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RESPONSABILITA' E GIUDIZIO ARENDT , Schemi e mappe concettuali di Filosofia morale

Riassunto del libro, ben dettagliato.

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2017/2018

Caricato il 17/01/2018

raffaella96
raffaella96 🇮🇹

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Scarica RESPONSABILITA' E GIUDIZIO ARENDT e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Filosofia morale solo su Docsity! RESPONSABILITA’ E GIUDIZIO PARTE PRIMA Malgrado il totalitarismo e gli aspetti più caratterizzanti del novecento fossero stati al centro di numerose riflessioni della Arendt, quest’ultima affermò l’impossibile esistenza di norme generali attraverso le quali si potesse formulare un giudizio riguardante gli errori commessi in quegli anni. Per la Arendt non era consono applicare il termine di ‘’totalitario’’ ad ogni regime che veniva contrastato dagli Stati Uniti. Il concetto dello ‘stato totalitario’ si presenta come una vera e propria novità senza precedenti che si è venuta a realizzare nella storia. La differenza fondamentale tra le forme totalitarie, in particolare quella nazista della Germania e quella comunista dell’Unione Sovietica, e quelle tiranniche tradizionali consiste nel fatto che nelle seconde il terrore era utilizzato come un mezzo per intimidire e liquidare i propri avversari, mentre per le prime era un sistema permanente con il quale poter governare masse obbedienti. Per esempio il caso degli ebrei, in Germania, i quali furono perseguitati senza tenere minimamente in considerazione le loro opinioni o azioni. Lo stato totalitario differisce fortemente dagli altri stati autoritari come la dittatura, il dispotismo e la tirannide. Benché vi fosse un’ideologia differente tra i due regimi totalitari sopra elencati, i sistemi, la struttura e gli scopi dei nazisti e dei bolscevichi in fondo erano i medesimi. Prima parte: Responsabilità La responsabilità personale sotto la dittatura Ciò che viene criticato, afferma la Arendt, è un libro che non è mai stato scritto o, meglio, letto. ‘’La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme.’’ Questo il libro che provocò accesi dibattiti e aspre critiche nei confronti dell’autrice. Assistendo al processo di Eichmann, pedina spietata il cui compito era quello di condurre i prigionieri alla morte, la Arendt fece un’importante scoperta, ovvero la banalità del male. Il male le appare banale, e per questo terribile, perché i suoi servitori non sono molto diversi dal nostro vicino. È impossibile sopportare tentazioni di ogni tipo, perchè quando tutto va male nessuno può considerarsi persona fidata. Come dice Mary Mc Carthy <<Se qualcuno ti punta addosso una pistola e ti dice ‘’uccidi il tuo amico o io uccido te’’ ti sta solo tentando>>. In questo modo ci troviamo di fronte al fatto che tentazione e obbligo non sono poi concetti così diversi, e nessuna tentazione, seppure sia considerata un’attenuante giuridica quando è in gioco la propria vita, può essere vista come una giustificazione morale del crimine. Nelle pagine de la banalità del male, viene trattata la facoltà di giudicare, cosa che lo stesso Eichmann obietta alla corte. Ci troviamo dinnanzi a due problemi: innanzitutto chi sono io per giudicare ciò a cui la maggioranza ha già dato un giudizio? Non possiamo dare un giudizio di ciò che è giusto o sbagliato se le persone che mi circondano hanno già espresso un determinato giudizio. E secondo, come possiamo giudicare ciò a cui non abbiamo assistito? Se bisogna giudicare un crimine come posso presupporre che io non ci sarei cascato, che non lo avessi potuto commettere anch’io? Persino il giudice non è esente da tale atto. Chiunque, nelle medesime circostanze, avrebbe potuto trovarsi dall’altra parte. In effetti, come dice la Arendt, nella società vige una sorta di paura di giudicare, paura del fatto che non si è mai certi di poter essere giudicati giustamente per gli atti che sono stati commessi. Siamo uguali e inclini a far del male, chi professa onestà e bontà è solo un’ipocrita o un santo. Fintanto ché si insiste nel voler giudicare Hitler come un assassino di massa, considerando le due facce dello stesso individuo ovvero un uomo adatto alla politica il quale ha influenzato migliaia di persone, si permane in un giudizio semplicistico che non tiene conto dell’interpretazione della Storia. Ciò che vuole spiegare la Arendt va oltre il concetto di colpa collettiva che venne attribuita al popolo tedesco. Nel momento in cui tutti sono colpevoli nessuno lo è veramente. Tuttavia, esiste un’istituzione in grado di giudicare le persone in carne ed ossa che hanno commesso atti umani, che però violano le leggi che tentano di mantenere integra la nostra comune umanità. I problemi giuridici e morali differiscono tra loro ma entrambi presuppongono la facoltà del giudizio. L’orrore commesso dai tedeschi, quegli atti così inumani, all’epoca li guardavamo come un qualcosa che va oltre ogni categoria morale, infrange ogni barriera giuridica. Qualcosa che non può essere punito in maniera adeguata, perché sfugge ad ogni possibilità di comprensione, di perdono. Ci ha resi consapevoli della malvagità dell’uomo e, allo stesso tempo, dell’imprevedibilità del male. Siamo di fronte ad un bivio: da una parte il nostro senso di giustizia esige che venga comminata una pena, e dall’altra il concetto stesso di pena si presenta come insufficiente per affrontare un caso come questo. La cosa che ha più provocato sgomento è stato non tanto il comportamento dei nemici, ma quello degli amici che, impressionati da quanto stesse accadendo, non furono in grado di contrapporre un proprio giudizio (annientamento della capacità di giudizio). Cosa permane della nostra capacità di giudicare se gli atti che vengono commessi non rientrano nei nostri standard di giudizio? Atti totalmente nuovi, privi della possibilità di ottenere una pena corrispondente al danno causato per la loro incomprensibile crudeltà. La responsabilità personale, come ci suggerisce il titolo, è una definizione che può essere contrapposta a quella di responsabilità politica, quella responsabilità che ogni governo si assume per i fatti e i misfatti dei propri predecessori. Questo vale per ogni generazione. Ogni generazione nata e situata in un continuo storico deve assumersi il fardello delle azioni compiute dai propri padri, così come si vanta delle prodezze dei propri antenati. Nella Germania del dopoguerra gli innocenti ripetevano al mondo quanto si sentissero colpevoli, i veri colpevoli invece non mostravano alcun segno di rimorso. La Arendt parla di una sorta di teoria detta ‘’truffa dell’ingranaggio’’. Come ben si sa un sistema politico è composto da ruote e ingranaggi i quali consentono al sistema stesso di funzionare. Infatti la difesa maggiormente usata dagli imputati durante il comportamento, le norme che mostrano la distinzione tra bene e male. Regole riconosciute da tutti perché parte del diritto naturale o divino, dunque ciò di cui non si può fare a meno pensando che esse ci si presentano all’occorrenza ogni qualvolta dobbiamo esprimere un giudizio. Questioni morali, per secoli ‘morale’ è sempre stato considerato ciò che riguarda usi e costumi, dimenticandoci che questi usi e costumi possono variare e, di fatto, è quello che è successo nel XX secolo. Tutto si è capovolto. Già con la ricerca posta da Nietzsche di ‘nuovi valori’ si andò verso una strada differente, venne travisato il messaggio arrivando a non recepire più i vecchi valori come norme con le quali poter mantenere una sorta di equilibrio. Il filosofo non fu di certo compreso nel migliore dei modi, ma gli si può attribuire il merito di aver colto l’insensatezza della morale dei nostri tempi. I principi morali diffusi nell’epoca moderna si rivelano negazioni della morale stessa, anziché nuovi valori. Le parole di Churchill possono essere interpretate come una premonizione di quanto sarebbe avvenuto negli anni a venire. Con l’avvento della Seconda guerra mondiale si avvicinò un nuovo modo di vedere la realtà, una realtà non più permeata da giudizi morali, ma ripiegata nell’assenza di giudizio. I procedimenti giuridici hanno costretto tutti a guardare all’intera vicenda da un punto di vista morale. I problemi di carattere morale e giuridico non sono uguali, ma entrambi si basano sull’idea di persona, di persone che rispondono dei propri atti. L’attenzione viene posta sull’individuo non sul sistema, anche se all’epoca ci si considerava come degli ingranaggi di una macchina. Scaricare le proprie responsabilità sul sistema in un’aula di tribunale non ha alcuna valenza. Non importa quanto sia stato influenzante, l’istituzione giuridica deve tralasciare tutto questo per continuare ad esistere, non si domanda più: <<Quale funzione aveva il sistema?>>, ma <<Perché è diventato un funzionario/ingranaggio di codesto sistema?>>. Gli imputati non erano noti criminali, ma era gente comune che rifiutò di pensare per agire come il sistema ordinava. Quello che viene accusato alla Arendt, riguardo il suo scritto sul male, è il voler giustificare gli atti commessi dai nazisti, conclusione ovviamente affrettata e priva di fondatezza. D’altronde sarà la stessa filosofa ad affermare che ‘’comprendere non è perdonare’’. Ciò che viene tralasciato dalla Arendt sono i precetti morali di natura religiosa, non perché non li ritenesse di alcuna importanza, ma perché nel momento in cui la morale collassò non giocarono alcun ruolo. Infatti nessuno provava timore per una vendetta di Dio o di ricevere un castigo nell’aldilà, come osservò anche Nietzsche ‘’nessun uomo si sente minacciato dalle autorità ecclesiastiche quando è lo Stato stesso che comanda di commettere crimini’’. Kant pone i doveri dell’uomo nei confronti di se stesso in cima all’elenco rispetto ai suoi doveri nei confronti degli altri. Da ciò intendiamo che il vero problema non è quello dell’altro, ma dell’io, non quello della bonarietà ma quello della dignità della mia persona. La condotta morale per Kant non ha a che vedere con l’obbedienza ad una legge che proviene dall’esterno, anzi gli ordini impartiti da una determinata comunità non vanno confusi con l’ordine morale valido per tutti gli uomini. Nel caso dell’imperativo categorico, l’obbedienza è tale solo se l’ordine che mi sono dato vale per tutte le creature razionali, dotate di intelletto. Se non voglio contraddire la mia persona devo agire in modo che la massima della mia volontà possa essere considerata contemporaneamente come una legge universale e, quindi, valida per tutti. Essendo io il legislatore, il crimine non può essere collegato ad un atto di disobbedienza nei confronti della legge di qualcun altro, ma come un mio rifiuto di comportarmi come legislatore del mondo. Se ci si concentra sull’elusione del problema della malvagità umana, saremo d’accordo sul fatto che è impossibile che l’uomo compia il male deliberatamente o che voglia il male per amore del male. Tra i vizi umani vi sono l’invidia, l’accidia, ma manca ciò che possiamo definire amore per la sofferenza e il dolore. Ciononostante è quest’ultimo il vero vizio. Il pensiero religioso parla anche del peccato originale e della corruzione della natura umana, ma non si esprime mai riguardo la possibilità di compiere il male deliberatamente. Caino non voleva diventare Caino quando trucidò Abele e persino Giuda alla fine si impicca. Sul piano religioso sembra che essi debbano essere perdonati perché ignari di quello che stavano facendo. Ma lo stesso Gesù, colui che predicava il perdono per tutti i peccati commessi per la debolezza degli uomini, afferma che ci sono alcuni che si rendono colpevoli di ingiurie così scandalose che ‘sarebbe meglio se si appendessero una pietra al collo e si gettassero a mare’. Gesù non ci dice quali sono queste ingiurie a cui allude, maggiori informazioni li possiamo ricavare attraverso la letteratura, pensiamo a Shakespeare, Melville, Dostoevskij, uomini che hanno tentato di dare un volto al male descrivendo alcuni grandi malvagi, non sono molto ferrati sull’argomento della natura propria del male tuttavia non hanno omesso la sua esistenza. Le parole ‘etica’ e ‘morale’ non si riferiscono solo agli usi e costumi, ma in questo caso possiamo anche ricondurli all’idea affermata da molti filosofi che esiste una distinzione tra bene e male e qualsiasi uomo sano di mente è in grado di compiere tale distinzione. Le proposizioni morali che ricapitolano tutti i comandi specifici come ‘Ama il tuo prossimo come te stesso’, ‘Non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te’ arrivando poi alla formula kantiana ‘Agisci in modo che la massima della tua azione possa valere come legge universale’, si riferiscono tutte all’Io e quindi al rapporto che l’uomo ha con se stesso. Le proposizioni morali sono state considerate sempre autoevidenti, allora da qui si consegue che non sarebbe necessaria alcuna obbligazione (il Tu devi o Tu non devi). Socrate non dice ‘Tu devi soffrire il male anziché infliggerlo’, ma afferma ‘è meglio soffrire che fare del male’. Al tu devi è possibile controbattere un ‘non voglio’ o ‘non posso’. Per Kant l’inclinazione, sia al bene che al male, è per definizione una tentazione, e in questo caso si è sempre affetti da qualcosa di esterno, e questo essere affetto da qualcosa mi porta ad essere in contraddizione con la libertà umana, non posso essere un libero agente. La legge morale è libera perché affetta solo da se stessa, e se la libertà significa non essere determinato da cause esterne solo una volontà libera dalle inclinazioni può essere definita buona e libera. Il problema del male viene evitato da questa filosofia poiché per essa la volontà non può essere libera e malvagia allo stesso tempo. Per Kant la malvagità umana è un’assurdità morale. Se non sono d’accordo con gli altri posso svignarmela, ma non posso andare via da me stesso, per questo è meglio soffrire piuttosto che compiere il male, se facessi il male sarei costretto a vivere per tutta la vita con un malfattore, me stesso. ‘’Io sono il partner di me stesso quando penso e sono il testimone delle azioni che compio’’. Se si è in conflitto con se stessi è come se si fosse condannati a vivere per sempre con il proprio peggior nemico. E se c’è chi preferisce fare il male anziché subirlo, naturalmente non gradirà vivere con un ladro o un assassino. Nel Teeteto Socrate sostiene che il ‘pensare’ è un discorso che l’anima svolge tra sé e sé riguardo a quello che prende in esame. Anche nel Sofista sostiene che pensiero e discorso pronunciato sono la stessa cosa, con la sola differenza che il pensiero è un dialogo silenzioso. Questo dialogo posso definirlo solitudine, questo vuol dire che, pur da solo, sono in compagnia di qualcuno, me stesso. La coscienza si ritiene sia un modo di sapere attraverso il sentimento che cosa è giusto e cosa è sbagliato. Gli antichi non conoscevano il fenomeno della coscienza che venne scoperto in seguito come organo di ascolto della voce di Dio e, successivamente, venne inserito nel terreno della filosofia laica. Nell’esperienza religiosa non vi è confusione poiché la voce di Dio è chiara dunque non si deve far altro che obbedire. Nel senso laico, invece, i conflitti di coscienza sono deliberazioni prese tra me e me che non sono altro che frutto del pensiero. La coscienza può dire solo ‘Non posso’ o ‘Non voglio’, perciò essendo che concerne solo il proprio io essa non può dare impulso ad alcuna azione. La Arendt definì quattro fasi fondamentali della coscienza. La mia coscienza è: testimonianza; facoltà di giudizio (saper distinguere il giusto dall’ingiusto); ciò che in me stesso dà un giudizio su me stesso; una voce in me, simile a quella biblica di Dio che viene dall’esterno. Il peggior male non è quello radicale, ma quello senza radici, che non conosce limiti. Proprio per questo esso può raggiungere vertici impensabili macchiando il mondo intero. Il pensare e il ricordare definiscono la persona, senza queste non ci sarebbe un’attitudine morale ad agire nel bene anziché nel male. Uno scandalo è lo sfruttamento della natura, la perdita dei punti di riferimento, l’assenza di limiti che hanno condotto a commettere di tutto, l’uomo, un Lucifero onnipotente e maligno che tutto può, questo è lo scandalo. Bisogna rendersi conto del fatto che la nostra è una società di transizione, un’epoca del caos che ci porterà ad un cambiamento purtroppo ignoto. Eppure si spera che l’uomo arrivi a prendere coscienza della presenza del male nel mondo non ritenendolo banale, ma cercando di reagire considerandolo inopportuno e reagendo scegliendo per il bene di sé e degli altri. Kant non distingue propriamente la legalità dalla moralità, intende invece fare della morale la fonte del diritto, in modo che ogni uomo, qualunque cosa faccia, sia il legislatore di se stesso. Responsabilità collettiva Esiste la responsabilità per ciò che è stato commesso, ma non l’essere o il sentirsi in colpa per ciò che accade senza la nostra attiva partecipazione. Nella Germania postbellica il grido ‘’Siamo tutti colpevoli’’ per quanto nobile fosse non fece altro che mascherare quelli che erano in realtà i veri colpevoli. È noto il fatto che se si è tutti colpevoli nessuno lo è per davvero, perciò si è parlato di ‘responsabilità’ e non di ‘colpa’. La colpa è ciò che ci singolarizza. Solo metaforicamente possiamo sentirci in colpa per ciò che i nostri padri hanno commesso. La compassione è un sentimento che ci accomuna e che proviamo nei confronti di chi soffre, un sentimento autentico quando è l’altro che soffre si presta solidarietà all’altro. È chiaro, inoltre, che il grido ‘’Siamo tutti colpevoli’’ si è mostrato come un atto di solidarietà nei confronti dei malfattori. Le norme giuridiche sappiamo bene che si riferiscono alla singola persona, dunque, anche se questa persona viene coinvolta in un’iniziativa collettiva, come i crimini organizzati, viene pur sempre giudicata singolarmente per il ruolo che essa ha svolto. E qui non si tratta più di responsabilità ma di colpa. Quando migliaia di nuotatori esperti che si trovano su di una spiaggia lasciano annegare qualcuno senza prestare soccorso non si porta all’attenzione la responsabilità collettiva, ma si cerca di stabilire il grado di colpevolezza e coinvolgimento dei vari nuotatori. Per parlare di responsabilità collettiva io devo essere ritenuto responsabile di qualcosa che ho commesso e la mia responsabilità deve dipendere dal fatto che faccio parte di un gruppo. Secondo la Arendt la responsabilità collettiva è sempre politica, di fatto ogni governo si assume la responsabilità degli atti e dei misfatti di coloro che lo hanno preceduto, e, allo stesso tempo, ogni nazione si assume la responsabilità degli atti del passato. Dunque siamo sempre responsabili dei peccati dei nostri padri così come ci vantiamo, allo stesso modo, dei prestigi che derivano dai loro meriti, ma non siamo colpevoli dei loro misfatti. Possiamo sfuggire a questa responsabilità collettiva solo abbandonando la comunità, ma nessuno può vivere senza appartenere ad una comunità. Nel Novecento i rifugiati e gli apolidi non si potevano ritenere colpevoli di qualcosa, da un punto di vista politico essi sono innocenti. Se mi venisse chiesto di fare del male, se questo fosse il prezzo della mia partecipazione non potrei farlo, perché non riuscirei poi a vivere con me stesso; allora preferisco soffrire il male, essere condannato a morte se costretto a partecipare, piuttosto che compier il male e vivere per sempre con un malfattore. Questa responsabilità per cose che non abbiamo commesso è il prezzo che dobbiamo pagare perché viviamo le nostre vite non per conto nostro ma accanto agli altri, e perché la facoltà dell’azione, che è la facoltà politica per eccellenza, si compie solo nelle diverse forme di comunità umana. Il pensiero e le considerazioni morali Riflettendo sugli atti commessi dai nazisti possiamo notare come quei crimini così cattivi non potevano essere ricondotti semplicemente a malvagità, a qualche patologia o ideologia appoggiata. Non sono un mostro, né un demone, sono persone normali come noi, che per qualche assurda ragione sono stati incapaci di pensare. La sola qualità che può essergli attribuita è negativa, non è stupidità, è incapacità. Durante il processo Eichmann, si presentava come un criminale di guerra, che non ebbe difficoltà ad accettare un nuovo insieme di norme, qui il crimine non era più contemplato. In passato era un dovere uccidere, adesso erano cambiate le carte in tavola, niente, di ciò che riteneva doveroso prima, rimase in piedi e accettò tale mutamento come se si fosse di fronte a nuove norme alle quali adattarsi. È questo che attirò l’attenzione della Arendt: questa incapacità di pensiero. È possibile infliggere il male senza motivi vili, e, soprattutto, senza mostrare alcuna volizione, alcun interesse. Ho agito come la legge ha ordinato, non ho fatto nulla di mia iniziativa. L’attività di pensiero, essendo in grado di esprimere giudizi su quanto stiamo per fare, avrebbe potuto trattenere gli uomini dal commettere tali atti e infliggere cotanto male? Se la capacità di distinguere il bene dal male ha a che fare con la facoltà di pensare, allora siamo legittimati ad esigere il suo esercizio in ogni individuo sano di mente. Qui è chiaro che non è necessario avere un cuore malvagio per compiere il male più grande. Quando si pensa si smette di fare ciò che stavamo facendo, così come quando compiamo un’azione smettiamo di pensare, è come trovarsi tra due mondi. Fare e vivere, trovandoci tra gli altri uomini, ci impediscono di pensare. Un oggetto del pensiero è sempre una ripresentazione di qualcosa o qualcuno che è assente, o qualcosa di presente alla mia mente solo mediante la mia immaginazione la quale me lo rende presente sotto forma di immagine. Problema relativo al legame tra capacità di pensiero e l’eventualità del male: se questo legame esiste allora la facoltà di pensare deve essere attribuita a tutti; se Kant ha ragione e la capacità di pensiero prova un’avversione naturale per l’accettazione dei suoi risultati come solidi assiomi, allora non possiamo aspettarci proposizioni morali, codici definitivi di comportamento dall’attività del pensiero; infine, se è vero che il pensiero riguarda cose invisibili, allora esso è fuori dell’ordinario poiché di norma noi ci muoviamo in un mondo di apparenze in cui l’esperienza più radiale è quella della nostra sparizione: la morte. Socrate sostiene che pensare e parlare della pietà, della giustizia, della felicità, ecc., sono attività che possono rendere gli uomini più pii e giusti, anche se non si arriva a dare una definizione dei valori che possono guidare la loro condotta. Ciò in cui il filosofo credeva viene illustrato da ciò a cui egli si paragonava: un tafano e una levatrice; veniva inoltre paragonato alla torpedine marina, un pesce che paralizza e intorpidisce chi lo tocca, ed accettava tale paragone partendo dal fatto che paralizzando gli altri la torpedine paralizzava anche se stessa. ‘’Io non getto il dubbio nell’animo degli altri, mentre possiedo la certezza; invece, dubitando più di tutti, rendo dubbiosi anche gli altri’’. Questo è il modo in cui il pensiero può essere insegnato. Bisogna adesso analizzare in maniera esaustiva i tre termini di paragone: tafano, poiché sa come stuzzicare i cittadini che, senza Socrate, continuerebbero a dormire. Li stimola a pensare, a esaminare i problemi poiché questa è l’attività che rende la vita degna di essere vissuta; è una levatrice perché sa come far partorire agli altri i propri pensieri, decide inoltre se il bambino debba vivere o se si tratti di ‘’un uovo non fecondato’’. Nei diversi dialoghi vediamo come Socrate tenti di aiutare i suoi interlocutori a disfarsi di ciò che è cattivo, delle loro opinioni, senza dar loro una verità; infine, la torpedine marina che sembra sia l’opposto del tafano, paralizza anziché stuzzicare. Il filosofo era consapevole del fatto che il pensiero non concerne cose visibili ed usa qui la metafora del vento affermando che i venti non sono visibili, ma le cose che fanno possiamo vederle e percepirle quando si avvicinano. Il problema per cui lo stesso uomo può considerarsi un tafano e una torpedine è che questo vento, ogni volta che si solleva, abolisce ogni sua precedente manifestazione. La paralisi del pensiero è duplice: da un lato è un ‘fermati a pensare’, dall’altra è l’effetto paralizzante a cui il pensiero mette capo, l’incertezza che ci coglie quando poniamo in dubbio ciò che prima ci sembrava certo. Nel circolo di Socrate c’erano uomini come Alcibiade e Crizia, i quali non accontentandosi di apprendere a pensare senza imparare alcuna dottrina, tramutarono il non risultato dell’esame di pensiero socratico in un risultato negativo: se non possiamo dare una definizione di pietà tanto vale essere empi, contrariamente a quanto affermava Socrate. Il pensare è di per sé pericoloso, ma proteggendo la gente dai pericoli insiti nell’esame del pensiero, il non-pensiero insegna loro ad aggrapparsi alle norme di condotta già prescritte e in questo modo la gente si abitua a non prendere alcuna decisione. Per i regimi totalitari è stato facile ribaltare le vecchie norme di condotta come il ‘’Non uccidere’’ in Germania e il ‘’Non proferire falsa testimonianza’’ in Russia. Gli Ateniesi dissero a Socrate che pensare era sovversivo, portava disordine nella città e confondeva gli uomini, soprattutto i giovani. Ma per Socrate una vita che non dà luogo ad esame non è degna di essere vissuta, infatti il pensiero accompagna sempre la vita quando ci sono in gioco concetti come la giustizia, la felicità ecc. Questa ricerca del senso è chiamata da Socrate ‘eros’, un amore che è soprattutto bisogno, desiderio di ciò che non si ha. Si arriva a dire che nessuno compie il male volontariamente, quindi tutti vogliono fare il bene, ma la triste verità è che il male è commesso da persone che non hai mai scelto se essere buone o cattive. Solo le persone piene di eros, piene di questo amore e desiderio di saggezza, bellezza, giustizia sono capaci di pensiero. Nel Gorgia Socrate espone due enunciati: è ‘’Meglio subire un torto che farlo’’; ed è ‘’Meglio che sia scordata e stonata la mia lira, che stonato fosse il coro da me istruito, che la maggior parte degli uomini fosse in disaccordo con me affermando il contrario di quanto dico, piuttosto che essere io, uno solo, in disaccordo con me stesso’’. Se guardiamo i due enunciati dal punto di vista del mondo dobbiamo ammettere che ciò che conta davvero è che un torto è stato commesso, e non conta molto se alla fine ne esca meglio la vittima o il malfattore. Nella veste di cittadini dobbiamo prevenire i torti, dato che è il mondo ad essere in gioco, quel mondo che tutti condividiamo, malfattore, vittima, spettatore. È la città che ha subito un torto. Una cosa simile La repubblica americana è basata sull’uguaglianza dei cittadini che è necessaria per evitare gravi rischi a danno della repubblica, è una LEGGE FONDAMENTALE della democrazia americana, ha il potere di appianare le differenze di origine e di natura, cioè le disuguaglianze economiche ed educative ma non quelle fisiche ed è in grado di fornire uguaglianza sociale tra tutti. Una volta però raggiunta l’uguaglianza sociale economica e politica risalta la questione razziale perché le minime differenze risultano acutizzate, esse portano al raggiungimento in un futuro della “soglia di pericolo”, provocando futuri problemi, ciò deve indurci a richiedere cautela e moderazione dal governo, che dovrebbe agire nella maniera opposta rispetto alla Corte Suprema nel Sud, infatti il punto non è quello di intervenire a tutti i costi ma il problema di capire se e quando c’è bisogno di un vero intervento. Il programma sui diritti civili dell’amministrazione dipende da due fattori: •Riaffermazione del diritto di voto della popolazione nera •Sottolinea il problema della segregazione razziale (problema nazionale ma nel Sud è anche di natura legislativa) Da un sondaggio in Virginia risulta che sono disposti a rispettare la decisione della Corte Suprema solo il 21% della popolazione (i cosiddetti liberal o moderati), quindi i cittadini rispettosi della legge sono in forte minoranza. Il programma non consente di abrogare leggi come quella che comparano il matrimonio misto a un delitto e la Corte Suprema, nonostante non avesse l’intenzione di promuovere una campagna a favore dei matrimoni misti, non ha neanche dichiarato incostituzionale questa legge. Dopo questa campania assistiamo ad una decisione sorprendente della Corte Suprema cioè quella di avviare un processo di integrazione a partire dalle scuole. Il problema che non è stato risolto per generazioni, è ricaduto sui ragazzi. E’ ai ragazzi che dobbiamo chiedere di cambiare e migliorare il mondo? Una legge antisegregazionista può rafforzare l’uguaglianza in campo politico attraverso il diritto di voto, grazie a cui le opinioni di ogni cittadino contano in modo uguale, e attraverso l’eleggibilità, nonostante siano importanti le qualità e le doti personali e non l’eguaglianza numerica (che non possono essere concessi a residenti stranieri). Le doti personali sono strettamente collegate con il nostro essere pari tra pari, a tal punto che rappresentano le doti a cui aspira l’elettorato i candidati non sono mai troppo diversi dagli elettori. UGUAGLIANZA : CORPO POLITICO = DISCRIMINAZIONE : SOCIETA’ La società è una sfera a metà tra pubblico e privato attraverso cui gli uomini, per diversi motivi, passano, al suo interno vige la regola del “il simile attira il simile” e questo porta alla creazione di gruppi in cui non conta la distinzione personale ma le differenze per cui qualcuno appartiene a un determinato gruppo. USA: discriminazioni a seconda del lavoro, del reddito e dell’origine etnica EUROPA: discriminazioni a seconda della classe sociale, del livello di istruzione e sull’educazione. Nonostante non abbiano senso, senza le discriminazioni si perderebbe la libertà di associarsi liberamente e formare gruppi. In oltre la società di massa a causa del conformismo tende a cancellare ogni tipo di discriminazione e quindi di ogni distinzione di gruppo, questo è un pericolo per la società poiché l’identità delle singole persone non è radicata nella sfera sociale. La Arend compie alcuni esempi per spiegarsi meglio: • esempio dei luoghi di villeggiatura: Conclusione poichè molti luoghi appartengono al campo sociale (dove sono presenti il diritto di associazione e quindi di discriminazione), non ci può essere un diritto a entrare in ogni luogo. Negli Stati Uniti questo diritto è messo in discussione a causa dell’omogeneità della popolazione e a causa del sistema classista. Nonostante la discriminazione e l’accesso limitato, non si p’ò garantire una somiglianza di base della clientela • diverso è per l’Area dei servizi pubblici che Appartengono al dominio pubblico (tutti sono eguali) • il terzo regno in cui ci muoviamo e viviamo assieme agli altri è quello della Privacy dove vige il governato dall’esclusivitàe l’uomo sceglie ciò che riguarda la sua vita «La scelta colpisce senza ragione, una certa persona nella sua unicità, nella sua dissomiglianza da ogni altra». Le regole dell’unicità e dell’esclusività saranno sempre in conflitto con gli standard della società, la discriminazione sociale viola il principio della proprietà privata (es. matrimonio misto). I pregiudizi non sono e non devono diventare giuridici Se la legislatura segue il pregiudizio sociale, la Società diventa tirannica. Il governo deve: -garantire (x diritto e dovere) che le pratiche discriminatorie non siano convalidate dalla legge perché altrimenti si avrebbe una persecuzione* -garantire che l’eguaglianza politica non sia oscurata dalla discriminazione sociale -salvaguardare la libera azione entro l’ambiente privato. Nel momento in cui si vieta la discriminazione sociale per legge La libertà della società viene violata, infatti il governo può agire solo in nome dell’eguaglianza. Le uniche forze che possono combattere i pregiudizi sociali sono Le Chiese le quali agiscono in nome dell’unicità della persona (principio dell’unicità delle anime). Il problema sollevato dall’attuale conflitto fra Washington VS. Sud è quello relativo ai diritti degli stati Principio su cui si basa il potere in questo Paese è un principio di divisione del potere: -Mette capo un sistema di pesi e contrappesi tra rami diversi del governo -Mette anche capo alla struttura del governo federale. La forza deve essere centralizzata per essere effettiva mentre il potere non può e non deve esserlo e i diritti degli stati, in questo Paese, sono tra le più importanti fonti del potere non solo per la promozione degli interessi regionali e della diversità, ma per la repubblica nel suo complesso. L’istruzione pubblica è di competenza legislativa degli stati, la Arendt attua qui un Controargomento: Ogni scuola pubblica è oggi finanziata dal governo ma si rende conto che Il controargomento è debole poiché gli aiuti federali sono integrati con i contributi locali e quindi non trasformano le scuole in istituzioni federali. Affrontiamo il problema dell’istruzione alla luce dei tre diversi regni: 1.Politico 2.Sociale 3.Privato I bambini dovrebbero essere allevati in un clima di esclusività che garantisca agli stessi sufficiente sicurezza e riparo dalle pressioni della sfera sociale e dalle responsabilità della sfera pubblica. Il diritto di allevare i propri figli liberamente fa parte del diritto privato che è stato sfidato e limitato dall’introduzione della scuola obbligatoria. Lo stato deve prescrivere una minima formazione per i suoi futuri cittadini e di incoraggiare l’insegnamento e la preparazione professionale nei rami più utili alla Nazione. La scuola È un mondo pubblico e sociale Paragonabile al lavoro per gli adulti , costringendo i genitori a mandare controvoglia i figli in una scuola integrata (vuol dire) da parte del governo privare i genitori del diritto privato e di associazione libera e creare nei bambini un conflitto casa-scuola (vita privata- vita sociale), conflitti che possono dare vita a ripercussioni future una volta adulti. I bambini sono esseri puramente sociali (cercano istintivamente un’autorità che li guidi nel mondo straniero). Infine quanto più gli mancherà un’autorità Tanto più si conformerà al suo gruppo, facendolo diventare la sua suprema autorità. Risultato: Foto iniziale ritraente giovinastri che non hanno ricevuto nessuna autorità. AUSHWITZ SOTTO PROCESSO Omicidio: unico crimine non ancora caduto in prescrizione quando ha preso avvio il processo di Francoforte (dicembre 1963). “La maggioranza dei tedeschi •provano rimorso e consapevolezza per quello che hanno fatto (Schulz aveva cercato di persuadere i suoi superiori a interrompere certe pratiche). •provano orgoglio per il loro passato (Finnberg cita Himmler senza vergogna) Cosa dicono, infine, gli imputati? •sono stati accusati a causa del desiderio di vendetta degli ebrei •avevano eseguito gli ordini senza fare domande •sono sempre i pesci più piccoli come loro a pagare. •Spesso sono ritenuti più colpevoli di loro i cosiddetti colletti bianchi: essi infatti impartiscono gli ordini e sono considerati più colpevoli di coloro che li eseguono materialmente Questo non è sempre vero: è stato messo in discussione, a volte infatti i colpevoli minori usarono brutalità sui prigionieri. La menzogna degli avvocati fu quella di presentare gli imputati come assassini dal colletto bianco oppure come soldati che obbediscono semplicemente agli ordini. → la pubblica accusa considera tutti colpevoli → gli uni (colletti bianchi) sono complici dell’omicidio di massa, gli altri (pesci piccoli) dell'omicidio di individui. Il pprocesso secondo la Arendt reca danni alla giustizia a causa di una Confusione di crimini: - processo a Mulka e agli altri come singoli imputati ANZICHE' - processo ad Auschtwiz come istituzione colpevole di omicidio di massa il codice penale tedesco del 1871 non prevede l'omicidio organizzato dal governo, né lo sterminio di popoli interi per ragioni demografiche Viene ignorata la realtà tedesca guidata dal NAZISMO e di conseguenza Il processo risulta un processo ordinario a prescindere dallo sfondo storico. (Sfondo storico : massacri e produzione di massa di cadaveri con l'ausilio di strumenti di produzione e di un'amministrazione burocratica) tendendo conto di tutto questo il processo avrebbe dovuto condurre a un rovesciamento delle regole del gioco giuridico [Henrich Durmayer ] : - Ogni singola SS avrebbe dovuto essere accusata di omicidio di massa - Anche coloro che avevano soltanto partecipato a una delle operazioni quotidiane ad Auschwiz avrebbe dovuto far parte dei COLPEVOLI La risposta della Corte si rifà al principato per cui “ uno Stato non può punire ciò che è stato ordinato in un'altra fase della storia” → Führer come unica fonte di legge il cui ordine non era contrastabile. Laternster mette in evidenza la fragilità delle fondamenta giuridiche dei processi e la totale complicità con il nazismo di tutte le autorità utto ciò mette in luce la mancanza di paletti precisi per far giustizia.Il fatto che i criminali nazisti mettessero in pratica comportamenti atroci (caccia alle lepri, celle in piedi, atrocità su bambini...) spontaneamente e non per ordine ricevuto giustifica in parte il trasformarsi di questo processo in PROCESSI PENALI ORDINARI al singolo [Molti testimoni avvalorano questa tesi sostenendo che molti imputati uccidessero non per ordine dei superiori, ma contravvenendo all'ordine di non uccidere, se non nella camere a gas]. “Ad Auschwitz ciascuno era libero di decidere se essere buono o cattivo” → ciò mostra che, oltre all'ordine ricevuto dallo Stato, è subentrato un fattore di iniziativa personale delle singole SS [ad esempio il sadismo sessuale nel dominare la vittima e il fattore umorale]. In un contesto di atrocità e caos, in cui tutto è possibile, è difficile capire quale sia la verità. La verità è in piccoli momenti alcuni dei quali di profondo orrore: il bambino destinato a morire che scrive sui muri e quello ucciso brutalmente da Boger.
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