Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Riassunti articoli programma non frequentanti, Sbobinature di Diritto Pubblico Comunitario

Sbobinature articoli del programma non frequentanti A.A 2021/2022

Tipologia: Sbobinature

2019/2020

Caricato il 05/06/2022

gio.alt
gio.alt 🇮🇹

4.6

(6)

7 documenti

1 / 37

Toggle sidebar

Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Riassunti articoli programma non frequentanti e più Sbobinature in PDF di Diritto Pubblico Comunitario solo su Docsity! La carta del contratto sociale di Rojava→ è un atto costituzionale provvisorio promulgato nel 2012 con il quale viene sancita la nascita. Rojava è una regione autònoma de facto nel nord est della Siria, non ufficialmente riconosciuta dal governo siriano. I popoli che si sono uniti sono i curdi, arabi, assiri, caldei, turcomanni, armeni e ceceni. La carta proclama un contratto sociale basato sulla reciproca comprensione e la pacifica convivenza fra tutti gli strati della società, nel rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, riaffermando il principio di autodeterminazione dei popoli. La carta riconosce l’integrità territoriale della Siria, proclamando inoltre un sistema politico e un’amministrazione civile fondata su un contratto sociale che possa riconciliare il ricco mosaico di popoli della siria attraverso una fase di transizione che consenta di uscire da dittatura, guerra civile e distruzione, verso una nuova società democratica in cui siano protette la convivenza e la giustizia sociale. Il contratto sociale sancisce l’autogestione democratica nelle Regioni Autonome di Afrin, Cizre e Kobane. Nei principi generali si ritrovano principi fondamentali al fine di mantenere l'auto proclamazione indipendente, libera e democratica, ossia i principi di decentramento e del pluralismo. Tutti i cantoni nelle Regioni Autonome si fondano sul principio dell’autogoverno locale. Possono eleggere liberamente i propri rappresentanti e i loro organi amministrativi, ed esercitare tutti i loro diritti in maniera coerente con gli articoli della Carta. Le lingue ufficiali sono il curdo, l’arabo, l’assiro. Principi generali: i sostenitori della regione sostengono che si tratta di un governo ufficialmente laico con ambizioni democratiche dirette basate su un'ideologia socialista libertaria che promuove il decentramento, l'uguaglianza di genere sostenibilità ambientale e tolleranza pluralistica per la diversità religiosa, culturale e politica e che questi valori si rispecchiano nella sua costituzione, società e politica, sostenendo che sia un modello per una Siria federale nel suo insieme, piuttosto che una vera. L’amministrazione nelle regioni autonome è composta da: - assemblea legislativa→ eletta direttamente dal popolo, il voto è segreto e la sua durata in carica è di 4 anni. Nessun membro del consiglio può svolgere un altro lavoro, ma ha diritto a ritornarvi una volta finito il mandato. Le funzioni dell’assemblea: approvare regolamenti che disciplinino l’attività dell’assemblea, emanare leggi e regolamenti proposti dai consigli locali, controllo sugli organi amministrativi ed esecutivi, ratificare accordi e trattati internazionali, delegare i poteri al consiglio esecutivo, dichiarare la guerra, ratificare la nomina dei membri della suprema corte costituzionale, approvare il bilancio, stabilire le politiche generali e i programmi di sviluppo, approvare e concedere l’amnistia, adottare i decreti del consiglio esecutivo, approvare leggi per l'amministrazione comune dei consigli provinciali delle regioni autonome - consigli esecutivi→ il candidato deve aver compiuto 35 anni, essere cittadino siriano ed essere residente nel cantone, godere dei diritti civili, il mandato dura 4 anni dalla data del giuramento, nomina uno o più vice, approvati dall’Assemblea Legislativa. Poteri: assicura il rispetto della carta, nomina il presidente del consiglio esecutivo, promulga decisioni, ordini e decreti in conformità alla legge, convoca la neo eletta assemblea legislativa entro 15 giorni dalla proclamazione dei risultati delle elezioni, può concedere un’amnistia su raccomandazione del Consiglio esecutivo→il più alto organo esecutivo e amministrativo nelle regioni autonome, ed è responsabile dell’attuazione di leggi, delibere e decreti approvati dall’Assemblea legislativa e dalle istituzioni giudiziarie. - consiglio giudiziario→ la magistratura è indipendente, la rappresentanza di genere non deve essere minore del 40% - alta commissione per le elezioni→ è un organo indipendente, incaricato di supervisionare e condurre il processo elettorale. Il lavoro di quest’organo è sotto il controllo della corte suprema e può essere sottoposto sotto il controllo di osservatori delle nazioni unite e delle organizzazioni della società civile. - suprema corte costituzionale→ composta da 7 membri, tutti nominati dall’assemblea legislativa, possono essere nominati giudici, esperti legali e avvocati, tutti almeno con 15 anni di esperienza professionale. Non è consentito ai membri della Suprema Corte Costituzionale di far parte del Consiglio Esecutivo o dell’Assemblea Legislativa, o di mantenere qualsiasi altro incarico pubblico ed emolumento, così come regolato dalla legge. La durata in carica è di 4 anni. Le funzioni sono: interpretare gli articoli e i relativi principi della carta, verificare la costituzionalità delle leggi promulgate dell’assemblea legislativa e delle decisioni adottate dal consiglio esecutivo, controllare leggi e regolamenti, giudicare il governatore cantonale, i membri dell’assemblea legislativa e del consiglio esecutivo in caso di violazione di qualsiasi principio di questa carta, approva le sue decisioni a maggioranza semplice. - consigli municipali e provinciali→ i cantoni delle regioni sono composti dai consigli amministrativi provinciali. I loro compiti sono attribuiti sulla base del principio del decentramento. La carta può essere modificata da una maggioranza qualificata di almeno ⅔ dell’assemblea legislativa. I cittadini siriani che possiedono la doppia nazionalità non possono assumere incarichi nell’ufficio del governatore cantonale, nel consiglio provinciale, e nella suprema corte costituzionale. La carta include il principio della separazione tra stato e religione. Algostino dal cap III Nell’estratto viene trattata la trasformazione dello spazio giuridico sia nelle forme che nel contenuto: i modi di produzione giuridica in particolare si modellano in seguito alle affermazioni di nuovi principi-guida. La metamorfosi talvolta è palese, ma più spesso è opaca. In particolare ciò che è avvenuto nel corso del XXI secolo è la trasformazione del diritto politico in diritto dell’economic global governance ad opera di antisovrani, ossia soggetti privati che fanno parte di aziende transnazionali che operano attraverso il loro braccio giuridico e le law firms. Si può ragionare riguardo una mutazione genetica del costituzionalismo statale verso una torsione nei fini e negli strumenti dell’organizzazione statale. Lo stato è depotenziato, commissariato dal potere economico e perde il monopolio nella produzione giuridica, divenendo sempre più recettore di norme prodotte altrove. Vi sono due elementi che segnano i tratti dei nuovi sovrani globali: 1)il mélange fra soggetti pubblici e privati 2)l’egemonia degli attori economici. Il diritto che ne consegue è segnato dal primato economico e delle sue esigenze, dall’espansione delle fonti di matrice contrattuale e consuetudinarie. Ma a mutare anche la sede di produzione del diritto: non si parla più in parlamento ma nei law firms→ ciò quindi ha comportato ad una delocalizzazione della sovranità, il potere diviene sempre più impalpabile e inafferrabile; il potere che difatti costituiva il problema del costituzionalismo, ora è diventato la moltiplicazione dei livelli decisionali, sia all’interno dello stato, sia a livello sovranazionale e internazionale, non solo per la pluralità dei rapporti sociali, ma anche per il dislocamento della sede della responsabilità. Il risultato di ciò è quindi una deterritorializzazione che riguarda sia il concetto di non-luogo, in relazione alla lex mercatoria, sia in quanto assume come strumento il contratto, quale diritto medium per eccellenza. La globalizzazione ha sradicato il diritto - pensiero anarchico il cui scopo è il coordinamento e non la subordinazione: la regolamentazione di una rete di organizzazione funzionale e territoriali per instaurare l’interdipendenza nei campi socio-economico ed ecologico. è un diritto che nasce nel contesto dell’autodeterminazione e di sistemi coreferenziali ed è concepito come autonomo, non gerarchico e legato alla figura del contratto collettivo libero con il richiamo a concetti come “diritto interattivo”. Soft law comunitaria e diritto statale: La soft law esercita effetti giuridici rilevanti pur senza possedere efficacia giuridica vincolante. Il ricorso a questi atti è molto diffuso nell’ordinamento europeo. Ma la domanda che ci si pone è: qual è l’impatto degli strumenti di soft law comunitaria sul diritto statale? La soft law è coerente con un sistema liquido, informale e policentrico, che viene qualificato spesso in termini di governance. Il 5 agosto 2011 la BCE invia al governo italiano una lettera, firmata da mario draghi, nella quale viene espresse la necessità al ricorso di una serie di riforme in aderenza ad una più complessa strategia che l’Italia deve adottare. Si notano due caratteristiche di questo evento: la forma, cioè quella epistolare (soft law), e l’esercizio di un potere che esula dalle facoltà proprie del soggetto autore dell’atto (governance). La soft law è una fonte duttile e fluida, non giuridicamente vincolante ma non per questo meno costringente, in quanto influenza la produzione del diritto→ per cui l’articolo si focalizza sul rapporto tra la soft law comunitaria e il sistema delle fonti del diritto dell’ordinamento italiano. I contorni della soft law: l’origine della locuzione è dottrinale (dottrina internazionalista) ma non esiste una precisa definizione condivisa da tutti, per cui bisogna partire la definizione dei contorni constatando che la morbidezza della soft law, oltre ad essere declinata in termini di flessibilità delle procedure e vaghezza dell’orizzonte giustificativo, si riflette nell’eterogeneità delle forme (eterogeneità→il diritto può essere soft con riguardo alla sua autorità, al suo contenuto, alla sua efficacia. Può esserlo inoltre in quanto espressione di una giuridicità allo stato incoativo). All’alveo delle soft law sono ricondotte le dichiarazione di principio e le risoluzioni dell’assemblea generale dell’ONU, gli accordi non binding, raccomandazioni, dichiarazioni, pareri e comunicazioni, orientamenti, codici di condotta adottati non solo da organizzazioni sovranazionali ma anche da istituzioni nazionali come le autorità amministrative, indipendenti o i comitati etici. Viene anche effettuata una distinzione tra atti di soft law pre (precedono le adozioni di fonti formali di hard law), para (interpretano o integrano) e post (rappresentano un’alternativa→ ciò rappresenta un esautoramento e la sostituzione delle fonti tradizionali da parte del diritto morbido). Il tratto comune degli atti di soft law è l’esercizio di effetti giuridici rilevanti, pur senza il possesso di efficacia giuridica vincolante (“rules of conduct”). La soft law discende dalla sua effettività, in adesione ad una prospettiva funzionalista=/=la giuridicità dell’hard law discende da una concezione formale o istituzionalistica del diritto. Inoltre la soft law manca della sanzione e della forza coattiva che è associata tradizionalmente alla norma e si pone al di fuori dell’orizzonte della validità, esplicando i suoi effetti a livello pratico, con intensità e gradi di normatività variabili. Sulla normatività si presentano due tesi diverse: 1)la teoria binaria→ contrapposizione tra hard law e soft law, ritenendo la seconda non “ancora diritto” 2)la teoria gradualistica che considera come la soft law sia già diritto. Per cui la soft law costituisce una fonte del diritto ma non in senso formale e legale, ma in quanto contribuisce a produrre diritto→ è una fonte extra ordinem. In quanto suscettibile di produrre diritto, la soft law non può essere ignorata, e inoltre la constatazione della sua esistenza non implica necessariamente l’accettazione, anzi se rappresenta un ostacolo deve essere rimossa. Per cui si conclude che la soft law sia fonte del diritto/strumento di produzione giuridica su un piano puramente descrittivo; sul piano prescrittivo invece la soft law può integrare uno strumento di indebita influenza sulle istituzioni e i cittadini→ perciò un atto di soft law perfettamente coerente con l’obiettivo della stabilità dei prezzi e/o creazione di un mercato competitivo, nel contesto di un ordinamento descrittivo e fondato sull’economia sociale di mercato fortemente competitiva, può essere illegittimo in un ordinamento democratico che pone al centro il progetto di emancipazione sociale. Nell’ipotesi di un atto di soft law secundum constitutionem può comunque esserci una illegittimità e una violazione della costituzione sia in senso formale (dal momento che la Cost. è higher law e norma ultima sulla produzione giuridica) sia in quanto atto esterno dotato di effetti giuridici, può concretizzare una violazione del principio di sovranità popolare. La soft law mira ad influenzare la produzione giuridica, senza essere vincolata al rispetto dei parametri propri di uno stato democratico e di diritto: potenzialmente è una formula vuota e in quanto tale è strumento di affermazione dei valori dominanti, connessi alla globalizzazione economica. Il diritto quindi, in virtù del discorso sulla soft law, può avere due interpretazioni: 1)ius non come iustitia ma come iubere 2)diritto come frutto di auto-organizzazione (una forma di associazione che difenda e protegga le persone e i beni degli associati)→ quest’ultima ipotesi viene assicurata dalla Costituzione in senso prescrittivo che tutela il principio di maggioranza affinché non degeneri in tirannia della maggioranza. In questa visione la legge è espressione della maggioranza e risulta anche evidente la differenza tra un diritto prodotto da organi che possiedono legittimazione democratica e ai quali è attribuita la competenza ad intervenire e un diritto che si impone in virtù della persuasività di una maggioranza che può essere camuffata in tirannide. Ma la soft law associata a nella visione sopracitata non convince in quanto entrano in causa diverse variabili inerenti la natura del consenso: 1)che può nascere da una partecipazione effettiva di soggetti che possiedono una legittimazione democratica 2)può consistere in un semplice allineamento sulle posizioni di soggetti detentori di potere (politico, economico e sociale). Quindi l’assenza di rigidità e di coazione giuridica fa sì che la soft law sia anche un libero gioco di rapporti di forza. La costituzione deve limitare il potere. Per quanto riguarda la persuasività e l’osservanza→ la prima può essere declinata non solo come un’imposizione discendente dell'esercizio del potere ma anche come adesione ad argomentazioni convincenti, in particolare se esse vengono collegate alle pronunce giurisprudenziali, imprescindibili in una democrazia proprio in quanto non direttamente riconducibili al voto popolare e al principio di maggioranza. Ma com’è già stato affermato la soft law può anche provenire da soggetti pubblici, privati e dalla mescolanza dei due come è avvenuto per i Principi Unidroit (materia di commercio internazionale): sarebbe un codice prodotto dalla classe imprenditoriale che hanno generato norme di soft law, non giuridicamente vincolanti, prodotte da privati ma rielaborate nell’ambito di un’organizzazione intergovernativa indipendente, conoscendo anche applicazione negli arbitrati internazionali (un diritto privato, ammorbidito dall’intervento di un soggetto in senso lato pubblico, ma comunque dalla legittimazione democratica inconsistente, applicato nell’ambito di procedimenti flessibili rimessi alla gestione delle parti (private), ma influenti anche sugli Stati). Il diritto morbido, insinuandosi con la sua duttilità e il suo approccio “persuasivo”, non limitandosi a occupare spazi lasciati vuoti dall’hard law, mira sempre più ad instaurare con esso un rapporto gerarchico che si estrinseca non solo in un annullamento del diritto formale, ma anche nella restrizione dei suoi spazi e in una sua subordinazione, con l’esautoramento della Costituzione come higher law. Soft law comunitaria→ Nell’ambito dell’UE il ricorso agli strumenti di soft law è diffuso sia che si tratti di trattati/norme comunitarie sia atti privi di una base legale. Il sistema delle fonti è costruito in modo meno rigido di quanto avvenga negli ordinamenti nazionali. Ne La governance europea-Un libro bianco (atto di soft law) redatto dalla Commissione europea, si legge che l’ato normativo è soltanto parte di una soluzione più ampia nella quale vengono combinate norme formali con altri strumenti non vincolanti, andando a formare un “hybrid constellations”. In UE la soft law è stata così definita “concernono regole di condotta poste ad un livello non giuridicamente vincolante ma nelle quali bisogna rilevare uno scopo legale”. Alle norme di soft law sono generalmente ricondotte: raccomandazioni, pareri, libri bianchi e libri verdi, programmi di azione, codici di condotta, risoluzione, comunicazioni e conclusioni, ma anche lettere e accordi “morbidi” con Paesi terzi. Chiarendo il rapporto tra soft law comunitaria e ordinamenti naizonali: - raccomandazioni e pareri della corte di Giustizia sono contemplati dall’art. 288 TFUE che li qualifica come atti non vincolanti. Ricadono sotto la definizione di soft law e in particolare quando esse sono di aiuto nell’interpretazione di norme nazionali adottate allo scopo di garantire la loro attuazione, o mirano a completare norme comunitarie aventi natura vincolante. Le raccomandazioni sono in genere adottate dalle istituzioni comunitarie non solo quando non si reputa necessaria l’adozione di norme più vincolanti, ma anche quando queste non dispongono, in forza del trattato, del potere di adottare atti obbligatori. Quando appunto le istituzioni non hanno il potere vincolante ma adottano soft law, non stanno comunque realizzando un’influenza indebita sul legislatore e/o sul giudice nazionale? Sì, perché si produce un effetto a cascata di sovranità popolare, in quanto si produce diritto al di fuori dei meccanismi predeterminati dal quadro costituzionale e possono anche provocare una legittima aspettativa negli amministrati che si conformino al loro contenuto. - la Corte di Giustizia si è anche pronunciata in ordine ad atti di soft law sul presupposto della loro capacità di produrre effetti vincolanti. In merito sono state prodotte due pronunce su soft law declinata come para-law e pre-law: 1)la sentenza (case C-303/90, French Republic v Commission of the European Communities, sent. 13 novembre 1991) concerne un codice di condotta riguardante le irregolarità nonchè l’organizzazione di un sistema d’informazioni sulle irregolarità nell'ambito di finanziamenti legati ai fondi strutturali. [PREMESSA: l’azione di annullamento deve potersi esperire nei confronti di qualsiasi provvedimento adottato dalle istituzioni, indipendentemente dalla sua natura e dalla sua forma, che miri a produrre effetti giuridici]. Nel caso di para-law, il provvedimento viene poi annullato in quanto costituisce un atto adottato da un’autorità incompetente (quindi non sulla produzione di effetti giuridici dell’atto adottato). 2)la sentenza concerne un atto di pre law (case C-443/97, Kingdom of Spain v Commission of the European Communities, sent. 6 aprile 2000) che vede l’adozione di linee direttrici della Commissione nell’ottobre 1997 in materia di fondi strutturali, relativamente alle rettifiche finanziarie nette. In questo caso il giudice europeo rileva come le linee direttrici producono effetti nella sfera dell’amministrazione e non creano né diritti né obblighi in capo a terzi. Per cui atti del genere non rappresentano atti lesivi idonei ad essere oggetto di un ricorso d’annullamento. Le linee direttrici non vengono considerate idonee a produrre effetti giuridici e il ricorso viene dichiarato irricevibile. l’interpretazione delle norme costituzionali. Per quanto riguarda quest’ultima, essa spetta agli organi di giustizia costituzionale che attraverso il bilanciamento, la concretizzazione di clausole generali, la creazione dal complesso normativo esistente di nuovi diritti, contribuiscono a dare forma giuridica al mutare delle libertà in relazione al contesto economico-sociale e tecnologico. A protezione dei diritti vi è la giustizia costituzionale sanziona eventuali norme primarie lesive dei diritti, su impulso di un soggetto pubblico o quando nel corso di un processo si prospetta una violazione della Costituzione. I tribunali costituzionali sono competenti anche a giudicare sul ricorso diretto del singolo cittadino l’eventuale lesione delle libertà fondamentali compiuta alle istituzioni pubbliche. Il giudice ordinario comunque rimane il primo soggetto a cui il cittadino di rivolge in caso di violazione o non attuazione di un diritto. Ma il ruolo primario di tutela dei diritti spetta al parlamento che è incaricato di rispondere alle violazioni e/o controllo→ commissioni parlamentari di inchiesta. Il capo di Stato è anche egli incaricato di assicurare il rispetto della Costituzione. [In alcuni ordinamenti esiste anche un’autorità ibrida che si occupa delle possibili violazioni di diritti e interessi dei cittadini compiuti dalle P.A→ OMBUDSMAN, introdotto in Svezia nel 1809]. Infine, di lockiana memoria, esiste anche il diritto di resistenza che rimette in ultima istanza nelle mani di tutti i cittadini la difesa dei diritti, come sancito dall’art.20, c.4 della Legge Fondamentale tedesca. Riconoscimento dei diritti nel diritto costituzionale: - Regno Unito→ lunga tradizione in tema di diritti coniugata però con l’assenza di una costituzione in senso formale. Manca un catalogo organico di diritti; occorre rintracciare libertà e diritti nei documenti, e nella loro interpretazione giurisprudenziale (common law), che accompagnano, nel corso dei secoli, le trasformazioni dei rapporti fra poteri, istituzioni e classi sociali. - Francia→non ha un vero e proprio catalogo di diritti nella sua Costituzione dal momento che si limita a sancire un paio di diritti che sono stati ampliati nel corso degli anni. - Germania→ la Legge Fondamentale tedesca del 1949 al Titolo I sancisce tutti i diritti, politici, sociale, le libertà negative. La tutela dei diritti deve essere contestualizzata tenendo presente che la Germania è uno Stato di democrazia protetta per cui i diritti e le libertà non possono essere utilizzati «per combattere l'ordinamento costituzionale democratico e liberale» (art. 18). Il sistema delle fonti del diritto alla prova dell’emergenza: il 31 Gennaio 2020 il Consiglio dei ministri adotta una delibera recante la “Dichiarazione dello stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili”, ma già prima di quella data il Ministro della salute aveva adottato provvedimenti di sorveglianza e aveva interdetto tutti i voli provenienti dalla Cina. Per catena normativa si possono intendere tre differenti nozioni: 1)catena normativa della giustificazione che si ripercorre a ritroso sino a trovarne il fondamento logico o fattuale 2)una formula descrittiva di un rapporto tra le fonti ordinanti una certa fattispecie tale che la disciplina dell’oggetto emerge solo dalla catena nel suo insieme, distinguendo tra quella verticale e quella orizzontale 3)rete di integrazione fra sistemi che funzionerebbe come un processo, nel quale le dinamiche istituzionali e normative hanno modo di svolgersi assecondando il moto stesso degli interessi e la loro sempre varia combinazione nell’esperienza. La catena normativa dell’emergenza riguarda decine e decine di atti, su cui viene condotto un esame sulle tipologie di questi atti: il primo atto d.l. n. 19/2020 sancisce l’abrogazione dell’art.2 del d.l. n.6 del 2020 (“Le autorità competenti, con le modalità previste dall’articolo 3, commi 1 e 2, possono adottare ulteriori misure di contenimento e gestione dell’emergenza, al fine di prevenire la diffusione dell’epidemia da COVID-19 anche fuori dei casi di cui all’articolo 1, comma 1”), ponendo rimedio a un evidente difetto di determinatezza che comprometteva la tenuta della catena. Sulla base di questo atto l’art. 2 del d.l. 6/2020 dovrebbe considerarsi incostituzionale e illegittima la sanatoria degli effetti da esso prodotti. All’inizio della catena normativa c’è 1)la Costituzione, per cui il fondamento costituzionale è presente e si deve rinvenire nei tradizionali principi del primum vivere e della salus rei publicae. La positivizzazione dell’emergenza in particolare si rinviene nella previsione dell’indivisibilità art.5 e dell’unità art 87 della Repubblica, ma anche negli artt. 7,10, 11 e 139. Sulla base di ciò non è la necessità su cui si fondano i provvedimenti in questione ma la Costituzione (ammettendo che la necessità fosse la base dei provvedimenti, questa dovrebbe essere anteposta alla Costituzione). Dal momento che non esiste una disciplina specifica delle competenze e dei procedimenti, la legittimazione degli atti si deve indirizzare alla fonte primaria. La positivizzazione degli interessi non consente all’Esecutivo di adottare provvedimenti normativi eccezionali in deroga alle leggi vigenti e quindi senza l’intermediazione legislativa che li preveda e nemmeno la fonte primaria intermediaria può conferire forza di legge a questi provvedimenti, per cui queste fonti extra-ordinem hanno la possibilità solo di DEROGARE temporaneamente delle fonti primarie. Le fonti emergenziali non sospendono l’efficacia di norme anteriori per un determinato periodo di tempo ma disciplinano certe fattispecie con una forma di abrogazione parziale [abrogazione parziale: l'abrogazione è la cessazione ex nunc (quindi non retroattiva) dell'efficacia di una norma. La norma abrogata cessa di avere efficacia per il futuro, ma continua a disciplinare i fatti verificatisi prima dell'abrogazione=/=deroga: indica una situazione in base alla quale una norma giuridica non trova applicazione oppure viene disapplicata in luogo di altra norma, nelle ipotesi stabilite dalla legge]. La Corte Costituzionale ha confermato che alle autorità amministrative vengano affidati i poteri di emissione di provvedimenti diretti ad una generalità di cittadini in seguito a motivi di necessità e di urgenza, con una specifica autorizzazione legislativa che indichi l’intera disciplina legittimata. Ora quindi il problema si sposta, diventando quello delle modalità di identificazione e proclamazione di quella situazione di emergenza cui può conseguire l’adozione di atti extra ordinem, la cui fonte legittimante è la Costituzione stessa, sebbene l’operatività della legittimazione sia condizionata dall’intermediazione di una fonte primaria. 2)Le fonti primarie generali disciplinano in via generale i provvedimenti eccezionali che possono essere adottati in situazione di emergenza. In questo studio la l.23 Dicembre 1978, n.833 e il d.lgs 2 Gennaio 2018, n.1 (Codice di Protezione Civile) sono quelli che danno legittimità ai provvedimenti emergenziali che si sono succeduti in questi mesi di pandemia. 3)La dichiarazione dello stato di emergenza avviene il 31 Gennaio 2020 e ha il proprio fondamento nel Codice di Protezione Civile, nell’art.24 del Codice, il diritto positivo definisce i presupposti dell’istituto giuridico dello stato di emergenza negli artt. 1 e 7, 24 e 25, 24 c.3 del Codice. Ai sensi dell’art.24 c.1 la dichiarazione può essere adottata solo “sulla base dei dati e delle informazioni disponibili”, si deve trattare, come sottolineato dalla Corte Costituzionale, di dati univoci e concordanti. Nella sentenza si legge “La dichiarazione dello stato di emergenza, da parte dell’autorità governativa, è solo una condizione di fatto per l’applicabilità delle norme medesime, che non integra in alcun modo il contenuto del precetto penale, fissato nella legge, in sé e per sé completo ed autosufficiente. Peraltro, la stessa dichiarazione dello stato di emergenza può avvenire solo in presenza dei presupposti legislativamente previsti.[...] L’atto amministrativo a carattere generale, che funge da presupposto per l’applicabilità delle sanzioni penali previste dalle norme censurate, è pertanto esso stesso suscettibile di valutazione, sotto il profilo della legittimità, da parte dei giudici ordinari e di quelli amministrativi, nell’ambito delle rispettive competenze” → si intende che se ci sono paradigmi normativi che devono essere rispettati, il controllo del giudice non può difettare; qui i paradigmi normativi ci sono, il sindacato giurisdizionale non può mancare. 4)I decreti legge emergenziali trovano la legittimità nel rispetto dei canoni previsti dall’art.77 Cost. La Corte Cost. ha spiegato nella sent. n. 360 del 1996 che solo presupposti giustificativi nuovi di natura straordinaria possono giustificare un altrettanto nuovo esercizio della decretazione d’urgenza che non può essere uno strumento ordinario di normazione primaria. Allo stato attuale delle cose, la moltiplicazione dei decreti-legge è la proiezione normativa della fattuale eccezionalità del momento, sicché la decretazione d’urgenza resta legata ad una contingenza extra-ordinaria. 5)I decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, che ai sensi dell’art.3, c.1 del Codice di Protezione civile, è autorità nazionale di protezione civile e titolare delle politiche in materia a cui vengono affidati anche poteri di ordinanza in materia di protezione civile. Al Presidente dell’esecutivo spetta anche adottare direttive con cui dare indirizzi per lo svolgimento in forma coordinata delle attività di protezione civile al fine di assicurare uniformità. All’art 25 del Codice si leggono anche le limitazioni a cui è soggetto il potere del Presidente, in particolare che e ordinanze di protezione civile sono adottate “per il coordinamento dell’attuazione degli interventi da effettuare durante lo stato di emergenza di rilievo nazionale” per cui ci si domanda se le ordinanze siano chiamate esse stesse ad identificare gli interventi necessari oppure debbano limitarsi all’attuazione di interventi disposti da altra fonte. Secondo l’art.5 l.n. 225 del 1992 a seguito della dichiarazione di emergenza e per far fronte ad essa il PCM o su sua delega il Ministro dell’Interno possano adottare ordinanze in deroga ad ogni disposizione vigente, nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico→ secondo questa lettura le norme generali sulla protezione civile conferiscono direttamente alle ordinanze (cioè senza bisogno di fonti intermediarie) un potere derogatorio sia pur con limiti della normativa vigente. La legittimazione dei DPCM non si desume solo dal Codice a anche da quelle speciali dei decreti-legge che si sono succeduti nel periodo dell'emergenza. In particolare il d.l.n. 6 del 2020 a sua volta prevede le misure necessarie sono prese con uno o più DPCM, nè l’abrogazione dell’art. 5 del d. 6 Gennaio 2020 ha cambiato la disposizione per cui il DPCM rimangono la principale fonte emergenziale secondaria ai sensi dell’art. 2 c.1 di quella stessa fonte. Il potere di ordinanza è un potere atipico che deroga al principio di legalità sostanziale nel senso che il legislatore si limita a nominare il provvedimento da adottare, prevedendo generali presupposti legittimanti quali la necessità e l’urgenza. Tale deroga viene giustificata dagli interessi e dai valori che assicurano la cura concreta ed immediata di taluni interessi ritenuti prevalenti che richiedono un intervento immediato ed urgente che non sarebbe compatibile con una rigida predeterminazione legale del contenuto dell’atto da adottare. Dato che la legittimazione e la limitazione al potere derogatorio ci sono, a questo punto manca la delimitazione della discrezionalità del normatore secondario. Un problema diverso è quello che riguarda l’osservanza della riserva non solo di legge ma anche di giurisdizione prevista dall’art.13 Cost per i provvedimenti restrittivi della libertà personale con particolare riferimento alla quarantena che costituirebbe una forma di detenzione con la conseguenza che il provvedimento che dispone questo debba essere convalidato dall’autorità giudiziaria→ l’ordinamento mostra di considerare la quarantena una misura da affidare necessariamente all’autorità sanitaria ed è un provvedimento che viene applicato nel totale rispetto dell’art. 13 Cost. Se invece si considera che la libertà personale stia nella sottrazione della coazione comportamenti, prevedendo anche sanzioni. Ciò d’altra parte è avvenuto sulla base dell’art.77 Cost che prevede che in casi straordinari di necessità e urgenza lo strumento da utilizzare sia il decreto legge. Le tesi che sostengono l’utilizzo del decreto legge e quindi l'accantonamento del Parlamento sono due: 1)il procedimento parlamentare produce pastoie di conversione in legge del decreto dal momento che esiste il doveroso confronto tra maggioranza e opposizione che perdono tempo in schermaglie di natura elettorale, per cui viene sacrificato il risultato pratico della legislazione in qualsiasi campo 2)la difficoltà di riunirsi della Camere a causa della necessità di osservare rigorosamente le precauzioni necessarie ad evitare la diffusione del contagio anche all’interno delle sedi parlamentari. Questa seconda argomentazione trova supporto nell’art.72 Cost che prevede che la conversione in legge dei decreti leggi tra i casi in cui è obbligatorio il procedimento ordinario (procedura che emerge nei Regolamenti della Camera e del Senato art 96-bis e art 78) ed è di conseguenza escluso il procedimento decentrato in commissione. Ma sarebbe utile prevedere nei medesimi regolamenti l’ipotesi di una deliberazione all’unanimità della Conferenza dei capigruppo che autorizzi la scelta del procedimento decentrato le cui modalità renderebbe agili e veloci i lavori e consentirebbero pure l’adozione di tutte le cautele necessarie per l’incolumità dei partecipanti ed il contenimento del contagio. Nel sistema delle autonomie (Regioni)→ esistono due possibilità trascurate per rendere più coerenti e veloci i rapporti tra stato e regioni: 1)legge-quadro: lo stato emana una legge contenente i principi generali di una materia in cui fossero contenute norme precise sul modus operandi delle autorità statali, regionali e locali in caso di epidemie e altre emergenze sanitarie. 2)il secondo strumento è previsto dall’art.120 Cost che consente al Governo di sostituirsi alle Regioni e agli enti locali in una serie di casi tra i quali rientra l’emergenza sanitaria; una volta esperiti tutti i tentativi di accordo, può assumere la responsabilità della decisione unitaria, quando ciò sia indispensabile per la salvaguardia degli interessi supremi indicati nella medesima norma costituzionale. Costituzionalismo e distopia nella pandemia di Covid-19 tra fonti dell’emergenza e (s)bilanciamento dei diritti: il virus è un avvenimento globale che interroga in profondità il funzionamento dei sistemi democratici e delle istituzioni sovranazionale ed internazionali così come il modello economico e sociale dei singoli stati e la globalizzazione. Il 30 Gennaio l’OMS ha dichiarato lo stato di emergenza globale, il 31 Gennaio il Consiglio dei Ministri adotta la “Dichiarazione dello stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili”. Si prevede che per i 6 mesi successivi all’adozione del provvedimento per l’attuazione degli interventi necessari a fronteggiare l’emergenza possono essere adottate ordinanze del Capo del Dipartimento della protezione civile in deroga a qualsiasi disposizione vigente e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento e delle norme dell’UE. Lo stato di emergenza viene poi prorogato fino al 15 ottobre 2020 a cui segue una seconda proroga fino al 31 gennaio 2021, una terza fino al 30 aprile 2021. Durante la vigenza dello stato di emergenza si susseguono decreti legge, ordinanze, circolari e decreti ministeriali, decreti e ordinanze del Capo del dipartimento della protezione civile, ordinanze del commissario straordinario per l’emergenza covid 19, DPCM, provvedimenti delle Regioni e degli enti territoriali, linee guida e atti di soft law. Nella delibera del 31 gennaio 2020 il dominus dell’emergenza è il Presidente del Consiglio con i propri decreti e si prevede anche la possibilità che il capo della protezione civile adotti ordinanze in deroga. Bisogna ora inquadrare se le norme adottate per fronteggiare il Covid siano extra ordinem o secundum ordinem→ la Costituzione pur prevedendo uno stato di emergenza non costituzionalizza l’emergenza per cui non esiste una disciplina, e nondimeno non mancano riferimenti normativi relativi a situazioni d’emergenza, ossia la L. 833/1978 che all’art.31 riconosce il potere di adottare ordinanze di carattere contingibile e urgente anche al ministro della sanità, il presidente della giunta regionale e al sindaco. A livello costituzionale comunque, gli artt. 77 e 78 richiamano sanità e sicurezza che sono motivi che rafforzano le riserve di legge previste in materia di limitazione dei diritti fondamentali. L’art.78 relativo anche allo stato di guerra e al conferimento dei poteri necessari al Governo non è pertinente nel caso in esame, ma si possono trarre alcuni principi che perimetrano la gestione di situazioni eccezionali 1)i poteri non sono mai pieni ma correlati allo stato straordinario del momento 2)il parlamento resta sempre un istituto centrale 3)il Presidente della Repubblica interviene nel suo ruolo da garante. L’art.77 invece configura il decreto legge come strumento atto a rispondere ad emergenze non predeterminate, dotato di presupposti allo stesso tempo puntuali ed aperti, soggetto all’emanazione da parte del Presidente della Repubblica e alla conversione in legge da parte delle Camere entro 60 giorni. Il d.l è quindi strutturalmente limitato e finalizzato alla risposta all’emergenza, quindi tenuto al rispetto dei requisiti di coerenza e proporzionalità rispetto all’obiettivo, temporalmente limitato, contempla l’intervento del Parlamento e la possibilità che il Presidente della Repubblica eserciti un ruolo di garanzia. L’intervento del legislativo e la garanzia del PdR al momento della promulgazione si hanno quando è prevista la possibilità di limitare, tramite riserva di legge, i diritti costituzionali, come la libertà di circolazione e soggiorno, ad esigenze di sanità e sicurezza. Queste limitazioni sono legittimate da motivi quali l’esigenza del rispetto dei requisiti di coerenza, proporzionalità e l’ordinaria garanzia dei diritti. Ci sono anche ordinanze che possono essere emesse dal Ministro della sanità con efficacia sia sull’intero territorio nazionale o a parte di esso comprendente più regioni, o dal presidente della giunta regionale e dal sindaco con efficacia sulla regione o a parte del suo territorio comprendente più comuni e al territorio comunale. Da ciò emerge la possibilità di usare strumenti per fronteggiare l’emergenza sanitaria secundum constitutionem. Ma la velocità con cui si è sviluppato il covid ha richiesto l’adozione di atti ad efficacia immediata come appunto il decreto legge, il cui ricorso è preferibile ai dpcm, dal momento che la sua deliberazione esige la collegialità, il controllo presidenziale nell’emanazione e il passaggio parlamentare nella conversione in legge. Inoltre l’uso del decreto è fondamentale quando si ragiona in termini di limitazioni di un diritto fondamentale, pur non soddisfacendo la necessità della riserva di legge. Il decreto comunque agendo ultra vires, riposa direttamente sul principio di effettività, ed esce dal sistema delle fonti legali, qualificandosi come atto extra ordinem (e poi contra constitutionem). Per costruire una reazione “costituzionalmente conforme” al contesto pandemico si possono evidenziare due capisaldi da cui muoversi: - la possibilità di ricondurre l'emergenza ai tradizionali principi del primum vivere e della salus rei publicae, quali principi immanenti rispetto alla ragion d’essere di un ordinamento giuridico, ma anche qualificabili come veri e propri principi costituzionali. Nella pandemia questi due principi trovano il loro appoggio nel diritto alla salute, tutelato dall’art.31 Cost o nella previsione dei motivi di sanità come legittimanti la limitazione di altri diritti (art 16 Cost) - l’essenza del costituzionalismo risiede nella limitazione del potere e nella garanzia dei diritti, che costituiscono la vocazione del costituzionalismo e che connotano e delimitano strumenti e mezzi ai quali una democrazia costituzionale può ricorrere. Se questi principi vengono circoscritti all’emergenza attuale, emerge anche il requisito della temporaneità delle misure adottate. Tornando al decreto legge, si può affermare che questo strumento non esonda dagli argini costituzionalmente edificati per le emergenze e consente di rispondere alle esigenze del primum vivere e della salus rei publicae traducendole in un caso straordinario di necessità e urgenza. Ma dato che l’emergenza è diventata una situazione ordinaria, lo strumento atto ad intervenire non potrebbe che essere la legge. In presenza di limitazioni di diritti costituzionali, la fonte non può essere secondaria, pena la violazione della riserva di legge→ non sono legittimi i dpcm. L’ordinamento contempla fonti secondari potenzialmente incidenti sui diritti dei cittadini come le ordinanze prefettizie ex art. 2 del regio decreto 18 giugno 1931 (TULPS) che prevede la facoltà del prefetto di adottare provvedimenti indispensabili per la tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza pubblica nel caso di urgenza o necessità. Per cui il prefetto ha potere amministrativo: la Corte costituzionale si pronuncia in merito a questo articolo con la sent 26/1961 con cui dichiara l’illegittimità costituzionale dell’attribuzione al prefetto del potere di emettere ordinanze, visto che da una lato c’è la costituzione che prevede che sia la legge a disciplinare una materia ex art 13 Cost, dove non si può concepire l’emanazione di un atto amministrativo che disponga in difformità della costituzione, dall’altro lato si concepiscono situazioni in cui è la legge ordinaria ad attribuire le facoltà di emanare atti alle autorità amministrativa purché le legge stessa indichi parametri e limitazioni per delimitare la discrezionalità dell’organo a cui è attribuito il potere. Se la riserva di legge è relativa si apre un maggior spazio di intervento per l’autorità amministrativa, pur rimanendo vincolata a 1)che la legge attribuisca il potere di intervento stesso e 2)che questo potere venga delimitato attraverso la fissazione di criteri. Le ordinanze sono definite a competenza generale e a contenuto libero anche se restano di natura derogatoria e temporanea. La CC ha circoscritto il potere di ordinanza con la sent. 115/2011 con cui stabilisce che le deroghe attuate dal potere amministrativo devono rimanere delimitate nel tempo→ le deroghe provvedono alla situazione circostante. Le ordinanze della protezione civile: contemplano la possibilità di derogare alle disposizioni vigenti sempre nei limiti indicati nelle deliberazioni dello stato di emergenza e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico e delle norme dell’Unione Europea. All’art. 5 del codice della protezione civile che il potere di ordinanza attribuito al presidente del consiglio possa essere esercitato purchè stabilito dalla deliberazione (art 24) attraverso il capo del dipartimento della protezione, mentre il potere di direttiva, per predisporre gli indirizzi di svolgimento di attività della protezione civile, possa essere esercitato in maniera coordinata con le attività della protezione stessa. I dpcm che dispongono in materia di emergenza sanitaria sono assimilabili da un’ordinanza e quindi legittimati ad intervenire in deroga, nei termini fissati dalla dichiarazione dello stato di emergenza e dal decreto legge che nel caso di specie li contempla, resta la riserva di legge in relazione alla restrizione dei diritti che, anche nel caso di riserva relativa, impone la fissazione dei criteri con atto avente forza di legge. La dottrina ha criticato il ricorso ai dpcm sulla base del dl 6/2020 convertito poi nella l.13/2020, con modificazioni, che vede all’art.3 co 1 l’adozione dei dpcm nei casi degli artt.1 e 2 che prevedono rispettivamente l’adozione di ogni misura di contenimento e gestione adeguata e proporzionata all’evolversi della situazione epidemiologica, e l’adozione da parte delle autorità competenti di ulteriori misure di contenimento e gestione dell’epidemia. Il successivo decreto legge n.19 del 2020 tenta di sanare la situazione e di delimitare l’ambito di intervento dei dpcm attraverso le predeterminazione delle misure adottabili. Questo decreto funge anche da base legislativa ai successivi dpcm. grado possibile delle plurime esigenze delle persone, al plurale, valorizzando il superamento delle disuguaglianze, l’emancipazione, la solidarietà. I primi interventi: il lockdown si è imposto come l’indefettibile tutela della salute e della vita dei cittadini: il diritto alla salute infatti è il diritto di cui gode ciascuna persona e come interesse della collettività. Il vulnus della garanzie della salute chiama in causa il principio personalista, nella sua accezione di tutela della vita e della salute. L’adozione del lockdown impatta fortemente sull’esercizio di libertà fondamentali, limitando i diritti costituzionali. Le limitazioni trovano fondamento negli artt. 16 Cost, che interessa la libertà di circolazione, nei motivi di sanità o di sicurezza, 17 Cost, che interessa la libertà di riunione, 41 Cost, che invece riguarda l’iniziativa economica privata, nella previsione che essa non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana. Ci sono libertà che non contemplano clausole di limitazione o non le prevedono in relazione alla salute (art 19 Cost: libertà di religione), così come ipotesi nelle quali le restrizioni operano per così dire ultra vires, in casi non previsti dalla Costituzione. Riguardo alle limitazioni, vi sono alcune soluzioni interpretative: 1) lo strumento del bilanciamento: il costituente non determina la gerarchia dei diritti ma il loro reciproco equilibrio. Il diritto alla salute è un diritto fondamentale, la sua declinazione riguarda l’interesse della collettività, per cui è una precondizione per l’esercizio dei diritti altrui. 2)la necessità di fronteggiare un’epidemia aggressiva non deve esondare in effettività, valorizzando quindi l’eccedenza del principio personalista così come il riferimento alla solidarietà. 3) un’unica limitazione si potrebbe individuare nella libertà di circolazione, derivando le restrizioni ad altri diritti dal divieto di movimento (se non si può circolare, va da sé che non si può partecipare ad un corteo o professare un culto in pubblico). Questa limitazione comporta una svalutazione dei diritti, in quanto un provvedimento incidente sulla libertà di circolazione viene automaticamente ad incidere sul suo esercizio, mentre in realtà si dovrebbe svolgere una valutazione ad hoc sulla deminutio che il loro godimento può subire in ragione delle esigenze di tutela della salute. Sull’argomento del bilanciamento dei diritti, in riferimento a quello sulla salute, è ineludibile il richiamo alla proporzionalità e alla ragionevolezza delle misure: in tale prospettiva vengono sollevati alcuni dubbi che riguardano sia la sottovalutazione di alcuni diritti (vd diritto all’istruzione) sia la sopravvalutazione di altri (vd. libertà di iniziativa economica privata) sia abusi nel nome del diritto alla salute. Il diritto all’istruzione→ il d.l 19/2020 contempla anche la sospensione dei servizi educativi e delle attività didattiche delle scuole e delle università. é un blocco generalizzato: la scuola è un diritto costituzionalmente garantito ex artt 33 e 34, svolge un ruolo nel superamento delle disuguaglianze, di emancipazione personale e sociale. La dad, pur essendo stata utile in situazioni di emergenza, ha incrementato le disuguaglianze economiche e sociali; di fatti durante l’emergenza sarebbe dovuta essere corredata da interventi per sostenere i più fragili. Ma comunque è stata posta pochissima attenzione sul valore della scuola e dell’università. La libertà di iniziativa economica privata→ il d.l 6/2020, con i connessi dpcm 11 marzo 2020 e 22 marzo 2020, ha previsto forti limitazioni all’iniziativa economica privata, limitazioni che hanno il loro fondamento nell’art. 41 co 2 Cost. Le restrizioni hanno visto primi allentamenti nel secondo periodo della prima fase: i primi dpcm emanati sulla base del decreto legge 19/2020 prorogano le misure adottate in precedenza o introducono modifiche minime, mentre il dpcm del 26 aprile 2020 riduce in modo più significativo le sospensioni, pur nel contesto di un lockdown che si mantiene rigido quanto alla scuola, alla cultura e al diritto di riunione, con modeste aperture sulla libertà di circolazione. Nella fase della riapertura, dove la diversità di trattamento fra i vari diritti diviene ancora più manifesta, si può notare uno sbilanciamento nei confronti delle esigenze dell’economia, non tenendo conto della sicurezza dei lavoratori, a dispetto del dettato costituzionale. Il diritto allo sciopero→ la libertà di associazione sindacale e il diritto di sciopero sono strumenti tesi a rafforzare la posizione del lavoratore nella dinamicità delle relazioni industriali: lo sciopero funge da strumento di coazione per bilanciare il minor potere contrattuale dei sindacati. Pare irragionevole che uno sciopero indetto dall’USB il 25 marzo 2020 finalizzato alla difesa del diritto alla salute dei lavoratori nel contesto della pandemia e limitato nei servizi essenziali alla durata di un minuto simbolico di silenzio, sia incorsa nell’apertura di un procedimento di infrazione da parte della commissione di garanzia dell’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali; un procedimento che si è concluso con una sanzione contenuta nella misura minima prevista dalla legge. I diritti dei migranti→la debolezza di questi soggetti rende ancora più fragili le loro posizioni, dal momento che sono privi di titolo di “cittadino”, e dunque emarginati. Il 7 aprile 2020 il decreto interministeriale chiude i porti alle navi che soccorrono i migranti. Il bilanciamento con il diritto alla salute comprime il diritto alla vita, all’asilo, il principio di non refoulement e il diritto dei naufraghi ad essere condotti al sicuro, come sancito nelle norme di diritto internazionale. Non ha supporto giuridico men che meno la detenzione a bordo dei migranti nelle cd navi quarantena. La riapertura (fase due): il d.l 33/2020 del 16 maggio e il d.l 34/2020 del 19 maggio segnano il passaggio alla fase 2 ossia la riapertura e il rilancio. La flessione della curva epidemiologica muta i termini del bilanciamento con il diritto alla salute, alcuni diritti ritornano in piena forma, altri sono ancora assenti, altri infine si impongono con veemenza. Il decreto del 16 maggio prevedono una generale cessazione delle limitazioni sulla libertà di circolazione all’interno del territorio regionale, e dal 3 giugno anche fra le ragioni e per l’estero. con la possibilità di introdurre limitazioni in relazioni a specifiche aree. Cessano le misure limitative delle attività produttive industriali e commerciali, ex d.l 33/2020 che prevede anche queste si svolgano nel rispetto dei principi contenuti nei protocolli o nelle linee guida. Il dpcm del 17 maggio 2020 specifica quindi che sono consentite le attività commerciali al dettaglio così come le attività di ristorazione e di servizi alla persona. Ancora in secondo piano nella fase di riapertura il diritto all’istruzione: non c’è nessuna ripresa della didattica in presenza dal momento che il dpcm del 17 maggio ribadisce la sospensione ancora. Alla scarsa considerazione per il diritto all’istruzione, vi è anche quella per le attività culturali (musei, biblioteche, centri culturali, convegni). La disparità di trattamento fra la tutela della libertà di iniziativa economica privata e la garanzia del diritto all’istruzione è sempre più cogente: le esigenze di tutela della salute prevalgono nelle scuole ma non nelle fabbriche, veicolando un approccio che da un lato non tutela gli studenti nel diritto all’istruzione, dall’altro misconosce le esigenze di tutela della salute dei lavoratori. Il concetto di fondo di questo sbilanciamento è chiaro: il diritto all’istruzione vale meno di quello di iniziativa economica privata, ossia la scuola può chiudere, l’economia non può fermarsi. Utilità e fini sociali, sicurezza, libertà e dignità umana delineano i tratti di un sistema economico coerente rispetto alla Costituzione e, allo stesso tempo, stabiliscono i confini della libertà economica. È questo il modello della nostra Costituzione, non l’economia sociale di mercato fortemente competitiva o la concorrenza libera e non falsata dei trattati dell’Unione europea: l’emergenza incrina l’’intoccabilità della governance economica egemone, e si potrebbe fare strada l’occasione di tornare ai fondamenti della visione economica della Costituzione. Si potrebbe tuttavia obiettare che attraverso l’economia si tutela il lavoro, che l’andamento del PIL ha un riflesso nella curva ascendente o discendente della povertà, che l’esercizio della libertà di iniziativa economica privata incide sull’occupazione. È una trappola, è il “falso dilemma” dell’ILVA di Taranto, la “scelta tragica” tra salute e lavoro che si vuole imputare ai cittadini della città pugliese. Si tratta di un’impostazione in stile ordoliberista, à la economia sociale di mercato. La Costituzione fonda la Repubblica sul lavoro, non sull’iniziativa economica privata. La trappola salute-lavoro, così come il ricatto “tutela dell’iniziativa economica privata come contrasto alla crisi economica e sociale connessa all’epidemia”, possono essere sventati dall’intervento pubblico, attraverso un’opera di nazionalizzazione e riconversione nel caso dell’ILVA e tramite politiche economiche e sociali adeguate a fronte dell’emergenza correlata al Covid-19. L’autunno e l’inverno 2020: nell’autunno 2020, in parallelo all’aumento dei contagi, vengono adottati nuovi provvedimenti restrittivi attraverso due dpcm nel mese di ottobre 2020. Il primo rafforza l’utilizzo di misure di prevenzione (mascherine anche all’aperto e con persone non conviventi) e introduce nuove limitazioni rispetto agli assembramenti e alle attività di ristorazione. Il secondo riprende e modifica in parte il precedente dpcm introducendo nuove restrizioni in relazione alle attività sportive e alla ristorazione → ricorso alla dad, chiusura dei locali alle ore 21 (problematica che ha fatto sorgere polemiche anche tra i sindaci sulla titolarità dell’intervento), distanziamento fisico che si traduce in sociale. Il dpcm del 24 ottobre 2020 dà avvio ad un nuovo lockdown, tuttavia soft. Il d.l 19/2020 costituisce la fonte per provvedimenti che limitano diritti, eterogenei, integrando una violazione sostanziale della riserva di legge. Le attività produttive, industriali e commerciali→ non c’è nessuna chiusura ma solo il richiamo al contenimento della diffusione del virus, fatto salvo da quanto previsto all’art. 1 che stabilisce la chiusura di alcune attività, dispone vincoli specifici per altre (la ristorazione), mentre per altre si limita a richiamare il rispetto delle misure di prevenzione o rinvia alle regioni e province autonome. L’istruzione→rimane in presenza per la scuola dell’infanzia, le scuole secondarie sono in dad. Anche qui si verifica la stessa cosa del lockdown: la cultura, tra cui anche l’istruzione, è sacrificabile. In ragione del diritto alla salute e nel rispetto del principio di ragionevolezza e proporzionalità, ritenere i luoghi di cultura come dotati di un minor valore costituzionale nel bilanciamento è disparità di trattamento. La crescita esponenziale dei contagi e il rischio del collasso del sistema sanitario inducono all’adozione del lockdown a zone (dpcm 3 nov 2020). La differenza rispetto al decreto legge precedente è che la scuola dell’infanzia e la scuola primaria, nonché, a seconda delle zone, il primo grado della scuola secondaria, restano in presenza ma gli istituti di secondo grado vengono chiusi. Il dpcm del 3 dic 2020 conferma l’impianto del precedente: i dati epidemiologici registrano un miglioramento, la diffusione del virus però rimane a livelli preoccupanti. Limitazioni ulteriori alla libertà di circolazione per il periodo delle festività natalizie: la scuola resta ancora chiusa, con la previsione di un ritorno in presenza almeno per il 75% degli studenti a partire dal 7 gen 2021; continuano ad essere sospese le aperture al pubblico di musei e altri luoghi di cultura, così come convegni e congressi in presenza. Il governo Draghi si inserisce senza soluzione di continuità: viene mantenuto il sistema delle zone e il dpcm del 2 marzo 2021 riprende l’impianto del precedente dpcm. Il diritto di riunione e di corteo→ex art 17 Cost. La normativa adottata in sede di emergenza è imprecisa e confusa; la disciplina introdotta distingue in astratto fra tipi di riunioni. Il diritto di riunione inteso come libertà di manifestare in luogo pubblico rivendicazioni, proposte e dissenso. Presidi e cortei sono strumenti imprescindibili per l’espressione dei conflitti che attraversano la società. L’art 17 cost stabilisce che il diritto di riunione in luogo pubblico ha limitazioni che riguardano motivi di sicurezza e di incolumità pubblica. Le limitazioni in questione sono temporanee e devono Il 14 giugno 2021 è stato approvato dal parlamento e dal consiglio il regolamento UE 2021/953 che ha previsto il green pass come modo per agevolare la libera circolazione sicura dei cittadini all’interno dell’Unione durante la pandemia. Esso non dovrebbe costituire presupposto indispensabili quindi per la libera circolazione. è stato anche predisposto che il certificato avrà validità in tutti gli Stati membri e attesterà l’avvenuta vaccinazione. Per quanto riguarda la tutela dei dati è stato disposto che i certificati comprenderanno solo una serie limitata di informazioni, che non dovranno essere conservate nei paesi visitati ma solo dal Paese in cui è stata effettuata la vaccinazione, e dunque verranno controllate solo la validità e l’autenticità del certificato constatando che sia stato rilasciato e firmato. La validità è stata fissata a 12 mesi (1 luglio 2021), per impedire agli stati membri di imporre una quarantena obbligatoria o un test anti covid a coloro che siano in possesso della suddetta certificazione. Il green pass europeo ha dunque una funzione di armonizzazione e di libera circolazione coerente con i valori fondanti dell’Unione. Discontinuità con l’ordinamento italiano→ in Italia il decreto legge 52/2021 ha introdotto il green pass, il decreto è poi stato modificato dal dl 65/2021. Il 6 agosto la certificazione ha introdotto una validità di 9 mesi, mentre l’attestazione di avvenuta guarigione rilasciata dalla struttura ospedaliera avrà una validità di 6 mesi. Nel caso dell'ordinamento italiano il green pass non è atto ad agevolare la libera circolazione e ad evitare quarantene ma assume un contenuto normativo-prescrittivo. Compatibilità della normativa UE 2021/953 e 2021/954 del Parlamento europeo e del consiglio del 24 giugno 2021 e del d.l. 105/2021: - In UE→ da una parte il green pass è atto alla tutela della salute, quale diritto fondamentale della persona e interesse della collettività, dall’altra agevola la libera e sicura circolazione dei cittadini. Nella logica europea il trattamento differenziato tra chi detiene il green pass e chi no è teso ad agevolare la libera circolazione dei cittadini e non a limitarla. Il libero rifiuto delle persone a non vaccinarsi non rappresenta un motivo legittimo per limitare la libertà di circolazione entro i confini europei, dal momento che sussistono forme alternative al vaccino, come i tamponi. - In IT→ il d.l. 105/2021 sembrerebbe conferire al green pass natura di norma cogente ad effetti plurimi di discriminazione e trattamento differenziato. Prima dell’entrata in vigore del green pass, il quadro normativo sembrava porsi in armonia con quello europeo, dal momento che appariva rispettoso del principio fondativo della protezione della dignità delle persone i cui diritti fondamentali devono essere garantiti a ciascuno sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua persona (art 2 Cost) e della tutela della salute quale bene collettivo. In relazione al decreto vi sono diversi problemi di natura giuridica: 1)possibile violazione dell’ordinamento giuridico europeo (il green pass in italia ha una valenza obbligatoria e prescrittiva) 2)presunta violazione del dato costituzionale visto che il green pass assume una forma discriminativa e di trattamento differenziato nei confronti dei soggetti non titolari del green pass. Sulla base degli artt.11 e 117 il decreto legge de quo dovrebbe essere disapplicato dal giudice costituzionale dal momento che il decreto presenta caratteri normativi e/o amministrativi tali da generare trattamenti non proporzionati e differenziati al punto da incidere sulla vita di buona parte della popolazione. La normativa europe riconosce il potere degli stati membri di stabilire limitazioni, che siano proporzionali e non discriminatori, al diritto di circolazione ma occorre che siano circoscritti nel tempo e nello spazio→ in questo caso il d.l 105/2021 ha prorogato lo stato di emergenza a 6 mesi, a dispetto dei 3 mesi fissati dai decreti precedenti. Con l’entrata in vigore del decreto de quo la certificazione diviene il presupposto per adottare trattamenti differenziati in ordine all’utilizzo di determinati servizi e all’accesso in luoghi aperti al pubblico: ne consegue la violazione della libertà personale intesa quale legittimo rifiuto di un trattamento sanitario non obbligatorio per legge e di pratiche invasive come il tampone. Bisogna quindi chiedersi se il green pass sia il giusto strumento per garantire la sicurezza sanitaria dei cittadini e dunque tale da imporre limiti legittimi alla libertà di circolazione. La prova di resistenza per testare la legittimazione giuridica del green pass è costituita dall’assenza di obbligo vaccinale per cui soltanto una legge che imponga la vaccinazione obbligatoria potrebbe costituire valido fondamento giuridico al green pass di tipo prescrittivo. La doverosità, pur presente in Cost, si troverebbe priva di fondamento giuridico costituzionale ed in ogni caso apparirebbe sproporzionata rispetto alle esigenze tese a garantire l'esercizio responsabile di libertà individuali. - [in FR→, il Governo francese ha dunque scelto la via maestra dell’atto legislativo e del dibattito parlamentare per adottare una misura che, al pari di quella italiana, impatta su diritti e libertà fondamentali, mentre l’azione del Governo italiano si è appiattita sulla logica emergenziale del decreto legge, sottraendo ancora una volta al Parlamento il potere di orientare la scelta politica] ***è solo di confronto con il caso italiano*** Obbligo vaccinale—> data la sua assenza, rendere il patentino vaccinale requisito necessario per esercitare il diritto di circolazione o per accedere a determinati servizi comporterebbe di fatto, in violazione dell’art. 32 cost, la scelta tra il vaccinarsi o il sottoporsi a continui tamponi. Ci si deve chiedere se è da ritenersi legittimo e conforme a cost che un dl attribuisca al green pass valore normativo e doverosità giuridica, comprimento un complesso di libertà individuali, in assenza di obbligo vaccinale. No, perchè questo lo può fare solo la legge, nei limiti dell’art.32 Cost: la legge infatti può prevedere l’obbligo di vaccino ma non giustificherebbe né darebbe legittimità ad atti sproporzionati ed irragionevoli che possano determinare ingiustificati trattamenti differenziati ma porre in essere una rete di limitazioni all’esercizio di diritti costituzionalmente garantiti, attraverso provvedimenti, che appaiono, come si è cercato di dimostrare, dalla debole sostenibilità giuridica, determinerebbe un obbligo vaccinale surrettizio. Se bisogna vaccinare tutta la popolazione, occorrerebbe farlo con un indirizzo politico chiaro, ossia con una legge formale, la quale allo stato non sembrerebbe poter resistere ai limiti costituzionali vigenti, in virtù della sperimentalità e delle limitate conoscenze scientifiche circa l’impatto dell'infezione. La legge dovrebbe, in relazione al principio di legalità e alla riserva di legge assoluta, essere centrale nella tutela dei diritti con l’adempimento dei doveri inderogabili, in un quadro basato su eguaglianza e solidarietà. Anche il garante della protezione dei dati personali si è espresso in merito al green pass affermando che soltanto una legge statale può subordinare l’esercizio di determinati diritti o libertà all’esibizione di tale certificazione in quanto contenente molti dati personali soprattutto relativi alla salute. Pone quindi attenzione sul fatto che sia necessaria una verifica sulla proporzionalità dei trattamenti dei dati introdotti dalle certificazioni covid. Il nodo problematico è l’obbligatorietà per vaccini ancora in fase sperimentale di cui non si possono conoscere gli effetti a medio e lungo termine né sul vaccinato che sulla collettività. Il consiglio d’europa ha finora escluso la legittimità dell’obbligo. Allo stato quindi, sulla base delle considerazioni sin qui esposte, non sembrerebbe legittima, in assenza dell’obbligo vaccinale, ed in difformità con il quadro normativo europeo, l’emanazione di un Decreto-legge che attribuisca al certificato verde una dimensione normativa e prescrittiva, tale da generare trattamenti differenziati irragionevoli e sproporzionati. Diritto a non vaccinarsi→ dal 6 agosto si è stati sottoposti a trattamenti differenziati per andare al ristorante al teatro. Il rischio è stato che l’obbligo vaccinale diventasse in modo surrettizio, anche per giustificare il trasferimento di poteri di polizia in capo a soggetti prive di qualifiche: si è creato in questo modo un modello normativo fluido e invasivo, non rispettoso di legalità formale e sostanziale, con poteri difficilmente controllabili, ma soprattutto che mette in forte tensione tutte le garanzie di cui alle libertà individuali. Ne risultano compromesse libertà costituzionali fondamentali e violati principi costituzionali come il principio di eguaglianza, di legalità e della certezza del diritto. Come viene tutelata la salute nel rispetto della Cost, riuscendo a distinguere tra provvedimenti costituzionalmente orientati da provvedimenti che si muovono al di fuori del perimetro costituzionale? Il diritto alla salute del singolo e della collettività deve essere perseguita con provvedimenti che si articolino con equilibrio tra tutela dei diritti ed inderogabilità dei doveri. Il Consiglio d’Europa, nella risoluzione del 27 gennaio 2021, stante l’attuale non obbligatorietà del vaccino ha risolutamente affermato la necessità di assicurare che nessuno venga discriminato per non essersi fatto vaccinare. Se è vero che la suddetta estensione vaccinale è finalizzata al raggiungimento dell'immunità di gregge, non si capisce come quest'ultima possa essere raggiunta senza un'estensione della vaccinazione a popolazioni a noi assai vicine (si pensi, per esempio, alla Tunisia). Vaccino e green pass, impariamo a leggere la Costituzione - Gaetano Azzariti L’articolo si interroga sulla possibilità di estendere l’obbligo vaccinale, quali limitazioni alle libertà individuali produrrebbe per la tutela dell’interesse pubblico alla sanità e alla sicurezza. Il divieto di imporre trattamente sanitari, connesso al principio di poter disporre del proprio corpo è circondato da due limitazioni: il trattamento può essere imposto solo da una legge e che questa deve assicurare sempre il rispetto della persona umana. Il diritto alla salute è sì un fondamentale diritto dell’individuo ma è anche un interesse della collettività, ed è proprio su questo interesse che bisogna ragionare per valutare la legittimità delle misure restrittive. Per quanto riguarda la libertà di circolazione, la nostra Costituzione parla in maniera molto chiara in quanto afferma che circolare è sempre possibile, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza→ da ciò si intende che non si può esercitare un diritto di libertà a scapito di quello di tutti gli altri, perchè le libertà non sono mai assolute, incontrano dei limiti per la salvaguardia di altrui diritti. Di fatti nella Parte I della Costituzione non si parla solo di diritti ma anche di doveri: l’art. 2 richiede alla repubblica un duplice impegno, quello di riconoscere e garantire i diritti inviolabili dell’uomo ma anche di adempiere ai doveri inderogabili di solidarietà politica, economia e sociale. Quindi, fin dove possono spingersi gli obblighi vaccinali? e quali sono i limiti costituzionali dell’intervento statale? è necessario rispettare la riserva di legge ed è da escludere che possano intervenire altri soggetti privati: pertanto la richiesta avanzata in sede confindustriale di lasciare ai datori di lavoro la possibilità di discriminare tra lavoratori vaccinati e no è inammissibile. Inoltre, non può essere una decisione assunta dal solo Governo in carica, il quale non può intervenire in materia di libertà con atti secondari, in caso potrebbe emanare un decreto-legge che dovrà poi essere convertito dal Parlamento, al quale spetta l’ultima parola. Infine l’intervento dello Stato deve essere sorretto da ragionevolezza e proporzionalità. Il green pass e Costituzione- Francesco Pallante si preoccupa di innalzare a fonte legislativa aspetti riconducibili al diritto di istruzione e in generale alla libertà di iniziativa economica privata, ma non usa analoga premura per gli aspetti che riguardano le libertà costituzionali fondamentali. Sulla piano della libertà di circolazione, il provvedimento rimette alle ordinanze del ministero della salute l’individuazione dei casi in cui i certificati versi covid 19 consentono di derogare a divieti di spostamento da e per l’estero o ad obblighi di sottoporsi a misure sanitarie in dipendenza dei medesimi spostamenti → viene rimessa ad un atto amministrativo la possibilità di far venire meno la limitazione di libertà di espatrio prevista dal d.l 19/2020 e specificate all’art 49 del dpcm 2 marzo 2021. Ne deriva una lettura iper formale del principio di legalità tesa a subordinare l'esercizio di una libertà fondamentale a un trattamento sanitario che, nai casi individuati dall’ordinanza ministeriale diventa obbligatorio per quello stesso esercizio. Si tratterebbe di una conseguenza di per sé problematica ove si ritenesse a una fonte di natura amministrativa l’individuazione delle ipotesi in cui è necessario sottoporsi ad un trattamento sanitario che diventa obbligatorio per il godimento di un diritto fondamentale. A questa scissione si coglie una nuova interpretazione del ruolo dei dpcm→ ai dl viene rimessa la disciplina di allentamento delle misure di contenimento, mentre l’applicazione di misure di natura limitativa continua ad essere affidata ai dpcm, per cui tutte le misure che sono volte a limitare le libertà sono approvate dal Presidente del Consiglio e pertanto sono una sua responsabilità. I primi due decreti legge del governo draghi hanno presentato sia elementi di continuità che di discontinuità rispetto alle precedenti tendenze della legislazione di contrasto della pandemia. Alla discontinuità, che ha mosso verso la riduzione del margine discrezionale per l'individuazione dei territori cui applicare i diversi livelli di limitazioni e che ha visto anche un maggiore coinvolgimento delle Regioni, ha fatto eco un utilizzo delle fonti normative piuttosto coerente rispetto all’approccio del precedente esecutivo, soprattutto per quanto riguarda le limitazioni delle libertà costituzionali. Il netto abbandono dei dpcm ha visto l’adozione di disposizioni dal tenore oscuro rispetto alle quali si ricava un tentativo di rivendicazione della centralità del Consiglio dei ministri rispetto ai decreti del suo presidente. Sistema delle fonti e ruolo del parlamento dopo i primi dieci mesi di emergenza sanitaria- Brunelli Sul piano giuridico-costituzionale abbiamo la conferma dello svuotamento dei poteri normativi delle Camere a vantaggio dell’esecutivo, nonchè una situazione confusa nei rapporti tra lo stato e le regioni, che ha aggravato il caos del sistema delle fonti e ha generato ulteriori preoccupazioni sul rispetto di esse. 1)La preoccupazione è inerente soprattutto alla domanda sul rapporto tra stato d’emergenza e stato d’eccezione (la prima è conservativa, la seconda è rinnovativa). In questo contesto non ci troviamo nello schmittiano stato di eccezione, ma in quello di emergenza che perdura nel tempo, che induce le pubbliche autorità all’uso di poteri derogatori, i quali non possono essere specificati tassativamente e preventivamente con tutto ciò che ne consegue in termini di effettiva protezione dei diritti oggetto di restrizione. 2)un’altra questione di particolare rilievo è quella che riguarda la trasformazione in peius del diritto alla salute, ormai ridotto al suo nucleo primigenio e primitivo di assenza di malattia. Se tutto è subordinato a ciò e se l’obiettivo è la salvaguardia della vita e della salute di un numero assai elevato di persone, ne deriva che anche il bilanciamento tra i diritti e gli interessi costituzionali viene sospeso→ il diritto alla salute è ormai il tirano nei confronti delle altre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e protette. Si è insomma instaurata nella fase emergenziale una sorta di gerarchia sostanziale tra i diritti che nega il concetto di bilanciamento. 3)quest’idea che il rispetto del c.d distanziamento sociale determini anche una ritrazione dello spazio pubblico, lo spazio, cioè, dell'uguaglianza tra i cittadini, della partecipazione non deve creare un precedente nel futuro. L’articolo si concentra sulla “fuga di regolamento” a favore di fonti governative atipiche quali i tanto discussi dpcm. Una fuga di regolamento che mette in discussione: 1)il principio di legalità sostanziale e l'istituto della riserva di legge assoluta 2)il necessario intervento parlamentare per circoscrivere le scelte normative del governo 3)il rispetto del giusto procedimento che presiede alla correttezza del rapporto tra fonti primarie fonti secondarie. DPCM: sono strumenti normativi ibridi che uniscono a un carattere normativo un carattere provvedimentale e in alcuni casi di raccomandazione. «sono ovviamente ordinanze, pur se nella forma tipica – per quell’organo – del decreto del Presidente del Consiglio», e la loro legittimazione deriva dal combinato disposto delle norme generali contenute nel Codice della protezione civile (decreto legislativo n. 1 del 2018), che conferiscono il potere di ordinanza in via principale al Presidente del Consiglio (fermo restando che questi «può» avvalersi del Capo del Dipartimento), e da quelle speciali dei decreti-legge succedutisi nel periodo dell’emergenza, ai quali i DPCM danno attuazione. I poteri normativi conferiti al governo sono ampi e scarsamente determinati, a causa della natura stessa dell’emergenza da affrontare. Si tratta quindi del conferimento di un potere normativo in bianco ad un atto subprimario in materie coperte da riserva di legge, in molti casi assoluta. Né il problema possa dirsi risolto con il successivo decreto-legge n. 19, il quale, secondo quanto affermato dal presidente del consiglio nell’informativa svolta al senato il 27 marzo 2020, ha trasferito in fonte di rango primario le misure di contenimento da contagio e ha introdotto una più puntuale regolamentazione dell’iter procedimentale di adozione dei dpcm. La parlamentarizzazione dei dpcm si è poi affinata con la legge di conversione n.35 del 2020 attraverso la previsione che il governo debba illustrare preventivamente alle camere il contenuto dei provvedimenti da adottare. Nonostante il decreto n.19 abbia introdotto novità significative sulla costituzionalità della limitazione dei diritti, restano importanti problematiche: 1)seri dubbi sulla legittimità della sanatoria di misure incostituzionali fortemente limitative di libertà fondamentali 2)viene reso stabile ed ordinario l’uso dei dpcm per tutto il periodo emergenziale 3)il riferimento ai canoni di proporzionalità e adeguatezza non sembra davvero sufficiente ad assicurare un effettivo controllo giurisdizionale dei dpcm. Per quanto riguarda il coinvolgimento delle Camere attraverso il procedimento di “parlamentarizzazione”, si tratta di una soluzione debole ed insufficiente, dal momento che finisce per ridurre il Parlamento al ragno di consulente dell’esecutivo, ridimensionando anche i già compromessi poteri. Parte della dottrina ritiene i dpcm procedimenti extra ordinem per cui è riemersa la tesi, di tipo garantista, della necessità come fonte autonoma del diritto ossia bisogna valutare la ragionevolezza, la congruità delle misure e il rispetto del tempo rispetto al fine perseguito. la teoria garantista garantisce appunto che una volta chiusa la causa scatenante di questi procedimenti, non si crea nessun precedente. Ma la via maestra da perseguire è quella della puntualità, temporaneità e delimitazione dei poteri non ordinari. Questa varrebbe anche per i poteri normativi: secondo la sentenza 15/1982 l’emergenza è una condizione certamente anomala e grave, ma anche essenzialmente temporanea, sottoposta alla regolazione di Parlamento e Governo, che hanno il diritto-dovere di intervenire adottando un’apposita legislazione, che comunque rimane sotto le regole della riserva di legge. Dal rapporto sulla legislazione, la vicenda dell’emergenza sanitaria ha fatto emergere un paradosso insito nello strumento del decreto-legge che sembra non aver mostrato la necessaria flessibilità per affrontare quelle emergenze per cui i padri costituenti lo avevano disciplinato nell’articolo 77. Così a prevalere è stato il dpcm, insieme alle ordinanze delle regioni. Al punto che la dottrina ha ipotizzato un procedimento di conversione del decreto legge differente in casi di emergenza e di eccezione. Una sorta di distinzione implicita tra i vari decreti-legge: quelli fondati sulla straordinaria ed urgente necessità di provvedere e gli altri che sono soltanto disegni di legge governativi ad iniziativa rafforzata. Tuttavia, i controlli giurisdizionali risultano poco agevoli in situazioni di emergenza, inducendo a sottolineare l’importanza dei controlli politici, in primis quelli del Parlamento: 1)dall’inizio della pandemia, le Camere sono state relegate al ruolo di consulenza del governo 2)la circostanza è aggravata dagli inevitabili problemi di funzionamento legati al diffondersi del virus, ai quali si sono date fino ad oggi risposte di tipo empirico, dando vita ad un diritto parlamentare di emergenza, temporaneo e condiviso 3)nel periodo di emergenza è continuato in forma più grave il processo di deterioramento della qualità della legislazione e degli equilibri del sistema delle fonti. Certificazioni verdi Covid-19 e obbligo vaccinale: appunti di legittimità costituzionale- Rigano é giusto introdurre un obbligo vaccinale, generalizzato o per specifiche categorie soggettive, contro il sars coV 2? Una premessa: il giurista costituzionalista si interessa a quali voci della pubblica opinione siano funzionale per misurare il consenso popolare in ordine a un dato argomento. Lo studioso del diritto costituzionale è attratto dalle scelte politiche nel momento in cui esse vengono trasfuse in atti normativi. Si tratta di analizzare il testo dell’atto prodotto con la lente dei principi costituzionali per valutare se la traduzione normativa della scelta politica operata a monte sia conforme alla costituzione e alle sue disposizioni. Da qui la domanda: è costituzionalmente legittimo calibrare lo spazio di libertà dei cittadini a seconda del possesso o meno delle certificazioni verdi? In un settore come la sanità il sapere scientifico e le condizioni esistenti in un dato momento storico fissano un limite alla discrezionalità politica. Quindi, sopra le basi gettate dalla scienza mediante l’applicazione del rigoroso metodo scientifico, la politica ha costruito le proprie scelte politiche contingenti. E vi ha provveduto predisponendo con i d.l del 23 luglio 2021 n.105 e 6 agosto n.111 un meccanismo normativo basato su una prescrizione condizionale: se si è muniti di una delle certificazioni verdi covid 19, allora si può accedere o si può farlo con talune modalità a determinati servizi e attività. Differenti sono, del pari, le libertà e i diritti costituzionali incisi: dalla libertà di circolazione alla libertà di riunione; dal diritto al lavoro al diritto allo studio. Impostando l’indagine sul modulo tipico del sindacato di costituzionalità, diviene immediato porre a confronto oggetto (ipotetico) e parametro (ipotetico), al fine di valutarne la relazione sull’asse della legittimità costituzionale. Mentre l’oggetto (ipotetico) è facilmente isolabile nelle disposizioni che introducono il meccanismo di cui si è detto, maggiori difficoltà si frappongono sul fronte del parametro (ipotetico). Nel bilanciamento operato in astratto dal legislatore sono confluite fondamentalmente due disposizioni costituzionali: da un lato l’articolo 16 della Costituzione (Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza. Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche) e dall’altro l’articolo 32 Cost. (La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge). La libertà di circolazione si mostra il filo conduttore della gran parte delle estrinsecazioni materiali della persona su cui agiscono i decreti: una sorta di libertà interposta tra la persona e il concreto Sotto l’aspetto sostanziale, discutibile è l’indicazione e l’applicazione pratica di alcune categorie cui riconoscere la precedenza, individuate nel personale sanitario, nelle forze di polizia e negli insegnanti. In pratica ha finito per avere la precedenza il personale amministrativo delle università che generalmente svolge servizio dalla propria abitazione e quindi senza alcun contatto con altre persone, e che è anche molto giovane. Il numero limitato di vaccini disponibili è stata presumibilmente una delle ragioni per le quali il problema della obbligatorietà del vaccino anti covid 19, almeno in un primo momento, è apparso per niente praticabile e la scelta quindi è stata nel senso di una raccomandazione. Comunque l’obbligatorietà del vaccino non credo avrebbe potuto porre problemi di costituzionalità a fronte della situazione epidemiologica presente nel nostro paese. Si pensi al decreto Lorenzin del 2017 che aveva imposto l’obbligo per i minori di vaccinarsi contro il morbillo, in presenza di una situazione che aveva fatto registrare 4 morti. Sul punto il Comitato nazionale per la bioetica nel 2020 ha espresso una duplice raccomandazione: 1)nessuno deve subire un trattamento sanitario 2)dove non vi fosse il senso di responsabilità individuale e le condizioni socio-sanitarie lo richiedessero, non deve essere esclusa la possibilità di un obbligo vaccinale, specie per gruppi professionali. Nel giudicare sulla costituzionalità del decreto Lorenzin, la Corte Costituzionale ha sostenuto che la decisione se rendere un vaccino obbligatorio chiama in causa anche il principio di eguaglianza, deve derivare dalla valutazione di dati scientifici e richiede necessariamente misure omogenee per tutto il territorio nazionale. Prima delle ragioni giuridiche, il legislatore statale deve tener conto di queste ragioni logiche, fissando una disciplina e le relative funzioni. La corte, per quanto riguarda l’obbligatorietà dei vaccini, ha rilevato come il contemperamento di molteplici principi lascia spazio alla discrezionalità del legislatore, potendo selezionare sia la tecnica della raccomandazione sia quella dell’obbligo. Questa discrezionalità deve essere esercitata alla luce delle diverse condizioni sanitarie ed epidemiologiche. La Corte ha quindi nuovamente sottolineato l’importanza che vengono ad assumere per le scelte del legislatore in materia di vaccinazioni i risultati espressi dalla ricerca scientifica. Obbligo del legislatore è dimostrare di tenerne conto, nella sua attività di bilanciamento che conduce alla scelta legislativa. I motivi per cui non è stato imposto l’obbligo di vaccinarsi sono diversi: 1)la mancanza di vaccini per tutti (l’articolo è stato pubblicato nel 2021) 2)la necessità, data l’obbligatorietà del trattamento sanitario come extrema ratio desumibile dai principi costituzionali, di procedere prima con il metodo della persuasione e ricorrere all’obbligo solo in caso che il primo non abbia funzionato. 3)la volontà di sottrarsi ad una responsabilità per danni derivanti dall’applicazione del vaccino e ad una serie di condanne al pagamento di un equo indennizzo, dal momento che questo è previsto solo in casi di vaccinazione obbligatoria e non solo raccomandata. La ragione maggiormente valorizzata fa riferimento alle modalità attraverso le quali è stata approvata la messa in commercio del vaccino, dalle quali deriverebbe una scarsa affidabilità del medesimo che sconsiglierebbe la sua generalizzata imposizione attraverso un obbligo. La commercializzazione di un vaccino, in base alla normativa vigente nell’Ue, passa attraverso una raccomandazione da parte dell’Ema che valuta la sicurezza, l’efficacia e la qualità del vaccino, sulla cui base la Commissione europea può procedere ad autorizzare la commercializzazione sul mercato dell’Ue, dopo aver consultato gli stati membri che devono esprimersi favorevolmente a maggioranza qualificata. La normativa Ue prevede uno strumento normativo specifico, la procedure di autorizzazione all’immissione in commercio condizionata è specificatamente concepita per consentire un’autorizzazione il più rapidamente possibile, non appena siano disponibili dati sufficienti, pur fornendo un solido quadro per la sicurezza, le garanzie e i controllo post autorizzazione. Tutti gli stati membri dell’Ue hanno formalmente sottoscritto la strategia sui vaccini proposta dalla Commissione, convenendo congiuntamente di applicare la procedure di autorizzazione all’immissione in commercio condizionata attraverso l’Ema per i vaccini anti covid. La procedura di immissione in commercio condizionata è stata da alcuni ritenuta un tipo di accertamento sommario e provvisorio. La scarsa sicurezza del vaccino che imp Diritto e barbarie Cap.1 “sapienza politica” Giambattista Vico→ per immaginare il futuro bisogna guardare alle origini, al “cominciamento” delle cose, poiché è nella genesi che tutte le conoscenze e le arti trovano i loro principi. Vico propone un metodo genetico di interpretazione che esamina le radici per dare senso alle cose e fornire una prospettiva alla storia dell’umanità. Ci invita ad esercitare il nostro spirito creativo, immaginando anche quello che non è presente senza farsi ammutolire dalle leggi della storia e da una filosofia deterministica, ma sviluppando un’analisi realistica basata sulle trasformazioni che operano nel tempo, le sue diverse fasi, alla ricerca delle leggi universali del mutamento storico. Le ragioni del progresso, così come quelle del regresso, dipendono dal modo in cui si sviluppano in concreto i rapporti sociali. La decadenza che porterà al regresso è sempre immanente. Com’è nata l’Europa politica? Mentre il mondo veniva scosso dalla dittatura e dalla guerra, si riunivano a Ventotene intellettuali che cercavano di dare un ordine all’europa con l’intento di porre fine all’orrore della guerra per ritrovare una prospettiva politica. Il Manifesto di rinascita è stato immaginato nel momento in cui l’umanità aveva toccato il punto più basso. Si immaginava un progetto come risposta alla crisi della civiltà moderna, che ambiva a tenere indissolubilmente unite le dimensioni istituzionali e sociali. L’idea era quella di un movimento di federalisti europei che desse non solo forma all’Europa ma che garantisse l’unità europea attraverso la riforma della società. Gli stessi fautori del progetto non furono però in grado di porre le basi concrete e anche i loro potenziali alleati non vollero accettare la sfida di una rivoluzione europea per rispondere alle esigenze, ovviamente socialiste, che come principio avesse l’emancipazione delle classi lavoratrici e la realizzazione per esse di condizioni più umane di vita. Il progetto doveva essere il richiamo per tutti coloro che, avendo criticato il vecchio e avendo lottato per il suo superamento, ora dovevano cambiare se stessi per realizzare una nuova pratica di convivenza sociale, nuovi rapporti entro una polis europea. Ma così non avvenne dal momento che i fautori di una nuova europa si isolarono, i partiti svilupparono politiche sempre più lontane dalla dimensione sovranazionale.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved