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Riassunti concorso ordinario e straordinario bis A049, Sintesi del corso di TFA Sostegno

Riassunti sintetici dell'allegato A (voce per voce) per concorsi ordinario 2020 e straordinario bis 2022 c. di c. A049, ovvero Scienze Motorie nella secondaria di primo grado (validi anche per A048 se vengono integrate le indicazioni nazionali). Basati su manuali e su domande fatte alle prove orali del concorso ordinario 2020. Punteggi autore: 100/100 (orale ordinario 2020), 85/100 (scritto ordinario 2020), 30/30 (TFA 20/21).

Tipologia: Sintesi del corso

2021/2022

In vendita dal 10/08/2022

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Scarica Riassunti concorso ordinario e straordinario bis A049 e più Sintesi del corso in PDF di TFA Sostegno solo su Docsity! 1 CONCORSO ORDINARIO-STRAORDINARIO BIS CONTENUTI DISCIPLINARI Classe di concorso A049 (Scienze Motorie scuola secondaria di primo grado) Fondamenti epistemiologici dell’Educazione Fisica Negli ultimi decenni il proliferare di studi nell’ambito delle scienze motorie ha visto il fiorire di nuovi modelli sociali, scientifici, educativi e terapeutici, evidenziando il forte legame tra movimento e cognizione. Questa nuova dimensione formativa della pratica sportiva impone una riconsiderazione epistemiologica dello sport, cioè una diversa concezione delle teorie che lo riguardano, nella direzione di un approccio scientifico che coinvolga e integri diversi domini. In quest’ottica, le scienze del movimento devono oggi non solo occuparsi dell’aspetto tecnico pratico dell’esecuzione dei vari sport, ma devono integrare le metodologie delle diverse scienze, spaziando dall’ambito medico (es. studio dell’apparato muscolo scheletrico), a quello psico-pedagogico (es. studio dei meccanismi che incidono sull’autostima), a quello metodologico didattico (es. studio delle strategie didattiche), a quello tecnologico, per l’utilizzo dei nuovi e sofisticati strumenti d’indagine a supporto della didattica. I principi epistemiologici delle varie scienze non devono essere gerarchicamente sovraordinati all’operatività pratica: teoria e prassi devono invece costituire 2 facce della stessa medaglia. Ciò significa che i costrutti devono sì orientare l’azione, ma ad ogni azione deve anche corrispondere una riflessione che possa confermare o mettere in discussione le teorie, arricchendo e perfezionando la conoscenza. I contributi culturali che hanno portato ad una rivalutazione della dimensione corporea sono abbastanza recenti. Ecco i principali: -Dewey (1948), che mette in evidenza come non fosse possibile distinguere l’azione dal pensiero, poiché ogni azione è sempre guidata dal pensiero; -Le Doux (2003), che afferma che nelle attività motorie sotto forma di gioco, il bambino vive il proprio corpo in modo simbolico e carico di contenuto emozionale, il che gli permette di elaborare le funzioni mentali; -Maurice Merleau Ponty (anni’60), che afferma che attraverso il corpo e l’azione, intesi come movimento intenzionale, si ottiene la coscienza del mondo; -Frabboni (2001), che considera il corpo come un medium di conoscenza di sé stessi, degli altri e dell’ambiente; -Bruner (1988) che, sostiene che non esistono confini concettuali rigidi tra pensiero, azione ed emozione; -la serie di approcci riconducibili alla Embodied Cognition Science, la quale riconosce la centralità della dimensione corporea e rivaluta l’interazione tra corpo e ambiente, sostenuta da autori come Overton e Margaret Wilson; -un interessante studio di Stella et al. del 2011 che identifica i comportamenti possibilmente predittori di Disturbi Specifici dell’Apprendimento, i quali hanno tutti un denominatore comune: la corporeità. Le implicazioni di queste teorie non riguardano solo l’insegnamento delle Scienze motorie, ma dovrebbero fungere anche da monito per la didattica di tutte le discipline, che dovrebbero usare la corporeità come mediatore di apprendimento. Storia dell’educazione fisica: dalle origini alle scienze motorie Le Scienze motorie hanno oggi come oggetto di studio il corpo e le azioni motorie, componenti singole del movimento corporeo. La denominazione di Scienze motorie è oggi quella più usata, ma non sempre è stato così: in passato per indicare l’attività fisica si usava il termine ginnastica, dal greco gymnastyke, 2 letteralmente “arte degli esercizi ginnici”, vale a dire un sistema di esercizi destinati al perfezionamento del corpo. Essa venne praticata già dai romani e dai greci, nonché in età medievale, fino a diventare obbligatoria a scuola con il nome di educazione fisica. E’ intorno al 1700 che i maggiori pedagogisti europei cominciarono ad interessarsi all’educazione fisica. Tra i principali ricordiamo: -Johann Basedow (fine ‘700), pedagogista tedesco che fu il primo autore in assoluto che si convinse dell’importanza dell’esercizio fisico nell’educazione degli studenti; -Johann Pestalozzi (1746-1827- svizzera), pedagogista considerato il padre della ginnastica a corpo libero che propose per primo l’esigenza di un docente specializzato di educazione fisica; -Johann Muths (1859- Germania), primo a sviluppare un manuale di esercizi per la forza, la mobilità e la stabilità su cui basare l’insegnamento dell’educazione fisica, dal titolo Gymnastics for the Young. In Italia l’educazione fisica venne introdotta nel 1859 (sotto il Regno di Sardegna) dalla legge Casati (solo alla scuola secondaria), assumendo ancora la denominazione di ginnastica. Essa era proposta solo per i maschi, presente nei soli istituti di istruzione secondaria ed era completamente di stampo militare. Un’evoluzione si ebbe poi circa 20 anni dopo, nel 1878, quando il Ministro della Pubblica Istruzione Francesco de Sanctis la rinominò “Ginnastica educativa” che propose l’educazione fisica anche per le donne (c.d. ginnastica calistenica) e per tutti i gradi di scuola. Stavolta erano previsti 3 livelli di applicazione: uno a corpo libero, uno con attrezzi e uno militare, sul maneggio delle armi. Da citare è anche la legge Daneo Credaro del 1909, che rese la materia obbligatoria nelle scuole di ogni ordine e grado. Nel 1923 viene approvata la riforma a firma del ministro Gentile, durante il primo governo Mussolini. In questa impostazione l’educazione fisica assunse una valenza propagandista, volta a celebrare la volontà e il carattere, doti considerate essenziali nel regime. Viene creato un Ente Nazionale per l’Educazione Fisica (ENEF- che prende il controllo dell’ed. fisica scolastica in luogo del Ministero della Pubblica Istruzione), che viene poi sostituito dall’Opera Nazionale Balilla prima e dalla Gioventù Italiana del Littorio (GIL). L’educazione fisica scolastica viene praticata per 2 ore settimanali, i giovani sono suddivisi in balilla (6-13 anni) e avanguardisti (fino a 17 anni) e svolgono attività individuali o di squadra, insieme ad esercitazioni di tipo paramilitare (tra cui parate), che diverranno predominanti col procedere del Ventennio. Dopo la guerra, nel ’52 nasce il primo ISEF a Roma, mentre gli anni ’60 si distinsero per l’istituzione dei giochi della gioventù del 1968. Altra importante “tappa” fu, nel 1979, l’approvazione di programmi nazionali, che interesseranno anche l’educazione fisica (aboliti solo nei primi anni 2000 con l’approvazione delle leggi sull’autonomia scolastica). L’ultimo passo dell’evoluzione dell’educazione fisica si ha con la sua trasformazione in scienze motorie: ciò è avvenuto con la trasformazione dei vecchi ISEF in università di Scienze motorie nel ’98 (anno in cui si è anche passati alla ginnastica mista maschi-femmine) con il cambio denominazione della materia nel 2003 (da E.F. a S.M.) che ha determinato un nuovo assetto non più solo tecnico, ma anche teorico e didattico. La nostra disciplina assume la dignità di una scienza al pari delle altre, più teoriche e, come queste, si avvale di metodologie avanzate, prima fra tutte la ricerca-azione, un metodo che permette di sperimentare il percorso di ricerca vivendo in prima persona i processi e convalidando la teoria attraverso la pratica (non convalidandola a priori per poi applicarla). NB: dal 1990-> ginnastica mista maschi-femmine. Aggiunte Edises: Nell’antica Grecia i giochi erano tanto maschili che femminili (es. Giochi di Elea). Anche filosofi illustri praticavano una qualche attività fisica (binomio mente-corpo), come Pitagora (pugilato) e Platone (lotta). I giochi biennali erano gli Istmici e Nemei; i quadriennali erano i Pitici e, ovviamente, gli Olimpici. Nel Medioevo vigeva a una distinzione degli sport praticati in base alla classe sociale: i signori si dedicavano alla caccia, mentre gli abitanti dei borghi a pugilato, calcio e corsa 5 -inclinare (spostamento del busto dalla posizione verticale a quella orizzontale in attitudine di non appoggio); -incrociare (sovrapposizione di un arto sull’altro); -inversione/eversione (movimento della caviglia che porta la pianta del piede a rivolgersi all’interno/esterno); -iperestendere (estensione anomala e forzata di un’articolazione al di là delle sue possibilità di movimento); -oscillare: movimento pendolare del corpo o di un arto in sospensione; -piegare/spingere (passaggio/passaggio rapido degli arti da un atteggiamento lungo/breve ad uno breve/lungo in attitudine di appoggio); -ruotare/torcere (movimento circolare del corpo/di un solo arto attorno all’asse longitudinale); -pronazione/supinazione (rotazione dell’avambraccio a faccia in giù/in su); -slancio (passaggio rapido di un arto da un atteggiamento lungo ad un altro lungo); Aggiunte EDISES: la classificazione dei movimenti: movimenti volontari (cioè quelli coscienti); movimenti automatici (involontari- appresi mediante la ripetizione); movimenti riflessi (involontari- non appresi- già iscritti geneticamente nel codice genetico della persona); movimenti associati (dovuti a una cattiva regolazione del gesto motorio- sono contrazioni muscolari non comprese nell’ideazione originaria e adiacenti ai muscoli coinvolti nel movimento- sono la causa principale della cattiva coordinazione). La respirazione La respirazione è un processo che permette al nostro corpo di procurare ossigeno ed espellere anidride carbonica. Essa avviene in 2 fasi: inspirazione ed espirazione. Le due principali strutture anatomiche coinvolte nella respirazione sono i polmoni e il diaframma. Nell’inspirazione i polmoni si espandono e il diaframma si comprime, nell’espirazione, al contrario, i polmoni si comprimono e il diaframma si dilata. Il controllo della respirazione è fondamentale durante l’esercizio fisico. Abbiamo 3 modalità fondamentali di respirazione: -alta o clavicolare, dove ad espandersi è la zona compresa fra le clavicole, con un’elevazione delle spalle. Essa si attiva quando il corpo ha necessità di un supplemento di ossigeno. Entra in gioco in caso di affaticamento o ansia; -media o toracica, è una forma di respirazione dove a dilatarsi è il torace. Essa permette di incamerare una notevole quantità di ossigeno e si attiva nel corso dell’attività fisica pesante; -bassa o diaframmatica avviene a livello dell’addome, con un meccanismo di contrazione/decontrazione del diaframma seguendo le fasi di cui sopra. Normalmente questa respirazione può compiere da sola il 90% del lavoro respiratorio. Tuttavia, in molte persone il diaframma lavora al 50% perché, spesso durante allenamento di potenziamento, queste persone tendono a compiere sforzi trattenendo il respiro: ciò fa sì che il diaframma rimanga sempre contratto mantenendo una costante posizione inspiratoria. Per questo motivo è essenziale curare la respirazione, soprattutto in attività molto intense. Aggiunte EDISES: I polmoni sono strutture spugnose pari posti nella regione toracica ai lati del cuore. L’apparato respiratorio si compone di: cavità nasali, faringe, trachea, polmoni, bronchi, bronchioli e alveoli. Negli alveoli gli scambi gassosi avvengono per diffusione. I polmoni sono separati da una cavità chiamata mediastino (dove si trovano trachea, timo, cuore e relativi vasi sanguigni). Ciascun polmone è ricoperto da una pleura (un sottile rivestimento epiteliale): tra questa e il polmone vi è una cavità riempita di un sottilissimo strato di liquido pleurico. All’interno della cavità pleurica vi è una pressione negativa che fa si che quando la gabbia toracica si espande, il polmone debba dilatarsi. Quando questa pressione negativa viene meno, ad esempio per una ferita, penetra aria nella cavità è il polmone collassa (pneumotorace). I centri di controllo respiratorio si trovano nel midollo allungato e, in parte, nel ponte. 6 Lo schema corporeo Lo schema corporeo è l’immagine mentale del nostro corpo, vale a dire la modalità con la quale appare a noi stessi, sia nelle sue parti che nel suo insieme. La strutturazione dello schema corporeo segue le tappe che caratterizzano lo sviluppo del sistema nervoso, cioè partendo dal capo e scendendo poi lungo il rachide (sequenza cefalo-caudale); una volta individuato l’asse corporeo, si passa poi allo sviluppo delle strutture periferiche (sequenza prossimo-distale). Il soggetto attraversa varie fasi nello sviluppo dello schema corporeo che vanno dalle prime prassie di un corpo, alla graduale discriminazione percettiva delle sue parti, fino ad arrivare alla capacità di rappresentare mentalmente il proprio corpo in movimento. A tale processo si associa un graduale passaggio dal pensiero operatorio concreto a quello astratto. Si tratta di un percorso evolutivo molto delicato che, se mal strutturato, può comportare disturbi percettivi e motori difficilmente eliminabili. Alla strutturazione dello schema corporeo contribuiscono la postura (cioè il coordinamento automatico dei muscoli corporei in ogni posizione), l’equilibrio, la dominanza laterale (prevalenza di un emisfero rispetto ad un altro), l’orientamento spaziale, la coordinazione oculo manuale/oculo podalica (capacità di effettuare movimenti volontari in risposta alle stimolazioni visive dell’ambiente con gli arti superiori/inferiori). Nel tempo, molti autori hanno elaborato delle teorie dello schema corporeo, come Bonnier, che coniò il termine, definendolo come il senso generale che abbiamo del nostro corpo, datoci dall’insieme di sensazioni trasmesse da tutte le sue parti. Successivamente Picq avvalorò questa tesi affermando che lo “schema corporeo ci garantisce un sapere continuo, una consapevolezza topografica del nostro corpo, tale da informarci continuamente della situazione in cui si trova”. A integrazione degli studi precedenti Head sostenne che gli stimoli centripeti che giungono dalla periferia verso i centri cerebrali non risultano consci che prima non vengono valutati dal dispositivo parietale. Sempre in base a queste premesse, Schilder definì lo schema corporeo come il modo in cui il nostro corpo appare a noi stessi. Schilder, inoltre, fece anche una importante differenza fra immagine di sé e schema corporeo: la prima è una condizione psicologica dell’individuo, la seconda è una dimensione di coscienza di tipo neurofisiologico. Ulteriori posizioni di interesse sono poi le teorie di Le Boulch e Vayer. Il primo (Le Boulch) coniò la definizione di schema corporeo come intuizione di insieme o conoscenza immediata del proprio corpo, in rapporto alle diverse parti e in rapporto con lo spazio, il tempo e gli oggetti che lo circondano. Egli inoltre costruì una sequenza delle tappe evolutive dello schema corporeo, cioè: -tappa del corpo vissuto (0-3 anni), caratterizzata da una conoscenza globale del proprio corpo; -tappa della discriminazione percettiva, o corpo percepito (3-7 anni), che consente al bambino di riconoscere le diverse parti del suo corpo e di comprenderne la funzione; -tappa del corpo rappresentato (7-12 anni), dove il bambino diventa in grado di rappresentare mentalmente il proprio corpo, creando lo schema delle azioni da compiere. Vayer definì lo schema corporeo come “l’organizzazione delle sensazioni relative al proprio corpo in relazione ai dati del mondo esterno”. Le capacità motorie Le capacità motorie possono essere definite come le caratteristiche fisiche che un individuo possiede e che gli consentono l’apprendimento e l’esecuzione di vari compiti motori. Le capacità motorie sono le componenti parziali delle abilità motorie e influenzano l’intensità e la qualità della risposta all’ambiente. La principale classificazione delle capacità motorie è stata operata da Gundalach (anni’60 studioso tedesco), e vede una suddivisione delle stesse in: -capacità condizionali; -capacità coordinative; -capacità strutturali ed elastiche. Le capacità condizionali riguardano l’aspetto quantitativo del movimento e sono condizionate dai processi di produzione energetica. Esse sono: la forza, la resistenza e la velocità. 7 La forza è la capacità del sistema neuromuscolare di produrre tensioni in grado di vincere le resistenze esterne. La forza si misura in Newton (un Newton è pari alla forza necessaria per imprimere a una massa di un kilo un’accelerazione di un metro al secondo quadrato). Essa può essere classificata in forza massimale (è la massima forza esprimibile); forza resistente (è la capacità di vincere la resistenza esterna per lungo tempo); forza veloce (è la capacità di vincere la resistenza esterna con elevata velocità); forza funzionale (è la capacità del sistema neuromuscolare di produrre, ridurre e controllare in modo coordinato le forze previste o imposte durante le attività funzionali). Esercizi in palestra: per arti superiori tenute alla spalliera, per arti inferiori Sargent test. La resistenza è la capacità di protrarre per lungo tempo un’attività utilizzando fonti di energia di tipo aerobico. Viene classificata in: resistenza di lunga durata (aerobica, gesti ciclici di durata superiore ai 10 minuti); resistenza di media durata (mista aerobica- anaerobica, durata compresa tra i 2’ e i 10’); resistenza di breve durata (anaerobica, tra 45’’ e 2’) resistenza alla velocità (anaerobica, fino a 45’’ applicata a sforzi brevi, veloci e intensi, senza che vi sia una calo della prestazione); resistenza alla forza (è una tipologia di resistenza che consente di protrarre nel tempo la contrazione muscolare, è relativa quindi ai singoli distretti impiegati e la sua durata dipende dal carico che viene utilizzato). Esercizi in palestra: corsa per 10 minuti e misurazione giri di campo/salita gradoni e misurazione FC. La velocità è la capacità che consente di svolgere un compito nel minor tempo possibile. Può essere: velocità massimale (prevede lo svolgimento del compito alla massima velocità possibile); velocità resistente (prevede lo svolgimento di una attività a lungo tempo mantenendo stabile la velocità raggiunta). La velocità non va confusa con la rapidità, che è la capacità di determinate unità motorie di rispondere ad uno stimolo. Esercizi in palestra: navetta 10x5. Aggiunte EDISES: la forza massimale andrebbe allenata dopo i 16-17 anni, la veloce e la resistente anche dagli 11-12 anni, la velocità può essere sviluppata dalla prima infanzia ed ha un picco intorno ai 13-15 anni. Verkhosanskij (si legge viercosanschish) distingue tra una velocitò di reazione (tempo stimolo-risposta), velocità di esecuzione (tempo per compiere un dato gesto o movimento veloce) e velocità gestuale (somma delle precedenti due). Le capacità coordinative sono invece controllate dal Sistema Nervoso Centrale e permettono all’individuo di organizzare, adattare ed eseguire un movimento in modo armonioso, senza grossi dispendi per l’organismo. Esse si suddividono in capacità coordinative generali e speciali. Le capacità coordinative generali sono state classificate da Kurt Meinel, e sono 3: -la capacità di apprendimento motorio, che è la capacità di imparare nuovi movimenti ed è misurabile in base al tempo e al numero di ripetizioni necessari; -la capacità di controllo motorio, che è la capacità di governare il movimento nel corso dell’esecuzione; -la capacità di adattamento, cioè la capacità di modificare un movimento già in attuazione Le capacità coordinative speciali sono invece, secondo Blume (ric. RODERTA): -la capacità di Ritmo (consente di organizzare cronologicamente le contrazioni muscolari); -la capacità di Orientamento spazio-temporale (consente di gestire e organizzare il movimento del corpo nello spazio); -la capacità di Differenziazione cinestesica (consente al soggetto di dosare la forza per compiere qualsiasi azione motoria); -la capacità di Equilibrio (consente di mantenere una posizione statica in rapporto alla forza di gravità, sia da fermi che in movimento); -capacità di Reazione (consente di reagire con rapidità ad uno stimolo esterno); -capacità di Trasformazione (consente di trasformare un movimento già in attuazione); -capacità di Accoppiamento (consente di abbinare schemi motori diversi, ad esempio: corsa+salto). (qualcuno aggiunge fantasia motoria) 10 L’apparato locomotore umano è l’insieme delle strutture anatomiche che permettono al corpo umano il movimento ed è formato dallo scheletro, dal sistema muscolare, dai tendini e dalle articolazioni. Lo scheletro è costituito da 206 ossa e può essere suddiviso in scheletro assile, che comprende le ossa della testa, del tronco e della gabbia toracica; scheletro appendicolare, che comprende invece le ossa delle gambe e delle braccia, nonché delle scapole e del bacino. Il tronco è a sua volta formato dalla gabbia toracica nella parte anteriore e dalla colonna vertebrale posteriormente. La gabbia toracica è formata da 12 paia di costole: le prime 7 si definiscono costole vere, in quanto si saldano direttamente allo sterno; la settima, l’ottava e la nona si definiscono costole false, in quanto si articolano con le costole superiori e non direttamente con lo sterno; le ultime tre paia sono dette libere o fluttuanti in quanto non si attaccano allo sterno. La colonna vertebrale è formata da 33-34 vertebre: 7 per il tratto cervicale, 12 per il tratto dorsale, 5 lombari, 5 sacrali e 4-5 coccigee. Ciascuna vertebra è costituita da un anello (corpo vertebrale); da 3 protuberanze, dette processi articolari (superiore, inferiore e spinoso); da 2 lamine fra le quali passa il midollo spinale. Ciascuna vertebra si articola con quella successiva attraverso i processi articolari e attraverso un cuscinetto cartilagineo intervertebrale (detto disco) che ha funzione ammortizzante. Gli arti superiori comprendono la spalla, il braccio, l’avambraccio e la mano, a loro volta formati dalle seguenti ossa: la scapola (osso piatto che forma la parte posteriore della spalla), articolata con l’omero per mezzo della cavità glenoidea; la clavicola (osso lungo a forma di s orizzontale, articolato con lo sterno e la scapola); l’omero (osso lungo del braccio) articolato con scapola (superiormente); l’ulna, osso mediale dell’avambraccio; il radio, osso laterale dell’avambraccio; il polso (o carpo); il palmo (o metacarpo); le dita. Gli arti inferiori comprendono invece: il femore (l’osso della coscia); il perone (osso laterale della gamba); la tibia (osso mediale della gamba); le ossa del piede (calcagno, tarso, metatarso e falangi). Le ossa sono costituite da una componente organica (matrice ossea- principalmente fibre proteiche di collagene) e da una componente cellulare (osteoblasti- responsabili della formazione di osso nuovo, osteoclasti- responsabili della distruzione dell’osso vecchio, osteociti- che hanno probabilmente una funzione regolativa di questi 2 processi). Le ossa dello scheletro possono essere suddivise in: ossa lunghe, costituite da una parte centrale denominata diafisi e delle sporgenze esterne dette epifisi (ad esempio quelle delle gambe o delle braccia); ossa brevi, di eguali dimensioni orizzontali e verticali (come le ossa del polso o della caviglia); ossa piatte, sottili appiattite e curve (come le ossa del cranio); ossa irregolari (come le vertebre; ossa sesamoidi, ossa discoidali situate nei tendini (come la rotula); ossa suturali o wormiane (sono le piccole ossa che si trovano in corrispondenza delle suture craniche). Le ossa che formano lo scheletro sono collegate fra loro mediante le articolazioni le quali, in base al movimento che le ossa devono compiere, possono essere classificate in: -mobili o diartrosi, che consentono ampi movimenti, come quelle del gomito o della spalla, nelle quali le superfici di contatto delle ossa sono ricoperte da cartilagine e l’articolazione stessa è immersa in una capsula articolare fibrosa contenente un liquido, detto liquido sinoviale (composto da acqua, proteine e acido ialuronico), che ha funzione lubrificante, spesso è presente anche un disco cartilagineo, che attutisce lo sfregamento delle ossa durante il movimento; -semimobili o anfiartrosi (colonna vertebrale, sinfisi pubica) costituite unicamente da cartilagine, come quelle delle vertebre o delle costole, che consentono un movimento molto limitato; -fisse sinartrosi, come quelle della scatola cranica, costituite da legamenti fibrosi che si incastrano perfettamente non consentendo movimento. Altra possibile classificazione è in rapporto al tipo di tessuto connettivo maggiormente presente, possiamo allora avere: articolazioni fibrose o sinartrosi, costituite da ossa unite da tessuto fibroso, senza capsula articolare e che consentono un movimento molto limitato o assente (es. suture del cranio); articolazioni cartilaginee o anfiartrosi, costituite da ossa unite da cartilagine (es. articolazioni delle vertebre); 11 articolazioni sinoviali o diartrosi (es. ginocchio), dove è presente una capsula con liquido sinoviale, ricoperta da una membrana con dentro liquido sinoviale, un liquido viscoso formato da mucopolisaccaridi. Le diartrosi si dividono poi in: a sfera (es. anca); a sella (es carpo-metacarpo), a perno (es. atlanto- epistrofeica), condiloidee (polso), piane (es. intercarpali), a cerniera (es. gomito). Passiamo ora all’apparato muscolare: questo rappresenta il 40-50% del peso del nostro corpo (ca 600 muscoli) ed è composto da tre fondamentali tipologie di muscoli: -muscoli lisci, o involontari, che rivestono le pareti degli organi, dei vasi sanguigni, degli occhi e della pelle (in particolare i muscoli erettori dei peli); -muscoli striati o volontari, ovvero i muscoli scheletrici, che sono alla base della postura e del movimento; -muscolo cardiaco, muscolo che fa eccezione, in quanto striato, ma involontario. I muscoli striati sono gli organi attivi del movimento. Essi sono rivestiti da una membrana detta epimisio e costituiti da fasci (rivestiti a loro volta da un’altra membrana protettiva, detta perimisio) di fibre muscolari (anche loro singolarmente rivestite da uno strato di tessuto connettivo detto endomiso), a loro volta composte da filamenti, detti miofibrille, immerse in un liquido detto sarcoplasma (che contiene glicogeno, lipidi e i mitocondri, cellule deputate alla produzione dell’energia muscolare), che sono striate trasversalmente (da qui la dicitura di muscoli striati). La striatura è determinata dalla sovrapposizione di bande del sarcomero formate dai filamenti proteici di actina (di colore chiaro) e miosina (di colore scuro). I miofilamenti di actina e miosina sono infatti disposti parallelamente e suddivisi in bande dalle cosiddette linee Z. I muscoli striati si contraggono in risposta a stimoli del SNC che arrivano alle fibre attraverso motoneuroni che viaggiano lungo le fibre nervose che li collegano con la placca motrice, l’unità contrattile del muscolo. Quando l’impulso giunge alla fibra, i filamenti di actina scorrono su quelli di miosina (per la trazione esercitata dalle teste della miosina che si “agganciano” all’actina) determinando l’accorciamento delle fibre, grazie all’intervento di 2 sostanze fondamentali per la contrazione: il calcio (presente nel reticolo sarcoplasmatico che sta attorno alle miofibrille) e l’ATP (adenosin-tri-fosfato). Il calcio (rilasciato a seguito dell’impulso neuro muscolare che depolarizza la membrana del reticolo sarcoplasmatico) consente alle molecole di actina di legarsi a quelle di miosina (per la precisione, il calcio si lega alla troponina, modificando il complesso troponina-tropomiosina, che, in condizioni di riposo, inibisce la contrazione muscolare), mentre l’idrolisi (scissione da parte dell’acqua) dell’ATP (presente sulle teste della miosina) in ADP determina lo scorrimento dei filamenti di actina su quelli di miosina. NB: sezione muscolo striato= fibra muscolare- sarcomero- miofibrilla- miofilamenti (actina e miosina) Per quello che concerne invece il sistema nervoso, questo è composto da 2 principali classi di cellule: i neuroni, cellule specializzate nell’eccitazione e la conduzione di impulsi nervosi; la glia, o neuroglia, che svolge delle funzioni di supporto. Il neurone, o meglio il circuito di neuroni interconnessi mediante zone di contatto intercellulare (sinapsi), è considerato l’unità strutturale e funzionale del Sistema Nervoso. Esso si compone di 3 elementi: il corpo cellulare, i dendriti e l’assone. Il corpo è il centro delle attività metaboliche (soprattutto di sintesi proteica) del neurone; i dendriti sono estensioni del corpo del neurone specializzati nel trasporto degli impulsi nervosi dalla periferia al corpo cellulare, hanno struttura ramificata, ma non si proiettano a grandi distanze dal corpo cellulare; l’assone è una lunga protuberanza che si proietta dal corpo del neurone alla periferia, con la funzione di trasmettere uno stimolo elettrochimico. I nervi sono fasci di neuroni che portano informazioni e si dividono in: -afferenti, che portano informazioni dalla periferia al cervello; -efferenti, che portano informazioni dal cervello alla periferia. Il sistema nervoso può essere distinto in sistema nervoso centrale e periferico. Il sistema nervoso centrale è composto dal cervello e dal midollo spinale. Il cervello (o encefalo) è composto da 100 miliardi di neuroni ed ha sede nella scatola cranica. Esso è suddiviso in due emisferi (destro e sinistro), che comunicano tra loro attraverso il corpo calloso e la commessura anteriore, 2 strutture fibrose. Esternamente ciascun emisfero è costituito dalla corteccia cerebrale, suddivisa a sua volta 12 in 4 regioni o lobi: frontale, parietale, temporale e occipitale. Al centro dell’organo troviamo poi i nuclei della base, l’ippocampo, l’amigdala, l’accumbens, il talamo, l’ipotalamo (questi ultimi 2, insieme, costituiscono il diencefalo). Il midollo spinale, invece, è una struttura composta da nervi che trasportano le informazioni dal cervello alla periferia e viceversa. Il midollo è collegato al tronco encefalico, il quale a sua volta trasporta le informazioni al talamo, centro di comunicazione fra il midollo spinale e gli emisferi cerebrali. Al di sopra del tronco encefalico troviamo il cervelletto, struttura implicata nel coordinamento motorio. Nel midollo spinale hanno sede i riflessi muscolari scheletrici, da cui si originano le reazioni motorie involontarie. Queste si attivano quando i recettori specializzati nell’avvertire la variazione di posizione delle articolazioni e il conseguente stiramento o contrazione muscolare, inviano le informazioni al SNC che a sua volta elabora una risposta che può essere una attivazione dei motoneuroni diretti alle fibre muscolari e conseguente contrazione del muscolo stesso (riflesso eccitatorio), oppure, un’inibizione (postsinaptica) dei motoneuroni stessi e conseguente rilassamento. A tale proposito va infatti precisato che non esistono motoneuroni inibitori, quindi il rilassamento può avvenire solo tramite un’inibizione dei motoneuroni eccitatori. Passiamo quindi all’apparato circolatorio ha la funzione di veicolare ossigeno e anidride carbonica, distribuire nutrimento alle cellule ed eliminare i prodotti di rifiuto del metabolismo dirigendoli verso specifici organi. E’ formato da un organo centrale, il cuore, e da un sistema di vene, arterie e capillari, detti vasi sanguigni. Le arterie portano il sangue ossigenato in tutto il corpo; le vene trasportano il sangue ricco di anidride carbonica, che verrà poi espulsa dai polmoni; i capillari sono sottili vasi sanguigni che effettuano lo scambio di sostanze e gas tra il sangue e i tessuti. L’apparato circolatorio si divide in: -grande circolazione (o circolazione sistemica), che, prendendo avvio dal ventricolo sinistro fino all’atrio destro, trasporta il sangue ossigenato ai tessuti del corpo; -piccola circolazione (o circolazione polmonare, poiché si svolge solo tra cuore e polmoni), che inizia dal ventricolo destro e termina nell’atrio sinistro, che cede l’anidride carbonica e si arricchisce di ossigeno. NB: circolazione doppia (passa 2 volte per il cuore) e completa (sangue venoso e arterioso non si mescolano mai) Per quello che concerne invece il sistema endocrino, esso consiste in un sistema regolatore formato dalle ghiandole endocrine, che secernono sostanze chimiche chiamate ormoni (termine coniato nei primi del ‘900 dal greco “ormao”, che significa “sostanza che stimola o risveglia”). Le ghiandole possono essere di due tipi: esocrine, se rilasciano i loro prodotti al di fuori del corpo (come le ghiandole sudoripare) o nel tubo gastroenterico (come le ghiandole pancreatiche); endocrine se, al contrario, liberano i loro prodotti all’interno del flusso sanguigno (come l’ipofisi o la tiroide). Gli ormoni sono prodotti dalle ghiandole endocrine, e vanno a esercitare i loro effetti su determinati organi, detti organi bersaglio. C’è da precisare tuttavia che gli ormoni non sono prodotti solo dalle ghiandole endocrine, ma anche da cellule presenti in vari organi, come i reni (eritropoietina), lo stomaco (gastrina). Gli ormoni possono essere classificati in: -ormoni proteici, costituiti da oligopeptidi o proteine, come il GH o l’insulina; -ormoni steroidei, derivati dal colesterolo, prodotti dalla corteccia surrenale (come il deidroepiandrosterone o DHEA) e dalle gonadi (come testosterone ed estradiolo). -ormoni amminici, derivati dal triptofano o dalla tirosina, che sono 2 amminoacidi. Ne sono esempi la melatonina, che deriva dal triptofano, e le catecolamine (adrenalina, noradrenalina, dopamina) che derivano dalla tirosina. Gli ormoni, una volta sintetizzati, vanno ad esercitare un’azione oligodinamica (cioè in concentrazioni infinitesime e senza effetti energetici o plastici diretti) su cellule bersaglio poste a distanza variabile. Essi si comportano quindi come dei messaggeri, che informano le cellule bersaglio raggiungendole o direttamente, o attraverso il flusso sanguigno. Le cellule bersaglio, a loro volta, sono sensibili a quel dato tipo di messaggio poiché possiedono specifici recettori per quell’ormone. 15 Pene Eiaculazione Erezione Vasi sanguinei Vasodilata Pochi vasi sono innervati Sudorazione Stimola Nessun effetto Non innervate Tessuto adiposo/glicogeno epatico Demolisce Nessun effetto Salivazione Densa e viscosa Acquosa e abbondante Surrenali Stimola Nessun effetto I propiocettori sono recettori che rispondono allo stiramento e alla tensione dei muscoli. Si distinguono tre principali tipi di propiocettori: i fusi muscolari, che, nel muscolo, generano un riflesso da stiramento, ovvero quando un muscolo subisce uno stiramento eccessivo, ne stimolano la contrazione; gli organi tendinei del Golgi che, quando il tendine subisce uno stiramento eccessivo (quindi il muscolo un eccessivo accorciamento), generano un riflesso che inibisce la contrazione muscolare; i recettori articolari, che identificano i movimenti dei tendini e dei legamenti. L’ipofisi si compone di un lobo posteriore, detto neuroipofisi, e di uno anteriore, detto adenoipofisi. Il lobo posteriore che secerne: ADH (ormone antidiuretico), che causa un riassorbimento di acqua a livello dei tubuli renali; ossitocina, ormone peptidico che stimola la contrazione dell’utero durante il parto e la contrazione della muscolatura liscia del tessuto mammario. Il lobo anteriore secerne: GH, prolattina (stimola la produzione di latte nella mammella), FSH e LH, gonadotropine che stimolano rispettivamente maturazione del follicolo e produzione di estrogeni e progesterone nella donna e spermatogenesi e produzione di testosterone nelle cellule del Leydig nell’uomo; TSH (tireotropina); ACTH (corticotropina); endorfine. La secrezione ormonale ipofisaria è stimolata da precisi fattori di rilascio ipotalamici, che sono: GHRH, GHIH (fattori di rilascio e inibizione del GH); GNRH (fattori di rilascio delle gonadotropine); CRH (fattore di rilascio del CRH). La tiroide produce: tiroxina e triidrotironina (t4 e t3, che accelerano il metabolismo e intervengono nei processi di termoregolazione); calcitonina (che riduce il riassorbimento di calcio nei reni e la mobilitazione dalle ossa, avendo un effetto globale riduttivo sugli ioni Ca nell’organismo). Le paratiroidi producono PTH (paratormone), con effetto antagonista rispetto alla calcitonina (maggior riassorbimento renale e intestinale, maggior riassorbimento nell’osso). L’omeostasi del calcio è assicurata anche da un derivato della vit. D, il calcitriolo, che influisce sull’assorbimento intestinale del calcio. Il pancreas è formato da tre tipi di cellule: le alfa che producono glucagone (secreto quando la glicemia è bassa, stimola glicogenolisi, gluconeogenesi, lipolisi- effetto iperglicemizzante); le beta che producono insulina (secreta quando la glicemia è alta, stimola la penetrazione del glucosio nel fegato e nei muscoli, favorisce l’accumulo di grassi e riduce la sintesi renale di glucosio da altri composti-effetto ipoglicemizzante) le delta che producono somatostatina (inibisce il GH). Le surrenali producono adrenalina e noradrenalina (aumento gittata cardiaca, aumento attenzione, vasodilatazione muscolare e cerebrale) nella midollare; cortisolo (gluconeogenesi, lipolisi, minor sintesi di proteine, inoltre, fungendo da potente anti infiammatorio, inibisce il sistema immunitario) aldosterone (aumenta il riassorbimento di sodio aumentando quindi la pressione) e DHEA (precursore ormoni sessuali) nella corticale. Il timo produce timosina, che svolge un importante ruolo nel sistema immunitario, l’epifisi produce melatonina, che favorisce l’addormentamento, gli organi sessuali, sotto la spinta dell’LH secernono testosterone, estrogeni e progesterone. La termoregolazione è assicurata da un centro nervoso localizzato nell’ipotalamo, il quale, ad una diminuzione della temperatura corporea stimola la tiroide a secernere ormoni tiroidei, il sistema simpatico a generare vasocostrizione, i muscoli lisci alla base dei peli a generare la pelle d’oca, quelli striati vanno invece a contrarsi fino a generare brividi/pelle d’oca; ad un aumento della temperatura, invece, il parasimpatico genera vasodilatazione cutanea, il simpatico genera sudorazione, il midollo allungato fa aumentare la frequenza respiratoria e la muscolatura scheletrica fa diminuire il tono muscolare. Il mantenimento di normali livelli di glucosio nel sangue di circa 90 mg/dl è molto importante per il nostro organismo ed è assicurata dal cibo, dalle riserve di glicogeno nel fegato e dall’uso da parte di quest’ultimo di glicerolo o aminoacidi per produrre glucosio. In presenza di un’alta glicemia, l’insulina aiuta le cellule muscolari, il tessuto adiposo ed il fegato ad assorbire glucosio dal flusso sanguineo, abbassando la glicemia; in presenza 16 di basse concentrazioni di glucosio interviene invece il glucagone, con un effetto inverso, iperglicemizzante. Il meccanismo insulinico può presentare delle alterazioni, anche gravi e croniche, come nella malattia del diabete. Possiamo distinguere: un diabete di tipo 1, insulinodipendente o giovanile, dovuto ad una insufficiente produzione insulinica endogena (con conseguente iperglicemia, che può portare alterazioni circolatorie, fino a cecità e cancrena degli arti inferiori); un diabete tipo 2, non insulinodipendente, causato da una ridotta sensibilità all’insulina, o insulinoresistenza (causato essenzialmente da assunzione alimentare incontrollata, scarso movimento e genetica). Nel momento in cui ci troviamo a dover affrontare uno stress, l’ipotalamo secerne CRH che interagisce con l’ipofisi per il rilascio di ACTH, che, nella corticale del surrene genera secrezione di cortisolo, la quale attiva scissione dei grassi, gluconeogenesi e chetosi, per produrre glucosio extra per fronteggiare lo stress. Allo stesso tempo il sistema simpatico aumenta la soglia di attenzione, aumentando il flusso sanguineo verso cervello e muscoli (riducendo invece l’irrorazione cutanea, da cui deriva il classico pallore che accompagna lo stress/la paura/la rabbia), aumenta la frequenza e la gittata cardiache e aumenta la pressione potenziando ulteriormente la glicolisi epatica e la lipolisi a livello degli adipociti. Anche il PH nel nostro corpo deve essere mantenuto in equilibrio al valore di 7.4 circa: ad una diminuzione dello stesso si verifica acidosi, che viene controbilanciata con i sistemi tampone bicarbonato e fosfato; con gli scambi gassosi (cessione CO2 nei polmoni e acquisizione O); eliminazione di idrogenioni nei polmoni. Fonti di produzione e risintesi dell’energia muscolare La contrazione muscolare richiede energia. Quando deve compiere un movimento, sia elementare che complesso, sia leggero che pesante, l’apparato muscolare ricava energia da un’unica molecola: l’ATP (la quale viene idrolizzata cedendo energia, mediante un enzima, detto ATPasi). La cellula muscolare ha a disposizione riserve limitate di ATP, sufficienti solo per lavori massimali della durata di circa un secondo. L’organismo, tuttavia, dispone di sistemi energetici che gli permettono di risintetizzare continuamente l’ATP. La ricarica può avvenire secondo: -un meccanismo anaerobico alattacido; -un meccanismo anaerobico lattacido; -un meccanismo aerobico. Nel momento in cui l’individuo decide di compiere un’azione, il sistema nervoso invia ai muscoli il comando di idrolizzare le molecole di ATP presenti nei muscoli interessati da quella determinata azione, allo scopo di liberare energia. Come abbiamo visto, l’ATP si trova nei muscoli in quantità insufficiente, si realizza perciò una continua sintesi della stessa che avviene o in appositi organuli delle cellule chiamate mitocondri (mediante i processi di fosforilazione ossidativa e respirazione cellulare) allineati con le fibre muscolari (il cui numero può essere aumentato con un allenamento costante), o nel sarcoplasma/citosol. La modalità con cui questa risintesi avviene distingue il meccanismo aerobico da quello anaerobico: nel primo la risintesi avviene in presenza di ossigeno, nel secondo in assenza di ossigeno. Il meccanismo anaerobico alattacido è in grado di fornire moltissima energia nell’unità di tempo. Ciò avviene sfruttando le riserve di fosfocreatina del muscolo che, seppur 5 volte maggiori di quelle di ATP, sono sufficienti per sforzi di 15-20 secondi massimo di grande intensità, come quelli delle discipline di salto o lancio. Il meccanismo anaerobico lattacido prevede che l’energia venga fornita dal glucosio e dal glicogeno muscolare con la produzione di una sostanza di scarto: l’acido lattico. Questo sistema fornisce una potenza che è circa il 50% di quella del sistema anaerobico alattacido, ma che può protrarsi per qualche decina di secondi, approssimativamente fino a 2 minuti. Per lo smaltimento dell’acido lattico da parte dell’organismo sono necessari invece circa 10 minuti. Abbiamo alcuni esempi nei 400 mt e nel culturismo. Infine, il meccanismo aerobico prevede l’impiego inizialmente del glucosio e del glicogeno e poi dei lipidi (dopo circa 5-10 minuti per i più allenati e 10-15 per i meno allenati): tale meccanismo raggiunge la 17 massima efficienza dopo circa 20 minuti di sforzo leggero o moderato. Se l’intensità di esercizio dovesse aumentare, l’ossigeno verrebbe a scarseggiare e l’organismo passerebbe automaticamente al meccanismo anaerobico lattacido. Il meccanismo aerobico consente di sostenere sforzi molto protratti, ma a potenza dimezzata rispetto al meccanismo anaerobico lattacido. E’ il meccanismo prevalente nella maratona e nelle gare di fondo in genere. Processi metabolici nello specifico Sistema fosfageno (meccanismo anaerobico alattacido) -> porta a produrre velocemente ATP dal creatinfosfato, che cede una molecola di fosfato all’ADP per produrre ATP Glicolisi (meccanismo anaerobico lattacido) -> prevede che il glucosio e il glicogeno* muscolare vengano scomposti con una serie di reazioni chimiche per formare il piruvato: da questa reazione viene generata l’ATP necessaria al lavoro muscolare. A seguito, il piruvato, in assenza di ossigeno, si trasforma in lattato. Ciclo di Krebs -> se vi è presenza di ossigeno, una parte del piruvato viene convertito in Aceil-CoA, entra nei mitocondri e qui viene ossidato ad anidride carbonica producendo ulteriore ATP. Questo processo viene detto ciclo di Krebs e insieme alla catena di trasporto degli elettroni fornisce quella abbondante mole energetica a rilascio lento necessaria per gli sport aerobici. Ciclo di Cori -> è quell’insieme di reazioni chimiche che portano il lattato al fegato dove viene convertito in piruvato e poi di nuovo in glucosio per rientrare nel flusso sanguigno ed essere riutilizzato dai muscoli. (*) NB il glicogeno è un polimero del glucosio, per cui è formato da molte unità di glucosio unite fra loro da legami chimici. A differenza del glucosio, il glicogeno non è solubile in acqua. Aggiunte Sistema Potenza (kcal/min) Capacità (possibile durata dello sforzo) Latenza (quando si attiva il metabolismo) Ristoro (tempo di recupero) Aerobico bassa alta Alta (2-3 min) Alto ca 48h Anaerobico lattacido intermedia media (fino a 2 min) Media (ca 15-30’’) Ca 2’ Anaerobico alattacido alta Bassa (10-15’’) Inesistente Basso ca 10’’ Tappe dello sviluppo fisico, psichico, cognitivo e sociale e scolare, in particolare nella fascia di età 11-14 anni L’età scolare abbraccia un periodo molto lungo, durante il quale una serie di cambiamenti fisici, psichici, cognitivi e sociali portano il soggetto a passare dall’infanzia alla vita adulta. Nello specifico, a cavallo tra scuola primaria e secondaria ha inizio l’adolescenza (va dai 10-19, secondo qualcuno anche fino a 24 anni; il periodo 10-14 è detto pubertà; viene dopo il periodo neonatale del 1° mese di vita e dell’infanzia, che va dal 1° mese all’inizio della pubertà). Dal punto di vista fisico, nella preadolescenza ha inizio lo sviluppo sessuale, che comincia in media intorno agli 11 anni, ed ha durata molto variabile da persona a persona. Inoltre, come evidenziato dalla legge di Stratz, nell’età della scuola secondaria di primo grado e nel primo biennio delle superiori (11-15 anni), si attua un periodo detto di proceritas secunda, vale a dire una seconda fase di accrescimento scheletrico- staturale (dopo quella che avviene intorno ai 5-7 anni), che poi, solo dai 15 anni in poi, lascerà spazio ad una fase di accrescimento ponderale muscolare e adiposo (c.d. turgor). La fase di proceritas secunda è caratterizzata da diffusa ipotonicità e, spesso, da temporanee dismetrie. Scarsa coordinazione, scarso equilibrio, goffaggine, e un apparente aumento della capacità articolare (dovuta a lassità muscolare e legamentosa) sono propri di questo periodo. 20 Riguardo all’apprendimento motorio, Schmidt conferisce particolare attenzione anche al feedback, parlando di un feedback intrinseco (proprio) ed estrinseco (da fonti esterne). Quest’ultimo può fornire due tipi di informazione: knowledge of performance (KP- indicazioni sulle caratteristiche dell’esecuzione), knowledge of results (KR- sul raggiungimento degli obiettivi finali). Ad esempio: “il palleggio era troppo basso” (KR) non hai utilizzato le gambe (KP). Principi di biomeccanica delle attività motorie Gli effetti della contrazione muscolare sui segmenti ossei costituiscono l’oggetto di studio della biomeccanica che è, in sostanza, l’applicazione della meccanica allo studio dei diversi sistemi biologici. E’ possibile distinguere una biomeccanica statica, che si occupa delle condizioni di equilibrio dei corpi e delle forze in grado di mantenerlo, e una biomeccanica dinamica, che studia le cause del movimento, ossia le forze che lo determinano e che obbediscono alle leggi della cinematica (che studia il movimento a prescindere delle sue cause) e della cinetica (studia il movimento e le cause che lo determinano). Le forze che possono influire su un corpo producono due tipi di effetto: -statico: deformando un corpo o contribuendo a mantenerlo nello stato in cui si trova; -dinamico, variando il suo stato di moto o di quiete. Inoltre, le forze possono essere sottoposte a processi di scomposizione e composizione. Avremo quindi forze collineari, se agiscono sulla stessa linea; concorrenti, se convergono sullo stesso punto; complanari, se agiscono sullo stesso piano. La cinematica, come abbiamo anticipato, è la branca della biomeccanica che studia il movimento, essa si occupa di descrivere il movimento senza tenere conto delle cause che lo producono, interessandosi particolarmente della traiettoria, della velocità e del tipo di moto di un movimento. Un corpo si definisce in moto se varia la sua posizione in funzione del tempo, mentre si trova in uno stato di quiete se non varia la sua posizione in funzione del tempo. In rapporto allo spazio si possono definire i seguenti moti: -di traslazione, dove tutti i punti si spostano lungo una traiettoria parallela tra di loro e l’asse longitudinale parallelamente a se stesso (esempio: corsa o marcia) -di rotazione, dove l’asse longitudinale del corpo gira con un certo angolo (es.: rotolamento); -complessi, combinazione dei primi due. In rapporto al tempo si descrivono: -moto uniforme si percorrono spazi uguali in tempi uguali; -moto vario in tempi uguali si percorrono spazi diversi. La statica, invece, si occupa dell’equilibrio dei corpi e delle forze che intervengono per mantenere tale stato. Le forze che agiscono su un corpo possono essere forze esterne (gravità) o forze interne (muscolari). Se le due forze sono uguali il corpo è in equilibrio, al contrario si produce movimento. La forza di gravità è la forza con la quale un corpo è spinto verso il centro della terra (essa trova applicazione nel corpo umano nel baricentro). Essa si calcola come massa per accelerazione di gravità e si misura in Newton. Il sistema scheletrico e i muscoli possono essere considerati come una serie di leve meccaniche che ruotano intorno ad un punto fisso (fulcro). Come in ogni sistema di leve è opportuno considerare la forza peso (resistenza) e la forza muscolare (potenza). La distanza fra il fulcro e la potenza o il fulcro e la resistenza vanno a costituire rispettivamente il braccio della potenza e della resistenza. Le leve possono essere: -vantaggiose, se il braccio della potenza è maggiore di quello della resistenza; -svantaggiose se il braccio della resistenza è più lungo di quello della potenza; -nulle, se i due bracci hanno uguale lunghezza. Ne derivano: -leve di primo genere, in cui il fulcro si trova tra la potenza e la resistenza, che possono essere sia vantaggiose che svantaggiose, un esempio è la flesso-estensione del capo (la testa è la resistenza 21 l’articolazione atlanto-occipitale è il fulcro, l’inserzione del muscolo splenio del collo sulle prime vertebre cervicali è la potenza); -leve di secondo genere, dove la resistenza si trova tra il fulcro e la potenza, che sono sempre vantaggiose. Sono scarse nel corpo umano, un esempio è il sollevamento dell’avampiede ad opera del polpaccio (l’articolazione di Lisfranc, cioè dell’avampiede, è il fulcro, il peso del corpo scaricato sul dorso del piede la resistenza, l’inserzione del gastrocnemio sul calcagno la potenza). -leve di terzo genere, dove la potenza si trova tra fulcro e resistenza, sempre svantaggiose, sono le più frequenti nel corpo umano dove le inserzioni muscolari sono vicinissime al fulcro, un esempio è la flessione del braccio ad opera del bicipite (la mano col peso è la resistenza, l’inserzione sull’avambraccio del bicipite la resistenza, il gomito è il fulcro). Indicazioni Nazionali per la scuola dell’infanzia e il primo ciclo di istruzione Nel primo ciclo di istruzione, ai sensi del DM 254/2012 (Indicazioni Nazionali per la scuola dell’infanzia e il primo ciclo di istruzione), l’educazione fisica promuove la conoscenza di sé e delle proprie potenzialità nella costante relazione con l’ambiente, gli altri, gli oggetti. Contribuisce, inoltre, alla formazione della personalità dell’alunno attraverso la conoscenza e la consapevolezza della propria identità corporea, nonché del continuo bisogno di movimento come cura della propria persona e del proprio benessere. In particolare, in merito alla conoscenza di sé, le attività motorie forniscono agli alunni le occasioni per riflettere sui cambiamenti del proprio corpo, per accettarli e viverli serenamente come espressione della crescita e del processo di maturazione di ogni persona. La conquista delle abilità motorie e la gratificazione che ne risulta contribuiscono inoltre ad accrescere l’autostima dell’alunno. Una volta acquisita consapevolezza del proprio corpo l’alunno diventerà in grado di esplorare lo spazio, avendo cura dell’ambiente naturale nel quale si è trovato più volte ad agire nella pratica sportiva scolastica. Imparerà a relazionarsi con gli altri e con il gruppo di pari in modo efficace e cooperativo, integrando forme di comunicazione verbale e non, controllando le proprie emozioni e impegnandosi a inserire alunni con varie forme di diversità, valorizzando il loro apporto. L’educazione fisica assolve inoltre la funzione di promuovere le esperienze motorie, in modo che queste diventino parte integrante dello stile di vita degli alunni, andando a prevenire tutta una serie di disfunzioni, come l’obesità, i disordini alimentari, l’abbandono precoce dello sport e quindi la regressione motoria, le dipendenze. Infine, i docenti dovranno trasmettere e far vivere i principi specifici della cultura sportiva, come il rispetto di sé, dell’avversario, la lealtà, il controllo dell’aggressività e la negazione della violenza. L’obiettivo è che tali valori vengano assimilati nella mentalità dell’alunno come futuro cittadino del mondo, rispettoso dei valori civili e umani. Traguardi per lo sviluppo di competenze Al termine del 1° Ciclo di istruzione l’alunno ha acquisito un bagaglio di competenze motorie di cui è consapevole. Sa adattare le abilità motorie in situazione. Utilizza il linguaggio motorio per relazionarsi con gli altri, pratica il fair play e il rispetto delle regole. Riconosce e applica comportamenti volti allo star bene, rispetta criteri base di sicurezza per sé e per gli altri. E’ capace di integrarsi nel gruppo. Obiettivi specifici di apprendimento Il corpo, il linguaggio del corpo e la sua relazione con lo spazio e il tempo Sa utilizzare e trasferire le abilità acquisite nei gesti dei vari sport. Utilizza l’esperienza motoria acquisita per risolvere situazioni nuove o inusuali. Sa orientarsi nell’ambiente naturale e artificiale. Il linguaggio del corpo 22 Conosce e applica semplici tecniche di espressione corporea mediante gesti e posture. Sa decodificare i gesti arbitrali, dei compagni e degli avversari in situazioni sportive. Il gioco, lo sport, le regole e il fair play Padroneggia le capacità coordinative; sa realizzare strategie di gioco collaborando con i compagni; conosce il regolamento dei vari sport e sa assumere anche il ruolo di arbitro o giudice. Sa gestire le proprie emozioni con autocontrollo, sia in caso di vittoria che di sconfitta. Salute, benessere, prevenzione e sicurezza Sa riconoscere i cambiamenti morfologici in base all’età e sa seguire un programma per migliorare le prestazioni. Sa applicare tecniche di controllo respiratorio e rilassamento muscolare. E’ in grado di disporre, utilizzare e riporre gli attrezzi salvaguardando la propria e l’altrui sicurezza. Sa adottare comportamenti appropriati per la sicurezza propria e dei compagni, anche rispetto a situazioni di pericolo. Pratica il movimento per migliorare la propria efficienza fisica, riconoscendone i benefici. Conosce ed è consapevole degli effetti nocivi dell’assunzione di integratori, sostanze illecite o che inducono dipendenza (doping, droghe, alcol). Metodi e tecniche di valutazione dell’insegnamento-apprendimento, organizzazione del contesto didattico in riferimento all’ambiente, i materiali e le risorse L’insegnamento scolastico delle Scienze motorie può avvalersi di diverse tecniche di valutazione, utili sia per verificare gli apprendimenti conseguiti dagli alunni alla fine di una determinata unità didattica, che per constatare se il metodo di insegnamento impiegato si adatta alle caratteristiche degli alunni. Tali metodi e tecniche di valutazione possono essere gli stessi impiegabili nelle altre materie, purché adattate allo specifico contesto didattico, tenuto conto dell’ambiente, dei materiali e delle risorse a disposizione. Qui di seguito riportiamo alcune delle tipologie impiegabili: -valutazione del tipo carta e matita, basata su una raccolta di annotazioni descrittive registrate durante e dopo l’azione motoria. Ne sono un esempio il diario (una descrizione effettuata dal docente durante l’attività, rileggibile a posteriori per far emergere crucialità, situazioni ricorrenti) e il diario di bordo (dove la descrizione è effettuata dagli alunni, anche suddivisi in gruppi). Un’applicazione pratica interessante di tali strumenti potrebbe essere il tenere un diario dove annotare di volta in volta gli alunni che non fanno educazione fisica e il perché, gli alunni infortunati e quelli che partecipano ad attività extrascolastiche; -codificazioni simboliche di esercizi, magari mediante sigle, associate ad ulteriori elementi grafici per evidenziare le modalità esecutive per ciascun alunno. Per esemplificare, se si vuole testare l’esecuzione della ruota e della capovolta, si potranno associare le sigle R e C e un asterisco per un’esecuzione sufficiente, 2 asterischi per una intermedia, 3 asterischi per una eccellente; -schemi grafici, particolarmente utili per illustrare o chiarire strategie di gioco più o meno complesse; -checklist, cioè liste di comportamenti che possono o meno realizzarsi all’interno di una prestazione, per le quali viene apposta una spunta in caso il comportamento si verifichi, o una croce se non si verifica; -griglie di osservazione che, se ben adattate possono essere forse lo strumento più adatto a valutare abilità motorie. Per adeguarle al meglio è necessario scomporre la prestazione sportiva nelle sue parti (es. fasi della corsa) ed elencare in ordine progressivo tutti gli errori che possono essere compiuti in ciascuna fase (es. appoggio scorretto dei piedi, errore nel rollio, ecc..). Durante l’osservazione sarà quindi necessario solo indicare l’errore eventualmente compiuto in ciascuna fase; -questionari-interviste, che possono essere a risposta aperta, se si vuole valutare la libera espressione di idee, o chiusa se si vuole valutare esattamente la risposta. L’impiego può essere sia per la verifica degli apprendimenti teorici della materia, che per valutare la correttezza degli stili di vita degli alunni; 25 6 diverse posizioni. Vince chi si aggiudica il punteggio più alto in tutti gli esercizi in versione libera e obbligatoria. Il movimento deve essere pressoché costante ed ogni stasi o perdita di controllo viene penalizzata. L’accompagnamento musicale è sempre presente. L’atletica si divide in corse, salti e lanci (concorsi) che si svolgono su un impianto costituito da un’area attrezzata per le varie specialità. La pista che circonda il campo di atletica non deve essere di lunghezza inferiore a 400 mt, deve avere da 6 a 8 corsie di larghezza 1,22 mt ciascuna e deve essere percorsa in senso antiorario. Le corse dell’atletica di distinguono in corse piane, di 100, 200, 400, 800, 1500, 5000, 10000 metri; marce fino a 10 km (donne) e fino a 50 km (uomini); ostacoli sulle distanze di 100 (donne), 110 (uomini) e 400 mt (entrambi i sessi); staffetta, da 4x100 a 4x400; mezza maratona (21 km) e maratona (42 km); 3000 siepi; corsa campestre (di lunghezza variabile dai 1500 ai 12000 mt a seconda dell’età e del sesso). Le corse dai 100 ai 400 mt sono dette gare di velocità e sono svolte partendo dai blocchi di partenza costituiti da 2 piastre inclinate, concave e fissate al terreno, da dove l’atleta parte rannicchiato appoggiando la pianta del piede. I blocchi sono in linea nelle gare dei 100 mt, scaglionati nelle altre gare, in modo da assicurare ad ogni atleta la medesima percorrenza. Alla partenza il giudice pronuncia la frase ai posti, pronti, via (spara quindi in aria con una pistola a salve), i concorrenti partono e chi arriva primo vince. In caso di falsa partenza, chi l’ha compiuta viene squalificato. Le gare da 800 a 10000 metri sono dette gare mezzofondo. In questo caso la partenza è in linea, e scaglionata, senza bocchi, ma in piedi (solo negli 800 si parte dalla linea dei 200 e 400, mentre nei 1500 e 3000 si parte in curva dal secondo rettilineo). Le gare da 21 e 42 km sono gare di fondo e sono denominate mezza maratona e maratona: queste si svolgono su strada e prevedono la partenza in batteria, dato l’alto numero di partecipanti. Di ogni atleta viene calcolato il tempo e chi ne impiega di meno vince la competizione. Le gare a ostacoli sono di 110 200 e 400 per gli uomini, 100 e 400 per le donne, prevedono di saltare una serie di ostacoli di altezza variabile fra i 91 e i 106 cm per gli uomini (a seconda del tipo di gara: più è lunga più gli ostacoli sono bassi) e fra i 76 e gli 83 cm per le donne. Gli ostacoli sono posti ad una distanza variabile a seconda del tipo di gara (dai 9 ai 35 mt). La partenza è dai blocchi. La corsa 3000 siepi è una particolare corsa ad ostacoli che prevede che i concorrenti corrano in pista i 2 rettilinei e una delle curve, la seconda curva viene percorsa o all’interno o all’esterno della pista dove è costruita la riviera, costituita da un ostacolo in legno seguito da una fossa piena d’acqua. Sulla pista, oltre all’ostacolo fisso con fossa, devono essere collocati altri ostacoli mobili, le siepi, (larghi circa 3 mt e alti circa 90) disposte in modo che si percorrano in tutto 28 salti d’ostacolo e 7 di fossa. La partenza è in piedi. La staffetta vede la partecipazione di più squadre composte da 3 o 4 atleti, ognuno dei quali percorre una frazione di percorso e passa al compagno un bastoncino chiamato testimone (lungo c.a. 50 cm). Il passaggio avviene ogni metri quanti sono quelli indicati nel nome della gara dopo il “x” (es. nella 4x100 4 cambi ogni 100 mt) Nella pista devono essere segnate, oltre che le linee di partenza e di frazione, delle linee dei 10 metri prima e dopo la linea di frazione ad indicare la zona in cui va passato il testimone (c.d. “zona di cambio”). La partenza iniziale è dai blocchi, dal cambio in piedi. La corsa campestre è una competizione che si svolge all’aperto, solitamente in campagna e in inverno lungo un percorso contrassegnato da bandierine rosse. Può essere in modalità sia individuale, che a squadre. Non ha una normativa rigida e può prevedere anche diverse decine di concorrenti, che partono in linea da in piedi. Ha una lunghezza fra i 6000 e i 12000 per gli adulti. In ambito scolastico, per la secondaria di 1° grado di solito l’itinerario è di 1200 mt per le ragazze e 1500-2000 per i ragazzi. Per ciò che concerne i salti abbiamo salti in elevazione e in estensione. Fra i primi figura: -il salto in alto, che consiste nel superare una un’asticella appoggiata su due ritti a una determinata altezza dal suolo, con rincorsa illimitata e pedana a forma di mezzaluna. Il salto può essere fatto in qualsiasi modalità (tra cui il celebre salto Fosbury, dove l’atleta salta rivolgendo la schiena all’asticella), purché lo stacco sia a un piede solo. Nel salto gli atleti possono toccare l’asticella, ma non farla cadere. 26 -il salto con l’asta, si esegue con il sostegno di un’asta lunga circa 5 metri, che viene puntata in un apposito incavo situato al termine della pedana di rincorsa. Facendo perno con l’asta l’atleta deve superare l’asticella senza farla cadere. Fra i salti in estensione invece abbiamo: -salto in lungo, consiste nel prendere una rincorsa da un’apposita pedana lunga 45 metri e larga 1,22, staccare dal limite di stacco, detto “zona di battuta” e atterrare in una zona di caduta piena di sabbia. La distanza viene calcolata dalla zona di battuta al primo punto in cui l’atleta atterra, anche se ha staccato prima; -salto triplo, dove gli atleti, dopo una rincorsa (58 mt), raggiungono una zona di battuta da dove effettuano tre balzi consecutivi (hop, step e jump) e, al terzo, il più lungo e quello in base al quale si conta la distanza, atterrano in una fossa riempita di sabbia. I 3 salti devono essere effettuati in modo che ogni stacco sia effettuato da un piede diverso dal precedente. NB: in ogni gara di salto l’atleta dispone di 3 tentativi per ogni misura. I lanci prevedono di scagliare a maggiore distanza possibile un oggetto da una pedana di lancio circolare applicando una tecnica specifica. Abbiamo: -lancio del peso, una sfera di 4 kg (donne) o 7 kg (uomini), lanciato con una mano da sotto il mento dopo alcune giravolte. Alla pedana è apposto un fermapiedi che non si può toccare; -lancio del disco, oggetto circolare di legno bordato in metallo del peso di 1 (donne) o 2 kg (uomini) lanciato a un braccio dopo varie giravolte. E’ presente pedana senza fermapiedi. Caratteristica è la gabbia di protezione a “U”, munita di rete e posta dietro l’atleta per motivi di sicurezza; -lancio del martello, una sfera metallica attaccata a un cavo, anch’esso metallico e con maniglia. Il peso è di 4-7 kg (donne-uomini). Il martello viene lanciato a due mani braccia tese dopo varie giravolte. Anche qui abbiamo una pedana con fermapiedi che però può essere toccato (a differenza del lancio del peso). E’ presente anche qui gabbia di protezione per gli stessi motivi di cui sopra. -tiro del giavellotto, spesso ed erroneamente chiamato "lancio del giavellotto", è una specialità sia maschile che femminile dell'atletica leggera, nella quale l'atleta, dopo una fase di rincorsa (non c’è quindi una pedana), cerca di tirare il più lontano possibile il giavellotto, un attrezzo di forma affusolata fatto di metallo e fibra di vetro. Uomini e donne lanciano con attrezzi di peso differente: 600 gr per le donne 800 gr per gli uomini. L’attrezzo è lungo circa 2.5 mt e ha una punta di circa 30 cm. NB: il lancio è un passaggio da un atteggiamento lungo ad un altro (es. disco), il tiro da uno lungo ad uno breve per poi ritornare ad uno lungo (es. giavellotto), il getto è il passaggio da un atteggiamento breve ad uno lungo (es. peso) Anche nei lanci ogni concorrente ha a disposizione tre tentativi per raggiungere la misura di qualificazione/vittoria. Tra gli sport individuali praticabili in ambito scolastico, abbiamo poi il nuoto (disciplina olimpica dal 1896). Esso si disputa in vasche di 25x10 mt o 50x21 mt (vasca olimpica) riempite d’acqua a circa 25°. Nelle gare di lunghezza superiore alla vasca il concorrente deve effettuare la virata ruotando su sé stesso, toccare la parete della vasca e darsi la spinta per ripartire. Sono previsti 4 tipi di nuotata: -il crawl, o stile libero, che consiste in un movimento alternato delle braccia accompagnato da una propulsione continua degli arti inferiori (di norma si fanno 3 movimenti delle braccia prima di respirare, mentre gli arti inferiori sono sempre in movimento), effettuato in posizione orizzontale sull'acqua e con il viso rivolto verso il basso guardando il pavimento della vasca della piscina; -il dorso, unico stile del nuoto che si esegue con il capo rivolto verso l’alto e il busto inclinato verso il basso, le braccia che si muovono alternativamente, le spalle che accompagnano generando un rollio e la gambata simile a quella del crawl (di solito si fanno 6 gambate per bracciata); -rana, dove le gambe spingono l’acqua verso il basso e verso fuori col piede a martello e le braccia, da estese avanti, spingono l’acqua sempre verso il basso e verso fuori; -delfino, dove le gambe si azionano simultaneamente in maniera simile al crawl e la bracciata, anch’essa doppia crea una sorta di movimento ad onda che crea propulsione e fa avanzare il nuotatore. Per tutti gli stili tranne il dorso la partenza è dai blocchi, in modalità grab-start (piedi uniti al bordo del blocco) o track 27 start (piedi sfalsati sul blocco), nel dorso la partenza è da dentro l’acqua da appoggiati al bordo interno della vasca. Dopo la partenza il concorrente non deve riemergere se non dopo 15 metri: ciò è verificato da uno degli otto giudici presenti che verificano anche la correttezza di stile (4) e il cronometraggio (2) la virata (1). Nel nuoto sono disputate gare di 100 e 200 mt. Solo per il crawl esistono anche gare più lunghe, di 400-800- 1500 mt, e più brevi, sui 50 mt. Esistono anche gare miste (200 e 400 mt) nei 4 stili (ordine: delfino-dorso- rana-stile) e gare a staffetta (ordine: delfino-rana-dorso-stile). Aggiunte EDISES: nei 200 e 400 metri la partenza è sfalsata dalla prima curva (dai blocchi) La marcia fa parte delle specialità del cammino dell’atletica e si svolge su circuito cittadino della lunghezza di 20 e 50 km per gli uomini e 20 km per le donne. Regola fondamentale è la “regola 230” che prevede che la marcia sia una progressione di passi eseguiti in modo che sia mantenuto un contatto ininterrotto con il terreno. Errori tecnici sono quindi la sospensione e lo sbloccaggio del ginocchio. Se viene violata più di 3 volte la regola 230 il marciatore viene squalificato. Nel salto in lungo, subito dopo la linea di stacco c’è una striscia di plastilina su cui viene rilevata l’impronta del piede in caso di salto nullo (oltre la linea di stacco). I giudici sono 4 (5 nel salto triplo) e le gare prevedono 2 turni da 3 tentativi ognuno se i partecipanti sono più di 8 (e un unico turno se sono meno di 8). Nel salto in alto la rincorsa avviene da un settore semi circolare che ha un raggio di circa 20 mt e i ritti sono posti a una distanza di 4 mt tra loro; i giudici sono 3; il salto è nullo: se l’atleta tocca qualcosa oltre l’asticella prima di superarla; se l’asticella cade; se il concorrente compie tre salti nulli. Le tecniche di salto sono state nel tempo prima la horaine (ventrale), poi la straddle (a gambe divaricate) poi ancora la Fosbury (1968). Nel salto con l’asta la rincorsa è lunga circa 40 metri e larga 1.22, i ritti sono a 4 mt tra loro, i giudici sono 3. Se l’atleta tocca qualcosa con il corpo o con l’asta prima d’averla superata, o sposta le mani più in alto sull’asta dopo aver effettuato il salto, o fa cadere l’asticella, il salto è nullo. In tutti i lanci ci sono 6 tentativi ad atleta se i concorrenti sono meno di 8 e 2 turni da 3 se sono più di 8. Sempre in tutti i salti, costituisce fallo l’abbandonare la pedana dalla parte posteriore della piattaforma. Nei lanci del disco e del martello ci sono ben 5 giudici, in quello del peso ce ne sono 4. Il decathlon (specialità solo maschile) si svolge in due giornate consecutive: nella prima si disputano i 100 metri piani, il salto in lungo, il lancio del peso, il salto in alto e i 400 metri; nella seconda i 110 metri a ostacoli, il lancio del disco, il salto con l’asta, il lancio del giavellotto e i 1500 metri piani (ad ogni gara viene assegnato un punteggio secondo le cosiddette “tabelle ungheresi”). Il corrispondente femminile è l’eptathlon, composto da 7 gare: 100 metri a ostacoli, salto in alto, lancio del peso, 200 metri piani, salto in lungo, lancio del giavellotto, 800 metri piani. Il pentathlon è invece composto da nuoto (200mt), equitazione (ostacoli), corsa campestre, tiro a segno (pistola), scherma (spada). Ping pong (tennis da tavolo): il campo misura circa 150 cm larghezza, 2,5 mt lunghezza, 70 cm altezza. La racchetta è 25x15 cm e la pallina ha diametro 40 mm. Si gioca al meglio dei 5 set, ogni set ha 11 (12 in caso di 10 pari) punti e ogni giocatore deve effettuare 2 battute consecutive, poi batte l’avversario. Gli sport di squadra La pallavolo nasce nel 1895 nel Massachussets, ad opera di un professore di educazione fisica di nome W. Morgan, ma entra a far parte delle Olimpiadi solo nel 1964. Il campo misura 18 metri di lunghezza e 9 di larghezza, è diviso da una linea centrale in 2 rettangoli simmetrici (dal fondo: zona di difesa e zona d’attacco). Al di sopra di questa linea centrale è posta una rete che è alta rispettivamente 2,43 mt per gli uomini e 2,24 per le donne. Le squadre sono composte di sei giocatori in campo e altrettanti in riserva. Il gioco ha inizio con la battuta da fondo campo. La battuta viene mantenuta fino a quando la squadra che l’ha effettuata non sbaglia, in questo caso passa all’avversario il diritto di battere; se chi ha battuto, invece, fa sbagliare l’avversario 30 grande (2 giocatori alti e veloci, con un buon tiro da 3), Pivot (giocatore più alto e pesante, una sorta di centravanti del calcio). Riguardo al calcio (nascita 1863- Inghilterra; dal 1900 nel programma olimpico), questo è un gioco di squadra in cui si affrontano 2 formazioni di 11 giocatori (di cui 10 in campo e uno in porta), ciascuno in un campo rettangolare largo 65-75 metri e lungo 100-110. La palla misura 70 cm di circonferenza e pesa poco meno di 500 g. Scopo del gioco è realizzare quanti più goal possibili nella porta (dimensioni 7.32x 2.44) avversaria, aggiudicandosi così la vittoria. La partita ha una durata di 90 minuti suddivisi in 2 tempi da 45. Se un giocatore compie un’azione scorretta viene assegnata una punizione (con barriera a 9 metri) e, se nello specifico il fallo viene commesso nell’area di rigore, viene assegnato un rigore, che è una sfida a 2 tra il portiere e chi tira dal dischetto di rigore, posto a 11 metri dalla porta. Se la palla esce viene rimessa in campo con le mani dalla squadra opposta a quella che ha toccato palla per ultima. Sono possibili 5 cambi per squadra. In caso di passaggio in avanti se l’attaccante al momento del passaggio è l’ultimo giocatore davanti al portiere avversario, viene assegnata una punizione alla squadra che difende per fuorigioco. Se la squadra in difesa fa uscire la palla dalla sua linea di fondocampo, viene assegnato il corner: una rimessa coi piedi da parte della squadra in attacco dall’angolo di fondocampo. Oltre all’arbitro (che fischia i falli e ammonisce o espelle i giocatori più fallosi) sono presenti i guardalinee (che segnano i fuori, i fuorigioco e i cambi) il 4° uomo (assegna i minuti di recupero). La palla ha una circonferenza di 70 cm (e un peso di 400-450 g). La porta misura 7.32 mt x 2.44 mt. La federazione internazionale del calcio è la FIFA (Federation Internationale de Football Association). Le federazioni continentali sono: la UEFA (Europa), la Conmebol (sud America, Concacaf (nord e contro America), OFC (Oceania) e AFC (Asia). Più che il calcio, in ambito scolastico è maggiormente praticabile il calcetto, una variante nata in Uruguay dove: il campo ha dimensioni sempre rettangolari, ma ridotte (circa 40x20); si gioca 5 contro 5 più 7 riserve in panchina con cambi illimitati; la partita dura 60’ suddivisi in due tempi da 30’ l’uno; la rimessa laterale viene effettuata con i piedi e il pallone è più piccolo (60 cm di circonferenza). Da annoverare tra gli sport di squadra sono anche rugby e baseball che, seppur non appartenenti alla nostra cultura, sono sempre più praticati nel nostro Paese, anche in ambito scolastico. Il rugby è in realtà riconducibile ad una serie di giochi, di cui le principali varianti sono quelle a 13 o a 15 giocatori. Viene giocato con una palla ovale e scopo del gioco è essenzialmente mantenere il possesso di palla, eludere gli avversari e segnare quella che viene chiamata meta, portando la palla oltre la linea di meta avversaria. Per la precisione, la palla deve arrivare alla linea di meta tenuta in mano dal giocatore e deve essere schiacciata a terra. Ogni meta vale 5 punti. Nel principale torneo di riferimento, il Trofeo delle 5 nazioni, Il campo è lungo 70x100 mt ed è composto dall’area dei 22 posta a fondo campo, della lunghezza di 22 mt e dall’area di gioco, che comprende il campo di gioco e l’area di meta. La partita è articolata in 2 tempi da 40 minuti. La palla può essere portata in avanti tenendola con le mani, passata lateralmente o dietro, calciata dopo che, lasciata cadere a terra, ha rimbalzato. Ogni giocatore può essere placato, cioè messo a terra dai giocatori avversari. La palla può essere rimessa in campo dopo un’uscita laterale attraverso la touche, tipica azione in cui i giocatori si contendono la palla mediante il gioco aereo. In caso di una qualche irregolarità, come un passaggio avanti involontario, il gioco può essere fatto riprendere dall’arbitro mediante un’altra tipica azione di gioco che è la mischia, in cui otto giocatori per squadra, piegati e disposti spalla a spalla, si contrappongono per conquistare il possesso di palla rimesso in gioco dal mediano di mischia, che è in piedi fra le due formazioni. I punti sono: 5 per la meta, 2 per la trasformazione dopo la meta, 3 per il drop goal. Abbiamo infine il baseball, nato intorno al 1870 negli USA, che si svolge fra 2 squadre di 9 giocatori ciascuno. Il gioco parte dal lanciatore che lancia la pallina verso il battitore della squadra in attacco, che cerca di colpirla in azione con una mazza di legno il più lontano possibile, in modo da far avanzare i suoi compagni attraverso 4 basi che si trovano agli angoli del quadrato di gioco, detto diamante. Ogni volta che uno di questi giocatori compie un giro completo, fa segnare un punto alla propria squadra. I giocatori della squadra in difesa, dal canto loro, dovranno tentare di prendere la palla al volo in battuta o di farla arrivare ai compagni posti ad ogni base, in modo da eliminare il battitore o bloccare la corsa degli attaccanti fra le basi. Una partita di baseball è divisa in 9 inning, ciascuno suddiviso in due metà: nella prima metà (parte alta) è la squadra ospite che attacca, nella seconda (parte bassa) quella di casa. Un inning si conclude 31 quando vengono eliminati 3 attaccanti per entrambe le squadre. La palla va lanciata tra le ascelle e le ginocchia del battitore, e deve essere a portata di bastone. Se il lanciatore sbaglia per 4 volte, il battitore conquista la prima base. Invece, se il battitore sbaglia 3 volte è eliminato e se tira la palla fuori dal campo, ha diritto a girare tutte le mete. Aggiunte EDISES: Dal Monte (1969) e Lubich (1990) hanno stilato una classificazione delle attività motorie in base alle sorgenti energetiche muscolari e biomeccaniche Attività Caratteristiche Disciplina (alcuni esempi) Ad impegno prevalentemente anaerobico lattacido Sforzi di durata 20-45’’, impegno anaerobico lattacido, sistema glicolitico 200, 400 mt atletica leggera, 50 mt nuoto, body building Ad impegno aerobico-anaerobico massivo Sforzi da 45’’ a 2’, grande coinvolgimento cardiorespiratorio e muscolare Canottaggio, 800, 1500 e 400 (hs) mt atletica leggera, tiro alla fune Ad impegno aerobico anaerobico alternato Si alternano fasi aerobiche, anaerobiche e riposo Sport di squadra in genere: calcio, calcetto, basket, pallavolo, rugby, baseball, pallamano Ad impegno prevalentemente aerobico Durata superiore a 4-5 minuti, impegno aerobico 3000 (siepi), 5000, 10000, maratona, mezza maratona, marcia (20-50 km), nuoto (800- 1500) Ad impegno prevalentemente anaerobico alattacido Sforzi 1-10’’, impegno anaerobico alattacido, sistema del creatinfosfato 100 mt piani, tutti i concorsi dell’atletica (lanci e salti), sollevamento pesi Destrezza con impegno muscolare, posturale e direzionale Attività che richiedono atti motori precisi, sollecitazione degli apparati sensoriali e variabile impegno muscolare Tiro con l’arco, tennis da tavolo, bowling Attività di destrezza con scarso impegno muscolare Attività che richiedono atti motori precisi, sollecitazione degli apparati sensoriali e variabile impegno muscolare Tiro a segno e al volo Attività di destrezza con notevole impegno muscolare Attività che richiedono atti motori precisi, sollecitazione degli apparati sensoriali e variabile impegno muscolare Danza, pattinaggio su ghiaccio, arti marziali Effetti della sedentarietà sull’organismo – fenomeni correlati e strategie educative; attività motoria finalizzata alla salute ed al benessere Se il contesto di evoluzione dell’essere umano era inizialmente basato su un’abbondante dose di attività fisica giornaliera ed un variabile apporto di cibo, la situazione odierna risulta totalmente ribaltata: scarso movimento e una costante, spesso eccessiva, dose di cibo. Gli effetti della sedentarietà sull’organismo sono stati a lungo dibattuti ed oggi si ha la certezza che essa non solo favorisca direttamente o indirettamente tutta una serie di malattie, ma anche una cospicua perdita di capacità funzionali a carico dei muscoli, del sistema cardiocircolatorio, respiratorio, nervoso e endocrino. 32 Il movimento, se somministrato in dosi corrette e non eccessive, ha il potere di ristabilire la giusta produzione di neurotrasmettitori e neurormoni direttamente implicati nel senso di benessere psico emotivo, con la conseguenza che la persona si senta meno stanca e più entusiasta. Queste sostanze sono principalmente la dopamina, l’ossitocina, la serotonina e le endorfine. Uno stile di vita sedentario induce inoltre un aumento del rischio di alcune malattie come: obesità, diabete, ipertensione, infarto, ictus, osteoporosi, artrosi, sarcopenia, tumori, Alzheimer, Parkinson, ansia. L’attività fisica non è da sola in grado di evitare o curare queste malattie, ma, unita a uno stile di vita globalmente sano, può essere un importante fattore preventivo. Oltre alle malattie, la sedentarietà è in grado di favorire anche alcune cattive abitudini che a loro volta causano rischi per la salute, come l’abuso di alcol e di tabacco che sono tra le principali cause di morte a livello mondiale. Seppur possa essere in parte vero che la tendenza alla pigrizia abbia una componente genetica, la vera differenza fra uno stile di vita attivo e uno sedentario è questione di abitudine. Sarà pertanto compito del docente caldeggiare sane abitudini, capaci di cambiare lo stile di vita verso una direzione più attiva e coinvolgente. Ciò sarà possibile implementando le seguenti strategie educative: -indirizzare gli alunni verso attività di loro gradimento: infatti se il sacrificio e la perseveranza possono aiutare nel breve termine, esse si esauriscono presto e prima o poi il soggetto abbandonerà l’attività sportiva. La pratica deve quindi sempre essere sostenuta dal piacere e dal divertimento, altrimenti non darà i suoi frutti; -cercare di stabilizzare l’abitudine il prima possibile: l’abitudine si stabilizza mediante la ripetizione dello stimolo, per cui nelle prime fasi è necessario un approccio poco impegnativo, per educare alla costanza. Infatti studi sul comportamento dimostrano che sono necessari circa 61 giorni di attività continuativa per innescare un’abitudine. Per esemplificare, sarà meglio camminare 10 minuti al giorno quando si ha voglia che 60 minuti la domenica mattina; -concentrarsi su un obiettivo realistico per volta e scomporlo in una serie di piccoli sotto obiettivi a breve termine: ad esempio, nel calcio sarà più opportuno dedicare un periodo solo alla tecnica e fissare sotto obiettivi come eseguire 10 palleggi, piuttosto che puntare direttamente a correre 90 minuti di seguito, dribblare come Maradona e compiere evoluzioni funamboliche con palle di piccola dimensione; -motivare sempre l’alunno e non demoralizzarlo, inoltre, spingere i più bravi a sostenere coloro che sono in difficoltà. Se la correzione degli errori è inevitabile, è sempre necessario evidenziare anche i successi, mettendo in risalto il processo di miglioramento che l’alunno intraprende. Il sostegno di un compagno più competente che funge da modello è inoltre anch’essa fonte di aiuto e motivazione. Aggiunte EDISES: I criteri dell’OMS per classificare l’obesità in base al BMI sono: BMI 24.9= sovrappeso; 25- 29.9= obesità di primo grado; 30-39.9= obesità di secondo grado; >40= obesità di terzo grado. Un rapporto vita-fianchi maggiore di 0.85 nelle donne e 0.95 nell’uomo indica un’obesità di tipo androide; valori inferiori a 0.85 nelle donne e 0.95 negli uomini un’obesità di tipo ginoide. I benefici degli sport aerobici sono: innalzamento del metabolismo basale, maggiore resistenza nelle attività quotidiane, maggior capacità di recupero dopo lo sforzo, maggior afflusso di sangue a cervello e muscoli, regolarizzazione della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca e minor impegno a parità di sforzo. Alcuni dati: in Italia il 25% di adolescenti è in sovrappeso; l’età del primo drink è la più bassa d’Europa (11 anni), dalle 7 alle 13 ore passate su internet (Rilevazioni eminenti riviste scientifiche) Educazione igienico-sanitaria e alimentare orientata a stili di vita sani, primo soccorso, assistenza nei più frequenti casi di infortunio L’educazione igienico-sanitaria consiste nell’organizzazione di opportunità di apprendimento volte a migliorare le conoscenze, le abilità e le motivazioni che possono incidere sui comportamenti rilevanti per la 35 -asfissia, per la quale bisogna innanzitutto portare il soggetto in luogo aperto, portare all’indietro la testa sollevando il mento, disostruendo la faringe dalla lingua o da altro materiale ostruente con un fazzoletto. Se il soggetto ricomincia a respirare lo si mette in posizione di sicurezza (decubito laterale con un oggetto di grandezza simile a un cuscino fra le gambe) finché non si riprende, altrimenti si tenta di praticare una respirazione artificiale meccanica di tipo bocca a bocca: si solleva il mento iperestendendo il collo e si espira (al ritmo di una espirazione ogni 3 secondi) nella bocca dell’infortunato; - arresto cardiaco, qualora il battito non sia efficiente o sia assente (il che è riscontrabile auscultando il torace del soggetto o ponendo 2 dita sulla carotide), è necessario, dopo aver chiamato il 112, praticare tempestivamente (massimo entro 3 minuti) un massaggio cardiaco. Per fare ciò è necessario comprimere con entrambe le mani la metà inferiore dello sterno al ritmo di una compressione al secondo. Sarà inoltre necessario continuare con la respirazione artificiale effettuando 2 insufflazioni ogni 30 compressioni (ritmo 100/minuto- 5cm profondità). Se ancora il cuore non riparte, si userà il defibrillatore se abilitati ad usarlo; - colpi di calore, si manifestano con febbre altissima, pelle fredda, volto arrossato, delirio. Sarà necessario spogliare il soggetto e avvolgerlo con panni umidi, mettergli una borsa di ghiaccio sulla fronte e posizionarlo in posizione anti shock (supino, piedi alzati di 15°); -soffocamento, riconoscibile per il classico segno del portare le mani alla gola da parte del malcapitato. La cosa più opportuna è porsi dietro la vittima, cingerla con le braccia con una mano a pugno, pollice appiattito verso l’addome tra l’ombelico e lo sterno, spingere verso l’alto con l’altra mano finché l’oggetto che ostruisce le vie aeree non viene espulso (manovra di Heimlich). Fenomeno del doping nello sport e suoi effetti sulla salute La definizione di doping è stata elaborata dalla WADA (World anti-doping agency), che si occupa di combattere e monitorare il fenomeno a livello mondiale. Secondo quest’ultima, si intende per doping l’uso di una qualsiasi sostanza farmacologica o pratica medica, non giustificate da una condizione patologica certificata, ma avente il fine di migliorare illecitamente la prestazione. Il doping, al contrario di quello che si potrebbe pensare, non è un fenomeno recente: alcuni reperti storici testimoniano addirittura che già dalle Olimpiadi del 668 a.C. venivano usati funghi allucinogeni per migliorare le prestazioni. Ciononostante, è con il XX secolo e con lo sviluppo dell’industria farmaceutica, che il fenomeno si diffonde a macchia d’olio. Sarà questo che porterà alla nascita della WADA nel 1998, organismo avente lo scopo di effettuare controlli e rilevamenti sul doping atletico. Le principali sostanze dopanti possono essere suddivise in: -steroidi anabolizzanti: sono solitamente costituiti da testosterone o derivati. Vengono usati per curare insufficienze gonadiche, ma se iniettati intramuscolo in dosi fino a 10 volte superiori a quelle terapeutiche, generano un aumento della massa muscolare e una riduzione delle masse adipose. Sono molto usati nel ciclismo e nel culturismo, ma ormai il loro uso si sta diffondendo un po’ in tutti gli sport; -sostanze che stimolano il sistema nervoso centrale: sono sostanze spesso derivate dalle anfetamine, usate normalmente nelle cure dimagranti, anche se il loro uso medico sta andando diminuendo. Esse stimolano il SNC potenziando l’azione di specifici neurotrasmettitori aumentando l’attenzione, la reattività e diminuendo la sensazione di fatica. Inoltre sono usati per controllare il peso gara. Sono diffusi negli sport da ring e nelle arti marziali o comunque in tutti gli sport dove ci siano delle categorie di peso; -sostanze/pratiche per aumentare la massa eritrocitaria, cioè la produzione di globuli rossi. Tra le sostanze, la più comune è l’eritropoietina, sintetizzata naturalmente dai reni e usata in campo medico per la cura delle anemie, è in grado di aumentare l’eritropoiesi e garantire quindi un maggiore trasporto di sangue ai tessuti. Ciò risulta molto utile negli sport di resistenza, che richiedono un alto apporto di O2. Tra le pratiche rientra l’autoemotrasfusione (oggi in disuso per l’avvento dell’EPO sintetica) che consiste nell’iniezione in circolo di sangue ricco di ossigeno prelevato dall’atleta stesso circa un mese prima della gara, aumentando la massa eritrocitaria, e quindi la resistenza. Le sostanze dopanti contano moltissimi effetti collaterali, che si manifestano sia a breve che a lungo termine (anche diversi anni dopo aver smesso). Ecco i principali: 36 -per gli anabolizzanti: calvizie, atrofia dei testicoli, amenorrea nella donna, infarto, tumori (soprattutto della prostata, ma anche dei testicoli), rottura di tendini, disturbi psichiatrici (depressione, sbalzi di umore, rabbia incontrollata); -per gli stimolanti: collassi, morte improvvisa, colpi di calore, dipendenza e depressione; -per epo e simili: aumento della viscosità del sangue, quindi infarti o trombi, inoltre insufficienza renale e ipertensione. Aggiunte: livelli di testo uomo 300-1000 ng/dl, donne 10-60 ng/dl. NB: 1 ng= un miliardesimo di grammo Problematiche legate alla disabilità e metodologie per una didattica inclusiva nell’ambito delle Scienze motorie e sportive Lo sport rappresenta per i soggetti disabili non solo un mezzo per migliorare le proprie condizioni fisiche e sociali, ma anche un’attività con un innegabile valore inclusivo. Ciò viene sostenuto da più parti: da una parte le “Linee guida sulla riorganizzazione delle attività di educazione fisica nelle scuole secondarie” rivendicano la necessità a che la scuola si faccia interprete di un progetto di sport scolastico favorendo l’inclusione delle fasce più deboli e disagiate; dall’altra le stesse Indicazioni Nazionali rivalutano “l’importanza della partecipazione alle attività motorie e sportive per promuovere l’inserimento anche di alunni con varie forme di diversità”. Ciononostante alcuni dati del monitoraggio del CIP evidenziano che circa il 30% degli studenti italiani con BES non partecipa alla lezione di educazione fisica, a dimostrazione del fatto che l’attività motoria non venga ancora riconosciuta come un’attività funzionale alla socializzazione, alla conoscenza del corpo e al vissuto corporeo per soggetti BES. Spetta allora al docente rendere evidenti le grandi opportunità di inclusione offerte dall’Educazione fisica. Ciò è possibile in primis facendo leva sulla collaborazione e sulla cooperazione, valorizzando i momenti e le attività che facilitino le relazioni interpersonali, migliorando il clima di classe. In questo senso, è importante avvalersi di metodologie come il collaborative/cooperative learning, il peer tutoring e le attività laboratoriali, che permettono da un lato di esplorare e sperimentare la corporeità, dall’altro di sfruttare il positivo effetto che le relazioni e i contesti tra pari hanno sull’apprendimento. Tali metodologie dovranno essere proposte e realizzate in modo da sviluppare le doti dell’empatia, della partecipazione di tutti e dell’aiuto reciproco. Per rafforzare il senso di appartenenza al gruppo dei soggetti con BES, il docente dovrà inoltre individuare le abilità del più debole e impostare un setting di attività che le esaltino all’interno del gruppo. L’idea non è quindi di creare proposte educative adattate, ma adatte a valorizzare le qualità di tutti, in modo da rafforzare la fiducia in sé stessi e la motivazione. Bisogna infine ricordare come l’Educazione fisica rappresenti un ottimo framework per l’individuazione dei BES: la nostra materia è infatti un ambito disciplinare dove la condotta educativa consente di esprimere la propria personalità in maniera completa, spontanea e genuina. Durante l’attività motoria l’alunno è facilitato nell’espressione di sé stesso: il linguaggio verbale è accompagnato da quello non verbale e l’alunno è in costante relazione con i compagni. Ciò può far emergere le fonti di disagio in misura maggiore rispetto ai contesti di altre materie. AGGIUNTE EDISES: Si definisce menomazione la perdita o anomalia di una struttura o funzione psicologica/fisiologica/anatomica. Si definisce handicap la condizione di svantaggio conseguente alla menomazione. Si definisce disabilità la perdita della capacità di compiere un’attività nel modo o nell’ampiezza considerati normali per un essere umano. L’ICF è un sistema di classificazione della disabilità (anche se può applicarsi ad ogni individuo) sviluppato dall’OMS che si concentra, in chiave propositiva, sulle abilità residue dell’individuo (e non su ciò che non riesce a fare). L’aspetto significativo è che si sofferma non solo sulle funzioni e strutture del corpo umano, ma anche sulle attività e sulla partecipazione a livello di vita sociale. Si divide infatti in 4 componenti: funzioni (apparati) corporei, strutture corporee (singole parti anatomiche), attività e partecipazione (nella vita sociale/domestica/relazionale/…), fattori ambientali e contestuali che influiscono sull’inclusione. Per 37 ogni componente vengono individuati i facilitatori e le barriere, misurati con appositi indicatori: più lo scarto tra facilitatori e barriere sarà elevato più il contesto sarà inclusivo. Le disabilità motorie si suddividono in lesioni midollari (es. paraplegici/tetraplegici/diplegici, cioè solo arti superiori/…) cerebrali (tutte le paresi), amputazioni e les autres (nanismo/dismetrie > 7 cm/scoliosi gravi/…). Le disabilità cognitive si dividono in disabilità cognitiva lieve (Q.i. 50-70); disabilità cognitiva media (50-40); disabilità cognitiva grave (20-40). Le categorie di menomazione visiva, in ordine decrescente di gravità sono: B1 (cecità totale), B2 residuo non superiore a 2/60, B3 da 2 a 6/60. I giochi paralimpici si disputano nelle stesse sedi di quelli olimpici dal 1960, anche se la prima manifestazione sportiva riservata a persone con minorazione fisica risale al 1948 in Inghilterra, quando il medico Sir Ludwig Guttmann organizzava attività fisiche rivolte ai paraplegici della Seconda Guerra Mondiale, per garantirne un miglior recupero. Special Olympics è la più grande manifestazione sportiva per gli individui con disabilità intellettiva. La peculiarità è che si tratta di una manifestazione non competitiva dove, alla fine di ogni gara, ad ogni partecipante viene assegnata una medaglia. L’unico scopo è quindi l’integrazione degli alunni con disabilità intellettiva. Vi partecipano gli atleti di 180 nazioni. La manifestazione ha visto la prima edizione nel 1968 su iniziativa della first lady Eunice Kennedy, la prima a sostenere la tesi che i disabili psichici fossero molto più abili nelle attività fisiche di quanto la maggior parte della gente al tempo pensasse. Aspetti psicopedagogici della multiculturalità e dell’interculturalità, fair play e competenze sociali e relazionali veicolate attraverso l’educazione fisica E’ evidente a tutti che al giorno d’oggi viviamo in una società sempre più multiculturale, vale a dire che nel nostro territorio sono oramai presenti molte culture differenti. Questo concetto si riferisce alla semplice situazione di fatto, vale a dire l’oggettiva coesistenza di ceppi culturali diversi in un dato periodo, in un dato luogo, senza tuttavia sottintendere che fra questi gruppi vi sia una reale interazione. Si tratta pertanto di un concetto statico. Il concetto di interculturalità, invece è un concetto dinamico, e sta ad indicare non solo la convivenza, ma anche l’arricchimento reciproco di due culture, in termini di valori, usi, costumi e tradizioni. L’acquisizione di competenze interculturali che consentano al soggetto di partecipare in modo efficace a una società sempre più diversificata rientra tra le competenze sociali e civiche riportate nelle Raccomandazioni del Consiglio europeo del 2006 e nelle Indicazioni Nazionali per il 1° ciclo di istruzione 2012. Da ciò discende che la scuola deve sviluppare tali competenze, fornendo i supporti adeguati a sviluppare un’identità consapevole e aperta. Affinché ciò avvenga, in classe è necessario che le diversità culturale vada individuata, riconosciuta e valorizzata, in modo che non si trasformi in disuguaglianza, ma bensì in un’opportunità per tutti. Ancora più nello specifico, è importante creare delle condizioni di interazione e di integrazione dove si vadano a conoscere le altre culture presenti, senza eludere neanche le questioni della religione, dei ruoli familiari e della differenza di genere. L’approccio psicopedagogico migliore affinché ciò si realizzi è quello di una pedagogia personalista, ovverosia orientata alla valorizzazione della persona e alla costruzione di progetti educativi che si fondino sull’unicità biografica e relazionale dello studente. Questo approccio deve essere valido per tutti gli studenti, e in primis per quelli di culture diverse: è necessario quindi porre attenzione e attribuire valore alla diversità. Ciò garantisce il reciproco arricchimento e riduce i rischi di omologazione e assimilazione. Gli aspetti comunicativo relazionali del linguaggio motorio sono essenziali per entrare in relazione con gli altri in maniera efficace. Allo stesso modo, lo sport insegna quei principi di autocontrollo e rispetto per gli altri che sono essenziali per garantire il processo di arricchimento culturale di cui sopra. A tal proposito, è bene citare i principi del fair play, o gioco leale, indispensabili prerequisiti per formare cittadini aperti, leali e rispettosi, nonché specifiche voci dei traguardi di sviluppo delle competenze e degli obiettivi specifici di apprendimento delle Indicazioni Nazionali 2012 per l’Educazione fisica. Sarà quindi compito dell’insegnante di Scienze motorie educare essi. I principali sono: il rispetto delle regole, il rispetto dell’avversario, la lotta agli inganni sportivi, l’astensione e il ripudio della violenza in campo e fuori, il 40 -che le donne, da un punto di vista fisico hanno altezza inferiore, meno massa muscolare, più massa grassa; -che da un punto di vista biomeccanico le donne hanno baricentro più basso, sono quindi sfavorite nella corsa e nei salti; -che le donne hanno migliore coordinazione neuromuscolare e maggiore mobilità articolare il che le rende migliori nelle discipline tecniche; -che tuttavia, data la minore capacità muscolare, cardiaca e respiratoria, sono meno abili nelle capacità condizionali, nelle quali hanno anche minore allenabilità; -che il metabolismo basale delle femmine è sensibilmente inferiore di quello dei maschi. Aggiunte: fasi ciclo (mestruali e ormonali) -> Mestruazioni e abbassamento estrogeni e progesterone (prima settimana circa); Fase follicolare con rilascio FSH che fa maturare il follicolo + iniziale ispessimento endometrio (seconda settimana) e riinizio della produzione di estrogeni e progesterone; Ovulazione stimolata dall’LH con ovulo che va nelle tube di Falloppio per essere fecondato (terza settimana) e formazione corpo luteo; Fase luteinica dove se vi è fecondazione il corpo luteo permane producendo estrogeni e progesterone che fanno aumentare l’endometrio per accogliere l’embrione, altrimenti il corpo luteo degrada, l’endometrio si sfalda e il ciclo ricomincia . Processi pedagogici complessi finalizzati al miglioramento della prestazione motoria L’obiettivo fondamentale dell’allenamento consiste nel miglioramento della prestazione, sotto il profilo condizionale, tecnico-tattico e psicologico. Per ottenere tale obiettivo i presupposti fondamentali sono che l’allenamento sia variato (per evitare la noia e la monotonia), continuo (senza lunghi periodi di inattività), alternato (riferito ai sistemi biologici impiegati es. del glicogen o, della fosfocreatina, lipolitico,…), e ciclico (le abilità devono essere periodicamente ripetute). Inoltre sarà necessario impostare un programma con un adeguato carico di allenamento. Le caratteristiche del carico di allenamento sono: -qualità, riferita alla correttezza nell’esecuzione degli esercizi; -intensità nell’esecuzione degli esercizi (massimale, sub massimale, medio o basso); -densità, cioè il rapporto fra esecuzioni e pause (più sono alte le prime rispetto alle seconde, più l’allenamento è intenso); -volume, cioè il numero complessivo di ripetizioni nell’esercizio o di esercizi nella seduta; -frequenza, cioè la periodicità con cui si ripropone lo stesso programma di esercizi nell’arco dell’anno, del mese, della settimana, il giorno (rispettivamente macrocicli, mesocicli, microcicli e unità di allenamento). I parametri di cui sopra dovranno rispettare le capacità generali di carico dell’organismo, sia da un punto di vista meccanico (articolazioni, tendini, muscoli, ecc..) , che sistemico (sistemi energetici, sistema endocrino e sistema nervoso), che psicosociale (influenza delle relazioni con il gruppo/l’ambiente sociale). Data la loro grande rilevanza nell’età dello sviluppo, questi ultimi risvolti andranno curati in via prioritaria nella programmazione delle attività fisiche scolastiche, garantendo sempre un clima accogliente, collaborativo ed inclusivo. Si dovrà anche tener conto del recupero muscolo tendineo, che può durare da 2 giorni fino a 10 a seconda dell’entità delle lesioni (i tendini in particolar modo recuperano molto più lentamente; del recupero sistemico, consapevoli del fatto che ogni allenamento richiede un periodo per ricaricare completamente i substrati energetici, in primis il glicogeno muscolare che si ricarica in circa 48 ore; che allenamenti molto intensi possono portare a riduzioni marcate di alcuni ormoni, primo fra tutti il testosterone; che gare, attività molto intense o rischiose per l’incolumità provocano uno stress nervoso proporzionale alla sollecitazione, a cui deve conseguire un adeguato recupero (ca 70 ore) pena l’esaurimento dell’atleta. Altro aspetto sarà organizzare le singole unità di allenamento/lezioni prevedendo sempre un’attività di riscaldamento iniziale e defaticamento finale, con attività aerobica a bassa intensità e stretching. 41 Linguaggio, espressione e comunicazione corporea in Educazione Fisica, anche in un’ottica multidisciplinare, interdisciplinare e transdisciplinare L’intelligenza corporeo-cinestesica è quella che si manifesta prevalentemente in attività come lo sport, il teatro e la danza. Essa si serve del corpo umano per produrre un flusso ininterrotto di comunicazione. Poco preso in considerazione in passato rispetto al linguaggio verbale , in ambito scolastico il linguaggio corporeo è stato oggi rivalutato, in quanto la sua grammatica e la sua sintassi possono accompagnare qualunque altro linguaggio, in un’ottica sia multidisciplinare (interessando più discipline) che transdisciplinare (integrando fra le discipline stesse). Nel campo dell’Educazione fisica, le Indicazioni Nazionali per il primo ciclo d’istruzione prescrivono come traguardo di sviluppo delle competenze “il praticare gli aspetti comunicativo-relazionali per entrare in relazione con gli altri”. Sono inoltre previsti specifici obiettivi di apprendimento per il linguaggio del corpo come modalità comunicativo-espressiva: “conoscere e applicare semplici tecniche di espressione corporea per rappresentare idee, stati d’animo e storie ; saper “decodificare i gesti dei compagni”, “degli avversari” e “dell’arbitro” in situazione di gioco e sport. Queste prescrizioni sono realizzabili mediante l’apprendimento dei principi essenziali della prossemica e della cinesica. La cinesica consiste nello studio del linguaggio corporeo, viso e mani in primis; la prossemica studia invece la distanza che ogni individuo adotta nel rapportarsi con un altro, determinando così il tipo di relazione che intercorre fra i 2 interlocutori . Nella pratica, delle proposte didattiche potrebbero essere le seguenti: -spiegare quali sono le emozioni di base (gioia, tristezza, paura, rabbia , sorpresa e disgusto), descrivere a quali espressioni facciali, posture o gesti corrispondono e poi far fare degli esercizi per individuarle ed esprimerle; -comprendere la sincerità o la dissimulazione da parte dell’interlocutore tramite l’analisi del linguaggio del corpo; -rispetto alla prossemica, distinguere se la distanza tra 2 o più interlocutori è intima (0-45 cm), personale (45-120 cm), sociale (120-350 cm) o pubblica (oltre i 350 cm). -imparare i gesti fondamentali che nei vari sport servono per chiamare palla, chiedere cambio, decidere per un time-out… senza dimenticare quelli per esprimere il fair play nei confronti dell’avversario, come la classica stretta di mano a inizio e a fine partita o l’inchino a inizio incontro; -chiamare gli alunni non solo a praticare gli sport nel ruolo di giocatori, ma anche in quello di arbitro, per imparare oltre che il regolamento, i gesti impiegati per farlo rispettare. Queste e tutte le altre proposte saranno sempre accompagnate da esercizi singoli, a coppie e in gruppo. Giochi delle tradizioni popolari, gioco sport, attività ludico-sportive individuali, di gruppo e di squadra Giochi tradizionali e gioco sport, possono entrare a far parte del setting di attività proposte durante l’ora di Educazione fisica, sia per dare un taglio più ludico, e quindi più piacevole alla lezione, che per insegnare le propedeuticità necessarie per gli sport veri e propri che verranno affrontati nella pratica scolastica. Esiste una vasta moltitudine di giochi della tradizione popolare, tuttavia volendo identificare i più adatti ad essere riproposti a scuola, abbiamo: -la palla prigioniera, in cui 2 squadre composte da un numero variabile di giocatori si fronteggiano lanciandosi una palla con le mani con lo scopo di colpire gli avversari e farli prigionieri. Una volta colpiti i giocatori si recano a fondo campo e possono collaborare con i compagni per eliminare gli avversari. Inoltre, possono essere liberati se qualcuno dei compagni prende la palla al volo. Per contro, se i giocatori prendono un tiro al volo fanno prigioniero il tiratore. Vince chi fa prigionieri tutti gli avversari. Da questo gioco deriva il moderno dodgeball, ampliamente praticabile alle scuole 42 medie, che presenta poche differenze con la palla prigioniera. Tipica è la presenza di 5 palle e il fatto che le prigioni, dette dead zone, sono laterali; -il gioco del ruba-bandiera, in cui il campo viene diviso a metà da una linea e si formano 2 squadre che si schierano in linea una di fronte all’altra a circa 15 passi dalla linea centrale. Ad ogni giocatore di una squadra viene assegnato un numero, che sarà lo stesso del suo speculare dall’altra parte del campo. Un alunno assume il ruolo di portabandiera, e tiene la bandiera (un fazzoletto o u n panno o una maglietta) in mano chiamando di volta in volta un numero a caso. I due giocatori di ciascuna squadra con lo stesso numero partono per afferrare la bandiera. Chi arriva per primo e prende la bandiera corre al proprio posto cercando di non essere toccato dall’altro giocatore che lo rincorre. Se riesce nel suo intento assegna un punto alla propria squadra, altrimenti il punto va agli avversari. Si arriva normalmente a 15. L’avversario non deve essere toccato prima che abbia preso la bandiera; -la cavallina, prevede che un alunno si ponga inginocchiato con le mani per terra e a turno si faccia saltare dai compagni. Una variante è con più alunni rannicchiati in fila indiana e l’ultimo della fila che li salta tutti fino ad arrivare in testa alla coda: allora si rannicchia e parte l’ultimo della fila. In questa modalità, il gioco può essere proposto anche sotto forma di gara fra 2 squadre a chi arriva per primo alla fine della palestra; -la corda, vale a dire un gioco con una corda lunga e almeno tre ragazzi: 2 fanno girare la corda e uno la deve saltare. Se inciampa o non riesce a saltare viene eliminato e subentra un altro. A turno provano tutti, vengono quindi contati i salti e vince chi dura di più. -tiro alla fune, dove due squadre di circa 8 persone con corporatura simile si fronteggiano. Viene posizionata la fune a metà campo e, alla medesima distanza in entrambe le direzioni , vengono posizionati gli sfidanti di ciascuna squadra. Il punto va a chi riesce a tirare gli avversari verso la propria metà campo o a farli cadere. Conviene fissare un numero massimo di punti e la squadra che ci arriva per primo vince. Oltre a questi giochi tradizionali, per garantire una transizione graduale dall’attività ludica a quella sportiva vera e propria, è possibile avvalersi del giocosport. Per giocosport si intendono forme semplificate delle discipline sportive. Seppur prevalentemente impiegato nella scuola primaria, può essere utile anche fino alle classi prime della secondaria di primo grado. Alcuni esempi di giocosport sono: -il minibasket, che si disputa in un campo di dimensioni analoghe a quello della pallacanestro, ma con un’altezza del canestro inferiore (2,6 mt contro i 3,05 mt regolamentari) . Si gioca sempre 5 contro 5 e la partita dura 4 tempi da 8 minuti (anziché 10-12); -il Volley S3, che si disputa in una zona di campo inferiore rispetto al volley vero e proprio (di solito un quarto del campo di gioco) e si gioca 3 contro 3. L’altezza della rete anche è ridotta, di circa 1,70-2 mt (contro i 2,24-2,43 mt della pallavolo regolamentare); -per il calcio, un esempio è il Rambo, che viene praticato su metà campo da calcetto, in un numero di giocatori variabile, anche fino a 10-15: un giocatore sta in porta e gli altri si contendono il pallone e tentano di segnare. Chi segna passa al turno successivo, gli ultimi 2 giocatori rimasti vengono eliminati. Si prosegue così turno dopo turno, finché non rimangono 2 giocatori e , a quel punto, vince chi segna 2 reti. Aggiunte EDISES: il gioco ha la funzione principale di far acquisire al bambino consapevolezza del proprio corpo e delle sue possibilità di movimento. Per assolvere la sua funzione, il gioco deve essere prima libero e poi strutturato. Funzioni ulteriori del gioco (codificate da Carr) sono: distrarre dalla noia, generare riposo, favorire lo sviluppo sociale, trasmettere idee da una generazione a un’altra. Attività motoria all’aria aperta, nel rispetto del patrimonio ambientale Una positiva e rispettosa relazione con l’ambiente naturale, oltre ad essere un obiettivo specifico di apprendimento per le scuole secondarie, è una prerogativa fondamentale dell’insegnamento delle Scienze Motorie. 45 L’interpretazione del linguaggio del corpo riguarda, come già indicato, anche i gesti arbitrali, per cui lo stesso gioco potrebbe essere effettuato cercando di indovinare i gesti del direttore di gioco di un determinato sport mimati sempre dal compagno. Dato che l’espressività corporea è strettamente collegata con il ritmo, una terza ipotesi di attività potrebbe essere far palleggiare gli alunni in palestra seguendo il ritmo di musica cambiato di volta in volta dal docente avvalendosi di uno stereo o di una cassa bluetooth. La valutazione in ciascuna di queste attività potrebbe avvenire mediante una griglia di valutazione dove sono registrati gli aspetti cruciali della prestazione, compilata dal docente, e anche una parte di autovalutazione dell’alunno a cui viene richiesta un’analisi delle sue stesse competenze nel compito assegnato. Il corpo come attrezzo: l’acrosport L’acrosport è una disciplina acrobatica che deriva dalla ginnastica circense. Si basa sulla costruzione di figure eseguite in coppia, trio, quartetto o più persone fino a formare piramidi umane più o meno complesse. Gli esercizi, svolti a corpo libero, comprendono posizioni statiche (tenute) e dinamiche (salti), elementi acrobatici della ginnastica artistica (ruote, rovesciate ecc.) e movimenti coreografici. Questa disciplina unisce l’aspetto artistico dato dai movimenti coreografici, svolti a tempo di musica, alla spettacolarità delle posizioni. Oltre alla capacità di equilibrio, è importante la collaborazione fra i diversi componenti del gruppo. Ogni componente è essenziale per la riuscita di ogni posizione ed è necessaria una fiducia reciproca per sostenere con sicurezza ed essere sostenuti. Con l’acrosport, oltre agli aspetti legati alla sfera motoria (educazione posturale, conoscenza e gestione delle proprie capacità), possono essere migliorati anche quelli legati alla formazione di valori prettamente sociali e di cittadinanza: accettazione e rispetto degli altri, aiuto reciproco e capacità di collaborare per un fine comune. Di seguito tre esercizi base adatti ad una classe di scuola secondaria di primo grado: Esercizi di coordinazione su giochi non codificati Per migliorare la coordinazione motoria, intesa come capacità di compiere azioni motorie con la massima efficacia e con il minimo dispendio possibile, è possibile ricorre ad una ampia gamma di giochi non codificati con la palla. Un esempio di gioco non codificato per sviluppare la coordinazione può essere una progressione di esercizi di palleggio/rimbalzo della palla al muro. Nello specifico, potrebbero essere proposte queste varianti, nel medesimo ordine in cui vengono citate: - Palleggi classici (impostazione da pallavolo) al muro- 10 palleggi di fila; - Lanci dal basso della palla, con un rimbalzo per terra- 9 lanci - Lanci dal basso senza rimbalzo per terra- 8 lanci - Lanci dal basso senza rimbalzo, ma con l’aggiunta di battito di mani dietro la schiena- 7 - Lanci dal basso, squat e recupero- 6 - Lanci a una mano facendo passare la palla sotto la gamba- 5 46 - Lanci al muro, 360, recupero palla- 4 - Un braccio teso al muro, far passare la palla sotto il braccio dall’esterno, recuperare e ripetere- 3 - Lancio all’indietro a una mano, recupero (anche di rimbalzo), ripetere- 2 Aggiunte dal libro curricolare Esercizio di educazione alimentare: (1) Ogni alunno prepara, a casa, che cosa mangia in una giornata tipo, inserendo in una tabella gli alimenti mangiati durante la giornata, la loro quantità o peso. (2) Ogni alunno controlla la propria dispensa e controlla sulle varie confezioni il numero delle calorie e fa un elenco dei cibi presenti con le relative calorie; a scuola viene poi effettuato un confronto con il resto della classe. (3) Dopo aver parlato dei valori nutritivi e della piramide alimentare, ogni alunno tenta di compilare una giornata di “dieta perfetta” annotando, per ciascun pasto, calorie, protidi, lipidi ecc… Esercizio sugli attrezzi presenti in palestra: si divide la classe in gruppi, uno per ogni grande attrezzo. Ogni gruppo inventa un esercizio a un grande attrezzo; al segnale i gruppi passano a un altro attrezzo, girando in successione. Alla fine tutti i gruppi avranno inventato un esercizio per ogni grande attrezzo della palestra. L’insegnante gira tra i gruppi per fornire spunti e aiuto. Esercizio su “movimento e percezione”: in coppia con il compagno, un alunno davanti e l’altro dietro che tiene la palla con due mani. Quello con la palla chiama destra/sinistra e quello davanti si gira al lato corrispondente e prende la palla. Si scambiano i ruoli e si confrontano i risultati. Esercizio di equilibrio statico e dinamico: si testa quanto si riesce a stare in piedi su due piedi su una pedana basculante (eq. statico)/corsa sparsa nella palestra, al fischio dell’insegnante ci si ferma dentro uno dei cerchi predisposti per la palestra, stando su un piede con l’altra gamba flessa (eq. dinamico). Test sugli schemi motori di base: correre: corri per 10 mt andata e ritorno per 3 volte di seguito e cronometra il tempo impiegato. Il risultato dovrebbe almeno essere sotto i 15 secondi saltare: salta al di la di un tappeto della lunghezza di un metro prendendo la rincorsa e atterrando a piedi uniti lanciare: lancia una pallina da tennis sopra una linea posta a 1,55 mt da terra arrampicarsi: arrampicati su una spalliera e prendi un pallone che sta sopra la spalliera, quindi risali e riportalo su. Ripeti tutto 3 volte rotolare-capovolgersi: rotola in atteggiamento lungo su una serie di tappeti graduati; capovolgiti da un piano rialzato, ripetendo la prova per 3 volte, finché non le fai tutte e 3 bene. Esercizi sulle capacità coordinative Capacità di accoppiamento: con una mano batti e con l’altra striscia sul petto/con una mano palleggia e con l’altra tira la palla sul muro Capacità di combinazione motoria: lancia e riprendi 2 palline, una per mano; fai la “cascata” usando 3 palline e disegnando un 8 orizzontale Capacità di orientamento spazio-temporale: in 2 squadre da 5 giocatori, prova a effettuare 8 passaggi di fila senza uscire dal campo e senza farti intercettare dai compagni e senza trattenere la palla per più di 3 secondi Capacità di differenziazione spazio-temporale: correndo in cerchio intorno alla palestra, varia il tipo e il ritmo di corsa su indicazione dell’insegnante (corsa lenta-veloce/skip/balzi/…) 47 Capacità di anticipazione motoria: 2 compagni si passano la palla, un terzo, al centro, tenta di intercettare la palla anticipando movimenti e gesti dei compagni. Capacità di equilibrio: camminare liberamente per lo spazio variando le diverse andature (es. sui talloni, sulle punte, ecc…). Al segnale dell’insegnante, fermatevi assumendo ogni volta una posizione diversa (ad esempio equilibrio su un piede, su un piede e gamba flessa, su un piede occhi chiusi, ecc…) Controllo motorio: corsa sparsa nella palestra evitando i compagni Apprendimento motorio: acquisizione di un movimento completamente nuovo Adattamento e trasformazione: qualsiasi sport di situazione Proposta laboratoriale: si suddivide la classe in gruppi di 5/7 alunni. Ciascun gruppo è chiamato ad organizzare una piccola dimostrazione circense scegliendo attrezzi, materiali, musica, spazi. Alla fine si mettono in scena le proposte di ciascun gruppo, ognuno è chiamato a esprimere un parere sulla propria ed altrui performance. Esercitazioni sulle capacità condizionali Forza: (A) uno di fronte all’altro sdraiatevi proni, impugnate la mano del compagno facendo braccio di ferro finché uno dei due non cede. (B) A coppie, gambe piegate, chiudete le gambe del compagno con le ginocchia. Continuate a opporre resistenza l’uno all’altro per 20-30 secondi. Resistenza: (A) test di Ljan -> prendete la frequenza cardiaca a riposo, dopodiché correte per 60 secondi a ritmo sostenuto. Riprendete quindi la frequenza cardiaca e attendete: se il battito impiega più di 4 minuti a tornare al livello di partenza dovete allenare la resistenza, in quanto è attualmente scarsa; se, invece, impiegate meno di 2 minuti la vostra resistenza è eccellente. (B) 4 giocatori di una squadra a fondo campo seduti gambe piegate e 4 di un’altra davanti a loro. Al via partono quelli davanti e fanno avanti indietro arrivando fino a bordo campo e toccando ogni volta i piedi degli avversari seduti. Vince la squadra che realizza il maggior numero di tocchi. Velocità: (A) disponetevi in un gruppo di 6 persone e fate girare un pallone da basket/palla medica passandola fra di voi. Fate diverse prove misurando il numero di giri effettuati in un minuto. (B) effettua 3 scatti da una linea fino a un birillo posto a 30 mt. Misura ogni volta quanto ci metti e prendi il risultato migliore. Esercitazioni di mobilità articolare Da in piedi fletti il busto in avanti e prova a toccare le punte dei piedi. Se riesci a raggiungere le punte dei piedi va bene, in caso contrario devi fare un po’ di stretching. Se riesci a toccare per terra hai un ottimo livello di allungamento della catena cinetica posteriore. Con le braccia tese sopra la testa da in piedi, impugnando una bacchetta, spingi indietro il più possibile senza inarcare la schiena. Ripeti periodicamente per valutare se hai avuto dei miglioramenti. Se la flessione delle braccia sorpassa la testa sei già a buon punto Esercitazione sul linguaggio del corpo Di fronte a un compagno, assumi diverse posture che esprimano il tuo stato d’animo e che l’altro dovrà indovinare: timido, arrabbiato, perplesso, soddisfatto, curioso. Fate cambio di ruolo… chi ne ha indovinate di più?
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