansia generale.  La regressione verso la media. I partecipanti negli studi clinici sono spesso selezionati sulla base dei loro punteggi estremi sulle misure di disagio psichico. Il fenomeno della regressione verso la media è dovuto alla inattendibilità della misurazione, che vuol dire che i punteggi al post-test mostreranno un miglioramento, anche se la terapia non è stata efficace. Questo perché i punteggi estremi al pre-test riflettono in parte errori di misurazione, per cui tenderanno a non essere più così estremi nel post-test. Un ulteriore problema nell’interpretare i risultati provenienti da questi disegni sperimentali ha a che fare con la validità di costrutto dell’intervento sperimentale. La distinzione tra validità interna e validità di costrutto non è molto facile da afferrare. La domanda alla base della validità interna richiede se il cambiamento possa essere attribuito all’intervento, X, o a qualcos’altro; mentre la domanda alla base della validità di costrutto accetta che X stia producendo il cambiamento e si domanda quale costrutto spieghi realmente il cambiamento. Alcuni possibili problemi della validità di costrutto sono:  Variabili confondenti. “Confondenti” vuol dire che avvengono nello stesso momento e sono inestricabilmente legate. Nello studio di Sloane et al., il tipo di terapia veniva confuso con la persona del terapeuta, dal momento che ciascuno dei due interventi erano forniti da due diversi terapeuti. È possibile che le 67 differenze tra le terapie abbiano semplicemente riflettuto le differenze nella personalità o nelle abilità dei terapeuti che le hanno condotte.  Effetti delle aspettative. I clienti potrebbero beneficiare di un servizio semplicemente perché si aspettano dei benefici, e non perché ci sia un reale effetto benefico del servizio erogato. Questo effetto delle aspettative è collegato all’effetto placebo, dove i pazienti possono trarre benefici dai trattamenti che non hanno alcun effetto farmacologico.  Effetto Hawthorne, nel quale la ricerca stessa produce un cambiamento benefico, cioè il fatto di far parte/di essere oggetto di una ricerca. Questo effetto prende il nome da uno studio famoso in psicologia occupazionale, nel quale la diminuzione del livello di illuminazione in una fabbrica incrementava la produttività, ma questo accadeva anche quando il livello di illuminazione aumentava. La differenza tra O2 e O1 (ovvero, il cambiamento totale pre-post) viene definita effetto lordo/complessivo dell’intervento. L’effetto netto viene definito come l’effetto che può essere ragionevolmente attribuito all’intervento stesso, ovvero l’effetto lordo meno l’effetto dovuto a variabili confondenti ed errori. Nella ricerca clinica, è spesso un buon primo passo utilizzare un disegno semplice, come quello a un gruppo pre-post test (inteso come uno studio clinico aperto) per dimostrare che nel complesso esiste un effetto lordo. Studi successivi potranno poi adottare disegni di ricerca più sofisticati con gruppi di controllo o di confronto per stimare gli effetti netti, escludendo gli effetti di possibili variabili confondenti ed esaminando quali componenti dell’intervento siano realmente responsabili del miglioramento del cliente. Disegno a gruppi non equivalenti con solo il post-test NR X O NR O Nella notazione, “NR” sta per assegnazione non randomizzata ai gruppi sperimentali. È simile al disegno di ricerca a un gruppo con il solo post-test, tranne per il fatto che il gruppo che riceve il trattamento sperimentale è confrontato a un gruppo simile che non ha ricevuto il trattamento. A differenza del disegno di ricerca precedente e di quello seguente, questo non fornisce una stima diretta del cambiamento pre-post. Può essere utilizzato per studi retrospettivi, dove non c’è una misurazione preliminare, e le misurazioni post sono tutte quelle che possono essere gestite in determinate circostanze. Nelle applicazioni cliniche, X di solito rappresenta un intervento. Tuttavia, la cornice concettuale di questo disegno può essere usata anche per confrontare gruppi che differiscono in base ad esperienze di vita stressanti, viste come una sorta di esperimento negativo. Gli effetti di questi stressor o esperienze negative viene valutato e vengono formulate delle ipotesi causali. Se utilizzato in questo modo, questo progetto è spesso noto come esperimento naturale. Un esempio è lo studio sugli orfani rumeni, che ha seguito i bambini che avevano subito gravi privazioni emotive e fisiche negli orfanotrofi e che erano stati successivamente adottati. Analizzando a quale età erano stati adottati, è stato possibile verificare le ipotesi su periodi di sviluppo critici per lo sviluppo di problemi psicologici a seguito di maltrattamenti. Sembrava esserci una soglia di circa 6 mesi: 70  Disegno a misure ripetute, ovvero uno in cui gli stessi individui vengono valutati in due o più momenti temporali.  I fattori in blocco (blocking factors) sono quelli che rappresentano le variabili di differenze individuali dei partecipanti all’interno del disegno di ricerca, si parla anche di stratificazione. Questi fattori vengono inclusi in modo da esaminare i loro effetti come potenziali moderatori o allo scopo di garantire che i gruppi sperimentali siano bilanciati. La procedura prevede che i partecipanti vengano raggruppati in categorie rilevanti prima che avvenga la randomizzazione per i trattamenti sperimentali.  Nel contesto educativo, le analisi che affrontano la questione relativa a quale intervento funzioni meglio per gli studenti si chiamano studi di interazione predisposizione-trattamento. Tuttavia, tali disegni di ricerca su larga scala, all’interno di ciò che è stato definito paradigma matrice hanno notevoli limiti pratici, non per ultimo il fatto che richiedano un numero ampio di partecipanti.  I disegni di analisi della covarianza sono simili ai disegni a blocchi, ma vengono utilizzati quando è noto che la variabile relativa alle differenze individuali ha una relazione lineare con la variabile di outcome. L’analisi della covarianza è una procedura molto più potente del metodo a blocchi, ma le assunzioni statistiche che deve rispettare prima di poter essere implementata sono molto restrittive. Gruppi di controllo e di confronto: i termini gruppo di controllo e gruppo di confronto sono definiti in maniera piuttosto vaga. L’implicazione dell’espressione “gruppo di controllo” è che qualche aspetto attivo del gruppo sperimentale venga a mancare, mentre l’espressione “gruppo di confronto” implica che venga dato un trattamento alternativo. Noi useremo l’espressione “gruppo di controllo” come un’abbreviazione di gruppo di controllo o gruppo di confronto. Sono possibili molti tipi di controllo a seconda delle domande di ricerca:  I controlli senza trattamento, nei quali il gruppo di controllo non riceve alcun tipo di trattamento, vengono usati per avere un netto confronto con la terapia che si sta indagando. Tuttavia, insorgono questioni etiche importanti nel negare un trattamento a clienti che hanno un disagio clinico profondo. I ricercatori devono bilanciare il possibile effetto dannoso che risulta da un trattamento non verificato con la negazione di un effetto benefico risultante da un trattamento potenzialmente efficace. Questo problema può non insorgere in un disegno non randomizzato, dal momento che un gruppo di clienti che potrebbe non essere in grado di ricevere il trattamento sperimentale può essere usato come gruppo di controllo.  I controlli in lista d’attesa spesso rappresentano un possibile compromesso, specialmente con i trattamenti a breve termine o con i clienti che hanno un disagio clinico non grave. I clienti che vengono assegnati casualmente al gruppo in lista d’attesa ricevono l’assessment iniziale e successivamente vengono collocati in una lista in attesa di ricevere l’intervento dopo che il gruppo sperimentale ha terminato il suo. Dunque, con questo metodo è possibile tenere sotto controllo la reattività all’assessment iniziale, la speranza di esiti positivi e la guarigione spontanea.  I gruppi di controllo sulle aspettative e la relazione tengono sotto controllo le aspettative relative a effetti benefici, la speranza di esiti positivi e anche gli effetti del contatto con il terapeuta. Negli studi sui farmaci, dove ai pazienti 71 viene data una pillola fatta di zucchero o un’altra sostanza farmacologica inerme, prendono il nome di gruppi di controllo placebo. Questa espressione, però, non è molto precisa nel contesto psicologico: è sempre meglio specificare cosa tale gruppo deve tenere sotto controllo. In farmacologia, gli studi vengono fatti secondo il metodo del doppio cieco, in cui né i pazienti né i medici conoscono in quale condizione sperimentale si trovi ciascun paziente, oppure vengono svolti secondo l’approccio del triplo cieco, dove anche lo sperimentatore viene tenuto all’oscuro. Tuttavia, anche negli studi sui farmaci, questo non è sempre possibile, perché pazienti e medici potrebbero saper distinguere tra farmaci e placebo, per esempio per via degli effetti collaterali. Negli interventi psicologici, qualsiasi trattamento di controllo dovrebbe apparire agli occhi del cliente credibile come un trattamento sperimentale. I controlli di aspettative e di relazione generalmente funzionano bene per la ricerca farmacologica, ma la loro efficacia è discutibile nella ricerca in psicoterapia, dove fattori di relazione e aspetti di alleanza terapeutica sono di solito i migliori predittori degli effetti.  I gruppi di trattamento comparativo utilizzano un trattamento comparabile accertato, anziché un placebo, che abbia effetti benefici simili a quelli del trattamento sperimentale. Rappresentano un modo etico di fare ricerca. In queste situazioni, i ricercatori mirano a mostrare più la confrontabilità che le differenze, ma ciò richiede l’implementazione di test statistici di equivalenza che raramente vengono fatti. Un recente approccio è quello di condurre uno studio di non inferiorità, che mira a dimostrare che un nuovo trattamento non è peggio di un trattamento standard.  Gli studi di “smantellamento” / “scomposizione” (dismantling studies) hanno lo scopo di vedere quali siano le componenti efficaci di un trattamento. Il trattamento completo viene confrontato con un gruppo di confronto, che riceve quel trattamento ad eccezione di una parte.  È possibile anche la strategia contraria: disegni di ricerca costruttivi (o aggiuntivi) esaminano gli effetti di ulteriori componenti che vengono aggiunte che dovrebbero rafforzare l’efficacia di una terapia. Limiti pratici della randomizzazione: nonostante gli esperimenti randomizzati abbiano un elevato valore scientifico, possono non essere appropriati in alcune situazioni:  La randomizzazione non può essere utilizzata eticamente per studiare l'impatto delle esperienze negative, ad esempio il fumo di sigaretta, l'uso illecito di droghe, i disastri o il trauma psicologico. In questi casi, devono essere utilizzati progetti sperimentali non randomizzati o progetti correlativi.  A volte RCTS può essere usato per studiare qualcosa di palesemente ovvio, per il quale uno studio randomizzato è superfluo.  I requisiti di progettazione di RCTS possono significare che non sono rappresentativi della normale pratica clinica e quindi che i loro risultati non si generalizzano al di fuori del contesto di ricerca. I clienti possono essere selezionati in base a criteri di inclusione ristretti, i terapeuti possono essere altamente qualificati.  Gli studi randomizzati non tengono conto della scelta del paziente. Al di fuori degli studi di ricerca, alcuni clienti selezioneranno un trattamento in base alle loro preferenze individuali: gli studi randomizzati potrebbero quindi offrire ai 72 clienti un trattamento che non desiderano e con il quale potrebbero conseguire risultati peggiori.  La randomizzazione non controlla la fedeltà dei ricercatori, ovvero è la tendenza dei ricercatori a trovare risultati positivi per il trattamento che preferiscono. Oltre a questi problemi concettuali, ci sono anche alcune questioni pratiche che sorgono quando si implementa RCTS nella pratica clinica:  L’assegnazione casuale ai gruppi sperimentali non garantisce che i gruppi saranno equivalenti o rimarranno equivalenti. La randomizzazione è un processo casuale e potrebbe portare a distribuzioni particolari. I problemi di non equivalenza diventano più gravi se le dimensioni del campione sono piccole o se c’è un grande numero di “variabili di disturbo” sulle quali il ricercatore vuole eguagliare i gruppi.  Molti esperimenti sono affetti dal tasso di abbandono, ovvero dal fatto che alcuni partecipanti possono abbandonare lo studio prima che il trattamento si sia completato e che siano state raccolte le misurazioni post-trattamento. Il tasso di abbandono riduce l’equivalenza del gruppo sperimentale e del gruppo di controllo. Un possibile modo per affrontare questo problema è quello di condurre intent-to-treat analyses, nelle quali tutti i partecipanti che prendono parte allo studio vengono inclusi nelle analisi e vengono usati gli ultimi dati disponibili per quelli che abbandonano prima della conclusione.  Ci potrebbe essere una dispersione/fuoriuscita tra le condizioni. Per esempio, se a metà dei pazienti di un reparto ospedaliero vengono insegnate delle abilità utili, come il rilassamento, questi potrebbero insegnarle ad altri pazienti della condizione di controllo.  Una parte dello staff di ricerca potrebbe non comprendere la randomizzazione, considerandola non etica rispetto al principio di prestare cura a ciascun cliente, e quindi potrebbe essere difficile avere la cooperazione necessaria per portare avanti lo studio.  Gli esperimenti randomizzati sono costosi e richiedono molto tempo, pertanto dovrebbero essere usati solo quando c’è un’evidenza preliminare relativa agli effetti benefici del trattamento sperimentale. La valutazione degli RTC: quali sono le caratteristiche degli RCT che danno credibilità ai loro risultati? Esistono numerosi strumenti di valutazione di qualità che stabiliscono liste di controllo di criteri per la valutazione. Ci sono anche linee guida per segnalarle, la dichiarazione CONSORT fornisce raccomandazioni autorevoli sulla stesura di articoli di riviste che descrivono RCTS e per gli studi osservazionali epidemiologici. Il seguente elenco riassume i principali criteri per RCT di alta qualità:  Lo studio usa l’assegnazione casuale alle condizioni, allo scopo di escludere gli effetti di selezione, insieme a un’analisi per dimostrare che i gruppi sono simili dopo la randomizzazione.  Interventi specifici. L’intervento è specifico, in modo tale che sia chiaro quale terapia venga effettuata, che sia costante tra i terapeuti e che possa essere ripetuta da altri ricercatori se necessario. Questo requisito ha portato alla manualizzazione della terapia e alla inclusione di controlli relativi al fatto che i trattamenti aderiscano fedelmente ai protocolli di intervento. 75 CAPITOLO 9- DISEGNI DI RICERCA CON CAMPIONI PICCOLI I disegni di ricerca con campioni piccoli sono un modo affascinante per mettere insieme scienza e pratica, poiché consentono ai clinici di integrare metodi di ricerca formale nel loro lavoro di tutti i giorni. Dal punto di vista del professionista, i vantaggi della ricerca su campioni piccoli sono legati al fatto che di solito questo tipo di ricerca non è costosa, non richiede troppo tempo e, cosa ancora più importante, ha una filosofia di base molto apprezzata, ovvero l’idea che essa si focalizzi sull’unicità e la complessità degli individui. I metodi nomotetici fanno confronti tra gli individui, alla ricerca di leggi generali; i metodi idiografici guardano al singolo individuo, allo scopo di ottenere una maggiore comprensione della personalità unica della persona o delle sue risposte psicologiche. Gli approcci nomotetici sono stati a lungo criticati sulla base che la variazione e l’unicità degli individui veniva sommersa dall’atto di calcolare le medie entro gruppi più grandi. I disegni di ricerca con campioni piccoli potrebbero quindi rimediare agli svantaggi dei disegni di ricerca nomotetici basati sul confronto tra gruppi. Gli approcci idiografici descritti in questo capitolo offrono dei modi per esaminare in maniera rigorosa le risposte degli individui, specialmente nel contesto di valutazione degli interventi psicologici. Quadro di riferimento storico: gli studi con campioni piccoli hanno rappresentato il paradigma dominante in medicina e in psicologia fino all’inizio del XX secolo. Successivamente, nei primi decenni del 1900, Pearson e Fisher svilupparono metodi come la correlazione e l’analisi della varianza. Questi metodi erano stato originariamente elaborati nel contesto dell’agricoltura, dove esaminare la risposta delle singole piante è poco rilevante. Questo rende difficile adattarlo alla psicologia clinica, dove invece le differenze individuali sono molto importanti. Negli ultimi 30 anni c’è stata una rinascita dei metodi basati su campioni piccoli. 1. In primis, vi è lo studio di caso narrativo, i primi studi erano studi di caso (Freud). Spesso gli studi di caso vengono riportati per illustrare lo sviluppo di nuovi approcci teorici. Sempre dalla stessa tradizione medica deriva lo studio di caso singolo. 2. Secondariamente, vi è la tradizione di analisi comportamentale applicata, cioè il comportamentismo operante, guidata dalla visione di Skinner secondo cui l’obiettivo della scienza comportamentale è quello di “prevedere e controllare il comportamento dell’organismo individuale”. 3. In terzo luogo, Shapiro ha aperto la strada ad alcuni metodi innovativi di misurazione per i disegni sui casi singoli, sviluppando una tecnica nota come Shapiro Personal Questionnaire, che consente di quantificare e monitorare giorno per giorno o settimana per settimana i problemi dei pazienti. Al contrario del comportamentismo operante, l’approccio di Shapiro adotta un atteggiamento più fenomenologico, che viene personalizzato sulla visione che il cliente ha dei suoi problemi ed è meno concentrato sulla manipolazione sperimentale dei trattamenti. 4. Quarto, vi è una tradizione idiografica nella ricerca sulla personalità. Allport criticò fortemente il fatto che la psicologia facesse quasi esclusivamente affidamento sui metodi nomotetici. Murray ha sviluppato un approccio per studiare la personalità basato su un’indagine intensiva. 76 La terminologia di quest’area riflette in parte queste diverse tradizioni. I disegni di ricerca sul caso singolo, chiamati anche disegni N = 1, sono caratterizzati da misure ripetute sul caso singolo. Di solito includono una manipolazione sperimentale di un trattamento. Gli studi che non utilizzano misure ripetute e che non hanno una manipolazione sperimentale, sono chiamati studi di caso. DISEGNI SPERIMENTALI SU CASO SINGOLO I disegni sperimentali su caso singolo vengono usati per testare un intervento sperimentale su un singolo individuo. L’essenza di tale disegno è che ciascun partecipante funge egli stesso come proprio controllo. Gli esperimenti su casi singoli coinvolgono anche misurazioni ripetute, che consentono di monitorare da vicino il processo di cambiamento. Un’assunzione chiave di questi disegni di ricerca è che essi si basano su un’analisi funzionale adeguata del problema, fornendo una comprensione delle variabili situazionali che sembrano controllare il comportamento problematico. Il disegno sperimentale funziona, quindi, come una verifica dell’analisi funzionale. Procedura: come nei disegni di ricerca con confronto fra gruppi, il primo passo è selezionare lo strumento che deve essere usato. Nel caso dei disegni sperimentali sul caso singolo, le misure devono poter essere somministrate in maniera ripetuta: dunque, devono essere brevi e poco reattive. I due tipi più comuni sono le valutazioni dell’osservatore e le auto-valutazioni del cliente frutto dell’auto-monitoraggio. Lo step successivo è selezionare una frequenza appropriata di misurazione: di solito la frequenza è giornaliera. Tutti i disegni cominciano con una serie di misurazioni baseline (di base), ovvero misurazioni fatte per stabilire il livello della variabile oggetto di indagine prima che venga condotto l’intervento clinico. Queste misurazioni proseguono finché diventano stabili. Questi disegni di ricerca hanno una loro particolare notazione che si basa sulle prime lettere dell’alfabeto: “A” sta per la baseline, o fase di non trattamento; “B”, “C”, “D” stanno per i vari trattamenti o interventi. Ci sono molti tipi di disegni su caso singolo, ognuno dei quali solleva questioni pratiche e, qualche volta, etiche. Disegni di ricerca sul caso singolo più comuni: 1. Disegno AB (AB design): è la forma più semplice di esperimento sul caso singolo. Per esempio, si può indagare l’efficacia di un approccio genitoriale positivo per gestire i capricci di una bambina. Ai genitori viene chiesto di osservare la quantità e la gravità dei capricci della loro figlia ogni giorno per due settimane, questo costituisce la fase di baseline del disegno, la A. Successivamente, nella fase di intervento del disegno, la B, viene insegnato un nuovo modo per rispondere alla figlia. Se l’intervento è efficace, ci sarà una riduzione della gravità e della frequenza del problema target. Lo svantaggio del disegno AB è che, in assenza di altre informazioni, fornisce un’evidenza debole dell’influenza causale del trattamento sperimentale. È soggetto a molte delle stesse minacce alla validità interna del disegno a un gruppo pre-post test, per esempio il fatto che un evento di interferenza possa avvenire nello stesso momento in cui viene fatto l’intervento. Sono stati, quindi, sviluppati disegni di ricerca più elaborati per cercare di superare questo 77 problema e, in particolare, per integrare la possibilità di replicare l’effetto del trattamento, in modo da incrementarne la sua credibilità. 2. Disegno a rovesciamento (ABAB), (Reversal design): è il classico disegno di modificazione del comportamento operante. Per esempio, nel caso dei capricci della bambina, una volta che l’intervento si è mostrato efficace, la fase della baseline, del non-intervento, verrebbe ricostituita ed infine seguita nuovamente dall’intervento. Il razionale è che i cambiamenti nella frequenza del comportamento target che avvengono dopo questi rovesciamenti dimostrano il controllo sperimentale dell’intervento. Ci sono anche varianti più complicate di questo disegno, per esempio il disegno ABACAB in cui un secondo intervento, C, viene introdotto dopo la fase della seconda baseline. Il disegno ABAB presenta tre problemi principali:  Gli effetti di molti interventi non sono reversibili. Dunque, questo disegno non può essere utilizzato, per studiare l’impatto della terapia psicodinamica o cognitiva, perché queste terapie, se efficaci, portano a cambiamenti irreversibili nel modo in cui i clienti pensano e sentono riguardo a sé stessi. L’aspettativa della reversibilità del disegno è basata sull’assunzione che processi esterni controllino il comportamento.  In secondo luogo, anche se l’intervento è reversibile, ci sono seri problemi etici nel negare il trattamento nella seconda e nelle successive fasi di baseline. Questo problema è simile al dilemma etico che si affronta quando il gruppo di controllo non fa alcun trattamento, ma qui è più grave perché in questo caso il trattamento viene sospeso invece che negato. Quindi, il disegno crea un conflitto di interessi tra obiettivi clinici e obiettivi scientifici.  Terzo, attivare o disattivare l’intervento può avere conseguenze psicologiche indesiderabili. Ad esempio, può portare a una perdita di fiducia da parte del cliente nella terapia o a un comportamento problematico che è complicato estinguere perché viene mantenuto da un programma di rinforzo parziale. 3. Disegno con baseline multiple (Multiple baseline design): con numerosi comportamenti target o con un comportamento target in diversi contesti indipendenti, si può utilizzare un disegno di ricerca con baseline multiple. Interventi simili rivolti a ciascun comportamento, vengono introdotti in sequenza e viene misurato il loro impatto su tutti i comportamenti target. L’idea è quella di replicare l’effetto dell’intervento su ciascun problema o setting particolare. Barlow e Hersen hanno adattato in maniera interessante il famoso caso psicoanalitico di Anna O a questo schema, visto che Breuer aveva condotto diversi interventi separatamente, come l’ipnosi e l’interpretazione, sui sintomi di Anna O, uno per volta. Tuttavia, questo disegno assume che i cambiamenti non potranno essere generalizzati da un certo problema ad altri problemi, ovvero esso si basa sul presupposto comportamentista per cui ogni comportamento è situazione-specifico. Un’estensione di questo disegno implica la replica con casi multipli, che è un caso speciale delle serie di replicazioni cliniche. 80 a. L’auto-valutazione del cliente sull’efficacia della terapia. Questa può includere misure di soddisfazione generale del cliente o strumenti che identificano aspetti specifici della terapia che si sono rivelati utili. b. Correlazioni entro il caso significative tra processi rilevanti all’interno della seduta e gli outcome della seduta. c. Evidenze qualitative di eventi all’interno della terapia che precedono i miglioramenti del cliente. d. Evidenze di cambiamenti affidabili nei problemi stabili o cronici. 3. Valutare spiegazioni alternative: è importante cercare in maniera sistematica evidenze relative al fatto che anche processi non terapeutici possono spiegare il cambiamento. Si può utilizzare la lista delle minacce alla validità interna di Cook & Campbell; in aggiunta, Elliott evidenzia minacce alla validità che sono specifiche degli studi di casi singoli. Le prime quattro comprendono la possibilità che il cliente non sia realmente migliorato, le quattro spiegazioni successive assumono che i miglioramenti del cliente siano reali, ma che essi siano spiegati da fattori non terapeutici: a. Non miglioramento: cambiamenti apparenti sono irrilevanti o persino negativi. b. Prodotti statistici: cambiamenti apparenti riflettono prodotti statistici, come errori di misurazione o regressione verso la media. c. Prodotti relazionali: cambiamenti apparenti riflettono tentativi di compiacere il terapeuta o il ricercatore. d. Aspettative del cliente: cambiamenti apparenti riflettono le aspettative del cliente o i suoi desideri. e. Auto-correzione: i cambiamenti sono dovuti agli sforzi di auto-aiuto del cliente, indipendenti dalla terapia. f. Fattori extra-terapeutici: i cambiamenti sono il risultato di eventi di vita esterni alla terapia. g. Fattori psicobiologici: i cambiamenti sono causati da farmaci o altri rimedi o dalla guarigione da una malattia fisica. h. Effetti reattivi della ricerca: i cambiamenti possono essere attribuiti al fatto di aver preso parte alla ricerca, comprese le interazioni con lo staff della ricerca, la disponibilità del partecipante e l’incremento nell’auto- monitoraggio. Il compito del ricercatore è quello di valutare sistematicamente sia le evidenze positive sia le evidenze negative. 4. Esaminare il processo terapeutico: esistono diversi modi per valutare il processo terapeutico, ovvero ciò che accade in una seduta e le reazioni del cliente a quella seduta. Tali informazioni contribuiscono a chiarire la natura delle relazioni terapeutiche e permettono di formulare teorie sui meccanismi di cambiamento. Alcuni modi per esaminare il processo terapeutico includono: a. Registrazioni di sedute terapeutiche: audioregistrazioni, videoregistrazioni o annotazioni dettagliate del processo sono un’ottima fonte di informazione per quanto avviene durante la seduta. b. Misure di relazione terapeutica possono essere somministrate ad ogni seduta. 81 c. Misure self-report sulla seduta possono essere compilate dal cliente o dal terapeuta. d. Misure di orientamento specifico, compilate dal terapeuta o dal supervisore dopo ciascuna seduta, possono essere usate per valutare l’aderenza del terapeuta al modello di trattamento. Disegni di ricerca a serie temporali: l’esempio finale dei disegni di ricerca su studi di caso naturalistici sono i disegni a serie temporali. Lo scopo di questo tipo di disegni è quello di valutare i processi causali utilizzando metodi correlazionali. Due o più variabili vengono monitorate nel corso del tempo e la loro relazione viene esaminata statisticamente. CONCLUSIONI I disegni con campioni piccoli rappresentano sia un modo per guardare all’unicità e alla complessità degli individui, sia un possibile metodo di ricerca per i clinici professionisti. Sono validi per osservare i fenomeni in profondità, confermando che certi fenomeni esistono o confutando le teorie che forniscono argomentazioni contrapposte. Sono, invece, meno validi nello stabilire leggi generali. In linea con il nostro atteggiamento di pluralismo metodologico, riteniamo che un’indagine accurata svolta in qualsiasi area di ricerca richieda che vengano utilizzati sia l’approccio su campioni ampi sia quello su campioni piccoli, combinandoli insieme. 82 CAPITOLO 10- I PARTECIPANTI: CAMPIONAMENTO E QUESTIONI ETICHE L’aspetto finale del disegno di ricerca riguarda i partecipanti della ricerca. Viene affrontata la domanda “chi verrà studiato e su chi si applicano i risultati dello studio?”. Tendiamo a preferire il termine “partecipanti” a “soggetti”. Quest’ultima espressione, data la sua connotazione “monarchica”, implica una qualche forma di passività e scarso potere. Per le interviste e i questionari, si possono utilizzare i termini “rispondenti” o “intervistati”. In etnografia, viene tipicamente usato il termine “informatori”. I ricercatori del nuovo paradigma usano il termine “co-ricercatori” per sottolineare l’idea che il partecipante sia un partner nello studio alla pari del ricercatore. CAMPIONAMENTO Il campionamento è il processo di definizione e reclutamento dei partecipanti allo studio. Seguendo un ordine cronologico, gli step pratici sono: 1. Specificare la popolazione target; 2. Scegliere la procedura di campionamento; 3. Determinare l’ampiezza campionaria. Ciò contribuisce a pensare in termini di tre cerchi concentrici, l’uno contenuto nell’altro:  L’universo è la popolazione ampia verso cui dovrebbe indirizzarsi la generalizzazione dei risultati.  La popolazione target è il gruppo specifico dal quale i partecipanti dello studio vengono selezionati.  Il campione è il sottoinsieme della popolazione target costituito dai partecipanti che effettivamente prendono parte allo studio. Ci potrebbe essere un gap tra il campione ideale e quello reale: le espressioni campione previsto/atteso vs. campione raggiunto possono essere usate proprio per denotare questo gap. Una misurazione quantitativa fatta in un campione viene chiamata statistica; viene fatta per stimare un parametro della popolazione. Generalizzabilità: i ricercatori non sono interessati al campione specifico, il loro interesse è quello di generalizzare i risultati ad altri gruppi. La misura in cui ciò può essere fatto si riferisce alla validità esterna dello studio. La validità esterna viene bene espressa da questa domanda: “In quale misura i risultati del mio studio possono essere applicati ad altre persone che siano simili a quelli che ho usato?”. La generalizzabilità non è solo questione di campionamento: implica anche la considerazione del setting, del tempo, degli strumenti, e così via. Da un punto di vista di semplice campionamento, ci sono due tipi di generalizzazione. Il primo tipo è la generalizzazione dal campione alla popolazione target. Nella ricerca quantitativa, questa procedura prende il nome di inferenza statistica, svolta attraverso delle procedure ben consolidate. Queste procedure richiedono che vengano rispettate certe assunzioni, come un campionamento equo. Il secondo tipo è la generalizzazione dalla popolazione target a un’altra popolazione o a un universo più ampio. Questo viene fatto sulla base della plausibilità generale. 85 dimensione dell’effetto. Come abbiamo detto prima, i valori più comunemente adottati sono per l’alfa 0.05 e per la potenza 0.80. Una stima approssimativa della dimensione dell’effetto si può ottenere dalle ricerche precedenti o dalla conoscenza teorica dell’area di interesse. Varie fonti forniscono tabelle di analisi di potenza. Approcci alternativi al campionamento e alla generalizzabilità: la ricerca qualitativa usa campioni più piccoli rispetto alla ricerca quantitativa. L’aspetto critico di tale ricerca è che non è possibile generalizzare i risultati. Generalizzabilità tramite la replicazione: un approccio razionale alla generalizzabilità e al campionamento può essere ritrovato nella tradizione comportamentista, in cui la ricerca viene condotta su un caso alla volta, modificando le condizioni e le caratteristiche importanti dei clienti e misurando gli effetti finché non si comprendono le relazioni causali implicate. In questo approccio, si cerca di replicare lo studio sul primo caso cercando un caso quanto più possibile simile al primo, questa viene chiamata replicazione diretta. Se si hanno risultato differenti, bisogna capire in cosa questo caso sia diverso dal primo e cercare un caso che assomigli al primo su questa variabile. Se si hanno gli stessi risultati, si può successivamente modificare le caratteristiche più importanti del caso in modo da stabilire i limiti della generalizzabilità in maniera razionale, questa si chiama replicazione sistematica. Le replicazioni stabiliscono l’ampiezza o la gamma della generalizzabilità, mentre i fallimenti nella replicazione stabiliscono i limiti della generalizzazione. Dunque, per la validità esterna è preferibile avere più studi piccoli con campioni particolari piuttosto che un singolo studio ampio. Cronbach definisce questo approccio come osservazione intensiva locale; Hayes et al. lo chiamano serie di replicazioni cliniche. Approccio Bayesiano: i ricercatori che lavorano con un approccio bayesiano ritengono che i nuovi dati si aggiungano alla somma delle conoscenze. Pertanto, non è necessario evitare studi di piccolo campione, "sottodimensionati", ma è sempre il caso che maggiore è la dimensione del campione, più lo studio aggiungerà alla conoscenza precedente. Approccio falsificazionista: nella prospettiva falsificazionista, i ricercatori non sono interessati alla rappresentatività o alla generalizzabilità, ma alla ricerca di contro- esempi per i modelli teorici esistenti. Campionamento a catena o a valanga (Networking o snowballing): quando dimensione e composizione del gruppo target sono sconosciute all’origine, è possibile utilizzare una procedura di campionamento nota come campionamento a catena o a valanga, che consiste nel chiedere a ciascun rispondente di nominare una o due persone che corrispondano ai criteri di ricerca. Il campionamento continua fino al punto in cui i rispondenti aggiuntivi forniscono poche o nessuna informazione extra. Tuttavia, un possibile problema è che i rispondenti iniziali potrebbero indirizzare verso altre persone aperte come loro, che condividono le loro idee, e quindi il ricercatore deve essere consapevole dei potenziali bias presenti nel campione raggiunto. Campionamento ragionato: questa espressione è spesso usata per denotare una strategia sistematica di selezione dei partecipanti sulla base di criteri che sono importanti per le domande di ricerca. È simile allo specificare la popolazione target nella ricerca quantitativa ma è un processo meno rigido, essendo guidato dal giudizio 86 del ricercatore. Un esempio è il campionamento dell'eterogeneità, in cui il ricercatore tenta di reclutare partecipanti con una vasta gamma di caratteristiche demografiche Campionamento teorico: nella grounded theory, l’approccio di campionamento viene chiamato campionamento teorico, è un tipo di campionamento ragionato, nel quale la teoria emergente del ricercatore determina la strategia di campionamento a mano a mano che lo studio si sviluppa. La procedura consiste nel fatto che il ricercatore analizza i dati così come sono raccolti, e sviluppa possibili concetti teorici all’inizio dello studio. Nel momento in cui si forma un’idea su quali siano le condizioni o le dimensioni importanti, allora la strategia di campionamento viene modificata per prenderle in considerazione. Nella grounded theory, il campionamento termina quando emergono poche informazioni nuove e quando si è sviluppato un insieme esaustivo di categorie, ciò prende il nome di saturazione. Campionamento via internet: fornisce un modo conveniente di reclutare partecipanti e anche di svolgere procedure di ricerca, come sondaggi, esperimenti e interviste. È particolarmente utile per il reclutamento di persone con condizioni rare. Alcune preoccupazioni sono state sollevate sulla qualità dei campioni raccolti via Internet, i potenziali problemi sono campioni non rappresentativi e dati fraudolenti. È importante ricordare che esiste un divario digitale con i membri della popolazione economicamente svantaggiati, che hanno meno probabilità di avere accesso a Internet. Tuttavia, le prove emergenti sembrano indicare che le caratteristiche dei campioni di Internet sono in gran parte comparabili a quelle degli studi riportati su riviste tradizionali. Conclusione: il punto fondamentale è che i ricercatori devono pensare attentamente a chi possono essere applicate le conclusioni del loro studio e come possono sostenere la forza di tali conclusioni. Un vero campionamento casuale, in cui i partecipanti vengono estratti casualmente da una grande popolazione di potenziali partecipanti, raramente viene implementato nella ricerca in psicologia clinica. I ricercatori dovrebbero tenere in considerazione questo aspetto quando analizzano i dati e formulano generalizzazioni sui risultati. QUESTIONI ETICHE Le questioni etiche riguardano la protezione dei diritti, della dignità e del benessere dei partecipanti alla ricerca. L’interesse per le questioni etiche è emerso dopo lo sdegno verso gli abusi commessi sulle persone, come la ricerca medica nei campi di concentramento nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale. Il Codice di Norimberga del 1947 e la Dichiarazione di Helsinki del 1964 stabilirono i principi etici con cui ora è governata la ricerca medica e psicologica. Questo interesse è stato alimentato dal crescente uso dell’inganno nella ricerca sociopsicologica tra il 1950 e il 1960, che trasmise all’opinione pubblica l’immagine degli psicologi come ingannatori. Il movimento dei diritti civili e il populismo produssero una maggiore sensibilità verso l’etica come parte integrante della professione degli psicologi. Infine, specialmente negli Stati Uniti, le preoccupazioni rispetto alle controversie e all’andamento generale relativo alla burocratizzazione e al controllo del governo sulla ricerca hanno portato a 87 pratiche ordinate dal governo volte a revisionare la ricerca in cui venivano coinvolti partecipanti umani. Nei capitoli precedenti, abbiamo trattato alcune tematiche relative all’etica, come l’osservazione nascosta o i gruppi di controllo senza trattamento. Qui esamineremo alcuni principi comuni a tutta la ricerca psicologica, li raggrupperemo sotto le categorie di: consenso informato; minimizzazione del potenziale danno /deprivazione del beneficio; riservatezza e protezione della privacy. Prima chiariamo alcuni punti. In primo luogo, i ricercatori sono obbligati a ricercare negli altri consigli e giudizi sulle particolari questioni etiche implicate nel proprio studio. In secondo luogo, la validità e l’etica non dovrebbero essere considerate in maniera separata. Una prassi non etica riduce la validità esterna, perché determina procedure che non possono essere messe in pratica. Viceversa, i disegni di ricerca poco curati riducono lo status etico della ricerca, perché ci sono solitamente benefici scientifici o sociali minimi, che non sono in grado di bilanciare i possibili rischi di partecipazione alla ricerca. Infine, è doveroso sottolineare che si sta lavorando nel dominio dei giudizi valoriali, nei quali è necessario equilibrare gli effetti negativi con gli effetti positivi. Consenso informato: il consenso informato si riferisce alla dichiarazione del ricercatore, fatta prima dello studio, di cosa accadrà durante lo studio e di qualsiasi altra informazione che potrebbe influenzare la decisione della persona a prenderne parte. Questo permette ai futuri partecipanti di fare una scelta libera e informata sul partecipare o meno alla ricerca. Informazioni complete: fornire informazioni complete significa dire ai futuri partecipanti qualsiasi cosa sia necessaria da sapere per poter fare una scelta razionale sul prendere parte o meno allo studio. Un corollario importante a tale principio è che i partecipanti siano messi nelle condizioni di comprendere le informazioni fornite. I problemi insorgono quando la comprensione che la persona ha è limitata. Il consenso informato diventa complicato con i bambini o con gli adulti che non hanno piena competenza nel prendere decisioni autonome, o anche con adulti ben informati e acculturati in trial di medicina complicati. Se il bambino ha meno di sette anni, sono richiesti sia il consenso genitoriale scritto sia il consenso verbale del bambino. Se il bambino ha tra i sette e i diciassette anni, oltre al consenso scritto dei genitori, è necessario anche il suo consenso scritto. Un’altra questione è il ruolo dell’inganno, come lo studio sullo “pseudo-paziente”, in cui gli osservatori partecipanti fingevano sintomi psicotici per entrare in un ospedale psichiatrico come pazienti. C’è anche la questione meno grave dell’inganno tramite omissione: una buona prassi scientifica sostiene che i partecipanti non dovrebbero essere a conoscenza delle ipotesi che si stanno indagando, dal momento che questa consapevolezza potrebbe modificare il loro comportamento. Come minimo, è necessario un resoconto completo alla fine di ogni studio in cui viene utilizzato l'inganno, al fine di fornire informazioni complete, compresa la logica dell'inganno, e per rispondere a tutte le domande sullo studio. Tuttavia, non è sempre possibile fare affidamento sul debriefing per annullare gli effetti dell'inganno, poiché ciò può causare un dolore maggiore quando i partecipanti apprendono di essere stati ingannati. Per questo motivo, Korchin e Cowan raccomandano di utilizzare metodi alternativi ove possibile, incluso ottenere il consenso della persona da disinformare, 90 Idealmente, il foglio di informazione o il modulo di consenso informato dovrebbero specificare chi avrà accesso ai dati e ai risultati. Quando vengono usate audio registrazioni o videoregistrazioni, bisogna specificare chi le custodirà, per quali scopi e per quanto tempo; è buona prassi avere un modulo di consenso informato che tratti il consenso a fare, conservare e possibilmente pubblicare estratti di registrazioni. Quando il materiale di un caso clinico viene messo per iscritto, i dettagli personali dei partecipanti dovrebbero essere modificati in modo da non renderli riconoscibili. Il tipo di danno che deriva da potenziali violazioni della riservatezza includono imbarazzo, perdita del lavoro, azioni legali, etichettamento e stigma sociale. In queste situazioni, il ricercatore dovrebbe fornire dettagli sul foglio di informazioni o sul modulo di consenso informato sul tipo di informazioni che verranno richieste ai partecipanti. Esercizio da autodidatta sull’etica: il nostro consiglio è che il ricercatore revisioni il suo studio per valutarne rischi e benefici. L’auto-valutazione comincia chiedendosi “Quali sono i rischi possibili? Quanto sono gravi?”. Le stime del rischio tendono ad aumentare quando vengono implementate nuove procedure, invece delle procedure già testate e consolidate. Un altro importante fattore situazionale è il grado di coercizione. Il ricercatore dovrebbe domandarsi “Quali sono le pressioni ovvie o implicite che potrebbero portarli a non rifiutarsi di partecipare allo studio?”. Dopo aver valutato i rischi dello studio, il ricercatore dovrebbe chiedersi “Che probabilità c’è di avere dei benefici? Quanto sono realistici?”. Alcuni benefici potrebbero favorire direttamente il partecipante; altri benefici sono più generali, come la conoscenza acquisita e un incremento potenziale nell’aiutare gli altri. I dispositivi di tutela comprendono:  Una dichiarazione esplicita dei rischi;  Uno screening attento e un’esclusione dei partecipanti a rischio;  Supervisione e monitoraggio delle condizioni dei partecipanti durante il corso dello studio;  L’uso di piani contingenti per escludere i partecipanti dallo studio e per trovare un trattamento adeguato ai problemi indotti dalla ricerca. Infine, Davison e Stuart sostengono che ci sono alcune situazioni in cui è impossibile condurre una ricerca etica. Le carceri, per esempio, si può dire che sono intrinsecamente coercitive a tal punto che non è possibile ottenere un consenso valido; tuttavia potrebbe non essere etico che tali istituzioni non vengano ricercate. Nel valutare la proporzione rischi-benefici, bisogna essere consapevoli dei pericoli dell’auto-inganno: c’è una tendenza nei ricercatori a razionalizzare e sottostimare i rischi della ricerca e a sovrastimare i benefici, assumendo implicitamente che “il fine giustifica i mezzi” e “ciò che va bene per me va bene anche per la psicologia”. Comitati etici: non è possibile fare ricerca psicologica senza venire a contatto con i comitati etici, che devono revisionare il trattamento etico dei partecipanti umani alla ricerca. Gli scopi di questo processo di revisione sono quelli di proteggere i partecipanti e di proteggere anche l’istituzione da attacchi legali per errori etici e danni fatti ai partecipanti. Un altro scopo è quello di rispettare il regolamento delle istituzioni che forniscono i finanziamenti alla ricerca. 91 I comitati etici sono formati da accademici, molti possono non avere familiarità con la ricerca in psicologia. Questa gamma di background differenti fornisce una prospettiva più ampia per valutare l’appropriatezza etica della ricerca. Le commissioni possono impiegare mesi per prendere in esame una richiesta, quindi è preferibile fare domanda il prima possibile. Si può presentare però un dilemma, perché se si fa richiesta per l’approvazione del comitato etico nella fase di progettazione, prima che il protocollo sia finalizzato, la richiesta potrebbe apparire poco curata e lo studio potrebbe anche subire qualche modifica dopo essere stato approvato. Se, dunque, la ricerca è ancora nella fase di programmazione, è possibile allegare una lettera nella quale si spiega che lo studio è in via di sviluppo ma che comunque serve un’approvazione provvisoria per la bozza del protocollo. In alternativa, se poi il protocollo viene modificato, si può presentare una rettifica alla commissione etica o all’IRB. Ci sono tre livelli di revisione: 1. Status esonerato. Uno studio presenta così pochi rischi da essere esonerato dalla regolare revisione. Tali ricerche includono: a. Sondaggi che utilizzano interviste o questionari, dove i partecipanti non sono identificabili o dove non devono rivelare informazioni sensibili di natura personale o potenzialmente dannosa; b. Ricerche sulle pratiche educative consolidate, dove i partecipanti non sono a rischio e non sono identificabili; c. Ricerche che utilizzano dati pubblici o di archivio esistenti, dove i partecipanti non possono essere identificati; d. Osservazione manifesta di un comportamento pubblico, sotto le stesse condizioni di riservatezza e non intrusività. Un problema con lo status esonerato è che non è permesso al ricercatore di prendere questa decisione da solo. Quindi avviene una qualche forma di controllo per determinare se uno studio può essere esonerato oppure no. 2. Revisione accelerata: un processo di revisione veloce fatta solo per quegli studi che comportano rischi minimi. Esempi di questi studi sono quelli in cui si usano dati d’archivio dove precedentemente non era stato dato il consenso per un uso particolare dei dati. Nella revisione accelerata, il ricercatore invia i moduli al comitato, che può sottoporre lo studio a un sottocomitato per una revisione parziale. 3. Revisione completa: si applica a qualsiasi studio che non soddisfa i criteri di esonero o revisione accelerata, a tutti gli studi finanziati dal governo e a tutte le ricerche con persone che non sono competenti nel poter dare il loro consenso informato, compresi i bambini e gli adulti con disabilità mentali. Alcune pratiche di ricerca, come l’inganno e l’osservazione segreta, destano sospetto e sono esaminate accuratamente dai comitati etici. Queste pratiche hanno un numero elevato di potenziali costi, compreso il fatto che tendono a minare la fiducia nella psicologia; possono modificare il comportamento delle persone; e la loro artificiosità può portare a risultati distorti con bassa validità esterna. Infine, proposte di lavoro in aree socialmente sensibili, come l’abuso sessuale infantile, sono di solito analizzate con più attenzione. 92 CAPITOLO 11- RICERCA VALUTATIVA Nel linguaggio quotidiano, valutare significa giudicare il valore di qualcosa. Gli psicologi esperti che fanno ricerca valutano in maniera informale: si costruiscono una conoscenza di base personale riguardo a quali interventi funzionano meglio e con chi. In particolare, la formazione in psicologia clinica enfatizza un atteggiamento riflessivo ed auto-critico nei confronti del proprio lavoro e incoraggia la valutazione della propria pratica. Qui useremo il termine “valutazione” in un senso più formale, per indicare una ricerca applicata all’implementazione e all’efficacia dei servizi clinici. La valutazione è un’area piuttosto confusa in cui le questioni sociopolitiche e organizzative sono spesso importanti come quelle scientifiche. I compromessi sul disegno di ricerca che abbiamo discusso diventano molto più preminenti. I ricercatori nell’ambito della valutazione spesso si interfacciano con la scelta di Hobson: possono o raccogliere dati non adeguati oppure non raccogliere nessun dato. Noi riteniamo che la valutazione dovrebbe essere un aspetto di default della psicologia clinica: la maggior parte del lavoro clinico si basa sulla tradizione/la routine e sulla pratica, piuttosto che sulla conoscenza di base formale, e valutare è un modo per vedere se questo lavoro è davvero all’altezza dei benefici dichiarati. Pianificare una valutazione significa cominciare con due domande: “Che cosa sta cercando di fare il servizio?” e “Come si viene a sapere che è stato fatto?”. Cos’è la valutazione? Abbiamo definito la “valutazione” come una forma di ricerca applicata. La valutazione, dal lato “applicativo” del continuum, differisce dalla ricerca pura per una serie di ragioni:  Il suo scopo principale è quello di supportare il processo decisionale, piuttosto che quello di incrementare un insieme di conoscenze. Pertanto, si interessa di meno alla teoria e di più alla risoluzione di problemi operativi in un particolare setting.  Viene fatta a nome di colui che prende le decisioni, di solito un capo, che deve essere distinto dal valutatore.  Si svolge in un “setting di azione” complesso, contrapposto a un ambiente di ricerca accademico più controllato.  I suoi partecipanti sono di solito utenti del servizio, invece che volontari, e i loro interessi come clienti sono fondamentali.  È per un uso immediato e solitamente viene condotta in un clima di notevole pressione temporale.  Spesso viene messa per iscritto per una consultazione locale, non per una diffusione scientifica tramite riviste. Questo è dovuto al fatto che non risponde esattamente agli standard scientifici e in parte perché il tempo e lo sforzo necessari per scrivere i risultati della pubblicazione possono andare oltre le risorse del valutatore. Qualche volta, i valutatori non possono pubblicare i loro risultati perché le persone che commissionano lo studio non vogliono che i loro avversari commerciali vengano a conoscenza di tali risultati. Tipi di valutazione: Scriven ha classificato la valutazione in approcci formativi e sommativi: 95 La prima domanda da affrontare nella valutazione di un servizio è “Cosa sta cercando di fare questo servizio?”. Questa domanda di solito è seguita da una domanda secondaria, ovvero “Perché questo servizio cerca di fare questo?”. Abbiamo adattato la cornice teorica che Rossi et al. hanno realizzato nel loro libro sulla valutazione. Il processo di risposta a queste due domande può essere scisso in sei fasi: 1. Stabilire lo scopo e gli obiettivi; 2. Specificare il modello di influenza; 3. Specificare la popolazione target; 4. Stimare la misura/la portata del problema nella popolazione target; 5. Valutare il bisogno del servizio; 6. Specificare la progettazione del sistema di prestazione di un servizio. Queste attività sono più semplici di mettere in pratica quando si implementa un nuovo servizio, visto che è molto più facile integrare la valutazione nella fase di progettazione, cioè quando c’è maggiore flessibilità. Affrontare gli aspetti di valutazione all’inizio può aiutare a definire meglio gli obiettivi e le procedure. Specificare come un nuovo servizio verrà valutato di solito aiuta a chiarire cosa si vuole ottenere, e viceversa. Scopi e obiettivi: essi definiscono a cosa serve il servizio in questione. Le persone spesso confondono scopi e obiettivi. Gli scopi sono affermazioni globali sui risultati desiderati del servizio, espressi in maniera generale, spesso piuttosto idealizzata. Per esempio: “Il servizio ha lo scopo di ridurre la depressione nelle madri di bambini piccoli”. Gli obiettivi sono mete specifiche, che dovrebbero idealmente verificarsi in un determinato periodo di tempo, che descrivono ciò che il servizio effettivamente farà per raggiungere i suoi scopi e che forniscono target specifici per indicare se gli scopi sono stati raggiunti o meno. Gli obiettivi dovrebbero essere chiari, semplici e, se possibile, misurabili, in modo che non ci sia ambiguità sul fatto se vengano soddisfatti oppure no. Senza scopi e obiettivi, i membri del team non sanno cosa devono fare, possono essere spinti in direzioni diverse o indebolirsi reciprocamente. Anche se la diversità è positiva, il team necessita anche di una direzione in modo che non vengano sprecate le sue energie. Il modello di impatto: il modello di influenza specifica le basi teoriche o empiriche per ciascuna delle attività che il servizio intraprende. Anche se non devono essere formalmente esplicitate, pensare alle seguenti tre componenti aiuta i membri del team a pianificare un servizio efficace. Tali componenti sono:  L’ipotesi causale, che descrive ciò che causa o mantiene il problema che il servizio sta cercando di modificare.  L’ipotesi di intervento, che specifica come l’intervento proposto influenza le cause.  L’ipotesi di azione, che afferma che l’intervento proposto ridurrà il problema target. A volte, tuttavia, non è possibile occuparsi direttamente della causa del problema. Inoltre, affrontare la causa potrebbe non essere la strategia migliore per alleviare i problemi target. Specificare il modello di impatto serve semplicemente per esplicitare quanto più possibile il razionale alla base di quello che il servizio fa. 96 La popolazione target: lo step successivo è quello di identificare i target, diretti e indiretti, dell’intervento. I target diretti sono quelle persone verso cui l’intervento è indirizzato in maniera specifica. È importante definire l’unità di analisi, che possono essere gli individui, le famiglie o i gruppi. I target indiretti sono quelle persone che beneficiano del servizio indirettamente, per esempio le famiglie dei soggetti. Includere i target indiretti consente di avere un quadro complessivo dell’impatto del servizio. Idealmente, i target dovrebbero essere definiti negli scopi e negli obiettivi del servizio. I confini del target dovrebbero essere delineati in maniera chiara utilizzando criteri di inclusione e di esclusione. È importante raggiungere un equilibrio tra criteri che sono eccessivamente inclusivi e criteri troppo restrittivi. Stimare la misura del problema nella popolazione target: quando si progetta un servizio, è importante stimare la portata del problema nella popolazione target. In questo caso, sono utili tre concetti epidemiologici.  L’incidenza è il numero di nuovi casi registrati in uno specifico periodo di tempo, per esempio l’incidenza annuale dell’influenza.  La prevalenza è il numero di casi esistenti, o in uno specifico momento (“prevalenza puntiforme”) o durante un intervallo temporale. L’incidenza e la prevalenza sono legate tra loro dalla durata della malattia: un’incidenza più alta o una durata più lunga aumenteranno la prevalenza. L’incidenza è una misura più utile per quelle malattie che hanno breve durata, come l’influenza; la prevalenza è più utile per quelle che hanno una durata prolungata, come l’Alzheimer.  Il terzo concetto, la popolazione a rischio, fa riferimento a quel segmento di popolazione generale che è maggiormente a rischio di contrarre una malattia. È particolarmente utile considerare questo gruppo target per progetti di prevenzione. Esistono numerosi metodi per misurare la portata di un problema, per i quali è necessario fare un compromesso tra la loro validità, da una parte, e la loro complessità e i loro costi, dall’altra parte. 1. I sondaggi e i censimenti vengono fatti allo scopo di ottenere stime dirette dei rispondenti sulla dimensione e sulla gravità del problema. Generalmente producono dati validi ma richiedono molto tempo e sono dispendiosi dal punto di vista economico. 2. Tassi di individui in trattamento. La dimensione del problema nella popolazione target può essere stimata anche guardando ai tassi di individui in trattamento in comunità simili. Il numero di persone che cercano un trattamento è di solito una piccola frazione del numero effettivo di casi, ma ci possono essere modi per stimare la misura della popolazione non trattata, basandosi su studi precedenti. 3. Indicatori. Questo metodo utilizza tecniche statistiche per predire la portata del problema utilizzando criteri non clinici. Per esempio, un indicatore del numero di persone dipendenti da eroina in una comunità è il numero di arresti per vendita o per possesso di droga. 4. Informatori chiave. Il ricercatore può usare metodi di campionamento a rete o a valanga per trovare persone esperte che possano contribuire a stimare la portata del problema. Si tratta di un metodo semplice e non dispendioso. Il vantaggio è che ciò sviluppa il supporto di lavoratori influenti nella comunità; lo svantaggio è legato ai possibili bias degli individui reclutati. 97 Valutare i bisogni: la valutazione dei bisogni raccoglie dati che sono più importanti per il funzionamento del servizio: rappresentano l’equivalente delle ricerche di mercato nel settore della salute. Il concetto di bisogno è spesso usato in senso tecnico, definito come un problema per il quale vi è un intervento potenzialmente efficace. Il bisogno è valutato dai professionisti, invece che dagli utenti stessi. Non viene determinato dalla gravità del problema, ma se qualcosa di efficace può essere fatto per quel problema. Al contrario, la domanda viene definita come qualcosa che viene chiesto dalle persone e l’offerta è ciò che viene fornito. Stevens e Gabbay, in un articolo dal titolo accattivante “La valutazione dei bisogni ha bisogno di valutazione” discutono la relazione tra bisogni, domanda e offerta. Gli autori illustrano la relazione tra i tre concetti attraverso un diagramma di Venn. Il diagramma aiuta a concettualizzare ed etichettare le aree in cui i concetti si sovrappongono, per esempio il bisogno che viene soddisfatto viene chiamato “bisogno accolto” e il bisogno che non viene soddisfatto viene definito “bisogno non accolto”. Progettare il sistema di prestazione di un servizio: lo step finale è progettare il servizio stesso. La progettazione del sistema di prestazione, che idealmente viene fatto nella forma di un documento politico operativo, specifica come il team clinico si occuperà della fornitura del servizio. Comprende le disposizioni organizzative, come le procedure e le attività, e gli aspetti strutturali, come l’ambiente fisico, lo staff e i materiali che sono necessari per il servizio. Una volta concordata la politica operativa, il team può utilizzare role-play o simulazioni per cercare di predire se le cose funzioneranno regolarmente. MONITORAGGIO DEL PROCESSO DI PRESTAZIONE DI UN SERVIZIO La valutazione si focalizza ora su che tipo di servizio deve essere fornito, ovvero il processo del servizio. Monitorare il processo di prestazione del servizio significa domandarsi “Chi fa cosa a chi?”. Vengono affrontate anche altre domande come “Il servizio viene fornito nel miglior modo possibile?” “È accessibile ai suoi fruitori?”. Questo differisce dalla valutazione del risultato, di cui si parlerà in seguito, che valuta se gli utenti traggono beneficio dal servizio. Rossi et al. distinguono due punti principali nel monitoraggio della prestazione: la copertura e l’implementazione. Il monitoraggio della copertura risponde alla domanda “Chi sta raggiungendo il servizio?”, mentre il monitoraggio dell’implementazione si domanda “Quale servizio si sta fornendo?”. In più c’è il monitoraggio finanziario e il monitoraggio legale, per assicurarsi che i servizi operino a norma di legge. Copertura e bias: la copertura viene definita come il grado in cui il servizio raggiunge la popolazione target stabilita. Il concetto correlato di bias viene definito come il grado in cui sottogruppi della popolazione target partecipano in maniera differente, ovvero il grado in cui certi sottogruppi ricevono una migliore copertura rispetto ad altri. I bias possono emergere da numerosi fattori:  Auto-selezione, per esempio se soltanto le persone più motivate arrivano al servizio.
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