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Riassunto Compendio di Procedura Penale - Conso Grevi, Sintesi del corso di Diritto Processuale Penale

Riassunti del manuale "Compendio di Procedura Penale" di Conso - Grevi - Aggiornati al 2014. Mancano gli ultimi 4 capitoli del libro.

Tipologia: Sintesi del corso

2013/2014

In vendita dal 22/12/2014

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Scarica Riassunto Compendio di Procedura Penale - Conso Grevi e più Sintesi del corso in PDF di Diritto Processuale Penale solo su Docsity! RIASSUNTI PROCDURA PENALE CAPITOLO 1 – I SOGGETTI (paragrafi 1,2,4,5,6,7,8,9,10,11,12,13,17,18,19,20,21,22,23,24,25,26, 27,28,29,30,32,34,35,39,43) Il primo libro del Codice si occupa dei soggetti del processo, in particolare: • il giudice • il PM • la Polizia giudiziaria • l'imputato • la parte civile, il responsabile civile e il civilmente obbligato per la pena pecuniaria. • La persona offesa • il difensore Soltanto il giudice (non qualsiasi magistrato) può essere titolare di funzioni giuridi- che penali. È rilevante, al fine della validità degli atti di funzione giurisdizionale, la capacità del giudice e il numero dei giudici necessario per costituire i collegi. In caso di mancato investimento di potere giurisdizionale, gli atti emessi da quel soggetto sono addirittura inesistenti. Al di fuori di questo caso, l'unico attributo rilevante per un'eventuale incapacità del giudice, è quello della qualifica richiesta per l'esercizio delle funzioni che è chiamato a svolgere. 4-Questioni pregiudiziali e sospensione del processo: La giurisdizione penale è autosufficiente, pertanto ha cognizione autonoma su tut- te le questioni strumentali alla pronuncia finale. Pertanto l'art.2 stabilisce il dovere del giudice penale di risolvere ogni questione che si antecedente logico giuridica alla decisione di cui è investito (es. nella ricettazione bisogna accertare la provenienza delittuosa del denaro o della cosa che si assume ricetta- ta). Tale questione viene risolta con una pronuncia incidentale che può avere natura civile, penale o amministrativa e che ha rilevanza solo all'interno del procedimento penale in cui è inserita. ART. 2 => Il giudice penale risolve ogni questione da cui dipende la decisione salvo che sia diversamente stabilito. La decisione del giudice penale che risolve incidentalmente una questione civile, penale o amministrativa, non ha efficacia vincolante in alcun altro processo. Ci sono delle eccezioni a tale regola, in particolare: • Rinvii alla Corte Costituzionale o alla Corte di Giustizia Europea. • Disposizioni che riguardano le controversie sulla proprietà di cose confiscate o se- questrate e che rimandano al giudice civile la relativa risoluzione. • Disposizioni che si occupano specificamente di questioni da cui dipende la deci- sione definitiva, disciplinando i presupposti e il modus dell'eventuale sospensione e l'efficacia della decisione intervenuta in sede extra-penale. Nelle seconde due ipotesi, la legge stabilisce che sulla questione pregiudiziale inter- venga una vera e propria decisione che formi giudicato, e non un accertamento inciden- tale che possa essere contraddetto da ulteriori accertamenti. Questioni pregiudiziali relative allo stato di famiglia o di cittadinanza : In questi casi il giudice penale può sospendere il processo se ricorrono le seguenti condizioni: effettivo rapporto di pregiudizialità, serietà della questione pregiudiziale, deve essere già stata proposta l'azione a norma delle leggi civili. Se manca una delle predette condizioni, il giudice deve decidere in via incidentale senza sospendere il processo, ma può farlo anche quando ricorrano tutte le condizioni. Se il processo viene sospeso viene emessa un'ordinanza impugnabile in cassa- zione. Alla sentenza extra-penale viene riconosciuta efficacia di giudicato, sia che inter- venga prima, sia durante il processo. Se invece la sentenza extra-penale interviene dopo il processo e smentisce quella penale, può esserci revisione. La sentenza extra-penale ha efficacia di giudicato nel procedimento penale. Questioni pregiudiziali su qualsiasi altra questione di competenza del giudice civile o am - ministrativo (art.479): In questo caso, il processo può essere sospeso solo durante il dibattimento. Le condizioni sono più restrittive che nel caso precedente, il processo infatti può es- sere sospeso solo se la questione pregiudiziale riguarda la decisione sull'esistenza del reato e la controversia deve risultare di particolare complessità (non semplicemente seria), inoltre il procedimento presso il giudice civile o amministrativo deve essere già in corso. Anche in questo caso la sospensione è disposta con ordinanza impugnabile in cas- sazione da tutte le parti, e si esclude che l'impugnazione abbia effetto sospensivo. A differenze che nel caso precedente, invece, il giudice può revocare la sospensio- ne se il processo civile/amministrativo non si sia concluso entro un anno, e la sentenza extra-penale non ha efficacia vincolante, ma solo probatoria, potendo essere smentita. 5- La competenza: per materia, per territorio, per connessione. Il capo 2 del titolo relativo al giudice è dedicato al tema della Competenza: l'insieme delle regole giuridiche che consentono di attuare una distribuzione delle pregiudicando pe- nali in senso orizzontale e verticale, in modo che risulti predeterminato il giudice, come impone l'articolo 25 della costituzione. Dal 1999 è in vigore la normativa che istituisce un giudice unico di primo grado, sdoppiando il tribunale in due diversi moduli organizzativi (monocratico e collegiale). Un ulteriore criterio di assegnazione è dato dalla categoria della attribuzioni che, a differenza della competenza, opera come criterio interno di ripartizione per distinguere la cognizione del tribunale in composizione monocratica da quello in composizione colle- giale. Per i provvedimenti di riunione e separazione, si utilizza l'ordinanza, che può anche essere emessa d'ufficio dopo aver sentito le parti. 9 | Procedimenti di verifica della giurisdizione e della competenza: Gli articoli 20 e 21 indicano i momenti in cui può essere sollevata tale questione. Il difetto di giurisdizione può essere rilevato, anche d'ufficio, in ogni stato e grado del procedimento (quindi anche prima dell'azione penale). Se tale difetto è rilevato durante le indagini preliminari, il giudice provvede con ordinanza e dispone la restituzione degli atti al PM. Dopo le chiusura delle indagini preliminari, invece, il giudice può pronunciare sentenze e ordina che gli atti siano trasmessi all'autorità competente (salvo che non vi sia un difetto di competenza assoluto). Il difetto di competenza per materia, per giudice inferiore al dovuto, può essere rilevata anche d'ufficio in ogni stato e grado del processo (quindi solo dopo l'azione penale). * Il difetto di competenza per territorio e per connessione, invece, può essere rilevata o eccepita, a pena di decadenza, prima della conclusione dell'udienza preliminare o entro il termine per la conclusione delle questioni preliminari. * Se il difetto di competenza per materia riguarda un giudice superiore a quello che dovrebbe essere, i termini per rilevata o eccepita sono quelli per le questioni preliminari (art.491 comma 1). Se l'incompetenza per materia deriva da connessione, i termini devono essere quelli dell'incompetenza per territorio. Nel corso delle indagini preliminari, il giudice che riconosca la propria incompetenza pronuncia ordinanza e dispone la restituzione degli atti al PM. Dopo la chiusura delle indagini preliminari o nel dibattimento di primo grado, il giudice dichiara con sentenza la propria incompetenza, e ordina la trasmissione degli atti al PM. In appello, invece, si pronuncia la sentenza di annullamento e si ordina la trasmissione degli atti al PM presso il giudice di primo grado. Il mancato rispetto delle norme sulla competenza non determina l'inefficacia delle prove acquisite (eccetto che per le dichiarazioni rilasciate al giudice incompetente per materia, che possono essere utilizzate solo in sede di udienza preliminare). Inoltre le misure cautelari di un giudice incompetente cessano di efficacia se entro 20 giorni non sono riconfermate dal giudice a cui sono stati trasmessi gli atti. Il conflitto di competenza avviene quando due o più giudici contemporaneamente prendono o rifiutano di prendere cognizione del medesimo fatto attribuito alla stessa persona (conflitto positivo o negativo). Il conflitto può essere rilevato di parte o di ufficio. Non ci sono effetti sospensivi sul processo in corso, il conflitto va risolto dalla corte di cassazione con sentenza in camera di consiglio, secondo la procedura stabilita dall'art.127. Il conflitto, dunque, può cessare per iniziativa di uno dei giudici (che dia ragione all'altro), oppure può cessare con la sentenza della corte di Cassazione, che è vincolante salvo nuovi fatti. Per quanto riguarda gli atti compiuti dal giudice incompetente, gli articoli 26 e 27 (prove e misure cautelari rese dal giudice incompetente) regolano la situazione. 10 | Il controllo sul corretto riparto di attribuzioni fra tribunale monocratico e collegiale. L'inosservanza sulle norme di attribuzione va rilevata o eccepita, a pena di decadenza, prima della conclusione dell'udienza preliminare, oppure nei processi in cui si prescinde da tale udienza, entro il termine previsto per la trattazione delle questioni preliminari. In sede di udienza preliminare, il GUP dispone con ordinanza che gli atti siano trasmessi al PM, affinché provveda ad emettere il decreto di citazione a giudizio ex art 552. Se invece il difetto di attribuzione viene rilevato in sede di dibattimento: • Se è stato preceduto da udienza preliminare, si trasmettono gli atti, con ordinanza, al giudice competente a decidere sul reato contestato. • Se il dibattimento non è stato preceduto da udienza preliminare ma è stato direttamente instaurato in seguito a decreto di citazione diretta a giudizio, l'error in procedendo può essere solo corretto con una regressione del processo. Se tale questione viene rilevata nel giudizio di appello, il giudice di appello, se ritiene che avrebbe dovuto giudicare il giudice collegiale, pronuncia sentenza di annullamento e ordina la trasmissione degli atti al PM presso il giudice di primo grado. Se tale questione viene rilevata nel giudizio di cassazione, funziona come per l'appello, eccetto che per il difetto di attribuzione per eccesso (nel quale caso vale la stessa regola purché il ricorso riguardi sentenza inappellabile). In tale caso sono pienamente utilizzabili le prove acquisite, così come gli atti sono validi. 11 | Incompatibilità, astensione, ricusazione: Le cause di incompatibilità del giudice sono stabilite dagli articoli 34 e 35 del codice e dalle leggi di ordinamento giudiziario. Art.34 – Incompatibilità determinata da atti compiuti nel procedimento: 1. Il giudice che ha pronunciato sentenza in un grado non può esercitare funzione di giudice in altri gradi, né partecipare al giudizio di rinvio; il giudice che ha deciso sull'udienza preliminare, giudizio immediato, decreto penale ecc. non può partecipare al giudizio. Il GIP non può essere GUP ne partecipare al giudizio (salvo che si sia limitato ad adottare provvedimenti marginali per il giudizio). 2. Non può partecipare al giudizio il giudice che in quello stesso procedimento ha esercitato funzioni di PM o ha esercitato funzioni di polizia giudiziaria o altro ruolo idoneo a comprometterne l'imparzialità. Art.35 | Incompatibilità per ragioni di parentela, affinità e coniugio: Nello stesso procedimento non possono esercitare funzioni giudici che sono tra loro coniugi, parenti o affini fino al secondo grado. L'art.36 stabilisce quali sono le cause di astensione. L'art.37 stabilisce le cause di ricusazione. Esse sono quasi coincidenti, eccetto che per gravi ragioni di convenienza che costituiscono solo ragioni di astensione, e per la manifestazione indebita da parte del giudice, prima che sia pronunciata sentenza, del proprio convincimento sui fatti oggetto dell'imputazione che costituiscono solo motivo di ricusazione. Il catalogo degli art. 36 e 37 è tassativo. E i casi considerati riguardano i rapporti del giudice con le parti o con la situazione dedotta in giudizio. Nel procedimento, c'è una marcata differenza tra astensione e ricusazione. Per l'astensione è prevista la procedura semplificata ex art. 36 comma 3 ( la dichiarazione di astensione è presentata al presidente della corte o del tribunale che decide con decreto). Per la ricusazione, invece, è necessario presentare dichiarazione nella cancelleria del giudice competente, depositando una copia nella cancelleria del giudice ricusato. Da questo momento il giudice ricusato non può presentare sentenza fino a che non sia intervenuta l'ordinanza di inammissibilità o di rigetto della dichiarazione stessa. L'art. 38 fissa modalità e termini nei quali presentare domanda di ricusazione, mentre l'art. 40 indica gli organi competenti a decidere sull'istanza di ricusazione: • Ricusazione di giudice di tribunale, corte d'assise, corte d'assise d'appello => decide corte d'appello. • Ricusazione di giudice di corte d'appello => decide sezione diversa della corte stessa. • Ricusazione di giudice di cassazione => decide sezione della corte diversa da quella a cui appartiene il giudice ricusato. Non si possono ricusare i giudici che decidono sulla ricusazione. C'è un forte filtro di ammissibilità (mancanza di legittimazione soggettiva, inosservanza di forme e termini, manifesta infondatezza dei motivi). Una volta superato il filtro il giudice competente decide in camera di consiglio sul merito della ricusazione. L'unico divieto che avrà il giudice dopo la presentazione della dichiarazione, sarà quello di pronunciare sentenza fino a che intervenga l'ordinanza. L'accoglimento della dichiarazione di astensione o ricusazione segna un effetto di divieto assoluto per tale giudice di compiere qualsiasi atto del procedimento, a cui segue la sostituzione del giudice ricusato/astenuto. Tutte le pronunce sono immediatamente eseguibili. Con l'ordinanza di inammissibilità può esserci condanna pecuniaria. 12 | La rimessione del processo Gli art. 45-49 disciplinano la rimessione del processo, cioè il suo spostamento da una sede ad un'altra a causa di turbative ambientali che possono compromettere il suo svolgimento. La persona sottoposta alle indagini preliminari (o indagato) acquista tale qualifica semplicemente essendo sottoposta alle indagini preliminari (art.61). Ad essa si estendono tutti i diritti e le garanzie che ha l'imputato, nonché tutte le disposizioni, salve eccezioni di legge. Un soggetto diventa quindi sottoposto alle indagini, a seguito del ricevimento da parte della polizia giudiziaria o del pubblico ministero, di una notizia qualificata di reato (denuncia, referto, querela, istanza, richiesta) e che sia valutata idonea a fornire un principio di conoscenza circa l'attribuibilità a taluno di un fatto di reato, simile alla nozione di indizio. 22 | Dichiarazioni rese dall'imputato Gli articoli 62-65 disciplinano le dichiarazioni rese dall'imputato, dalla persona sottoposta elle indagini o da soggetti che in seguito a tali dichiarazioni possono assumere le predette qualità, e mirano ad assicurare nei rapporti con l'autorità procedente un livello di lealtà e civiltà adeguato al modello accusatorio. L'art. 62 prescrive che le dichiarazioni rese nel corso del procedimento dall'imputato o dall'indagato non possono formare oggetto di testimonianza. Tale norma riguarda sia le dichiarazioni sollecite, sia quelle che la persona abbia reso di propria iniziativa. Sono pertanto escluse le dichiarazioni rese prima dell'avvio del procedimento o al di fuori di esso. Tale regola ha la sua principale funzione per le dichiarazioni che l'indagato o i soggetti individuabili ex art.63. È anche inibito l'ingresso alla testimonianza di chi riferisca il contenuto delle dichiarazioni dell'imputato avendolo appreso da altri. Il legislatore, quindi, dà valore esclusivamente alla documentazione appositamente redatta e utilizzabile entro i limiti stabiliti. L'inosservanza di tale divieto ex art.62 provoca l'inutilizzabilità di tale testimonianza. Tale norma mira ad evitare l'aggiramento del diritto al silenzio. L'articolo 63 prevede che se una persona non imputata e non indagata rende dichiarazioni dalle quali emergono indizi a suo carico, l 'autorità ne interrompe l'esame avvertendola che a seguito di tali dichiarazioni potranno essere svolte indagini nei suoi confronti e la invita a nominare un difensore. Le precedenti dichiarazioni non potranno essere utilizzate contro la persona che le ha rese. Se la persona doveva essere sentita fin dall'inizio in qualità di imputato o indagato, le sue dichiarazioni non possono essere assolutamente utilizzate (verso nessuno). Tale norma è espressione del principio nemo tenetur se detegere. Emergono quindi tre obblighi a carico dell'autorità in tale caso: 1. Interrompere l'esame. 2. Avvertire la persona che potranno essere svolte indagini nei suoi confronti per effetto della mutata veste processuale. 3. Invitare la persona a nominare un difensore. C'è quindi il divieto di utilizzare contro la persona auto-indiziatasi le dichiarazioni rese prima dell'intervento. 23 | L'interrogatorio C'è una netta distinzione tra l'esame dell'imputato e l'interrogatorio dell'indagato o dell'imputato stesso: il primo è collocato tra i mezzi di prova, il secondo è disciplinato dagli articoli 64 e 65 (e da altre disposizioni). Nelle indagini preliminari, il PM può procedere all'interrogatorio della persona sottoposta a misura cautelare / dell'arrestato / del fermato, o anche di chi si trova a piede libero mediante invito a presentarsi. Il PM è titolare delle indagini è libero di scegliere il momento in cui assumere l'atto, salvo il caso in cui l'interrogato sia sottoposto a misura cautelare: in tal caso il giudice può eseguire l'interrogatorio prima del PM. il PM può anche non procedere all'interrogatorio durante le indagini preliminari, ma deve tuttavia (art.415 bis) notificare un avviso di conclusione delle indagini preliminari all'indagato e al difensore: in tale avviso va specificato che la persona ha 20 giorni per rilasciare dichiarazioni o chiedere di essere sottoposto a interrogatorio. In tal caso il PM è obbligato a provvedere all'interrogatorio, pena nullità del rinvio a giudizio. Ciò rende l'interrogatorio uno strumento di difesa. Durante la fase delle indagini preliminari, l'interrogatorio del GIP è un'attività doverosa: in particolare durante l'udienza di convalida e per chi sia sottoposto a misura cautelare personale. Dopo l'azione penale, l'imputato è libero di sottoporsi a interrogatorio in sede di udienza preliminare e nel giudizio abbreviato. All'interrogatorio condotto dal PM si vuole attribuire un prevalente carattere investigativo poiché è finalizzato all'esercizio dell'azione penale. All'interrogatorio condotto dal giudice, invece, si attribuisce un prevalente significato di controllo e di garanzia. Tuttavia i risultati probatori sono i medesimi. Lo svolgimento dell'interrogatorio garantisce la presenza del difensore, che deve essere avvisato del compimento di tale atto anche entro un breve termine. Non possono essere impiegati nel corso dell'interrogatorio metodi o tecniche idonei ad influire sulla libertà di autodeterminazione o ad alterare le capacità mnemoniche o valutative. In questo quadro si colloca la disciplina del diritto al silenzio: l'autorità, prima che inizi l'interrogatorio vero e proprio, ha l'obbligo di rivolgere alla persone un triplice avvertimento: 1. Il soggetto deve essere edotto che le dichiarazioni che renderà potranno essere utilizzate nei suoi confronti. 2. Deve essere avvertito che gli compete la facoltà di non rispondere ad alcuna domanda (salve le generalità). 3. Deve essere avvertito che se renderà su fatti che renderà dichiarazioni su fatti che concernono la responsabilità di altri, assumerà la qualifica di testimone. La mancanza dei primi due punti provoca l'inutilizzabilità delle dichiarazioni rese, la mancanza del terzo prevede la mancata qualifica di testimone, nonché l'inutilizzabilità delle dichiarazioni contra alios. Dall'esercizio del diritto a non rispondere, l'organo procedente non può ricavare alcuna conseguenza. Una volta che l'interrogato abbia dichiarato di voler rispondere, entrano in gioco le prescrizioni dettate per l'interrogatorio dall'articolo 65: si espone in forma chiara e precisa il fatto che le è attributo, si rendono noti gli elementi di prova esistenti contro di lei, si invita la persona a esporre quanto ritiene utile per la sua difesa e le si pongono le domande. 24 | L'identificazione e l'esistenza in vita dell'imputato: L'art.66 disciplina l'identificazione personalità e anagrafica dell'imputato: si fa nel primo atto del procedimento in cui è presente. L'autorità giudiziaria lo invita a dichiarare le proprie generalità e quant'altro può valere a identificarlo, ammonendolo sulle conseguenze cui si espone chi rifiuta. L'impossibilità di attribuire al soggetto le sue esatte generalità non rilevano purché sia certa l'identità fisica della persona. L'attribuzione di generalità erronee è trattata alla stregua di un mero errore materiale, e quindi può essere rettificata mediante relativo procedimento in camera di consiglio. L'art. 66-Bis prevede che l'autorità giudiziaria debba in ogni stato e grado del procedimento comunicare all'autorità competente la circostanza in cui l'indagato/imputato sia già stato segnalato anche sotto diverso nome come autore di un reato commesso antecedentemente o successivamente a quello per cui si procede. L'identità fisica consiste nella coincidenza tra la persona nei cui confronti è esercitata l'azione penale e quella che è effettivamente assoggettata a processo. Se l'autorità giudiziaria ha ragione di ritenere che l'imputato sia minorenne, l'autorità giudiziaria trasmette gli atti al procuratore della repubblica presso il tribunale per i minorenni. 25 | Infermità mentale e partecipazione cosciente Ogni persona fisica è di norma legittimata ad assumere la qualità di imputato. Tuttavia tale capacità difetta negli infanti e negli immuni. (capacità ad essere parte nel processo penale) La capacità processuale dell'imputato è una nozione distinta e successiva; consiste nell'idoneità ad esercitare, all'interno del processo, i diritti e le facoltà collegati a tale qualità. • Il PM (nei casi in cui, per assoluta urgenza, l'azione civile viene esercitata in favore dell'infermo o dell'incapace, finché non subentri il suo legittimo rappresentante). Il termine finale per la richiesta è il dibattimento (Art.83.2). Verificato il fumus boni iuris della richiesta, il giudice ordina la citazione con un decreto, il cui contenuto è specificato dall'art. 83.3. La citazione è nulla se per qualche motivo il citato non viene messo in condizione di esercitare i propri diritti o se risulti nulla la notificazione. Il responsabile civile regolarmente citato, non è solo per questo tenuto ad intervenire nel processo. Egli è assistito da un difensore e può costituirsi in ogni stato e grado del processo. Se non viene citato, il responsabile civile può intervenire volontariamente nel processo penale, sempre che vi sia stata la costituzione della parte civile. In caso di revoca della costituzione di parte civile, o in caso di esclusione di quest'ultima, la citazione e l'intervento del responsabile civile perdono di efficacia. L'esclusione del responsabile civile può essere richiesta da: • Imputato • Parte civile • Pubblico ministero Purché non sia la stessa parte che ha proposto la citazione. L'esclusione può essere richiesta non oltre il momento degli accertamenti relativi alla costituzione delle parti nella udienza preliminare o nel dibattimento, e viene stabilita mediante ordinanza non impugnabile. 29 | Il civilmente obbligato per la pena pecuniaria e l'ente responsabile per l'illecito amministrativo dipendente da reato. Una persona può essere assoggettata, in via sussidiaria ed eventuale, ad una obbligazione civile pecuniaria pari all'importo della multa o dell'ammenda inflitta al condannato, quando quest'ultimo è insolvibile. Non è prevista la possibilità di un intervento volontario, ma può solo essere citata dall'imputato o dal PM. Possono essere irrogate sanzioni (pecuniarie, interdittive...) verso gli enti forniti di personalità giuridica, società e assicurazioni, se vengono accertati reati commessi nel loro interesse o a loro vantaggio da parte di persone con funzione di rappresentanza, amministrazione, gestione, controllo dell'ente. 30 | La persona offesa La nozione di persona offesa è stata dilatata mediante il riconoscimento di tale status a soggetti che non sono titolari del bene giuridico titolato dalla norma penale (quali prossimi congiunti dell'offeso deceduto in conseguenza del reato ecc). Si intende, inoltre, tenere ben distinta la posizione della persona offesa da quella della parte. Tale intento è riuscito per quanto riguarda la fase delle indagini preliminari, nelle quali la parte offesa ha poteri, mentre la parte civile può costituirsi solo dopo l'esercizio dell'azione penale. Dopo l'esercizio dell'azione penale, tuttavia, l'organicità di tale disegno risulta affievolita, a causa dei poteri assai ridotti che vengono concessi alla persona offesa del reato in quanto tale. Tuttavia, a partire da questo momento, la parte offesa potrà costituirsi come parte civile, fondendo così le due figure; in tal modo, inoltre, la legge disincentiva l'esercizio dell'azione civile in sede civile. 32 | Gli enti e le associazioni rappresentativi di interessi lesi dal reato L'art.91 garantisce l'ingresso ad enti che tutelano interessi collettivi e diffusi, rispettando alcuni requisiti. Tali enti possono esercitare i diritti e le facoltà attribuibili alla persona offesa dal reato in ogni stato e grado del procedimento. È necessario il consenso della persona offesa, se l'ente non è stato direttamente offeso ma partecipa a fianco di una persona. L'ente collettivo non deve avere scopo di lucro e che la persecuzione degli interessi lesi dal reato gli siano riconosciuti in forza di legge, anteriormente alla commissione del fatto. 34 | Il difensore di fiducia dell'imputato Il difensore dell'imputato (al quale l'art.99 attribuisce, di regola, i diritti e le facoltà che la legge attribuisce all'imputato stesso) viene chiamato a svolgere un ruolo importante. Viene negata in qualsiasi caso l'autodifesa dell'imputato. L'imputato ha diritto di nominare non più di due difensori di fiducia nei seguenti modi: • Dichiarazione orale dell'imputato all'autorità procedente • Dichiarazione scritta consegnata all'autorità dal difensore. • Documento di nomina trasmesso con raccomandata all'autorità. La nomina del difensore può essere fatta per via preventiva (nell'eventualità che si instauri un procedimento penale): il mandato difensivo deve specificare l'indicazione del difensore e i fatti a cui si riferisce. Tre sono le differenti figure che possono assumere la qualità del difensore: • PRATICANTE AVVOCATO: Può patrocinare davanti al giudice di pace e al tribunale in composizione monocratica, nei soli processi aventi ad oggetti i reati previsti dall'art.550; • AVVOCATO: è iscritto all'albo. • CASSAZIONISTA: è iscritto a uno speciale albo. La prestazione del difensore di fiducia è oggetto di un contratto per la cui conclusione è indispensabile l'accettazione. Di regola, la nomina produce i suoi effetti, per tutto l'arco del processo di cognizione, prevedendo una proroga automatica per l'esecuzione. Quando l'imputato è sottoposto a custodia carceraria, i prossimi congiunti possono attivarsi in sua vece al fine di cercare un difensore idoneo. 35 | Il difensore d'ufficio Qualora l'imputato non abbia nominato un difensore di fiducia o ne sia rimasto privo, deve essere assistito da un difensore d'ufficio (art. 97 comma 1), la cui figura prevede: • Di essere, salvo alcune eccezioni, disponibile per il solo imputato. • Di avere un ruolo sussidiario rispetto al difensore di fiducia (cessa le sue funzioni quando l'imputato proceda ad una nomina). • Ha l'obbligo di prestare al patrocinio, salvo giustificati motivi. I requisiti per fare il difensore d'ufficio sono di avere conseguito un'attestazione di idoneità rilasciata dall'ordine, o in alternativa di essere in grado di dimostrare di aver esercitato la professione nel settore penale per almeno due anni. Se la materia di cui il reato oggetto della notizia criminis richieda competenze specifiche, l'imputato può esimersi dal ricevere un difensore d'ufficio secondo le modalità di nomina automatizzate. La persona sottoposta alle indagini non può rinunciare al difensore ed è obbligata a retribuirlo qualora non rientri nei requisiti per ricevere il gratuito patrocinio. Riguardo alla retribuzione, il difensore d'ufficio si deve far carico della procedura esecutiva per il recupero del credito professionale nei confronti dell'assistito inadempiente; se dimostra che tale procedure risulta infruttuosa, il difensore viene retribuito nello stato secondo le norme sul gratuito patrocinio; lo Stato surroga l'avvocato nel credito verso l'assistito (sempre che egli non abbia richiesto gratuito patrocinio). 39 | Le garanzie di libertà del difensore Le ispezioni e le perquisizioni negli uffici del difensore sono consentite in due sole ipotesi: quando il difensore o altre persone che lavorano nel suo studio sono imputate o indagate, oppure quando si tratta di rilevare tracce o altri effetti materiali del reato o ricercare cose o persone specificamente predeterminate. Sono sottoponibili a sequestro solo i documenti e le carte oggetto che costituiscono corpo del reato. L'AG deve avvisare il Consiglio dell'ordine, per consentire al presidente o a un suo delegato di presenziare alle operazioni. C'è divieto di controllo e di intercettazioni della corrispondenza, conversazioni e comunicazioni tra difensore e imputato e tra il difensore e altri incaricati in relazione al procedimento (investigatori privati, consulenti tecnici ecc...). una sentenza). ◦ Di proscioglimento: sono una categoria che include le sentenze di assoluzione all'esito del dibattimento (il fatto non sussiste, l'imputato non l'ha commesso, il fatto non costituisce reato, il reato è stato commesso da persona non imputabile o non punibile), tali sentenze di assoluzione, dopo che diventano irrevocabili, assumono la qualifica di cosa giudicata. Questo particolare distingue le sentenze di assoluzione dalle altre sentenze di proscioglimento (non luogo a procedere). ◦ Di non doversi procedere : quando l'azione penale non doveva essere esercitata o proseguita, o il reato è estinto. ◦ Dichiarative : verificano l'esistenza di determinate fattispecie (sentenze di annullamento o che pronunciano sulla giurisdizione o sulla competenza). • Ordinanze: servono a governare l'andamento del processo, pur essendocene alcune in grado di concluderlo. Sono di regola revocabili e di solito (ma non sempre) inoppugnabili. • Decreti : esprimono un comando dell'autorità procedente, sono assoggettati al regime della revoca e non necessitano (se non specificato) di motivazione (a differenze di sentenze e ordinanze). È disposta la nullità per mancanza di motivazione di sentenze, ordinanze e, ove previsto, decreti. Per quanto riguarda la camera di consiglio, il giudice delibera in segreto e senza la presenza degli ausiliari. 9 | Il procedimento in camera di consiglio L'art.127 adempie ad una duplice funzione: da un lato di economia normativa, dall'altro assicura il contraddittorio tra le parti e il diritto di difesa. Vi sono specificati, infatti, i numerosi casi in cui si adotti il procedimento in camera di consiglio. La configurabilità di tale modello trova fondamento nell'esigenza di semplificare e accelerare il procedimento penale, sempre nel rispetto del contraddittorio e nel diritto di difesa. In questo tipo di procedimento, la partecipazione di alcuni soggetti, quali il difensore e il PM, è facoltativa, mentre nella norma è obbligatoria: tuttavia il contraddittorio viene attuato attraverso l'imposizione dell'obbligo, per il giudice, a pena di nullità, di avvisare le parti, i difensori e il PM tramite comunicazione o notificazione da effettuarsi almeno dieci giorni prima dell'udienza. Inoltre fino a cinque giorni prima possono essere presentate memorie. Il procedimento si svolge nel contesto spaziale e temporale dell'udienza, senza che sia ammessa la presenza in aula del pubblico. I soggetti di cui prima, sono sentiti solo se compaiono: di conseguenza se la parte non eserciti tale diritto autonomamente e non manifesti l'intenzione di esercitarlo, nessuna violazione può ravvisarsi nel comportamento del giudice che non la senta. Il provvedimento finale è normalmente un'ordinanza ed impugnabile di fronte alla corte di cassazione. 10 | L'immediata declaratoria di cause di non punibilità e la correzione degli errori materiali Sono entrambe manifestazioni di un potere di iniziativa ufficiosa conferito al giudice. Riguardo la prima, le esigenze di economia processuale e di attuare il principio del favor rei, dovevano trovare per forza spazio in un sistema accusatorio che circoscrive l'ambito di iniziativa del giudice. L'art.129 prevede che in ogni stato e grado del processo, il giudice, che riconosce che il fatto non sussiste, o che l'imputato non l'ha commesso, o che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato o che il reato è estinto o che manca una condizione di procedibilità, lo dichiara d'ufficio con sentenza. Tale istituto può riferirsi solo alla fase processuale, non a quella procedimentale dove tale ruolo viene svolto dall'archiviazione. Inoltre, viene specificato che va riconosciuta priorità alle formule di proscioglimento nel merito rispetto a quelle di estinzione del reato. Per quanto riguarda la disciplina degli errori materiali, essa opera in presenza di tre presupposti: 1. Ne sono oggetto gli atti del giudice che siano sentenze , ordinanze, decreti. 2. All'errore materiale non deve essere ricollegata una previsione di nullità. 3. L'eliminazione dell'errore o omissione non deve comportare una modificazione essenziale dell'atto. Competente a procedere, anche d'ufficio, alla correzione degli errori materiali, è il giudice autore dell'atto; ma quando ne sia stata proposta impugnazione tocca al giudice ad quem, salvo che dichiari inammissibile l'impugnazione stessa. L'ordinanza che dispone la correzione è annotata sull'originale dell'atto. Numerose sono le ipotesi nelle quali è resta esplicitamente applicabile la procedura. Per il principio di specialità, le condizioni poste dall'art.130 possono essere tuttavia travalicate. 11 | I poteri coercitivi I poteri coercitivi del giudice (art.131) assumono natura tipicamente amministrativa. Il giudice deve avvalersi della polizia giudiziaria e, se quest'ultima non sia in grado di provvedere, può ricorrere alla forza pubblica. L'accompagnamento coattivo (per indagato o imputato) è una restrizione della libertà personale resa necessaria dall'indispensabile acquisizione di un contenuto probatorio: non può trovar posto tra le misure coercitive personali poiché oggetto di una rigida predeterminazione finalistica. Non è una misura fondata sulla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza, ma su esigenze di carattere esclusivamente processuale, che devono emergere dalla motivazione del decreto addotto dal giudice procedente. Non può avere durata superiore alle 24 ore. La persona viene accompagnata in presenza del giudice. L'accompagnamento coatto di testimone, perito, consulente tecnico, interprete o custode di cose sequestrate può avvenire solo se sono regolarmente citati o convocati e omettono senza un legittimo impedimento di comparire nel luogo. 12 | Principi in materia di documentazione degli atti É il meccanismo mediante cui un atto viene inserito e conservato nella sequenza procedimentale, affinché giudici e parti possano controllarne la regolarità e averne memoria ai fini delle decisioni che si dovranno adottare in primo grado e nelle impugnazioni. Si tratta di atti la cui esternazione si realizza mediante dichiarazioni verbali e per quelli consistenti in operazioni. In tali casi, l'attività volta a confezionare l'atto e l'attività che produca documento della confezioni assumono rilevanza distinta. 13 | Le modalità della documentazione L'articolo 134 stabilisce le singole modalità di documentazione. Alla documentazione degli atti si procede mediante verbale, che può venire redatto in forma integrale o riassuntiva, con la stenotipia o altro strumento meccanico o con la scrittura manuale. Quando il verbale è redatto n forma riassuntiva è effettuata anche la riproduzione fonografica; se assolutamente indispensabile, po' essere aggiunta la riproduzione audiovisiva. Nell'udienza preliminare, il verbale è redatto in forma riassuntiva, ma su richiesta di parte il giudice dispone la riproduzione fonografica o audiovisiva o la stenotipia. Nel dibattimento davanti al tribunale in composizione monocratica, l'adozione del verbale riassuntivo è rimessa alla concorde volontà delle parti. L'ausiliario del giudice, se sfornito delle necessarie competenze, può essere autorizzato a farsi assistere da personale tecnico. Il contenuto nel verbale si sostanzia nei normali referenti topografici e cronologici, nonché nella menzione delle generalità delle persone intervenute e nelle indicazioni delle cause della mancata presenza di coloro che sarebbero dovute intervenire. La firma va apposta alla fine di ogni foglio da parte del pubblico ufficiale che l'ha redatto, del giudice e delle persone intervenute. 14 | Trascrizioni e riproduzioni Le riproduzioni fonografiche e audiovisive sono trascritte a cura del personale tecnico giudiziario. Se le parti vi consentono, il giudice può disporne l'omissione. Se è redatto solo il verbale in forma riassuntiva, al giudice spetta uno specifico al massimo di conseguenze disciplinari, o dell'inesistenza giuridica. L'inesistenza è quella categoria che prevede vizi così macroscopici da indurre il legislatore a non ipotizzarne nemmeno l'eventualità. Corrisponde alla nullità degli atti civili perché non producono effetto nemmeno in origine. La nullità penale invece corrisponde all'annullabilità civile, perché gli effetti possono essere eliminati solo con un'apposita azione. Talune nullità sono individuabili con una disciplina generale, che rinvia a una serie di fattispecie altrove disciplinate (non viene violato il principio di tassatività). L'art. 178, infatti, prevede una rubrica delle nullità di ordine generale. In tale classe figura l'inosservanza di una serie di disposizioni che concernono il giudice, il PM, l'imputato, le altre parti private, i loro difensori e rappresentanti. Alle nullità di ordine generale si oppongono quelle di ordine speciale perché stabilite da un'apposita previsione legislativa. 30 | Nullità assolute L'art. 179 designa le nullità assolute, che si caratterizzano per la nota dell'insanabilità. Il carattere dell'insanabilità cade solo di fronte alla forza preclusiva del giudicato. Di conseguenza, si può affermare che le nullità assolute si distinguono dalle altre a causa del normale regime di insanabilità fino all'irrevocabilità del giudicato. Il secondo attributo consiste della rilevabilità d'ufficio da parte del giudice in ogni stato e grado del procedimento. È tuttavia comune alle nullità intermedie e ad alcune nullità relative. Per quanto riguarda la figura del giudice, le nullità assolute si sovrappongono alle nullità di ordine generale (capacità del giudice e numero dei giudici necessario a costituire i collegi giudicanti. Per quanto riguarda la figura del PM, le nullità assolute si sovrappongono alle nullità di ordine generale per quanto riguarda l'iniziativa del PM nell'esercizio dell'azione penale e quelle derivanti dall'omessa citazione dell'imputato o dall'assenza del suo difensore quando ne è obbligatoria la presenza. Si vogliono tutelare così la figura dell'imputato e il suo diritto alla difesa, al contraddittorio, nonché ad essere citato regolarmente. Riassumendo, sono nullità assolute: • Inosservanza di disposizioni relative alla capacità del giudice e al numero dei giudici necessario per costituire il collegio. • Nullità relative all'iniziativa del PM nell'esercizio dell'azione penale. • Nullità relative all'omessa citazione dell'imputato. • Nullità derivanti dall'assenza del difensore quando ne è obbligatoria la presenza. • Altre nullità assolute previste dalla legge (nullità a previsione speciale). 41 | Nullità intermedie Sono le nullità di carattere generale diverse da quelle assolute. (Art.180) Esse sono rilevabili d'ufficio nonché sanabili anche in un momento anteriore all'intervenuta irrevocabilità della sentenza. Non possono essere né rilevate dal giudice né dedotte dalle parti dopo la sentenza di primo grado, o se verificatesi nel giudizio dopo la deliberazione della sentenza del grado successivo. Fanno parte di questa categoria tutte le nullità di ordine generale (previste dall'art.178) escluse quelle di carattere assoluto (previste dall'art.179). Sono quindi nullità intermedie: • L'inosservanza delle disposizioni circa la partecipazione del PM al procedimento. • Inosservanza delle disposizioni circa l'intervento, l'assistenza e la rappresentanza dell'imputato (escludendo quelle assolute). • Inosservanza delle norma circa intervento, assistenza e rappresentanza delle altre parti private. 42 | Nullità relative L'art.181 prevede come nullità relative quelle diverse dagli articoli 178 e 179: sono quindi ricavate per sottrazione. Esse sono dichiarate su eccezione di parte, non sono perciò rilevabili d'ufficio. Trovandosi di fronte ad una nullità a previsione speciale, l'interprete deve individuarne il trattamento mediante una serie di operazioni successive: dovrà provare a ricondurre la fattispecie nella categoria delle nullità generali, stabilendo poi se assoluta o intermedia. Qualora, invece, non riesca a ricondurla a nessuna delle nullità generali, l'interprete è autorizzato a concludere che la nullità a previsione speciale va assoggettata al regime proprio delle nullità relative. Le nullità relative possono essere dichiarate dal giudice solo su eccezione della parte interessata. Al fine di prevenire la trasmissione di vizi agli atti successivi, si sono previsti termini molto brevi per la deducibilità delle nullità relative: • Nullità relative agli atti di indagine, di incidente probatorio, di udienza preliminare => prima della conclusione dell'udienza preliminare stessa. • Nullità relative al decreto che dispone il giudizio riguardanti gli atti preliminari al dibattimento => prima dopo il primo accertamento della costituzione delle parti in giudizio. • Nullità relative alla sentenza di non luogo a procedere => vanno impugnate. 33 | Deducibilità delle nullità e loro sanatorie. L'art. 182 prevede che le nullità previste dagli articoli 180 e 181 (intermedie e relative) non possono essere eccepite da chi vi ha dato o ha concorso a darvi causa o non ha interesse all'osservanza della disposizione violata. Inoltre non può eccepire nullità la parte che assistendo alla formazione dell'atto viziato non ne eccepisce la nullità prima del suo compimento. I termini per rilevare o eccepire le nullità sono previsti a pena di decadenza. La disciplina delle sanatorie generali è prevista dall'art. 183 e prevede che le nullità sono sanate, se non diversamente stabilito: • Se la parte interessata ha espressamente rinunciato ad eccepirle o ha accettato gli effetti dell'atto (accettazione espressa o tacita). • Se la parte si è avvalsa della facoltà al cui esercizio l'atto nullo è preordinato. Grazie alla clausola di salvezza (salvo che sia diversamente stabilito), si esclude che tale sanatoria possa operare per le nullità di carattere assoluto. La sanatoria prevista dall'art.184, invece, riguarda la nullità delle citazioni, degli avvisi e delle notificazioni. Tali nullità sono sanate qualora la parte interessata sia comparsa o abbia rinunciato a comparire. Se la parte abbia intenzione di presentarsi al solo fine di far rilevare la nullità dell'atto, la sanatoria si verifica ugualmente, ma il legislatore ha concesso un termine per la difesa di almeno cinque giorni, venti giorni se la nullità incide sulla citazione a comparire a dibattimento. La comparizione deve essere personale e volontaria (non vale quella del difensore). 34 | Effetti della dichiarazione di nullità La nullità di un atto rende invalidi gli atti consecutivi che dipendono da esso (nullità derivata). Ci si riferisce a una consequenzialità sul piano cronologico, che si traduca in un nesso di causalità necessaria logica o giuridica. Il giudice che dichiara la nullità dispone la rinnovazione dell'atto qualora sia necessaria (ad esempio non accade se l'atto ha raggiunto comunque il suo scopo) o possibile (ad esempio non si verifica nei confronti di atti non reiterabili). Quando si procede alla rinnovazione, il giudice ne pone le spese a carico di chi ha dato causa alla nullità per dolo o colpa grave. Se la nullità è dichiarata in uno stato o gradi diverso da quello in cui si è verificata, si verifica una regressione del procedimento allo stato e grado in cui l'atto nullo è stato compiuto, purché si tratti di un atto di natura non probatoria . CAPITOLO 3 – LE PROVE 1 & 2 | Premesse e il problema della sfera d'incidenza della normativa contenuta nel libro sulle prove • Essere idonee all'accertamento dei fatti. • Non pregiudicare la libertà morale della persona. Qualora venga riconosciuta l'ammissibilità della prova, il giudice dovrà anche definire in concreto le modalità della sua assunzione, dopo aver sentito le parti. Si tratta di un'applicazione del principio dettato dall'art.188, per cui non possono essere utilizzati, neanche col consenso della persona interessata, metodi o tecniche idonei a influire sulla libertà di autodeterminazione o ad alterare la capacità di ricordare e valutare i fatti. 5 | Diritto alla prova e criteri di ammissione Viene riconosciuto alle parti un vero e proprio diritto alla prova (manifestazione del diritto di difesa), che capovolge la logica inquisitoria ispirata all'idea dell'iniziativa d'ufficio del giudice in materia di prove, relegando ad eccezioni i casi in cui le prove sono ammesse d'ufficio. L'art. 190 afferma che le prove sono ammesse a richiesta di parte, e che il giudice provvede senza ritardo con ordinanza escludendo le prove vietate dalla legge, quelle manifestamente superflue e quelle irrilevanti. Il comma 2 prevede che la legge stabilisce i casi in cui le prove sono ammesse di ufficio. Il diritto alla prova si articola così in due livelli: come diritto di richiedere l'ammissione di determinate prova, e come diritto ad ottenere la prova richiesta entro i limiti in cui possa essere ammessa. Per verificare l'ammissibilità delle prove, il giudice deve accertare che non siano: • Prove vietate dalla legge: sono quelle per cui esista un espresso divieto in ordine all'oggetto o al soggetto della prova. • Prove irrilevanti: escono dal thema probandum ex art.187. • Prove superflue: non sono utili a formare il convincimento del giudice. Nel corso dei procedimenti per criminalità organizzata indicati nell'art 51.3bis, è presente una deroga che obbedisce ad un'esigenza di tutela alle persone da esaminare; vengono utilizzati dei criteri che proteggano testimoni o persone che abbiano già deposto non ammettendo il loro esame a meno che non riguardi fatti o circostanze diversi da quelli in oggetto delle precedenti dichiarazioni. Tale valutazione si riserva sempre al giudice. 6 | Prove illegittimamente acquisite e sanzione di inutilizzabilità L'art.191 prevede che le prove acquisite in violazione dei divieti stabiliti dalla legge non possano essere utilizzate, l'inutilizzabilità è rilevabile anche d'ufficio in ogni stato e grado del procedimento, L'inutilizzabilità agisce anche quando, per sua natura, il divieto possa emergere soltanto ex post rispetto al momento acquisitivo. La sanzione di inutilizzabilità opera in via generale nei confronti di tutte le prove acquisite contra legem, nell'inosservanza di un divieto di ammissione o di acquisizione stabilito per legge. 7 | Valutazione della prova e regole di convincimento del giudice L'art.192 disciplina il regime della valutazione della prova. Si ribadisce il principio del libero convincimento del giudice, riferito al momento della valutazione della prova, non a momenti anteriori. Il giudice non è tenuto a dare una valutazione obbligata della risultanza sottoposta al suo vaglio, potendola liberamente apprezzare. Il libero convincimento può dunque avere ad oggetto prove già legittimamente acquisite ed ammesse, quindi utilizzabili. Questa esigenza di legalità trova la sua conferma nell'obbligo di motivazione che ha il giudice riguardo ai risultati e ai criteri adottati per valutare la prova. Per quanto riguarda gli elementi di natura indiziaria, essi possono essere utilizzati sono nel caso siano gravi (non suscettibili di obiezioni), precisi (non generici né interpretabili in molteplici direzioni) e concordanti (non reciprocamente contraddittori). Il comma 3 stabilisce che le dichiarazioni rese dal coimputato nello stesso reato o da persona imputata in procedimento connesso sono valutate unitamente agli altri elementi di prova che ne confermano l'attendibilità. Vi è in questo ultimo caso una sorta di deroga al principio di libero convincimento del giudice. 8 | La testimonianza Con la testimonianza si apre il titolo II del libro III dedicato ai mezzi di prova. I mezzi di prova (testimonianza, esami, ricognizioni, esperimenti giudiziali, documenti) si caratterizzano per offrire al giudice risultati direttamente utilizzabili ai fini della decisione; a differenza dei mezzi di ricerca della prova (ispezioni, perquisizioni, sequestri, intercettazioni) che servono a permettere l'acquisizione di cose, tracce, notizie ad assumere rilevanza probatoria. I mezzi di ricerca della prova si servono a propiziare l'acquisizione al processo di elementi probatori precostituiti rispetto al medesimo, mentre i mezzi di prova permettono la formazione di prove in sede processuale. La testimonianza viene disciplinata dagli articoli 194-207: in particolare l'art. 194 stabilisce oggetto e limiti della testimonianza. Tale articolo afferma che il testimone è esaminato sui fatti che costituiscono oggetto di prova (vedi art. 187) e che non può deporre sulla moralità dell'imputato a meno che non si tratti di fatti specifici per qualificarne la personalità in relazione al reato e alla pericolosità sociale. Inoltre, il testimone può deporre su frapporti di parentele e di interesse che intercorrono tra il testimone e le parti o altri testimoni. Il testimone può essere definito come persona estranea alle parti in causa, che dichiara fatti all'autorità giudiziaria, inerenti alle circostanza di fato oggetto del processo. L'articolo 195 disciplina la testimonianza indiretta Viene dichiarata l'inutilizzabilità della deposizione di chi non possa o non voglia indicare la persona o la fonte da cui abbia appreso la notizia al centro dell'esame testimoniale (comma 7), da ciò deriva il divieto di acquisizione ed impiego delle notizie provenienti dagli informatori confidenziali. Viene previsto, d'altro lato, che quando il testimone riferisca fatti o circostanze che dichiari di aver appreso da persone diverse, queste ultime possono essere chiamate a deporre d'ufficio dal giudice, e anzi devono essere chiamate a deporre se la parte ne fa richiesta, a pena di inutilizzabilità delle dichiarazioni. (commi 1,2,3). Il comma 4 prevede che gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria non possano deporre sul contenuto delle dichiarazioni acquisite da testimoni, limitatamente alle dichiarazioni acquisite con le modalità di cui agli artt. 351 e 357. Negli altri casi si seguono i commi 1,2 e 3. Gli art. 200 e 201 escludono dalla testimonianza soggetti che facciano riferimento a fatti conosciuti da persone titolari di un segreto professionale o di un segreto d'ufficio. L'art. 196 disciplina i capisaldi della capacità di testimoniare (qualsiasi persona è capace di testimoniare; tuttavia vanno effettuati controlli di credibilità e attendibilità dei testi che siano in particolari condizioni personali o psichici). L'art. 197 fa riferimento all'incompatibilità dell'ufficio di testimone, in particolare non possono essere assunti come testimoni: • I coimputati del medesimo reato o gli imputati in un procedimento connesso o collegato, in alcuni casi, a meno che non sia stata pronunciata sentenza irrevocabile di proscioglimento, condanna o patteggiamento. • Il responsabile civile e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria. • Coloro che nel medesimo procedimento hanno svolto la funzione di giudice, PM o ausiliario, nonché il difensore che abbia svolto investigazioni difensive. L'art.197-bis fa riferimento alle modalità con cui devono testimoniare le persone imputate o giudicate in un procedimento connesso o per reato collegato, stabilendo che esse devono essere assistite da un difensore e che non possono essere obbligati a deporre su fatti per i quali è stata pronunciata in giudizio sentenza di condanna o per cui si procede nei suoi confronti. L'art.198 stabilisce gli obblighi del testimone: • Presentarsi al giudice quando citato. • Attenersi alle prescrizioni del giudice. • Rispondere secondo verità. Non può essere obbligato a testimoniare su fatti per cui potrebbe emergere una sua responsabilità penale. L'art.199 sancisce la facoltà di astensione dei prossimi congiunti dell'imputato, a meno che non abbiano presentato denuncia, querela o istanza o a meno che essi o un Il giudice, quando avverti la sussistenza di una delle necessità indicate nell'art.220, deve disporre la perizia d'ufficio con ordinanza motivata, contenente la nomina del perito, la sommaria enunciazione dell'oggetto della perizia ecc. Il criterio principale per la nomina del perito è quello della sua iscrizione negli appositi albi. La perizia è collegiale in caso di indagini di particolare complessità. Disposta la perizia, il PM e la parti hanno la facoltà di nominare propri consulenti tecnici in numero non superiore per ciascuna parte a quello dei periti. Il giudice formula i quesiti, sentiti il perito, il c.t., il PM e i difensori presenti. Il perito può chiedere un termine per rispondere se i quesiti sono complessi. Il perito può accedere agli atti e assistere all'esame delle parti; quando chieda notizie all'imputato o alle altre parti, gli elementi acquisiti possono essere utilizzati solo ai fini dell'accertamento penale. Può esserci consulenza tecnica di parte anche fuori dai casi di perizia. 12 | Prova documentale La prova documentale è disciplinata dagli artt. 234-243; tale disciplina si riferisce esclusivamente ai documenti in senso stretto (formati cioè fuori dall'ambito processuale, nel quale devono essere introdotti affinché possano assumere valenza probatoria) e non agli atti (formati all'interno dl procedimento). L'art.234 definisce il documento non limitandosi agli scritti, ma comprendendo anche ogni cosa idonea a rappresentare fatti, persone o cose attraverso la fotografia, la cinematografia,la fonografia e qualsiasi altro mezzo. Non possono essere acquisiti documenti riguardo alle voci del pubblico intorno ai fatti oggetto del processo (non hanno alcun concreto riscontro), né sulla moralità delle parti, dei testimoni, dei consulenti tecnici. I documenti che costituiscono corpo del reato devono essere acquisiti qualunque sia la persona che li abbia formati o li detenga, anche d'ufficio. (art.235) L'art. 236 consente l'acquisizione di certificati del casellario giudiziale, delle sentenze irrevocabili e simili ai fini del giudizio sula personalità dell'imputato o della persona offesa del reato. Possono anche essere acquisiti al fine di valutare la credibilità di un testimone. I documenti provenienti dall'imputato, secondo l'art. 237, possono essere acquisiti anche d'ufficio, anche se sono sequestrati presso altri o prodotti da altri: si ritiene, secondo dottrina, che tale articolo riguardi i documenti prodotti dall'imputato, non quelli che detiene semplicemente. Se si rende necessario verificare la provenienza di un documento, esso è sottoposto per il riconoscimento alle parti private o ai testimoni (art.239); se i documenti sono anonimi non possono essere utilizzati se non costituiscono corpo del reato o provengano dall'imputato (art.240). Se il giudice ritiene falso un documento acquisito nel procedimento, dopo la definizione di esso, informa il PM trasmettendogli copia. (art.241). Per l'art.238, l'acquisizione di verbali di prove di altro procedimento penale è ammessa se si tratta di prove assunte nell'incidente probatorio o nel dibattimento, nonché verbali di prove assunte in processo civile definito con sentenza passata in giudicato. Tali verbali possono essere utilizzati contro l'imputato solo se il suo difensore ha partecipato all'acquisizione della prova o se nei suoi confronti fa stato la sentenza civile. È sempre ammessa anche l'acquisizione di documenti di atti compiuti nel corso di altri procedimenti penali, comprese le fasi preliminari, i quali non sono ripetibili anche per cause sopravvenute. Al di fuori delle ipotesi suddette, il comma 4 stabilisce che i verbali possono essere utilizzati nel dibattimento solo nei confronti dell'imputato che vi consenta; le parti hanno il diritto di ottenere l'esame delle persone le cui dichiarazioni sono state acquisite secondo le precedenti norme. Le sentenze irrevocabili possono essere acquisite ai fini della prova del fatto in esse accertate, devono essere utilizzate insieme agli altri elementi di prova (il giudice deve verificarle nel contraddittorio delle parti). 15 | Intercettazioni Le intercettazioni di conversazioni e comunicazioni sono disciplinate dagli artt.266- 271. L'art. 266 definisce i limiti oggettivi entro cui deve ritenersi ammissibile l'intercettazione di conversazioni o conversazioni telefoniche e tra presenti, stabilendo i vari reati (delitti gravi, contro la PA con più di 5 anni di reclusione, concernenti stupefacenti, armi, esplosivi, contrabbando, ecc...). Tali limitazioni avvengono perché le intercettazioni comportano una limitazione del diritto alla segretezza della corrispondenza, tutelato dall'art. 15 della Costituzione. Le intercettazioni ambientali non possono avvenire nelle abitazioni o nel domicilio, a meno che non si ritenga che in tali luoghi si stia svolgendo l'attività criminosa. L'art. 267 disciplina presupposti e forme del provvedimento di intercettazione: il PM chiede al giudice per le indagini preliminari l'autorizzazione a disporre le operazioni; tale autorizzazione è data con decreto motivato quando vi sono gravi indizi di reato e l'intercettazione è assolutamente indispensabile ai fini delle prosecuzione delle indagini. In casi urgenti, il PM può emettere un decreto di autorizzazione motivato, informando il giudice entro 24 ore che deve dare autorizzazione entro 48 ore: se non lo fa le intercettazioni devono essere interrotte e i risultati di essa non possono essere utilizzati. La Cassazione ha smentito una tale disciplina anche per i tabulati telefonici (lista delle chiamate effettuate), i quali debbono essere conservati dai gestori per 24 mesi (12 mesi per il traffico telematico, 1 mese per le chiamate senza risposta) ed essere acquisiti entro tali termini dal PM anche su istanza dei difensori. Il difensore, in ogni caso, può chiedere al gestore i dati relativi alle utenze intestate al proprio assistito. Sempre riguardo alle intercettazioni, il PM deve dettare modalità e durata delle corrispondenti operazioni, per non più di 15 giorni (prorogabili su richiesta) Riguardo ai delitti di criminalità organizzata o di minaccia a mezzo telefono, le intercettazioni possono anche essere disposti sulla base di sufficienti indizi di reato anziché di gravi indizi, sulla base dell'art.203. In tali casi anche i termini sono più lunghi (40 giorni anziché 15) e non esiste la tutela dei luoghi di abitazione o domicilio prevista dal comma 2 dell'art. 266. L'art. 268 esprime dettagli riguardo all'esecuzione delle intercettazioni: viene stabilito che le comunicazioni intercettata sono registrate, e di esse viene redatto verbale in cui viene trascritto il contenuto della comunicazione intercettata. I verbali delle registrazioni vengono trasmessi immediatamente al PM e poi depositati in segreteria entro 5 giorni dalla conclusione delle operazioni. Dopodiché i difensori vengono avvisati della facoltà di esaminare gli atti e di prendere conoscenza delle registrazioni anche mediante ascolto: il tal modo si realizza il contraddittorio. Tale procedimento deve obbligatoriamente concludersi entro la fine delle indagini preliminari e nell'ambito di un'apposita udienza camerale. In seguito al deposito dei verbali e delle registrazioni, e del relativo avviso ai difensori, cade anche il segreto e di conseguenza il divieto di pubblicazione. Tale disciplina risulta carente sotto il profilo delle tutela della riservatezza: il divieto di pubblicazione dovrebbe cessare solo per le conversazioni che vengono ritenute rilevanti, e quindi acquisite per il procedimento; invece accade che vengono spesso pubblicate anche conversazioni che non riguardano il processo. Scaduto il termine perché i difensori possano prendere conoscenza delle registrazioni e dei verbali, il giudice, su richiesta delle parti, dispone l'acquisizione delle comunicazioni che non appaiono manifestamente irrilevanti. Il giudice procede, dunque, d'ufficio ma con la possibilità di intervento delle parti, allo stralcio delle registrazioni e dei verbali relativi alle intercettazioni di cui sia vietata l'utilizzazione secondo l'art 271 o altre norme. Infine, il giudice provvede alla trascrizione integrale delle registrazioni destinate ad essere acquisite, e tali atti andranno inseriti nel fascicolo per il dibattimento. L'art. 269 prevede che tutti i verbali e le registrazioni siano conservati presso il PM che ne ha disposto l'intercettazione; tali documenti sono fino a quando la sentenza non sia più soggetta ad impugnazione. Quando la documentazione non è più necessaria per il indicazioni sulla persona offesa e su chi ha compiuto il fatto e su chi può riferire sulle circostanze del fatto. (art.332) Può essere in genere fatta anche oralmente. Chiunque abbia assistito alla commissione di un reato può sporgere denuncia, un obbligo sussiste solo per reati particolarmente gravi quali delitti contro la personalità dello stato, delitti punibili con ergastolo o nei casi in cui occorre interrompere un iter criminis. Possono ricevere denuncia i PM e gli ufficiali di PG. Hanno obbligo di sporgere denuncia i pubblici ufficiali e gli incaricati di pubblico servizio nell'esercizio delle loro funzioni, senza ritardo e per iscritto (art.331). Non vanno considerate come vere e proprie notizie di reato le denunce anonime di cui non può essere fatto alcun uso processuale a meno che non costituiscano corpo di reato (es.: in un processo per calunnia) o si accerti che, comunque, provengano dall'imputato [v. 240]. La denuncia anonima può comunque consentire alla Autorità giudiziaria o alla polizia giudiziaria di avviare indagini preliminari, Quindi non può valere come notitia criminis e non deve essere iscritta nell'apposito registro previsto dall'art. 335. Ciò, però, non esclude che il pubblico ministero e la polizia giudiziaria che, ex art. 330, prendono notizia dei reati anche di propria iniziativa, possano trarre utile spunto per la loro attività anche da una informazione anonima. ◦ REFERTO Il referto è una partIcolare forma di denuncia che riguarda esclusivamente chi esercita professioni sanitarie: costoro hanno l'obbligo di riferire all'A.G. Tutti i casi che possono presentare i caratteri di un delitto procedibile d'ufficio di cui sono venuti a conoscenza prestando la propria opera. 3. Condizioni di procedibilità Vi sono casi in cui l'esercizio dell'azione penale è subordinato al ricorrere di particolari condizioni, senza il verificarsi delle quali non è possibile esercitare correttamente l'azione. Non è possibile neppure svolgere gli accertamenti preliminari se non quelli necessari ad assicurare le fonti di prova (art.346). Le condizioni di procedibilità sono querela, istanza, richiesta di procedimento e autorizzazione a procedere. • QUERELA Ad alcune tipologie di reato il codice subordina la punibilità alla presentazione da parte della parte offesa di una manifestazione di volontà con cui chieda che l'autore del reato sia punito. Le forme della querela sono le stesse della denuncia, con in più la possibilità di presentarla ad un agente consolare all'estero. La querela è dunque una manifestazione di volontà, mentre la denuncia è una dichiarazione di scienza con cui si comunica la commissione di un reato. Il termine per la querela è di tre mesi (sei mesi per i delitti contro la libertà sessuale e per lo stalking). Si può rinunciare alla querela prima del termine con una dichiarazione di volontà espressa o tacita, la rinuncia è irrevocabile e incondizionata. Si può anche rimettere la querela una volta presentata (salvo per i delitti contro la libertà sessuale), anche se la remissione non ha effetto se il querelato la rifiuta. • ISTANZA In caso di certi delitti commessi all'estero, la punibilità è subordinata all'istanza della parte offesa, con cui essa manifesta volontà che si proceda contro l'autore del reato. Ha le stesse forme della querela. Sono reati per cui, se fossero commessi in Italia, si procederebbe d'ufficio. • RICHIESTA DI PROCEDIMENTO Atto del Ministro della giustizia con cui chiede che si proceda per un determinato reato. I casi in cui è necessaria sono elencati tassativamente dalla legge. • AUTORIZZAZIONE A PROCEDERE Istituto che tutela la separazione dei poteri, si subordina la possibilità di procedere contro determinati soggetti all'assenso di taluni organi. In assenza di autorizzazione a procedere sono vietati tutti gli atti di indagine che abbiano carattere invasivo (art.343). Tali atti sono comunque consentiti anche prima dell'autorizzazione nel caso in cui il soggetto sia colto in flagranza a compiere delitti ex art.380, c.1e2. Dal 1993, con la modifica dell'art. 68 Cost., è stata drasticamente ridimensionata la sfera d'operatività dell'autorizzazione a procedere per i membri del Parlamento. Attualmente, infatti, fermo restando la non punibilità dei membri delle Camere per le opinioni espresse ed i voti dati nell'esercizio delle loro funzioni, è consentito l'esercizio dell'azione penale nei loro confronti, senza necessità di alcuna autorizzazione. L'autorizzazione della Camera cui l'indagato appartiene è invece necessaria per: effettuare perquisizioni personali o domiciliari; trarre il parlamentare in arresto o comunque privarlo della libertà personale, salvo i casi di arresto obbligatorio in flagranza o esecuzione di pene detentive passate in giudicato; effettuare intercettazioni, telefoniche o ambientali, e sequestri di corrispondenza. 4. Le indagini Il PM dirige le indagini, scegliendo e valutando gli accertamenti da svolgere. Egli deve valutare se esercitare o meno l'azione penale, raccogliendo elementi non solo a carico dall'indagato ma anche accertando fatti e circostanze a suo favore (art.358). La Suprema Corte ha precisato che tale obbligo non si traduce in un dovere generalizzato del P.M. di adeguarsi in ogni caso alle richieste di indagini in tal direzione provenienti dalla difesa dell'imputato. Rispetto a tali richieste il P.M. deve poter conservare, infatti, un ragionevole potere di sindacato in funzione della loro effettiva fondatezza e rilevanza ai fini dell'esercizio dell'azione penale. Gli elementi raccolti in tale fase, dunque, non servono tanto alla formazione della prova, quanto a decidere se esercitare o meno l'azione penale. Vige il principio di atipicità (ogni attività necessaria al raggiungimento delle finalità delle indagini preliminari). Nonostante ciò, il legislatore prevede esplicitamente alcuni atti di indagine, aventi contenuto simile ai mezzi di prova, differenziandosi però per il fatto che essi non sono assunti in contraddittorio, ma in modo unilaterale dal PM. Si tratta di: • Assunzione di informazioni dalle persone che possono riferire circostanze utili alle indagini. (art.362). Si tratta di un'attività analoga, per contenuto, alla testimonianza , da cui si distingue per essere resa non al giudice, ma al pubblico ministero. Ne consegue che, mentre la testimonianza costituisce vero e proprio mezzo di prova, l'assunzione di informazioni effettuata dal P.M. serve soprattutto per le determinazioni inerenti l'esercizio dell'azione penale e può avere influenza ai fini del giudizio solo nei casi e nelle forme previste dagli artt. 500 e 512. Le persone che possono riferire circostanze utili ai fini dell'indagine hanno, comunque, l'obbligo di presentarsi al P.M. e di riferire ciò che sanno intorno ai fatti sui quali vengono sentiti. A quest'obbligo si collega il potere del P.M. di disporre l'accompagnamento coattivo delle persone informate sui fatti che, senza legittimo motivo, non siano comparse a seguito di decreto di citazione (art. 378). L'obbligo di riferire ciò di cui si è a conoscenza al P.M. viene meno nei casi in cui non vi è dovere di testimonianza. La persona che rende dichiarazioni al pubblico ministero ha l'obbligo di rispondere secondo verità alle domande che gli sono rivolte, e di quest'obbligo deve essere avvertita inizialmente, rispondendo altrimenti del delitto previsto e punito dall'art. 371bis c.p. • Individuazione di persone e cose, si tratta di un atto corrispondente alla ricognizione, tuttavia con regole meno restrittive, essendo solo un atto di indagine e non di formazione della prova. • Interrogatorio di imputato in procedimento connesso, in questo caso il PM deve rispettare le garanzie previste dall'art.210, e tali persone hanno diritot ead essere assistiti da difensore. Il PM è inoltre tenuto a redigere verbale. • Consulenza tecnica, è disciplinata dall'art.359 e ha il suo corrispondente dibattimentale nella perizia. Qualora gli accertamenti da eseguire siano irripetibili (per l'art. 360 cose o luoghi soggetti a modificazione), essi avranno piena valenza probatoria, dovendosi compiere sotto modalità garantite: si applicano infatti le regole del contraddittorio, quindi avviso all'indagato, alla persona offesa e ai difensori dell'espletamento dell'atto avvisandoli della possibilità di nominare un consulente di parte. In tale maniera l'atto istruttorio assume piena valenza probatoria, e l'elaborato del consulente tecnico viene inserito nel fascicolo del dibattimento, diventando utilizzabile dal giudice per la decisione finale. L'indagato può formulare riserva per l'incidente probatorio, attendendo l'intervento del GIP. • Intercettazioni, tale mezzo trova il suo terreno di elezione nella fase delle indagini preliminari, data la segretezza necessaria di tali operazioni, che male si conciliano con la pubblicità del dibattimento. • Ispezioni, perquisizioni e sequestri, possono essere ordinati anche dal PM nelle indagini preliminari. Per quanto riguarda il prelievo di materiale biologico, il legislatore ha regolato in modo generale la materia con l'art 359-bis, che consente al PM di procedere coattivamente al prelievo di materiale biologico con decreto motivato, anche ordinando l'accompagnamento coatto. Nel caso siano eseguiti con urgenza, entrambi i provvedimenti vanno tuttavia convalidati dal GIP entro 48 ore dalla loro esecuzione. Nel caso ordinario il PM deve avanzare una richiesta al giudice per l'espletamento di una perizia a cui sia strumentale il prelievo, il giudice decide entro 48 ore con ordinanza. Gli Atti Garantiti: reato al PM competente, per forma scritta e senza ritardo (vedi CNR- comunicazione di notizia di reato, ex art.347c.p.p.). Per i reati più gravi e quando sussistono ragioni d'urgenza, la comunicazione deve avvenire immediatamente anche in forma orale, salvo l'obbligo di far pervenire la comunicazione scritta il prima possibile. L'art. 349 prevede per la polizia giudiziaria il potere di disporre l'accompagnamento per identificazione. Solitamente si procede all'identificazione nel luogo dell'intervento, ma qualora la persona rifiuti di farsi identificare o fornisca generalità o documenti di sospetta falsità, la PG procede ad accompagnarla nei propri uffici per l'identificazione, potendo procedere a rilievi dattiloscopici, fotografici, antropometrici ecc... La legge 144/2005 autorizza la PG a prelevare reperti biologici utili per il DNA forzosamente: la polizia può trattenere l'indagato anche contro la sua volontà per massimo 12 ore, che possono arrivare a 24 in casi eccezionali. In questi casi la PG deve dare immediata notizia dell'accompagnamento al PM che può ordinarne l'immediato rilascio. Atti di indagine della PG La polizia giudiziaria opera alle dipendenze del PM, ed è tenuta a compiere gli atti a lei delegati ex art. 370. Inoltre la PG ha un autonomo potere di indagine che le consente di svolgere atti di propria iniziativa prescindendo dalle indicazioni della procura (doppio canale): in tali casi, però, è tenuta a informare prontamente il PM degli atti di indagine compiuti. La polizia ha anche un ruolo conservativo, cioè di evitare che si disperdano le tracce del reato. Gli atti di indagine sono atipici, anche se il legislatore detta un'espressa disciplina per particolari attività: • Assunzione di sommarie informazioni dall'indagato (art.350): è l'interrogatorio dell'indagato posto in essere da ufficiali di PG, escludendo quindi gli agenti. Valgono comunque le regole generali dettate per l'interrogatorio, compresi avvisi all'indagato e diritto all'assistenza difensiva: è infatti necessaria la presenza del difensore. La differenza è che l'interrogatorio è posto in essere dal PM, mentre l'A.s.i.i. dalla PG. La PG può procedere al compimento dell'atto solo nei confronti dell'indagato in stato di libertà. Tuttavia sul luogo o nell'immediatezza del fatto, gli ufficiali di PG possono assumere dalla persona indagata, anche se arrestata o fermata, anche senza la presenza del difensore notizie e dichiarazioni utili ai fini della immediata prosecuzione dell eindagini: di tali notizie è vietata ogni utilizzazione e documentazione. • Spontanee dichiarazioni da parte dell'indagato (art.350.7): L'indagato qui, a differenza del caso precedente non è sollecitatao dalla PG a rendere dichiarazioni, ma compie un atto spontaneo verso il quale la PG ha un ruolo passivo di sola verbalizzazione. Di tali dichiarazioni non è consentito l'utilizzo in dibattimento (ma sono utilizzabili in udienza preliminare e nel giudizio abbreviato). • Assunzione di sommarie informazioni da persone informate sui fatti: La PG può assumere informazioni da persone che possano riferire circostanze utili ai fini delle indagini, la loro valenza probatoria è identica a quella degli atti del PM. Può essere sentito anche l'imputato in un procedimento connesso o collegato, in tal caso l'atto può essere compiuto solo da un ufficiale di PG e la persona da sentire è assistita da un difensore. • Ausilio di persone con competenze tecniche: La PG può avvalersi di persone con specifiche competenze, le quali non possono rifiutare la propria opera (art.348.4). A differenza della consulenza tecnica disposta dal PM, l'ausiliario tecnico affianca la PG nell'espletamento degli accertamenti e non lavora in autonomia. • Perquisizioni Vi sono casi in cui la PG non ha ruolo meramente esecutivo, ma può anche disporre di propria iniziativa la perquisizione (art.352). Sono i casi di flagranza, evasione ed esecuzione di un'ordinanza applicativa di misure cautelari. In tali casi la PG può procedere a perquisizione personale o locale, purchè vi siano fondati motivi di rinvenire tracce o cose pertinenti al reato. La perquisizione effettuata dalla PG è soggetta a controllo di legalità da perte del PM che deve essere informato col verbale entro 48 ore dalla perquisizione e che entro le 48 ore successive provvede alla sua convalida. Alla perquisizione può assistere il difensore prontamente reperibile, che non ha comunque il diritto di essere preventivamente avvisato. • Sequestri: Sono atti dell'A.G. che possono essere tuttavia in alcuni casi compiuti dalla PG (come le perquisizioni). Può essere sottoposto a sequestro di PG il corpo del reato nonché le cose pertinenti a quest'ultimo. L'organismo operante deve trasmettere il verbale entro 48 ore al PM, che entro altre 48 ore può convalidare il sequestro o restituire le cose. • Acquisizione di plichi: Il codice appresta particolari garanzie a tutela della segretezza della corrispondenza ex art. 15 Cost.; l'art. 353 cpp prevede che l'ufficiale di PG possa acquisire il plico intatto e trasmetterlo al PM che ne valuta l'eventuale sequestro. È interdetto, dunque, anche all'ufficiale di PG di disporre il sequestro dei plichi e quindi anche la loro apertura. Solo in caso di pericolo nel ritardo il PM prontamente avvisato con qualunque mezzo può disporne l'apertura. Riguardo la corrispondenza non recapitata, l'ufficiale di PG può disporre verso l'ufficio postale il divieto di recapito per un massimo di 48 ore, tempo entro il quale il PM può eventualmente disporre il sequestro. • Accertamenti urgenti sullo stato dei luoghi, cose e persone: La PG ha i seguenti compiti: ◦ Conservare tracce e cose pertinenti al reato, evitando che subiscano modificazioni. ◦ Compiere accertamenti e rilievi urgenti (per pericolo di modificazione), con l'eccezione dell'ispezione personale che è precluso alla PG. Allo svolgimento di tali atti ha diritto di assistere il difensore dell'indagato, senza però preventivo avviso. 8. Indagini del difensore La facoltà per il difensore di compiere indagini è stata introdotta dalla legge 397/2000, che per dare effettività al principio del giusto processo ha inteso assicurare la parità della parti anche nella fase delle indagini preliminari. Possono essere svolte dal difensore, dal suo sostituto, dall'investigatore privato autorizzato, dal consulente tecnico nominato dalla parte. Non possono essere contattati il responsabile civile, il civilmente obbligato per la pena pecuniaria e coloro che nello stesso procedimento svolgono funzioni di giudice, PM e difensore che abbia realizzato attività investigative a favore dell'assistito. Le indagini della difesa (a differenza di quelle dell'accusa che sono finalizzate all'esercizio dell'azione penale) hanno il carattere della parzialità, poiché il difensore è tenuto a presentare solo elementi a favore del suo assistito, mentre il PM, essendo imparziale, deve svolgere accertamenti sia a carico che a favore dell'imputato. Il difensore è privo di poteri autoritativi, infatti le persone da lui sentite possono non rispondere, anche se sono mere persone informate sui fatti. Alle persone già sentite dalla PG o dal PM non possono essere richieste notizie sulle domande formulate o sulle risposte date. Inoltre, solo il PM ha potere si segretazione con cui può vietare alle persone sentite di comunicare fatti e circostanze di cui hanno conoscenza. Il difensore può anche iniziare le indagini preventivamente, prima cioè dell'instaurazione di un procedimento penale. Gli atti di indagine del difensore possono essere: (art.391bis) • Colloqui: sono conversazioni informali di cui non è effettuata documentazione. • Ricezione di dichiarazioni: Il difensore riceve una dichiarazione scritta già preparata dalla persona che la rende e provvede alla sua autenticazione (art.391ter). • Assunzione di informazioni: Il difensore pone domande e redige verbale delle risposte ricevute. Qui il difensore sollecita dichiarazioni, a differenza del caso precedente in cui si limita a ricevere una dichiarazione già confezionata. Per ognuno di questi casi il difensore: farlo, il PM deve emettere un decreto motivato. La richiesta deve contenere indicazione della prova e circostanza che non ne rendono rinviabile l'assunzione al dibattimento, e deve essere notificata a cura di chi la propone (PM o indagato) alla controparte, in rispetto del contraddittorio. La controparte che riceve la notifica ha facoltà di presentare al GIP entro due giorni deduzioni riguardo all'ammissibilità dell'incidente probatorio. La richiesta va depositata inoltre presso la cancelleria del GIP che decide in ordine all'ammissibilità dell'incidente probatorio con ordinanza. Se il GIP la ammette, fissa l'udienza per l'assunzione della prova, che si svolgerà in camera di consiglio, ma seguendo le norme sul dibattimento. Compiuto l'incidente probatorio, il GIP dispone la trasmissione del verbale, delle cose e dei documenti acquisiti dal PM per il prosieguo: si chiude la parentesi dibattimentale e le indagini preliminari proseguono. La prova assunta nell'incidente probatorio è pienamente utilizzabile dal giudice del dibattimento. Il verbale dell'udienza deve essere inserito nel fascicolo del dibattimento formato dopo il rinvio a giudizio (art.431). La prova è utilizzabile solo nei confronti degli imputati i cui difensori abbiano partecipato all'atto istruttorio. Se durante l'incidente probatorio emergono indizi a carico di soggetti non indagati, è vietata l'utilizzabilità di tali elementi ed addirittura la verbalizzazione. È prevista tuttavia la possibilità di integrare nel contraddittorio anche tali soggetti (integrazione dell'incidente probatorio): il GIP ordina che vengano effettuate le notifiche verso chi viene chiamato in causa e rinvia l'udienza per il proseguimento dell'attività istruttoria. Così l'incidente probatorio è utilizzabile verso tutti i soggetti coinvolti. 10. Conclusione delle indagini preliminari Avviso di conclusione delle indagini Qualora il PM ritenga che gli elementi raccolti siano idonei a sostenere l'accusa, eleva l'imputazione nei confronti dell'indagato e chiede il rinvio a giudizio o gli omologhi provvedimenti dei riti speciali. In caso contrario chiede l'archiviazione. L'esito delle indagini deve essere preceduto dall'invio all'indagato dell'avviso conclusioni delle indagini preliminari (art. 415 bis ). Con tale atto, il PM annuncia, in sostanza, all'indagato che ha intenzione di svolgere l'azione penale nei suoi confronti, esponendogli la sommaria enunciazione del fatto addebitato, le norme violate e l'enunciazione delle sue facoltà. Con tale atto, inoltre, vengono depositati presso la segreteria del PM tutti gli atti di indagine compiuti, con facoltà per l'indagato di prenderne visione ed estrarne copia: terminata l'indagine, cade la segretezza degli atti e si realizza la discovery. In seguito all'avviso, l'indagato ha entro 20 giorni anche la facoltà di produrre memorie, documenti, depositare documentazione sull'investigazione difensiva al fine di convincere il PM a mutare proposito e cioè a non esercitare l'azione penale e chiedere l'archiviazione. L'indagato può anche chiedere ulteriori indagini da svolgersi entro 30 (o 60 in caso di proroga) giorni, ma il PM può dare o meno compimento agli atti richiesti (salvo interrogatorio). L'archiviazione: Viene richiesta qualora non sussistano i presupposti per richiedere l'azione penale. Ne esistono tre diversi tipi: 1. Per essere rimasti ignoti gli autori del fatto (art.415): Le indagini in questo caso non hanno consentito di individuare un sospettato ed il procedimento è stato iscritto a carico di ignoti. 2. Per infondatezza della notizia di reato (art.408): In tale ipotesi rientrano le formule di proscioglimento nel merito previste dall'ordinamento. La notizia di reato è infondata quando il reato non sussiste (non esiste), quando è stato commesso ma non dall'indagato, oltre che quando il fatto non sussiste per mancanza dell'elemento psicologico. 3. Per improcedibilità dell'azione penale (art.411): Si prescinde dalla condotte dall'indagato, si tratta di casi di difetto di condizione di procedibilità (es. manca la querela), il reato è estinto, il fatto non è previsto dalla legge come reato (ad esempio è sanzionato solo amministrativamente). Il PM chiede dunque l'archiviazione in tali casi, e il GIP può: • Accogliere la richiesta del PM emanando un decreto con cui dispone l'archiviazione del procedimento. Non c'è notifica del provvedimento all'indagato, a meno che egli non sia sottoposto a misura di custodia cautelare. • Fissare un udienza in camera di consiglio (art.409), avvisando l'accusa, l'indagato e la parte offesa e prendere una delle seguenti decisioni: ◦ Accogliere la richiesta di archiviazione emettendo ordinanza (non decreto come nel caso precedente, poiché c'è stato contraddittorio). ◦ Restituire gli atti al PM perchè provveda alla formulazione dell'imputazione entro 10 giorni, esercitando così coattivamente l'azione penale. ◦ Disporre ulteriori indagini con un'ordinanza dando un termine al PM per svolgerle. La parte offesa può chiedere di essere preavvisata della richiesta di archiviazione, e una volta ricevuta ha facoltà di opporsi chiedendo al GIP la prosecuzione delle indagini, avendo l'onere di indicare l'oggetto della investigazione supplementare e gli elementi di prova. Termini per le indagini: • Termini ordinari: quando sono superati, gli atti di indagine compiuti tardivamente sono inutilizzabili (art.407.3). Il termine ordinario per le indagini preliminari è di sei mesi, di un anno per reati di particolare gravità, elencati tassativamente al secondo comma dell'art.407 (reati contro la personalità dello stato, di criminalità organizzata, omicidio, rapina, estorsione aggravata......). Entro la scadenza del termine, il PM deve prendere la sua decisione, e cioè se archiviare o esercitare l'azione penale ed inviare all'indagato l'avviso ex art.415bis. Se rimane inerte, la segreteria della procura segnala il procedimento al procuratore generale che può anche disporne l'avocazione (art.412); in questo ultimo caso il procuratore generale esegua le indagini e prende le sue decisioni entro 30 giorni. • Proroga dei termini: I termini possono essere prorogati dal GIP su richiesta del PM presentata prima della scadenza. ◦ Prima proroga: può essere concessa qualora ricorra genericamente una giusta causa. ◦ Seconda proroga: può essere concessa solo nei casi di particolare complessità delle indagini o di oggettiva impossibilità a concluderle entro il termine. (art.406). Ciascuna proroga non può superare i sei mesi e il termine delle indagini deve essere in ogni caso eseguito entro 18 mesi per i procedimenti ordinari, 24 mesi per i reati di particolare gravità (del caso precdente) e per le indagini particolarmente complesse (per numero dei fatto o delle parti offere o per lo svolgimento di atti all'estero o per la necessità di collegamento fra diversi uffici del PM). La richiesta di proroga va notificata dal giudice all'indagato e alla parte offesa, che possono presentare memorie. Qualora il GIP accolga la richiesta del PM emette un'ordinanza, se invece non ritiene di dover concedere la proroga, fissa udienza ai sensi dell'art.127 cpp decidendo dell'esito. In caso di rigetto il GIP restituisce gli atti al PM. Tale procedura non si applica per i reati di criminalità organizzata, in cui il procedimento per la proroga delle indagini rimane riservata, e il GIP decide sulle richieste del PM senza informare né indagato ne PO. UDIENZA PRELIMINARE E`prevista per il rito ordinario collegiale e per le ipotesi più gravi di reati di competenza del giudice monocratico. Si apre con la richiesta di rinvio a giudizio formulata dal PM e ha duplice funzione di: 1. Filtro per le imputazioni infondate. 2. Luogo deputato alle scelta sui riti alternativi (abbreviato e patteggiamento). Viene condotta dal GUP, può terminare con: • Decreto di rinvio a giudizio. • Sentenza di non luogo a procedere qualora sussistano cause di proscioglimento anticipato. Il GUP è un giudice assegnato all'ufficio dei giudici per le indagini preliminari, che però non può essere lo stesso giudice che abbia svolto tali funzioni nello stesso procedimento (incompatibilità stabilità dall'art. 34.2bis). effettuata la traduzione dell'imputato, egli sarà legittimamente impedito. Lo stesso diritto a comparire si estende al difensore, perciò anch'egli ha un impedimento assoluto, l'udienza va rinviata. La contumacia Qualora sia stata verificata la regolarità degli avvisi, l'assenza di legitimo impedimento a comparire e la sua assenza in udienza, il giudice, sentite le parti ne dichiara la contumacia e l'imputato contumace è rappresentato da suo difensore. La contumacia avviene dunque quando l'imputato regolarmente avvisato e non legittimamente impedito, volontariamente, non compare e non chiede di procedere in sua assenza. L'istituto della contumacia ha dunque una funzione di garanzia per l'imputato, che può così: • Essere rappresentato dal difensore. • Comparire e rendere dichiarazioni spontanee o chiedere di essere interrogato (previa revoca della contumacia). • Ricevere la notificazione del provvedimento conclusivo dell'udienza preliminare. Quando l'imputato dimostra, successivamente alla dichiarazione di contumacia, che non è comparso per legittimo impedimento, la contumacia viene revocata. Dalla contumacia si distingue l'assenza, la quale si verifica quando l'imputato chiede o consente che l'udienza preliminare si celebri in sua assenza, o se detenuto rinunci a comparire. Anche in tali casi l'imputato è rappresentato dal difensore, ma non gli si applicano le altre norme del contumace. L'imputato che dopo essere comparso si assenti dall'aula di udienza è considerato presente, ed è comunque rappresentato dal difensore. Ammissione di atti e documenti: Entrambe le parti sono state avvisate della facoltà di depositare atti e documenti (Art..419 commi 2 e 3), possono farlo prima della discussione. Gli atti sono quelli compiuti dal PM dopo la richiesta di rinvio a giudizio nella fase delle indagini suppletive, le memorie dei difensori, dei consulenti di parte e le investigazioni difensive. La loro acquisizione è soggetta alla valutazione della loro ammissibilità e utilizzabilità. I documenti sono di formazione extraprocessuale e riguardano scritture o altre rappresentazioni della realtà (fotografiche, video, audio...). Secondo la Corte Costituzionale, l'incidente probatorio può essere richiesto anche nella fase dell'udienza preliminare, qualora le evenienze di urgenza e indifferibilità al dibattimento per l'assunzione della prova insorgano per la prima volta in questa fase. L'imputazione: A partire dal momento in cui si accerta la regolare costituzione delle parti può esservi la modificazione dell'imputazione ex art.423 cpp. La norma risponde all'esigenza di assicurare la corrispondenza dell'imputazione a quanto emerge dagli atti. La modificazione dell'imputazione può intendersi come tre diversi fenomeni: 1. Modificazione in senso stretto: risulta una diversità della descrizione del fatto, che resta inalterato nei tratti essenziali (condotta, nesso causale, evento...). 2. Contestazione suppletiva: al medesimo fatto si aggiunge un reato connesso ex.art.12, o una aggravante non enunciata in precedenza. 3. Contestazione di un fatto nuovo: quando emerge un fatto-reato, procedibile d'ufficio, cumulabile con i reati già contestati. Il GUP è tenuto a rispettare il principio della immutabilità delle imputazione: Tale norma è ispirata a principi di economia processuale. È da premettere, infatti, che al G.U.P. è inibita la possibilità di modificare l'imputazione formulata dal P.M. , sicché egli, ad esempio, di fronte ad un'imputazione che all'esito dell'udienza risulti diversa (non più rapina, ma furto), non potrebbe far altro che prosciogliere l'imputato (non potendolo rinviare a giudizio per furto così modificando di sua iniziativa l'imputazione). Il P.M., dal suo canto, dovrebbe esercitare nuova azione penale per il fatto diverso. Invece, con il meccanismo della modifica dell'imputazione il sistema processuale ne esce più snello e senza inutili appesantimenti. Art.423 1. Se nel corso dell'udienza il fatto risulta diverso da come descritto nell'imputazione ovvero emerge un reato connesso o una circostanza aggravante, il pubblico ministero modifica l'imputazione e la contesta all'imputato presente. Se l'imputato non è presente, la modificazione della imputazione è comunicata al difensore, che rappresenta l'imputato ai fini della contestazione. 2. Se risulta a carico dell'imputato un fatto nuovo non enunciato nella richiesta di rinvio a giudizio, per il quale si debba procedere di ufficio, il giudice ne autorizza la contestazione se il pubblico ministero ne fa richiesta e vi è il consenso dell'imputato. Il PM, per il comma 1, può dunque procedere unilateralmente, senza autorizzazione del giudice né consenso dell'imputato, salvo il controllo di legittimità del giudice stesso. Il giudice può, in conclusione dell'udienza preliminare, disporre con ordinanza non impugnabile la trasmissione degli atti al PM quando ritenga che il fatto sia diverso da come descritto nella richiesta di rinvio a giudizio (interpretazione analogica dell'art.521). Il comma 2 invece è informato alle esigenze di garanzia dell'imputato. Per tali motivi solo con l'autorizzazione del giudice, e soprattutto con solo il consenso personalmente espresso dall'imputato si può aprire la strada alla contestazione del fatto nuovo, con la conseguenza che, a differenza del fatto diverso, la contumacia o l'assenza dell'imputato impediscono l'iniziativa del PM, salvo che il difensore sia munito di apposita procura speciale. La discussione: Terminata la costituzione delle parti, il giudice dichiara aperta la discussione. Prima delle conclusioni possono intervenire attività rilevanti come ammissione di atti o documenti, la modifica dell'imputazione o le richieste dell'imputato di essere giudicato col rito abbreviato o con l'applicazione della pena su richiesta delle parti. La discussione segue questo iter: • Inizia con la discussione del PM, che espone sinteticamente i risultati delle indagini preliminari ed illustra gli elementi di prova che fondano la richiesta di rinvio a giudizio, rendendo nota la sua motivazione. Allo stesso tempo il PM può chiedere l'emissione di una sentenza di non luogo a procedere, tenendo conto dell'attività integrativa istruttoria e degli altri eventi intercorsi tra richiesta di rinvio e discussione. • Successivamente l'imputato ha facoltà di rendere dichiarazioni spontanee o di chiedere di essere sottoposto a interrogatorio. • In seguito intervangono le altre parti (difensori di parte civile, del responsabile civile, della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria, ed infine dell'imputato, che ha diritto all'ultima parola). • Il PM e i difensori possono replicare una sola volta. Al termine della discussione, il giudice, se ritiene di poter decidere si ritira in camera di consiglio, se non ritiene che il processo sia decidibile allo stato degli atti, il giudice può anche adottare decisioni interlocutorie. Il giudice può ritenere che gli atti siano insufficienti e sospendere la decisione supponendo che l'incompletezza sia rimediabile mediante ulteriore istruttoria. • Attività istruttoria integrativa ordinata al PM: Il giudice emette un'ordinanza indicando le ulteriori indagini al PM, fissando un termine per il loro compimento e la data della nuova udienza preliminare. Il pubblico ministero non ha raccolto elementi necessari per la decisione dell'ambito della contestazione elevata all'imputato o non ha tenuto contro delle memorie provenienti dalla difesa. Il presupposto è un'inerzia del PM, quindi l'art.421bis prevede una informativa obbligatoria al procuratore generale, che può avocare l'indagine. • Attività istruttoria integrativa condotta dal GUP: Per l'art.422, il giudice (anche d'ufficio) dispone l'assunzione delle prove delle quali appare evidente la decisività ai fini della sentenza di non luogo a procedere. In questo caso, dunque, l'impossibilità di decidere non dipende dall'incompletezza delle indagini preliminari, ma dall'esigenza di ulteriori accertamenti conseguente a richieste di prova, e altre produzioni difensive, intervenute dopo la richiesta di rinvio a giudizio. Le parti hanno l'onere di dimostrare la decisività delle prove ai fini del proscioglimento. L'assunzione delle prove è condotta dal giudice che vi provvede immediatamente o in una nuova udienza fissata appositamente. Le parti possono porre domande solo per mezzo de giudice stesso. Dal 1999 si ammette anche che l'imputato possa rendere dichiarazioni spontanee o chiedere di essere sottoposto a interrogatorio, durante la discussione. A differenza del dibattimento, il giudice non è tenuto a informare l'imputato di tale facoltà. (art.421). • Revocare la sentenza di non luogo a procedere e fissar e l'udienza preliminare. • Revocare la sentenza di non luogo a procedere, disporre la riapertura delle indagini e fissare un nuovo termine per la loro conclusione, non superiore a sei mesi: entro tale termine il PM svolge le sue indagini e decide per il rinvio a giudizio oppure per l'archiviazione. Il PM può impugnare l'ordinanza di respingimento in Cassazione, solo per violazione di legge. Il decreto che dispone il giudizio Il giudice emette decreto di rinvio a giudizio quando non deve pronunciare sentenza di non luogo a procedere; il provvedimento contiene: • Generalità dell'imputato, delle altre parti private e della persona offesa. • Indicazione sommaria delle fonti di prova. • Vocatio in iudicium con indicazione di giorno, ora e luogo della comparizione (non prima di 20 giorni), • Sottoscrizione del giudice e dell'ausiliario. Non è prevista una motivazione argomentata per non influenzare il giudice del dibattimento. È presente anche l'avvertimento che non comparendo l'imputato sarà giudicato in contumacia; di conseguenza, il decreto deve essere notificato all'imputato comntumace e all'imputato e alla persona offesa assenti alla lettura del provvedimento. L'omessa notificazione all'imputato determina nullità assoluta, venendo a mancare il contraddittorio; la mancata citazione alla persona offesa costituisce nullità intermedia rilevabile d'ufficio fino alla sentenza di primo grado. Attività successive all'udienza preliminare: • Formazione dei fascicoli: Dopo la chiusura dell'udienza preliminare, con il decreto che dispone il giudizio, il giudice provvede alla formazione del fascicolo per il dibattimento nel contraddittorio delle parti, inserendoci gli atti tassativamente indicati dall'art.431 (atti relativi alla procedibilità dell'azione penale, all'esercizio dell'azione civile,agli atti irripetibili, gli atti e i documenti assunti mediante rogatoria, i verbali dell'incidente probatorio, il corpo del reato che non deve essere custodito altrove...). Le parti stesse possono concordare l'inserimento nel fascicolo per il dibattimento degli atti originariamente contenuti nel fascicolo del PM o degli atti delle investigazioni difensive; il giudice su richiesta delle parti può fissare un'apposita udienza per la formazione del fascicolo del dibattimento entro 15 giorni. Il fascicolo formato viene trasmesso senza ritardo al giudice competente, assieme al decreto che dispone il giudizio e agli eventuali provvedimenti di misure cautelari in esecuzione. Il fascicolo del pubblico ministero viene formato con tutti gli ati presenti al momento della richiesta di rinvio a giudizio, gli atti successivamente inseriti dal PM, dai difensori e quelli acquisiti nel corso dell'udienza preliminare, ad eccezione di quelli transitati nel fascicolo per il dibattimento: il fascicolo rimane nella segreteria del PM a disposizione delle parti. • Attività integrative di indagine Anche dopo la pronuncia del decreto che dispone il giudizio il PM e il difensore possono compiere attività integrativa di indagine, al fine di sostenere le proprie richiesta davanti al giudice del dibattimento, purchè non si tratti di attività istruttoria garantita. Non potranno dunque essere compiuti interrogatori, perquisizioni o sequestri, a meno che non si interroghino coimputati su fatti riguardanti terzi. Non sono previsti limiti temporali per lo svolgimento dell'istruttoria integrativa, che potrà essere condotta anche dopo l'inizio del dibattimento. CAPITOLO 5: I PROVVEDIMENTI CAUTELARI -PARTE I | LE MISURE PRECAUTELARI: ARRESTO E FERMO Vi sono casi eccezionali nei quali non è possibile attendere l'intervento del giudice per un provvedimento limitativo della libertà personale, ma che richiedono che tale limitazione della liberà sia posta in essere nell'immediatezza. Sono i casi di arresto e fermo, il primo disposto dalla polizia giudiziaria e il secondo dal PM, e giustificate in casi tassativamente previsti dalla legge da eccezionali ragioni di necessità ed urgenza. Hanno efficacia limitata nel tempo e richiedono di esssere convalidati dal giudice. La libertà personale è un bene di rango costituzionale protetto dall'articolo 13, pertanto la sua limitazione è regolata da: • Riserva di legge (è consentita limitazione della libertà peronale solo nei casi previsti tassativamente dalla legge). • Riserva di giurisdizione (l'unica autorità che può legittimamente disporre della libertà altrui è quella giudiziaria). L'articolo 13 comma 2 prevede però deroghe in caso di necessità ed urgenza, e proprio in questi casi rientrano l'arresto e il fermo, detti misure precautelari. L'arresto e il fermo sono dunque provvedimenti limitativi della libertà personale presi da un'autorità diversa dal giudice, e per tale motivo hanno durata limitata alle 96 ore, termine entro cui deve intervenire il giudice chiamato a convalidare il provvedimento: • Valuta se la misura precautelare è stata presa nei casi consentiti dalla legge. • Valuta se ricorrono i presupposti per l'applicazione di una misura cautelare. L'ARRESTO All'arresto procede la polizia giudiziaria. Presupposto fondamentale è la flagranza di reato descritta dall'art. 382 come i casi di: • Chi viene colto nell'atto di commettere il reato. • Chi, subito dopo aver commesso il fatto, è inseguito dalla PG, dalla persona offesa o da altre persone (quasi flagranza). Si intende l'inseguimento vero e proprio e anche in generale l'azione che viene eseguita senza soluzione di continuità per raggiungerne l'autore. • Chi è sorpreso con cose o tracce da cui appaia che ha commesso il reato subito prima (quasi flagranza). Deve esistere una stretta connessione fra il fatto reato e la sorpresa con tracce dello stesso. Nel reato permanente la flagranza dura finchè non cessa la permanenza. Non è stabilito strettamente dal codice un intervallo di tempo tra il fatto e l'arresto per cui ci sia flagranza, quindi il giudice dovrà di caso in caso valutare in concreto se gli eventi si siano susseguiti senza intervalli e in stretta continuità. Solo i reati di una certa gravità consentono l'arresto, in particolare: • Arresto obbligatorio: Si tratta dei casi in cui la PG ha l'obbligo di procedere all'arresto senza disporre di discrezionalità. Si tratta di delitti non colposi, consumati o tentati, puniti con pena tra 5 e 20 anni; il legislatore prevede inoltre una serie di reati che impongono l'arresto prescindendo dai limiti di pena. In questi casi, è consentito l'arresto anche ad opera di privati, purchè si tratti di reati procedibili d'ufficio: il privato è poi tenuto a consegnare l'arrestato e il corpo del reato alla PG. • Arresto facoltativo: Si tratta di casi in cui si può procedere all'arresto dopo aver valutato se tale misura appaia giustificata dalla gravità del fatto o dalla pericolosità del reo. Si tratta di delitti non colposi con pena superiore nel massimo a tre anni o colposi con pena non inferiore nel massimo a 5 anni. dal PM (è tuttavia una decisione autonoma). La convalida non è sufficiente a giustificare l'ulteriore limitazione della libertà del soggetto coinvolto. Allo stesso modo la mancata convalida non preclude la misura cautelare in carcere. Quando risulta che l'arresto o il fermo è stato legittimamente eseguito e sono stati osservati i termini, il giudice provvede a convalida con ordinanza, contro cui il PM o l'arrestato/fermato possono proporre ricorso per cassazione. -PARTE II | LE MISURE CAUTELARI Le misure cautelari sono un mezzo per anticipare alcuni effetti del giudizio. Lo scopo è quello di assicurare l'effettività della giurisdizione. L'anticipazione di tali effetti presuppone un accertamento superficiale (essendo l'approfondimento del merito una espressione della fase del giudizio); le caratteristiche delle misure cautelari sono la provvisorietà e la strumentalità. Le misure cautelari si distinguono in personali e reali, le prime incidono sulla libertà personale del soggetto sottoposto ad indagini, la seconda sulle libertà individuali dello stesso, che si realizzano nella disponibilità del proprio patrimonio. LE MISURE CAUTELARI PERSONALI Sono regolate dai principi di tassatività e di legalità (art.272). Le misure cautelari personali sono quelle tassativamente previste dal titolo I del libro IV e possono essere applicate sono nei casi previsti dalla legge. Il giudice, nell'applicazione delle misure, ha una discrezionalità di tipo ricognitivo, nel senso che deve riconoscere quale presupposto sia presente nel caso specifico tra quelli previsti dalla legge e adottare le misure necessarie. I presupposti sono (art.273): 1. Gravi indizi di colpevolezza (la gravità va valutata coordinando e apprezzando globalmente il valore dei diversi dati probatori). 2. Assenza di situazione che non consentirebbe responsabilità penale (causa di non punibilità, di giustificazione, di estinzione del reato e della pena). L'articolo 274 prevede le esigenze cautelari, cioè le situazioni che meritano di essere salvaguardate mediante l'adozione delle misure, in ossequio ai principi di tassatività e legalità: 1. PERICOLO DI INQUINAMENTO PROBATORIO: Deve essere un pericolo concreto, fondato su circostanze di fatto espressamente indicate nel provvedimento, a pena di nullità. 2. PERICOLO DI FUGA: Va accertato in concreto e non deve essere ritenuto in astratto. Ha rilevanza solo per i processi per cui il giudice ritiene che possa essere inflitta una pena superiore a due anni di reclusione. 3. PERICOLO DI REITERAZIONE DELL'ATTIVITA` CRIMINOSA (ESIGENZE DI TUTELA DELLA COLLETTIVITA`): Riguarda cioè il pericolo che l'imputato, lasciato libero, possa commettere gravi delitti tassativamente indicati nella norma. Il giudice può ritenersi incompetente e allo stesso tempo disporre la misura cautelare col medesimo provvedimento con cui dichiara la propria incompetenza. La misura ha un'efficacia limitata di 20 giorni dalla trasmissione degli atti, il giudice competente deve emettere una nuova misura. ADEGUATEZZA, PROPORZIONALITA`, GRADUALITA`: Le misure cautelari devono sempre rispondere a questi tre principi; adeguatezza (art.275) poiché il giudice deve tener conto della specifica idoneità di ciascuna misura a soddisfare le esigenze cautelari, proporzionalità (art.275.2) poiché ogni misura deve essere proporzionata all'entità del fatto e alla sanzione che sia stata o si ritiene in concreto possa essere applicata, gradualità perchè la misura cautelare deve essere considerata l'ultima ratio. La misura della custodia cautelare non può essere applicata se si presume che con la sentenza di condanna verrà concessa la sospensione condizionale della pena. Deroghe al regime di applicazione delle misure cautelari personali: L'art. 275.3 prevede che, qualora si proceda per il reato di associazione mafiosa o per delitti ad esso collegati, il giudice, valutata la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, debba necessariamente applicare la custodia cautelare in carcere. L'accertamento delle esigenze cautelari è, infatti, presunto dalla legge, considerata l'elevata pericolosità sociale di persone responsabili di delitti di rilevante allarme sociale. Tale presunzione ammette prova contraria. Essa è superata in presenza di specifici elementi dai quali emerga l'insussistenza di tutte e tre le esigenze cautelari di cui all'art. 275, elementi che devono risultare da concrete acquisizioni probatorie dettagliatamente circostanziate e sottoposte alla valutazione del giudice dall'indagato o dalla sua difesa. Si è in presenza, dunque, di una vera e propria inversione probatoria, talché l'obbligo di motivazione del provvedimento in ordine alle esigenze cautelari sussiste soltanto quando la parte abbia dedotto circostanze fattuali specifiche (e non limitate a generici assunti) onde sostenere l'insussistenza dei pericula. Il terzo comma dell'art.275 impone in caso di condanna in grado di appello, l'applicazione di una misura cautelare a carico del condannato, in presenza delle esigenze cautelari di cui all'art. 274, ove la condanna riguardi uno dei delitti di cui all'art.380 comma 1 c.p.p. (delitti non colposi, consumati o tentati per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni e nel massimo a venti anni) ed il reato sia stato commesso da soggetto condannato nei cinque anni precedenti per delitti della stessa indole. Il quarto comma, infine, prevede il divieto di custodia cautelare in carcere per donne incinte o madri di prole inferiore a tre anni con lei convivente, o il padre quando la madre sia deceduta (anche di 6 anni salvo esigenze eccezionali), o di persona che abbia superato i 70 anni, o di persone affetta da AIDS o immunodepressa accertata. Criteri di determinazione della pena: L'art.278 fissa i parametri per l'ammontare della pena al fine dell'applicazione delle misure cautelari personali. L'applicabilità delle misure coercitive è limitata a delitti puniti con la pena della reclusione massima superiore a 3 anni. Tra questi, solo quelli puniti con la pena non inferiore nel massimo a 4 anni possono prevedere la custodia cautelare in carcere. Per determinare la pena si considera la pena edittale, senza tener conto delle circostanze del reato (salvo alcune attenuanti). SINGOLE MISURE CAUTELARI PERSONALI: Le misure cautelari personali si distinguono in: • COERCITIVE (artt.281-286), che prevedono una vera e propria coercizione della libertà personale. In via crescente sono: 1. Divieto di espatrio (art.281): Viene imposto all'imputato di non lasciare il territorio dello stato senza autorizzazione del giudice, che può anche ritirare il passaporto. 2. Obbligo di presentazione alla PG (art.282): Il provvedimento contiene l'indicazione dell'ufficio di PG a cui l'imputato deve presentarsi e la cadenza con cui deve farlo (normalmente settimanale). 3. Allontanamento dalla casa familiare (art.282bis): Si adotta in reati caratterizzate da violenza in ambito familiare, in alcuni casi può essere disposta anche al di fuori dai limiti di pena previsti dall'art.280. L'imputato non può accedere alla casa familiare senza l'autorizzazione del giudice. 4. Divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (art.282 ter): Il provvedimento può anche estendere il divieto anche a luoghi frequentati da prossimi congiunti o conviventi della persona offesa, o ad essa legati da condizione affettiva. Il giudice decide la distanza da tenere. 5. Divieto e obbligo di dimora (art.283): Ha lo scopo di evitare il contatto dell'imputato con certi luoghi per evitare inquinamento probatorio e commissione di reati. L'obbligo prevede una prescrizione di non allontanarsi dal territorio comunale di dimora abituale I termini di fase sono cadenzati in varie fasi, in collegamento tra loro, dalla fase delle indagini preliminari a quella del giudizio di primo grado e dei gradi successivi: in ogni fase il termine ha una durata autonoma, e nella fase successiva il nuovo termine comincia a decorrere in maniera autonoma. Fase delle indagini preliminari: Il termine viene a cessare se non viene emesso provvedimento con cui si dispone il giudizio (o ordinanza di giudizio abbreviato, o sentenza di patteggiamento) nei seguenti termini: • 3 mesi per delitti con pena massima fino a 6 anni. • 6 mesi per delitti con pena massima superiore a 6 anni. • 12 mesi per delitti con pena massima non inferiore a 20 anni o con l'ergastolo, o delitti ex art. 407 comma 2 se con pena superiore a 6 anni. Fase del giudizio di primo grado: Il termine si esaurisce se non viene pronunciata sentenza di condanna entro: • 6 mesi per delitti con pena massima fino a 6 anni. • 12 mesi per delitti con pena massima tra 6 e 20 anni. • 18 mesi per delitti con pena superiore a 20 anni o con ergastolo. Per i delitti ex 407 è previsto un aumento di 6 mesi. Fase del giudizio abbreviato: Il termine si esaurisce se l'ordinanza con cui viene disposto il giudizio o dal sopravvenuto inizio della condanna non è stata emessa sentenza di condanna in tempi ridotti alla metà rispetto a quelli del giudizio di primo grado. Fase del giudizio di appello: Qui non ha rilievo la pena edittale ma la pena inflitta; il termine si esaurisce se una sentenza di condanna non viene emessa entro: • 9 mesi se è inflitta una pena di reclusione non superiore a tre anno. • 12 mesi se è inflitta una pena della reclusione non superiore a 10 anni. • 18 mesi se è inflitta una pena della reclusione superiore a 10 anni o l'ergastolo. Gli stessi termini valgono dopo la sentenza di secondo grado e fino alla sentenza irrevocabile, ma se la sentenza d'appello ha confermato quella di primo grado o se c'è stata impugnazione del solo PM si applica il termine massimo complessivo. Termine massimo complessivo: • 2 anni se si procede per un delitto con pena edittale massimo di 6 anni. • 4 anni se si procede per un delitto punito nel massimo con pena tra 6 e 20 anni. • 6 anni se si procede per un delitto punito nel massimo con pena superiore a 20 anni. Si tiene conto anche delle proroghe e delle sospensioni. La proroga dei termini prima delle loro scadenza è disposta su richiesta del PM con ordinanza del giudice nel caso di perizia sulle condizioni di mente dell'imputato per il tempo necessario a esperire la perizia e, nella fase delle indagini preliminari, in caso di gravi esigenze cautelari rapportate alla complessità degli accertamenti. La sospensione dei termini è disciplinata in relazioni ad alcune ipotesi tassative: • Quando il dibattimento (o l'udienza preliminare o il rito abbreviato) è sospeso o rinviato per impedimento dell'imputato, del suo difensore o su richiesta di questi. • Quando il dibattimento (o l'udienza preliminare o il rito abbreviato) è sospeso o rinviato a causa della mancata presentazione, dell'allontanamento o della mancata partecipazione di uno o più difensori. • Durante la pendenza del tempo necessario a stendere la motivazione della sentenza. • Durante il tempo in cui si sono tenute le udienze o si delibera la sentenza di primo grado. I termini di fase decorrono nuovamente nel caso di regresso del procedimento a fase o grado diversi, o quando lo stesso sia rinviato ad altro giudice; decorrono anche in caso di evasione dell'imputato dal momento in cui viene ripristinata la custodia. Per l'art.307 in caso di scarcerazione per decorrenza dei termini il giudice applica altre misure cautelari di cui ricorrono i presupposti, solo se ci sono le ragioni che avevano determinato la custodia cautelare. Questa può essere ripristinata per: • Trasgressione delle prescrizioni relative alla nuova misura disposta. • Sussistenza del pericolo di fuga contestualmente o successivamente alla sentenza di condanna. In questi casi i termini di fase decorrono nuovamente, ma per il termine complessivo si tiene conto della custodia anteriormente subita. Rimedi contro le misure cautelari personali: Contro le misure coercitive è possibile proporre: • Richiesta di riesame: contro le ordinanze che dispongono l'applicazione della misura per la prima volta. Disciplinata dall'art. 309 cpp, è presentata nella cancelleria del Tribunale del riesame competente (dove ha sede la Corte d'Appello o la sezione distaccata della stessa nella cui circoscrizione è compreso il giudice che ha emanato il provvedimento). L'autorità precedente deve trasmettere gli atti al giudice entro il giorno successivo; se non lo fa entro 4 giorni il provvedimento perde efficacia. Con la richiesta vengono presentati anche i motivi, che possono essere anche nuovi. L'avviso della data dell'udienza viene notificato entro 3 giorni a imputato e difensore; viene comunicato al PM. Il tribunale decide entro 10 giorni in camera di Consiglio, collegialmente, pena la perdita di efficacia dell'ordinanza. Il tribunale può: 1. Annullare il provvedimento. 2. Confermare il provvedimento. 3. Riformare il provvedimento. • Appello : è disciplinato dall'art. 310, si propone contro le ordinanze coercitive non applicative della misura (es. revoche, sostituzioni...). I termini e le forme sono identici a quelli previsti per il riesame e anche la competenza appartiene al giudice per il riesame. • Ricorso per cassazione: Può essere presentato entro 10 giorni contro le decisioni in sede di riesame e di appello, ma può essere proposto anche direttamente contro il provvedimento che dispone la misura (ricorso per saltum). La Cassazione decide entro 30 giorni dalla ricezione degli atti. Applicazione provvisoria di misure di sicurezza (artt.312-313): Le misure di sicurezza sono sanzioni che per la lor funzione si differenziano dalle pene, possono essere applicate in via provvisoria durante l'istruzione o il giudizio. Il presupposto per l'emissione del provvedimento è l'accertamento della pericolosità sociale del soggetto, che una volta accertata deve essere seguita dai gravi indizi di commissione del reato. L'interrogatorio deve essere eseguito prima del provvedimento, o se non è possibile entro 5 giorni. Qualora vengano meno i presupposti, inoltre, la misura va immediatamente cessata. Riguardo le impugnazioni e la riparazione per ingiusta detenzione, le misure di sicurezza sono equiparate alle misure cautelari. Riparazione per ingiusta detenzione (artt. 314-315): L'ingiustizia sostanziale si ha nel caso di proscioglimento dell'imputato con sentenza irrevocabile perchè: • Il fatto non sussiste. • Per non aver commesso il fatto. • Il fatto non costituisce reato. • Decreto di archiviazione o sentenza di non luogo a procedere purché il soggetto che ha subito la custodia non vi abbia dato concorso o causa per dolo o colpa grave. Il comportamento del soggetto privato della libertà personale si valuta secondo il canone delle buona fede civilistica, tale da non creare con dolo o colpa grave situazioni che aggravino la condizione del debitore. L'ingiustizia formale che dà luogo alla riparazione è costituita dall'ipotesi in cui si accerti con sentenza irrevocabile l'illegittimità del provvedimento che ha disposto la misura. È irrilevante ai fini della riparazione la custodia ingiusta che sia comunque stata computata nelle determinazione della pena, o in forza di altro titolo, o subita prima dell'abrogazione della norma incriminatrice la cui violazione aveva dato luogo alla CAPITOLO 7: I PROCEDIMENTI SPECIALI: Il legislatore ha predisposto alcuni procedimenti speciali che consentono di saltare alcune fasi del processo ordinario o che escludono alcune garanzie, allo scopo di accelerare i tempi del processo; al fine di incentivarne l'accesso vi ha collegato alcuni benefici processuali e sanzionatori per l'imputato. Tra i riti speciali si distinguono: • Riti che omettono l'udienza preliminare per giungere più rapidamente al dibattimento e cioè ◦ Giudizio immediato (impianto accusatorio) ◦ Giudizio direttissimo (impianto accusatorio) • Riti che omettono il dibattimento è cioè ◦ Giudizio abbreviato (impianto inquisitorio) ◦ Patteggiamento (impianto inquisitorio) • Riti che omettono entrambe le fasi e cioè ◦ Procedimento per decreto (impianto inquisitorio). Nei riti a impianto inquisitorio vengono sacrificate le garanzie tipiche del contraddittorio nel dibattimento, e quindi la semplificazione opera solo su richiesta o col consenso dell'imputato. La legge prevede in cambio sconti di pena. I riti a impianto accusatorio possono invece essere attivati anche dal PM con iniziativa unilaterale e senza consenso dell'imputato, salva la sua facoltà di trasformare il giudizio ordinario in giudizio alternativo. RITO ABBREVIATO Si tratta di un giudizio di pieno merito, che assicura un certo contraddittorio tra le parti, escludendo le garanzie dibattimentali della formazione della prova. Si fonda sugli atti di indagine preliminare che corredano il fascicolo del PM. Il giudizio abbreviato si conclude con un accertamento di colpevolezza o innocenza dichiarato con sentenze ed idoneo a diventare cosa giudicata ai sensi dell'art.649. Può essere chiesto in ogni momento dopo che sia stata formalizzata l'imputazione, quindi in udienza preliminare a seguito di decreto di giudizio immediato, nel procedimento direttissimo in opposizione a decreto penale di condanna e davanti al giudice monocratico. Giudizio abbreviato a richiesta semplice: Il rito abbreviato si apre per effetto della sola richiesta dell'imputato. La richiesta è sempre revocabile, solo finché non abbia prodotto i suoi effetti (finché non sia stata ammessa dal giudice). L'ordinanza infatti non può essere revocata, salvo eccezioni. Il PM non può esprimere parere né dissenso, e il giudice non può fare altro che disporre il giudizio richiesto con ordinanza. Giudizio abbreviato a richiesta condizionata: L'imputato può subordinare la richiesta ad una integrazione probatoria, necessaria ai fini della decisione, indicando espressamente le prove da assumere. La richiesta può essere accolta dal giudice qualora l'istruttoria integrativa: • Risulti necessaria ai fini della decisione , la prova deve essere integrativa e non sostitutiva rispetto al materiale già utilizzato nonché indispensabile per la deliberazione in merito a qualsiasi aspetto della regiudicanda. • Risulti compatibile con le finalità di economia processuale proprie del rito . La richiesta implica dunque una valutazione discrezionale da parte del giudice, e riacquista un ruolo anche il pubblico ministero che può essere chiamato ad esprimere un parere sui requisiti, che può chiedere l'ammissione di prova contraria e può modificare l'imputazione ai sensi dell'art. 423 cpp (quando vengono assunte nuove fonti di prova che lo richiedono). Se la richiesta viene accolta ha luogo dunque il giudizio abbreviato, preceduto dall'assunzione delle prove integrative ammesse e dalle eventuali prove contrarie richieste dal PM. Se la richiesta viene rigettata, essa è riproponibile entro il termine ordinario, e cioè fino alle conclusioni dell'udienza preliminare, altrimenti il giudizio prosegue ordinariamente. Parte civile: La costituzione di parte civile, intervenuta dopo la conoscenza dell'ordinanza di rito abbreviato, equivale ad accettazione dello stesso; se la parte civile non accetta il rito abbreviato non opera la pregiudiziale ex art.75, e dunque i due processi civili e penali prenderanno percorsi autonomi, pur basandosi sugli stessi fatti. Svolgimento del giudizio: Il giudizio abbreviato si svolge in camera di consiglio, oppure in pubblica udienza qualora tutti gli imputati ne facciano richiesta. Le norme procedurali sono le stesse dell'udienza preliminare, compresa la contumacia dell'imputato. Si escludono tuttavia i poteri di integrazione probatoria del giudice ai fini del proscioglimento (art.422) e del PM di modificare l'imputazione (art.423): nel primo caso perchè il comma 5 dell'art.441 prevede poteri istruttori più ampi per il giudice, nel secondo caso perchè l'accettazione del giudizio sulla base degli atti deve essere compensata dalla fissità dell'imputazione. Il giudice dunque ha ampi poteri istruttori d'ufficio, poiché la sua decisione, che è idonea a diventare giudicato, non può fondarsi su una base probatoria incompleta o insoddisfacente. Il PM può tuttavia modificare imputazioni adattandole alle nuove emergenze (423), qualora vi sia modifica dell'impianto probatorio grazie a prove portate dalla parte dopo richiesta condizionata o acquisite d'ufficio dal giudice. In questo caso la difesa ha facoltà di chiedere termine di non più di 10 giorni per valutare la strategia difensiva alla luce delle nuove contestazioni. L'imputato e il difensore possono: • Chiedere che il giudizio prosegua in forma ordinaria e in questo caso si riparte dall'udienza preliminare con le nuove prove, e il rito abbreviato non potrà più essere richiesto. • Proseguire nel rito abbreviato ed eventualmente chiedere l'ammissione di nuove prove. Nel rito abbreviato sono rilevabili e deducibili solo le nullità di carattere assoluto e le inutilizzabilità patologiche (contro legge). La decisione: L'art.442 rinvia le norme sulla decisione nel rito abbreviato alle norme della sentenza dibattimentale (art.529 e seguenti). Il giudice, oltre a sentenza di merito (assoluzione o condanna), può pronunciare sentenza di incompetenza o ordinanza di restituzione degli atti al PM perchè il fatto è diverso da come contestato. In caso di condanna scatta il beneficio della riduzione di un terzo della pena, che deve essere operata nei termini esatti di un terzo della pena concreta e finale, all'esito del calcolo che comprende il bilanciamento delle circostanze e la eventuale continuazione. In caso di ergastolo, questo verrà ridotta ad anni 30; in caso di ergastolo con isolamento diurno la pena sarà convertita in ergastolo semplice. La sentenza contiene anche le statuizioni della parte civile costituita e che abbia accettato il rito. L'APPELLO L'art. 443, enuncia i limiti dell'appello alla sentenza di rito abbreviato. Si vieta l'appello del PM avverso la sentenza di condanna, salvo che sia sulla modifica del titolo del reato (in pratica il PM non può appellare per modificare quantitativamente Se la richiesta della parte non trova il consenso nella controparte, il giudice non deve adottare alcun provvedimento formale. Al PM la legge impone di motivare il dissenso nei confronti della richiesta dell'imputato, per consentire al giudice del dibattimento di valutare se la determinazione negativa dell'accusa sia giustificata. Se invece vi è concorde richiesta della parti il giudice può: • Emettere sentenza di applicazione della pena nella misura e secondo il calcolo proposto dalle parti se li ritiene corretti. • Emettere sentenza di proscioglimento ex art. 129 cpp. • Emettere ordinanza di rigetto della richiesta e disporre contestualmente la prosecuzione del giudizio nelle forme ordinarie. In caso di dissenso del PM o di rigetto da parte del GIP, l'imputato può rinnovare la richiesta al GIP prima del dibattimento, per una sola volta. Se il PM esprime il consenso il giudice può emettere immediatamente sentenza; se il PM dissente ancora, ma il giudice dopo aver acquisito i fascicoli ritiene infondato il suo dissenso, si va a dibattimento e con la sentenza che viene emessa si applica ugualmente lo sconto di pena. La natura della sentenza del patteggiamento sono state oggetto di ampi dibattiti giurisprudenziali. Secondo ampia giurisprudenza essa non costituisce un accertamento giudiziale, né una implicita ammissione di responsabilità. Successivamente si è affermato che l'accertamento negativo di cause di non punibilità presuppone una responsabilità. La sentenza è inappellabile ma ricorribile per cassazione da parte del PM e da parte dell'imputato. È appellabile solo dal PM la sentenza del giudice del dibattimento che abbia applicato all'esito del dibattimento il beneficio del rito ritenendo ingiustificato l'originario dissenso del PM (art.448). GIUDIZIO DIRETTISSIMO Questo giudizio consente al PM di giungere rapidamente alla fase dibattimentale, saltando completamente l'udienza preliminare e gli atti preliminari al dibattimento. Presenta, dunque, delle forti analogie col giudizio immediato, ma e ne distingue per i presupposti e per l'assenza di una loro valutazione preliminare. Qui infatti, c'è la presentazione dell'imputato da parte del PM davanti al giudice del dibattimento, senza alcun previo controllo; il giudizio direttissimo non è dunque un vero e proprio rito alternativo e non prevede sconti di pena. L'imputato può tuttavia chiedere il rito abbreviato o il patteggiamento prima dell'instaurazione del dibattimento. Presupposti: La possibilità di saltare l'udienza preliminare è connessa a una particolare intensità della prova a carico dell'imputato. I presupposti per l'instaurazione del giudizio direttissimo sono fondamentalmente due: • Arresto in flagranza • Confessione dell'imputato. 1. ARRESTO IN FLAGRANZA (art.449 commi 2 e 4): Il PM ha facoltà di procedere con giudizio direttissimo presentando entro 48 ore l'imputato in stato di arresto davanti al giudice del dibattimento per la convalida, per l'eventuale richiesta di applicazione di misure cautelari e per il contestuale giudizio. La convalida di arresto è un presupposto del rito, quindi se l'arresto non è convalidato il giudizio direttissimo non può proseguire e gli atti sono restituiti al PM (a meno che l'imputato e il PM vi acconsentano). Se invece l'arresto è già stato convalidato dal GIP, il PM deve procedere con giudizio direttissimo, a meno che ciò non pregiudichi gravemente le indagini. In questo caso deve chiederlo entro 30 giorni dall'arresto. La persona, che deve essere in stato di custodia cautelare, viene portata al giudice dibattimentale. 2. CONFESSIONE: Quando l'imputato abbia reso confessione a PM o GIP nel corso dell'interrogatorio, e quindi non con dichiarazioni spontanee alla PG, il PM deve procedere con giudizio direttissimo a meno che non si pregiudichino le indagini. L'esercizio dell'azione penale (art.450) avviene in due differenti modi: 1. L'imputato detenuto (in stato di arresto o in stato di custodia cautelare) è condotto direttamente all'udienza dal PM, che deve disporre la traduzione. 2. L'imputato libero è citato a comparire con un termine non inferiore a tre giorni, mediante atto che deve contenere i requisiti previsti dall'art. 429 (vocatio in iudicium del decreto di rinvio a giudizio). Il difensore ha diritto a ricevere senza ritardo l'avviso della data fissata per il giudizio e ha facoltà di prendere visione del fascicolo del dibattimento e di quello del PM. Al giudice spetta la verifica della sussistenza dei presupposti del rito: il giudice, se non li ravvede, ordina la restituzione degli atti al PM affinché proceda nelle forme ordinarie, se invece li ravvede è tenuto a procedere al dibattimento. Se vi sono più reati connessi e solo per alcuni di essi sussistono i presupposti del rito, il giudice ordina comunque la restituzione degli atti al PM (oppure può separare i processi se non c'è pregiudizio per le indagini). Per i reati attribuiti alla cognizione del tribunale in composizione monocratica, è presente una disciplina diversa per quando riguarda il giudizio direttissimo contestuale all'arresto in flagranza. Altre forme di giudizio direttissimo obbligatorio sono previste per: • Reati concernenti armi ed esplosivi. • Reati finalizzati alla discriminazione razziale, etnica o religiosa. • Reati commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive. • Reati relativi all'ingresso illegale di stranieri nel territorio. Svolgimento del giudizio: Il giudizio direttissimo si svolge prevalentemente secondo le forme ordinarie del dibattimento, escludendo gli atti preliminari e rispettando qualche altra particolarità (citazione orale del testimone da parte della PG; PM, imputato e parte civile possono presentare nel dibattimento testimoni senza citazione...). Il presidente avvisa l'imputato della facoltà di chiedere il giudizio abbreviato o il patteggiamento. Nel caso in cui sia esercitata tale facoltà, lo stesso giudice del dibattimento ammette e celebra il rito nelle forme prescritte. L'imputato può anche chiedere del tempo (massimo 10 giorni) per difendersi, in tale caso il dibattimento viene sospeso fino alla successiva udienza. GIUDIZIO IMMEDIATO Consente all'accusa di passare rapidamente alla fase dibattimentale, saltando l'udienza preliminare. A differenza del processo direttissimo, che si instaura su iniziativa del PM senza alcun controllo giurisdizionale, il giudizio immediato è disposto con decreto dal giudice per le indagini preliminari, dopo la verifica dei presupposti che lo legittimino. Non è un vero e proprio rito alternativo al dibattimento, ma solo una modalità più rapida di instaurarlo, pertanto il codice garantisce all'imputato la possibilità di richiedere il rito abbreviato o il patteggiamento, giocandosi dei relativi benefici. RICHIESTA DELL'IMPUTATO: L'imputato può chiedere il giudizio immediato alle seguenti condizioni: • Il PM ha già esercitato l'azione penale richiedendo il rinvio a giudizio dell'imputato. • All'imputato è stato notificato il decreto di fissazione dell'udienza preliminare. La richiesta dunque non è ammissibile prima della richiesta di rinvio a giudizio e deve essere presentata personalmente dall'imputato o dal suo procuratore speciale. Se la richiesta è ammissibile e tempestiva, il giudice è tenuto a emettere il decreto di giudizio immediato. Una volta esercitata la richiesta, l'imputato perde la possibilità di chiedere il rito abbreviato, e probabilmente anche di patteggiamento. La richiesta è dunque risultato di una libera scelta dell'imputato, che può scegliere tale strada per ottenere celermente una sentenza di assoluzione nel merito. RICHIESTA DEL PM: Le condizioni sono le seguenti: • La prova appare evidente. • L'indagato sia stato interrogato sui fatti da cui emerge l'evidenza delle prova o abbia omesso di comparire in assenza di legittimo impedimento. • Le indagini siano state brevi (non più di 90 giorni dall'iscrizione della notizia di reato nell'apposito registro). Nel giudizio conseguente l'opposizione, il giudice applica le norme procedurali del giudizio richiesto dall'opponente e in caso di nuova condanna può irrogare anche una pena diversa e più grave di quella stabilita nel decreto. CAPITOLO 8: IL DIBATTIMENTO Atti preliminari al dibattimento: La fase degli atti preliminari si estende tra il decreto che dispone il giudizio e la costituzione delle parti. Ci sono le attività funzionali e le attività legate a risolvere situazioni d'urgenza, o addirittura a rendere superfluo il dibattimento stesso (es. sentenza di non doversi procedere). Il presidente del tribunale, (con l'art.132 delle disposizioni attuative) ha il potere di assegnare i processi alle varie sezioni, privilegiando dunque quelle più importanti; si consideri anche l'art. 465 cpp, secondo cui il presidente del tribunale o della corte d'assise, ricevuto il decreto che dispone il giudizio, può anticipare o differire l'udienza non più di una volta, per giustificati motivi. Tale decreto, adottabile anche su richiesta delle parti, deve essere comunicato al PM e notificato alle parti private, alla persona offesa e ai difensori. Il decreto non è impugnabile e non può essere emesso più di una volta. L'emissione del decreto di irreperibilità compete al presidente, che deve provvedere alla rinnovazione della citazione a giudizio o della relativa notificazione quando occorra per qualsiasi motivo. L'art.466 riconosce ai difensori l'accesso al fascicolo per il dibattimento custodito nella cancelleria, nonché al fascicolo del Pubblico Ministero con riferimento alla documentazione dell'attività di indagine. Funzioni eventuali: • Assunzione di prove urgenti (art.467): possono essere assunte le prove non rinviabili secondo l'articolo 392, che segue la disciplina dell'incidente probatorio. I verbali delle prove così assunte vanno inseriti nel fascicolo del dibattimento. • Deposito delle liste testimoniali (art.468): ha funzione di discovery, salvo l'introduzione di prove che non è stato possibile indicare tempestivamente. Vanno presentate 7 giorni prima dell'udienza, a pena di inammissibilità. In questa fase possono essere escluse solo le testimonianze vietate dalla legge o manifestamente sovrabbondanti: il giudizio sull'ammissibilità è riservato al collegio in seguito all'esposizione introduttiva. Le liste testimoniali sono corredate dalle circostanza su cui deve vertere l'esame. La parte civile che non si sia costituita almeno 7 giorni prima della data per il dibattimento non può avvalersi della facoltà di depositare liste testimoniali. Si è comunque consentito alle parti di presentare direttamente nel dibattimento i testimoni ed i consulenti tecnici. Tale meccanismo (liste da presentare entro 7 giorni) vale solo per la prova diretta, per la prova contraria è sufficiente presentare il testimone nel dibattimento senza che sia necessario inserirlo nelle liste. • Citazione d'ufficio da parte del presidente del perito dell'incidente probatorio (art.468). • Autorizzazione del presidente del collegio giudicante alla citazione di testimoni, imputati in procedimenti connessi, periti e consulenti tecnici. • SENTENZA DI NON DOVERSI PROCEDERE: Emissione, se sussistono i presupposti, della sentenza di proscioglimento (azione improcedibile o reato estinto). Tale sentenza è possibile sono quando non è necessario assumere prove (non è proscioglimento nel merito). Non è un'assoluzione nel merito. PM e imputato possono opporsi: questo consenso delle parti fa sì che la sentenza sia inappellabile. Ove non risulti il consenso delle parti, la sentenza deve ritenersi pronunciata a norma dell'art.129 e quindi appellabile. Disposizioni generali sul dibattimento: La direzione del dibattimento spetta al presidente che può avvalersi della forza pubblica. I provvedimento normalmente vengono dati oralmente e senza formalità. I poteri decisori spettano all'organo giudicante (“giudice”). Se il giudice è monocratico cumula entrambi questi poteri. Questa fase è per legge pubblica, di conseguenza eventuali limitazioni in accesso in aula possono verificarsi solo per particolari categorie di persone e per coloro i quali turbano lo svolgimento dell'udienza. Possono esserci eccezioni in tassativi casi previsti per legge (es. se la parte offesa da delitti sessuali lo richiede, per la sicurezza di testimoni o imputati....). In caso di processo a porte chiuse vige anche il divieto di pubblicazione degli atti, nonché delle riprese. La decisione di procedere a porte chiuse è del collegio, che procede con ordinanza revocabile sentite le parti. Il principio di concentrazione esige che l'assunzione delle prove, la discussione e la deliberazione si svolgano senza soluzione di continuità, per garantire una decisione fedele alle risultanze. L'assunzione delle prove che richiedono specifiche competenze tecniche, tuttavia, richiede tempo. Pertanto l'art. 477 prevede che quando non sia possibile esaurire il dibattimento in una sola udienza, il presidente dispone che esso sia proseguito il giorno seguente non festivo. È tuttavia un termine ordinatorio non seguito nella prassi. È prevista la possibilità di sospendere il dibattimento per assoluta necessità con un termine non superiore a 10 giorni. Altre ragioni di sospensione previste dal codice sono la risoluzione di questioni pregiudiziali da parte del giudice civile o amministrativo, o a seguito dell'ammissione di perizia o per esigenze istruttorie o di nuove contestazioni. L'art. 480 disciplina il verbale d'udienza, redatto dall'ausiliario del giudice, deve contenere in modo completo le attività svolta in udienza, riportando sinteticamente richieste e conclusioni delle parti. Viene poi inserito nel fascicolo del dibattimento. Le parti possono chiederne lettura o proporre rettificazioni o cancellazioni su cui il presidente decide all'istante con un'ordinanza. ATTI INTRODUTTIVI AL DIBATTIMENTO La costituzione delle parti: Il presidente verifica la regolare costituzione delle parti ex art.484. Questo è il termine ultimo riservato alla parte civile per costituirsi. Se il difensore non è comparso nonostante l'avviso, il presidente designa un sostituto a norma dell'art.97.4. L'art.420bis impone al giudice di rinnovare la citazione non solo quando c'è la prova che l'imputato non abbia avuto effettiva conoscenza della stessa senza colpa ma Qualora il testimone sia minorenne o maggiorenne ed infermo di mente, l'esame viene condotto dal presidente, il quale può avvalersi dell'aiuto di un familiare o di uno psicologo. L'esame del minore di anni 16 può svolgersi con particolari modalità. Quando si procede per delitti di pedofilia, tratta di persone e violenza sessuale sul minore, il minore che ne sia vittima va esaminato mediante l'uso di un vetro specchio e di un impianto citofonico. Al perito e ai consulenti tecnici si applicano le disposizioni sull'esame del testimone finché siano compatibili. Essi hanno la facoltà di consultare documenti e note scritte. Il consulente di parte privata è esaminato su richiesta della parte che lo ha nominato, e poi le altre parti possono controesaminarli. L'esame delle parti può svolgersi solo con la loro richiesta o il loro consenso. La parte civile può essere sentita in tale forma solo se non deve essere sentita come testimone. L'esame delle parti si svolge con le modalità previste per l'esame testimoniale, ma le parti non hanno l'obbligo penalmente sanzionato di dire la verità. Se si rifiuta di rispondere ad una domanda tuttavia ne viene fatta menzione sul verbale. L'imputato può scegliere se sottoporsi all'esame e poi al controesame oppure se prestare dichiarazioni spontanee, di cui ha possibilità in ogni fase del dibattimento. Dichiarazioni rese prima del dibattimento: Un temperamento del carattere accusatorio del processo penale, che prevede contraddittorio e oralità nella raccolta delle prove, è dato dal principio di non dispersione del materiale probatorio raccolto prima del dibattimento. L'articolo 111 Cost. sul giusto processo ribadisce che la formazione della prova avviene nel contraddittorio, prevedendo tre eccezioni: 1. La prova è utilizzabile anche se formata fuori dal contraddittorio col consenso dell'imputato. In particolare è possibile l'uso di atti formati unilateralmente solo se vi consentono le parti che non hanno partecipato alla loro formazione e che potrebbero da esso subire pregiudizio. 2. Per impossibilità oggettiva di formare il contraddittorio. Ad esempio morte o infermità del dichiarante. 3. Per effetto di provata condotta illecita. Si tratta di dichiarazioni di coloro che sono stati oggetto di pressione per sottrarsi al contraddittorio. Il giudice, sentite le parti, accerta l'eventuale sussistenza della condotta illecita posta in essere sul dichiarante. Contestazione probatoria (art.500): Lo scopo è quello di verificare la credibilità del soggetto esaminato che nella fase dibattimentale cambia la versione dei fatti rispetto a quelli esposti durante le indagini o l'udienza preliminare, contenute nel fascicolo del PM. La contestazione avviene solo se sui fatti o le circostanze da contestare il testimone o la parte ha già deposto, al fine di non suggerire risposte. Essa consiste nella lettura, anche nel corso dell'esame, delle dichiarazioni rese prima del dibattimento contenute nel fascicolo del PM, nella parte in cui risultino difformi dalla deposizione del dibattimento. Non è possibile contestare atti o dichiarazioni provenienti da persone diverse da quella esaminata. Qualora l'esponente non rettifichi la deposizione dibattimentale la dichiarazione letta per la contestazione può essere valutata esclusivamente ai fini della credibilità dell'esaminato, ma non può costituire prova del fatto. Si ritiene che la norma consenta di contestare le precedenti dichiarazioni non solo al testimone che appaia menzognero ma anche a colui che si rifiuta o omette di rispondere. Se il testimone rifiuta di sottoporsi all'esame di una delle due parti X, le dichiarazioni che egli ha rilasciato mentre era esaminato dalla controparte Y possono essere utilizzate verso X solo col suo consenso. Eccezioni all'inutilizzabilità probatoria delle dichiarazioni utilizzate per le contestazioni: • Se il testimone è stato sottoposto a violenza, minaccia oppure gli è stato offerto denaro affinché non deponga o deponga il falso, è possibile acquisire al fascicolo per il dibattimento il verbale contenente le dichiarazioni rese in precedenza. • Su richiesta di parte, le dichiarazioni rese all'udienza preliminare (422) e nel contraddittorio sono valutate ai fini della prova nei confronti degli imputati che hanno partecipato alla loro assunzione. • Le dichiarazioni rese nelle indagini possono sempre essere acquisite nel fascicolo del dibattimento col consenso delle parti. Anche le dichiarazioni delle parti private (503.3) possono essere contestate dal PM e dai difensori. Quando le dichiarazioni utilizzate per le contestazioni siano state assunte senza la presenza del difensore, possono essere utilizzate solo per valutare l'attendibilità della parte. Quando il difensore aveva diritto di assistere, possono essere acquisite al fascicolo del dibattimento ed utilizzate probatoriamente. Lettura ed utilizzabilità degli atti: La lettura costituisce l'altra modalità, oltre alla contestazione, di utilizzare dichiarazioni rese prima del dibattimento. Diversa è la disciplina di ingresso a seconda che siano atti contenuti nel fascicolo per il dibattimento (art.431) oppure in quello del PM. Gli atti nel fascicolo per il dibattimento, benché a disposizione del giudice, non sono per questo utilizzabili per la decisione: occorre infatti una conoscenza formale che avviene d'ufficio o su richiesta di parte, attraverso la lettura (art.511). Vi sono in particolare due modalità di acquisizione formale degli atti: • 511.1=> Il giudice, anche di ufficio, dispone che sia data lettura integrale o parziale agli atti contenuti nel fascicolo per il dibattimento. La lettura di verbali di dichiarazioni della relazione peritale è data solo dopo l'esame di chi l'ha resa. • 511.5=> Il giudice, in luogo della lettura, può indicare specificamente gli atti utilizzabili ai fini della decisione.Il giudice dispone la lettura integrale o parziale quando si tratta di verbali di dichiarazioni e una parte ne fa richiesta, altrimenti è vincolato alla richiesta di lettura solo nel caso di un serio disaccordo sul contenuto di essi. Gli atti contenuti nel fascicolo del PM possono essere letti solo nei limiti stabiliti dagli artt. 512, 512bis, 513, cioè in caso di sopravvenuta irripetibilità dell'atto. La lettura deve essere divenuta impossibile per fatti o circostanza imprevedibili, non son quindi atti irripetibili per natura (che vanno raccolti fin dall'inizio nel fascicolo per il dibattimento. L'art.512 a queste condizioni consente la lettura delle dichiarazioni rese dai testimoni alla PG, al PM, al difensore delle parti private nella fase delle indagini o nell'udienza preliminare. L'art.512bis consente la lettura dei verbali di dichiarazioni rese da persona residente all'estero, citata e non comparsa, quando non sia assolutamente possibile l'esame dibattimentale. L'art.513 riguarda le dichiarazioni rese dall'imputato nel corso delle indagini preliminari o nell'udienza preliminare: se l'imputato è contumace o assente o rifiuta di sottoporsi all'esame, possono essere lette a richiesta di parte. Tuttavia non possono essere utilizzate contro il coimputato, a meno che non ne presti il consenso o che il dichiarante sia stato sottoposto a intimidazione o subornazione. Qualora risulti che il dichiarante sia stato sottoposto a violenza, minaccia, offesa o promessa di denaro, sono acquisita al fascicolo del dibattimento le dichiarazioni rese in precedenza, come avviene per l'art.500. L'art.514 sancisce il carattere tassativo delle letture consentite ai fini dell'acquisizione probatoria. Le disposizioni richiamate (artt.512,512bis,513,511) hanno carattere eccezionale e pertanto non possono essere interpretate per analogia. Riassumendo, il giudice per deliberare può utilizzare oltre alle prove espletate nel corso dell'istruzione dibattimentale, gli atti contenuti nel fascicolo per il dibattimento acquisiti con lettura o indicazione, i verbali contenenti le dichiarazioni utilizzate per effettuare le contestazioni nei casi previsti e infine le altre letture previste dalla legge. L'art.526 vieta l'utilizzo come prova di colpevolezza dell'imputato delle dichiarazioni chi chi per libera scelta si è sempre sottratto all'interrogatorio da parte dell'imputato o del suo difensore. Poteri suppletivi del giudice: Il potere di iniziativa probatoria è attribuito alle parti. Tuttavia, esaurite le loro prerogative, il legislatore attribuisce al giudice un potere suppletivo in materia probatoria. Il presidente, anche su richiesta di altro componente del collegio, può indicare alle parti temi di prova nuovi o più ampi in base ai risultati delle prove assunte nel vota per ultimo; in caso di parità prevale la soluzione più favorevole all'imputato. Raggiunta la decisione viene redatto e sottoscritto il dispositivo e una concisa descrizione dei motivi di fatto e di diritto (quest'ultima norma viene spesso disattesa). Per la motivazione il codice prevede un termine ordinario di 15 giorni, che può estendersi se la sentenza è complessa fino a 90 giorni. Non si tratta comunque di termini perentori. La sentenza, comprensiva di dispositivo e motivazione, è sottoscritta dal presidente e dal giudice estensore e viene depositata nel termine indicato nel dispositivo; il cancelliere sottoscrive e appone la data. Se la sentenza non è depositata nel termine indicato nel dispositivo, l'avviso di deposito va comunicato al PM e notificato alle parti private cui spetta il diritto di impugnare . Requisiti della sentenza: L'art.546 indica i diversi requisiti della sentenza. Rilevano in particolare l'indicazione delle prove poste a sostegno della decisione e l'enunciazione delle ragioni per cui il giudice non ha ritenuto attendibili le prove contrarie. Il giudice indica il percorso logico-giuridico seguito per valutare la prova, fornendo una ricostruzione del fatto storico che più si adatta ai fatti raccolti, indicando le ragioni che lo hanno indotto ad escludere diverse conclusioni al di là di ogni ragionevole dubbio. La mancata motivazione o mancanza o incompletezza del dispositivo o della sottoscrizione sono cause di nullità della sentenza. Se invece la motivazione è insufficiente o manchino o siano insufficienti altri requisiti della sentenza, si deve procedere alla correzione della sentenza. Le sentenze si distinguono tra: 1. Non doversi procedere: in tale caso l'azione non doveva essere iniziata né proseguita (difetto di querela, istanza, richiesta o autorizzazione a procedere...), oppure per estinzione del reato. In questo caso manca l'accertamento del fatto storico, sono infatti pronunce processuali che non fondano giudicato nei processi civili o amministrativi. 2. Assoluzione: il giudice compie un accertamento del fatto storico che si conclude con una delle formule elencate tassativamente nell'articolo 530, e cioè ◦ Il fatto non sussiste, se si nega il fatto storico. ◦ L'imputato non ha commesso il fatto. ◦ Il fatto non costituisce reato, se il fatto sussiste ma manca ad esempio l'elemento psicologico o è presente una causa di giustificazione. ◦ Il fatto non è previsto dalla legge come reato, se il fatto non rientra in alcuna fattispecie. ◦ Il reato è stato commesso da persona non imputabile o non punibile per altra ragione, se è stato accertato un fatto costituente reato ma l'imputato non è punibile in concreto ad esempio perchè minore di età o infermo di mente. La formula assolutoria è una pronuncia di merito e quindi idonea a formare giudicato nei processi civili, amministrativi e disciplinari. Anche in caso di dubbio riguardante l'esistenza di una causa di giustificazione o di non punibilità viene pronunciata sentenza di assoluzione. 3. Sentenza di condanna (art.533):Presuppone la colpevolezza dell'imputato in ordine al reato contestatogli al di là di ogni ragionevole dubbio. Se tale standard probatorio non viene superato dal PM, a cui spetta l'onere della prova, opera la presunzione di innocenza dell'imputato. Con la sentenza di condanna è posto a carico del condannato il pagamento delle pene processuali, nonché le spese di mantenimento durante la custodia cautelare. Con autonomo capo della sentenza di condanna il giudice statuisce sull'azione civile esercitata in sede penale definendo la domanda sulle restituzioni ed il risarcimento del danno. La liquidazione del danno non è provvisoriamente esecutiva, a meno che non ricorrano giustificati morivi. Se le prove acquisite non possono stabilire la liquidazione del danno, il giudice pronuncia condanna generica e rimette le parti davanti al giudice civile. In tal caso imputato e responsabile civile possono essere condannati al pagamento (immediatamente esecutivo) di una provvisionale. Se viene pronunciata sentenza di non doversi procedere o sentenza di assoluzione il giudice ordina la liberazione dell'imputato in stato di custodia cautelare e dichiara cessata l'efficacia delle altre misure. CAPITOLO 9: IL PROCEDIMENTO MONOCRATICO L'istituzione del giudice unico, nel 1998, con l'abolizione del pretore, unifica nel Tribunale tutti i giudici di primo grado e li distingue solo per la composizione monocratica a collegiale. Si crea così un nuovo modello processuale monocratico per reati di minore gravità (reati diversi da quelli previsti dall'art.33bis). La fase delle indagini preliminari non si distingue particolarmente da quella prevista per i procedimenti in composizione collegiale. Si applicano anche a questo procedimento le disposizioni sul 415bis. Le funzioni di pubblico ministero possono essere delegate dal procuratore presso il Tribunale a magistrati ordinari in tirocinio, a vice procuratori onorari e in alcuni casi a ufficiali di polizia giudiziaria. Riguardo alla fase processuale, i reati attribuiti alla cognizione del giudice monocratico sono separati in due classi di gravità: • Alla prima classe (citazione diretta in giudizio) appartengono: ◦ Tutte le contravvenzioni ◦ Tutti i delitti puniti solo con la multa ◦ Tutti i delitti puniti con la pena della reclusione non superiore a 4 anni anche se congiunta con la multa ◦ I reati previsti dal comma 2 dell'art.550. • Alla seconda classe appartengono in via residuale tutti gli altri reati che la legge attribuisce alla cognizione del giudice monocratico, e per essi è previsto un procedimento quasi uguale a quello del procedimento ordinario, compresa l'udienza preliminare. In caso di connessione fra reati della prima e della seconda classe, si applica la norma della seconda classe con lo svolgimento dell'udienza preliminare. La violazione di tali norme prevede la restituzione degli atti al PM. Le norme tuttavia possono presentare diversi regimi di rilevabilità della violazione, quindi qualora venga disposta l'udienza preliminare nei casi di citazione diretta l'imputato possa decidere se si celebri o meno e il PM è vincolato a tale decisione. Il processo monocratico a citazione diretta: Quando il PM esercita l'azione penale con citazione diretta, non sono prevista forme di controllo preliminare del giudice sulla fondatezza di tale iniziativa: il PM emette il decreto di citazione a giudizio preceduto dall'avviso del 415 bis, e lo fa notificare all'imputato e alla persona offesa almeno 60 giorni prima della data fissata per l'udienza di comparizione. Il decreto di citazione a giudizio deve contenere tutti gli elementi tipici della vocatio in iudicium, ma rispetto al decreto di rinvio a giudizio si completa di tre ulteriori elementi: • Avviso all'imputato che può nominare un difensore di fiducia e in mancanza sarà assistito da un difensore d'ufficio. • Avviso all'imputato che può chiedere patteggiamento, giudizio abbreviato o oblazione. • Avviso a tutti i destinatari che il fascicolo delle indagini è depositato in segreteria del PM e che parti e difensori possono vederlo. Il decreto non va motivato ma è nullo se difetta dei requisiti essenziali o se non è preceduto dall'avviso del 415bis. Emesso il decreto, il PM forma il fascicolo per il dibattimento e lo trasmette al giudice assieme al decreto di citazione. Fino a questo momento è competente il GIP per l'assunzione di atti urgenti e le eventuali misure cautelari. Tale procedimento si distingue per la presenza di un'udienza di prima comparizione, che contiene alcune attività che sarebbero dell'udienza preliminare ed altre tipiche della fase dibattimentale. Essa raccorda la fase preliminare ed il giudizio e costituisce la sede in cui l'imputato può optare per un rito alternativo o per l'oblazione. È anche il momento in cui si svolgono gli atti introduttivi e si formulano le richieste di prova secondo le regole che disciplinano il giudizio ordinario. È presente anche il tentativo obbligatorio di conciliazione nel caso in cui il reato sia procedibile a querela di parte. Se non vi sono richieste di riti alternativi, il giudice dichiara aperto il dibattimento, le cui norme sono rinviate a quelle del rito ordinario; le uniche due deroghe sono la possibilità dell'esame dei testi da parte del giudice e la possibilità di procedere alla redazione del verbale solo in forma riassuntiva.
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