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Riassunti completi lingua e traduzione tedesca 1, Dispense di Lingua Tedesca

Riassunti dei tre libri in programma ("manuale di storia della lingua tedesca", "la linguistica tedesca", "fatti sulla germania"), integrati con le slide e gli appunti delle lezioni.

Tipologia: Dispense

2020/2021

Caricato il 15/03/2023

MT721
MT721 🇮🇹

4.6

(40)

21 documenti

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Scarica Riassunti completi lingua e traduzione tedesca 1 e più Dispense in PDF di Lingua Tedesca solo su Docsity! MANUALE DI STORIA DELLA LINGUA TEDESCA (Marina Foschi Albert, Marianne Hepp) Al giorno d’oggi, il tedesco è una lingua plurinazionale perché è la lingua ufficiale in più nazioni, ma anche una lingua pluricentrica perché è una lingua con più varietà standard: tedesco di Germania, tedesco austriaco, tedesco svizzero (anche se in svizzera è presente la diglossia, perché accanto al tedesco standard è presente un dialetto ufficiale: lo Schwytzertütsch). La lingua standard è una lingua singola basata sulle norme, generalmente vincolanti, che permettono l’uso della lingua nei vari settori della vita pubblica; queste norme sono codificate all’interno dei dizionari e delle grammatiche. La più importante istituzione linguistica tedesca è la Gesellschaft für deutsche Sprache, GfdS (società per la lingua tedesca); è stata fondata nel 1947 con sede a Wiesbaden (Hessen), è finanziata dallo stato e, ogni anno, elegge la “parola dell’anno”; la società è rappresentata dal suo presidente nel consiglio per l‘ortografia tedesca. In altri paesi, come il Lichtenstein, il Belgio e l’Italia, il tedesco è una lingua ufficiale regionale; mentre, in molti altri stati, è una lingua di minoranza. Possiamo quindi dire che la lingua tedesca, in quanto lingua viva, è una lingua che varia a seconda degli intenti e degli impulsi psicologici individuali e di gruppo degli utenti, ma anche in base a fattori geografici, culturali, religiosi, politici, economici. Le varietà linguistiche (intese come lingue regionali che sono diverse dai dialetti) possono essere diacroniche (in base allo scorrere del tempo), diamesiche (lingua scritta o parlata), diastratiche (in base alla classe sociale), diafasiche (relative alle situazioni comunicative), diatopiche (in base alla località > dialetti). Per questo motivo è più corretto parlare di lingue tedesche. Il tedesco è una lingua indoeuropea, in quanto presenta corrispondenze fonologiche, grammaticali e lessicali con altre lingue, che sono state fatte convergere verso una matrice comune a cui è stato attribuito il nome di “indoeuropeo” perché si tratta di lingue parlate in un’area geografica compresa tra l’India e l’Europa. L’indoeuropeo è una lingua non attestata, ma ricostruita per comparazione filologica attraverso il metodo comparativo-ricostruttivo che analizza le lingue documentate derivanti da una matrice comune non documentata per ricostruirne il sistema linguistico. All’interno del gruppo indoeuropeo, iniziano a delinearsi dei tratti comuni ad un gruppo di lingue definite lingue germaniche; questa fase intermedia viene definita del germanico comune o protogermanico; non si tratta di una lingua attestata, ma di una denominazione convenzionalmente utilizzata per rappresentare l’insieme dei tratti comuni a tutte le lingue germaniche rispetto alle lingue indoeuropee non germaniche; questa fase viene caratterizzata dalla I rotazione consonantica, cioè un’evoluzione dal punto di vista fonetico. A partire dall’VIII secolo d.C. emergono dei documenti che evidenziano delle caratteristiche proprie ad una serie di dialetti germanici, definiti poi tedeschi. Si assiste, quindi, alla II rotazione consonantica, da cui è nato l’alto tedesco antico, cioè il tedesco da cui deriva il tedesco standard di oggi. La storia della lingua tedesca è ricostruita sulla base dei documenti disponibili a partire dall’VIII secolo, visti in una chiave storico-linguistica: le mutazioni linguistiche sono delle evoluzioni, intese come processi di adattamento delle strutture linguistiche alle esigenze comunicative degli utenti. La storia della lingua tedesca è stata suddivisa in 6 fasi, seguendo il modello Grimm-Scherer: Jacob Grimm, padre fondatore degli studi della lingua tedesca, nella sua Deutsche Grammatik (1819) individua tre frasi nella storia della lingua tedesca (alto tedesco antico, medio e moderno); il suo alunno Wilhelm Scherer individua una quarta fase, l’alto tedesco protomoderno, situato tra medio e moderno; al giorno d’oggi, l’alto tedesco moderno è diviso in due fasi, ed è stata aggiunta una quinta fase, il tedesco contemporaneo. Alto Tedesco Antico / Althochdeutsch L’alto tedesco antico si sviluppa in un periodo storico che va dal 750 al 1050 circa. La denominazione Althochdeutsch contiene in sé riferimenti allo sviluppo della lingua:  Alt è un riferimento temporale: primo periodo della lingua tedesca con i primi documenti letterari  Hoch è un riferimento geografico: parte meridionale, alta e montuosa del territorio  Deutsch è un riferimento linguistico: insieme dei dialetti alto tedeschi (franconi, nelle parti medio orientali del regno; alemanni, nelle parti sud occidentali del regno; bavaresi nelle parti sud orientali del regno; longobardi nelle parti transalpine del regno) I dialetti alto tedeschi si distinguono dai dialetti basso tedeschi e dalle altre lingue germaniche grazie ai fenomeni fonetici della II rotazione consonantica. Questo processo si è sviluppato tra il V e l’VIII secolo d.C. interessando la parte centro meridionale del paese, cioè la parte alta e montuosa dove, originariamente, si parlavano l’Oberdeutsch (alemanno, francone superiore, bavarese, longobardo) e il Mitteldeutsch (francone renano, francone centrale), che confluiscono, quindi, nell’alto tedesco antico. Invece, più a nord, il cambiamento si manifestava in maniera sempre meno completa fino a scomparire al di là della linea di Benrath, oltre la quale si parlava il Niederdeutsch (basso sassone, basso francone) che rimane indipendente e autonomo rispetto all’alto tedesco antico. La II rotazione consonantica ha trasformato le occlusive in fricative:  p / b pf / ff (the apple > der Apfel)  t ts / tz / ss (water > das Wasser)  k ch (make / maken > machen)  d t (the day > der Tag) Dal punto di vista storico culturale, tra tutte le stirpi germaniche, i Franchi hanno un ruolo politico decisivo. Inizialmente, nel III secolo, occupavano la regione del basso Reno e successivamente si sono infiltrati pacificamente nella Francia settentrionale e nel Belgio; questa parte occidentale della popolazione si romanizza e apprende il francese antico, mentre i Franchi cisrenani conservano il loro idioma germanico. Divisi dal punto di vista linguistico, erano uniti politicamente dal re merovingio Clodoveo che, dopo la caduta dell’Impero romano d’occidente nel 476, estende il suo territorio sottomettendo le altre popolazioni germaniche (Turingi, Burgundi, Alemanni, Bavaresi, Goti). Nel 687, il potere passa dai Merovingi ai Carolingi con il re Pipino II che ristabilisce l’unità del regno. Il regno dei Franchi, la più importante istituzione politica dell’alto medioevo, raggiunge la sua massima estensione geografica e fioritura culturale sotto Carlo Magno (768-814). Incoronato imperatore da papa Leone III a Roma nella notte di Natale dell’800, Carlo Magno fonda l’impero medievale. In epoca carolingia, la lingua tedesca trova la sua denominazione in contrapposizione al latino, lingua delle persone colte; il nome “deutsch” deriva dalla parola latina “theodiscus” che ha le sue origini nel termine germanico “theudo” (popolo) e da cui è nato l’aggettivo “theodisc” (appartenente al popolo). Per Carlo Magno, la diffusione della teudisca lingua aveva una grande importanza perché permetteva l’affermazione di elementi comuni tra i parlanti delle varie forme linguistiche regionali e la partecipazione delle diverse stirpi germaniche al suo disegno politico, conosciuto come Rinascimento carolingio, cioè un rinascimento culturale che includeva la diffusione della cultura dell’impero romano e l’insegnamento cristiano. Vengono così fondate scuole per la preparazione del clero, destinato a occuparsi dell’educazione cristiana del popolo attraverso la predicazione del Padre Nostro e del Credo; la cultura, quindi, era affidata ai monaci, che lavoravano all’interno dei monasteri e il maggiore centro culturale tedesco dell’epoca era il monastero di Fulda. Il periodo dell’alto tedesco antico, quindi, rappresenta l’epoca di transizione dalla cultura germanica a quella della Roma cristiana. Con la cristianizzazione, inizia l’acquisizione dell’alfabeto latino, dando così vita alla cultura di una lingua scritta, destinata soprattutto alla traduzione dei testi latini nella Volkssprache, affinché i documenti siano compresi da tutto il popolo; tuttavia, questa nuova lingua non aveva alcuna varietà unitaria e i documenti dell’epoca presentavano numerose variazioni linguistiche perché i traduttori e gli amanuensi si spostavano da un monastero all’altro, conservando alcuni tratti della propria lingua tedesca profana, databili intorno al 1150, sono dovute a poeti ecclesiastici. Gli autori sono religiosi che mostrano di capire il nuovo gusto del pubblico dei cavalieri. La letteratura epica classica (cultura letteraria cortese) esprime i nuovi ideali del cavaliere che non è più il soldato valoroso che si distingue in guerra con i suoi atti eroici ma l’uomo guidato dall’etica della ere, dall’amore di Dio. Tra queste opere troviamo un interesse principale per il ciclo epico di re Artù, ma sono state create anche altre opere: il poema epico Nibelungenlied composto da un cavaliere austriaco, e i romanzi cortesi Erec di Hartmann von Aue, Tristan und Isolde di Gottfried von Straußburg, Parzifal di Wolfram von Eschenbach. Altra espressione caratteristica della poesia cortese è la lirica che è rappresentata essenzialmente dal Minnensang (Walther von der Vogelweide compone “Preislied”), la poesia d’amore dedicata alla frouwe, nella quale il poeta vede l’ideale di donna irraggiungibile venerata con malinconia. Il sentimento è unilaterale, rivolto dal cavaliere alla nobile signora e mai corrisposto; inoltre, il nome della donna non è mai espresso per due motivi: la sua condizione di donna coniugata e l’alto rango sociale. La minne è quindi un amore fisico e spirituale allo stesso tempo, che rappresenta una novità rispetto al Medioevo religioso che conosceva solo la caritas, amore per Dio e per il prossimo, e il condannabile amor carnalis. Secondo il costume cortese, solo le donne sposate possono partecipare alla vita di corte e sono esse a risvegliare l’amore della gioventù cavalleresca. Tuttavia, si avverte l’aspetto demoniaco dell’amore. Il nuovo individualismo e la presa di coscienza dell’uomo della propria soggettività si rispecchia nell’espressione linguistica. Gli anni 1220-1250 (cultura letteraria tardocortese) segnano un periodo meno produttivo nello sviluppo della creatività della lingua poetica. L'era di splendore del governo di Federico Barbarossa (morto nel 1990) che costituisce le premesse sociali del periodo cortese classico, è già finito quando vedono la luce i capolavori dell’epoca cortese. Con i discendenti del Barbarossa, il potere imperiale perde progressivamente terreno, in particolare con Federico II e la dinastia degli Hohenstaufen si preoccupa per quasi tutta la durata del suo impero (1138-1254) di salvaguardare la cultura sociale del periodo cortese classico. La poesia cortese della minne e la tematica di re Artù esercitano tuttavia ancora a lungo una forte influenza sulle generazioni successive, anche se gli antichi ideali del periodo cortese (hoher muot, ere, triuwe, zuht) si trasformano in formule vuote, private del significato originario e adattate alla realtà di quel periodo. Il decadere del punto di riferimento culturale comune rappresentato in epoca classica dall’ideologia cavalleresca provoca la perdita dei quell’unità linguistica creatasi a livello di espressione letteraria. In quest’epoca per ottenere una rappresentazione fedele delle azioni umane, si ricorre spesso all’uso di espressioni dialettali, arrestando così lo sviluppo precedentemente avviato verso una variante linguistica unitaria. Invece, l’oralità presente delle testimonianze solo indirette grazie ai termini dialettali presenti dei documenti letterari. Anche se la lingua della chiesa, dell’amministrazione e dell’istruzione era stata per tutta l’epoca quasi esclusivamente il latino, sono proprio le prediche a rappresentare la prima testimonianza scritta dell’oralità. Le prime trascrizioni risalgono al XIII secolo e costituiscono una testimonianza preziosa della lingua tedesca orale, poiché i documenti precedenti riguardano quasi esclusivamente prediche in latino o traduzioni dal latino. Sono soprattutto i domenicani a redigere questa tipologia di testi, la cui lettura era a scopo missionario. I predicatori popolari adeguano la lingua al loro pubblico, includendo il lessico della vita quotidiana, e rivolgendosi ad essi con i pronomi du e ir. La predica raggiunge un pubblico più vasto della letteratura cortese perché il credente di questo periodo è profondamente scosso nelle sue sicurezze dai continui conflitti, spesso sanguinosi, tra i due capi della chiesa, l’imperatore Federico II e il papa Gregorio IX; in particolare, le crociate (la cui partecipazione era considerata dai cavalieri come l’unico modo possibile per servire Dio e la donna amata) divennero il tramite di intrighi politici, gli alti costi della guerra e le grandi perdite umane recarono danni all’agricoltura, molti ministeriali cadono in povertà e diventano briganti che saccheggiano i mercanti in viaggio e la popolazione contadina già ridotta in miseria. Alto Tedesco Protomoderno / Frühneuhochdeutsch Si definisce Alto Tedesco Protomoderno o Frühneuchochdeutsch il periodo storico-linguistico compreso tra il 1350 e il 1650. La definizione si deve a Wilhelm Scherer poiché Grimm individua l’inizio dell’epoca moderna nel 1500 con il tedesco di Lutero, ma riconosce comunque un vuoto tra il tedesco medievale e il tedesco moderno. La lacuna storica di tre secoli si colma nella fase chiamata protomoderna. L’alto tedesco protomoderno si afferma con un modello linguistico unitario per la comunicazione scritta che si presenta come una lingua standard, unitaria, nazionale e scritta. In Germania, l’uso della lingua scritta rimane comunque ancora legata al clero e ad una percentuale della popolazione laica a scopi religiosi e poetici per estendersi successivamente nei ceti borghesi a scopi pragmatici. La lingua inizialmente usata è il latino che venne pian piano sostituito dal volgare. Da qui iniziano a crescere le radici del processo unitario di lingua scritta che inizierà ufficialmente nell’età protomoderna con la pubblicazione di un sistema normativo di regole, il Teutsche Sprachkunst, nel 1641 ad opera di Justus Georg Schottel. In questo processo ha un ruolo fondamentale la Bibbia di Lutero. Negli anni compresi tra il 1350 e il 1650 sono compresi anche dei cambiamenti nell’ambito storico, sociale e culturale dovuti al nuovo assetto politico e sociale, nuovi centri di cultura, invenzioni e scoperte e personalità influenti. Emergono anche numerose varietà scritte e linguaggi settoriali, che subiscono alcune interferenze latine e francesi. Il nuovo assetto sociopolitico della Germania, come conseguenza del declino del potere centrale, è caratterizzato dall’affermarsi delle sovranità territoriali e del potere politico delle città, e dall’espansione territoriale nei territori dell’est tra il XII e il XIII secolo. Il costituirsi delle signorie territoriali segna la nascita di una moderna concezione di stato: lo stato principesco acquista autonomia dal potere centrale e le signorie territoriali si pongono come “stati nello stato”. Il processo di conquista di sovranità territoriale del principe si realizza gradualmente con fasi di sviluppo sancite da documenti ufficiali come le leggi in favore dei principi emanate da Federico II con le quali l’imperatore concede loro privilegi quali autonomia giudiziaria e doganale e diritto di battere la propria moneta. La Bolla d’Oro del 1356, ratificata da Carlo IV, riconosce piena giurisdizione e sovranità dall’autorità centrale ai principi elettori. La pace di Westfalia (firmata al termine della Guerra dei Trent’Anni - 1618/1648) produce l’approvazione di una Dieta dell’impero (assemblea permanente a partire dal 1663) e concede piena sovranità agli stati imperiali, includendo il diritto di stringere alleanze separate purché non siano contro l’imperatore o l’impero. La nascita delle signorie segna il tramonto dell’idea di Impero universale. Massima cura dei principi è il consolidamento del potere interno e una politica di espansione territoriale; il potere dell’imperatore, eletto dai principi elettori ecclesiastici e laici, è limitato ai suoi possessi personali che cerca di estendere e rafforzare. La Germania delle signore territoriali è di fatto una confederazione di stati non soggetta all’autorità imperiale e indipendente da Roma, che prende il nome di Römisches Reich deutscher Nation. Il Reich del 1489 presenta una grande quantità di stati territoriali delle dimensioni ridottissime a cause del continuo processo di frammentazione, mentre gli stati dell’Est, appena annessi appaiono assai più vasti. La struttura statale e sociale dei principati tedeschi è espressione di una cultura tradizionalmente rurale, basata su un’economia autarchica. Lo sviluppo del modello urbano moderno ha i suoi inizi nell’Europa del XII secolo come conseguenza dell’aumento della popolazione e dell’incremento del commercio e dell’artigianato. Le città tedesche derivano da antichi insediamenti romani, dalle residenze di principi, nobili e vescovi, o vengono fondate ex novo in posizioni favorevoli per l’economia e i commerci. Alcune città sono fondate dai principi che ne promuovono lo sviluppo economico mediante la concessione di privilegi municipali (diritto di mercato), diventando così la principale risorsa del principe. In tale contesto di incongruenza storica (città indipendenti dal potere imperiale e signorile = costituzione imperiale articolata su principi gerarchici di tipo feudale) sorgono le leghe cittadine per motivi di carattere politico ed economico (garantire il mantenimento e l’espansione delle vie commerciali); un esempio è la lega anseatica che avrà un ruolo decisivo nella politica internazionale. Dai diritti municipali si sviluppa il reggimento cittadino (tribunali e amministrazioni), con giunte municipali guidate da alti funzionari. Le crescenti esigenze finanziarie dei traffici commerciali portano alla formazione di strutture precapitalistiche nel commercio. Nel XII secolo l’imperatore Lotario di Supplimburgo, mosso da considerazioni di ordine politico e da intenti missionari, insedia nei territori orientali feudatari tedeschi, dando il primo impulso al movimento di colonizzazione. Lo stanziamento dei coloni tedeschi riguarda regioni come la Pomerania, la Polonia, la Slesia, la Boemia, la Moravia e il Meclemburgo. Ai coloni sono concessi alcuni benefici come il diritto di trasmettere l’eredità indivisa, che porta alla formazione degli immensi domini territoriali dell’Est, e l’accoglienza in città costruite per loro dai principi, che diventeranno importanti centri economici e commerciali. In un secondo momento, l’onda colonizzatrice si espande oltre i confini orientali dell’Impero, ad opera di ordini religiosi e cavallereschi. Il processo di colonizzazione ha il suo apice nel XIII secolo e si conclude in seguito alla pestilenza (la “morte nera” 1347/1354). Conseguenza dell’espansione a est è la germanizzazione pacifica di vasti territori compresi tra l’Elba-Saal e l’Oder per quanto riguarda la politica, il diritto e l’economia. I prosperi territori tedeschi orientali guadagnano grande rilevanza nel panorama politico della Germania del XIV secolo e la varietà linguistica centrorientale avrà un ruolo importante nel delinearsi dello standard. Altri avvenimenti storici importanti dell’epoca sono: la scoperta dell’America nel 1492 che cambia profondamente la visione del mondo; la caduta di Costantinopoli nel 1453 ponendo fine all’impero romano orientale et dando inizio alla pressione turca sull’Europa centrale; l’inizio della Riforma Luterana con la pubblicazione delle famose 95 tesi di Lutero che provocano la scissione del mondo cristiano tra cattolici e protestanti, tranne in Germania dove la pace di Augusta del 1555 pose fine alle guerre di religione. La cultura dell’epoca può definirsi borghese ante litteram, se si intende per borghesia l’insieme della popolazione urbana. Con lo sviluppo delle attività commerciali, i mercanti non hanno più bisogno di viaggiare per trattare gli affari direttamente sul posto, ma li amministrano da casa; per questo, le attività del ceto mercantile richiedono una preparazione specialistica. A Lubecca e nelle città mercantili si istituiscono scuole in cui si impara a leggere e a scrivere in tedesco, oltre che a far di conto. Le scuole servono dapprima un pubblico di adulti, in seguito sono pensate per i bambini. Si profilano nuove esigenze professionali nel campo del diritto, dell’amministrazione e della diplomazia. La funzionalità dell’istruzione per la vita pubblica e pragmatica è riconosciuta dalle università, che a partire dal XII secolo sono sede di formazione dell'individuo e dell’autocoscienza borghese. I documenti di epoca protomoderna sono numerosi e appartenenti a generi testuali per vari funzione, tema e forma: testi di carattere essenzialmente letterario (favole e Volksbuch), documenti ufficiali (prodotti di cancellerie, abbazie e corporazioni), testi di carattere privato (lettere, diari e autobiografie), traduzioni della Bibbia e trascrizioni di prediche, nonché esordi di letteratura specialistica (testi di scienze naturali, trattati di medicina, grammatiche di tedesco). Il repentino sviluppo in quantità e varietà dei testi tedeschi va compreso nella cornice di un generale impulso alla “Verscriftlichung” (fissazione per iscritto di enunciati orali) che si manifesta nel tardo medioevo europeo, inizialmente in latino a cui va progressivamente a sostituirsi il volgare. Le nuove esigenze di diffusione e recezione di testi scritti sono state agevolate da alcune invenzioni come la produzione della carta e la stampa a caratteri fissi seguita a ruota dalla stampa a caratteri mobili, inventata nel 1450 da Johann Gensfleisch detto Gutenberg che nel 1455 pubblicò la prima edizione della Bibbia in latino. Grazie alla stampa i testi si riproducono relativamente a buon mercato ed è possibile la diffusione anche di opere di una certa ampiezza. Le stamperie svolgono un ruolo sia comunicazione, musica e letteratura. Nel passaggio tra il Rinascimento e il Barocco, la lingua straniera di massima influenza diventa il francese. A partire del XVI secolo, in Germania il tedesco è considerata una lingua di minore rilevanza rispetto a quelle straniere (nelle classi aristocratiche e altoborghesi non si parla il tedesco). Lo stesso Carlo V scriveva in latino, parlava in francese con i cortigiani, usava il tedesco solo per comunicare con la servitù e gli animali. L’influenza del francese in Germania è molto forte e duratura. Nel XVII secolo, la corte del “Re Sole” Luigi XIV è il simbolo della vita galante, per i giovani delle famiglie nobili, il viaggio di istruzione in Francia è quasi obbligatorio. Parole e usi stranieri, considerati eleganti, si infiltrano anche nelle classi più umili. Nell’area basso tedesca, il Mittelniederdeutsch (medio basso tedesco) è definito “Hansesprache” data l’importanza di Lubecca. La città di Lubecca, fondata nel 1143, funge da punto d’incontro per commercianti della Westfalia che da lì ripartirono per intraprendere insieme lunghi viaggi, nel corso dei quali le esigenze comunicative portano probabilmente a una normalizzazione dialettale in direzione del Niederdeutsch settentrionale. Nel 1500 lo sviluppo di un modello unitario del basso tedesco, con fulcro a Lubecca, è ancora possibile, ma il declino della Lega a causa della concorrenza delle nuove potenze marinare, l’introduzione del diritto romano e la Riforma impediscono questo processo. Solo in Olanda si afferma la variante nazionale che dà vita all’olandese moderno. Nel resto del territorio settentrionale si afferma la lingua di Lutero. Alto Tedesco Moderno / Neuhochdeutsch Si definisce alto tedesco moderno o Neuhochdeutsch quella fase storica della lingua tedesca che va dal 1650 all’età contemporanea. Queste due sottocategorie sono seguite dalla fase finale con il tedesco contemporaneo (Gegenwartsdeutsch, 1945-oggi). Gli sviluppi linguistici di questo periodo possono essere considerati omogenei in base ad una serie di criteri linguistici (abbandono dei latini, sviluppo dei linguaggi settoriali e specialistici, codificazione e divulgazione della Hochsprache) ed extralinguistici (ascesa della borghesia, nascita della società di massa e del capitalismo, fondazione dello stato-nazione, estremizzazione del pensiero nazionale in nazionalismo e fascismo, evoluzione del pensiero illuminista, progresso scientifico e tecnologico) Si ha una standardizzazione ufficiale della lingua da un punto di vista fonetico, grafico, sintattico, morfologico, lessicale e testuale. Nonostante questa fase della lingua tedesca appaia omogenea, la si divide in altre due sottocategorie a causa dei differenti avvenimenti storici, culturali e sociali. Alto Tedesco Moderno I / Früheres Neuhochdeutsch La prima fase del Neuhochdeutsch si pone tra il 1650 e il 1800. Il 1650 è scelto come riferimento di inizio della nuova era, inaugurata dalla pace di Westfalia (1648), in cui vige il principio dello stato secolarizzato e della tolleranza religiosa. Il 1800 invece segna la fine dell’Impero germanico (1806), esautorato dall’agire politico di Napoleone Bonaparte. La peculiarità di questo periodo è data da alcuni fattori extralinguistici e linguistici. Tra i fattori extralinguistici abbiamo il nuovo assetto politico e sociale (il ritorno dell’assolutismo, l’ascesa della Prussia, il protoindustrialismo), e la nascita di nuovi enti propulsori di cultura e di nuovi luoghi di codificazione linguistica (corti, illuminismo borghese, accademie linguistiche). La pace di Westfalia, che pone fine alla guerra dei 30 anni, modifica l’equilibrio politico in Europa. La Germania è ridotta a una confederazione di stati privi di comune sentimento nazionale. Nonostante gli esiti rovinosi dal punto di vista politico, la pace crea quanto meno le premesse per la ripresa economica, che avviene grazie soprattutto alle corti principesche, nuovo motore della vita politica e culturale. I sovrani territoriali governano in maniera assolutistica, e la cura dei loro interessi è affidata ad alcuni funzionari colti, chiamati a corte. Nelle città, il ceto dominante è il patriziato, ma vi risiede anche l’alta borghesia e la piccola borghesia. Questa classe attraversa un periodo di frustrazione sociale non potendo accedere alle cariche pubbliche riservate ai nobili; l’unica possibilità di ascesa è l’istruzione. Al contrario, alcuni territori tedeschi escono dalla pace di Westfalia potenziati nei loro domini: la Baviera, la Sassonia e il Brandeburgo (divenuto dal 1618 stato Brandeburgo-prussiano). Nel periodo 1640-1688, il nuovo stato vive una grande e spedita ascesa economica e politica. La Prussia ha un apparato statale moderno, un’efficiente amministrazione centrale, un’economia mercantilistica basata sul protoindustrialismo, e un potente esercito permanente responsabile di numerosi successi militari. La Prussia si qualifica come potenza politica di portata europea, e diventa il fulcro della rivoluzione industriale tedesca. Lo stato possiede una peculiare struttura feudale, con il potere in mano alla signoria fondiaria; mentre, nella produzione manifatturiera si operano le prime forme di suddivisione del lavoro e di struttura capitalistica. L'industrializzazione dell’economia porta all’aumento dei commerci e allo sviluppo delle città, oltre che alla più ampia stratificazione della struttura sociale e al variare delle esigenze comunicative. La cultura del XVII secolo segue da un lato un orientamento spirituale e cortigiano (letteratura barocca), dall’altro una tendenza anticortigiana e borghese (illuminismo settecentesco). Il secolo rivela la sua disomogeneità nel permanere del latino e nell’affermarsi di nuovi valori mondani e razionalistici veicolati nella lingua madre. Il latino ha ancora un ruolo significativo come lingua accademica e delle scienze, anche se la cultura illuminista del Settecento ne fa ridurre drasticamente il dominio. Con la cultura illuminista cambia il pubblico dei lettori: istruito e non cortigiano, il lettore illuminista, libero di regole e convenzioni di etichetta, è in grado di formarsi la sua personale visione del mondo. Nelle università la filosofia fa concorrenza alla teologia. All'interno della cultura borghese si fa strada un interesse per la lingua nazionale unitaria. L'istruzione elementare trova più ampia diffusione e la cultura è indicatore di prestigio sociale. L'istruzione elementare impartita nelle Volksschulen diventa obbligatoria per tutti i ragazzi da 6 a 12 anni, ma è ancora presente è il divario tra borghesia e nobiltà riguardo le nuove possibilità e l’accesso all’istruzione. Infatti, l’accesso all’università è molto difficile perché richiede il latino, e solitamente le scuole di latino sono riservate alle classi alte. Da un punto di vista linguistico, l’epoca si caratterizza per lo sviluppo delle Umgrangssprache, per la codificazione della Hochdeutsch (la lingua colta) e l’affermarsi della Hochsprache in vari ambiti comunicativi: letteratura, prosa didattica, teologica e filosofica, opere filologiche, stampa periodica, oralità della élite di cultura. Il XVII secolo diventa quindi l’epoca degli studi linguistici, poiché la lingua tedesca è materia obbligatoria nelle scuole. La necessità di testi di grammatica dà l’avvio alla grammatica del tedesco come disciplina autonoma e porta allo sviluppo della terminologia grammaticale. La prima grammatica è Deutsche Grammatik. Parallelamente agli studi grammaticali di finalità didattica, si assiste ad un’istituzionalizzazione della riflessione sulla lingua. Alcune personalità dell’epoca si dedicano alla questione della lingua sentendo la carente eloquenza e raffinatezza stilistica del tedesco rispetto ad altre lingue europee e ne promuovono la consuetudine letteraria affinché raggiunga un livello di pari dignità espressiva. Promotore di questo impegno è soprattutto Martin Opitz che, nel suo Buch von der deutschen Poeterey (prima poetica scritta in lingua tedesca e concepita per la poesia tedesca), definisce indirettamente il concetto di lingua letteraria; illustrato il principio di mimesi e le caratteristiche dei tre generi dedica una sezione del suo lavoro a lessico (Wortwahl), sintassi (Wortsellung) e ornatus (Redeschmuck). Il grammatico più importante del XVII secolo è Justus Georg Schottel, autore della Teutsche Sprachkunst, dove affronta temi come la formazione delle parole, la flessione, l’etimologia, l’ortografia, l’interpunzione. Schottel considera il tedesco “hauptsprache”, filiazione diretta della lingua primigenia e come tale in possesso di tecniche espressive tipiche dell’umanità primordiale. Decisivo per la codificazione del tedesco letterario è il secolo XVIII, epoca in cui la questione della lingua su delinea con maggior intensità per motivi culturali (diffusione della cultura illuminista) oltre che pragmatici (esigenze di amministrazione). Nasce in quest’epoca l’idea di un’identificazione tra Hochsprache e lingua letteraria. La volontà di stabilire un codice di norme per la Hochsprache si scontra con la realtà poco definita dell’oggetto di studio. Nelle accademie si tende ad assimilare usi dialettali e colloquiali, giudicati entrambi impropri, contrari all’uso corretto della lingua. Una scuola di pensiero fa valere il principio analogico, secondo cui il tedesco corretto non è identificabile con una particolare varietà regionale. Al contrario, il principio anomalista giudica corretti gli usi linguistici di una particolare regione. Persone importanti nel processo di codificazione sono: Johann Christoph Gottsched e Johann Christoph Adelung. L'illuminista Gottsched critica l’uso barocco di metafore e figure retoriche, propugna una lingua chiara e accessibile: il Normalstil, stile di lingua che segue le regole naturali ed è priva di provincialismi, forestierismi, neologismi, tecnicismi, espressioni figurate e semanticamente ambigue. Gottsched tratta infine grammatica e regole di stile della Hochsprache che identifica con la lingua sassone. Vuole convincere le classi superiori a rinunciare al francese in favore del tedesco. Verso la fine del XVIII secolo, Adelung accetta la proposta di compilare un dizionario grammaticale del tedesco; egli descrive la lingua contemporanea senza trascurare fonti più antiche tenendo in considerazione gli usi di Meissen e della Sassonia superiore, la varietà dei ceti colti e degli scrittori maggiori. Scrive anche una grammatica per uso scolastico “Deutsche Sprachlehre. Zum Gebrauch der Schulen in den Königlich-Preußischen Landen” ed è considerato il primo grammatico moderno in quanto non prescrive norme di uso corretto ma descrive usi correnti. Il XVII secolo è stato caratterizzato dallo sviluppo del purismo da un punto di vista linguistico e culturale, punto cardine del programma delle accademie. La prima accademia tedesca, Fruchtbringende Gesellschaft (la “Compagnia Fruttifera”), fondata nel 1617, si occupava di problemi di purificazione e descrizione della lingua tedesca, concependo manuali di ortografia, grammatica, poetica e un importante dizionario. Su esempio dell’Accademia della Crusca fiorentina (separare la “farina” dalla “crusca”), il purismo tedesco è a sua volta teso a conservare i caratteri tradizionali della lingua, nel ritiro dei forestierismi che il tedesco assimilava. Per contrastare la tendenza spuria, gli accademici propongono di sostituire parole straniere d’uso corrente con neologismi di origine germanica, in questa cornice avviene la tedeschizzazione di una quantità di lessemi latini, inclusa terminologia grammaticale. In alcuni casi la lingua tedesca odierna mantiene le due parole come sinonimi; in altri casi, i neologismi hanno soppiantato i forestierismi; in altri casi ancora, i neologismi non sono stati abbastanza forti e il prestito straniero è prevalso. I primi periodici tedeschi iniziano a circolare nel XVII secolo, vi si trovavano notizie di cronaca, politica e cultura dall’interno e dall’estero. Nella vita culturale del XVIII secolo svolgono un ruolo fondamentale le riviste letterarie. La via è aperta da Thomasius con i Monatsgespräche nel 1688, in aperta polemica nei confronti degli Acta Eruditorum nel 1682 a cura di Otto Mencke. Entrambe le riviste sono dedicate alla discussione di nuovi titoli di opere letterarie, con diverse aspettative di pubblico (l’uomo di mondo per Thomasius, l’intellettuale di professione per Mencke), tono diverso (didattico uno ed erudito l’altro) e scelta di veicolo linguistico (tedesco contro latino). La scelta di Thomasius si rivela vincente. Sul modello dei periodici inglesi di Richard Steel e Joseph Addison (Tatler e Spectator), Johann Matheson fonda nel 1713 ad Amburgo il Vernünftler, genere periodico con impronta divulgativa e tono moraleggiante di enorme successo. La regolamentazione degli usi linguistici è veicolata dalle accademie e dalla pubblicazione di opere retoriche. La lingua scritta diventa standard, mentre la lingua letteraria si conforma agli usi normalizzati e può scegliere fra diverse possibilità espressive a livello di sintassi e lessico. Il processo di standardizzazione avviene sul modello della lingua letteraria, mentre perdono il loro ruolo guida la lingua della cancelleria e della teologia. I centri culturali dell’epoca sono presenti nell’area dell’ostmitteldeutsch, in particolare in Slesia, che gode di un ottimo sistema scolastico e forma numerosi scrittori celebri. Intorno al 1800, l’esistenza della Hochsprache è documentata da autori romantici come Goethe. Il sistema linguistico subisce dei mutamenti riguardanti la fonetica (standardizzazione della pronuncia), la grafia (formazione di una grafia unitaria), la morfologia (regolamentazione del sistema di flessione), la sintassi al 1840 sfocia in proteste patriottiche in tutta la Germania (risale all’epoca la composizione dell’inno Deutschland über alles). Iniziano a diffondersi le tesi sulla superiorità dell’uomo bianco e l’idea di epurare il mondo dagli ebrei. Queste idee entrano a far parte del programma elettorale della Nazionalsozialistische Deutsche Arbeiter-partei, il partito fondato da Adolf Hitler nel 1919 che sale al potere nel 1933. Il successo è ottenuto sfruttando i diritti democratici conquistati dal popolo e mediante azioni di propaganda eversiva; l’organizzazione e promozione di atti violenti a opera di formazioni paramilitari (SA, SS) destabilizzano e delegittimano il governo democratico. Con la nomina a cancelliere di Hitler (30 gennaio 1933), per la Germania ha fine la breve pausa democratica della fragile e impopolare Repubblica di Weimar e ha inizio la dittatura; il 2 agosto 1934, alla morte del presidente Hindenburg, Hitler si proclama presidente del Reich. Importanti sono anche la rivoluzione industriale, resa possibile grazie al progresso tecnico-scientifico, e la conseguente ristrutturazione della gerarchia sociale. Lo sviluppo industriale accelera il declino già in corso dell’economia rurale e artigiana, con progressivo abbandono delle campagne e sviluppo dei grandi conglomerati urbani; questi trasferimenti sono favoriti dalla Costituzione imperiale, che permette ai cittadini di scegliere liberamente sede di residenza. La nuova composizione sociale è il quarto stato costituito dalla classe proletaria che partecipa ai moti rivoluzionari borghesi come forza non trainante e maturano coscienza di classe: tappa importante del movimento socialdemocratico e operaio è la pubblicazione del Manifest di Karl Marx. L'esigenza di istruzione e cultura è molto sentita da piccola e media borghesia. Nell'Ottocento la scolarizzazione è obbligatoria: le Volksschulen hanno durata di otto anni e la lingua di insegnamento è il tedesco. Conseguita la licena elementare, si può accedere ai Gymnasien per studiare le lingue classiche oppure alla Realschulen. Gli studi umanistici rappresentano una questione di prestigio e il possesso della lingua letteraria è segno di alto livello di istruzione e di distinzione sociale. Dopo il 1871 il conseguimento della maturità ginnasiale ha scopi pragmatici: il possesso di un diploma di istruzione diviene condizione necessaria per accedere alla carriera di funzionario pubblico. Resta esteso l’analfabetismo nelle campagne. Occasioni di acculturazione, per la classe operaia, sono circoli e associazioni culturali, teatro, stampa periodica, radio e cinema. I nuovi prodotti della tecnologia del XX secolo rendono possibile la diffusione di massa delle notizie e l’arte di persuadere il pubblico con mezzi linguistici. La propaganda politica nasce come arte della pubblica oratoria. Il regime nazista sfrutta la popolarità del cinema per scopi di propaganda: la Deutsche Wochenschau, forma di cinegiornale, trasmette scene di marce, adunate, cerimoniali di partito. La radio, “colpevole” di trasmettere i discorsi di Hitler, è annoverata tra le cause ineluttabili della Seconda Guerra mondiale. Dal punto di vista linguistico, il periodo è caratterizzato dalla divulgazione della lingua letteraria a standard comunicativo per la maggioranza della popolazione tedesca (alla fine del XVIII secolo la lingua colta non si era ancora imposta nella comunità linguistica e ad usarla era un gruppo molto ristretto di borghesi colti, ed esclusivamente come lingua scritta e in generi testuali alti). Nel corso del secolo la Hochsprache si afferma a largo raggio: nella scuola, come materia e veicolo di insegnamento, nella chiesa e nei vari settori della vita pubblica. A partire dalla seconda metà del secolo si indebolisce il ruolo guida della letteratura d’autore e arrivano a contare di più altre forme di lingua scritta, come la produzione saggistica e la stampa. La lingua della cerchia intellettuale borghese si arricchisce nel contatto con la lingua del dibattito. Si hanno quindi una divulgazione dello standard a livello nazionale (alfabetizzazione di massa), uno sviluppo dei linguaggi settoriali, un utilizzo della lingua come veicolo di propaganda ideologica, una promozione e un controllo statale sulla codificazione ortografica e lessicale (manuale Duden). In questo periodo si diffonde un interesse per la lingua nazionale che produce un ambito di studi interamente nuovo, la filologia germanica (studio sistematico della lingua con metodi scientifici) che ha i suoi massimi esponenti in Jakob e Wilhelm Grimm, autori del Deutsches Wörterbuch; Jacob Grim è autore anche della Deutsche Grammatik. Altri studi nascono dall’esigenza di trovare una normalizzazione definitiva del sistema linguistico e si concretizzano nel manuale ortografico Vollständiges orthographisches Wörterbuch der deutschen Sprache di Konrad Duden. Theodor Stiebs pubblica il dizionario della fonetica tedesca basato sulla pronuncia del tedesco settentrionale. Un nuovo interesse scientifico nasce per i dialetti e la dialettologia tenta di conservarne la descrizione. Ne derivano i primi dizionari vernacolari, tra cui il Bayerisches Wörterbuch di Johann Andreas Schmeller. L’uso della varietà colta nell’oralità corrisponde ad un 20% della popolazione, mentre il restante 80% utilizza forme dialettali o regionali. La funzionalità e l’esclusività del dialetto mutano con il processo di scolarizzazione e di diffusione dello standard. Il dominio del dialetto (in parte eroso dallo Hochsprache, in parte dalle lingue regionali o Umgangssprachen, più vicine allo standard) resta confinato entro zone geografiche isolate e ambiti d’uso ristretti. Il dialetto d’area rurale è sentito come inelegante, scorretto e inadeguato a un numero crescente di situazioni comunicative, rimanendo di dominio esclusivo delle classi sociali più umili e di particolari settori occupazionali (agricoltura, miniera, pesca). La variante colta della lingua d’uso si modella essenzialmente su quella varietà sovraregionale del tedesco esistente in forma quasi esclusivamente letteraria. Con la fondazione del Reich la Hochsprachediviene lingua nazionale. La diffusione nell’oralità del tedesco standard è mediata in particolare dal sistema di istruzione; il processo di divulgazione della lingua colta o Verhochdeutschung prosegue a largo raggio nel XX secolo, con le prime scoperte tecnologiche al servizio dell’informazione (radio, cinema, televisione). Rilevante diviene pertanto il fenomeno della diglossia, inteso come uso di due varietà di tedesco in alternanza funzionale: il dialetto o la Umgangssprache regionale nel privato, la Hochsprache come lingua ufficiale. Nelle città, conformemente alle nuove gerarchie di ordine sociale, si determina una stratificazione di registri stilistici: nobili e grandi borghesi utilizzano la varietà colta o “alta” di Umgangssprache dai tratti dialettali non marcati, le classi sociali modeste usano invece la varietà meno colta o “bassa” di dialetto urbano, il “quarto stato” parla il dialetto appreso nella sua zona e cerca di appropriarsi della koiné locale. Le Umgangsprachen si trasformano da dialetti urbani in lingue regionali. Si sviluppa quindi un modello a tre strati, il Drei-Schichten-Modells, un modello gerarchico verticale delle lingue esistenti all’epoca: Hochsprache (lingua scritta), Umgangssprache (lingua parlata regionale), Dialekte (lingua parlata locale). La lingua colta inizia a subire l’influsso dell’oralità, nel lessico come nelle strutture grammaticali. Nel corso del secolo le caratteristiche del modello colto mutano anche per l’evolvere dei generi letterari e dei tipi di scrittura. Intorno al 1900 nascono correnti di sperimentalismo linguistico che contribuiscono alla perdita di prestigio dello stile letterario quale modello normativo. La produzione scritta del XIX secolo ha un considerevole sviluppo in generi paraletterari. La lingua letteraria dell’Ottocento ha strutture grammaticali sostanzialmente aderenti al modello codificato nel secolo precedente. Il lessico, in continuo accrescimento, predilige alcune espressioni tipiche del programma culturale. Secondo le teorie classiciste, l’arte deve tendere all’armonia e alla perfezione, i cui principi costitutivi, secondo la formula di Winckelmann, sono nobile semplicità e serena grandezza stille Größe. L'arte ispirata a tali ideali prova a esprimere pensieri elevati in una lingua semplice e chiara, che si realizza in uno stile caratteristico soprattutto a livello di lessico. Risalgono all’epoca le grandi traduzioni dell’Iliade e dell’Odissea. Gli influssi della lingua di Omero riguardano l’aggettivo in funzione di apposizione preceduto da articolo determinativo, il participio presente in funzione attributiva, la predilezione per le parole composte. In epoca di nazionalsocialismo, sebbene il regime voglia imporre consuetudini anche linguistiche, il modello di stile “classico” è seguito dai grandi scrittori in esilio e vide nelle scuole, soprattutto nei ginnasi. Il giornalismo è un fenomeno socioculturale di grande rilievo nel XIX secolo, conseguenza del successo è un’attenzione critica per lo stile di scrittura giornalistica (Zeitungsdeutsch) che riguarda tratti caratteristici come l’uso di parole slogan. Nelle critiche tardo ottocentesche alla stampa contemporanea si denunciano i giornalisti come “Taglöhner”, braccianti dello scrivere colpevoli di profanare e corrompere la lingua tedesca. Altamente critica è la voce di Schopenhauer che censuerà la consuetudine dei giornalisti di abbreviare parole, sillabe e frasi, e l’uso generalizzato dell’imperfetto. Il genere giornalistico si rinnova e si professionalizza dopo la parentesi nazista, in cui la stampa diviene portavoce ideologica del regime. A partire dall’aprile 1944 i giornalisti tedeschi si adeguano al modello anglosassone, organizzando le loro cronache lungo la direttiva delle “W-fragen”. Per lingua del terzo Reich o Sprache des Nazionalsozialismus si intende l’insieme di particolari tratti linguistici utilizzati dall’apparato propagandistico del regime nazista, allo scopo di manipolare l’opinione pubblica. Testi e discorsi pubblici dello stile monumentale nazista presentano artifici retorici al fine di rendere l’espressione gonfia e ambigua. Peculiarità della lingua del regime nazista è la sincerità, il richiamo allo stile burocratico e militare. Le tracce più evidenti di stile monumentale sono nel lessico. La rappresentazione della realtà nazista appare banale, all’interno di essa si possono chiaramente distinguere il bene (germanicità, cristianità, fratellanza, amore) e il male (ebraicità ed ebraismo, capitalismo e non-germanicità). Il male è agente della crisi che colpisce il mondo. Proprio per la sua semplicità, il messaggio propagandistico è ben trasmissibile. Una volta al potere, il partito nazionalsocialista mette in atto un’azione propagandistica volta a diffondere capillarmente la sua ideologia nazionalista, anticomunista e razzista e a infondere nel popolo sentimenti per prepararlo alla guerra. Il linguaggio di propaganda finalizzato alla manipolazione dell'opinione pubblica. Particolarmente abusato è il ricorso al popolo, tramite cui si lascia intendere che le decisioni del governo fascista seguano l’interesse della comunità. L'uso dell’eufemismo entra ancora al servizio del criminale del governo nazista a mascherare lo sterminio pianificato della popolazione ebraica: analogamente, l’assassinio dei deportati è descritto con il verbo d’ambito commerciale: liquidieren. La propaganda ideologica, che dipinge con contorni netti un’immagine negativa del nemico da espellere, contribuisce sostanzialmente alla connivenza quasi generale nei confronti delle leggi razziali. L'opacità della lingua nazista è intenzionale, finalizzata alla mobilitazione delle masse ottenuta mediante pubblica dimostrazione del potere organizzato. All'epoca del regime totalitario, è il regime in sé a influenzare la comunicazione sociale. La propaganda è esercitata tramite giornali e letteratura dozzinale, ma soprattutto nei discorsi pubblici e radiofonici. Tuttavia, gli effetti sociali più devastanti provenienti dal regime totalitario dipendono dall’apparato di controllo dell’opinione pubblica. La paura di essere denunciati crea una forma di vita pubblica all’insegna del terrore e fa sì che l’adesione al regime sia inevitabile. Con la diffusione di una coscienza nazionale, le lingue straniere perdono prestigio e accettabilità. La nuova coscienza nazionale porta alla scomparsa del francese come lingua d’uso anche da parte della nobiltà e alla scomparsa del latino, che rimane nei Gymnasien come disciplina di studio, ma si insegna a tradurre. In seguito alla fondazione del Reich si fonda una politica linguistica che promuove la diffusione dello standard mediante scolarizzazione di tutta la popolazione. In clima di nazionalismo linguistico si cerca la germanizzazione delle comunità residenti del Reich di lingua non tedesca e alle lingue di minoranza non è conferita alcuna dignità sociale. Lingue come lo jiddish non sono neanche percepite come sistemi naturali, bensì come Geheimsprachen, forme costruite al fine di trasmettere messaggi in un codice incomprensibile. Tedesco contemporaneo / Gegenwartsdeutsch La data di inizio del tedesco contemporaneo o Gegenwartsdeutsch si pone nel 1945, anno in cui termina la Seconda guerra mondiale e inizia un’epoca di profondi mutamenti della struttura sociale e culturale, effetto di travolgimenti politici e dell’accelerazione del progresso scientifico e tecnologico. Il tedesco contemporaneo si sviluppa in base a fattori extralinguistici: sociali (formazione della società priva di classi), culturali (internalizzazione e divulgazione del sapere), economici (esperimento di società socialista). Nella conferenza di Yalta (febbraio 1945) Gli standard nazionali possiedono un complesso di varianti nazionali (uguali per morfologia, sintassi, ortografia, e diverse per lessico e fraseologia) che sono dette rispettivamente: teutonismi (Teutonismen / Deutschlandismen), austricismi (Austriazismen) ed elvetismi (Helvetismen). Le tre varianti nazionali sono: Deutches Standarddeutsch (DSD), Osterreichisches Standarddeutsch (OSD), Schweizerisches Standarddeutsch (SSD). Il tedesco di Germania (DSD) è il tedesco per antonomasia, mentre l’austriaco e lo svizzero non sono considerati sottoinsieme del tedesco ma standard di pari autonomia. La preminenza linguistica del tedesco della Germania è dovuta all’esistenza di una ingente letteratura normativa che sostiene e divulga forme d’uso senza segnalare la specificità settentrionale. Tra le grandi iniziative editoriali c’è il Duden che copre una vasta gamma di settori linguistici: stile, sinonimi e contrari, lessico di origine straniera, modi di dire e proverbi, linguaggi tecnici. L’esistenza della peculiarità nazionale del tedesco di Germania non segnalata nelle opere normative è avvertita per contrasto con i propri usi standard, da austriaci e svizzeri, provocando reazioni di rifiuto nei confronti dello standard “straniero” e spinte alla conservazione e cura della propria varietà nazionale. Il tedesco austriaco (OSD) è regolato dall’Österreichisches Wörterbuch pubblicato nel 1951 da un’équipe di funzionari scolastici e docenti universitari esclusivamente di nazionalità austriaca. Gli austricismi sono palesi soprattutto nella lingua orale. Varianti grammaticali tipiche di tutta l’area meridionale sono l’uso del perfetto al posto del preterito, l’uso dell’ausiliare sein nel perfetto di liegen/ sitzen/ steher, l’uso dell’articolo per i nomi propri. Le varianti lessicali sono documentate anche nella lingua dei media, dell’amministrazione pubblica, nei menù dei ristoranti. Il tedesco svizzero (SSD) è descritto in una serie di opere normative dedicate soprattutto alla pronuncia e al lessico. La situazione linguistica in Svizzera presenta un’eccezionale diglossia tra il dialetto (Schweizerdeutsch o Schwyzertütsch) e la variante nazionale dello standard (schweizerisches Deutsch). Si tratta di una situazione di norma per gli svizzeri, che scelgono la variante linguistica in base alla situazione comunicativa: lo standard viene di solito utilizzato nello scritto e in situazioni formali, mentre il dialetto viene scelto nell’orale e in contesti informali. Questa distinzione però non è fissa, infatti possono essere dei contesti comunicativi in cui vengono utilizzate entrambe le varianti; un esempio può avvenire in chiesa, quando il sacerdote celebra la funzione nello standard e predichi in dialetto. Nel corso del XIX secolo lo subisce una riduzione di funzione pragmatica, ma partire dal primo Novecento, si sviluppano influenti spinte culturali per la conservazione e rivalutazione del vernacolo; nella seconda metà del secolo, l’azione promotrice della Schwyzer-Sproch-Biwegig dà impulso alla diffusione del dialetto nella vita pubblica. Un’altra variante, ora non più esistente, è il tedesco della DDR, definito come l’insieme di usi linguistici tipici degli ingranaggi di potere del socialismo. Infatti, all’indomani del 1945 si notano neologismi, particolarità stilistiche e influssi stranieri diversi nei testi prodotti a Est e a Ovest; la diversità si era consolidata con il progressivo stabilizzarsi dei due sistemi politici. All’inizio degli anni Cinquanta si inizia a discutere di “Sprachspaltung, Sprachsondetung”, espressioni adoperate per descrivere la divisione linguistica della Germania, che rappresentava un ulteriore ostacolo all’unità nazionale. Gli occidentali seguono l’alienazione del tedesco a Est, in cui la lingua, definita polemicamente “Sprache des Vierten Reiches” è utilizzata a scopi di propaganda. In Germania orientale gli apprezzamenti pungenti sono per il tedesco occidentale intriso di anglo- americanismi, mentre i mutamenti linguistici della varietà orientale sono interpretati come progressisti e consoni all’evoluzione sociale. Con l’occupazione Sovietica nella parte orientale della Germania si forma un tipo di stato e un sistema senza precedenti nella storia tedesca, da cui nasce l’esigenza di definire i nuovi fenomeni; vi è l’introduzione del lessico marxista-lenista e di neologismi imprestati o coniati su modello della terminologia ufficiale usata in Unione Sovietica. Le novità linguistiche usate con frequenza e in contesti uniformi, assumono con rapidità significato stereotipato e valenza da slogan. Il patrimonio lessicale introdotto nella Germania orientale per denominare la nuova realtà dello stato socialista è classificato come segue: neologismi anteriori al 1933, coincidenti con la terminologia politica d’epoca prefascista; neologismi anteriori al 1945 ereditati in uso esclusivo dalla DDR; neologismi successivi al 1945/1949 tra cui i neologismi propri, spesso presi in prestito dal russo, e i neologismi semantici. Si formano inoltre nuovi composti con parole d’uso affermato. Alcuni neologismi penetrano nella Repubblica federale, perdendo il loro carattere specificamente orientale. L'esigenza comunicativa e di ampliamento lessicale non giustifica la chiara impostazione propagandistica e dottrinaria dei testi prodotti da funzionari di partito i cui tratti tipici riassumono tematiche della lingua della DDR: la menzione della historische Mission der Arbeiterklasse, il riferimento ai padri fondatori del marxismo, il riferimento al sistema socialista, l'esortazione al dibattito democratico, tono burocratico, indottrinamento della popolazione, imitazione di formule rituali d’ambito religioso, adattamento per l’infanzia di riti militari, onnipresenza di slogan di partito. La lingua di regime presenta caratteri distintivi soprattutto nel lessico: terminologia ideologica e politica del marxismo-lenismo, eufemismi, pathos, formulismo, attacchi e insolenze contro antagonisti e nemici del regime, abbreviazioni e acronimi. Con il tramonto della SED e dello stato socialista, la lingua della DDR diviene obsoleta; a riunificazione avvenuta, la terminologia d’uso ufficiale nella Repubblica Democratica per la vita pubblica è sostituita con equivalenti occidentali (all’epoca, gli stessi fenomeni erano definiti con neologismi diversi in base al punto di vista politico e sociale; ad esempio, il muro di Berlino – realtà unica – era definito da due parole diverse – punto di vista diverso: a ovest veniva chiamato “die Schandmauer” – il muro della vergogna – a est veniva chiamato “der antifaschistische Schutzwall” – il muro prottetivo contro il Fascismo). I 40 anni di divisione non hanno lasciato conseguenze nella comunicazione quotidiana: i cittadini dei nuovi Bundesländer non hanno problemi a comprendere i compatrioti occidentali. Per quanto riguarda le varietà diatopiche, con la fine della Seconda guerra mondiale il tedesco ha una netta riduzione d’estensione sulla carta linguistica d’Europa; di conseguenza, i dialetti orientali scompaiono nel corso di un paio di generazioni, mentre i profughi che tra il 1944 e il 1948 raggiungono la Germania si adattano alle Umgangssprachen locali. Più in generale, la nuova mobilità sociale e la diffusione dello standard via mass media collaborano alla perdita di funzionalità dei dialetti rurali in favore di varietà linguistiche regionali, risultati da un compromesso tra forme locali, periferiche e urbane, e lo standard. A partire dagli anni Settanta, l’uso del dialetto cresce insieme all’aumento generico di situazioni informali. La rivoluzione culturale del Settantotto, avvenuta in un momento in cui si cercano forme di convivenza sociali più informali, ha fatto sì che la lingua vernacolare tornasse ad essere una possibilità espressiva per intellettuali. La differenza di situazione linguistica tra Nord e Sud si fa marcata: al Nord, dove il dialetto è scomparso dall’uso ufficiale, la nuova situazione culturale porta a una riscoperta archeologica del Plattdeutsch; al Sud i dialetti locali sono pressoché intatti e lo standard è altrettanto diffuso; al Centro i dialetti arcaici sono usati solo da residui di popolazione rurale. I confini tra standard, regioletto e dialetto, diventano fluidi. L'odierna situazione linguistica rende obsoleto il discorso sulle Umgangssprachen: dove l’antica varietà dialettale non è più in uso, ogni varietà regionale può essere vista come Umgangsprache, che viene quindi inteso come registro familiare, colloquiale e informale del tedesco comune. Una lingua è caratterizzata anche dalle varietà diastratiche, chiamate anche socioletti, connesse a strato sociale, collocazione e identità sociale. Sono sempre esistiti, ma grazie alla diffusione dei media, riescono, molto più che in tempi passati, a fuoriuscire dai confini dell’area di appartenenza, infiltrandosi nel patrimonio linguistico nazionale. Una varietà diastratica di particolare impatto sul tedesco moderno è la Frauensprache (linguaggio delle donne, intesa come la somma degli usi linguistici favoriti dalle donne impegnate in politica e coscienti della loro esistenza sociale in termini di minoranza. La Frauensprache nasce internamente alla Neue Frauenbeweguen (new per distinguerla dal primo movimento femminista) il movimento femminista creatosi dalla rivolta studentesca ed extraparlamentare del ‘60. A partire dagli anni ‘70, il femminismo si sviluppa in Germania come movimento di protesta e rivendicazione sociale che mira all’eliminazione del sedimento patriarcale nel sistema sociale. In vista di una società più giusta si analizza la specificità femminile, il suo essere alternativo rispetto a quello maschile, nei vari settori del lavoro, della sessualità, degli affetti, del pensiero e del linguaggio. Un esempio di nuova soluzione espressiva è l’utilizzo del pronome impersonale frau che sostituisce man. La rivendicazione femminile nel campo della discriminazione linguistica producono risultati non solo nell’ambito della discussione teorica, ma anche nel sociale, in quanto le tesi sostenute hanno ripercussioni concrete sulla comunicazione pubblica. Nei testi ufficiali le scelte linguistiche si orientano nelle seguenti direzioni: si evita l’uso del maschile generico e si cercano formulazioni alternative, neutrali o doppie (die Studierende); si cerca simmetria nella designazione di professioni, funzioni, stato civile o giuridico (der Arzt / die Ärztin) con l’abolizione di Fräulein, appellativo tradizionalmente utilizzato per la donna non sposata e privo di equivalente per l’uomo che mette pertanto in rilievo, in maniera discriminatoria, lo stato civile della donna; nei testi giuridici si cerca di ottenere trattamento linguistico paritario per donne e uomini. Il socioletto Jugendsprache (linguaggio giovanile) si sviluppa con la crescita di rilevanza sociale dei giovani, soprattutto dagli anni ’70 in poi. A partire dalla generazione dei sessantottini, i giovani si riconoscono come classe, con personali abitudini e stili di vita. In generale, il comportamento linguistico dei giovani manifesta caratteristiche tipiche: enfasi, provocazione, anticonformismo, volgarità, variazione di segno semantico a espressioni comuni, prestiti da altre variati storiche del tedesco e da lingue straniere (soprattutto americanismi). A livello prosodico, la Jugendsprache si caratterizza per la forte alternanza di modalità articolatoria (imitazione della parlata dei bambini, vecchi, ubriachi) e l’uso di particolari interiezioni e suoni espressivi (ripresi da fumetti e cartoni). Una sorta di patrimonio comune è il lessico ereditato dalla musica pop e rock degli anni ‘70 e dall’ambiente di spaccio e consumo di droga, spesso svuotati del significato originario. Nella seconda metà del XX secolo, si sviluppano le Fachsprachen (linguaggi specialistici o settoriali), in seguito all’aumento di importanza della comunicazione specialistica: le discipline specialistiche e altri settori dell’attività umana si suddividono in aree di alta specializzazione, caratterizzate da usi linguistici specialistici e differenze tipologiche di linguaggio. Le particolarità settoriali riguardano soprattutto il lessico: uso di tecnicismi provenienti in parte dalle lingue straniere moderne, dalle lingue classiche e dallo standard, spesso con opera di risemantizzatine delle parole scelte. Tutte le aree specialistiche sono comunque accomunate da uno stile scientifico, caratterizzato da: preferenza per forme passive impersonali, alta frequenza d’uso di composti e sigle, impego di sostantivi (nominalstil). I settori più interessati allo sviluppo linguistico settoriale sono tecnica, economia, politica, scienze, cultura e istruzione, sport, mass media. Esempio di linguaggio settoriale particolarmente influente sulla comunicazione quotidiana è la Werbesprache (lingua pubblicitaria), da alcune strutture linguistiche: grado superlativo dell’aggettivo; parallelismi e anafore; comparativi assoluti; neologismi costruiti su modello sostantivo + prefisso di valenza accrescitiva; sostantivi composti che chiarificano l’utilizzazione dell’oggetto; forestierismi e tecnicismi; figure retoriche, modi di dire, proverbi; frasi lineari, di tono informativo, con semplice sequenza soggetto-predicato-oggetto; frasi imperative; frasi prive di predicato con particolare valenza semantica della punteggiatura; punteggiatura insolita. La Werbesprache non possiede una terminologia specialistica vera e propria, ma fa uso di espressioni e forme insolite che a volte si impongono, via canali mediatici, con innegabile successo nella lingua comune. È tuttavia una sorta di linguaggio indissolubilmente legato al suo contesto funzionale e non trasponibile in toto nella sfera quotidiana. Al giorno d’oggi la distanza tra modello scritto e orale si è accorciata e semivocale viene prima della vocale, quindi il suono sale) o discendente (la vocale viene prima della semivocale, perciò si ha una diminuzione del suono, una discesa). L’IPA (International Phonetic Alphabet) permette di rappresentare i suoni di tutte le lingue del mondo attraverso gli stessi segni, poiché i foni corrispondono a grafemi diversi anche nelle lingue che utilizzano lo stesso sistema alfabetico; per questo motivo è importante adottare un alfabeto fonetico, in modo da rappresentare il più accuratamente possibile le corrispondenze tra grafema e fono. La fonetica studia l’articolazione dei suoni; la fonetica acustica, in particolare, studia le proprietà fisiche del suono. Le caratteristiche del suono (da parte del parlante) sono: frequenza (numero di periodi nell’unità di tempo) e ampiezza (distanza tra il punto di quiete e il punto massimo raggiunto); le controparti acustiche (da parte dell’ascoltatore) sono: il tono (controparte della frequenza) e intensità (controparte dell’ampiezza). La fonologia invece si occupa dei rapporti tra suoni all’interno di un determinato sistema linguistico: studia la funzione e l’organizzazione di suoni nella loro qualità di elementi linguistici. Il fono [ ] è qualsiasi suono prodotto dall’apparato fonatorio; il fonema / / è un fono che assume carattere distintivo, soprattutto nelle coppie minime (cane/pane); il grafema < > è la trascrizione del fono. Gli allofoni sono le varianti che un fono può assumere e possono essere di vario tipo: allofoni liberi (varianti sostituibili sempre), allofoni regionali (varianti esistenti e circoscrivibili in determinante zone germanofone), allofoni condizionati (condizionati cioè dalla posizione del fono), allofoni complementari (allofoni condizionati che come varianti hanno due foni opposti e complementari). I fonemi sono le unità minime del sistema fonologico, ma sono a loro volta scomponibili in tratti fonologici binari; queste caratteristiche distintive si possono individuare attraverso la contrapposizione di due fonemi dello stesso gruppo che, accostati, mostrano in cosa differiscono. I processi fonologici determinano la formazione di sequenze di fonemi all’interno della catena parlata. Elisione: è un processo facoltativo che riguarda la lingua colloquiale e che prevede la caduta di un fonema. Epentesi: è un fenomeno che riguarda l’inserimento di un nuovo fonema. Assimilazione: processo secondo cui un fonema si avvicina ai coefficienti articolatori di un fonema vicino; parziale quando un fonema approssima i propri coefficienti articolatori al fonema vicino senza confondersi con esso, totale quando si attua una completa identificazione tra i due fonemi, regressiva quando un fono assimila quello precedente, progressiva quando un fono assimila quello successivo. Dissimilazione: differenziazione di un fonema rispetto ad un altro. Metatesi: inversione di due fonemi. Le regole fonologiche sono le regole che spiegano e descrivono i processi fonologici. La formula è la seguente: A —> B / X _Y. La prima parte indica il processo fonologico vero e proprio tratta del cambiamento di situazione (da A a B), mentre la seconda parte indica il contesto cui in mutamento avviene (tra X e Y). La sillaba è una sequenza di suoni che costituisce un’unità di pronuncia: ognuna ha un nucleo (che è sempre una vocale, o una consonante sonante) che può essere preceduto o seguito da altri elementi consonantici o semivocalici, e che vengono chiamati incipit se precedono, coda se seguono. Le consonanti di una sillaba sono organizzate secondo una gerarchia basata sulla loro sonorità: nell'incipit si ha un aumento progressivo mentre nella coda si ha una diminuzione. Se la sillaba possiede un dittongo, bisogna distinguerlo in ascendente o discendente. L’accento è una prominenza relativa di una vocale rispetto ad un’altra, che causa maggior intensità, durata e frequenza acustica: non appartiene mai sempre ad un suono specifico ma è un carattere sempre relazionale, e quindi mobile. Il grafema può essere definito come l’unità grafica minima all’interno del sistema scritto di una determinata lingua. Nel caso “ideale” ad ogni suono della lingua corrisponde un solo grafema. In tedesco, vi sono casi in cui a più suoni corrisponde un grafema unico e a più grafemi corrisponde un suono unico. Quanto alla lunghezza vocalica, anche qui non si ha una sistematizzazione precisa, e vengono riconosciuti quattro metodi distintivi: vocale semplice, vocale + h, vocale doppia, vocale + e (valida solo per la i). Anche la notazione delle vocali breve è poco sistematica perché può essere segnata da una vocale semplice (senza distinzione grafica tra vocale breve e vocale lunga) o tramite una doppia consonante seguente. Quanto ai 3 principali dittonghi tedeschi (au, ai e oi), [au] è sempre segnato come <au>, [ai] può essere segnato come <ai> oppure <ei>, [oi] può essere segnato come <eu> oppure <äu>. L’ortografia di ogni lingua si regge su dei princìpi basilari: principio fonetico (impone di rispettare la pronuncia della parola), principio fonologico (impone di rispettare l’unitarietà di un fonema anche quando esso presenta più allofoni), principio morfologico (impone di rispettare la scrittura di una parola pur nelle sue varianti di pronuncia), principio storico-etimologico tiene in considerazione la storia di una parola), principio grammaticale (impone il rispetto della struttura sintattico-grammaticale, come l’uso obbligatorio della maiuscola nei sostantivi), principio estetico (impone scelte soggettive di tipo stilistico ed estetico). Il tedesco è una lingua che si scrive da 1200 circa, ma fino al XX secolo è stata una lingua estremamente frammentata, perché frammentato era il suo Sprachraum (zona linguistica) in tante entità statali autonome; nemmeno l’invenzione della stampa riuscì ad unificare la lingua. Solo dall’unificazione statale del 1871 ci si iniziò ad interessare a riforme che regolamentassero l’ortografia della lingua tedesca, e nel 1880 venne redatto il dizionario ortografico di Konrad Duden, la cui ortografia fu accettata da Germania, Austria e Svizzera nel 1902. A partire dagli anni ’80, vari gruppi di lavoro del governo tedesco mossero più e più proposte linguistiche, poi accettate nel 1996 -ed introdotte nell’istruzione scolastica due anni dopo. Nel 2006 ultimi ritocchi (la cosiddetta “riforma della riforma”) corresse dei punti critici della riforma del ’96 sancendo ufficialmente l’attuale ortografia tedesca. Le sue variazioni più importanti comportano: uso obbligatorio di ß dopo vocale lunga o dittongo, mentre dopo vocale breve si usa ss; mantenimento di una tripla sequenza di consonanti uguali per evidenziare la composizione della parola; raddoppiamento consonantico dopo vocale breve; grafia della e aperta, segnata come /ä/ anziché /e/ se imparentate a parole con “a” all’interno. Morfologia. La morfologia è lo studio della struttura interna delle parole. In linguistica, una parola per essere tale, deve soddisfare quattro criteri: identità acustica (la parola è contrassegnata da determinate caratteristiche di accento che variano da lingua a lingua), autonomia semantico-funzionale (la parola è un elemento a sé stante dotato di significato proprio anche fuori da ogni contesto), stabilità morfologica (nelle sue varie forme, la parola preserva la sua struttura fondamentale e non può essere interrotta da altri elementi), mobilità sintattica (è l'elemento più piccolo che può essere spostato all'interno di una frase). Infine va sottolineato che la parola può avere un senso concreto nella lingua parlata ed un senso astratto come lessema che troviamo su un comune dizionario linguistico. Le parole sono suddivide in classi di parole o classi grammaticali o parti del discorso: verbo, aggettivo, nome, avverbio, articolo, preposizione, congiunzione, pronome, particella. Una stessa parola può appartenere a due classi diverse a seconda del contesto morfologico: un aggettivo può essere anche avverbio, un articolo può essere un pronome relativo, alcune preposizioni sono anche congiunzioni e quasi tutte le particelle spesso coincidono con altre parti del discorso. La parti del discorso le classifichiamo seguendo 3 criteri: 1. Criterio morfologico: le parti variabili del discorso (la classe coniugabile del verbo e quelle declinabili del nome, aggettivo, articolo e pronome) e le parti invariabili del discorso (avverbi, preposizioni, congiunzioni e particelle) 2. Criterio numerico: le classi aperte (nomi, aggettivi, verbi, avverbi) sono grandi ed espandibili, le classi chiuse (articoli, pronomi, preposizioni, congiunzioni, particelle) sono piccole e costanti nel numero 3. Criterio semantico: le classi lessicali (che hanno significato pieno e riconducibile ad un qualcosa, come i nomi, i verbi, gli avverbi, gli aggettivi, i pronomi) e le classi funzionali (che fungono da connettori morfologici privi di significato pieno (congiunzioni, particelle, preposizioni, articoli). Numerose parole possono essere suddivise in unità più piccole; gli elementi costitutivi della parola vengono detti morfemi. I morfemi sono in genere costruiti da una sequenza ininterrotta di suoni, hanno quasi sempre un significato e non possono essere suddivisi in unità ancora più piccole; costituiscono, perciò, l'unità minima di una parola. Il morfema si colloca quindi tra il fonema e la parola. I morfemi si dividono in: morfemi lessicali (hanno un significato pieno), morfemi grammaticali (hanno un significato più astratto), morfemi liberi (compaiono anche come parola autonoma), morfemi legati (compaiono solamente in combinazione con un altro morfema libero). Solitamente, i morfemi lessicali sono liberi, mentre quelli grammaticali sono legati. Inoltre, un morfema può avere diverse realizzazioni fonetiche che prendono il nome di allomorfi. I morfemi vengono suddivisi ulteriormente in: radice (la parte principale e irriducibile della parola che, anche senza tutti gli altri elementi accessori, è portatrice del significato), base (è la forma di partenza per la formazione delle parole; a volte coincide con la radice ma non sempre), affissi (morfemi grammaticali che servono alla costruzione delle parole, si dividono in: prefissi, precedono la base, suffissi, seguono la base, circonfissi, si collocano contemporaneamente prima e dopo la base ma si tende ad analizzarli come combinazione di prefisso più suffisso). La morfologia si divide in due branchie: la morfologia della flessione e la morfologia lessicale. La morfologia della flessione si occupa delle variazioni di una stessa parola, intesa come lessema, (declinazione per i nomi, gli aggettivi e i pronomi o coniugazione per i verbi); il tedesco, essendo una lingua sintetica (le lingue romanze sono analitiche), usa molto questo procedimento. La flessione è un processo generalizzato e regolare: conoscendo la base di una parola, si possono costruire tutte le varie forme flesse del suo paradigma. Per la declinazione del sostantivo, ci sono tre criteri grammaticali rilevanti: il genere (maschile, femminile, neutro), il numero (singolare, plurale), il caso (nominativo, accusativo, dativo, genitivo). Il genere è determinato da fattori morfologici (maschili le parole con i suffissi -er - ling -ant -iker -ismus -ist -ich -ig; femminili le con i suffissi -ei -in -heit -keit -schaft, -ung, -ität -ade; neutre le parole con i suffissi -chen -lein -tum -ing -ment o con il circonfisso ge…e), fattori fonetico-fonologici (maschili i nomi che iniziano per ʃ + consonante o con il prefisso dr- tr- kn- o che terminano in -en -er -el o in nasale + consonante; femminili i nomi che terminano in -ur o in schwa o in fricativa + t; neutri i nomi che terminano in -ett), fattori semantici (nel caso di esseri umani o animali si prende il considerazione il genere naturale; in alcuni casi si usa il maschile generico; altri casi: maschili i nomi di bevande alcoliche, rocce e minerali, unità temporali, femminili i nomi di alberi, fiori, numeri, neutri i nomi di metalli, luoghi geografici, nomi collettivi, nomi di massa). Alcuni sostantivi, in genere prestiti, hanno un genere oscillante che a volte non provoca cambi di significato, altre volte distingue due varianti di significato della stessa parola o addirittura due parole diverse. Per quanto riguarda il numero, per la formazione del plurale, si seguono delle regole generali che non presentano eccezioni (i sostantivi terminanti in -ei -in -heit -keit -schaft -ung formano il plurale con la desinenza -en; i sostantivi terminanti in -ig -ich -ling -nis -sal formano il plurale con una -e; i sostantivi terminanti in -tum formano il plurale con -er; i sostantivi terminanti in -ler -en -chen formano il plurale senza suffisso), ma ci sono forti tendenze che presentano pochissime eccezioni (sostantivi neutri e maschili terminanti in -er e -el formano il plurale senza suffisso; sostantivi femminili terminanti in -er e -el formano il plurale in -n; sostantivi maschili e femminili terminanti in -e formano il plurale in -n) e semplici tendenze che presentano eccezioni più o meno numerose (monosillabi maschili e neutri formano il plurale in -e; monosillabi femminili tendono a formare il plurale in). Tutti i sostantivi che formano il plurale in -er, molti che lo formano in -e (in particolare tutti i femminili e molti maschili) e molti che lo formano senza suffisso, mettono un Umlaut sulla vocale radicale. Esistono anche sostantivi di cui esiste solo la forma singolare e altri di cui esiste solo la forma plurale. Per quanto riguarda il caso, in tedesco ne esistono 4: nominativo (Wer? Was?), accusativo (Wen? Was? Wohin?), dativo (Wem? Was? occasione di), ausschließlich (escluso), bezüglich (riguardo a), statt (al posto di), laut (secondo), zufolge (secondo). Altre preposizioni (Wechselpräpositionen) reggono l’accusativo se si tratta di un moto a luogo e il dativo se si tratta di uno stato in luogo: an (vicino con contatto), auf (sopra con contatto), hinter (dietro), in (dentro), neben (vicino senza contatto), über (sopra senza contatto), unter (sotto), vor (davanti), zwischen (tra). Alcuni verbi necessitano alcune preposizioni per completare il loro significato: jdm für etwas danken (ringraziare qn di qc), sich bei jdm für etwas bedanken (ringraziare qn per qc), sich für etwas schämen (vergognarsi di qc), an etwas/jdn denken (pensare a qc/qn), sich auf etwas freuen (essere contento di qc), jdm etwas schenken (risparmiare qc a qn), jdm bei etwas helfen (aiutare qn a fare qc), etwas/jdn suchen (cercare qc/qn). Si tratta della valenza verbale (Verbvalenz ) : il principio della centralità del verbo all’interno della frase (il soggetto fornisce la cornice tematica, il verbo sviluppa l‘azione); la teoria è stata elaborata negli anni ’50 e il principio generale è quello del verbo che ordina intorno a sé gli altri elementi della frase, determinandone la forma grammaticale (caso o preposizione) e le caratteristiche semantiche delle costituenti. Esistono anche alcuni complessi verbali formati da un verbo funzionale e da una parte nominale (Funktionsverbgefüge): jdm Glück für etwas wünschen (augurare a qn buona fortuna per qc), jdn in Ruhe lassen (lasciare qn in silenzio), jdm Bescheid geben (dare informazioni a qn), über jdn/etwas Bescheid wissen (sapere informazioni su qn/qc), einen Antrag auf etwas stellen (avanzare una domanda per qc), jdm einen Antrag machen (fare una domanda a qc). La morfologia lessicale riguarda il lessico e la formazione di nuove parole, che ha carattere facoltativo poiché, partendo da una base, non è possibile sapere a priori se esiste una forma costruita mediante un determinato affisso. La formazione delle parole è un meccanismo funzionale all‘arricchimento del lessico, tramite cui la lingua denomina nuovi oggetti e stati di cose per i quali ancora non esisteva un nome; si tratta di un processo complementare al meccanismo dei prestiti e dei calchi. Nella lingua tedesca è utile a creare espressioni complesse a partire da espressioni semplici; le parole singole, prima di confluire in gruppi di parole e frasi, si uniscono in parole composte da più parti. Justus Georg Schottel(ius) (1612-1676), membro autorevole della Fruchtbringende Gesellschaft, fu il primo grammatico tedesco nel vero senso della parola; era chiamato anche il “Chomsky barocco” per il suo interesse per la sincronia o “der Suchende” il ricercatore. Nel 1663, la sua opera Ausführliche Arbeit von der Teutschen HaubtSprache è il primo trattato esaustivo e sistematico del tedesco in quanto lingua primaria da un punto di vista storico e normativo in contrapposizione ai dialetti; scopre che la lingua tedesca ha poco lessico di base, ma molte parole di morfologia complessa; elabora quindi una dettagliata teoria della formazione delle parole tedesche, trattando in modo particolare la derivazione e la composizione; fornisce un indice alfabetico formato da 5000 vocaboli radicali, attribuendo ad essi una “forza generativa”, cioè la possibilità di creare sempre nuovi derivati tramite desinenze. Le parole formate si distinguono: 1. Secondo un criterio lessicologico in neologismi e parole già lessicalizzate 2. Secondo tre diversi meccanismi di formazione delle parole (la composizione, la derivazione, la conversione). La composizione è il metodo più utilizzato in tedesco e crea delle parole composte, che sono formate da almeno due parole (lessemi) che sono in genere facilmente riconoscibili dal punto di vista formale; il collegamento fra le due parti avviene a volte con l‘aggiunta di un segno di connessione, il cosidetto “Fugenelement”. Le parti costitutive delle composizioni classiche svolgono funzioni nettamente diverse: la parola base è la seconda perché determina il significato e le proprietà grammaticali del composto (classe e genere), mentre la prima parola è determinante perché riduce il campo semantico della parola base, quindi la specifica agendo come un attributo. Secondo un criterio lessicale, i composti possono essere occasionali (sono creati dalla creatività del parlante sulla necessità del momento di nominare nuovi fenomeni, ma sono destinati a scomparire subito dopo; necessitano di una struttura semantica trasparente e per questo sfruttano delle analogie con composti già esistenti; sono caratteristici di determinati registri e di determinate tipologie di testo, come il linguaggio giovanile, giornalistico e pubblicitario) e usuali (composti originariamente occasionali che entrano poi stabilmente nell’uso e non vengono più percepiti come giustapposizioni di parole autonome). Secondo un criterio semantico, i composti possono essere determinativi (hanno un ordine gerarchico tra la testa o determinato, che è l’elemento principale ed esprime il senso essenziale indicano le categorie grammaticali di genere e numero, e il modificatore o determinante, che aggiunge dettagli e restringe il campo semantico della testa; in italiano, l’ordine è testa + modificatore; in tedesco l’ordine è modificatore + testa) e copulativi (non hanno una gerarchia semantica perché entrambe le parole hanno lo stesso peso; l’ordine dei costituenti non è fisso, quindi si possono avere entrambe le versioni, ma solitamente uno dei due ordini è diventato convenzione e risulta l’unico possibile), o endocentrici (il nucleo semantico coincide con uno dei due elementi del composto) ed esocentrici (hanno un punto di riferimento esterno che non coincide con quello dei componenti; a volte sono chiamati anche composti possessivi perché si tratta di costruzioni pars pro toto, cioè che la parola ha al suo interno solo una parte dell’oggetto esterno a cui fa riferimento; in tedesco, il primo componente può essere o un aggettivo o un sostantivo, mentre il secondo è sempre un sostantivo). Secondo un criterio grammaticale, i composti possono essere nominali (sono i più frequenti, hanno un sostantivo come testa, mentre il modificatore può essere un altro sostantivo, un aggettivo, un verbo, una preposizione, un avverbio), verbali (hanno un verbo come testa, mentre il modificatore può essere un avverbio, una preposizione, un aggettivo, un sostantivo, un altro verbo), aggettivali (hanno un aggettivo come testa, mentre il modificatore può essere un sostantivo, un altro aggettivo, un verbo, una preposizione), avverbiali (sono i più rari, hanno un avverbio come testa, mentre il modificatore può essere un altro avverbio, un aggettivo, un sostantivo, una preposizione). I composti determinativi più comuni sono quelli con due nomi: il rapporto semantico che c’è tra la testa e il modificatore varia di volta in volta, è spesso condizionato dal contesto d’uso e va oltre la mera somma del significato dei due singoli elementi; rispetto alla testa, il modificatore può indicato il materiale, il luogo o la provenienza, la causa, lo strumento. Molti composti N+N presentano come testa un sostantivo derivato da un verbo, transitivo o intransitivo; in questi casi, il significato del composto è immediatamente ricavabile e il rapporto semantico all’interno del composto tra teste e modificatore è lo stesso che vige, nella corrispondente frase completa, tra il verbo e il complemento retto dal verbo stesso; questi composti vengono anche chiamati composti di reggenza; in altri casi però, la relazione tra i due elementi è molto indiretta e non è precostruita dalla semantica del verbo che sta alla base della testa, quindi il modificatore non indica più l’oggetto retto dal verbo, ma vari tipi di specificazione modale. Nella maggior parte dei composti nominali, i due componenti vengono uniti direttamente accostandoli senza aggiungere altro: succede se il modificatore (primo elemento) è una preposizione o un aggettivo; lo è quasi sempre con radici verbali che non coincidono con sostantivi ed un po’ meno spesso con altri sostantivi. A volte però, per unire i componenti, servono dei “morfemi di raccordo” (Fugenmorphem): -e-, -er-, -(e)n e -(e)s. Esistono alcune regole per l’uso del morfema di raccordo che si basano sulle caratteristiche morfologiche del modificatore: se un sostantivo forma il plurale in -e -er, il suo morfema sarà -e -er; se un sostantivo femminile terminante in -e forma il plurale in -n, il suo morfema sarà -n; se un sostantivo maschile forma un genitivo in -en, il suo morfema sarà -n; se un sostantivo ha i suffissi -ling -tum -heit -keit -schaft -ung -ion -ität o il prefisso -ge, il morferma sarà -s. Esistono anche dei composti complessi, cioè formati da più di due lessemi; si tratta però di un lessico non convenzionale, utilizzato nel linguaggio tecnico e accademico; per gli studenti della lingua tedesca, i composti con più di tre lessemi sono considerati dei mostri lessicale a causa della difficile segmentazione morfologica e semantica. Gli elementi nei quali una parola composta è scomponibile possono essere tra di loro in rapporto modale, comparativo, imperativo, ma può anche succedere che la parola abbia ormai acquisito un suo significato autonomo, lontano da quello dei singoli termini (lessemi) che la compongono; il rapporto fra gli elementi può quindi aver perso di attualità nel corso del tempo. Insieme alla composizione, la derivazione costituisce lo strumento più importante della lingua tedesca per la formazione delle parole. La derivazione è il termine impiegato dalla linguistica rispetto a un determinato procedimento per la formazione di nuove parole attraverso l‘utilizzo dei morfemi lessicali e dei morfemi grammaticali; il risultato è una parola derivata. I morfemi legati sono gli affissi. I suffissi hanno un significato puramente grammaticale, e solo alcuni hanno un significato lessicale che emerge solo nella contrapposizione tra coppie minime. I principali suffissi del tedesco: per formare nomi (-e da verbi e da aggettivi, -er da verbi e da nomi, -heit da aggettivi, -keit da aggettivi, - igkeit da aggettivi, -nis da verbi, -schaft da nomi, -tum da nomi, -ung, da nomi), per formare aggettivi (-bar da verbi, -haft da nomi, -ig da nomi, -isch da nomi, -lich da nomi, -los da nomi), per formare avverbi (-s da nomi, -weise da nomi e da aggettivi), per formare verbi (-ieren da nomi). I prefissi hanno anche un significato lessicale e i principali del tedesco sono: per formare i sostantivi (miss- negativo, un- negativo, ur- primitivo), per formare gli aggettivi (un- negativo, ur- primitivo e rafforzativo), per formare i verbi (inseparabili, con accento sulla radice verbale: be- transitivo, ent- privativo, er- risultativo, ver- risultativo, zer- modale, emp-, ge-, miss-) (separabili, con accento sulla particella che può esistere anche da sola con un suo significato: ab- allontanamento, an- contatto, auf- verticalità, aus-risultativo, ein- entrata, los- allontanamento, nach- ripetizione, vor- avanzamento, zu- chiusura, bei-, mit-) (alcuni prefissi verbali come über- durch- um- hinter- unter- wieder- possono essere sia separabili che inseparabili, con cambiamenti di significato) (i verbi composti da due verbi e da un verbo e un sostantivo sono sempre separabili: fernsehen, Karte spielen). Oltre ad affissi e suffissi, abbiamo anche i circonfissi che nascono nel momento in cui, durante la derivazione, si ha la combinazione di un prefisso e un suffisso; mediante circonfissi vengono derivati verbi (da sostantivi e aggettivi), sostantivi (da verbi), aggettivi (da verbi). Generalmente, i suffissi determinano e modificano la classe d’appartenenza della parola, a differenza dei prefissi; i prefissi possono essere portatori di accento a differenza dei suffissi; i suffissi sono il tipico procedimento di derivazione nominale e aggettivale, mentre i prefissi sono il tipico procedimento di derivazione verbale. Spesso è difficile dire se una parola sia un composto o un derivato: succede quando certi suffissi e prefissi sono, in realtà suffissoidi o prefissoidi, cioè quando uno dei due elementi del composto sia una parola lessicale, aggettivo o sostantivo, ormai ampliamente desemantizzata. La conversione si ha quando una parola viene ricategorizzata (passa da una categoria grammaticale ad un’altra) senza l’uso di alcun suffisso. Si può parlare anche di derivazione interna o di derivazione mediante suffisso zero (Nullableitungen). In tedesco, abbiamo le seguenti conversioni: da verbo a nome (il verbo viene privato della sua desinenza all’infinito, e raramente subisce un cambio vocalico, per diventare un sostantivo, quasi sempre maschile), da nome a verbo (molto usato nel tedesco attuale), da aggettivo a verbo. Vi sono poi casi in cui la conversione ha come base un’intera parola inclusi gli eventuali suffissi oppure un’intera espressione; si tratta però di conversioni occasionali. Esistono anche tipologie minori di formazione delle parole. La contaminazione è un particolare tipo di composizione in cui almeno una delle due parole risulta abbreviata; si tratta maggiormente di neoformazioni occasionali, con evidenti intenti scherzosi o satirici; solo in pochi casi la parola entra stabilmente nell’uso e in casi rarissimi la neoformazione è talmente convenzionalizzata da non essere più riconosciuta come tale. L’abbreviazione è un metodo di formazione delle parole che, partendo da una parola base già esistente, ne riduce la lunghezza; alcune abbreviazioni esistono solo nella lingua scritta e vengono sciolte durante la lettura, mentre altre abbreviazioni esistono anche all’orale e vengono formate in diversi modi: la parte iniziale della parola sta per il tutto (Uni < Universität), anche chiamata ellissi; la parte finale rappresenta la parola intera (Rad < Fahrrad); sequenza di singole indefinito - con indeterminativo 3. Un SN pronominale precede un SN non-pronominale 4. Il soggetto precede l’oggetto e l’oggetto indiretto precede quello diretto 5. Un SN con referente animato ne precede uno con referente inanimato 6. Soggetto e oggetto precedono tutti gli ulteriori dettagli circostanziali di tempo, causa, modo, luogo 7. I costituenti di minor peso semantico e sintattico precedono quelli di maggior peso. Il Nachfeld risulta occupato solo in alcune costruzioni con frasi secondarie finite e infinite o in frasi indicanti un paragone. Inoltre, in tedesco esistono 3 tipi di frase in base alla posizione del verbo: verbo in prima posizione, tipico delle frasi interrogative totali; verbo in seconda posizione, tipico delle frasi principali dichiarative; verbo in ultima posizione, tipico delle frasi secondarie introdotte da congiunzioni. Funzioni sintattiche e semantiche in una frase semplice. Il verbo può cambiare la funzione semantica della frase; in generale, esistono varie funzioni semantiche nella frase, dette anche ruoli semantici o ruoli tematici: l’agente è l’entità che compie volontariamente l’azione causando un mutamento dello stato delle cose, il paziente è l’entità che subisce l’azione, il beneficiario è l’entità che riceve qualcosa, lo strumento è l’entità usata per compiere una determinata azione o raggiungere un determinato stato, il possessore è l’entità a cui viene attribuita una determinata caratteristica o l’entità che ha la proprietà o il controllo di qualcosa, l’esperiente è l’entità che ha una percezione sensoriale o che prova un sentimento o che prende coscienza di qualcosa, l’origine è il punto di inizio di un movimento concreto o astratto, la meta è il punto di arrivo di un movimento concreto o astratto. Le funzioni sintattiche corrispondono alle tradizionali parti grammaticali del discorso e hanno tendenzialmente delle correlazioni con le funzioni semantiche, anche se non automaticamente. Il soggetto è indipendente dal SV e mostra congruenza col verbo finito in numero e persona (qualora infatti noi lo modificassimo e ci ritrovassimo comunque davanti ad un frase sensata, allora non si tratterebbe di un soggetto); l’interrogativa parziale che lo regge è wer/chi o was/cosa; il soggetto è sempre declinato al nominativo, il che può creare problemi quando altri elementi sono declinati in altri casi formalmente identici a quelli declinati al nominativo o quando sono presenti altri nominativi che non sono soggetti; a volte il soggetto può anche essere un’intera frase secondaria; di norma il soggetto corrisponde all’agente, ma si possono avere frasi passive dove il soggetto corrisponde al paziente o frasi in cui lo strumento diventa soggetto. L’ oggetto diretto corrisponde normalmente al paziente e viene declinato all’accusativo; risponde all’interrogativo parziale wen/chi o was/cosa; se la frase viene passivizzata, l’oggetto diventa soggetto della frase passiva. L’oggetto indiretto è alle dipendenze del relativo verbo e fa obbligatoriamente parte della struttura frasale; corrisponde normalmente al beneficiario ed è declinato normalmente al dativo - rispondendo agli interrogativi parziali wem/ a chi e was/ a cosa - o raramente al genitivo - con l’interrogativo wessen; nelle frasi passive, l’oggetto indiretto non cambia. Un cospicuo numero di verbi regge accusativo e dativo, un po’ meno numeroso di quelli che reggono solo il dativo. Inoltre esso va differenziato dal dativo libero: è facoltativo perché è legato a verbi che non rimandano subito ad un beneficiario; esistono più tipi di dativi liberi: dativus commodi (indica l’entità avvantaggiata dall’azione e può essere sostituito con la costruzione “zum Vorteil von” – a vantaggio di), dativus incommodi (indica l’entità svantaggiata dall’azione e può essere sostituito con la costruzione “zum Nachteil von” – a svantaggio di), dativo possessivo (indica un’entità posseduta o che fa parte di qualcos’altro e può essere sostituito con un pronome possessivo), dativus iudicantis (esprime un’opinione e un punto di vista personale), dativus ethicus (indica una persona coinvolta nell’azione a livello emotivo). L’ oggetto preposizionale consiste in una preposizione, fissata idiomaticamente in dipendenza del verbo e in un sintagma nominale; spesso le preposizioni facenti parte di un sintagma preposizionale perdono il loro originale significato semantico, hanno una semantica ridotta, non possono essere sostituite da altre preposizioni e sono sempre fissate ad uno stesso ; la sostituzione invece è possibile con quelle preposizioni che ancora conservano il loro significato, e cioè quando esse sono indipendenti dal verbo. Il predicato è considerato, insieme al soggetto, un costituente indispensabile di una frase e indica di solito un’azione, un avvenimento o un processo riferiti al soggetto; sintatticamente, il predicato è costituito da tutte le forme verbali finite e non finite di una determinata frase e può essere semplice (solo il verbo principale) o complesso (assieme ai suoi ausiliari). Il predicativo è il complemento che indica proprietà riferite al soggetto o all’oggetto della frase; può esistere con verbi copulativi (sein, werden, bleiben) che collegano il soggetto ad un aggettivo o nome, con verbi estimativi (finden) che esprimono un giudizio o con verbi appellativi (nennen) che denominano; esiste anche il predicativo libero, indipendente dal verbo, che specifica uno stato temporaneo del soggetto o dell’oggetto. Il complemento avverbiale aggiunge dettagli sul tempo, luogo, modo, causa, fine; il più delle volte risulta facoltativo, ma a volte è obbligatorio. L’attributo è un sub-costituente facoltativo che determina un SN; può essere costituito sintatticamente mediante strutture diverse: aggettivo o participio aggettivale, frase relativa, SN al genitivo, SP, SAvv, SN appositivo, che riprende il caso del SN principale. Frase principale e frase secondaria. La frase principale è una frase autonoma che può stare da sola o una frase che, nel periodo complesso, non dipende da nessun’altra frase. La frase secondaria è una frase che dipende da un’altra frase nel periodo e che di regola non può stare da sola. In tedesco, l’una è riconoscibile dall’altra in quanto la principale ha sempre il verbo finito in II posizione (eccezion fatta per le interrogative totali e certe esclamative), mentre invece le secondarie all’ultima (eccezion fatta per alcune introdotte senza congiunzioni); spesso però, specialmente nella lingua parlata, alcune secondarie - come quelle introdotte da weil/perché o obwohl/ - presentano il verbo in seconda posizione. In frasi più complesse, piuttosto che di frasi principali e secondarie, si creano distinzioni tra frasi sovraordinate e subordinate per sottolineare il fatto che da una frase secondaria possono dipendere altre secondarie. : ciò accade quando ci sono delle subordinate che si subordinano ad altre subordinate - queste ultime ad un gradino più alto, chiamate appunto sovraordinate. A volte, queste frasi complesse possono essere lette con più interpretazioni, rendendo difficile il riconoscimento della sovraordinata e della subordinata. La coordinazione mette assieme più frasi o costituenti principali, o anche secondari, purché stiano allo stesso livello; essa avviene mediante le congiunzioni additive (und), disgiuntive (oder), avversative (aber, sondern) e causali (denn); quando il significato non cambia, le frasi possono essere invertite d’ordine, ma a volte l’inversione non può avvenire perché si andrebbe a ledere dei collegamenti temporali o temporali-causali. La subordinazione invece avviene tra una frase (principale o già subordinata ad una principale) ed una subordinata che dipende gerarchicamente dalla prima; in questo caso l’inversione d’ordine non cambia il senso perché i rapporti tra le frasi vergono esplicitati. Una frase secondaria può svolgere vari ruoli sintattici nel periodo complesso. Le soggettive, introdotte dalla congiunzione subordinante dass, sono frasi secondarie che costituiscono il soggetto dell’intero periodo; se la secondaria viene posposta, ha bisogno di un pronome cataforico come es o dass. Le oggettive, introdotte dalla congiunzione subordinante dass, sono frasi secondarie che costituiscono l’oggetto dell’intero periodo; le oggettive, a differenza delle soggettive, se posposte non necessitano alcun pronome cataforico; dass inoltre può introdurre una frase con funzione di oggetto preposizionale, dove l’avverbio preposizionale si rende necessario quando si ha la posposizione della secondaria. Le frasi introdotte da un pronome interrogative possono essere Soggetto, Oggetto e Oggetto Preposizionale. Le relative possono fungere da attributo, di cui ne esistono due tipi: la relativa determinativa che contiene informazioni che servono a identificare l’antecedente identificandone il senso e la relativa appositiva che fornisce informazioni supplementari riguardo ad un antecedente giù identificato univocamente. Le attributive possono inoltre essere introdotte da ob e dass. Numerose secondarie possono fungere infine da complemento avverbiale; le avverbiali svolgono tante funzioni. Le temporali esprimono la relazione cronologica tra più azioni, con congiunzioni di contemporaneità (während, indem, als, solange, sobald, sowie, sooft, wie, wenn), posteriorità (nachdem, seit, seitdem, als, sobald, sowie, wenn) e anteriorità (bis, bevor, ehe). Le locative indicano il luogo o la direzione in relazione ad un evento (wo, wohin, woher). Le modali indicano il modo con cui si svolge una determinata azione o evento (indem, wie, dadurch dass, sodass, als ob) o la mancanza di tale modalità (ohne dass, (an)statt dass). Le avversative esprimono un contrasto o un rapporto di incompatibilità (während, wogegen, wohingegen, wo, wenn). Le causali indicano la causa di un determinato evento o il motivo di un’azione (weil, da, zumal, dafür, dass). Le finali esprimono lo scopo di una determinata azione. Le consecutive indicano la conseguenza di un determinato fatto o l’effetto che ne scaturisce (dass, sodass, als dass). Le condizionali (facenti parte del cosiddetto periodo ipotetico) esprimono la condizione necessaria per l’avverarsi di un determinato (wenn, falls, sofern, soweit) e possono essere reali o irreali. Le concessive descrivono una causa che si trova in contrasto con un effetto apparentemente inatteso (obwohl, obgleich, obschon, obzwar, wenngleich, wenn…auch, auch wenn, selbst wenn, wiewohl, gleichwohl). Le congiunzioni dei vari tipi di frasi avverbiali sono caratterizzate da: sinonimia tra congiunzioni (una relazione logico-semantica può essere espressa da congiunzioni differenti che presentano differenze solamente stilistiche), polifunzionalità delle congiunzioni (alcune congiunzioni possono esprimere più di una relazione logico-semantica), struttura morfologica delle congiunzioni (una parte delle congiunzioni subordinanti coincide morfologicamente con altre classi di parole). Interpunzione. Il punto fermo indica la conclusione definitiva della struttura sintattica, frase completa o periodo complesso. Il punto e virgola ha una funzione coordinativa; unendo due frasi, segna la conclusione della prima indicando nel contempo che ne seguirà una analoga strettamente collegata dal punto di vista del significato. I due punti ci segnalano che la struttura seguente è in relazione con la precedente ma non sullo stesso livello gerarchico. La virgola ha tre funzioni principali: coordinativa (unisce strutture sullo stesso livello gerarchico in assenza di una congiunzione coordinante), delimitativa (delimita frasi secondarie sia finite che non finite), evidenziativa (mette in risalto elementi a inizio o fine frase, o viene usata per gli incisi). FATTI SULLA GERMANIA I Länder federali. La Repubblica Federale di Germania è formata da 16 Länder federali. Baden-Württemberg: la capitale di questa regione è Stoccarda. È al primo posto tra le sedi europee di alta tecnologia: la regione è infatti famosa per la sua gente ingegnosa (Robert Bosch, Carl Benz); è anche una zona rinomata per i suoi vini e i suoi cuochi di grande abilità. Baviera: la regione di Monaco (capitale della regione) è principalmente conosciuta per la sua Oktoberfest, ma vi sono anche vini di prestigio e le meraviglie delle Alpi attirano gente da tutto il mondo; oltre ad una grande tradizione folkloristica, la Baviera può contare su una forte economia, infatti è sede di marche di fama mondiale (BMW, Audi, Siemens) e Monaco è la città tedesca dove è possibile trovare il maggior numero di case editrici. Berlino: capitale della Germania dal 1458, Berlino è al centro dell’interesse mondiale grazie alla sua isola dei musei (il maggiore complesso museale d’Europa), per la sua Berlinale (un festival del cinema annuale) e per la sua economia (ditte come Philip Morris); oltre ad essere una capitale turistica, Berlino vanta anche una forte presenza di studenti (conta 17 università e scuole superiori). Brandeburgo: la regione boscosa di Potsdam (capitale della regione) circonda la capitale ed è un’importante meta turistica grazie agli splendidi castelli degli Hohenzollern e agli edifici di costruzione olandese e ugonotta; oggi Brandeburgo è una regione molto cosmopolita, accogliendo un’industria del cinema di stampo hollywoodiano, l’Università Europea Vladrina a Francoforte sull’Oder e le sedi di numerosissime aziende straniere. Brema: si tratta del più piccolo Land della Germania, formato dalla capitale Brema e dalla città di Bremerhaven; il primo datore di lavoro nella zona è DaimlerChrysler che importa ed esporta più di mezzo milione di veicoli del Reich del 1849 e dava ai tedeschi più diritti democratici rispetto alle monarchie liberali modello dell’epoca (Gran Bretagna e Belgio). Si può quindi parlare di una democratizzazione parziale della Germania nel XIX secolo. Solo nell’ottobre 1918, visto che non c’erano più dubbi sulla sconfitta militare della Germania nella prima guerra mondiale (disputata tra il Reich tedesco e l’Austria-Ungheria da un lato, e le forze dell’Intesa – Francia, Gran Bretagna, Russia, Serbia- dall’altro), venne compiuta la decisiva modifica costituzionale che rendeva il cancelliere dipendente dalla fiducia del Reichstag; ciò doveva servire a rendere le democrazie occidentali vincitrici più propense a concedere una pace clemente e a prevenire una rivoluzione dal basso. Tuttavia, la rivoluzione dal basso scoppiò nel novembre 1918, poiché gran parte dell’esercito non fu disposta a sottomettersi alla guida politica dei parlamentari. L’imperatore Guglielmo II firmò quindi la dichiarazione di abdicazione. In un paese che da circa mezzo secolo conosceva il suffragio universale e uguale per gli uomini, la posta in gioco era la democrazia. Il 9 novembre 1918, venne proclamata la Repubblica di Weimar, uno stato federale democratico. La continuità tra il Reich e la repubblica di Weimar era notevole: l’istituto della monarchia continuava in forma modificata poiché il presedente, eletto dal popolo, aveva una carica con poteri così forti da essere chiamato sostituto dell’imperatore; dal punto di vista morale, non c’era stato nessun taglio con il Reich e non ci fu nessuna riflessione sul problema della responsabilità della guerra (dopo l’assassinio del pretendente al trono austro-ungarico a Sarajevo, il 28 giugno 1914, la classe politica dirigente del Reich aveva inasprito appositamente la crisi internazionale ed era la principale responsabile dello scoppio della prima guerra mondiale). Come conseguenza della mancanza di riflessioni si formò la leggenda secondo cui la Germania non era colpevole dello scoppio della guerra e che era stata sconfitta perché tradita. Il trattato di pace di Versailles, che la Germania fu costretta a firmare il 28 giugno 1919, venne visto da tutti come un’ingiustizia che gridava vendetta; ciò dipendeva dalle cessioni di territorio alla Polonia, dalla perdita delle colonie, dalle riparazioni della guerra e dalle restrizioni militari. Si considerava ingiusta anche la decisione di proibire l’unione dell’Austria; ma i divieti di annessione contenuti nei Trattato di pace di Versailles e di Saint-Germain non poterono impedire che l’idea di un grande stato tedesco riprendesse forza, poiché i governi di Vienna e di Berlino si dichiararono a favore dell’unione delle due repubbliche di lingua tedesca. La democrazia di Weimar esistì solo per 11 anni e alla fine del 1930 cadde l’ultimo governo di maggioranza guidato dal socialdemocratico Herman Muller. Alle elezioni del Reichstag del 14 settembre 1930, il partito nazionalsocialista di Adolf Hitler conquistò il secondo posto; l’ideologia di questo movimento era basata sui valori di razza e popolo, antisemitismo e nazionalismo. Hitler presentava il suo movimento quale unica alternativa popolare a tutte le manifestazioni del “marxismo”. Egli era in grado di appellarsi a due fattori: al diffuso risentimento contro la democrazia parlamentare, e al diritto di partecipazione del popolo attraverso il suffragio universale e uguale garantito fin dai tempi di Bismarck. Dopo le elezioni del 1932, quando il partito comunista ebbe grande successo, per timore di una guerra civile, il 30 gennaio 1933 il presidente del Reich nominò Hitler Cancelliere del Reich al vertice di un gabinetto prevalentemente conservatore. Con la legge sui pieni poteri inizia il III Reich, i dodici anni di dittatura nazionalsocialista, caratterizzato dal regime di terrore e di controllo nei confronti di e ebrei e di chi la pensava diversamente. Hitler si guadagnò il sostegno di gran parte della classe operaia, perché in pochi anni riuscì ad eliminare la disoccupazione di massa. Mantenne questo sostegno anche durante la Seconda guerra mondiale, facendo risparmiare alla massa dei tedeschi disagi sociali simili a quelli della Prima Guerra mondiale grazie all’implacabile sfruttamento delle forze lavoro e delle risorse nei territori occupati. I grandi successi internazionali (occupazione della Renania e annessione dell’Austria) degli anni precedenti la guerra fecero crescere a livelli record la popolarità del Führer tra tutti i ceti della popolazione. Nelle campagne elettorali dei primi anni 30, Hitler non rinnegò la sua ostilità verso gli ebrei, però non la mise in primo piano. La privazione dei diritti degli ebrei tedeschi per mezzo delle leggi razziali di Norimberga del settembre 1935 non incontrò nessuna opposizione; i brutali atti di violenza della cosiddetta “notte di cristallo” del 9 novembre 1938 suscitarono impopolarità, mentre non la provocò affatto l’arianizzazione di proprietà degli ebrei, una enorme ridistribuzione del patrimonio. Sull’Olocausto, il sistematico annientamento degli ebrei europei durante la seconda guerra mondiale (il 1° settembre 1939, Hitler invase la Polonia senza dichiarazione di guerra, così la Gran Bretagna e la Francia dichiararono guerra alla Germania; il fallimento della strategia della guerra lampo e l’entrata in guerra degli USA provocarono la fine della spietata politica di espansione della Germania e dei suoi alleati), si venne a sapere più di quanto il regime avesse voluto. Il crollo del Reich della grande Germania di Hitler nel maggio 1945 significò per la storia tedesca una cesura molto più profonda della caduta del Reich nel novembre 1918. Dopo la resa incondizionata alla fine della seconda guerra mondiale, la decisione sul futuro della Germania passò nelle mani delle quattro potenze occupanti: Stati Uniti, Unione Sovietica, Gran Bretagna e Francia. Nel 19455 la classe dirigente politica e militare venne spodestato e i suoi rappresentanti rimasti in vita vennero trascinati in giudizio davanti al tribunale militare internazionale di Norimberga (i processi di Norimberga). Nell’Est, la Repubblica democratica tedesca (DDR) fondata nel 1949 nella zona di occupazione Sovietica della Germania e nel settore orientale di Berlino, si svilupparono conclusioni antifasciste, necessarie per legittimare la dittatura di un partito di impronta marxista-leninista. La rottura con i principi della dittatura nazionalsocialismo dovette compiersi soprattutto con l’esproprio di proprietari terrieri e di industriali. Dopo il 1945 solo una parte della Germania, quella occidentale, ricevette una seconda chance di optare per la democrazia. Rappresentanti dei parlamenti liberamente eletti nella zona di occupazione americana, nonché britannica e francese, riuniti a Bonn nel 1948-49 nel Consiglio Parlamentare, misero a punto una Costituzione: la legge fondamentale per la Repubblica Federale di Germania. La seconda democrazia tedesca doveva essere una democrazia parlamentare funzionante, con un Presidente federale con poche competenze e con un cancelliere federale forte e destituibile solo attraverso una mozione di sfiducia costruttiva, cioè con l’elezione di un successore. La legge fondamentale dichiarò guerra in via preventiva ai nemici dichiarati della democrazia, arrivando fino a punirli con la perdita dei diritti fondamentali e servendosi della corte costituzionale federale per vietare la fondazione di partiti anticostituzionali. Le basi dello stato furono fissate in modo da essere sottratte anche alle intenzioni di una maggioranza che mirasse a modifiche costituzionali, era quindi impossibile una eliminazione legale della democrazia. Negli anni ’50 e ’60 del XX secolo, la Repubblica Federale conobbe un periodo di rapida ripresa economica, passato alla storia come miracolo economico, favorito dal Piano Marshall, il programma di aiuti organizzato dall’omonimo politico statunitense in favore dei paesi occidentali. Ludwig Erhard, il primo ministro federale dell’economia, permise il rapido inserimento dei quasi otto milioni di profughi dagli ex territori orientali del Reich tedesco e contribuì in modo decisivo a far smussare le differenze di classe e di confessione e a trasformare i grandi partiti democratici in partiti popolari come l’Unione Cristiano Democratica (CDU) e l’Unione Cristiano Sociale (CSU). Nella repubblica di Weimar la destra era nazionalista, mentre la sinistra aveva un indirizzo internazionalista. Invece nella Repubblica Federale, le forze del centro destra sotto il primo cancelliere federale Konrad Adenauer erano per una politica di amicizia con l’ovest e per l’integrazione internazionale dell’Europa occidentale, e la sinistra moderata, la socialdemocrazia guidata dal primo presidente di partito del dopoguerra Kurt Schumacher si diede un marcato profilo nazionale, attribuendo alla riunificazione la precedenza rispetto all’integrazione occidentale. Solo nel 1960 la SPD si avvicinò ai trattati occidentali che nel 1955 avevano reso possibile l’adesione della Repubblica federale alla NATO. Fu solo sul terreno dei trattati occidentali che nel 1966 riuscirono ad entrare come nuovo partner in un governo di grande coalizione, per iniziare tre anni dopo con il primo cancelliere socialdemocratico Willy Brandt quella nuova “nuova Ostpolitik” che permise alla Repubblica Federale di portare un contributo proprio alla distensione tra est e ovest e avviando un rapporto regolato da trattati con la DDR. I trattati firmati con i paesi dell’Est tra il 1970 e il 1973 dal governo social-liberale Brandt-Scheel erano una risposta al consolidamento della divisione della Germania con il Muro di Berlino, costruito il 13 agosto 1961. L'obiettivo più importante per la Repubblica federale doveva essere quello di rendere più tollerabili le conseguenze della divisione, difendendo la saldezza dei legami della nazione. La ricostruzione dell’unità tedesca rimase un obiettivo ufficiale della Repubblica Federale. Negli anni 80 però l’ordine stabilitosi nel dopoguerra cominciò pian piano a vacillare. Nel gennaio 1987 il nuovo Segretario generale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica espresse la necessità della democrazia. Questo messaggio spronò gli attivisti per i diritti civili in Polonia e Ungheria, nella Cecoslovacchia e nella DDR. Nell'autunno 1989 la pressione esercitata dalle proteste nella Germania orientale divenne tanto forte che il regime comunista si sarebbe potuto salvare solo mediante un intervento militare dell’Unione Sovietica, che Gorbaciov non era disposto ad attuare. La conseguenza fu che i dirigenti del partito di Berlino est capitolarono davanti alla rivoluzione pacifica nella DDR: il 9 novembre 1989 cadde il Muro di Berlino, simbolo della schiavitù e della Guerra Fredda. Dopo l’apertura del muro nel 1989 trascorsero ancora undici mesi prima della riunificazione della Germania. Nelle prime ed ultime libere elezioni della Volkskammer (il parlamento della DDR) svoltesi il 18 marzo 1990 i tedeschi dell’est votarono in grande maggioranza per i partiti che reclamavano una rapida adesione della DDR alla repubblica federale. Questa venne stipulata nell’estate 1990 con un trattato tra i due stati tedeschi. Nel Trattato-due-più-quattro la Repubblica federale e la DDR si accordarono con le quattro potenze sulle condizioni necessarie per realizzare l’intera unità tedesca, quelle riguardanti la politica internazionale e quelle relative alla politica di sicurezza; si è optato per una piccola Germania. Per quanto riguarda la rivendicazione “unità in libertà” essa poté essere risolta solo di comune accordo con tutti i paesi confinanti; la questione polacca venne risolta con il riconoscimento definitivo e internazionalmente vincolante della frontiera occidentale della Polonia lungo i fiumi Oder e Neiße. La Germania riunificata si considera uno stato nazionale democratico postclassico, saldamente legato alla confederazione degli Stati dell’Unione Europea, dentro la quale parti della sovranità nazionale vengono esercitate insieme ad altri stati membri. Il sistema politico. Il sistema politico della Repubblica Federale di Germania è la seconda democrazia nella storia tedesca, che si rivela subito un successo per molti motivi: alta considerazione della vita in libertà, desiderio di apprezzamento da parte dei vicini democratici. La Legge Fondamentale, approvata dal Consiglio Parlamentare nel 1949, è l’ordinamento giuridico e politico della Repubblica Federale di Germania; essa raccoglie le conseguenze tratte dal fallimento della prima democrazia (la Repubblica di Weimar), e sin da subito cerca di riunificare le due parti dello stato divise alla fine della Seconda Guerra Mondiale. La Legge fondamentale vincola la legislazione all’ordinamento costituzionale e l’amministrazione dello Stato alla legge e al diritto. L’articolo 1 sancisce la dignità umana come bene supremo da tutelare e difendere, ed altri diritti fondamentali (libertà d’azione, uguaglianza, libertà della stampa e dei media, libertà di riunione, tutela della famiglia). Il popolo esercita il potere delegandolo ad organi specifici secondo la forma di governo della democrazia rappresentativa. La Legge fondamentale dichiara inoltre che la Germania è uno stato di diritto perché tutte le attività e le istituzioni sono sotto il controllo della legge. La Germania si costituisce come uno Stato Federale: il potere viene diviso tra lo Stato centrale e gli Stati membri (i Länder), che dispongono di un potere statale autonomo ma limitato. Inoltre, la Repubblica si definisce come uno Stato sociale perché garantisce a tutti i cittadini i mezzi di sostentamento necessari per condurre una vita dignitosa anche in disabilità, malattia, vecchiaia e disoccupazione. La Legge Fondamentale è caratterizzata dal “carattere definitivo”, secondo cui nessun principio base Federale, dal Bundestag (se un terzo dei membri presenta ricorso), dal Bundesrat, dal Governo federale, dai deputati e dalle fazioni e dai governi dei Länder. La Corte costituzionale federale interviene in difesa dello Stato federale e della divisione dei poteri secondo i dettami della Legge fondamentale. Anche i singoli cittadini possono presentare un ricorso costituzionale che la Corte può decidere se analizzare o meno, selezionando quelli che lasciano prevedere delle sentenze normative per la validità dei diritti fondamentali. Ogni corte tedesca ha, inoltre, il dovere di ricorrere alla Corte costituzionale federale se ritiene anticostituzionale una legge. La Corte, in effetti, ha il monopolio nell’interpretazione della Costituzione per tutta la giurisdizione. Spesso è capitato che la Corte costituzionale federale dichiarasse che il diritto europeo debba soddisfare i criteri della Legge fondamentale prima che la Germania trasferisca all’Unione Europea dei diritti politici, creando alcuni contrasti tra lo Stato e l’istituzione. Politica estera. Il XX secolo fu ricco di sconvolgimenti che videro la Germania come una protagonista indiscussa di tre conflitti mondiali e dello scioglimento dell’ordine politico bipolare alla fine degli anni 80. Per la Germania riunificata (approfittando degli sviluppi politici) si apriva un periodo di sfide su più livelli: doveva gestire la nuova situazione a livello nazionale ma anche confrontarsi con un nuovo ruolo nella politica estera, i cui obiettivi erano il mantenimento della pace e della sicurezza nel mondo, la prevenzione di conflitti e il controllo degli armamenti, la difesa dei diritti umani e un’economia mondiale aperta a tutti. Se il nuovo orientamento unitario della Germania della fine degli anni Ottanta riuscì, fu anche grazie ai fondamenti della politica estera tedesca, consolidati fin dalla fondazione della Repubblica Federale. L’orientamento sul consenso internazionale e su determinate continuità era (ed è) una prerogativa dello stato tedesco. Il primo Cancelliere tedesco, Konrad Adenauer, riuscì ad ottenere un’alleanza transatlantica che favorì l’integrazione europea dello Stato federale. Spinti dal desiderio di rapporti di buon vicinato, i tedeschi si sono sempre proiettati verso le relazioni internazionali, in special modo con la Francia e con Israele, seguendo un difficile processo di riconciliazione. Dalla fine degli anni Sessanta, venne completato un orientamento verso Ovest mediante una politica dell’equilibrio con la Polonia, la Russia e gli altri stati dell’Europa orientale e centro-orientale. La base della politica estera tedesca, tuttavia, è la completa integrazione del paese nelle strutture della collaborazione multilaterale sostenuta dai paesi confinanti, che volevano evitare ulteriore violenza e iniziative solitarie dei tedeschi, e dal bisogno elementare dei tedeschi di vivere in pace, sicurezza, benessere e democrazia. Per questo, alla fine della Guerra Fredda, la Germania si concentrò su quelle organizzazioni internazionali che avevano già sostenuto la vecchia Repubblica Federale: l’Unione Europea, l’Alleanza Nordatlantica (NATO), le Nazioni Unite (ONU). La Germania è sempre stata a favore delle adeguate riforme delle organizzazioni internazionali. È il paese più impegnato dal punto di vista politico, economico e militare in ambito internazionale ed è estremamente vincolata dalla collaborazione multilaterale. La politica estera tedesca tiene conto dell’enorme aumento della responsabilità del paese a livello mondiale: si impegna a favore di una riforma delle strutture dell’ONU, tra cui un seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza. In effetti, per la Germania la creazione di una propria struttura europea di difesa è un contributo essenziale per il rafforzamento e la stabilità della NATO, in quanto permetterebbe di gestire in maniera autonoma le varie zone di conflitto nel mondo. Questa posizione si è rafforzata ulteriormente dopo gli attentati terroristici dell’11 settembre 2001, quando la Germania ha prontamente offerto solidarietà illimitata all’America. Dal 2002, la Germania partecipa con un’ingente truppa all’ISAF (Forza Internazionale per il mantenimento della pace in Afghanistan), nonostante la riforma delle forze armate tedesche non sia ancora compiuta. La politica estera tedesca reclama anche la creazione di strutture civili, dispensa ingenti aiuti per il superamento delle catastrofi, esporta la democrazia nel mondo, protegge i diritti umani tramite la pace e il dialogo e lotta contro il terrorismo su scala globale. Inoltre, la Germania è interessata a nutrire rapporti di buon vicinato con gli altri membri dell’Unione Europea e i paesi dell’Europa orientale. Pper questo, l’integrazione e l’esercizio di una politica tesa a raggiungere il bene comune sono due punti cardine dell’attività tedesca. La storia dell’integrazione europea. 1950, il ministro degli esteri francese Robert Schuman annuncia la sua intenzione di unificare pacificamente l’Europa. 1951, Belgio, Repubblica Federale di Germania, Francia, Italia, Lussemburgo e Olanda firmano a Parigi il trattato di fondazione della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA). 1957, i sei stati della CECA firmano i Trattati di Roma, fondando la Comunità Economica Europea (CEE) e la Comunità Atomica Europea (EURATOM). L’obiettivo era lo sviluppo delle economie dell’Europa Occidentale tramite la collaborazione e il commercio tra i paesi fondatori. Questo progetto attirò le nuove democrazie, cosa che permise un notevole allargamento degli orizzonti comuni. La Commissione Europea nasce con l’obiettivo di porsi al di sopra degli interessi dei singoli stati, al fine di garantire l’imparzialità del Mercato Comune che si cercava di stabilire. 1990, il Trattato di Schengen elimina i confini interni alla comunità per permettere la libera circolazione di merci, servizi, capitali e lavoro, raggiungendo così l’unione doganale aspirata sin dall’inizio. 1992, i Trattati di Maastricht sanciscono la nascita dell’Unione Europea così come la conosciamo noi oggi. Per salvaguardare ulteriormente il mercato, nel 2002 l’Euro fa la sua apparizione, insieme ad una politica monetaria adeguata alla situazione. L’UE è formata da alcuni organi: il Consiglio Europeo (stabilisce le direttive generali della politica europea), la Commissione Europea (è un organo internazionale politicamente indipendente che rappresenta e tutela tutti gli interessi dell’unione, assicurandosi che venga rispettato il diritto comunitario), il Parlamento Europeo (è formato dai deputati eletti direttamente dalla popolazione degli stati membri e ha competenze legislative e poteri in materia di bilancio e di controllo dell’esecutivo), il Consiglio dell’Unione Europea (è l’organo legislativo e conclude accordi internazionali precedentemente negoziati dalla commissione). La Germania è uno dei maggiori investitori in campo europeo: il mercato tedesco si fa carico di circa il 21% del bilancio dell’UE, sostenendo tramite le sue aziende gran parte delle spese europee. Proprio per questo, la politica tedesca è a favore di un moderato budget dell’Unione che permetta di continuare lo sviluppo dinamico degli stati membri, dimostrandosi disposta a sforzi e concessioni particolari. La Germania vorrebbe un futuro ben preciso per l’Unione Europea: innanzitutto, vorrebbe un rafforzamento del ruolo politico internazionale dell’Unione poiché la difesa dei membri dovrebbe essere considerata un compito comunitario, e vorrebbe un Parlamento Europeo più forte e trasparente. Inoltre, la Germania ritiene giusto affrontare le questioni di politica estera e di sicurezza con altre maggioranze stabili (membri dell’UE, per l’appunto), e richiede quindi una maggiore capacità operativa dell’UE, al fine di rispettare i nuovi equilibri tra gli stati membri. Economia. La Germania è un’economia di mercato sociale: la Legge fondamentale sancisce che lo Stato debba permettere il libero gioco delle forze del mercato, pur assicurando una rete sociale di salvaguardia (es. il principio di sussidiarietà che aiuta chi è in difficoltà). La Germania è una delle nazioni industriali più sviluppate al mondo, è al terzo posto nel ranking mondiale (dopo USA e Giappone) e la piazza più importante nell’Unione Europea. Il suo profitto è dovuto soprattutto al commercio con l’estero. Infatti, è uno dei maggiori esportatori al mondo. Il motore dell’esportazione tedesca è l’industria (84% delle esportazioni totali), i cui principali centri sono il bacino della Ruhr, le aree metropolitane di Monaco e Stoccarda, Francoforte sul Meno, Colonia, Amburgo e Lipsia. Il tenore di vita in Germania è molto elevato e i prezzi sono generalmente molto stabili. Gli unici problemi che deve fronteggiare lo stato federale attualmente sono nel settore della previdenza sociale e nel mercato del lavoro. Per il suo avanzamento tecnologico e per la sua posizione geografica centrale, gli investitori stranieri sono attratti dalla piazza economica tedesca. La legislazione affidabile, l’infrastruttura ben sviluppata, il calo dell’onere tributario per aziende e privati e la forza lavoro estremamente preparata si aggiungono ai motivi per cui la Germania è un paese di grandi investimenti. Per quanto riguarda il lavoro, lo Stato federale detta le condizioni generali, ma sono i singoli partner tariffari che trattano i contratti in autonomia, a partire dai salari, per finire alle ferie e all’orario di lavoro; ad aiutare i dipendenti durante la stesura dei contratti di lavoro ci sono le associazioni dei datori di lavoro; la prima associazione di sindacati è la Federazione dei Sindacati Tedeschi (DGB), che rappresenta gli interessi di otto sindacati associati; grazie a questo sistema ci sono davvero pochi scioperi in Germania, anche perché la disoccupazione è una delle maggiori sfide per la politica tedesca, che viene arginata tramite riduzione dei costi del salario, una riforma del diritto del lavoro, tutela contro il licenziamento e investimenti nella qualificazione giovanile; la grande maggioranza in Germania lavora nel settore terziario e nell’industria manifatturiera. Riguardo ai trasporti, la Germania ha un’infrastruttura ben sviluppata che permette di trasportare merci a lunga distanza e la mobilità internazionale è garantita anche dall’aeroporto di Francoforte sul Meno, il maggiore scalo europeo. In questo paese, le tasse e gli oneri fiscali sono inferiori alla media e attraggono numerosi investitori esteri. La Germania è anche la piazza economica più interessante d’Europa per la ricerca e lo sviluppo; grazie ad un alto livello di istruzione, ad una produttività elevata e ad un’intensa collaborazione tra industria, scienza e ricerca, la Germania è il leader del mercato in molti settori dell’industria e del commercio; la formazione all’interno dell’azienda è preceduta dall’apprendimento scolastico, e permette di ottenere una formazione di qualità notevole. Da diversi anni l’economia tedesca sta cambiando: l’industria sta cedendo il passo al settore terziario (il suo rapidissimo progresso fa crescere in modo esponenziale l’importanza delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione), restando tuttavia il pilastro dell’economia. Infatti, i più importanti settori sono l’industria automobilistica (il primo settore dell’esportazione tedesca, con il 40% del totale, grazie ai sei grandi produttori: Volkswagen, Audi, BMW, DaimlerChrysler, Porsche e Opel; i clienti apprezzano molto le innovazioni in questo campo, e la Germania è uno dei primi fornitori di novità), il settore elettrotecnico, l’industria meccanica e quella chimica. Negli ultimi anni, alcuni settori tradizionali (industria siderurgica e industria tessile) hanno subito un brusco calo a causa dello spostamento dei mercati di vendita e della pressione dei paesi a salari bassi, o ancora per la fusione di alcune ditte (incorporate o passate ad imprese straniere). Tuttavia, la grande competitività dell’economia tedesca risiede nelle piccole e medie imprese dell’industria manifatturiera, meccanica, accessoria e nei nuovi ambiti della nanotecnologia e della biotecnologia. Essendo orientata all’esportazione, la Germania è molto interessata ai mercati aperti. I suoi principali partner sono la Francia, gli USA e la Gran Bretagna. Tuttavia, il paese si sta aprendo al commercio con i membri orientali dell’Unione Europea, trasferendo in queste aree (e nell’area asiatica) parti della produzione tedesca. Al fine di difendere la propria posizione centrale nel mercato globale e di perseguire l’integrazione nel commercio mondiale, la Germania si rapporta ora anche con paesi emergenti come la Cina e l’India. Le maggiori imprese industriali, cioè le più grandi aziende in termini di fatturato e dipendenti sono DaimlerChrysler, Siemens e Volkswagen. Le maggiori imprese del terziario sono Deutsche Telekom AG, Deutsche Post AG, Deutsche Bahn AG e l’impresa turistica TUI di Hannover. Per quanto riguarda borsa e banche, Francoforte sul Meno è la principale piazza bancaria dell’Europa continentale, è la sede della Banca Centrale Europea (BCE), mentre la Deutsche Bank è la più grande banca tedesca, famosa anche all’estero. La Germania è sede anche di numerose fiere: la CeBIT di Hannover è la fiera principale delle tecnologie dell’informazione; l’Internationale Funkausstellung (IFA) di Berlino tratta lo stesso argomento; la Fiera di Hannover è una mostra dei prodotti dell’industria tedesca che si tiene ad aprile ogni anno ed è anche uno dei più importanti eventi della tecnologia; l’Internationale Grüne Woche è un salone internazionale dell’agroalimentare, dell’agricoltura e dell’orticoltura che si tiene a Berlino; la Internationale Tourismus Börse ITB Berlin è una fiera del turismo di fama internazionale; la
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