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Pignoramento e Espropriazione: Principi e Regole, Sintesi del corso di Diritto Processuale Civile

Il processo di pignoramento e espropriazione, compresi i principi sottogiacenti, le attività esecutive necessarie e le limitazioni. Viene inoltre discusso il ruolo dei creditori privilegiati e chirografari, nonché l'acquisto a titolo derivativo.

Tipologia: Sintesi del corso

2023/2024

Caricato il 03/02/2024

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Scarica Pignoramento e Espropriazione: Principi e Regole e più Sintesi del corso in PDF di Diritto Processuale Civile solo su Docsity! CAPITOLOLII IL PROCEDIMENTO PER CONVALIDA DI LICENZA O SFRATTO 1. I presupposti di ammissibilità Il procedimento per convalida di licenza o sfratto presenta forti differenze di struttura rispetto al processo di cognizione; esso mira a consentire al locatore o concedente di affitto di procurarsi velocemente un titolo esecutivo per il rilascio. La sua disciplina è dettata dagli artt. 657-669, collocati nel libro IV del codice, intitolato “procedimenti speciali”. Con il procedimento di convalida si esercita la tutela del diritto alla restituzione di un bene immobile concesso in locazione, affitto a coltivatore oppure conferito (es. mezzadria); è anche applicabile in caso di affitto d’azienda. Il procedimento speciale non è imposto in via esclusiva, poiché spetta all’attore in base a d insindacabili valutazioni di opportunità sceglierlo. L’attore può quindi intimare al convenuto: a) licenza per finita locazione: quando il rapporto di locazione è ancora in corso ma l’attore vuole ottenere in anticipo un titolo esecutivo da far valere quando il contratto sarà scaduto (cd. condanna in futuro); b) sfratto per finita locazione: il contratto è già scaduto e si mira ad ottenere un titolo immediatamente esecutivo; c) sfratto per morosità: il convenuto non ha corrisposto il canone alla scadenza pattuito: se il conduttore ritarda di 20 giorni al pagamento di canone ed oneri accessori il locatore può intimare lo sfratto; può anche chiedere che il giudice pronunci decreto ingiuntivo per il pagamento dei canoni. 2. Il procedimento. Forma ed effetti della domanda A differenza di quanto visto nel rito monitorio il contraddittorio è imposto fin dall’origine e la domanda si propone con citazione. Tale citazione deve contenere l’indicazione che, se il convenuto non compare o non si oppone, il giudice convalida la licenza o lo sfratto. La competenza appartiene al tribunale ed il foro inderogabile è quello del luogo in cui si trova la cosa locata. Carattere sostanziale riveste l’intimazione, quale atto di volontà inteso a risolvere il contratto. Carattere processuale riveste invece la contestuale domanda di rilascio in forma di citazione, con la quale si chiede di convalidare gli effetti dell’intimazione e munire di esecutività l’ordine di rilascio. La citazione va notificata al destinatario dell’intimazione. Dal comportamento delle parti nel procedimento scaturiscono precisi effetti e l’assenza dell’intimato giustifica l’emissione di un provvedimento. La legge quindi accentua le cautele per evitare il rischio delle conseguenze sul destinatario ignaro dei rischi dell’assenza. In ordine a ciò, la citazione va notificata al domicilio reale e non a quello eletto e, qualora non sia possibile, l’UG lo avvisa con raccomandata dell’avvenuta notifica. Il giudice ha il potere di ordinare la rinnovazione della notifica e non è necessariamente condizionato dal riscontro della nullità del procedimento. Il contraddittorio è garantito (a differenza di quanto avviene nel procedimento monitorio). 2.1 La fase sommaria La prima ipotesi è quella dell’intimante che non compare all’udienza; in tal caso cessano gli effetti processuali della citazione e viene meno la pendenza del procedimento. Se invece è l’intimato a non comparire o, pur comparendo, non contesta la domanda, lo sfratto o la licenza sono convalidati con ordinanza. Nell’ipotesi in cui lo sfratto è stato intimato per morosità, il locatore deve attestare che la morosità persiste e che i canoni non siano comunque stati pagati nel lasso di tempo tra la notifica e l’udienza. Il legislatore preferisce non privare il convenuto del bene se egli ha comunque pagato. Prima di emettere ordinanza, il giudice deve verificare che la notifica non sia nulla; la rinnovazione va inoltrata anche in assenza di nullità se appare probabile che l’intimato non abbia avuto conoscenza o comunque non abbia potuto opporvisi per caso fortuito. La rinnovazione si accompagna alla fissazione di una nuova udienza, prima della quale non si verifica nessuna conseguenza negativa. In ogni caso è esperibile lo strumento dell’opposizione tardiva, allegando i motivi che gli hanno impedito di conoscere o comparire all’udienza di cui era a conoscenza. 2.2 L’opposizione dell’intimato ed il conseguente passaggio del procedimento speciale al giudizio a cognizione piena. La condanna con riserva Accade spesso che l'intimato si presenti in udienza e si opponga all’emissione di ordinanza, denunciando l’assenza dei suoi presupposti (es. la morosità non c’è o è stata sanata). La legge prevede in tal caso la conversione ex lege del procedimento speciale in un procedimento a cognizione piena che assume le forme di rito del lavoro. Se però all’udienza per convalida il convenuto si è difeso allegando eccezioni non fondate su prova scritta il giudice, su richiesta dell’attore se non ricorrono gravi motivi in contrario, non potrà limitarsi ad ordinare il mutamento del rito, ma dovrà farlo precedere da ordinanza di rilascio dell’immobile, non impugnabile ed immediatamente esecutiva. L’ordinanza mira ad evitare il blocco del rilascio immediato dell’immobile: non va però confusa con l’ordinanza di convalida, in quanto si tratta di un provvedimento meramente interlocutorio destinato ad essere sostituito dalla sentenza; l’ordinanza di convalida invece è un provvedimento definitivo che chiude il processo. 3. L’efficacia dell’ordinanza di convalida ed il suo regime di impugnazione. L’opposizione tardiva L’ordinanza che convalida la licenza o lo sfratto funge anzitutto da titolo esecutivo per il rilascio; nei suoi confronti non sono previste impugnazioni, quindi la si deve considerare stabile e definitiva fin dalla sua pronuncia. Stabilità e definitività dell’ordinanza sono tuttavia strettamente legate al presupposto della non contestazione volontaria; per questo, in caso di irregolarità della notifica, caso fortuito o forza maggiore, è ammessa l’opposizione tardiva, che apre un normale giudizio a cognizione piena. Con l’intervento della Corte Costituzionale è inoltre ammessa la revocazione per errore di fatto, nonostante il riferimento letterale sia solo alle sentenze. Un diritto non si può forzatamente eseguire se la sua esistenza non si fonda su elementi obiettivi, in quanto si tratta di produrre mutamenti su situazioni di fatto, con atti autoritativi e modificazioni tangibili della realtà. L’elemento oggettivo richiesto è il titolo esecutivo: avere il titolo esecutivo significa essere investito della facoltà di ricevere la tutela esecutiva dagli appositi organi, con diritto di procedere ad esecuzione forzata (condizione necessaria e sufficiente). In concreto il titolo è rappresentato dal documento, in quanto l’esecuzione non può avere luogo che in virtù di titolo esecutivo per diritto certo, liquido ed esigibile, determinato nel suo preciso ammontare. Talvolta il titolo esecutivo può contenere un credito non ancora eseguibile, cd. sussidiario: in tal caso diventerebbe esigibile solo dopo l’escussione da altro debitore; in alcuni casi l’efficacia del titolo può essere subordinata al versamento di cauzione. I titoli esecutivi sono le sentenze e altri provvedimenti con efficacia esecutiva attribuita dalla legge, le scritture private autenticate, cambiali, titoli di credito nonché atti ricevuti da notaio o pubblico ufficiale. Questa elencazione permette di distinguere i titoli esecutivi giudiziali da quelli stragiudiziali. Altre figure di titolo esecutivo stragiudiziale sono ad esempio atti di autorità non giudiziali esplicitamente individuati dalla legge (es. titoli di formazione amministrativa, verbali di mediazione). L’esecutato può contestare il titolo. Mentre rispetto ai titoli stragiudiziali egli potrà utilizzare tutte le opportune eccezioni, per quelli giudiziali saranno escluse quelle che doveva far valere nel procedimento che ha portato alla formazione del titolo stesso. 3. Successioni nel titolo Oltre alla parte a favore di cui fu pronunciato il provvedimento, il titolo esecutivo può essere rilasciato ai suoi successori. L’evenienza del falso successore può essere combattuta ad iniziativo dell’esecutato. La successione dal lato passivo può essere contestata con opposizione all’esecuzione. 4. Il precetto. La notificazione del titolo e del precetto L’esecuzione forzata deve essere preceduta dalla notificazione del titolo in copia attestata conforme all’originale e del precetto. Deve essere fatta alla parte personalmente. Il precetto è un atto che trae il suo contenuto dal titolo ma ne resta distinto. Si tratta di un intimazione ad adempiere in un termine non inferiore a dieci giorni; l’efficacia del precetto ha un termine di scadenza di 90 giorni se non si inizia l’esecuzione. In caso di obbligazione pecuniaria il precetto contiene l’indicazione della somma effettivamente richiesta e può essere superiore a quella contenuta nel titolo in quanto comprende anche gli interessi maturati nel frattempo e le spese del processo esecutivo anticipate. Il precetto deve contenere, a pena di nullità, le parti e la trascrizione del titolo quando è richiesta dalla legge, nonché residenza o elezione di domicilio della parte istante, con avvertimento che si potrà ricorrere ad organo di composizione per il sovraindebitamento. Non si tratta di condizioni di validità dell’atto, ma servono a fissare il giudice territorialmente competente al quale proporre le eccezioni; è competente il giudice dell’esecuzione, ma in assenza di indicazione su residenza o domicilio del precettante, le opposizioni vanno proposte nel luogo di notifica. CAPITOLO LV L’ESECUZIONE PER ESPROPRIAZIONE 1. L’espropriazione Il processo esecutivo assume forme diverse a seconda del tipo di obbligo da soddisfare. L’esecuzione di obblighi di fare e dare dà luogo all’esecuzione in forma specifica, mentre quella relativa a crediti pecuniari dà luogo ad espropriazione. Al creditore insoddisfatto, in ogni caso, non è dato il potere di impadronirsi direttamente dei beni del debitore, ma deve procedere ad espropriazione; il diritto non è sul patrimonio del debitore, ma nei confronti degli organi giurisdizionali; il diritto consiste nell’azione esecutiva a carattere espropriativo, che ha carattere composito: in primo luogo si individua il blocco dei cespiti utili nel patrimonio dei debitori (pignoramento), poi liquidati (vendita forzata) ed attribuiti all’avente diritto (distribuzione). Attraverso l’espropriazione vengono modificati ed estinti diritti del debitore e allo stesso tempo compressi diritti di terzi. Sono espropriabili anche i crediti ed altri diritti a contenuto obbligatorio (es. espropriazione contro il terzo proprietario, titoli). 2. Il giudice dell’esecuzione ed i suoi provvedimenti L’organo dotato di maggiore visibilità nel procedimento esecutivo è l’ufficiale giudiziario, che effettua le notifiche e pone fisicamente in essere il pignoramento. Accanto a questa figura troviamo il cancelliere e il giudice. L’art. 484 definisce quest’ultimo come giudice dell’esecuzione, nominato dal presidente del tribunale. La competenza esclusiva è del tribunale, il giudice di pace non ha alcuna competenza esecutiva. Mentre il tribunale territorialmente competente sull’esecuzione è il foro dell’esecuzione, con giudice dell’esecuzione si designa il magistrato specificamente designato per curare e dirigere l’esecuzione in corso. A lui si applicano le norme sulle funzioni del giudice istruttore (immutabilità delle funzioni e direzione). Le domande si propongono oralmente in udienza e con ricorso da depositarsi in cancelleria. I provvedimenti del giudice dell’esecuzione sono normalmente dati con ordinanza che può essere modificata o revocata fin quando non abbia avuto esecuzione. Il giudice dell’esecuzione ha funzioni cognitive (seppur incidentali e sommarie); funzioni direttamente espropriative (potere di trasferire il diritto da un soggetto ad altro); funzioni satisfattorie. I provvedimenti del giudice dell’esecuzione sono ricondotti al genus degli atti esecutivi e contro di essi è ammessa l’opposizione agli atti esecutivi. Il potere del giudice di revocare i propri provvedimenti concorre con la possibilità dell’opposizione con due precisazioni: - la proposizione dell’opposizione è soggetta a termine di decadenza, ma il potere di revoca sopravvive; - il provvedimento non è revocabile o modificabile quando sia stato già eseguito. 3. Il contraddittorio delle parti Nel capo dedicato all’espropriazione forzata è inserita anche la norma sull’audizione delle parti (485) che mitiga la natura tendenzialmente unilaterale dell’esecuzione, considerando contraddittorio e parità delle armi principi propri di tutta la tutela giurisdizionale. Nel procedimento esecutivo il contraddittorio, tuttavia, non è formalizzato in rigorosi e predeterminati adempimenti, ma può manifestarsi nelle modalità più adatte alla controversia. 4. Il cumulo dei mezzi di espropriazione Il creditore ha il diritto di valersi cumulativamente dei diversi mezzi di espropriazione forzata (483). Il diritto di agire in esecuzione forzata non si estingue prima della piena soddisfazione del credito contemplato, onde il creditore, in forza del medesimo titolo e contro lo stesso debitore può aggredirne il patrimonio con diversi strumenti, ad esempio: - più espropriazioni eterogenee; - successive espropriazioni omogenee (diversi pignoramenti contro diversi beni); - più pignoramenti allo stesso bene in momenti successivi. Deve quindi escludersi la disciplina della litispendenza; tuttavia il giudice dell’esecuzione con ordinanza non impugnabile può limitare l’espropriazione al mezzo che il creditore sceglie o, in mancanza, a quello che il giudice determina (mitigazione dell’eccessività). CAPITOLO LVI GLI EFFETTI DEL PIGNORAMENTO 1. Il vincolo pignoratizio: l’inopponibilità e i suoi limiti. La disciplina degli effetti del pignoramento è contenuta nel codice civile agli artt. 2913 e seguenti. La legge riconnette all’atto di pignoramento conseguenze immediate volte ad evitare che nel frattempo i creditori subiscano il pregiudizio di occultamenti, sottrazioni e distruzioni; il rimedio si concretizza nell’inopponibilità relativa al creditore procedente e a quelli intervenuti rispetto ad atti di disposizione. Gli atti di alienazione non hanno dunque effetto in pregiudizio del creditore procedente e neppure nei confronti di quelli intervenuti successivamente. L’inopponibilità conseguente al pignoramento non si estende agli atti di trasferimento di beni mobili non iscritti in pubblici registri quando l’acquirente ne abbia conseguito il possesso in buona fede. 2. Estensioni dell’inopponibilità: alienazioni anteriori al pignoramento Ci sono dei casi in cui anche atti di disposizione anteriori al pignoramento possono risultare inoppobilili. Restano infatti inopponibili: - le alienazioni di immobili o mobili in pubblici registri trascritti successivamente al pignoramento; - le cessioni di crediti notificate al ceduto o accettate successivamente al pignoramento; - le alienazioni di universalità prive di data certa; e collocate presso il debitore sono considerate pignorate. Nella vicenda del pignoramento, accanto all’intimazione, si inserisce la dichiarazione del debitore, che vale ad individuare l’oggetto e a produrre il vincolo pignoratizio (per l’intanto il vincolo pignoratizio si attua so cose meramente evocate). A seguito della dichiarazione i beni si considerano pignorati, ma è necessario considerare tale vincolo come bisognoso di conferma: la mancata individuazione ed acquisizione del bene lo rende privo di senso. In ogni caso il debitore viene responsabilizzato ed invitato alla collaborazione attiva, penalmente sanzionata. Delle sue dichiarazioni è redatto processo verbale che sottoscrive; egli è inoltre nominato custode oggetto di dichiarazione e l’ufficiale giudiziario accede al luogo in cui si trovano. 5. La dilatazione del pignoramento: dai singoli cespiti all’indagine patrimoniale Il compendio pignorato può rivelarsi poi insufficiente. In tal caso il creditore chiede all’u.g. di procedere a stimolare la dichiarazione del debitore -> estensione del pignoramento: altri beni vengono sottoposti al vincolo dello stesso pignoramento. L’attenzione si sposta quindi da singoli cespiti al patrimonio. L’UG se il debitore è imprenditore commerciale, lo invita ad indicare il luogo in cui sono tenute le scritture contabili e nomina un professionista per il loro esame al fine di individuare cose e crediti pignorabili. L’art. 492 bis riguarda la ricerca in modalità telematica di beni da pignorare. L’istanza di procedere a ricerca con tali modalità viene presentata direttamente all’UG dal creditore che ha notificato il titolo esecutivo e il precetto. Tale istanza consente di acquisire tutte le informazioni rilevanti per individuare cose e crediti da sottoporre ad esecuzione. L’UG può esercitare vari ed incisivi poteri: se le cose si trovano nel suo territorio di competenza accede ai luoghi e provvede d’ufficio agli adempimenti. Il mancato rinvenimento di una cosa riscontrata tramite l’accesso alla banca dati permette all’UG di intimare al debitore di indicare entro 15 giorni dove si trova. Il termine di efficacia del precetto resta sospeso per tutta la procedura, fino alla comunicazione dell’UG di non aver eseguito la ricerca per mancanza di presupposti. La sospensione decorre dalla proposizione dell’istanza. Ragioni d’urgenza possono spingere il creditore a presentare l’istanza prima del precetto o prima del decorso del termine. 6. Vicende successive al pignoramento: conversione Una volta compiuto il pignoramento può subire varie vicende. L’atto deve contenere l’espresso avvertimento della possibilità di domandare la conversione del pignoramento, ovvero la sostituzione dell’oggetto con una somma di denaro, con conseguente liberazione del bene. Unitamente all’istanza, l’esecutato deve versare una somma non inferiore ad un sesto dell’importo del credito. La somma da sostituire è determinata con ordinanza nel contraddittorio tra le parti; il giudice in un secondo momento dispone la liberazione del bene e la sostituzione con denaro. Quando riguarda beni immobili o cose mobili, il versamento può essere rateizzato per giustificati motivi entro massimo 48 mesi. Ogni sei mesi il giudice provvede al pagamento al creditore. Se però il debitore omette il versamento o ritarda di 30 giorni il versamento di una rata, le somme versate formano parte dei beni pignorati e il giudice dispone senza indugio la vendita dei beni. L’istanza di conversione può essere avanzata una sola volta, a pena di inammissibilità. L’istanza deve comunque fare i conti con lo svolgimento fisiologico della procedura esecutiva, infatti diventa improcedibile dopo l’aggiudicazione provvisoria o l’assegnazione. 6.1 Riduzione Art. 496 sentiti il creditore pignorante e quelli intervenuti, il giudice può disporre la riduzione o il pignoramento. Si tratta della manifestazione del diritto del debitore a subire un’esecuzione proporzionata al proprio debito e ci si può pervenire su istanza o d’ufficio. Ciò avviene quando l’entità dei beni pignorati appare eccessiva rispetto alle esigenze obiettive del creditore. I beni liberati con la riduzione ritornano alla libera disponibilità dell’esecutato. Per poter avere riduzione, il valore dei beni deve essere superiore al credito del creditore sommato a quello degli intervenuti e delle spese; tradizionalmente si riteneva che la riduzione potesse essere disposta prima dell’udienza di autorizzazione alla vendita. La giurisprudenza più recente però sembra orientata alla riduzione anche prima di tale udienza. Il provvedimento che la dispone è un’ordinanza il cui regime segue le regole generali. Una forma ad hoc di riduzione è prevista per il pignoramento dei crediti: quando la somma dei crediti pignorati superi l’ammontare del credito precettato aumentato del 50%, il debitore ha il potere di chiedere la riduzione proporzionale dei singoli pignoramenti o la dichiarazione di inefficacia di taluno di essi. 6.2 Termine di efficacia Il pignoramento perde efficacia quando dal suo compimento sono trascorsi 45 giorni senza che sia stata chiesta l’assegnazione o la vendita. Al momento di perdita di efficacia del pignoramento è ben possibile che residui un termine utile per il precetto e quindi per dare impulso ad un nuovo pignoramento. Il termine di 45 giorni resta sospeso nel caso di opposizione agli atti esecutivi e riprende a decorrere dal passaggio in giudicato della sentenza di rigetto dell’opposizione. Nell’espropriazione immobiliare il termine decorre dalla trascrizione del pignoramento; nell’espropriazione mobiliare il termine è quello della compilazione del verbale; nell’espropriazione presso terzo il termine decorre dalla notifica al terzo. La giurisprudenza ritiene che l’inefficacia possa essere rilevata d’ufficio e non solo su istanza di parte (dottrina). CAPITOLO LVIII L’INTERVENTO DEI CREDITORI 1. Par condicio creditorum Pur essendo di per sé singolare, l’espropriazione deve coordinarsi nei limiti del proprio diritto con il disposto dell’art. 2741 cc, per cui tutti i creditori hanno uguale diritto di essere soddisfatti sui beni del debitore, salvo cause di legittima prelazione. Con l’intervento assumono rilievo il ruolo di parti di tale procedimento così da soddisfare il proprio credito partecipando a distribuzione con il meccanismo dell’inefficacia delle alienazioni. Di fronte ad un pignoramento già attuato, gli altri creditori possono scegliere la via del pignoramento successivo). 2. Intervento e titolo esecutivo L’art. 449 riserva l’intervento ai possessori di titolo esecutivo ovvero a chi ha comunque credito garantito da pegno o prelazione in pubblici registri, ovvero chi aveva eseguito sequestro o era titolare di credito risultante da scritture contabili. Si tratta di soggetti il cui credito presenta sufficienti caratteristiche di affidabilità e che, non intervenendo, perderebbero la garanzia sul bene a causa dell’effetto purgativo. Gli atti di impulso della procedura esecutiva sono riservati ai creditori titolati, mentre nessun titolo è richiesto per la fase di distribuzione. L’intervento dà diritto a partecipare alla distribuzione della somma ricavata, a partecipare all’espropriazione e a provocare i singoli atti. Ai creditori titolati spetta dunque il potere di compiere atti di impulso (istanza di vendita, di assegnazione, richiesta di distribuzione del ricavato). L’istanza di intervento va depositata prima che sia tenuta l’udienza con cui si dispongono vendita o assegnazione; la forma prescritta il ricorso, ma anche all’udienza stessa con inserzione a verbale. L’istanza deve contenere l’indicazione del credito nonché l’estratto autentico delle medesime scritture. Il creditore pignorante ha alcuni poteri di difesa; ai creditori chirografari intervenuti tempestivamente egli ha facoltà di indicare l’esistenza di altri beni del debitore utilmente pignorabili e invitarli ad estendere il pignoramento o anticipare le spese per l’estensione. Se i creditori non estendono il pignoramento senza giusto motivo, il creditore pignorante ha diritto ad essere a loro preferito. 3. Riconoscimento e contestazione dei crediti degli intervenienti non titolati Il giudice fissa un’udienza di comparizione del debitore e dei creditori intervenuti privi di titolo esecutivo, disponendone la notifica; avrà qui luogo una sorta di interpello del debitore che deve dichiarare quali crediti intenda riconoscere in tutto o in parte specificando la misura. Se il debitore non compare si intendono riconosciuti tutti i crediti oggetto di intervento. Viceversa, i crediti che egli disconosce hanno diritto all’accantonamento delle somme che ad essi spetterebbero alla duplice condizione che ne facciano istanza e dimostrino di aver proposto l’azione necessaria perché nei successivi 30 giorni possano munirsi di titolo esecutivo. La norma statuisce quindi un onere di iniziativa processuale. Il riconoscimento del debitore rileva ai soli effetti dell’esecuzione e non dal punto di vista dell’accertamento del credito, ed inoltre è da ritenere che non impedisca che il credito possa essere in seguito contestato da altri creditori. 4. Creditori privilegiati e creditori chirografari Art. 498 debbono essere avvertiti dell’espropriazione i creditori che sui beni pignorati hanno un diritto di prelazione risultanti da pubblici registri; a tal fine è notificato a ciascuno di essi, a cura del creditore pignorante ed entro 5 giorni dal pignoramento, un avviso contenente l’indicazione del creditore, del credito, del titolo e delle cose pignorate. In mancanza di prova di tale notificazione il giudice non può provvedere 4. Vendita e nullità degli atti esecutivi L’ordinamento pone una clausola generale di chiusura in virtù della quale l’acquisto dell’aggiudicatario viene isolato dalla serie di atti anteriori, le cui eventuali nullità non si comunicano in danno all’acquirente. La nullità degli atti esecutivi che hanno preceduto la vendita o l’assegnazione non ha effetto riguardo all’acquirente o all’assegnatario, salvo il caso di collusione con il creditore procedente. L’esecutato non può dunque chiedere la caducazione degli effetti della vendita adducendo vizi della procedura dell'acquisto: deve trattarsi ovviamente di nullità processuali anteriori al momento in cui inizia la vendita. La proposizione dell’opposizione apre una fase contenziosa che dovrebbe indurre lo stesso giudice a sospendere la vendita allo scopo di rimediare alle nullità. La sede dell’udienza di autorizzazione alla vendita è il momento finale per regolarizzare la procedura, dopodiché nessuna nullità precedente potrà farsi valere. Lo sganciamento della vendita dalla procedura pregressa non funziona nel caso in cui il debitore denunci una collusione tra acquirente e creditore procedente. In tal caso egli potrà attaccare con autonoma azione di cognizione la vendita forzata. I vizi non possono essere fatti valere se non con l’esecuzione agli atti esecutivi. 5. La distribuzione della somma ricavata Si tratta della fase satisfattiva, che presuppone che quella liquidativa (realizzativa) si sia conclusa apportando la somma corrispondente al prezzo della vendita. Non si dà luogo a distribuzione se non si è riusciti a liquidare il bene pignorato. La somma da distribuire è formata da quanto proviene a titolo di prezzo o conguaglio delle cose vendute o assegnate, di rendita o provento dalle cose pignorate, di multa e risarcimento di danno da parte dell’aggiudicatario -> cd. massa attiva. Se vi è solo un creditore il giudice, sentito il debitore, dispone il pagamento di quanto gli spetta per capitale, interessi e spese. Se i creditori sono molteplici, si provvede a distribuzione con piano di riparto. La distribuzione può essere concordata (amichevole) oppure controversa (controversia distributiva). Nell’espropriazione immobiliare invece si prescinde da istanze di parte e il giudice procede d’ufficio. La redazione del piano di ripartizione è normalmente opera del professionista delegato alla vendita e depositata in cancelleria; le parti potranno prenderne visione e discuterne in apposita udienza. La mancata comparizione in udienza o nelle opportune sedi comporta l’approvazione del progetto e le singole quote vengono pagate entro sette giorni. Quando invece sorge controversia distributiva, occorre avere riguardo alle cause di prelazione e previo accantonamento delle somme che spettano ai creditori intervenuti. L’accantonamento è disposto dal giudice dell’esecuzione per il tempo necessario affinché possano munirsi di titolo esecutivo, ma in ogni caso non più di tre anni. Decorso il termine, il giudice dispone la comparizione delle parti, con eccezione di coloro che sono stati già soddisfatti. Graduazione dei crediti: - spese di giustizia (prededuzione); - crediti muniti di prelazione (privilegi speciali, generali, pegno, ipoteca); - chirografari tempestivi; - chirografari tardivi; - residuo consegnato a chi subisce l’espropriazione. I creditori non totalmente soddisfatti conservano integre le loro ragioni sul patrimonio, che potrà nuovamente essere aggredito, perché dalla distribuzione non discendono effetti preclusivi. 6. Le controversie distributive Nel disegno originario del codice, tali controversie assumevano il ruolo di veri e propri episodi autonomi a carattere contenzioso che si concludevano con una sentenza di accertamento. L’attuale formulazione dell’art. 512 impone di rovesciare la prospettiva:il giudice dell’esecuzione provvede con ordinanza; trattazione e decisione sono puri incidenti del processo esecutivo e non esercizio di giurisdizione dichiarativa, senza effetti di ne bis in idem. Con ordinanza il giudice può sospendere la distribuzione della somma ricavata. Sospensione totale: l’eventuale accoglimento incide globalmente sul piano di riparto con effetti per tutti i creditori; sospensione parziale: l’accoglimento tocca solo una parte del ricavato. Tale ordinanza è impugnabile con reclamo cautelare. 7. La domanda di sostituzione I creditori di un creditore avente diritto sulla distribuzione possono chiedere di essere sostituiti a quest’ultimo. Si tratta di una manifestazione dell’azione surrogatoria, intesa come possibilità di proporre direttamente domanda di intervento ancorché il creditore sia rimasto inerte. Se il creditore avente diritto non riconosce il credito di chi pretende di sostituirsi ad esso, il giudice non potrà decidere della questione se non dopo la distribuzione agli altri creditori delle somme loro spettanti. CAPITOLO LX IL PIGNORAMENTO MOBILIARE PRESSO IL DEBITORE E IL PIGNORAMENTO PRESSO TERZI 1. Il pignoramento mobiliare Il pignoramento mobiliare presso il debitore (cd. mobiliare diretto) ha per oggetto i beni mobili del debitore reperibili nella sua sfera d'appartenenza, che lasciano presumere di essere oggetto di un suo diritto reale. Si annovera anche il denaro. All’eventuale errore sulla titolarità risponde il rimedio dell'opposizione del terzo. Il pignoramento mobiliare consiste in un atto dell’UG su istanza anche orale del creditore procedente dietro consegna di titolo esecutivo e precetto. Compiuti i controlli formali, egli ricerca le cose da pignorare nella casa o in altri luoghi a lui appartenenti, nonché sulla persona, se serve con l’ausilio della forza pubblica. Il creditore può partecipare a sue spese. 2. L’appartenenza dei beni al debitore Su ricorso del creditore, il presidente del tribunale può autorizzare con decreto l’UG a pignorare cose che non si trovano in luoghi di appartenenza del debitore. La legge non impone alcun collegamento giuridico tra il debitore ed i luoghi, limitandosi a richiamare una generica idea di appartenenza. I beni mobili possono però trovarsi anche presso terzi. L’UG può sottoporre a pignoramento mobiliare diretto le cose che il terzo possessore consente di esibire, come se l’avesse trovato nella materiale disponibilità del debitore, in mancanza di consenso però si procederà a pignoramento presso terzi. 3. L’individuazione dei beni e l’iscrizione a ruolo del procedimento di espropriazione L’UG redige processo verbale delle sue operazioni dando atto dell’ingiunzione, descrivendo le cose pignorate (anche con foto) e le disposizioni date per conservarle; la data della redazione è quella da cui iniziano a decorrere gli effetti sostanziali e processuali del vincolo. Nel fare ciò, naturalmente occorrerà osservare i limiti di pignorabilità. All’UG è imposto di preferire i beni di maggiore valore e più agevolmente liquidabili, analiticamente descritti. Può avvenire solo nei giorni feriali e negli orari di notificazione, salvo autorizzazione presidenziale. Una volta redatto il verbale di pignoramento, l’UG provvede ad asportare i beni e collocarli nel deposito giudiziario. La circolazione del veicolo pignorato lo espone a sequestro di polizia. Compiute le operazioni, l’ufficiale consegna al creditore il processo verbale, il titolo e il precetto; il creditore ha l’onere di depositare le copie conformi in cancellerie nel termine di 15 giorni dalla consegna. Il cancelliere forma il fascicolo dell’esecuzione. 4. L’espropriazione presso terzi Ha ad oggetto crediti che il debitore vanta presso un terzo (debitor debitoris) oppure cose mobili di sua proprietà detenute da terzi possessori. Si tratta di una procedura più articolata in quanto coinvolge anche un terzo che viene necessariamente attratto nell’esecuzione. 4.1 Pignoramento di cose L’atto consiste nell’ingiunzione al debitore di astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito il bene, con l’indicazione almeno generica della cosa e l’intimazione al terzo di non disporre senza ordine del giudice. Il creditore procedente ha quindi l’onere di individuare i beni del debitore collocati presso terzi. Il pignoramento si considera perfezionato dal momento della dichiarazione e questi è costituito custode. Se il terzo è consenziente, l’UG può pignorare come se avesse trovato l'oggetto nella materiale disponibilità del debitore. 4.2 Pignoramento di crediti Nella garanzia patrimoniale del debitore sono ricompresi anche crediti che il creditore può legittimamente espropriare, come il conto corrente, la retribuzione, le somme dovute per l’avanzamento dei lavori (con attenzione ai crediti impignorabili e a quelli limitatamente pignorabili, come lo stipendio e la pensione). 5. L’accertamento del rapporto esecutato/terzo Si pone l’esigenza di far luce sullo stato effettivo del rapporto tra l’esecutato e il terzo. Si esclude che l’UG possa aggredire direttamente il terzo penetrando nella sua sfera di
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