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Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, Diritto commerciale, Dispense di Diritto Commerciale

riassunti completi del Cian V edizione 2023, per 3 modulo, integrati con gli appunti del prof. esame superato con il massimo

Tipologia: Dispense

2022/2023

In vendita dal 02/04/2023

chiara.marra
chiara.marra 🇮🇹

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Scarica Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, Diritto commerciale e più Dispense in PDF di Diritto Commerciale solo su Docsity! IL CODICE DELLA CRISI D’IMPRESA E DELL’INSOLVENZA Nel 2022 la legge fallimentare è stata sostituita dal d.lgs. n.14/2019 “Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza”, entrato in vigore, per la maggior parte, il 15 luglio 2022. → per cui tutte le procedure concorsuali che si siano aperte entro il 14 luglio 2019 vanno con la vecchia disciplina. N.B. a Catania si sta formando un orientamento diverso: se ad es. viene presentata istanza di fallimento il 10/07; l’imprenditore presenta il 25/07 uno strumento volto a prevenire la sua dichiarazione di fallimento. Il tribunale di Catania ritiene non solo che lo strumento vada col nuovo codice della crisi, ma anche chi ha fatto l’istanza di fallimento prima del 15/07, deve ritirarla e convertirla in istanza di liquidazione giudiziale. Sulla scia di una precedente normativa europea di mero indirizzo, nel 2019 è stata emanata la dir. EU 2019/1023 → alla quale il c.ins. ha tentato di conformarsi perseguendo due finalità: 1. Scaturisce dall’esigenza di far emergere con anticipo la crisi imprenditoriale (e poter così intervenire anticipatamente sul risanamento); 2. Predilige misure che consentano di intervenire precocemente sulla crisi incipiente tramite l’accesso del debitore in crisi a quadri di ristrutturazione preventiva e di recupero dell’impresa (anziché puramente liquidatore). Questi principi spiegano la scelta, da un lato: a) di apportare misure pre-concorsuali che il debitore dovrebbe intraprendere già al manifestarsi di indici oggettivi rivelatori della crisi → allo scopo di cercare una composizione della crisi negoziata con i creditori; b) Di accordare, una volta che si renda inevitabile il percorso giudiziale, priorità di trattazione alle proposte che comportino il superamento della crisi assicurando la continuità aziendale. In generale esso raccoglie in maniera unitaria tutte le ipotesi di crisi che possano riguardare un’impresa, ma anche ipotesi un tempo estranee al fallimento = crisi del consumatore, piccoli imprenditori e imprenditori agricoli (solo alcuni istituti). Al di fuori restano 2 discipline: 1. Liquidazione coatta amministrativa; 2. Amministrazione straordinaria; LA PREVENZIONE DELLA CRISI Gli adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili per la rilevazione e superamento della crisi Il tema degli adeguati assetti organizzativi per la prevenzione e la gestione del rischio di impresa è stato generalizzato, per tutte le imprese collettive, dal c.ins. L’art. 375, modifica l’art. 2086 c.c. facendo incombere sull'imprenditore collettivo (in particolare al suo organo amministrativo) l'obbligo di istituire assetti organizzativi, amministrativi e contabili, adeguati alla natura e alle dimensioni dell'impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi d'impresa e perdita della continuità aziendale → tale obbligo si coniuga con quello di attivarsi senza indugio per l'adozione e attuazione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale. Il c.ins. specifica poi alcune caratteristiche minime, delle misure o degli assetti che gli imprenditori dovranno adottare, che consentano almeno: - La rilevazione degli squilibri patrimoniale o economico-finanziari; - La sostenibilità dei debiti (valutata sulla base di specifici segnali riferiti alle proporzioni e alla avvenuta scadenza dei principali debiti) e la continuità aziendale per i 12 mesi successivi; - L'effettiva acquisizione delle informazioni necessarie per sostenere un test sulla risanabilità dell’impresa (effettuabile tramite un programma informatico su una piattaforma telematica gestita dalle camere di commercio). Gli obblighi di segnalazione Gli obblighi di segnalazione nei confronti dell'imprenditore o del suo organo amministrativo sono imposti all'organo di controllo, ai creditori pubblici qualificati (Agenzia delle entrate e Inps) e alle banche e intermediari finanziari che abbiano concesso affidamenti all’impresa. Tuttavia può rilevarsi che il contenuto di tali obblighi e il relativo apparato sanzionatorio risultano di blanda efficacia, a dispetto di una più incisiva prescrizione della dir. EU 2019/1023. La composizione negoziata della crisi d’impresa Tale percorso è accessibile a qualunque imprenditore (con alcune peculiarità per le imprese minori e per le imprese di gruppo) in stato di squilibrio patrimoniale o economico/finanziario → che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza; è una procedura del tutto volontaria (salvo l'obbligo dell'organo di controllo di segnalare a quello amministrativo la sussistenza della situazione di squilibrio). L'imprenditore potrà condurre le trattative personalmente (con l'eventuale ausilio del propri consulenti), ma è necessario che venga affiancato da un esperto indipendente nominato dalla Camera di Commercio del luogo ove l'impresa ha la sua sede legale. ➡ Infatti l'accesso al percorso consiste formalmente in una istanza di nomina dell'esperto rivolta alla Camera, corredata di tutta la documentazione illustrativa della situazione contabile e debitoria dell’impresa. La negoziazione con i creditori dovrebbe svolgersi in forma stragiudiziale e riservata, salvo che sia l'iniziativa dello stesso imprenditore a rendere necessario l'intervento del tribunale → questo può avvenire quando l'imprenditore chiede l'applicazione di misure cautelari o protettive del suo patrimonio da iniziative dei creditori (gli effetti delle operazioni così autorizzate verranno poi a stabilizzarsi se la composizione della crisi trovi esito positivo). N.B. fin tanto che l’imprenditore si rivolge all’esperto affinché lo guidi, ancora è teoricamente assoggettabile a liquidazione giudiziale, quindi i creditori possono comunque fare istanza. Per evitarlo è consentito all’imprenditore richiedere misure protettive, previo parere dell’esperto; esse non possono durare più di 12 mesi, anche non consecutivi. Il tribunale però, su istanza del pubblico ministero o creditori, può disporre delle misure cautelari = concede le misure protettive ma ad es. dispone che l’imprenditore gestisca l’attività dell’impresa con accanto un soggetto di fiducia del tribunale. Il provvedimento è ricorribile. Il ruolo dell’esperto: • Valutare se effettivamente vi siano concrete prospettive di risanamento (altrimenti provocando l'archiviazione dell'istanza di composizione negoziata); • Di assistere l'imprenditore nelle trattative con i creditori; • Di valutare se il compimento di atti di straordinaria amministrazione o l'effettuazione di pagamenti siano o meno coerenti rispetto alle trattative in corso (o comunque pregiudizievoli per i creditori) segnalando il proprio eventuale dissenso all’imprenditore; questo è confidenziale ma, se l'atto o il pagamento vengano ugualmente compiuti potrà: - Essere pubblicato nel registro delle imprese; - Essere seguito da un'istanza al tribunale di revoca delle misure protettive o cautelari; - Rendere revocabili gli atti di straordinaria amministrazione compiuti malgrado il dissenso, o comunque non autorizzati dal tribunale. ➡ La procedura di composizione negoziata potrà concludersi positivamente tramite diversi tipi di accordi con i creditori; diversamente potrà ricorrere agli ordinari strumenti di soluzione della crisi previste dal c.ins. o dalla disciplina sull'amministrazione straordinaria; oppure ancora a quello specifico e ulteriore strumento che è il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio. Il concordato semplificato È una proposta di concordato per cessione dei beni unitamente ad un piano di liquidazione, rivolta ai creditori per il tramite di una procedura giudiziale introdotta con ricorso presentato al tribunale entro 60 giorni dalla relazione finale dell’esperto → se questa attesti che le trattative della composizione negoziata, pur non essendo esitate in un accordo, siano state svolte comunque secondo correttezza e buona fede. Tale concordato sarà: • Liquidatorio = comportando, se omologato, la liquidazione del patrimonio dell'imprenditore a beneficio dei creditori; • Semplificato = poiché privo della figura del commissario giudiziale e delle fasi in cui si esprima un voto dei creditori; spetterà al solo tribunale verificare la sussistenza dei requisiti per l'accesso alla procedura e, sulla base di un parere dell'esperto, valutare l'ammissibilità della domanda facendo comunicare la proposta ai creditori e fissando l'udienza di omologazione. Se le eventuali opposizioni dei creditori saranno respinte, il concordato sarà comunque omologato dal tribunale. Il procedimento per la dichiarazione di liquidazione giudiziale è volto all'accertamento dei presupposti che la legittimano e si svolge dinanzi al tribunale in composizione collegiale e con le modalità dei procedimenti in camera di consiglio. Nelle more del procedimento, il tribunale potrà disporre, se il debitore ne abbia fatto richiesta, le misure protettive = consistenti nella impossibilità per i creditori anteriori di iniziare o proseguire azioni esecutive cautelari sul patrimonio del debitore, con sospensione dei termini di prescrizione e decadenza e comunque per un periodo non superiore ai 12 mesi. Il tribunale potrà altresì disporre le eventuali misure cautelari che possano apparire opportune per tutelare l'azienda o il patrimonio del debitore. ➡ Il procedimento si concluderà con una sentenza di apertura della liquidazione giudiziale ovvero con un decreto di rigetto. La sentenza che dichiara l'apertura della liquidazione giudiziale ha innanzitutto natura di accertamento costitutivo quanto allo stato di assoggettamento del debitore alla liquidazione giudiziale, derivandone tutti gli effetti connessi all'apertura della procedura; effetti che si produrranno nei confronti delle parti → dopo che essa sia stata notificata o comunicata ad esse e nei confronti dei terzi → dopo la sua iscrizione nel registro delle imprese. Conterrà inoltre ulteriori provvedimenti di natura ordinatorio per la prosecuzione della procedura stessa: - Nominando alcuni organi della procedura (giudice delegato e curatore); - Ordinando al debitore il deposito della documentazione relativa alla sua situazione economica e finanziaria; - Stabilendo i termini entro i quali si procederà all'esame dello stato passivo. Contro la sentenza potrà essere proposto un reclamo dinanzi alla corte di appello dal debitore o da ogni altro interessato; esso non sospende gli effetti della sentenza impugnata, a parte la possibilità che il tribunale (su istanza di parte se ricorrono gravi motivi) sospende in tutto o in parte o temporaneamente: la liquidazione dell'attivo, la formazione dello stato passivo o il compimento di altri atti di gestione. Il procedimento per l'apertura di l.g. potrebbe concludersi anche con un motivato decreto di rigetto, fondato sull'accertata insussistenza dei presupposti o della suddetta soglia minima dei 30.000 € di debiti scaduti, o in via preliminare, della stessa qualità di creditore di chi avesse proposto ricorso come tale. Tale decreto potrà costituire oggetto, entro 30 giorni dalla sua comunicazione, di reclamo dinanzi alla corte di appello, che deciderà con decreto non ricorribile per cassazione, se lo rigetterà, e con sentenza ricorribile per cassazione, se lo accorda, dichiarando l'apertura della liquidazione giudiziale. GLI ORGANI DELLA PROCEDURA Il tribunale concorsuale È il tribunale civile del luogo in cui debitore al centro degli interessi principali: • nomina, nella sentenza di apertura della liquidazione giudiziale, il giudice delegato e il curatore potendo poi revocarli o sostituirli per giusti motivi; • sorveglia lo svolgersi della procedura sia attraverso un rapporto diretto con il giudice delegato, sia confrontandosi con gli altri organi o con lo stesso debitore; • ha poi il potere di decidere tutte le controversie relative alla procedura che non siano di competenza del giudice delegato: quelle interne ad essa (ad es: i reclami contro i provvedimenti del giudice delegato o la revoca del curatore) ma anche quelle esterne (tutte le azioni che ne derivano, qualunque ne sia il valore). Ma quali sono le cause che derivano dalla procedura? Si tratta di cause che in assenza della procedura potrebbero essere di competenza di altri giudici ma che è, per il fatto di derivare dalla liquidazione giudiziale, determinano una competenza funzionale e inderogabile del tribunale concorsuale: l'azione revocatoria concorsuale, le controversie in cui si dibatte se la procedura abbia prodotto lo scioglimento o no di un certo contratto. Non devono invece ritenersi, in principio derivare dalla liquidazione giudiziale le cause attive che il debitore avrebbe potuto proporre per suo conto, anche a prescindere dalla liquidazione (es: l'azione per ottenere il pagamento di una fornitura effettuata o il risarcimento per un illecito subito). Il giudice delegato Egli vigila e controlla la regolarità della procedura, assumendo le decisioni tramite decreto. La vigilanza presuppone un'adeguata informazione: quella che gli provenga appositamente dal curatore o quella sollecitata, convocando il curatore stesso o il comitato dei creditori. Si estrinseca poi: - Nominando e potendo revocare il comitato dei creditori; - Autorizzando egli stesso alcune importanti scelte gestorie del curatore (come quella a continuare l'esercizio dell'impresa o affittare l’azienda) o la sua costituzione in giudizio; - Decidendo i reclami proposti contro gli atti del curatore e del comitato dei creditori. - Egli ha inoltre la funzione di accertare i crediti e gli altri diritti vantati dei terzi insinuati al passivo. Il curatore Nominato dal tribunale fra soggetti muniti di particolari requisiti di professionalità, esperienza ed indipendenza è l'organo che operativamente si fa carico di attuare le finalità della procedura → a questo fine egli ha l'amministrazione del patrimonio compreso nella liquidazione giudiziale, annotata quotidianamente in un registro informatico e compie tutte le operazioni della procedura, operando contemporaneamente per la liquidazione del patrimonio e per l'accertamento del passivo. Egli è pertanto legittimato a compiere atti negoziali con terzi e a stare in giudizio per conto della procedura. Nell'esercitare questo potere il curatore è sostanzialmente autonomo → tanto è vero che i suoi atti possono costituire oggetto di reclamo solo dal punto di vista dell'eventuale violazione di legge, ma non sono sindacabili nella loro discrezionalità tecnica. L'autonomia e la discrezionalità delle iniziative del curatore non è del resto contraddetta dal fatto che la sua legittimazione risulta talora condizionata da autorizzazioni del giudice delegato o di quella del comitato dei creditori per gli atti di straordinaria amministrazione. Se poi si tratti di atti che attuino l'azione liquidatoria ex ante pianificata in un programma di liquidazione → questo dovrà essere approvato nel suo complesso dal comitato dei creditori e comunicato al giudice delegato, che autorizzerà il compimento degli atti ad esso conformi. Il curatore dovrà presentare al giudice delegato: • Entro 30 giorni dall'apertura della procedura una prima informativa sulle cause dell'insolvenza e sulle responsabilità dell’insolvenza; • Entro 60 giorni dal deposito del decreto di esecutività dello stato passivo, una relazione particolareggiata sui medesimi aspetti e sulle responsabilità (anche penali) del debitore e sulla diligenza da lui spiegata nell'esercizio dell’impresa; • Dopodiché, ogni sei mesi, un rapporto riepilogativo sulle attività svolte insieme al conto della gestione. Il curatore potrà essere sostituito per conflitto di interessi dal tribunale su istanza del debitore o dei creditori ammessi al passivo ed esposto ad eventuale azione di responsabilità (promossa dal nuovo curatore e autorizzata dal giudice delegato) se non abbia adempiuto ai doveri del suo ufficio con la diligenza professionale richiesta dalla natura dell’incarico. Il comitato dei creditori È chiamato a condividere le iniziative del curatore, spesso autorizzandola, talvolta limitandosi ad esprimere un mero parere non vincolante. È composto da creditori (3 o 5) scelti dal giudice delegato, dopo aver consultato il curatore e i creditori → in modo da rappresentare in misura equilibrata quantità e qualità dei crediti ed avuto riguardo alla possibilità di soddisfacimento dei crediti stessi. Il comitato ha ampi poteri ispettivi e informativi che danno notizia al curatore e al debitore, anche accedendo al registro informatico; decidendo poi (anche informalmente e con voto espresso a distanza) a maggioranza dei votanti. Trattandosi di un organo composto da privati e soggetti ad obblighi di diligenza e alla conseguente responsabilità → è la legge stessa prendere in considerazione che un tale organo possa non costituirsi neppure, o comunque non ben funzionare, con allora un potere di sostituzione del giudice delegato. GLI EFFETTI DELLA LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE PER IL DEBITORE Lo spossessamento La sentenza che dichiara aperta la liquidazione giudiziale, priva dalla sua data il debitore dell'amministrazione e della disponibilità dei suoi beni esistenti alla data di apertura della liquidazione giudiziale (per beni: ogni situazione giuridica attiva, anche processuale, di cui il debitore sia titolare). Dal deposito della sentenza e per tutta la durata della procedura tali poteri spetteranno al curatore → al fine di destinare il patrimonio del debitore alla soddisfazione dei creditori. • Saranno tendenzialmente compresi nell'asse concorsuale anche i beni che pervengono al debitore durante la procedura, ma solo se il curatore non rinuncerà ad acquisirli; l'acquisizione dei beni sopravvenuti infatti è possibile solo facendosi carico delle passività implicate dal loro acquisto o per la loro conservazione. • Vi sono poi beni che per legge non sono compresi nel patrimonio della procedura e in particolare, se il debitore sia una persona fisica = quelli necessari per il mantenimento proprio e della famiglia, o i diritti di natura strettamente personale. Lo spossessamento si caratterizza per la relatività della sua efficacia = opera solo a beneficio dei creditori concorsuali e incide sulla sola legittimazione del debitore ad amministrarli o a disporne, ma non sulla titolarità dei relativi diritti → che permane immutata almeno sino a quando essi non è strano dal patrimonio appreso dalla cura tela per essere stati ceduti a terzi nell'ambito della liquidazione concorsuale. ➡ Tanto è vero che, se all'esito della procedura una tale cessione non avesse avuto luogo, il debitore non solo potrebbe ancora dirsi titolare dei beni residui, ma recupererebbe anche la piena legittimazione a disporne. L'inefficacia degli atti del debitore e dei pagamenti eseguiti o ricevuti. Gli effetti della l.g. sul piano processuale Art. 144 = tutti gli atti compiuti dal debitore dopo l'apertura della liquidazione giudiziale sono inefficaci rispetto ai creditori, a prescindere dal loro effetto pregiudizievole o meno per i creditori. Ma si tratta di un'inefficacia relativa = un atto compiuto dal debitore durante la procedura sarebbe in principio valido e produrrebbe i suoi effetti nei confronti dei terzi, ad eccezione però dei creditori concorsuali, rispetto ai quali quell'atto potrà essere considerato tamquam non esset → dunque incapace di modificare la consistenza del patrimonio concorsuale. Esempio: Se il debitore, con regolare atto di vendita, allenasse un bene immobile compreso nell'asse concorsuale → ciò sarebbe del tutto inefficace per la procedura e quindi il curatore potrebbe vendere quell'immobile; ma ciò non impedirebbe che il terzo, che abbia acquistato dal debitore (fuori e dopo la chiusura della procedura) potrebbe agire contro l'alienante per l'evizione subita. Se invece il bene non fosse stato ceduto a nessuno per effetto della procedura (una volta che questa fosse chiusa) l'atto di vendita, potrebbe dispiegare appieno i suoi effetti. La stessa regola si estende ai pagamenti eseguiti e ricevuti dal debitore: • se il debitore utilizzasse attività occultate alla procedura per pagare preferenzialmente alcuni creditori concorsuali → metterebbe colui che avesse ricevuto il pagamento nella condizione di dover riversare alla procedura quanto ottenuto. • Se invece un debitore dell'imprenditore effettuasse un pagamento a quest'ultimo → ciò non lo libererebbe dal debito, ma lo costringerebbe a pagare nuovamente alla procedura (salvo che non sia lo stesso imprenditore a rimettere il pagamento tenuto nelle mani del curatore). Altro principio sancisce l'inefficacia relativa delle formalità necessarie per rendere opponibile atti ai terzi eventualmente compiute su beni compresi nel patrimonio della procedura dopo l'apertura di questa. Si tratta di quelle formalità che sono dirette a risolvere il conflitto fra diversi aventi diritto, aggiudicando il bene a chi per primo abbia adempiuto le formalità medesime (trascrizione di un contratto). ➡ Dunque, se queste vengono compiute dopo l'apertura della liquidazione giudiziale saranno inopponibili alla procedura. pagamenti e delle garanzie poste in essere in un momento in cui l'imprenditore, non ancora sottoposto a liquidazione giudiziale, già si trovava in uno stato di insolvenza, noto alla controparte. N.B. Sono assoggettati a tale regola anche coloro che abbiano ricevuto (o si siano fatti promettere alcunché) da un imprenditore commerciale, in un momento in cui già era in essere la condizione di insolvenza che, se fosse stata rilevata tempestivamente → avrebbe provocato un'apertura della liquidazione giudiziale. ➡ Si assiste così ad una retrodatazione dell'effetto prodotto dalla dichiarazione di insolvenza (cioè l'indisponibilità del patrimonio del debitore) ad un momento precedente, sempre che collocabile entro il cosiddetto periodo sospetto, a quello in cui l'insolvenza era già in essere. Tuttavia nel sistema italiano un tale effetto deriva dalla circostanza che il terzo conoscesse (o possa presumersi che conoscesse) un tale stato di insolvenza. Non è invece espressamente stabilito se debba sussistere un ulteriore presupposto oggettivo, individuabile in un pregiudizio arrecato alle ragioni dei creditori; presupposto questo richiamato per la revocatoria ordinaria → tanto è vero che in questa non risultano revocabili i pagamenti di debiti scaduti in quanto essi non risultano depauperare il patrimonio del debitore. Nel caso della revocatoria concorsuale, invece, risultano revocabili anche pagamenti di debiti scaduti o concessioni diritti di prelazione o di garanzie = tutti gli atti che comportano un trattamento preferenziale per chi ne benefici → e quindi una lesione della par condicio. ➡ Allora la revocabilità concorsuale di un atto non richiede anche il carattere pregiudizievole, se si ritiene che un tale pregiudizio possa individuarsi nella sola capacità dell'atto di ledere la par condicio creditorum. Gli atti revocabili sono distinti dalla legge in: 1. Normali = sarà il curatore a dover provare la conoscenza dello stato di insolvenza del terzo, per atti compiuti successivamente al deposito della domanda cui sia seguita l'apertura della liquidazione giudiziale o nell'anno anteriore; sono normali: • I pagamenti di debiti liquidi ed esigibili (scaduti); • Gli atti a titolo oneroso, per i quali non ricorrano indici di anomalia; • Quelli costitutivi di un diritto di prelazione per debiti, anche di terzi, contestualmente creati. 2. Anormali = sarà il terzo a dover fornire l'eventuale prova contraria per sottrarsi agli effetti della revocatoria, dimostrando che ignorava un tale stato.sono anormali i seguenti atti: • Atti a titolo oneroso (che comportano un'attribuzione patrimoniale o l'assunzione di un'obbligazione da parte dell'imprenditore insolvente a fronte di un corrispettivo) = compiuti dopo il deposito della domanda cui sia seguita l'apertura della liquidazione giudiziale o nell'anno anteriore, se le prestazioni eseguite o le obbligazioni assunte dal debitore sorpassano di oltre un quarto ciò che a lui è stato dato o promesso. • Atti estintivi (i pagamenti) = di debiti pecuniari scaduti ed esigibili non effettuati con denaro o con altri mezzi normali di pagamento, se compiuti dopo il deposito della domanda cui sia seguita l'apertura della liquidazione giudiziale o nell'anno anteriore. Se un debito che avrebbe dovuto essere eseguito in denaro venga invece adempiuto ad esempio attraverso una datio in solutum → ciò dovrà ritenersi sintomatico di una crisi di liquidità del debitore che fonda, una presunzione di insolvenza e di conoscenza di tale Stato. • Garanzie = costituite dopo il deposito della domanda cui sia seguita l'apertura della liquidazione giudiziale o nell'anno anteriore, per i propri debiti preesistenti non scaduti. Normalmente, se un debito ancora non è scaduto, il creditore attenderebbe la scadenza; mentre, se si fa rilasciare una garanzia non pattuita originariamente, è presumibile che lo faccia perché teme la sopravvenuta incapacità del debitore di pagare alla scadenza. • Disciplina analoga vale anche per le garanzie concesse per debiti scaduti → in tal caso però il periodo sospetto è abbreviato a 6 mesi perché il rilascio della garanzia appare meno anormale; tuttavia anche qui normalmente, dopo la scadenza di un debito, il debitore dovrebbe senz'altro pagare, mentre la concessione di una garanzia rende manifesta la sua necessità di ottenere una dilazione. Le esenzioni dall'azione revocatoria Si è voluto evitare che la prospettiva di un'azione revocatoria concorsuale potesse scoraggiare il compimento di alcuni atti, potenzialmente utili a superare lo stato di crisi e di un'impresa; timore inoltre che potrebbe condurre i terzi ad isolare un'impresa in crisi, se non a rendere tale crisi irreversibile. L'esenzione riguarda i seguenti atti: • Pagamenti di beni e servizi effettuati nell'esercizio dell'attività d'impresa nei termini d’uso; • Le rimesse effettuate su un conto corrente bancario che non abbiano ridotto in misura durevole l'esposizione debitoria verso la banca; • Pagamenti per prestazioni di lavoro effettuate da dipendenti ed altri collaboratori, anche non subordinati, del debitore; • Gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse su beni del debitore: in esecuzione di un piano attestato di risanamento dell’impresa; • Gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse su beni del debitore: in esecuzione di un concordato preventivo o di un piano di ristrutturazione ex Art o di un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato, in quanto siano previsti dai rispettivi piani; • I pagamenti di debiti liquidi ed esigibili eseguiti alla scadenza per ottenere la prestazione di servizi strumentali all'accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza o alle procedure di insolvenza; • Costituisce un caso a sé, motivato dall'esigenza di tutelare un interesse socialmente meritevoli di particolare apprezzamento, l'esenzione dalla revocatoria delle vendite aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo destinati a costituire l'abitazione principale dell'acquirente o di suoi parenti o affini fino al terzo grado, se sia stato pattuito un giusto prezzo. Condizioni di esercizio ed effetti delle azioni revocatorie Art. 170 = le azioni di revocatoria ed inefficacia non possono essere promosse decorsi 3 anni dall'apertura della liquidazione giudiziale e comunque si prescrivono decorsi 5 anni dal compimento dell’atto. Quanto al computo del termine a ritroso per il calcolo del periodo sospetto = esso si computerà dalla domanda di apertura della liquidazione giudiziale o, se questa sia stata aperta in conseguenza di una domanda non è andata a buon fine di accesso ad un'altra procedura concorsuale, dalla data di pubblicazione di tale domanda. Il curatore, nel rivolgersi al tribunale per far dichiarare l'inefficacia di un atto, preferisce tendenzialmente avvalersi dell'azione revocatoria concorsuale anziché di quella ordinaria prevista dall’art. 2901 c.c. (essendo l'ambito operativo della prima molto più ampio è agevolata da un onere probatorio quantitativamente minore e qualitativamente assistito da molteplici presunzioni). La revocatoria ordinaria → potrà invece risultare necessaria se l'atto da revocare sia stato posto in essere (sia pure entro il termine di cinque anni) prima del periodo sospetto previsto per la revocatoria concorsuale. L'effetto dell'azione revocatoria è l'inefficacia dell'atto nei confronti dei creditori concorsuali → ciò vuol dire che se l'imprenditore avesse assunto, con atto revocabile, un'obbligazione nei confronti dei terzi (ovvero concesso loro una garanzia) non si tratterà di proporre un'azione revocatoria volta a recuperare un bene fuoriuscito dal patrimonio del debitore e poi sottoposto a liquidazione giudiziale, ma solo di disconoscere nei confronti del terzo il credito o il titolo di prelazione così ottenuto; e allora contestandone in toto l'ammissione al passivo, ovvero concedendola ma senza il diritto di prelazione revocato = revocatoria incidentale → che potendo anche operare in via di eccezione potrebbe essere fatta valere in quella sede senza limiti di tempo. Se invece si tratti di un atto oneroso che ha comportato l'assunzione di un'obbligazione già eseguita, allora quanto ricevuto dal terzo (o il relativo valore attuale in denaro) → dovrà essere restituito alla curatela per essere sottoposto all'esecuzione collettiva di tutti i creditori concorsuali. Il terzo che abbia subito la revoca avrà però diritto, insieme agli altri creditori concorsuali, ad insinuarsi al passivo per il credito corrispondente alla controprestazione da lui effettuata a fronte dell'atto oneroso o del pagamento revocato. Conseguentemente, dopo la restituzione, si farà valere concorsualmente un credito pari al valore della propria prestazione. SUI RAPPORTI GIURIDICI PENDENTI • Per contratti che hanno già trovato integrale esecuzione → il curatore ha la possibilità di disconoscerne gli effetti ricorrendo ad una azione revocatoria, ordinaria o concorsuale; • Potrà accadere che una delle due parti abbia integralmente eseguito la propria prestazione o comunque l'effetto reale del trasferimento si sia già prodotto → in tal caso il residuo era soltanto un credito della controparte, che potrà allora insinuarlo al passivo, oppure un credito a favore del patrimonio concorsuale, che il curatore potrà esigere (salvo che preferisca revocare l’atto). • Vi è la possibilità che all'apertura della liquidazione giudiziale un certo contratto sia ancora del tutto ineseguito, o comunque non compiutamente eseguito, nelle sue prestazioni principali, da entrambe le parti = rapporti giuridici o contratti pendenti = rispetto a tali ipotesi l'interesse della curatela è quello di svincolarsi da un impegno contrattuale ancora da adempiersi → questo viene assicurato dalla regola generale prevista all’art. 172: - Con la dichiarazione di liquidazione giudiziale, l’esecuzione dei contratti pendenti resta sospesa; - Questo stato perdura fino a quando il curatore non scelga se subentrare nel contratto ovvero sciogliersi dal medesimo. La prima ipotesi si avrà quando il curatore ritenga conveniente la prosecuzione, chiedendo che la sua scelta venga autorizzato dal comitato dei creditori; la controparte resterà invece in attesa (salva la facoltà di costituire in mora il curatore attraverso la richiesta al giudice delegato di assegnargli un termine massimo di 60 giorni, trascorso il quale in mancanza di decisione positiva espressa il contratto si intenderà risolto). La scelta di far proseguire l'esecuzione del contratto → comporterà l'assunzione a carico della massa dei relativi obblighi a far data dal subentro, da pagarsi in prededuzione rispetto ai crediti concorsuali. Nella seconda ipotesi non è richiesta l'autorizzazione del comitato dei creditori; risolto il contratto, se il terzo avrà già adempiuto in parte alla sua prestazione avrà diritto di far valere nel passivo il relativo credito → da recuperarsi quindi in moneta concorsuale. Non avrà però diritto ad alcun risarcimento del danno per non aver ottenuto quanto promesso dal debitore. N.B. nel caso in cui nella procedura di liquidazione giudiziale venga concesso l'esercizio provvisorio dell'impresa, i contratti pendenti proseguono in quanto strumentali all'esercizio dell'impresa; il curatore resta comunque libero di sciogliersi da sé, come anche di sospenderne l’esecuzione. Infine la regola generale è soggetta ad alcune eccezioni che possono comportare: - la prosecuzione automatica; - lo scioglimento altrettanto automatico; - l'una o l'altra conseguenza a seconda di talune circostanze; Fra tali eccezioni, particolare rilevanza assume la disciplina dei rapporti di lavoro subordinato = la loro onerosità giustifica un regime per il quale la loro esecuzione viene sospesa automaticamente già per effetto dell'apertura della procedura; con facoltà di recesso da parte del curatore o con risoluzione automatica se, entro 4 mesi dall'apertura il curatore non abbia optato per il subentro. La tutela dei lavoratori, in questi casi, sarà affidata al riconoscimento dell'indennità di mancato preavviso in ciascuna di tali ipotesi di scioglimento del rapporto. pretese estranee al patrimonio del debitore prima dell'apertura della liquidazione giudiziale, ma spettante alla curatela. Il curatore ha l'obbligo di predisporre un programma di liquidazione = che indichi separatamente criteri e modalità della liquidazione dei beni immobili e mobili e della riscossione dei crediti, specificando costi e tempi (oltre agli atti necessari per la conservazione del valore); inoltre deve prevedere il termine, tendenzialmente non più di 5 anni, entro cui dovrebbe compiersi, privilegiando la cessione unitaria dell'azienda o di suoi rami, piuttosto che una realizzazione frammentaria dei singoli cespiti. Neppure esclusa, infine, la derelizione di beni la cui liquidazione apparirebbe non conveniente. Il piano deve essere approvato dal comitato dei creditori, mentre al giudice delegato spetta autorizzare fin da subito l'esecuzione di tutti gli atti adesso conformi (oltre che un controllo di legittimità formale). La cessione dei beni La legge indica come soluzione preferibile, perché più proficua, quella delle cessioni aggregate: la liquidazione dei singoli beni è disposta quando risulta prevedibile che la vendita dell'intero complesso aziendale, dei suoi rami, di beni o rapporti giuridici individuabili in blocco non consenta una maggiore soddisfazione dei creditori. • Il contratto di cessione d'azienda o di suoi rami è sottoposto alla disciplina generale degli art. 2556 s.s. c.c. Diversa è però la sorte dei debiti → poichè solitamente i debiti inerenti all'azienda eccedono il suo valore, nessuno si indurrebbe ad acquistarla se dovesse sottostare alla regola dell'accollo (art. 2560); sicché il meccanismo legale vuole che dei debiti sorti prima del trasferimento non dovrà farsi carico il cessionario, ma solo la procedura → quest'ultima li soddisferà incamerando e distribuendo il prezzo della cessione. • La cessione delle attività e delle passività dell'azienda o di suoi rami o di beni o rapporti giuridici individuabili in blocco. • La cessione dei singoli crediti = compresi quelli di natura fiscale o futuri o quelli contestati. • La cessione delle azioni di revocatoria concorsuale = se il curatore avesse già intentato una o più azioni di revocatoria, potrebbe cedere la relativa pretesa ad un terzo che gli subentri → l'uno ottenendo un pronto e certo realizzo della pretesa azionata; l'altro sperando di ricavare dall'azione ceduta una plusvalenza pari alla differenza fra il prezzo pagato e il valore di quanto si spera di ottenere dal successo dell’azione. Infine, la liquidazione dell'azienda o di suoi rami, con i rapporti in corso o anche dei singoli beni o crediti, è resa anche possibile, indirettamente, conferendo a tali cespiti in una o più società di nuova costituzione → vi è così la possibilità di poter negoziare le singole partecipazioni nelle società conferitaria, mobilizzando il valore dei cespiti conferiti, ovvero attribuendole direttamente ai singoli creditori che vi consentano. L’art. 216 = detta poi le modalità delle vendite e degli altri atti di liquidazione → si tratta delle procedure che regolano l'individuazione dell'acquirente e la determinazione del prezzo (in genere vendite tramite procedure competitive assicurandone piena trasparenza attraverso la pubblicità disposta sul portale delle vendite pubbliche). LA RIPARTIZIONE DELL’ATTIVO: l'ordine di distribuzione La fase della ripartizione del denaro, ottenuto all'esito delle attività di liquidazione, fra i creditori concorsuali, si complica in ragione di due diversi ordini di problemi: 1. Ha a che vedere con la molteplicità dei criteri legali → in ragione dei quali i crediti possono presentarsi con diversa forza; ciò impedisce di considerarli tutti sullo stesso piano, dovendosi conto del loro ordine o rango. 2. Deriva dalla considerazione che la ripartizione sarà tanto più utile quanto più tempestiva; ha condotto il legislatore a prevedere che essa cominci mediante riparti parziali, senza attendere il completamento delle attività di accertamento del passivo e di liquidazione dell’attivo. Questa scelta costringe però a muoversi in uno stato di relativa incertezza = quella riguardante l'ammontare complessivo del ricavato finale della liquidazione e l'ammontare complessivo delle pretese che dovranno effettivamente essere soddisfatte. Il primo problema segnalato viene risolto con l’art. 221 = regola l'ordine di distribuzione delle somme, prevedendo diversi livelli di preferenza nella partecipazione al riparto → dunque il principio della par condicio creditorum è destinata ad operare solo all'interno dei crediti aventi il medesimo rango; per l'esattezza le somme ricavate dalla liquidazione dell'attivo vengono erogate nel seguente ordine: a) Per il pagamento dei crediti prededucibili = vi rientrano le spese per la procedura, quelli relativi ai debiti della massa (contratti dal curatore per la gestione del patrimonio e la continuazione dell’esercizio), nel caso di consecuzione di procedure quelli per compensi professionali, nei limiti del 75%, sorti in funzione della domanda di omologazione di accordi di ristrutturazione e per la precedente richiesta di misure protettive, se poi gli accordi siano omologati → ciò per promettere protezione ai crediti sorti in tale fase per il caso in cui quella procedura sfociasse in una liquidazione giudiziale. b) Per il pagamento dei crediti ammessi con prelazione sulle cose vendute = può capitare che alcuni non trovino soddisfazione sull'oggetto della garanzia loro concessa, ad es: chi gode di un'ipoteca di secondo grado su un immobile potrebbe vedere la propria garanzia svuotata dall'attribuzione dell'intero ricavato del bene ipotecato a favore del creditore ipotecario di primo grado. Al curatore è imposto di tenere un separato conteggio delle attività di liquidazione: uno relativo alla massa liquida attiva immobiliare che tenga conto delle somme ricavate dalla liquidazione dei beni immobili, ed un altro che comprenda tutte le altre entrate che costituiscono la massa liquida attiva mobiliare. c) Per il pagamento dei creditori chirografari = essi non sono quasi mai soddisfatti per intero; è prevalente che operi appieno la par condicio, concorrendo essi in proporzione all'ammontare del loro credito sul rimanente ricavato della liquidazione. Chirografari saranno del resto gli stessi creditori privilegiati che non abbiano trovato soddisfazione attraverso la propria garanzia. d) Per il pagamento dei crediti postergati = la subordinazione potrà essere imposta dalla legge o pattuita per contratto e potrà essere assoluta, determinando l'assunzione di un rango inferiore oppure relativa, operante soltanto rispetto ad alcuni chirografari. LA RIPARTIZIONE DELL’ATTIVO: il procedimento di distribuzione Il procedimento della ripartizione comporta che il ricavato possa venire distribuito, mediante riparti parziali, man mano che si liquida l'attivo. Le ripartizioni parziali dovranno aver luogo sulla base di un prospetto delle somme disponibili e di un progetto di ripartizione elaborati dal curatore. Questo deve prevedere degli accantonamenti, trattenendo e depositando, per non meno del 20% delle somme disponibili, le somme ancoranti per la procedura e per far fronte ai creditori incerti. Gli accantonamenti sono del resto inevitabili anche perché è tendenzialmente esclusa la restituzione di somme riscosse, se in esecuzione del piano di riparto = principio di irripetibilità. Tale principio consente di comprendere anche la regola della partecipazione ai riparti dei creditori tardivi e dei creditori privilegiati: • I creditori tardivi = possono concorrere soltanto alle ripartizioni posteriori alla loro ammissione. Diversa è però la misura in cui sarà consentita la partecipazione ai riparti successivi: - se sono assistiti da cause di prelazione → potranno via via recuperare le quote che sarebbero loro spettate nelle ripartizioni precedenti; - analoga possibilità di recupero verrà concessa ai creditori che, pur chirografari, si siano insinuati con ritardo per causa loro non imputabile. - se, invece, si trattasse di un credito chirografario insinuato con ritardo imputabile allo stesso creditore → la regola sarà quella per cui esso parteciperà ai riparti successivi della stessa percentuale riconosciuta a tutti gli altri chirografari. • Ai creditori privilegiati = è riconosciuto il diritto di concorrere nella ripartizione che si eseguono prima della ripartizione del prezzo dei beni vincolati a loro garanzia (onde non dover attendere la liquidazione di tali beni). Se però una volta realizzata la garanzia, la somma adesso ricavata si dimostri capiente, la somma equivalente a quanto già anticipatamente percepito dal creditore privilegiato nelle ripartizioni parziali verrà assegnata ai creditori chirografari. Una volta completata la liquidazione dell'attivo il curatore presenterà il rendiconto, sia contabile che delle attività di gestione compiute → approvato a quest'ultimo, il giudice delegato ordinerà la ripartizione finale delle somme, compresi gli accantonamenti sino ad ora effettuati. LA CHIUSURA DELLA PROCEDURA DI LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE La chiusura della procedura e i suoi effetti La chiusura indica la conclusione della procedura aperta con la sentenza di apertura della liquidazione giudiziale. Cause: • La mancanza di domande di ammissione al passivo entro il termine previsto dalla sentenza di apertura, quand'anche fosse stata aperta su istanza di un creditore se neppure questo, poi, avesse proposto domanda di ammissione; • Quando vi sia stata la soddisfazione di tutti i creditori → grazie alle ripartizioni dell'attivo o anche all'adempimento di un terzo; • Quando è compiuta la ripartizione finale dell'attivo malgrado taluni crediti siano rimasti insoddisfatti; • Per mancanza di attivo = sarebbe in tal caso antieconomica → generando spese che non verrebbero pagate con l'asse concorsuale. ➡ In tutte queste ipotesi, sarà il tribunale, su istanza del curatore o del debitore (o anche d'ufficio se la chiusura sia dovuta a mancanza di attivo), ad emanare un decreto di chiusura. Quanto al debitore → cesseranno gli effetti dello spossessamento nonché l'incapacità o limitazioni di carattere personale; egli acquisterà così la piena disponibilità e amministrazione del proprio patrimonio. Se dei beni tornati nella piena disponibilità del debitore, costui avesse disposto durante la procedura → i relativi atti spiegherebbero a questo punto piena efficacia. Parimenti, il debitore potrà proseguire nei rapporti giuridici preesistenti che non si siano sciolti. Quanto agli organi della procedura → essi decadranno. Con la chiusura della liquidazione giudiziale ogni creditore → riacquisterà il libero esercizio delle azioni che gli competono verso il debitore. Anche i creditori concorrenti potranno tornare ad agire individualmente per la parte del loro credito eventualmente non soddisfatta nella procedura. Infine i creditori concorrenti chirografari avranno la possibilità di esigere gli interessi che avranno continuato a maturare durante la procedura. Quanto alle azioni già intraprese → l'esigenza di accelerare la chiusura della liquidazione giudiziale fa si che essa, (ma solo nel caso in cui dipenda da compiuta ripartizione dell’attivo) non sarà impedita dalla prosecuzione di giudizi o procedimenti esecutivi, rispetto ai quali il curatore mantiene la legittimazione processuale. Vi sarà eventualmente un riparto supplementare di rapporto riepilogativo finale, come una sorta di definitiva chiusura detta archiviazione. Negli altri casi di chiusura: - Le cause intraprese o riassunte dal curatore in sostituzione del debitore o dei creditori = se non ancora concluse alla chiusura della liquidazione giudiziale, si interromperanno per essere eventualmente riassunte dai legittimati naturali. - Le azioni derivanti dalla procedura ove già non cedute a terzi = verranno dichiarate improcedibilità relativi giudizi saranno interrotti. La riapertura della liquidazione giudiziale Dopo che la liquidazione giudiziale sia stata chiusa, potrebbe aversi, nel termine massimo di 5 anni, una riapertura della stessa al fine di regolare crediti concorrenti che non avessero trovato soddisfazione (dunque essa è possibile solo quando la chiusura sia dipesa dall'avvenuta ripartizione dell'attivo o dalla constatata mancanza dell'attivo, e non vi sia stato nel frattempo una esdebitazione del debitore), se nel frattempo si fosse ricreata la possibilità di nuove ripartizioni = quando nel patrimonio del debitore siano seguite nuove attività in misura tale da rendere utile il provvedimento. In ogni caso, la riapertura deve tener conto anche degli eventuali nuovi debiti: - Quelli contratti dal debitore dopo la chiusura; - Quelli contratti durante la procedura chiusa, ma che non potevano farsi valere in essa perché è inefficace nei suoi confronti; - I debiti, pur anteriori alla procedura, verso chi non vi si fosse mai insinuato. La riapertura esplica inoltre effetti quanto agli atti pregiudizievoli compiuti dal debitore dopo la chiusura: Il coordinamento fra la procedura di liquidazione giudiziale della società e quella dei singoli soci Il tribunale prima di dichiarare la liquidazione giudiziale dei soci illimitatamente responsabili, dovrà disporne la convocazione: - non solo per l'esigenza di assicurare l'effettivo diritto di difesa dei soci; - ma anche per indurre i soci eventualmente solvibili a porre rimedio in extremis all'insolvenza della società o quantomeno a ripianare i debiti per i quali sono chiamati a rispondere in via sussidiaria. Con la dichiarazione di liquidazione giudiziale della società e dei suoi soci illimitatamente responsabili si apriranno altrettante procedure, fra loro distinte ma connesse, essendo lo scopo complessivamente perseguito dalla legge quello di regolare il concorso delle pretese dei creditori sociali con quelle dei creditori personali dei soci. ➡Al fine di consentire tale coordinamento si prevede la nomina di organi comuni (salva la possibilità di nominare diversi comitati dei creditori). ➡Inoltre, rispondendo ciascun socio illimitatamente solidalmente verso tutti i creditori sociali, l'insinuazione al passivo da parte di questi ultimi sarà possibile uno actu = il credito dichiarato dei creditori sociali nella liquidazione giudiziale della società si intenderà dichiarato per l'intero nella liquidazione giudiziale dei singoli soci. D'altra parte, i creditori particolari di ciascun socio parteciperanno soltanto alla liquidazione giudiziale di quest'ultimo → occorrendo allora una specifica domanda di ammissione al passivo per tale procedura. Ne risulta, dato che il patrimonio della società e quello dei soci sono tenuti distinti, che per ciascuna procedura occorrerà, effettuare un autonomo accertamento del passivo, pervenendosi alla formazione di distinte masse passive (i debiti assunti in nome della società e quelli assunti al nome del socio); allo stesso modo si dovrà procedere alla determinazione delle diverse masse attive. Sulla base delle distinte masse attive passive, occorrerà assicurare tre risultati: 1. il concorso fra i creditori personali e i creditori sociali = entrambi, nei limiti in cui i rispettivi crediti siano stati ammessi nelle singole procedure, concorreranno in asse secondo le consuete regole, potendo contestare, all'occorrenza, i crediti di qualunque altro creditore con cui si trovino al concorso; 2. la par condicio fra i creditori sociali = sarà assicurata dalla loro partecipazione a tutte le ripartizioni effettuate in ciascuna procedura alla quale siano stati ammessi; 3. la ripartizione del carico delle obbligazioni sociali fra i soci in misura proporzionale alla partecipazione di ciascuno = qualora, soddisfatte tutte le obbligazioni sociali, risultasse che alcuno dei soci abbia dovuto farsene carico in misura più che proporzionale, resterebbe la possibilità di un regresso fra le procedure di liquidazione giudiziale dei soci per la parte eventualmente pagata in più. Gli effetti della liquidazione giudiziale in estensione sono quelle ordinarie: • il socio subirà lo spossessamento; • i crediti nei suoi confronti verranno cristallizzati e non potranno più essere fatti valere mediante azioni esecutive individuali; • dubbia risulta invece la possibilità e limiti entro cui il curatore possa ricorrere alla revocatoria concorsuale. Infine, la distinzione e connessione delle diverse procedure aperte si rivela anche con riferimento alla loro cessazione = esse si chiuderanno comunque quando quella aperta nei confronti della società si sia chiusa per mancanza di domande di ammissione o integrale soddisfazione dei creditori sociali o anche per il tramite di un concordato particolare del socio ovvero proposto dalla società → omologato il quale non cesserà soltanto la relativa procedura di liquidazione giudiziale, ma anche quelle relative ai singoli. L'attuazione della responsabilità dei soci a responsabilità limitata Si tratterà soltanto di attuare i loro obblighi per gli eventuali conferimenti ancora non eseguiti. Il socio unico di S.p.A. o di S.r.l che sia illimitatamente responsabile e che è sottratto a liquidazione giudiziale in estensione potrà essere richiesto di quanto egli debba. Vi è poi la possibilità per il curatore di far valere l'inefficacia dell'eventuale rimborso di finanziamenti postergati → se è avvenuto dopo il deposito della domanda cui sia seguita l'apertura della liquidazione giudiziale o nell'anno anteriore. Le azioni di responsabilità verso i soggetti incaricati di funzioni di amministrazione e controllo Nelle S.p.A. la responsabilità verso la società e verso i creditori sociali, in caso di liquidazione giudiziale (ma anche di liquidazione quatta amministrativa e di amministrazione straordinaria) potrà essere fatta valere dal curatore (o rispettivamente dal commissario liquidatore o straordinario). Principi analoghi valgono anche per la S.r.l, S.p.A. e per le società cooperative; non che anche per le società di persone → benché rispetto ad esse la responsabilità personale per le obbligazioni sociali di tutti i soci illimitatamente responsabili (che solitamente ricoprono anche il ruolo di amministratori) rende di fatto superflua un'azione di responsabilità amministrativa. L’art. 255 = riconosce la legittimazione esclusiva del curatore, se autorizzato dal giudice delegato, all'esercizio di ogni azione di responsabilità, e quindi verso: a) Gli amministratori → compreso l'amministratore di fatto nelle S.p.A. quotate, il dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari; b) I componenti degli organi di controllo → compresi anche i revisori legali e le società di revisione legale; c) I direttori generali → e se la società sia stata posta in liquidazione prima della procedura di liquidazione giudiziale, i liquidatori; d) Nella Srl, completerà il curatore anche l'azione di responsabilità contro i soci che abbiano intenzionalmente deciso ho autorizzato il compimento di atti dannosi per la società, i soci e i terzi; e) I componenti degli organi di enti ed imprenditori collettivi non societari → in quanto sottoposti a liquidazione giudiziale; ➡ La legittimazione del curatore è esclusiva. La crisi all'insolvenza dei gruppi di imprese L'articolazione in un gruppo di imprese non toglie che assai spesso la crisi o l'insolvenza dell'una si inserisca in un contesto di crisi o insolvenza anche delle altre → e cioè dell'intera impresa di gruppo. In questi casi può sorgere l'esigenza che possono essere più, o tutti, i soggetti che compongono il gruppo ad essere sottoposti ad una procedura concorsuale unitaria (anziché avviare tante procedure quante sono le singole imprese coinvolte). Esigenza che riguarda non solo la liquidazione giudiziale, ma anche gli altri strumenti di regolazione dell’insolvenza. In particolare, per imprese in stato di crisi o di insolvenza appartenenti al medesimo gruppo potranno con un unico ricorso: a) chiedere di essere ammesse ad una unitaria procedura di concordato preventivo o di omologazione di un accordo di ristrutturazione → se ciò risulti maggiormente conveniente per i creditori delle singole imprese; b) Oppure, se siano in stato di insolvenza, venire sottoposte ad una unitaria procedura di liquidazione giudiziale. ➡ In entrambi i casi le masse attive e passive delle singole imprese, restano autonome. Da ciò derivano significativi vantaggi economici = sia un contenimento dei costi procedurali che un miglioramento del risultato economico complessivo grazie alle sinergie programmate. N.B. Nel caso di piano concordatario, in particolare, potranno prevedersi operazioni contrattuali e riorganizzative infragruppo, se volte ad assicurare la continuità aziendale e il miglior soddisfacimento dei creditori. Inoltre, una maggiore equità nel trattamento dei creditori delle diverse imprese potrà essere recuperata grazie alla possibilità per il curatore: - di far dichiarare inefficaci le operazioni infragruppo che nei 5 anni precedenti l'accesso alla procedura abbiano spostato risorse a favore di taluna delle imprese del gruppo, in pregiudizio dei creditori; - di promuovere le azioni di responsabilità previste dall’art. 2497 c.c. IL CONCORDATO PREVENTIVO Presupposti e funzione Attraverso esso l'imprenditore in crisi ha la possibilità, senza perdere il potere di gestire la sua impresa e godendo di una moratoria sui debiti esistenti, di formulare ai suoi creditori una proposta per il soddisfacimento (sia pur parziale o differita) dei loro diritti. Questa, se regolarmente accettata dalla maggioranza dei creditori e omologata dal tribunale, limiterà i debiti dell'imprenditore a quanto in essa promesso, con conseguente liberazione, anche verso i creditori che non abbiano assentito alla proposta stessa, da ogni altro debito precedente. ➡ Funzione del concordato preventivo è dunque quella di pervenire ad una ristrutturazione dei debiti e alla soddisfazione dei creditori, pur potendosi realizzare anche obiettivi ulteriori e complementari (come la conservazione del complesso aziendale e dei livelli occupazionali). Presupposti sono: • Soggettivo = si deve trattare di imprese commerciali non piccole; • Oggettivo = comprende non solo lo stato di insolvenza ma anche lo stato di crisi dell’impresa → che esprime una situazione di mera probabilità di insolvenza, capace di manifestarsi anche attraverso l'inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei successivi 12 mesi. Ciò rivela una possibile funzione preventiva, anticipatoria del concordato rispetto alla liquidazione giudiziale. La proposta e il piano: concordato liquidatorio e in continuità aziendale La domanda di concordato preventivo consiste in una proposta ai creditori, con cui si offre loro una soddisfazione che, benché incompleta, si prospetta come preferibile rispetto a quella ricavabile da una liquidazione giudiziale. La proposta, per poter essere adempiuta, richiede risorse economiche da ricavarsi attraverso un certo percorso descritto in un piano, che dovrà essere eseguito. Questo può inquadrarsi in due diverse tipologie: la continuità aziendale e la liquidazione del patrimonio: • Il concordato liquidatorio = sebbene questo possa risultare più appetibile dagli imprenditori, per poter regolare la propria insolvenza sottraendosi alla procedura di liquidazione giudiziale, ma con analoga percentuale di soddisfazione dei creditori, essa è però scoraggiata dal diritto vigente → sarà accessibile solo a condizione che la proposta: - Preveda un apporto di risorse esterne di almeno il 10% dell'attivo disponibile; - assicuri il soddisfacimento dei crediti chirografari e di quelli privilegiati in misura pari almeno al 20% (percentuale mediamente assai superiore a quella ricavabile in una liquidazione giudiziale). • Il concordato in continuità aziendale = anche esso finalizzato alla tutela dei creditori, ma anche a preservare i posti di lavoro e gli stessi complessi produttivi. La continuità può essere diretta o indiretta, seconda che l'attività imprenditoriale venga proseguita dallo stesso imprenditore proponente oppure da altro soggetto. Il piano concordatario, pur vincolato nella funzione non viene predeterminato nel suo specifico contenuto; si impone invece una certa struttura del piano che dovrà contenere: - La descrizione delle caratteristiche dell'impresa, della sua situazione economico-finanziaria e della posizione dei lavoratori; - le cause della sua crisi; - il suo valore di liquidazione in una ipotetica procedura di liquidazione giudiziale; - le modalità e i tempi di adempimento della proposta; - quando il piano sia in continuità aziendale e il piano industriale da seguirsi, il suo impatto sulla situazione finanziaria, i suoi costi e ricavi attesi; - gli apporti di finanza nuova e le azioni risarcitorie e recuperatorie attraverso le quali incrementare il patrimonio disponibile; - le diverse parti interessate dal piano e la loro eventuale suddivisione in classi. Per la migliore consapevolezza dei creditori chiamati a votare, nella domanda devono essere specificate le ragioni per cui la proposta sia preferibile alla liquidazione giudiziale; nonché quale sarebbe l'utilità specificamente individuata ed economicamente valutabile per i creditori → visto che in questa ipotesi essi dovranno essere eccedenti l'ordinaria amministrazione non autorizzati, il commissario ne riferirà al tribunale affinché questo apra il procedimento per la revoca dell'ammissione al concordato, per poi eventualmente dichiarare anche la liquidazione giudiziale dell’impresa. Per i creditori Per i creditori il concordato comporta (ma solo se il creditore abbia fatto istanza delle misure protettive) che fino all'omologazione non potranno, a pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive cautelari sul patrimonio del debitore. Se poi si tratti di un concordato con continuità aziendale, esso potrà prevedere una moratoria fino a un anno dall'omologazione per il pagamento dei creditori muniti di cause legittime di prelazione (6 mesi per i crediti dei lavoratori dipendenti assistiti da privilegio). D'altra parte durante questa fase, non matureranno né i termini prescrizionali né quelli decadenziali. N.B. L’eventuale divieto di azioni esecutive, ove richiesto, vale però solo per i creditori anteriori alla pubblicazione della domanda di concordato; coloro che vantino crediti sorti dopo la domanda, avranno il diritto di essere soddisfatti alla scadenza e alle condizioni convenute contrattualmente, con libertà di intraprendere individualmente un iniziativa cautelare od esecutiva nei confronti dell’imprenditore. Sui contratti pendenti e sugli atti pregiudizievoli Circa i contratti pendenti (ancora in eseguiti o non completamente eseguiti) alla data della presentazione del ricorso, è previsto che essi proseguono durante il concordato. Tuttavia, con autonoma istanza al tribunale e da notificarsi alla controparte, il debitore potrebbe chiedere l'autorizzazione a sciogliersi, ovvero la loro sospensione, qualora si tratti di contratti non coerenti con le previsioni del piano e la sua esecuzione. Alla controparte dovrà però riconoscersi un indennizzo → da soddisfarsi come credito anteriore al concordato stesso. N.B. Fanno eccezione taluni rapporti contrattuali, fra i quali soprattutto quelli di lavoro subordinato, di locazione immobiliare e quelli preliminari aventi ad oggetto l'acquisto dell'abitazione o la sede principale di un’impresa. Quanto agli atti pregiudizievoli precedenti all'apertura della procedura, la legge tace. ➡ Nella logica del concordato, in effetti, non occorre reintegrare il patrimonio del debitore mediante azioni che presuppongono uno stato di insolvenza del debitore; il che non toglie che se la procedura concordataria dovesse sfociare in una liquidazione giudiziale, il termine a ritroso per l'individuazione degli atti assoggettabili a revocatoria concorsuale dovrebbe computarsi dalla data della domanda di accesso al concordato. LA FASE INTERMEDIA DELLA PROCEDURA E LA NUOVA FINANZA Il ruolo del commissario giudiziale e l’informazione dei creditori 1. Aperta la procedura, il commissario (per definire la massa passiva e individuare i legittimati al voto) effettua una ricognizione dei creditori, avvalendosi in primo luogo delle scritture contabili dell’impresa. 2. Dopodiché comunicherà ai creditori la data di convocazione disposta nel decreto di ammissione, la proposta del debitore ed eventualmente di quelle concorrenti; 3. Parallelamente provvederà ad una ricognizione della massa attiva → individuando i debitori dell'imprenditore e procedendo all'inventario del suo patrimonio; 4. Egli dovrà predisporre anche una relazione particolareggiata sulle cause del dissesto, precisando se l'impresa si trovi in stato di crisi o di insolvenza, sulla condotta del debitore e sulle proposte di concordato, comprese eventualmente quelle concorrenti, fra loro comparate; nonché sulle garanzie offerte ai creditori; dovrà illustrare inoltre le utilità che, in caso di liquidazione giudiziale, deriverebbero da eventuali azioni risarcitorie, recuperatorie e revocatorie verso terzi. 5. Egli poi svolge un ruolo di vigilanza al fine di tenere al riparo i creditori da tentativi di frode → non solo vigila sull'attività del debitore durante la procedura, ma indaga anche sugli eventuali profili di dolo insiti nella proposta di concordato = come quando si accorga che in essa risultino occultati o dissimulati elementi dell’attivo, esposte passività insussistenti oppure che il debitore ha commesso altri atti di frode; riscontrata alcuna di queste sopravvenienze negative → il commissario ne farà riferimento al tribunale, che potrà disporre la revoca del decreto di ammissione alla procedura e l'eventuale conseguente liquidazione giudiziale. La nuova finanza L'impresa che si trovi in crisi, e che pure si sia risolta a tentarne una composizione attraverso una procedura di concordato preventivo, può avvertire la necessità di ricorrere a nuovi finanziamenti (pur nella consapevolezza che questa nuova finanza andrà ad aggravare il suo indebitamento). Questo può accadere in momenti e per finalità differenti: • Può sorgere già prima dell'accesso alla procedura → per fronteggiare i costi da processo o quelli di continuazione dell'attività aziendale; in questo caso il debitore potrà chiedere di essere autorizzato a contrarre finanziamenti funzionali alla presentazione della domanda, che diverranno prededucibili = se già previsti dal piano presentato insieme alla domanda; e se la prededuzione sia espressamente disposta nel provvedimento del tribunale che accoglie la domanda di concordato preventivo o che omologa gli accordi di ristrutturazione; • Può emergere dopo che sia stata presentata la domanda di ammissione alla procedura, durante il suo svolgimento. Si parla in tal caso dei finanziamenti interinali che siano funzionali alla continuazione dell'attività aziendale sino all'eventuale omologazione del concordato o dell'accordo → in tal caso l'imprenditore proponente potrà chiedere di essere autorizzato a contrarre tali finanziamenti, specificandone la destinazione e la loro necessità; la sussistenza di queste condizioni dovrà essere attestata da un professionista in allegato all'istanza di autorizzazione (salvo che nell'istanza si alleghi l'urgenza di evitare un danno grave ed irreparabile alla continuità aziendale); • Può riferirsi alla fase che si aprirà dopo la chiusura della procedura, allorché si tratterà di dare esecuzione al piano omologato. Potrebbe essere infatti che proprio tale piano preveda che il suo obiettivo andrà realizzato, innanzitutto, grazie alla pronta liquidità ricavata da nuovi finanziamenti erogati durante la fase di esecuzione → in questo caso (solo però ove sia prevista la continuazione dell'attività aziendale) i crediti derivanti dai finanziamenti in questione acquisteranno il rango della prededucibilità in caso di successiva liquidazione giudiziale. ➡ in tutti i casi di nuova finanza, quindi, ogni nuovo finanziatore saprà che, nel caso in cui venisse poi aperta la liquidazione giudiziale, il suo credito troverà se non la soddisfazione piena, un trattamento migliore di quello riservato ai creditori concorsuali. LA VOTAZIONE Nel periodo indicato nel decreto di ammissione alla procedura, avrà luogo la votazione dei creditori: - Entro i 15 giorni precedenti → il commissario giudiziale illustrerà, in una relazione inviata via pec ai creditori, la proposta concordataria e le eventuali proposte concorrenti dei creditori, allegando l'elenco dei creditori ammessi al voto e l'ammontare per cui sono ammessi. - Entro i 7 giorni precedenti (tenuto conto delle osservazioni e contestazioni ricevute) → il commissario comunicherà la sua relazione definitiva, seguita eventualmente nei 2 giorni successivi dagli eventuali provvedimenti del giudice delegato All'esito e creditori saranno chiamati a votare, solo a mezzo pec, per la proposta. • Legittimati al voto sono innanzitutto tutti i creditori chirografari. • Quanto ai privilegiati, se la proposta contempli un loro pagamento integrale, non avranno diritto al voto, a meno che: a) Rinunzino in tutto od in parte al diritto di prelazione → essendo in questo caso ammessi a votare per la parte di credito rinunciata; b) Oppure quando, constando ex ante in capienza della garanzia, sia la stessa proposta del debitore a riservare un soddisfacimento non integrale ai creditori privilegiati; Per la parte di credito ammesso al voto essi saranno equiparati ai chirografari; • Per il concordato con continuità aziendale viene meglio precisata la nozione di integrale soddisfazione = la regola che quest'ultima possa giustificare una loro esclusione dal voto vale solo a condizione che esse, secondo la proposta, debbano essere soddisfatti in denaro ed entro 180 giorni dalla omologazione e sempre che la garanzia reale che assiste il loro credito resti ferma sino alla liquidazione del bene o diritto su cui sussiste la causa di prelazione → se queste condizioni non venissero assicurate, i privilegiati saranno ammessi al voto, votando in una classe ad essi riservata per la parte del credito per la quale non consti capienza. • Non possono votare i creditori in conflitto di interessi o quelli per il quale un tale conflitto sia presumibile in ragione del rapporto che hanno con il debitore; • Può votare il creditore (pure portatore di un suo interesse particolare) che abbia presentato una proposta concorrente → ma solo se questa ne preveda l'inserimento in un apposita classe. Anche per l'approvazione del concordato la legge, al fine di determinare le maggioranze necessarie, distingue tra concordato liquidatorio e in continuità. In entrambi i casi: - vale la regola per cui occorrerà il voto favorevole dei creditori che rappresentino la maggioranza dei crediti ammessi al voto; - nel caso in cui un unico creditore fosse titolare di crediti in misura superiore alla maggioranza dei crediti ammessi al voto, occorre la maggioranza per teste dei votanti. Invece: • Il concordato liquidatorio → sarà approvato non solo se consti la maggioranza dei crediti ammessi al voto, ma se essa risulti raggiunta all'interno del maggior numero di classi; • Il concordato in continuità aziendale → sarà approvato con il voto favorevole di tutte le classi; Se così non fosse, sarà possibile la ristrutturazione trasversale = la possibilità che il tribunale omologa il concordato nonostante una o più classi risultino dissenzienti, purché però ricorrano le seguenti condizioni: a) Il valore di liquidazione venga distribuito nel rispetto della graduazione delle cause legittime di prelazione: absolute priorità rule → nessuna classe di rango inferiore può ricevere alcun che, se quelle di rango superiore non siano integralmente soddisfatti; b) Il valore eccedente quello di liquidazione è distribuito in modo tale che i crediti inclusi nelle classi dissenzienti ricevano complessivamente un trattamento almeno pari a quello delle classi dello stesso grado → relative priority rule; c) Nessun creditore riceva più dell'importo del proprio credito; d) La proposta è approvata dalla maggioranza delle classi, purché almeno una sia formata da creditori titolari di diritti di prelazione, oppure se consti l'approvazione di almeno una classe di creditori che sarebbero almeno parzialmente soddisfatti se si rispettasse la graduazione delle cause legittime di prelazione anche sul valore eccedente quello di liquidazione → occorrerà quindi il voto favorevole di una classe che avrebbe ricevuto qualcosa se fosse stata rispettata l’a.p.r. anche sul valore eccedente. L’OMOLOGAZIONE DEL CONCORDATO Il giudizio di omologazione All'esito della votazione, in caso di approvazione, la procedura proseguirà con il giudizio di omologazione → durante il quale il tribunale dovrà verificare la regolarità della procedura, l'esito della votazione, l'ammissibilità della proposta e la corretta formazione delle classi, e che all'interno di ciascuna di esse sia stata assicurata la parità di trattamento dei creditori. Sul piano della fattibilità il tribunale dovrà verificare: - Nel caso di concordato liquidatorio = che il piano non risulti manifestamente inadatto a raggiungere gli obiettivi prefissati; - Nel caso di concordato in continuità = che il piano non sia privo di ragionevoli prospettive di impedire o superare l’insolvenza. I creditori dissenzienti potranno opporre opposizione: - Nel concordato con continuità → spetta a qualunque creditore dissenziente; - Nel concordato in liquidazione → spetta solo al creditore dissenziente che appartenga ad una classe dissenziente, oppure, in caso di mancata formazione delle classi, a tanti creditori che rappresentino almeno il 20% dei crediti ammessi al voto. In entrambi casi, se con l'opposizione venisse lamentata la sconvenienza del trattamento riservato dalla proposta → potrà ugualmente addivenirsi all'omologazione del concordato se quel trattamento risulterà non inferiore a quello che si sarebbe ricevuto in seno ad una procedura di liquidazione giudiziale. Pure alle opposizioni interne alla procedura sarà poi affidata all'eventuale contestazione della validità delle operazioni di trasformazione, fusione o scissione della società debitrice eventualmente previste dal piano. IL CONCORDATO NELLA LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE Attraverso il concordato nella liquidazione giudiziale può essere offerta al creditore la possibilità di esprimersi su un piano di regolazione delle proprie pretese alternativo, ed in ipotesi preferibile, rispetto allo sviluppo della liquidazione giudiziale. Esso però non costituisce un'autonoma procedura concorsuale, ma solo una sub procedura che si scrive all'interno di una procedura di liquidazione giudiziale già in corso (costituendone anzi uno dei modi di cessazione). L’iniziativa Esso può realizzarsi all'interno di una procedura di liquidazione giudiziale già aperta, che già a prodotto lo spossessamento del debitore. Il contenuto della proposta di concordato di liquidazione giudiziale non differisce da quello della proposta di concordato preventivo = si tratterà di un piano che prometta, sulla base di una ristrutturazione dei debiti, di realizzare la finalità principale di soddisfare i creditori, secondo le modalità che il proponente potrà liberamente congegnare: a) Soddisfazione parziale dei creditori privilegiati → nei limiti della capienza della loro garanzia; b) Suddivisione dei creditori chirografari in classi destinatarie di trattamenti differenziati; c) Realizzazione di operazioni straordinarie → capaci anche di assicurare la conservazione dell’impresa; d) Benché poi solo la disciplina del concordato preventivo prevede il concordato con continuità aziendale, non è da escludersi che anche in seno ad un concordato di liquidazione giudiziale possa prevedersi che il pagamento dei creditori possa ottenersi, almeno in parte, attingendo a flussi finanziari provenienti dalla prosecuzione (magari provvisoria in attesa di una sua cessione) dell'impresa sottoposta a liquidazione giudiziale. La proposta concordataria potrà essere presentata, almeno inizialmente, soltanto da uno o più creditori, oppure da un terzo (=concordato con assunzione). Una tale iniziativa sarà possibile solo o dopo che sia stato reso esecutivo lo stato passivo, o prima, ma solo se consti una contabilità ed altre notizie → tali da consentire al curatore di predisporre un elenco provvisorio dei creditori. Il debitore potrà presentare la proposta solo dopo 1 anno dall'apertura della liquidazione giudiziale e purché non siano decorsi 2 anni dal decreto che rende esecutivo lo stato passivo; e sempre che la proposta contempli un apporto di nuove risorse che incrementino il valore dell'attivo di almeno il 10%. L’esame della proposta e la votazione La proposta andrà presentata con ricorso al giudice delegato, il quale dovrà acquisire due pareri: 1. Del curatore → dovrà esprimersi con specifico riferimento ai presumibili risultati della liquidazione ed alle garanzie offerte; 2. Dal comitato dei creditori (parere vincolante). Inoltre, se il piano proposto preveda una suddivisione dei creditori per classi destinatarie di trattamenti differenziati, esso dovrà essere sottoposto al vaglio del tribunale; dopodiché il giudice delegato procederà alla comunicazione ai creditori della proposta. Legittimati al voto sono: • I creditori chirografari → risulteranno tali secondo lo stato passivo o quantomeno un elenco provvisorio redatto dal curatore; • I privilegiati → se e nella misura in cui la proposta di concordato non ne preveda l'integrale pagamento, ovvero se rinunceranno, anche parzialmente, al diritto di prelazione; • Potrà essere ammesso al voto lo stesso creditore proponente → purché inserito in un apposita classe. ➡ Sulla base di questi criteri si procederà alla votazione, conteggiando come consenzienti tutti coloro che non avranno fatto pervenire il loro dissenso entro il termine fissato dal giudice delegato. L'omologazione e i suoi effetti. L'esecuzione del concordato. Risoluzione e annullamento Completata la votazione, del suo esito il curatore riferirà al giudice delegato → che disporrà che il curatore ne dia comunicazione al proponente perché richieda l'omologazione del concordato; la comunicazione dovrà inoltre essere rivolta anche al debitore e ai creditori dissenzienti affinché abbiano la possibilità di opporsi. Il giudizio di omologazione si concluderà, in caso positivo → con l'omologazione con decreto motivato del tribunale, è messo alla scadenza del termine per proporre opposizione. Dopodiché (reso il conto della gestione da parte del curatore) il tribunale dichiarerà la chiusura della procedura di liquidazione giudiziale = il debitore recupererà la piena disponibilità del suo patrimonio e la liberazione da ogni impegno che non gli derivi dal concordato. ➡ In questi termini, il concordato omologato risulterà obbligatorio nei confronti di tutti i creditori anteriori all'apertura della liquidazione giudiziale (compresi quelli che non abbiano presentato domanda di ammissione al passivo); essi conserveranno comunque la loro azione per l'intero credito contro i coobbligati, i fideiussori del debitore e gli obbligati in via di regresso. L'esecuzione del concordato sarà sorvegliata dal giudice delegato, dal curatore e dal comitato dei creditori; una volta adempiuti integralmente gli obblighi concordatari, un provvedimento del giudice delegato accerterà l'avvenuta esecuzione → ordinando lo svincolo di ogni misura idonea per il conseguimento delle finalità del concordato. Qualora invece il piano concordatario non venisse eseguito ovvero risultasse viziato da frode, potrà richiedersi, rispettivamente, la risoluzione o l'annullamento del concordato. Queste verranno dichiarate con sentenza che provocherà la riapertura della liquidazione giudiziale, con innanzitutto i seguenti effetti: - La riammissione dei creditori al passivo per l'importo dell'originario credito, detratta la parte riscossa in parziale esecuzione del contratto, che non dovrà essere restituita; - Potranno essere riproposte le azioni revocatoria già iniziate e interrotte per effetto del concordato; - I creditori anteriori conserveranno le garanzie per le somme tuttora ad essi dovute in base al concordato risolto o annullato. Non è escluso che possa poi essere riproposto un nuovo concordato di liquidazione giudiziale → in tal caso, però, la legge pretende garanzie adeguate ad evitare un nuovo insuccesso, condizionando l'omologazione della proposta al deposito, da parte del proponente, delle somme occorrenti per l'integrale adempimento. GLI ACCORDI STRAGIUDIZIALI E DI RISTRUTTURAZIONE DEI DEBITI OMOLOGATI. I PIANI DI RISANAMENTO Gli accordi stragiudiziali Si è sempre attestato nella prassi, il tentativo, da parte degli imprenditori in difficoltà, di comporre la crisi ricorrendo a soluzioni negoziate stragiudizialmente con i creditori. Le ragioni possono individuarsi in genere nella ritrosia degli imprenditori a portare i libri in tribunale → da un lato renderebbe notorio il loro stato di crisi, peggiorando il merito di credito dell'impresa sul mercato; dall'altro provocherebbe una forte restrizione alla libertà di manovra dell’imprenditore. ➡ Così l'imprenditore cerca una via d'uscita con i suoi creditori, proponendo loro un accordo che consenta di prevenire l'apertura di una procedura concorsuale. D'altra parte anche un creditore fortemente esposto, magari senza forti garanzie, può temere lecito di una liquidazione giudiziale. Accordo di ristrutturazione dei debiti → potrà consistere: - Riduzione in conto capitale; - Dilazione del termine di adempimento; - Rinuncia a tutti o a parte degli interessi dovuti; - Conversione del credito in partecipazione al capitale; - Concessione di un credito supplementare. La proposta non dovrà essere necessariamente rivolta a tutti i creditori, e dovrà rispettare necessariamente il principio della par condicio. Quanto ai creditori che rimangono estranei all'accordo, in base al principio di efficacia relativa del contratto → non subiranno alcun effetto derivante dall'accordo concluso con gli altri creditori (conserveranno pertanto anche la possibilità di richiedere la liquidazione giudiziale dell’impresa). Un accordo di questo tipo presenta però significativi rischi: • Tutti gli atti compiuti in esecuzione di esso restano esposti, in caso di successiva liquidazione giudiziale, ad una possibile revocatoria concorsuale; • Ogni nuovo credito che, in funzione della conclusione o in esecuzione dell'accordo, venisse erogato per aiutare l'impresa in difficoltà, non godrebbe di alcuna prededuzione in caso di successiva liquidazione giudiziale; • Rischio di un eventuale responsabilità del finanziatore per concorso nel reato di ricorso abusivo al credito = ipotesi a cui deve essere aggiunta la possibilità che i creditori partecipanti all'accordo vengano ritenuti corresponsabili della ritardata apertura della liquidazione giudiziale o dell'effettuazione di pagamenti preferenziali in danno degli altri, e perciò incriminati per concorso in bancarotta. ➡ A tutti questi rischi il legislatore ha tentato allora di ovviare, attraverso la previsione di particolari strumenti di regolazione della crisi ulteriori rispetto a quello costituito dal concordato preventivo. Il piano di risanamento attestato È un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell'impresa e ad assicurare il riequilibrio della situazione economico finanziaria. Non sono soggetti ad azione revocatoria gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse su beni del debitore posti in essere in esecuzione del piano attestato. Esso prevede 1:00 strutturazione dei contenuti, indicando: - la situazione economico patrimoniale finanziaria dell'impresa; - le cause della crisi; - le strategie e i tempi di intervento necessari per il riequilibrio della situazione finanziaria; - i creditori e i crediti di cui si propone la rinegoziazione; - gli eventuali apporti di nuova finanza; - le verifiche che dovranno svolgersi per monitorare la realizzazione del piano; - il piano industriale attraverso il quale realizzare gli obiettivi perseguiti; quest'ultimo induce a ritenere che il piano di risanamento sia utilizzabile solamente all'interno di una prospettiva di continuità aziendale. In assenza di opposizioni, il tribunale procederà all'omologazione → disposta con sentenza pubblicata nel registro delle imprese, che sarà peraltro suscettibile di reclamo che, se accolto, potrà provocarne la revoca, con contestuale apertura della liquidazione giudiziale. La sentenza di omologazione degli accordi produrrà rilevanti effetti legali, anche se per la verità soltanto eventuali = potranno esplicarsi concretamente soltanto nell'ambito di una eventuale liquidazione giudiziale consecutiva: - Esenzione da un eventuale revocatoria (sia concorsuale che ordinaria) degli atti, dei pagamenti, e delle garanzie poste in essere in esecuzione dell'accordo; - Beneficio della prededuzione concesso alla cosiddetta nuova finanza. ➡ Si tende a incentivare il raggiungimento di una soluzione negoziata della crisi, rassicurando i creditori coinvolti che, se la situazione dovesse precipitare, chi lo ha reso possibile potrà quantomeno far salvo quanto già ricevuto in esecuzione dell'accordo; e ciò anche a discapito dei creditori estranei, che potranno rifarsi solo su ciò che, nella liquidazione giudiziale resta → così scoprendo di essere rimasti estranei, ma solo fino a un certo punto. Se l'accordo troverà integrale esecuzione, ogni creditore potrà dirsi soddisfatto ed ogni insolvenza potrà dirsi scongiurata. La legge, peraltro, non prevede che dovrà vigilare sull'esecuzione, ma essa risulta rimessa ai creditori stessi: - A quelli estranei, indirettamente → restando essi sempre legittimati a reagire con qualsiasi mezzo a tutela delle proprie ragioni; - A quelle partecipanti all'accordo, direttamente → potendo essi reagire, di fronte al mancato adempimento degli obblighi previsti, chiedendone la risoluzione. Se invece i creditori lamentassero che il perfezionamento dell'accordo è stato frutto di una lesione della loro libertà negoziale potrebbero chiedere l'annullamento dell'accordo stesso. In ogni caso il c.ins. si occupa della possibilità di una modifica sostanziale del piano → che sarà possibile non soltanto già durante la procedura di omologazione, ma anche dopo (cioè durante la sua fase di esecuzione) = è proprio in questa fase che spesso ci si rende conto dell'impossibilità, o dell'inopportunità, di dare esecuzione al piano. L’art. 58 = consente allora al debitore di procedere unilateralmente ad una nuova formulazione del piano sottostante all'accordo, di cui nuovamente dovrà essere data pubblicità e attestata l'idoneità ad assicurare l’esecuzione. A tali condizioni, il piano modificato rimpiazzerà a tutti gli effetti il precedente se i creditori non propongono opposizione entro 30 giorni. LE VARIANTI DEGLI ACCORDI DI RISTRUTTURAZIONE: agevolati, ad efficacia estesa, con intermediari finanziari Accordi di ristrutturazione agevolati La specificità di tali accordi consiste nel dimezzamento della percentuale minima dei crediti spettanti ai creditori che aderiscono all’accordo = 30% anziché 60. Questo a condizione che l'imprenditore proponente, nella domanda di omologazione: - non proponga la moratoria dei creditori estranei agli accordi; - non abbia richiesto misure protettive temporanee; ➡ queste servono a indicare una maggiore solidità del debitore e quindi maggiore sicurezza per i creditori estranei che giustifica l'abbassamento della percentuale. Ad efficacia estesa Accordi le cui condizioni non impegneranno solo i creditori aderenti, ma potranno imporsi anche a tutti, o alcuni, creditori estranei → questo è possibile a condizione che si raggruppino taluni (o anche tutti i creditori) in una o più categorie = determinate in ragione della omogeneità di posizione giuridica ed interessi economici. ➡ Il debitore potrà infatti chiedere che gli effetti dell'accordo accettato da tanti creditori che rappresentino il 75% della categoria vengano estesi anche a quelli non aderenti inseriti nella medesima categoria. N.B. Solo si esclude che le condizioni contrattuali investite da una tale efficacia espansiva possono comprendere l'imposizione ai creditori di nuove prestazioni o la concessione o il mantenimento di nuova finanza. Dunque la fattispecie tipica degli accordi di ristrutturazione delineata all’art. 57 subisce una trasformazione radicale in senso concorsuale → non si avrà più una pluralità di creditori a decidere ciascuno per sé, ma una collettività che, a maggioranza (che potrebbe anche consistere in un solo creditore se da solo rappresenta il 75% dei crediti inseriti nella categoria) potrà approvare un trattamento unitario di tutti i creditori compresi nella categoria, determinandone l'imposizione anche ai non aderenti. Devono però rispettarsi queste quattro condizioni: 1. Omogeneità = per posizione giuridica e interessi economici, della categoria in cui i creditori siano stati raggruppati; 2. Totale trasparenza = anche verso i creditori non aderenti e loro necessario coinvolgimento nella negoziazione; 3. Salvaguardia del best interest di ciascun creditore = verificando che in base all'accordo potrà raggiungersi una soddisfazione in misura non inferiore a quella raggiungibile attraverso la liquidazione giudiziale; 4. Che l’accordo miri alla continuità aziendale e non alla liquidazione. N.B. l'estensione dell'accordo ai creditori non aderenti inseriti in una categoria che l'abbia approvato al 75%, non per questo consente di considerarli come aderenti ai fini del raggiungimento della complessiva percentuale minima di adesione affinché l'accordo possa essere omologato, cioè il 60% o 30. Banche o intermediari finanziari Si tratta di accordi possibili solamente in presenza di una situazione debitoria rispetto alla quale la metà dei crediti sia riferibile a banche o altri intermediari finanziari → questi potranno allora essere ripartiti per categorie omogenee, rispetto alle quali varrà sempre la regola dell'imposizione ai dissenzienti delle condizioni accettate dalla maggioranza. A differenza degli accordi esaminati precedentemente, vi è qui la possibilità che l'accordo possa fondarsi su un piano avente carattere liquidatorio. Gli accordi su crediti tributari e contributivi La possibilità per l'imprenditore che intende ottenere l'omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti di formulare una proposta che preveda un pagamento parziale o dilazionato dei debiti, può riguardare anche quelli per tributi amministrati delle agenzie fiscali o per contributi amministrate degli enti previdenziali. La proposta, dovrà essere corredata da una attestazione da parte di un professionista indipendente in merito alla convenienza e dovrà osservare particolari formalità per la sua comunicazione ai creditori istituzionali oblati, così come per la loro accettazione. Un'accettazione espressa potrebbe tuttavia non essere necessaria per l'omologazione dell'accordo → nell'ipotesi di una mancata adesione (che potrebbe essere esplicita, ma anche tacita) se un'accettazione non sia stata espressa entro 90 giorni dalla ricezione della proposta, la legge piuttosto che equipararla ad un dissenso capace di pregiudicare l'omologazione dell'accordo, consente al tribunale di omologare ugualmente l’accordo. Ciò quando consti: - che l'adesione sarebbe risultata decisiva per il raggiungimento delle necessarie maggioranze; - possa ritenersi che il trattamento offerto all'agenzia fiscale o all'ente previdenziale sia conveniente rispetto all'alternativa liquidatoria, attraverso l'attestazione del professionista. Le convenzioni di moratoria Sono accordi che ogni imprenditore può concludere con i suoi creditori per disciplinare in via provvisoria gli effetti della crisi, perseguendo una finalità meramente dilatoria. Potrà a questo scopo essere dedotta nella convenzione una rinuncia agli atti di un giudizio o la sospensione di azioni esecutive e conservative. ➡ Dunque, non si tratterà di pattuire alcuna rinuncia o riduzione del credito, ma di concertare una dilazione temporale → che comporterà l'inesigibilità provvisoria del credito, attraverso un pactum de non petendo. La specificità di tale strumento è che la legge vi riconnette l'effetto di estendere l'impegno assunto dei creditori aderenti anche nei confronti di quelli non aderenti , a condizione che: a) Gli uni e gli altri siano stati inseriti in una categoria omogenea; b) Gli aderenti rappresentino almeno il 75% dei crediti inclusi; c) Risulti verosimile che i creditori estranei, all'esito e per effetto della moratoria convenuta, troveranno una soddisfazione che non sia inferiore a quella che otterrebbero in una immediata liquidazione giudiziale. La tutela di ciascun creditore dissenziente → sarà comunque assicurata dalla possibilità di contestare giudizialmente la sussistenza delle condizioni sopra previste tramite una opposizione al tribunale, da proporsi entro 30 giorni da quando gli sia stata comunicata la convenzione. IL PIANO DI RISTRUTTURAZIONE SOGGETTO A OMOLOGAZIONE Strumento attraverso il quale l'imprenditore commerciale non minore che si trovi in stato di crisi e di insolvenza può sottoporre all'approvazione dei creditori (necessariamente suddivisi per classi omogenee) una proposta che preveda un loro trattamento non vincolato al rispetto dei criteri distributivi che invece occorrerebbe rispettare in una procedura concordataria. N.B. Fatta salva, infatti, la sola posizione dei prestatori di lavoro subordinati assistiti da privilegio → dovranno essere soddisfatti integralmente entro 30 giorni dall'omologazione, il trattamento offerto a tutti gli altri non dovrà rispettare i criteri generali di parità di trattamento o di priorità, consentendo quindi una distribuzione libera del valore generato dal piano. Il piano (corredato da un'attestazione di un professionista indipendente) potrà essere omologato a condizione che sia approvato dalla unanimità delle classi. • Non opererà quindi alcun vincolo legato alla par condicio → tanto che il singolo creditore dissenziente potrà se opporsi all'omologazione del piano per difetto di convenienza della proposta, ma ciò solo valutandola in comparazione alla soddisfazione che avrebbe ritratto da una liquidazione giudiziale (e non al trattamento eventualmente preferenziale accordato ad altri creditori). • Non opererà inoltre alcuno spossessamento dell'imprenditore proponente → il quale conserverà la gestione ordinaria e straordinaria dell'impresa, pur nel necessario rispetto del prevalente interesse dei creditori e sotto la vigilanza di un commissario giudiziale, nominato dal tribunale, insieme ad un giudice delegato. Se il piano sarà approvato dalla unanimità delle classi, il tribunale lo omologherà, con gli effetti previsti per il concordato preventivo. Diversamente, il debitore potrà operare una conversione della procedura di omologazione del piano di ristrutturazione in una di concordato preventivo. LA LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA Natura e presupposti della procedura È una procedura concorsuale con finalità liquidatoria; mentre dell'intera procedura di liquidazione giudiziale è investito il tribunale concorsuale, qui alla procedura è sovraordinata un'autorità amministrativa = deputata a provocarne l'apertura e a vigilare nello svolgimento → si parla allora di procedura amministrativa e non giudiziale. Le ragioni dell'intervento dell'autorità amministrativa devono rintracciarsi nel particolare interesse pubblico che rivestono gli enti che vanno soggetti a tale procedura. È allora prevista una speciale disciplina, la quale opererà per i soli casi espressamente indicati dalla legge. La liquidazione quatta amministrativa può essere applicata nelle: - Imprese sottoposte a vigilanza pubblica = tra cui quelle che operano istituzionalmente nel settore del credito o dalle assicurazioni o dalla finanza: banche, assicurazioni; - Società fiduciarie e di revisione; - Imprese sociali; - Società cooperative che svolgono attività commerciale. Quanto hai presupposti oggettivi, essi non riguardano esclusivamente le condizioni economiche dell'ente (come accade per la liquidazione giudiziale), ma in alcune leggi anche una situazione gestionale che, in ragione della rilevanza pubblica degli interessi coinvolti, consiglia la messa in liquidazione dell'ente a prescindere da un suo stato di crisi patrimoniale. ➡ Dunque troviamo presupposti che esprimono anomalie amministrative = come il caso in cui vengano riscontrate delle violazioni di norme legislative, amministrative o statutarie, o comunque irregolarità nella gestione dell'ente, ovvero l'incoerenza dell'attività svolta rispetto al fine che l'ente dovrebbe perseguire (ad es: una cooperativa che non persegua uno scopo mutualistico). Dato che, come ulteriore presupposto, vi sia anche quello dello stato di insolvenza (presente anche nella liquidazione giudiziale) occorre un criterio che consenta di discernere quando debba applicarsi la disciplina della liquidazione coatta amministrativa o quella della liquidazione giudiziale: a) Taluni enti, ad es. quelli operanti nel settore finanziario e assicurativo = sono sottoposti esclusivamente alla procedura della liquidazione coatta amministrativa; b) Altri enti, tipicamente le cooperative che svolgono attività commerciale = possono essere sottoposti a entrambe; in questi casi opererà il principio della prevenzione → si applicherà la procedura che venga aperta per prima; c) Regola residuale = le imprese per le quali è prevista l'applicazione della liquidazione coatta amministrativa sono sottoposte esclusivamente a quest'ultima, a meno ché la possibilità di una liquidazione giudiziale non sia prevista espressamente dalla legge. ➡ Ne deriva che l'accertamento dello stato di insolvenza può operare diversamente a seconda del tipo di ente e la seconda che venga accertato prima dell'apertura di alcuna procedura oppure dopo che la procedura di liquidazione coatta amministrativa sia stata già aperta. • Per quanto riguarda gli enti sottoposti anche a liquidazione giudiziale → l'accertamento dello stato di insolvenza prima che sia stata aperta alcuna procedura provocherà (secondo il principio di prevenzione) l'apertura della liquidazione giudiziale; • per quanto riguarda gli enti sottoposti esclusivamente alla disciplina della liquidazione coatta amministrativa → l'accertamento giudiziale dello stato di insolvenza non potrà che provocare l'apertura di quest’ultima. • Per gli uni e per gli altri, invece → l'accertamento giudiziario dello stato di insolvenza dopo che la procedura di liquidazione coatta amministrativa sia stata già aperta, non impedirà la prosecuzione della procedura, ma vi inciderà provocando anche l'applicazione degli art. 163 s.s. in materia di azione revocatoria e delle disposizioni penali previste per la liquidazione giudiziale. La delimitazione del campo di applicazione della liquidazione coatta amministrativa rispetto al concordato preventivo è regolata in questo modo = se la legge non dispone diversamente le imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa possono essere ammesse al concordato preventivo; anche in questo caso comunque opererà il principio della prevenzione. L'apertura della procedura e i suoi effetti L'apertura della procedura può innanzitutto verificarsi quando nei confronti di un'impresa soggetta a liquidazione coatta amministrativa con esclusione della liquidazione giudiziale venga accertato uno stato di insolvenza; in tal caso: a) L'accertamento dello stato di insolvenza → sarà operato dal tribunale, sollecitato dal creditore o dall'autorità amministrativa; b) L'apertura della procedura → potrà essere dichiarata soltanto dalla stessa autorità amministrativa. Quando invece il presupposto realizzato si sia diverso dall'insolvenza allora = l'autorità amministrativa, constatato essa stessa il verificarsi di tale presupposto, aprirà la procedura. In particolare essa emanerà il provvedimento di liquidazione, nominando gli ulteriori organi della procedura: - Commissario liquidatore = il cui ruolo può paragonarsi a quello del curatore; - Comitato di sorveglianza = composto da 3 o 5 membri scelti tra persone particolarmente esperte nel ramo di attività esercitata dall'impresa, il cui ruolo può paragonarsi a quello del comitato dei creditori. Dalla data del provvedimento si producono i suoi effetti (che coincidono in gran parte con quelli della liquidazione giudiziale): 1. Innanzitutto, nei confronti del debitore → si producono gli effetti dello spossessamento; inoltre si prevede la legittimazione processuale del commissario giudiziale nelle controversie anche in corso, relative a rapporti di diritto patrimoniale dell’impresa. N.B. Se poi, il debitore ha la veste giuridica di società o di persona giuridica, cessano le funzioni delle assemblee e degli organi di amministrazione e controllo. 2. Anche nei confronti dei creditori e per quanto riguarda i rapporti giuridici preesistenti → è previsto che dalla data del provvedimento che ordina la liquidazione si applichino le disposizioni previste dalla liquidazione giudiziale sulla regolazione concorsuale dei crediti e sulla sorte dei contratti pendenti. N.B. Pure applicabile è la norma sulla prosecuzione automatica dei contratti nel caso il commissario liquidatore decida di continuare l'esercizio dell’impresa. 3. Quanto poi agli atti pregiudizievoli compiuti prima dell'apertura della procedura → è esercitabile dal commissario giudiziale l'azione revocatoria ordinaria. Quanto poi alle altre norme (in primis la revocatoria concorsuale) saranno applicabili soltanto se sia stato accertato giudizialmente lo stato di insolvenza, con effetto in ogni caso, anche ai fini del computo a ritroso del periodo sospetto, dalla data del provvedimento che ordina la liquidazione. Le fasi della procedura Principio organizzativo generale = il commissario liquidatore proceda a tutte le operazioni della liquidazione secondo le direttive dell'autorità che vigila sulla liquidazione, e sotto il controllo del comitato di sorveglianza: 1. Comincerà con il prendere in consegna i beni, le scritture contabili e gli altri documenti dell'impresa → formando l’inventario; 2. Parallelamente, procederà all'accertamento del passivo (secondo un percorso più libero rispetto a quello della liquidazione giudiziale) all’ esito del quale formerà l'elenco dei crediti ammessi o respinti e delle domande di restituzione o rivendicazione accolte o respinte, depositandolo nella cancelleria → già con tale deposito l'elenco diventa esecutivo. Occorrerà allora, ove se ne vogliano contestare le risultanze, proporre impugnazione secondo le norme previste in tema di liquidazione giudiziale. Quanto alla amministrazione, conservazione e liquidazione del patrimonio del debitore = il commissario liquidatore dispone di tutti i poteri necessari (salve le limitazioni stabilite dall'autorità vigilante). La fase della ripartizione dell’attivo = è regolata secondo principi analoghi a quelli della procedura di liquidazione giudiziale. Quanto alla chiusura della procedura = è stabilito che prima dell'ultimo riparto, il commissario presenterà all'autorità che vigila sulla liquidazione, il bilancio finale della liquidazione con il conto della gestione e il piano di riparto tra i creditori (accompagnati da una relazione del comitato di sorveglianza e depositati presso la cancelleria del tribunale) → ciò, affinché i creditori e ogni altro interessato possono proporre eventuali contestazioni; ove queste non vengano presentate allora quanto detto prima si intenderanno approvate e il commissario provvederà alla ripartizione finale tra i creditori secondo le norme applicabili per la liquidazione giudiziale, provvedendo, ove occorra, alle formalità necessarie all'estinzione della società. ➡La procedura potrà così dirsi chiusa. ➡Alternativamente, la legge prevede anche (analogamente a quanto accade per il concordato nella liquidazione giudiziale) una soluzione concordataria = concordato di liquidazione. • Quanto agli atti pregiudizievoli ai creditori compiuti prima della dichiarazione di insolvenza = le azioni per la loro inefficacia e revoca potranno essere intraprese dal commissario straordinario solamente se la procedura abbia preso la via del programma di cessione dei complessi aziendali. La definizione e l'esecuzione del programma. L'accertamento del passivo e la ripartizione dell’attivo Il percorso di recupero dell'equilibrio economico dell'attività può essere, alternativamente, di cessione o di ristrutturazione. Se la verifica di ammissibilità alla procedura sia stata positiva, spetterà al commissario straordinario, nei 60 giorni successivi all'avvio della procedura, la decisione sul percorso da intraprendere. Egli dovrà quindi predisporre il vero e proprio programma che potrà essere: 1. Di cessione dei complessi aziendali a terzi = sulla base di un programma di prosecuzione dell'esercizio dell'impresa di durata non superiore ad un anno; 2. Di ristrutturazione economica e finanziaria dell'impresa = sulla base di un programma di risanamento, industriale e/o finanziario, di durata non superiore a 2 anni. ➡ In entrambi i casi il programma prevederà una prosecuzione dell'attività d'impresa, eventualmente parziale e limitata, tagliando gli eventuali rami produttivi → a questo fine dovrà indicare le attività imprenditoriali destinate alla prosecuzione e quelle da dismettere e farsi carico di prospettare le condizioni economico-finanziarie della sua fattibilità. Inoltre: - Se è stato adottato l'indirizzo dell'accessione → dovrà indicare come e con quali prospettive essa possa realizzarsi, specificando le stime sulla soddisfazione dei creditori. - Se sia stato adottato l'indirizzo della ristrutturazione → dovrà indicare le eventuali previsioni di ricapitalizzazione dell'impresa e di mutamento degli assetti imprenditoriali nonché i tempi e le modalità di soddisfazione dei creditori. Il programma dovrà essere approvato dal ministero → che potrà anche chiedere integrazioni o modifiche (così come può fare anche il commissario straordinario). L'esecuzione del programma = è affidata al commissario straordinario, che ha il dovere potere di compiere tutte le attività a ciò funzionali (salvo però la necessità dell'autorizzazione del ministero, in alcuni casi per quanto riguarda la liquidazione dei beni). Il commissario straordinario presenterà ogni 3 mesi al ministro una relazione periodica e nei 10 giorni successivi al termine di scadenza del programma una relazione finale sugli esiti dell’esecuzione; queste dovranno essere comunicate anche a tutti i creditori (oltre a poter essere consultate dall'imprenditore e da ogni altro interessato). Nel mentre il programma verrà eseguito, dovrà farsi luogo all'accertamento del passivo e alla ripartizione dell'attivo secondo i modi previsti per la liquidazione giudiziale. Saranno poi possibili anche acconti parziali con preferenza, per altro, per i crediti dei lavoratori subordinati e dalle controparti commerciali. La cessazione della procedura a) Potrà aversi una conversione in liquidazione giudiziale: • quando, già nel corso della procedura → si prenda atto che questa non potrà essere utilmente proseguita; • quando, alla scadenza del termine previsto per l'esecuzione del programma adottato → si constati che questo non è stato realizzato; in tal caso il tribunale emanerà decreto di conversione in liquidazione giudiziale secondo un principio di continuità delle procedure. b) La chiusura della procedura, sempre per mezzo di decreto reclamabile emesso dal tribunale, si avrà: • quando non siano state proposte domande di ammissione al passivo; • quando, anche prima del termine di scadenza del programma, l'imprenditore insolvente abbia recuperato la capacità di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni; • in caso di concordato; • quando i crediti ammessi siano stati integralmente soddisfatti o in altro modo estinti, o quando sia stato integralmente ripartito l’attivo; in tal caso l'amministrazione straordinaria, pur senza essere convertita in liquidazione giudiziale, non avrà più ad oggetto la gestione dell'impresa insolvente, ma solo lo scopo di ripartire l'attivo liquidato. c) Ultima ipotesi è quella che si realizza per effetto di un concordato = tendenzialmente regolato dalle norme sulla liquidazione coatta amministrativa, salvo per il fatto che quella proposta può provenire solo dall'imprenditore o da un terzo e dopo che sia stato dichiarato esecutivo lo stato passivo; occorrerà comunque la previa autorizzazione del Ministro dello sviluppo. In tutti i casi di chiusura occorrerà che prima il commissario straordinario sottoponga al ministero il bilancio finale della procedura e il conto della gestione, accompagnati da una relazione del comitato di sorveglianza; il ministero autorizzerà il loro deposito presso la cancelleria → cosicché gli interessati possono proporre le loro eventuali contestazioni con ricorso al tribunale. In assenza di queste, i documenti si intendono approvati e il tribunale emette il decreto di chiusura. Infine, qualora vi siano soci illimitatamente responsabili ai quali fossero stati estesi gli effetti della dichiarazione dello stato di insolvenza, anche essi (come per la liquidazione giudiziale) potranno godere dell’esdebitazione. L'amministrazione straordinaria nei gruppi di imprese Si prevede la possibilità di estendere l'amministrazione straordinaria aperta rispetto ad un'impresa in possesso dei requisiti dimensionali previsti anche ad altre imprese insolventi (non necessariamente aventi forma societaria) appartenenti allo stesso gruppo, anche se prive dei medesimi requisiti dimensionali. Unica condizione è quella della complementarietà funzionale di una tale estensione alla procedura madre, il che può aversi in 2 casi: 1. Quando le imprese del gruppo presentino concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico delle attività → e dunque quando la stessa finalità assegnata la procedura madre possa essere perseguita anche per le altre imprese; 2. Quando risulti comunque opportuna la gestione unitaria dell'insolvenza nell'ambito del gruppo → in quanto idonea ad agevolare il raggiungimento degli obiettivi della procedura madre. Quando accerti la sussistenza di tali condizioni, il tribunale del luogo dove ha sede la singola impresa del gruppo la ammette alla procedura di amministrazione straordinaria (cioè eventualmente anche in via di conversione della liquidazione giudiziale a cui fosse stata già assoggettata). Vi sarà anche un programma specifico per le procedure satelliti, con un contenuto che varierà a seconda della condizione in base alla quale l'impresa sia stata ammessa alla procedura: - se sia stata messa in considerazione delle concrete prospettive di recupero del suo equilibrio economico → il programma seguirà uno dei due normali indirizzi; - se sia stata ammessa in considerazione della opportunità della gestione unitaria dell'insolvenza nell'ambito del gruppo → vi sarà un mero programma integrativo di quello approvato per la procedura madre.
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