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Riassunti di Geografia fisica, politica, umana, economica, Sintesi del corso di Geografia

Riassunti di Geografia, utili per la Prima Prova del Concorso Ordinario Scuola Secondaria.

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

In vendita dal 19/09/2020

martina_melchiorre
martina_melchiorre 🇮🇹

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Scarica Riassunti di Geografia fisica, politica, umana, economica e più Sintesi del corso in PDF di Geografia solo su Docsity! GEOGRAFIA I LINGUAGGI DELLA GEOGRAFICITA’ Per “linguaggio della geograficità” si vuole intendere il linguaggio che si sviluppa dall’unione degli strumenti geometrici di rappresentazione spaziale e geografici di descrizione e analisi di un territorio. Sin dalla Scuola Primaria, l’insegnamento della Geografia contribuisce a conferire il senso dello spazio, che permette all’alunno di orientarsi in un territorio. Per descrivere tale territorio è necessario conferire all’alunno gli strumenti necessari, attraverso i linguaggi specifici della geograficità, che sono: - mappe mentali: rappresentazioni di luoghi visti, conosciuti direttamente o indirettamente, secondo il punto di vista personale. Le mappe mentali mostrano che esistono molteplici modi di vedere, vivere, riconoscere un territorio, quindi la carta geografica non sarà più una fredda rappresentazione cartografica, ma avrà anche una valenza emotiva e cognitiva più complessa; - cartografia: rappresentazione grafica della superficie terrestre; è lo strumento di lavoro più completo del geografo. Si può affermare che la nascita della geografia coincida proprio con quella della cartografia. Uno dei problemi principali per la realizzazione di una carta geografica è quello di rappresentare una superficie sferica, come quella della Terra, su una superficie piana. I cartografi, allora, hanno elaborato le proiezioni, che consentono di riportare su un piano la sfericità della Terra. Per ovviare al problema riguardante la riproduzione degli spazi in dimensioni ridotte, invece, si usa un rapporto definito scala numerica, espresso mediante una frazione in cui al numeratore vi è 1 e al denominatore un numero che indica quante volte le distanze reali sono state ridotte. In base alla scala, possiamo distinguere quattro tipi di carte: carte geografiche (scala inferiore a 1: 1 000 000, riproducono la superficie di uno stato o un intero continente), carte corografiche (scala compresa tra 1: 100 000 e 1: 1 000 000, riproducono intere regioni), carte topografiche (scala compresa tra 1: 10 000 e 1: 100 000, riproducono aree limitate di territorio), piante e mappe (scala maggiore di 1: 10 000, riproducono, rispettivamente, aree urbane e aree rurali). Per utilizzare qualsiasi tipo di carta, occorre ricercare alcune chiavi di lettura, quali i simboli e i colori. I primi sono relativi alla planimetria (confini politici o amministrativi, vie di comunicazione, costruzioni, vegetazione, ecc.) e all’altimetria (rilievi), mentre i secondi servono a specificare l’altitudine (più c’è altitudine, più i colori saranno scuri e viceversa) e il tipo di superficie (mare, montagna, pianura, ecc.). Un’ultima distinzione tra le carte può riguardare il loro contenuto: abbiamo, infatti, le carte generali che rappresentano il territorio nel suo aspetto naturale (carte fisiche) o antropico (carte politiche); le carte speciali che adottano tecniche particolari, come le quelle nautiche o aeronautiche; le carte tematiche che illustrano fenomeni naturali, sociali o economici (un esempio di carta tematica è la carta climatica, che riporta colori diversi a seconda della zona). - sistemi informativi geografici: altrimenti chiamati GIS (Geographic Information System), sono una combinazione di dati cartografici rilevati da satelliti e computer che elaborano i dati del territorio e restituiscono carte geografiche aggiornate. Il GIS permette, ad esempio, alle amministrazioni di controllare gli abusi edilizi sul territorio, oppure consente ai computer installati sulle nostre automobili di avere immediatamente disponibile il percorso da seguire per raggiungere il luogo desiderato. LE COORDINATE SPAZIO-TEMPORALI - I punti cardinali. Fin dalle epoche più remote, il moto apparente del Sole fu preso come punto di riferimento per orientarsi. Con il termine levante, od oriente, si indicava la direzione in il Sole sorge, e con ponente, od occidente, la direzione in cui tramonta. Le due posizioni intermedie, mezzogiorno e settentrione, coincidevano rispettivamente con la posizione occupata dal Sole a metà della sua traiettoria e con la sua posizione opposta. Vennero così individuati i quattro punti cardinali (così chiamati perché erano ritenuti i cardini del mondo), che solo nel Medioevo vennero denominati est (E), sud (S), ovest (O) e nord (N). Essendo i punti disposti a croce, è sufficiente individuarne uno perché anche gli altri siano immediatamente determinati. Di notte, quando non è possibile riferirsi al Sole, nel nostro emisfero è possibile orientarsi guardando la Stella Polare: essa si trova quasi in corrispondenza del Polo nord celeste. 1 - Meridiani e paralleli. Per muoversi in un territorio molto vasto, i punti cardinali non sono sufficienti. Per individuare la posizione di un punto sulla superficie terrestre, i geografi hanno tracciato sul globo delle linee curve immaginarie:  i meridiani, che sono 360 semicirconferenze immaginarie che passano per i poli. Il meridiano fondamentale è lo 0 che passa per l'osservatorio astronomico di Greenwich, nei pressi di Londra; gli altri meridiani sono indicati con un numero fino a 180 verso ovest e fino a 180 verso est. Ogni meridiano ha un antimeridiano che è la semicirconferenza posta a 180° dal primo;  i paralleli, circonferenze immaginarie parallele all’Equatore, che diventano più piccole man mano che ci si avvicina ai poli. L'equatore divide il pianeta in due zone, l'emisfero boreale e l'emisfero australe. Altri paralleli importanti sono il circolo polare artico e il circolo polare antartico; vi sono poi il tropico del cancro e quello del Capricorno, equidistanti dall' equatore. Meridiani e paralleli avvolgono la superficie terrestre come una rete immaginaria di linee perpendicolari tra loro, che prende il nome di reticolo geografico. - Longitudine, latitudine e altitudine. Le coordinate geografiche individuano la posizione geografica di un punto nella terra e sono la latitudine, longitudine e l’altitudine. La latitudine è la distanza dall’Equatore, misurata in gradi da 0 a 90 a Nord o a Sud; la sua misura determina le zone astronomiche. La longitudine è la distanza dal meridiano di Greenwich, misurata in gradi da 0 a 180 a Est o a Ovest; la sua misura determina il fuso orario. L’altitudine è la distanza verticale di un oggetto dal livello del mare; negli USA o in UK viene solitamente misurata in piedi, mentre in Europa viene misurata in metri. - I fusi orari. In ogni località è mezzogiorno quando il sole culmina sul relativo meridiano ed è mezzanotte quando il sole culmina sul rispettivo antimeridiano. In ogni momento della giornata, quindi, esistono innumerevoli ore differenti. Alla fine dell'Ottocento una convenzione internazionale regalò l'ora su scala planetaria: la superficie terrestre è stata divisa in 24 fasce chiamate fusi e delimitate da meridiani distanti 15 ° di longitudine l'uno dall'altro. A ogni fuso corrisponde un'ora diversa. Le località che si trovano entro lo stesso fuso hanno tutte l'ora del meridiano centrale del fuso: questa ora è detta ora civile. L'ora adottata nel primo fuso orario, incentrato attorno al meridiano di Greenwich, è chiamato Tempo Universale. L'Italia si trova nel II fuso, il cui meridiano centrale passa per L'Etna. Per ragioni di praticità, molti stati hanno preferito aderire a un unico fuso orario. Gli Stati di grandi dimensioni (Canada, Brasile, Russia, Cina, Australia, USA), invece, devono adottare più di una fascia oraria sul proprio territorio. - La linea del cambiamento di data. L'antimeridiano di Greenwich, che corre per lo più in mezzo agli oceani, è stato scelto come linea del cambiamento di data: oltrepassando lo da ovest verso est la data diventa quella del giorno precedente; al contrario, procedendo da est verso ovest, diventa quella del giorno successivo. GEOGRAFIA FISICA E GEOMORFOLOGIA La geografia fisica si occupa della descrizione degli aspetti naturali del nostro pianeta. Attraverso la geomorfologia, studia le forme della superficie terrestre. Oggetti di studio sono l’orografia (origine e distribuzione dei rilievi), l’idrografia (origine e distribuzione delle acque), il clima, la vegetazione e la fauna. La litosfera La litosfera è la parte più esterna della Terra, caratterizzata da uno spessore non uniforme. E’ formata da due strati: la crosta, più superficiale, divisa in crosta continentale e crosta marittima, e il mantello, disposto sotto la crosta e costituito dal magma, un fluido ad elevate temperature che è la causa del principale del movimento della crosta terrestre. I continenti 2 - l’altitudine, che influisce sulla temperatura, la quale diminuisce con l’altezza (circa 1 °C ogni 160 m); - la disposizione dei rilievi, che influisce sulle precipitazioni: ad es., il versante settentrionale delle Alpi è più piovoso di quello meridionale perché maggiormente esposto alle masse di aria umida di origine atlantica; - la presenza del mare, che ha una funzione termoregolatrice, cioè regola la temperatura delle zone vicine perché le grandi masse d’acqua si riscaldano e si raffreddano più lentamente dell’aria e del suolo; - le correnti marine, che sono movimenti costanti delle acque e possono distinguersi in correnti calde, se hanno una temperatura maggiore di quella delle acque circostanti, e in correnti fredde, nel caso contrario. Esse influiscono sul clima delle regioni costiere: quelle calde mitigano le temperature, mentre quelle fredde le rendono più rigide. In base alla latitudine e all’intensità dell’irraggiamento solare è possibile suddividere il pianeta in cinque grandi fasce climatiche parallele dall’Equatore ai poli. Nella fascia compresa tra i due tropici (al di sopra e al di sotto dell’Equatore) troviamo il clima caldo; spostandoci verso nord o verso sud troviamo i climi temperati (zona boreale e zona australe) e poi quelli polari (circolo polare artico e antartico). Se consideriamo le precipitazioni, all’interno di ogni fascia climatica è possibile distinguere le regioni a clima umido da quelle a clima arido. L’idrosfera: le caratteristiche e i movimenti degli oceani e dei mari Circa i tre quarti della superficie della Terra sono ricoperti dalle acque degli oceani e dalle acque ghiacciate delle regioni polari. Le acque del mare si classificano in oceani quando si tratta di vaste distese largamente comunicanti e caratterizzate da forti profondità. Si definiscono invece mari quando sono meno estese e profonde e si trovano racchiuse tra i continenti o si insinuano tra le terre emerse. L’oceano Pacifico (che bagna le coste occidentali dell’America e le coste orientali dell’Asia) è l’oceano più esteso ed anche il più profondo; forma numerosi mari, racchiusi da golfi, penisole e archi insulari ed è il più tempestoso e battuto dai venti. L’oceano Atlantico (che bagna le coste orientali dell’America e le coste occidentali dell’Africa e dell’Europa) è meno vasto e meno profondo del Pacifico; forma mari particolarmente chiusi come il mar Mediterraneo, il mar Baltico e il mar dei Caraibi. L’oceano Indiano (che bagna le coste orientali dell’Africa, le coste meridionali dell’Asia e l’Australia) è il più piccolo e si estende quasi unicamente nell’emisfero meridionale; il mar Rosso è una sua propaggine. I movimenti delle acque marine svolgono un ruolo importante nell’azione di modellamento delle coste e nella determinazione del loro clima. I tipi principali di movimento del mare sono le onde, le maree e le correnti. Le onde si formano per azione del vento che solleva verso l’alto particelle d’acqua che, ricadendo, trasmettono il movimento alle particelle confinanti. Il movimento delle onde modella il profilo della spiaggia sulle coste basse, e il profilo delle rocce sulle coste alte. Le maree sono movimenti di innalzamento e abbassamento periodico (ogni sei ore circa) del livello del mare provocati dall’azione lunare e solare. Nel Mediterraneo le maree non hanno un’ampiezza significativa, mentre nell’Atlantico possono raggiungere i 20 m di ampiezza e, se si è in presenza di una costa bassa, l’acqua del mare può sommergerne alcuni chilometri. Le correnti marine sono masse d’acqua che scorrono come fiumi all’interno del mare. Alcune correnti scendono dalle regioni polari verso le regioni temperate e altre salgono dalle regioni equatoriali verso le regioni più fredde. Tra le correnti fredde le più note sono la corrente del Labrador, che proviene dalle regioni artiche e lambisce le coste del Canada e quelle settentrionali degli Stati Uniti, e la corrente di Humboldt, che si forma nelle acque dell’Antartide e risale lungo la costa occidentale sudamericana. Tra le correnti calde, ricordiamo la corrente del Golfo, che ha origine nel golfo del Messico e risale verso l’Europa. Il ciclo dell’acqua, le sorgenti, i fiumi e i laghi Le acque continentali, dette dolci perché contengono meno sali dell’acqua di mare, rappresentano solo il 3% del totale delle acque ma hanno un’importanza fondamentale per la vita dell’uomo. La 5 quantità di acqua presente sulla Terra è sempre la stessa ed è distribuita negli oceani, nell’atmosfera e nei continenti. Tra questi tre “contenitori” di acqua si verifica un continuo scambio detto ciclo dell’acqua: 1) il calore prodotto dal Sole fa evaporare l’acqua degli oceani e dei mari; 2) questo vapore acqueo sale nell’atmosfera, dove si condensa sotto forma di nubi e ricade sulla Terra sottoforma di pioggia e neve; 3) le piogge alimentano i fiumi e le falde acquifere; 4) i fiumi riportano l’acqua al mare, da dove essa risale nell’atmosfera per evaporazione. Si dice sorgente una vena d'acqua sotterranea nel punto in cui essa defluisce, a seconda della portata, in rigagnoli, fossi e anche in corsi d'acqua di maggiore importanza. Le sorgenti si possono dividere, sebbene senza limiti precisi, in ordinarie, minerali e termominerali. Le sorgenti ordinarie sono quelle che hanno una temperatura media prossima alla temperatura annuale del luogo; quando rispondono a determinati requisiti igienici sono largamente impiegate per l'alimentazione umana e convogliate ai centri abitati mediante acquedotti. Le sorgenti ordinarie si manifestano nei punti in cui i livelli di falde acquifere sono tagliati dalla superficie del suolo, ad es. sui pendii e ai piedi di rilievi collinari o montuosi, nei fondo valle, ecc. Le sorgenti minerali contengono una quantità variabile di sale, dovuta alla durata e alla qualità del loro percorso. La presenza di certi sali entro determinati limiti è utile nelle acque potabili; oltrepassati tali limiti, l'acqua non può più essere usata come bevanda ordinaria, perché ingrata al gusto o all'olfatto e causa di disturbi nell'organismo sano. Le sorgenti termominerali sono quelle che presentano temperature più elevate rispetto a quelle ordinarie. Un fiume è un corso d'acqua perenne che scorre sulla superficie terrestre (o in alcuni casi al di sotto di essa) guidato dalla forza di gravità; può essere alimentato dalle precipitazioni piovose, dallo scioglimento di nevi o ghiacciai o dalle falde idriche sotterranee. Raccoglie le acque di una superficie fisicamente delimitata da spartiacque detta bacino idrografico e termina il suo corso in un mare, oceano, lago o altro fiume. Un fiume è costituito da: - un alveo, che è la superficie occupata dal flusso dell’acqua; - degli argini, che sono rilievi (non sempre presenti) che delimitano parallelamente l’alveo; - una valle o pianura alluvionale, ovvero il territorio nel quale scorre il fiume. La parte finale di un fiume si chiama foce e può essere di due tipi: a delta, se le acque del fiume si dividono in due o più rami, o a estuario, se le acque si allargano a imbuto. Il continente europeo e quello asiatico sono i più ricchi di fiumi. I grandi fiumi settentrionali del continente asiatico (come l’Ob, lo Jenisei, la Lena e i loro affluenti) sono gelati per la maggior parte dell’anno e scorrono in regioni che, per questo, sono poco abitate. Quelli europei (Danubio, Reno, Volga e Don) e quelli dell’Asia meridionale (Indo, Gange, Mekong, Fiume Giallo e Fiume Azzurro) scorrono invece in regioni densamente popolate. Nel continente americano i grandi fiumi sono due: il Mississippi-Missouri, che attraversa da nord a sud gli Stati Uniti, e il Rio delle Amazzoni, il bacino idrografico più grande del mondo, che percorre l’America meridionale, attraversando la foresta amazzonica. In Africa scorre il Nilo, il fiume più lungo del pianeta, mentre il più importante fiume australiano è il Darling. Un lago è una grande massa per lo più d'acqua dolce raccolta nelle cavità terrestri. Vengono alimentati da fiumi, sorgenti, ghiacciai e precipitazioni. Rappresentano una riserva di acqua dolce utilizzata dall'uomo per l'irrigazione dei campi, come fonte di acqua potabile e in alcuni casi anche per produrre energia elettrica. I laghi possono essere di diverso tipo: tettonici, vulcanici, alluvionali, glaciali, superficiali, sotterranei, costieri, artificiali, ecc. L’area lacustre più importante del nostro pianeta è quella dei cinque laghi nordamericani alimentati dal fiume San Lorenzo: Erie, Ontario, Huron, Michigan e Superiore. Un’altra vasta area lacustre si trova in Africa centrale che allinea i laghi Malawi, Tanganika, Kivu, Edoardo e Alberto; vicino a questi è l’estesissimo lago Vittoria; più a nord, ai limiti dell’Africa subsahariana, è il lago Ciad. In Asia troviamo il più grande lago della Terra, il mar Caspio, e altri laghi estesi e profondi come l’Aral, il Balhas e il Bajkal. La criosfera e i ghiacciai 6 La criosfera è la porzione di superficie terrestre coperta dall'acqua allo stato solido e che comprende le coperture ghiacciate di mari, laghi e fiumi, le coperture nevose, i ghiacciai, le calotte polari ed il suolo ghiacciato in modo temporaneo o perenne (permafrost). I ghiacciai possono esistere solo a due condizioni: la prima, abbastanza ovvia, è che le temperature annue siano al di sotto dello zero per un certo periodo dell’anno, in modo che il ghiaccio possa conservarsi, la seconda, meno intuitiva, ma altrettanto indispensabile, è che cada un quantitativo di neve sufficiente alla formazione di una certa massa di ghiaccio. A seconda della localizzazione geografica, variano le temperature del ghiacciaio. Per questo si distinguono ghiacciai freddi, o polari, con temperature costantemente e interamente al di sotto dello zero, e ghiacciai temperati, che possono presentare temperature più elevate. I primi si trovano alle alte latitudini, i secondi a basse latitudini, ma in zone di alta quota, dove il raffreddamento dell’aria dovuto all’altitudine compensa il calore dovuto alla bassa latitudine: ghiacciai temperati sono i nostri ghiacciai delle Alpi, ma anche ghiacciai particolari, come quelli che si trovano in zone tropicali o equatoriali, come, per esempio, i ghiacciai del Kilimangiaro o del M. Kenya, in Africa, o quelli delle Ande Peruviane e Boliviane. Un’importante distinzione viene fatta tra il ghiaccio che copre terre emerse e il ghiaccio marino, che galleggia sulla superficie dei mari polari. Per parlare di ghiacciai è necessario che il ghiaccio sia in movimento sotto la spinta del suo stesso peso: il ghiaccio marino o gli iceberg, quindi, pur essendo talvolta in movimento, non costituiscono un ghiacciaio, poiché i movimenti sono passivi, generati da correnti marine, moto ondoso o venti. Pur essendo costituiti dal medesimo materiale, i ghiacciai terrestri sono molto diversi tra loro, per estensione, spessore del ghiaccio, posizione geografica e regime climatico, situazione topografica, forma. Una prima importante distinzione può essere fatta tra ghiaccio di congelamento, che comprende il ghiaccio marino (congelamento diretto dell’acqua del mare, ad es. nel mar Glaciale Artico) e il permafrost (terreno permanentemente congelato, ad es. in Alaska) e il ghiaccio di ghiacciaio, che comprende calotte (estensioni di ghiaccio con una superficie superiore a 50.000 km2, , ad es. in Alaska e Islanda), piattaforme (tabulati che galleggiano sul mare, ad es. la Piattaforma di Ross in Antartide) e ghiacciai montani (corpi di ghiaccio, di diverse dimensioni, che si trovano in ambiente di montagna, ad es. il ghiacciaio del Calderone, sul Gran Sasso d’Italia). GEOGRAFIA DELLA POPOLAZIONE La densità e la distribuzione della popolazione La Terra è popolata, complessivamente, da 6,2 miliardi di individui e, se rapportiamo questo dato assoluto alla superficie del pianeta, otteniamo la densità abitativa media che si aggira intorno ai 43 abitanti per chilometro quadrato. In generale, però, la popolazione mondiale non è distribuita in maniera omogenea sulle terre emerse. Forti differenze nella distribuzione territoriale della popolazione si registrano non solo da un’area continentale a un’altra, ma anche all’interno di ciascun continente e persino di un medesimo paese. La distribuzione della popolazione è un indicatore qualitativo; essa infatti rivela come gli abitanti di un paese si sono insediati al suo interno: in maniera omogenea o meno, accentrata o dispersa sul territorio. La densità, invece, è un indicatore quantitativo che esprime il rapporto tra la popolazione e la superficie. Circa la metà della popolazione mondiale si concentra nella sola Asia monsonica, cioè dal Pakistan all’Indonesia, fino alla Corea e alla parte settentrionale del Giappone. La seconda area di grande popolamento è rappresentata dalle regioni pianeggianti dell’Europa centro-occidentale e dalle zone costiere del bacino del Mediterraneo. Per questo, l’Eurasia e il Mediterraneo sono la principale regione demografica del pianeta. Gli indicatori demografici Gli indicatori demografici sono dei dati che permettono di conoscere alcuni fenomeni relativi alla popolazione di una certa zona geografica. I principali indicatori demografici sono: 7 - la metropoli, ovvero un insediamento principale, detto "polo urbano", e le sue "città satelliti" decisamente più piccole situate nelle vicinanze e collegate al polo principale da un sistema di trasporti. Si tratta di aree urbane di mezzo milione o più di abitanti; - la conurbazione, ovvero la fusione di due o più metropoli (polo urbano e satelliti) che dà luogo ad un vasto territorio urbanizzato ed interconnesso. La conurbazione si estende su aree precedentemente agricole che restano tali soltanto in attesa di essere a loro volta urbanizzate e che hanno perduto molto del loro aspetto rurale tradizionale. Una conurbazione ha qualche milione di abitanti; - la megalopoli, ovvero un'area molto vasta, a livello regionale o sub-nazionale, quasi del tutto urbanizzata, anche se non proprio continua, frutto della vicinanza ed integrazione attraverso un fitto sistema di infrastrutture di più conurbazioni e metropoli, di cui generalmente una o due principali; può arrivare a più di una decina di milioni di abitanti. Morfologia e funzioni urbane Le principali caratteristiche di una città possono essere comprese attraverso l’analisi di alcuni elementi: 1. la sua struttura urbanistica; 2. attività produttive che vi si svolgono; 3. i servizi che fornisce. 1. In genere, la popolazione e le residenze si distribuiscono all’interno della città in relazione alle categorie sociali e professionali degli individui e delle famiglie. Nelle zone centrali, dunque, ci saranno gli edifici più “prestigiosi”, dove abitano le classi più agiate, anche se, in molti paesi sviluppati, il centro delle città è costituito da uffici che svolgono funzioni legate alla finanza e al commercio. Le residenze diventano via via più modeste quanto più ci si sposta verso le periferie, anche se in epoca recente le aree periferiche delle metropoli europee e nordamericane, più prossime alla campagna, sono state interessate dal popolamento di fasce di persone dal reddito medio-alto e dalla costruzione di abitazioni monofamiliari. Per garantire l’efficiente sviluppo delle funzioni e delle attività che caratterizzano l’economia urbana, le città devono essere dotate di un efficiente sistema di infrastrutture, di cui il più importante è certamente quello delle comunicazioni e dei trasporti. La rete stradale costituisce ancora il nucleo centrale del sistema dei trasporti, mentre le città di vaste dimensioni sono in genere caratterizzate dalla presenza di reti metropolitane sotterranee e da servizi di trasporto pubblico di superficie molto capillari. 2. Per quasi due secoli la funzione produttivo-industriale ha svolto un ruolo fondamentale nella vita delle città dei paesi sviluppati: le fabbriche, infatti, tendevano a localizzarsi all’interno delle città per i vantaggi connessi alla presenza di numerosa manodopera e di un sistema articolato di comunicazioni. Attualmente, nelle città dei paesi sviluppati l’industria non riveste più un ruolo fondamentale nell’economia urbana; per questo, molti spazi industriali sono oggi in disuso, oppure sono stati trasformati in modo tale da poter ospitare nuove funzioni e attività terziarie. 3. Fin dalle origini, le città si sono caratterizzate per la presenza di fondamentali funzioni di servizio e di direzione; funzioni che, nella loro estrema varietà, costituiscono oggi il nucleo portante delle attività urbane. Nelle attività di servizio si possono comprendere sia quelle destinate ai singoli cittadini, come le attività di commercio e per l’istruzione, la salute e il divertimento, sia quelle rivolte direttamente alle imprese e al sistema economico. La funzione di direzione è invece riconducibile al fatto che nelle città hanno storicamente sede gli organi politici e di controllo dello stato e della pubblica amministrazione, e al fatto che in città sono localizzate le sedi sociali, le direzioni e gli uffici delle grandi imprese industriali, le direzioni delle banche e delle assicurazioni. I processi di urbanizzazione 10 All’inizio del XIX secolo ebbe inizio in Europa un forte processo di sviluppo urbano che portò città come Londra, Parigi, Berlino a raddoppiare la propria popolazione nel giro di pochi decenni, sconvolgendone le funzioni, la struttura e l’organizzazione. Il fenomeno di espansione delle città continuò per tutto il XIX secolo e investì anche gli Stati Uniti. Tuttavia, le condizioni igieniche nelle grandi città erano ovunque estremamente precarie e le epidemie e la mortalità infantile era molto elevata. Poi, con il progressivo miglioramento delle condizioni di vita, nel secolo scorso, le città dei paesi sviluppati divennero il principale fattore di crescita più rapida e consistente della popolazione. La crescita urbana è stata favorita, oltre che dalla nascita dell’industria, anche da altri importanti fenomeni, come la crescita demografica, le trasformazioni nel settore agricolo e il miglioramento delle reti di comunicazione. Con l’industrializzazione, la città divenne il centro della produzione delle merci, per cui si resero necessari edifici e spazi diversi: vennero così costruite delle fabbriche e, intorno ad esse, nuovi alloggi e quartieri per i lavoratori immigrati dalle campagne. La presenza di una nuova classe sociale, la classe operaia, rese le città il luogo privilegiato delle grandi lotte sociali e sindacali che, a partire dal secolo scorso, hanno permesso il miglioramento delle condizioni di vita e di abitazione delle classi meno abbienti. Oggi, il mondo è costellato di grandi città, ma l’urbanizzazione presenta valori molto disomogenei tra i vari continenti, in particolare a seconda del livello di sviluppo economico. Negli ultimi anni, in molti paesi industrializzati, le città hanno rallentato la loro crescita e la loro popolazione è aumentata solo di circa l’1% ogni anno. Ciò è dovuto ai fenomeni di congestionamento e inquinamento urbano, ma anche al costo elevato delle abitazioni che hanno spinto molte famiglie a stabilire la propria residenza fuori delle grandi città. Per definire tale fenomeno è stato coniato il termine di deurbanizzazione. Nei paesi in via di sviluppo, la popolazione vive nelle aree rurali, anche se la fuga dalle campagne e la crescita delle città hanno ormai assunto dimensioni impetuose. La questione demografica La parte della superficie terrestre abitata stabilmente dagli uomini è chiamata ecumene: oggi questa comprende la quasi totalità delle terre emerse, anche quelle meno ospitali. Le diverse aree dell’ecumene non sono tuttavia popolate in modo omogeneo, infatti l’80% della popolazione mondiale vive nell’emisfero settentrionale, un’area che nel complesso comprende non più del 60% delle terre emerse. Anche i valori della densità variano in misura sensibile, da un continente all’altro e da un Paese all’altro e anche all’interno di uno stesso Stato. L’ineguale distribuzione demografica può dipendere da fattori ambientali. La maggioranza della popolazione, infatti, oggi come ieri, vive nella fascia temperata, nelle regioni monsoniche dell’Asia sudorientale e in quelle delle medie latitudini europee e americane; le aree più fittamente abitate si trovano sotto i 200 metri di altitudine e a meno di 50 km dal mare. La disomogeneità del popolamento è anche il risultato delle migrazioni, che tra il XVI e il XIX secolo hanno lasciato un’impronta nelle numerose città europee, e dello sviluppo delle grandi aree urbane, che ha favorito elevate concentrazioni di popolazione. GEOGRAFIA CULTURALE E GEOGRAFIA ECONOMICA Le diversità culturali (lingue, religioni) I popoli e i gruppi etnici si differenziarono fra loro soprattutto grazie alle lingue che parlano, alle religioni che professano, all’insieme del loro patrimonio culturale. Nel mondo si parlano migliaia di lingue e si calcola che quelle effettivamente in uso siano 6000. Molte lingue si sono diffuse seguendo gli spostamenti dei primi gruppi umani e sono riconducibili ad alcune grandi famiglie: 11 - quella indoeuropea fu diffusa dai popoli dell’Asia centrale che circa 10 000 anni fa migrarono verso l’India e l’Europa; - quella dravidica si spinse dai confini orientali dell’attuale Iran alla Penisola Indiana; - quella semitica, originaria del Medio Oriente, si diffuse poi nell’Africa settentrionale; - quella niger-kordofaniana, nata nell’Africa subsahariana, ha poi conquistato gran parte dell’Africa centrale e meridionale; - quella sino-tibetana si è affermata nell’Asia orientale; - quella austronesiana, nata nell’Asia sud-orientale, è giunta in 10 000 anni anche in Madagascar e nell’Isola di Pasqua. Nel corso della storia, molte lingue si sono diffuse grazie al fatto che i popoli che le parlavano imponevano il loro dominio su altre regioni: è quanto è successo, ad esempio, con il latino, portato dall’esercito romano in gran parte dell’Europa e anche in altri continenti, oppure con il portoghese, lo spagnolo, il francese e l’inglese che si sono diffusi in Asia, Africa, America e Oceania durante le conquiste coloniali (XVI-XIX secolo). In altri casi, non sono state le armi a diffondere una lingua, ma il prestigio culturale, il predominio tecnico-scientifico o la potenza economica: l’italiano è stato lingua di comunicazione internazionale durante il Rinascimento, nei secoli XV e XVI; il francese lo è stato nei secoli XVIII e XIX. Negli ultimi due secoli, l’espansionismo britannico e la successiva preminenza politica ed economica degli Stati Uniti hanno trasformato l’inglese in una lingua universale, parlata in tutti i continenti. Le altre lingue più parlate nel mondo sono quelle dei Paesi con un gran numero di abitanti, come il cinese mandarino in Cina e l’hindi in India. Le religioni sono una delle più complesse espressioni culturali dell’umanità, un importante fattore di aggregazione delle società ma anche una fonte inesauribile di divisione e di conflitto. Da sempre le religioni influenzano il modo di vivere dei popoli e definiscono valori morali e norme di comportamento individuale e collettivo. Spesso le religioni hanno anche condizionato l’organizzazione dei territori, con la costruzione degli edifici di culto e l’identificazione di città e luoghi sacri che sono diventati talvolta mete di intensi pellegrinaggi. Per motivi religiosi sono scoppiati numerosi conflitti e molti di questi celavano dietro il paravento della fede motivazioni politiche, sociali o economiche (es. le Crociate). Oggi i conflitti e le tensioni religiose sono presenti soprattutto in Asia e Africa e riguardano in particolare i rapporti fra musulmani e gli ebrei di Israele, gli induisti della regione indiana, i cristiani di Nigeria e Indonesia. L’Ebraismo è la più antica tra le religioni monoteiste. Oggi gli Ebrei nel mondo sono 13 milioni distribuiti in un centinaio di Paesi; solo in Israele la religione ebraica è maggioritaria, mentre altre comunità consistenti si trovano negli Stati Uniti e in Russia. Dall’Ebraismo è nato il Cristianesimo, nato in Palestina poco più di 2000 anni fa. Nel corso dei secoli, il Cristianesimo ha dato origine a diverse confessioni: quella cattolica è presente soprattutto in Europa e in America latina; quelle ortodosse sono diffuse nell’Europa balcanica e orientale; quelle protestanti (luterana, calvinista, anglicana, valdese) sono presenti nell’Europa settentrionale, in Nordamerica e Australia. Con oltre due miliardi di fedeli, il Cristianesimo, nelle sue diverse confessioni, è la religione più praticata al mondo. L’Islam è la seconda religione per numero di fedeli. Fondata dal Profeta Maometto nel VII secolo si è diffusa dalla Penisola Arabica verso l’Africa settentrionale e sahariana e in molte zone dell’Asia e in alcuni Stati balcanici. Subito dopo la morte di Maometto, l’Islam si è diviso in due grandi gruppi in contrasto tra loro: quello maggioritario dei sunniti, cioè “fedeli alla Sunna” (testo sacro che detta regole religiose e di condotta personale), e quello minoritario degli sciiti, che non riconoscono l’autorità della Sunna e si ritengono seguaci degli imam, unici successori legittimi del Profeta. Vi sono poi alcune sette, come quella dei wahhabiti in Arabia Saudita, che si propongono di ripristinare “la purezza dell’antico Islam” attraverso l’osservanza rigorosa del Corano e di norme come l’obbligo della partecipazione alla preghiera pubblica e dell’elargizione di elemosine. 12 Le risorse energetiche sono quelle che forniscono fonti di energia e sono di diverso tipo: ambientale (sole, vento, acqua) e minerario (combustibili fossili, uranio). Le fonti di energia cui l’uomo attinge maggiormente sono il carbone, il petrolio, il gas naturale e l’uranio. Si tratta di fonti non rinnovabili che insieme coprono oltre il 90% dei consumi energetici mondiali. Carbone, petrolio e gas naturale sono chiamati combustibili fossili perché derivano da resti di piante e animali rimasti sepolti per milioni di anni fino a trasformarsi in materiale solido (carbone), liquido (petrolio) e gassoso (metano o gas naturale). Queste risorse sono ricchissime di carbonio e producono durante la combustione notevoli quantità di energia, indispensabili per qualsiasi attività umana: produrre, spostarsi, scaldarsi, ecc. I combustibili fossili hanno una disponibilità che varia in continuazione, anche grazie alla scoperta di nuovi giacimenti e allo sviluppo di sofisticate tecnologie di estrazione. Gli Stati Uniti, per esempio, utilizzano la tecnica della frantumazione di rocce porose per l’estrazione degli idrocarburi (combustibili fossili); ciò, tuttavia, non può che avere un rilevante impatto sull’ambiente, in quanto inquina le falde acquifere e rende improduttivi i terreni sovrastanti. Un’altra fonte di energia molto usata è quella nucleare, ricavata dal bombardamento dell’uranio con neutroni, che attualmente copre il 4,5% del consumo mondiale di energia. Oggi sono in funzione circa 400 reattori nucleari, distribuiti in una trentina di Paesi; Stati Uniti, Francia, Giappone e Russia sono quelli che possiedono il maggior numero di reattori. Il nucleare ha dei vantaggi non indifferenti, infatti sostituisce il petrolio e il gas naturale ed è una fonte energetica poco inquinante. Tuttavia, ha anche degli svantaggi, come il prezzo molto alto, o il verificarsi di possibili incidenti, che avrebbero effetti devastanti. L’industria e le grandi regioni industriali Le attività industriali occupano una parte abbastanza piccola della superficie della Terra: circa un decimo del pianeta, molto poco se confrontato con lo spazio che occupano le attività agricole. Date le necessità di approvvigionamento delle materie prime, di manodopera e di infrastrutture, la distribuzione dell’industria sul territorio non è affatto uniforme, ma è diffusa in aree economicamente più sviluppate. Queste aree sono l’America, il Giappone e l’Europa occidentale, dove l’innovazione tecnologica ha consentito di ridurre tempi e costi di produzione. Vi sono però anche altre aree che hanno avviato il loro sviluppo industriale: è il caso del Sud-est asiatico, che è passato dalla produzione di beni di consumo (abiti, calzature, giocattoli) alla produzione di beni più complessi (automobili, radio, televisioni, computer). Una rapida e intensa industrializzazione è in atto in Cina, una tra le potenze economiche mondiali, forte nell’industria manifatturiera, mentre in India vi sono importanti industrie nucleari, siderurgiche, chimiche e manifatturiere. La continua trasformazione dell’industria ha portato all’evoluzione dei settori produttivi tradizionali verso forme legate alla ricerca scientifica. L’Europa occidentale è il cuore dell’industria tessile e metallurgica, ma sono settori poco remunerativi, a causa della necessità di molta manodopera; per ovviare agli alti costi, molte grandi imprese hanno spostato le loro produzioni in paesi meno sviluppati. Settori “maturi” (perché presenti da quasi un secolo) sono quello chimico e automobilistico, che si distinguono dalle industrie di base per la continua evoluzione dei prodotti (chimici, farmaceutici, dei modelli di automobili, ecc.). Infine, ricordiamo i settori innovativi dell’elettronica e dell’informatica, che ha come leader mondiali gli Stati Uniti, il Giappone e la Corea del Sud, mentre in Europa va forte l’industria telematica. Quando uno o più centri industriali sono collegati tra loro e creano un’area compatta di relazioni produttive, si determina la formazione di una regione industriale. In Europa, area di antica industrializzazione, vi sono numerose regioni industriali; tra le principali ricordiamo l’area parigina, quella londinese, il bacino della Ruhr in Germania, l’alta pianura lombarda e il bacino del Donbass in Ucraina. Negli Stati Uniti, le principali aree industriali si sono localizzate inizialmente nelle regioni di Nord-est, favorite dalla presenza di numerosi corsi d’acqua, di vasti laghi al confine con il Canada e dalla vicinanza alla costa atlantica; poi le industrie hanno 15 conquistato anche le regioni Sud-occidentali, nei pressi dei giacimenti petroliferi e della costa pacifica. Il terzo polo mondiale a fortissima concentrazione industriale è rappresentato dall’Asia orientale, con l’arcipelago giapponese, dove le industrie occupano tutta l’area di Tokyo e Osaka, e alcune aree costiere della Cina meridionale. In India, le principali aree industriali sono concentrate nelle regioni orientali (Bihar, Orissa, Bengala). Il ruolo delle imprese multinazionali Le multinazionali sono imprese che operano in più paesi con filiali commerciali, reparti produttivi e società finanziarie, capaci di spostare una grande quantità di investimenti e di influenzare la politica internazionale. La nascita delle multinazionali moderne si può datare alla fine della Seconda guerra mondiale, quando molti gruppi statunitensi hanno cominciato a impiantare le loro filiali in Europa. Le multinazionali sono diventate veri e propri colossi industriali e finanziari e alcuni di esse hanno un giro d’affari così alto che il loro fatturato supera la ricchezza che si produce in uno Stato. Le antenate delle imprese multinazionali sono quelle basate sulle produzioni nelle piantagioni. Tali imprese, sfruttando le risorse del Paese colonizzato, hanno aperto il mercato per i prodotti originari di quei luoghi. Le multinazionali di oggi creano impianti produttivi nei Paesi economicamente meno sviluppati per sfruttare una manodopera a basso costo non tutelata e per non dover sottostare a leggi troppo severe sulla tutela dell’ambiente. Esse, inoltre, non utilizzano nessuna risorsa specifica del Paese dove installano una parte della produzione e hanno come scopo l’apertura di nuovi mercati. Al contrario, i centri di ricerca per l’innovazione tecnologica delle multinazionali si trovano concentrati per lo più nei Paesi più ricchi, dove si possono trovare tecnici qualificati e servizi efficienti. In poche parole, i Paesi più poveri rappresentano, per le multinazionali, basse spese produttive e nuovi interessanti mercati, senza che in cambio vengano offerte condizioni per la crescita dello sviluppo. Infine, le multinazionali, aprendo sedi e filiali nei vari Paesi, riescono più facilmente a superare le barriere doganali poste per scoraggiare le importazioni. Spesso le loro sedi principali si trovano in uno dei tanti paradisi fiscali del mondo, dove le imprese sono ridottissime. La maggior parte delle multinazionali è statunitense; seguono il Giappone e l’Europa occidentale. Le prime multinazionali sono state le compagnie petrolifere (es. Eni), alcune imprese automobilistiche (es. Ford, Fiat, Renault, Honda, Toyota) e alcune grandi banche (es. Bank of America). In seguito, sono nate multinazionali nei più svariati settori dell’industria, del commercio e della finanza: assicurativo (es. Lloyd’s di Londra), alberghiero (es. Hilton), chimico (es. Bayer), alimentare (es. Nestlé), elettrotecnico ed elettronico (es. Philips, Sony), informatico (es. Microsoft). Il commercio Il commercio è un’attività che fa parte del settore terziario, ovvero quello che fornisce i “servizi”. Dal 1948 ad oggi, il volume del commercio internazionale è aumentato di oltre 20 volte. La crescita degli scambi e le direzioni dei flussi delle importazioni e delle esportazioni hanno subito notevoli variazioni: se fino a poco tempo fa la gran parte degli scambi riguardava gli Stati Uniti, il Giappone e l’Europa, oggi le esportazioni dei Paesi emergenti sono più che raddoppiate, in particolare quelle relative alla Cina. I flussi commerciali internazionali possono essere intraregionali (all’interno di uno stesso continente) o interregionali (tra continenti diversi). I primi prevalgono in Europa, Asia e America settentrionale; i secondi in Africa, Medio Oriente ed America centro-meridionale. Bisogna dire che i cambiamenti causati dalla globalizzazione nelle gerarchie economiche mondiali si riflettono anche nella struttura del commercio internazionale. I primi posti nella classifica delle esportazioni spettano a Cina, USA, Germania e Giappone, seguiti da altri Paesi dell’UE. Questi Paesi entrano nel commercio mondiale comprando materie prime e prodotti agricoli, mentre vendono prodotti manufatti e servizi. Si comportano al contrario i Paesi più poveri e quelli la cui 16 economia si basa esclusivamente o in gran parte sull’esportazione di una risorsa (petrolio, prodotti delle piantagioni). In campo agricolo la principale economia è rappresentata dal commercio di cereali, quasi monopolizzato dai Paesi più sviluppati. Poche sono le eccezioni a questa “geografia degli scambi”. La più rilevante è costituita da alcuni Paesi emergenti dell’Asia e del Sudamerica, come l’India e il Brasile, che producono anche beni e servizi a elevato contenuto tecnologico. Le vie del commercio dall’antichità all’età contemporanea Il commercio risale al Neolitico, quando si svilupparono tecniche di lavorazione della pietra. Questo si accompagnò a una particolare attenzione alla scelta delle materie prime: vere e proprie miniere vennero aperte dove erano presenti giacimenti di pietre particolarmente pregiate. I blocchi che vi venivano estratti erano poi esportati a centinaia o migliaia di chilometri di distanza: è questo il caso delle cave di selce delle isole britanniche, della Francia, dell'Olanda e della Polonia, ma anche dell'ossidiana, una roccia nera lucida e tagliente che veniva estratta in alcune isole del Mediterraneo, e i cui prodotti ricavati sono stati rinvenuti lungo le coste di quel mare e nel continente europeo. Una svolta più significativa si verificò nel periodo successivo, detto “età del bronzo”: a partire dal 3000 a.C. circa, lo stagno venne mescolato al rame producendo una lega di grande resistenza, il bronzo. Questo metallo venne prodotto per la prima volta nel vicino Oriente e agli inizi gli artigiani addetti a lavorarlo erano forse tecnici itineranti. L'introduzione del bronzo stimolò gli scambi commerciali tra le regioni che producevano stagno, quali alcune zone dell'Europa occidentale e l'Afghanistan, e quelle da cui proveniva il rame, in particolare Cipro e le altre aree del Mediterraneo orientale. Inoltre, poiché la nuova lega era un materiale pregiato e durevole, essa poteva essere utilizzata come una sorta di moneta primitiva nello scambio con le altre merci. Nell’Antico Egitto (3100- 525 a.C.) si verificarono intensi rapporti commerciali con il Mediterraneo, il vicino Oriente e l'Africa interna. Nonostante la florida agricoltura dell'Egitto, il paese era relativamente privo di materie prime e, per sopperire a questa mancanza, lo Stato dei faraoni intrecciò con i paesi vicini una fitta rete di scambi. Dall'Africa interna l'Egitto importava avorio, resine aromatiche e oro; dalle regioni vicino-orientali giungevano in Egitto soprattutto legname e metalli, quali rame, stagno, argento e ferro. In cambio di questi prodotti gli egizi fornivano derrate agricole e prodotti finiti, come unguenti, monili e oggetti in metallo, realizzati dai loro abili artigiani. Nell'antico Egitto, inoltre, non esisteva la moneta e per gli scambi vigeva il sistema del baratto, utilizzato anche per i commerci a lungo raggio tra i diversi stati. Nell’XI sec. a.C., i Fenici costituirono una serie di città-stato, le più importanti delle quali furono Sidone e Tiro. Grazie alla loro collocazione, esse ebbero una rilevante funzione commerciale. Infatti, l'entroterra siriano e mesopotamico poteva fornire prodotti di artigianato di alta qualità, che si andavano ad aggiungere a quelli realizzati dagli stessi fenici, quali preziosi tessuti tinti di porpora e raffinati oggetti in avorio. Queste merci erano poi esportate, via mare, verso le regioni che si affacciavano sul Mediterraneo occidentale, dove venivano scambiate con materie prime, specie metalli come lo stagno e l'argento che provenivano dalla lontana Spagna. I Micenei (XVII-XII sec. circa) basavano parte della loro economia sul commercio. I palazzi, infatti, organizzavano spedizioni commerciali oltremare che giungevano fino alle coste italiane e spagnole. Queste attività al largo raggio comportavano la fondazione di piccoli empori, basi stabili per le operazioni commerciali. I Micenei si diressero soprattutto verso Oriente, sulle coste dell'Asia Minore, a Cipro e in Egitto, come testimoniano i recenti rinvenimenti di relitti di navi micenee cariche di merci provenienti da questi paesi. 17 anseatica, che riuniva le varie associazioni tra le città mercantili allo scopo di assicurare vantaggi commerciali comuni. Nel Seicento i commerci nel Mediterraneo subirono un tracollo, mentre i porti sull'Atlantico videro aumentare i loro traffici a vantaggio soprattutto delle nuove ed emergenti potenze coloniali (Inghilterra, Olanda e Francia). Parallelamente crebbe il peso delle attività produttive dell'Europa centro-settentrionale ai danni di quella orientale e meridionale. L'espansione e la conquista coloniale, il controllo delle rotte oceaniche e le profonde trasformazioni economiche e sociali fecero dell'Europa il centro politico e commerciale del mondo, in un unico sistema di scambi commerciali di cui gli altri continenti costituivano la “periferia”. All'inizio del Seicento, l'America centro-meridionale faceva parte di un sistema coloniale dominato dalla Spagna: le navi cariche di metalli preziosi giungevano nel porto di Siviglia per alimentare le casse della maggior potenza coloniale, e indirettamente, in quelli degli stati europei dotati di un'economia più avanzata, dai quali la Spagna era costretta ad acquistare beni agricoli e manifatturieri. Successivamente si verificò una progressiva penetrazione economica e commerciale degli europei in Asia: piccoli insediamenti fortificati sulle coste divennero le basi di un lucroso commercio di spezie e prodotti di lusso gestito dalle compagnie commerciali. I protagonisti di questo periodo erano i portoghesi (che commerciavano con l'estremo Oriente), gli inglesi (che stabilirono basi commerciali in India e nel Golfo Persico), i francesi (che si insediarono in Madagascar, nel Golfo di Guinea e in India) e gli olandesi (che costruirono il loro impero commerciale nell’arcipelago dell'Indonesia). Tra gli strumenti con i quali le nuove potenze europee affrontarono la concorrenza commerciale e la conquista coloniale, uno dei più importanti fu rappresentato dalle compagnie commerciali di navigazione. La prima fu quella delle indie orientali (EIC), fondata nel 1600 in Inghilterra, che consentì alla corona inglese di realizzare la conquista coloniale dell’India. Nel 1602 nacque la analoga compagnia olandese, la VOC, con sede a Giakarta, nell'isola indonesiana di Giava, attraverso la quale venne realizzato un impero commerciale altrettanto potente. Il motore dell'economia olandese era Amsterdam, il cui porto divenne il centro di un complesso sistema di scambi tra le Americhe, il Mediterraneo, l'Estremo Oriente, l'Africa e la Russia. Verso il Baltico le navi olandesi portavano spezie, vino e prodotti manifatturieri dell'Europa occidentale e ne tornavano con ferro, rame, legname, cereali e pellicce. L'Inghilterra mantenne e migliorò il primato commerciale durante la Pima rivoluzione industriale: grandi progressi vennero compiuti nel campo dei trasporti via terra e via mare attraverso nuove strade e canali, che spianarono la strada a risorse preziose, collegando la produzione ai mercati. Durante la Seconda rivoluzione industriale, invece, i protagonisti del commercio mondiale furono gli Stati Uniti, che diedero avvio a una serie di nuove tecniche finanziarie e commerciali efficaci, come le <<società per azioni>>, la diffusione della moneta di carta e lanci pubblicitari su larghissima scala. Tra l’Ottocento e il Novecento, si intensificò il fenomeno del colonialismo, attraverso l'intervento diretto dello Stato nei paesi occupati. Gli obiettivi erano legati alla Seconda rivoluzione industriale: lo sviluppo delle industrie richiedeva materie prime e, al tempo stesso, imponeva la ricerca di nuovi mercati in cui vendere i prodotti. Quanto alle dimensioni, la nuova espansione coloniale divenne planetaria. In particolare, l'Asia e l'Africa rispondevano ai requisiti voluti dalle potenze europee perché erano continenti grandi, popolosi, ricchi di risorse, ma politicamente instabili e tecnologicamente arretrati. Le nuove potenze coloniali erano l'Italia, la Francia, l'Inghilterra, il Belgio e la Germania, i quali organizzarono una sistematica conquista armata dei paesi da sfruttare. 20 La new economy e l’e-commerce La new economy è l’insieme dei fenomeni economici, ma anche sociali e culturali, associati all’impetuoso sviluppo delle tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni (Information and Communication Technologies, o ICT), che ha caratterizzato l’ultimo scorcio del XX secolo a partire dagli Stati Uniti per poi estendersi agli altri Paesi industrializzati. Le imprese appartenenti ai settori economici da cui trae origine questo sviluppo si sono caratterizzate per ritmi di crescita sostenuti e hanno dato vita a un mercato estremamente ampio e dinamico. La rivoluzione tecnologica nel campo delle ICT ha contribuito a un funzionamento più efficiente dei mercati, oltre i tradizionali confini nazionali, grazie all’accesso a informazioni d’importanza cruciale con modalità meno costose e più rapide. Questo ha avuto un notevole impatto sull’andamento dei mercati finanziari e ha favorito il processo di globalizzazione economica, finanziaria e culturale. Si chiama e-commerce la transazione e scambio di beni e servizi effettuati mediante l’impiego della tecnologia delle telecomunicazioni e dell’informatica (Internet, Intranet, personal computer, televisione digitale ecc.). Le transazioni concernenti i beni fisici possono avvenire per via elettronica fino al momento del pagamento del bene acquistato, ma in ogni caso comportano l’espletamento di attività tradizionali come il trasporto e la consegna all’acquirente; nel caso di beni digitali (software, file audio, file video) l’intero processo di scambio può avvenire esclusivamente per via elettronica. Lo sviluppo dell’e-commerce è stato finora caratterizzato da forti disparità fra paesi e aree geografiche: più diffuso e avanzato negli USA e in alcuni paesi dell’Europa settentrionale, è ancora d’importanza marginale in zone più povere. Nelle famiglie, il ricorso all’acquisto per via elettronica cresce con il crescere del livello del reddito e dell’istruzione e interessa soprattutto le classi di età più giovani. I trasporti e le comunicazioni Il fenomeno della globalizzazione è stato possibile grazie ad alcune condizioni economiche e tecnologiche che si sono verificate, in particolare, negli ultimi decenni. In primo luogo, si sono fatti più intensi gli effetti di una grande trasformazione nel sistema dei trasporti, per quanto riguarda sia i mezzi sia le tecniche utilizzati, che hanno consentito di abbassare i costi di trasporto delle merci, rendendo conveniente spostare la produzione anche in paesi molto lontani. In secondo luogo, i nuovi sistemi informatici e di telecomunicazione hanno consentito il controllo generalizzato dei tempi di produzione e di trasporto delle merci. L’utilizzo di nuove tecnologie di comunicazione e le innovazioni nel sistema dei trasporti hanno consentito la costituzione di un sistema mondiale di produzione e scambio. La comunicazione e i trasporti hanno infatti modificato le relazioni spazio-temporali e ridimensionato i costi. Ciò permette a un numero sempre più vasto di attività produttive di collocarsi in maniera indifferenziata nei luoghi più diversi del mondo. In pochi anni, i mezzi di trasporto terrestre, aereo e acqueo hanno beneficiato di progressi tecnici formidabili, consentendo miglioramenti sostanziali in materia di guida, volume di carico, velocità e sicurezza. A ciò si aggiungono le trasformazioni relative alla movimentazione delle merci: il miglioramento della logistica e l’integrazione tra le differenti modalità di trasporto, grazie all’introduzione dei container e alla realizzazione degli interporti (aree attrezzate al rapido trasferimento dei carichi di merci da un tipo di trasporto all’altro). La riduzione dei costi di trasporto e telecomunicazione è stata invece consentita dalla liberalizzazione delle tariffe e dalla privatizzazione di numerose grandi società statali. Il trasporto aereo ha conosciuto un enorme incremento negli ultimi anni. La rete mondiale del traffico aereo è caratterizzata da forti diseguaglianze. America settentrionale ed Europa sono le aree in cui si concentra la maggior parte della navigazione aerea, anche se l’Asia orientale sta conquistando una crescente importanza. La localizzazione dei principali aeroporti acuisce le 21 disuguaglianze territoriali e accentua il fenomeno della metropolizzazione del pianeta. Infatti, la strategia delle grandi compagnie aeree tende a creare grandi aeroporti, chiamati hub, in cui si concentrano i voli e l’interscambio tra le varie linee aeree. Le rotte sono assicurate da grandi compagnie aeree, chiamate vettori, in forte concorrenza tra di loro. Il trasporto marittimo è il sistema di trasporto più utilizzato negli scambi internazionali delle merci, mentre per il trasporto dei passeggeri essa è stata quasi completamente sostituita dal trasporto aereo. La flotta mondiale è costituita da navi sempre più grandi e specializzate che, unite alle nuove tecniche di trasporto e di carico-scarico delle merci, hanno determinato una trasformazione radicale del sistema delle infrastrutture portuali. La parte preponderante di queste ultime è situata in America del Nord, in Europa e nei Paesi della sponda pacifica dell’Asia. Il Paese che possiede la più grande flotta mercantile è il Giappone; seguono Panamà e gli Stati Uniti; tra i Paesi europei si distinguono la Federazione Russa, la Norvegia e la Grecia. I porti più importanti del mondo per volume di traffico merci sono quelli di Rotterdam e di Singapore. Nel mondo non circolano solo merci e persone; la complessità dell’economia globalizzata ha reso più indispensabile anche la circolazione di servizi e informazioni. Nel mondo contemporaneo, l’informazione è diventata a pieno titolo uno dei principali fattori della produzione. Le informazioni circolanti nel mondo sono veicolate attraverso una fitta rete di telecomunicazioni. Insieme alla comunicazione telefonica mobile, è la rivoluzione di Internet a rappresentare a pieno titolo il fenomeno mondiale dell’espansione e del progresso nelle tecnologie delle telecomunicazioni. Ma solo le nazioni più progredite dispongono di una rete capillare di telecomunicazione e di un efficiente sistema di gestione informatica delle informazioni, ovvero le reti telematiche. Queste reti sono controllate da grandi compagnie che mantengono nei Paesi sviluppati la produzione dei programmi (software), mentre spostano nei Paesi in via di sviluppo le produzioni degli apparecchi (hardware). Le nuove tecnologie L’innovazione tecnologica è un elemento strategico delle grandi imprese per affrontare le sfide del mercato globale. Gli investimenti in innovazione tecnologica consentono, infatti, sia la riorganizzazione delle modalità di produzione tradizionali sia l’immissione sui mercati di prodotti nuovi e più competitivi, grazie al livello di conoscenza scientifica incorporata (prodotti high tech). Dopo la rivoluzione agricola e industriale, c’è la rivoluzione tecnologica, che ha fatto in modo di sostituire l’intervento dell’uomo e di ridurre enormemente i costi di produzione. Se le precedenti trasformazioni si erano basate sull’uso di risorse materiali, questa nuova fase di sviluppo si basa sull’uso di risorse immateriali come la scienza e il sapere. A partire dagli anni ’70, le numerose innovazioni realizzate nel settore della microelettronica e dell’informatica hanno portato a una profonda trasformazione delle industrie, attraverso l’introduzione di processi di produzione automatizzata, e allo sviluppo di nuovi settori produttivi. In questo senso, è fondamentale l’invenzione del microprocessore, che ha consentito di diminuire le dimensioni dei computer e di aumentarne la potenza di calcolo. Anche nei settori chimico e farmaceutico sono state realizzate importanti innovazioni. Le biotecnologie, tecnologie applicate alle scienze biologiche, rappresentano l’apporto più rivoluzionario. Attraverso le nuove tecniche è oggi possibile creare specie vegetali più resistenti alle condizioni ambientali o alle malattie, oppure è possibile creare pesticidi biologici selettivi, cioè in grado di agire solo su uno specifico parassita. Alcune innovazioni, infine, che hanno modificato la struttura della produzione industriale sono il laser, le fibre ottiche, i nuovi materiali sintetici o la realizzazione di nuove leghe metalliche. 22 sistema sono altri fiumi importanti, come l’Adige e il Tagliamento. Tutto il resto della penisola appartiene al sistema appenninico, caratterizzato dalla presenza di moltissimi corsi d’acqua, alcuni di lunghezza notevole, come il Tevere e l’Arno. Nel complesso, l’Italia presenta un clima temperato di tipo mediterraneo, anche se la latitudine e la vicinanza al mare condizionano la circolazione delle masse d’aria che contribuiscono a creare una forte varietà climatica. In generale, il clima costiero si presenta più piovoso nelle regioni settentrionali e più arido in quelle meridionali; più freddo sul mar Adriatico e più mite sul mar Tirreno. Le aree alpine sono caratterizzate da un clima rigido, mentre le zone più interne presentano caratteristiche climatiche continentali. Il complesso intreccio degli avvenimenti storici e dei cambiamenti geopolitici che hanno interessato il nostro Paese hanno anche contribuito a formare l’identità italiana. Dal punto di vista etnico, il nostro Paese è uniforme: la grande maggioranza dei cittadini è di nazionalità italiana e la lingua italiana è ampiamente diffusa. Le minoranze etniche sono esigue e, quindi, poco parlati i diversi idiomi: il tedesco è la lingua ufficiale in Alto-Adige insieme all’italiano, ed è parlato in alcune zone alpine; lo sloveno è parlato nel Friuli orientale; il ladino in alcune vallate alpine; il patois francese (francese non parigino), lingua ufficiale insieme all’italiano, in Valle d’Aosta; colonie linguistiche albanesi sono presenti in Sicilia, Calabria e in altre regioni meridionali; in Sardegna, nella zona di Alghero, vi è una comunità di lingua catalana. Molto diffusi sono invece i dialetti, alcuni dei quali sono da considerare delle vere e proprie lingue, come il sardo e il friulano. Per quanto riguarda la sfera religiosa, a partire dal Novecento si sono verificati due fenomeni. Il primo è la progressiva laicizzazione del Paese, segnata dalla minor frequenza nelle pratiche religiose da parte di una percentuale crescente di italiani. Sono ormai diverse, ad esempio, le province nelle quali il numero dei matrimoni civili eguaglia o supera quello dei matrimoni religiosi. Il secondo, frutto dell’immigrazione, è la diffusione di altre religioni. La compresenza di diversi luoghi di culto, come le moschee e le sinagoghe, è una delle caratteristiche principali del nostro Paese, segno di tolleranza e rispetto verso gli altri. Ma l’Italia è stata l’unica nazione del mondo occidentale a ospitare sul proprio territorio un vero e proprio Stato della Chiesa, con un pontefice che era guida spirituale e sovrano. Questa situazione ha lasciato tracce profonde: la Chiesa, come istituzione, e il cattolicesimo hanno influito sulla politica, sulla cultura, sull’educazione e sull’istruzione. Il nostro è sempre stato un Paese a maggioranza cattolica e questo dato ha contribuito in maniera determinante a formarne l’identità. Nonostante il declino che da qualche anno caratterizza l’economia italiana, con una bassa crescita del Pil, il nostro Paese si colloca tra le nazioni più ricche del mondo: in media, ogni famiglia italiana dispone di un reddito annuo pari a 25 000 euro. La ricchezza, tuttavia, non è distribuita in maniera equilibrata, perché vi è una forte differenza tra il reddito familiare del Nord e il reddito famigliare del Sud. Gli italiani, inoltre, consumano circa il 73% del proprio reddito e risparmiano il resto, ma anche in questo caso esistono differenze notevoli: per le famiglie meno abbienti la capacità di risparmio è nulla, mentre cresce progressivamente all’aumentare del reddito. Per quanto riguarda il lavoro, l’Italia ha visto una progressiva riduzione dell’occupazione nell’ambito dell’industria, a causa della meccanizzazione dei processi produttivi, che comporta un minor impiego di manodopera, e della delocalizzazione degli impianti industriali in aree del mondo dove i costi sono più bassi. Questi fenomeni si sono accompagnati alla cosiddetta “terziarizzazione dell’economia”: il reddito e il lavoro degli italiani dipendono, infatti, sempre più dalle attività del settore dei servizi, in particolare da quelle a più elevato contenuto di conoscenza o tecnologia. In complesso, resta alquanto diffusa la disoccupazione che colpisce soprattutto i giovani e raggiunge punte molto preoccupanti nelle regioni meridionali e insulari. 25 L’Italia è uno dei paesi più industrializzati del mondo, anche se permangono forti squilibri nella distribuzione delle attività produttive. Dominante, infatti, risulta la posizione del Nord-ovest, mentre una forte crescita si segnala anche nel Nord-est e nell’Italia centrale; nel Sud, invece, prevalgono piccole imprese che operano in comparti tradizionali (tessile, legno, ecc.). L’agricoltura è praticata con tecniche moderne nelle regioni settentrionali, specialmente nella pianura padano-veneta, mentre nel resto del Paese il settore è più arretrato, anche se esistono produzioni altamente specializzate. Si stanno diffondendo rapidamente anche le colture biologiche. Nell’ambito del settore terziario, una particolare importanza ha il turismo. L’Italia, infatti, è il quarto paese al mondo per numero di visitatori stranieri, con rilevantissimi introiti. A differenza di altri paesi sviluppati, l’Italia dispone di un sistema che garantisce a tutti l’assistenza sanitaria. Tuttavia, spesso la sanità italiana presenta situazioni di degrado. Nonostante il numero delle iscrizioni alle scuole secondarie e alle università sia in costante aumento, in Italia non si sono ancora raggiunti i livelli di scolarizzazione dei paesi più avanzati. A ciò si aggiunge un sistema formativo italiano inadeguato alle esigenze di un paese sviluppato, causato da una esigua spesa annua nel settore della ricerca e dello sviluppo. Il sistema scolastico italiano, inoltre, è caratterizzato da una forte dispersione. Questa situazione trova conferma nel fatto che, secondo i dati, gli italiani leggono poco. Caratteristiche fisico-ambientali, socioculturali ed economiche relative all’Europa 1. Il territorio Al contrario di altri continenti, l’Europa non è costituita da terre completamente circondate da oceani: infatti, mentre a nord il territorio europeo è delimitato dal Mar Glaciale Artico, a ovest dall’Atlantico e a sud dal Mediterraneo, verso est è unito all’Asia, con una linea di confine che va dalla catena degli Urali fino agli stretti marini del Bosforo e dei Dardanelli. Il territorio europeo non è molto vasto, ma possiede una notevole varietà morfologica. La forma è caratterizzata da una grande presenza di penisole (Scandinavia, penisole iberica, italiana, balcanica) e di isole (Islanda, isole britanniche, italiane e greche). Nella parte settentrionale e meridionale dell’Europa, inoltre, si trovano soprattutto montagne, mentre la zona centro-orientale è occupata da pianure e basse colline. Le principali catene montuose (Pirenei, Alpi, Appennini, Balcani) si sono formate in seguito allo spostamento della zolla africana verso quella europea e di quella indiana verso quella asiatica: da questo duplice scontro è nato il grande sistema “alpino- himalayano”. Il lentissimo movimento della zolla africana verso l’Europa continua tuttora ed è all’origine di diffusi fenomeni vulcanici e della forte sismicità. L’Europa presenta, inoltre, una vastissima tipologia di coste: dove il territorio è pianeggiante, le coste sono prevalentemente basse, rettilinee e sabbiose; dove invece il territorio è montuoso, le coste sono alte e rocciose. Vi è anche una gran quantità di acque interne, utilizzabili per la navigazione e l’irrigazione. I fiumi delle zone centrali e settentrionali, come il Reno e il Danubio, scorrono lenti e sono caratterizzati dalla regolarità di portata, per cui sono normalmente navigabili. In Europa orientale, invece, predomina il Volga, la principale arteria fluviale, che non è navigabile dal momento che è bloccato dal gelo per circa cinque mesi all’anno. In Europa meridionale, infine, i fiumi principali, quali il Po, il Tago e il Rodano, presentano un corso più impetuoso e per questo motivo sono in genere poco navigabili. In Europa settentrionale sono presenti centinaia di laghi, nati in seguito al ritiro dei ghiacciai, come il Ladoga e l’Onega nel territorio della Federazione Russa, oltre al Vanern e al Vattern, in Scandinavia. Altri laghi, invece, si sono formati in epoche antecedenti l’ultima glaciazione, come il Balaton, in Ungheria, e quelli situati tra la Macedonia e l’Albania. 26 In complesso, il clima dell’Europa è temperato, in quanto non sono presenti situazioni estreme di aridità e di gelo. La notevole estensione in latitudine del continente però determina differenti ambienti climatici e per questo la temperatura, nella stessa stagione, è molto differente a seconda dei luoghi considerati. Questa situazione contribuisce a determinare la presenza di diversi ambienti naturali: dalla tundra (bassa prateria di muschi e licheni) e dalla taiga (foresta di conifere e betulle) delle zone più fredde, alla steppa (distesa di basse erbe utilizzate per il pascolo) delle pianure interne orientali, fino agli arbusti della macchia (insieme di arbusti sempreverdi, bassi e fitti) mediterranea a sud. 2. La cultura Nel tempo, le innumerevoli ondate migratorie hanno arricchito il territorio europeo, apportando un prezioso patrimonio di conoscenze, tecniche e credi religiosi. I fondamenti della cultura europea si trovano nella civiltà dell’antica Grecia e in quella romana, che hanno elaborato il senso di responsabilità politica e civile dell’individuo. Dal punto di vista linguistico, l’Europa presenta una certa frammentazione. Quasi tutte le lingue parlate in Europa derivano da un unico remoto ceppo linguistico indoeuropeo, come testimonia la presenza di numerosi vocaboli comuni. In questo ceppo si possono identificare tre grandi famiglie: - le lingue neolatine (italiano, francese, spagnolo, portoghese, rumeno), parlate in tutta l’area del vecchio continente che ha fatto parte stabilmente dell’Impero romano; - le lingue germaniche (tedesco, inglese, danese, olandese, norvegese, svedese, islandese), parlate in Europa centro-settentrionale; - le lingue slave (russo, ucraino, bielorusso, polacco, ceco, slovacco, bulgaro, sloveno, serbo- croato, macedone), parlate in Europa orientale. Vi sono poi alcuni linguaggi indoeuropei propri di popolazioni non molto consistenti: si tratta soprattutto del greco, dell’albanese e del baltico, oltre alla lingua rom. In Europa vengono parlate anche alcune lingue di origine non indoeuropea, come l’ungherese, il finnico e il basco. Fra le religioni praticate in Europa predomina il Cristianesimo, in tutte le sue confessioni: - cattolicesimo, professato nella parte occidentale e in quella mediterranea (Irlanda, Belgio, Francia, Spagna, Portogallo e Italia), ma è diffuso anche nella zona centro-orientale (Austria, Ungheria, Croazia, Polonia, Lituania); - protestantesimo, diviso in luteranesimo, calvinismo e anglicanesimo, professato nei paesi scandinavi (Danimarca, Norvegia, Svezia, Finlandia), in Estonia, Lettonia, Regno Unito, Germania, Paesi Bassi, Svizzera; - confessione ortodossa, professata in Grecia, Serbia, Bulgaria, Romania, Ucraina, Moldova, Bielorussia, Federazione Russa. Tra le religioni non cristiane praticate in Europa, abbiamo l’Ebraismo e l’Islamismo. L’Europa costituisce uno dei tre poli dell’economia internazionale. Il settore più importante è il terziario, ma anche quello manifatturiero è in crescita, grazie alla trasformazione dei sistemi produttivi. Questo grazie allo sviluppo dell’elettronica, dell’informatica e delle telecomunicazioni. La realtà economica dell’Europa presenta al suo interno forti differenziazioni: a grandi linee, si può affermare che l’area nord-occidentale sia più ricca di quella sud-orientale. Vi sono alcuni stati di dimensioni modeste ma dotati di sistemi produttivi molto efficienti, che raggiungono i valori di reddito pro-capite più elevati del mondo: si tratta di paradisi bancari come Lussemburgo e Svizzera, ma anche Paesi Bassi, Irlanda, Danimarca, Norvegia e Austria. Dopo la caduta dei regimi comunisti, i paesi dell’Est hanno abbandonato l’economia pianificata in favore di quella di mercato. Si tratta di un processo lento e difficoltoso, che finora ha avuto esiti differenziati. Nell’area centro-orientale (Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Polonia, repubbliche baltiche, Slovenia e Croazia), l’economia è stata convertita al modello occidentale, con la trasformazione delle strutture produttive e il rinnovo dell’apparato industriale. Bulgaria e 27 chiamata Rift Valley, e da vaste depressioni del terreno che hanno dato origine ad alcuni laghi di notevoli dimensioni, tra cui il Vittoria, terzo lago al mondo per estensione. In Africa la varietà climatica fa sì che siano compresenti ambienti naturali radicalmente diversi, come il deserto, regno dell'aridità, e la foresta pluviale, regno della massima umidità. Tuttavia, le temperature medie sono elevate in tutto il continente. A nord e a sud dell'Equatore, le temperature medie diminuiscono e le precipitazioni diventano stagionali. Dapprima si incontra la savana, poi, allontanandosi dall'Equatore, il territorio diventa sempre più arido. Infine, si incontrano i deserti: a nord il Sahara, il più vasto del mondo, a sud il Kalahari e il Namib. Vi sono alcuni rilievi montuosi al centro del Sahara: in queste zone l'acqua caduta durante le piogge viene assorbita dal terreno e riaffiora nelle oasi, zone verdeggianti abitate e coltivate. Oltre il deserto, sia a nord che a sud, si incontra un clima temperato. 2. La popolazione In Africa vive quasi un ottavo della popolazione mondiale, sebbene, in complesso, la densità media sia bassa. Il popolamento piuttosto rado del continente è dovuto a molteplici fattori; in vaste aree, ad esempio, la natura (deserto e foresta pluviale) è ostile e inadatta allo sviluppo degli insediamenti umani. Altri fattori sono responsabili di un vero impoverimento demografico del continente, come le malattie epidemiche, tra cui la lebbra e, oggi, soprattutto, l'Aids che colpisce maggiormente l'Africa sub-sahariana; vi sono poi le malattie causate da denutrizione e quelle, come la malaria e la malattia del sonno, propagate da insetti nocivi. La scarsa densità di popolazione si accompagna alla netta prevalenza degli insediamenti rurali su quelli urbani: il territorio interno è infatti dominato da una miriade di piccoli villaggi, che raccolgono circa il 70% della popolazione. Al contrario della densità di popolazione, la crescita demografica è molto elevata, tra le più alte del mondo. Tuttavia, questo rappresenta un freno allo sviluppo poiché la produzione locale non riesce a coprire gli accresciuti bisogni alimentari e materiali della popolazione, che spesso vive in condizioni di grave povertà. In numerosi stati africani la speranza di vita media non raggiunge i cinquant'anni e l'estrema povertà rende anche più difficile l'accesso all'istruzione con un conseguente tasso di analfabetismo molto alto. La situazione di sottosviluppo, povertà e denutrizione che caratterizza vaste regioni del continente, ha prodotto un costante e massiccio esodo della popolazione alla ricerca di migliori condizioni di vita. Molti stati europei, oggi, sono mete ambite, sebbene non tutti riescano a trovarvi condizioni di vita realmente migliori. Sebbene il panorama delle etnie africane sia piuttosto complesso a causa dei numerosi gruppi presenti sul territorio e a causa delle frequenti migrazioni, è possibile rintracciare a grandi linee alcune aree ben caratterizzate. A nord del Sahara prevalgono i discendenti degli arabi; a sud del Sahara i due gruppi principali sono i sudanesi e i bantu, suddivisi in diverse etnie. Vi sono poi piccoli gruppi di discendenti dei più antichi abitanti dell’Africa: i boscimani, gli ottentotti e i pigmei. Nelle regioni centro-orientali e nel Madagascar vi sono gruppi etnici di origine mista, come i somali, gli etiopi e i malgasci. In Sudafrica, infine, vive una consistente minoranza bianca, discendente dai colonizzatori inglesi e olandesi, i Boeri. Dopo la conquista dell'indipendenza da parte degli stati africani, che è avvenuta prevalentemente nel corso degli anni '60 del ‘900, sono scoppiati gravi conflitti, sia fra paesi diversi, sia all'interno di molti stati, dove etnie differenti si contendono il predominio politico o il possesso delle notevoli ricchezze del sottosuolo: è il caso della Sierra Leone e del Congo, dove da anni si combattono feroci guerre. Questi conflitti provocano migliaia di vittime e flussi ininterrotti di profughi che si spostano nei paesi vicini per sottrarsi allo sterminio. 30 3. L’economia In Africa la maggioranza della popolazione è occupata nel settore agricolo, anche se il continente è spesso alle prese con gravi carestie e fenomeni di insufficienza alimentare. Ciò deriva dal fatto che il comparto più produttivo, quello delle colture di piantagione (caffè, cacao, ananas, banane) lavora solo per l'esportazione. Al contrario, le colture di sussistenza sono poco produttive e la copertura del fabbisogno alimentare delle popolazioni è delegata alle importazioni e, più spesso, all'arrivo degli aiuti internazionali. A parte le colture di piantagione, l'agricoltura più sviluppata è praticata sulle coste settentrionali (frumento, vite, ulivo, agrumi). Le pratiche agricole sono abbastanza produttive anche in alcune aree della savana, ma la mancanza di impianti di irrigazione e la lunga siccità stagionale permettono di coltivare unicamente poche specie (sorgo, manioca, meglio). Nell'africa equatoriale, le condizioni sono ancora più difficili in quanto le pratiche agricole sono arcaiche e limitate; l'unica risorsa importante è rappresentata dal legname pregiato (ebano, palissandro). L'Africa è molto ricca sia di fonti energetiche (petrolio e gas naturale) sia di minerali preziosi (oro, rame, diamanti). In particolare, nel caso dei diamanti, l'Africa copre pressoché da sola la domanda mondiale, ma questa risorsa non è sufficiente a risolvere i gravi problemi economici che affliggono quasi tutti gli Stati dell'africa sub-sahariana, in quanto le risorse del sottosuolo vengono infatti vendute ai paesi industrializzati in cambio di beni di consumo. Negli stati settentrionali (Libia, Egitto, Algeria) e in Nigeria, invece, i vasti giacimenti di petrolio e di gas naturale hanno contribuito allo sviluppo economico. Nonostante il continente africano possieda ingenti risorse minerarie, l'attività industriale è scarsamente diffusa, con una parziale eccezione per gli stati affacciati sul Mediterraneo e per la Repubblica sudafricana. Il tessuto produttivo si compone di piccole e medie industrie, spesso di proprietà di società straniere, che operano in genere nei settori tradizionali (alimentare e tessile). Il turismo è abbastanza sviluppato: le coste settentrionali, le riserve e i parchi nazionali rappresentano una grande attrattiva per la clientela internazionale. Molti governi hanno compreso che una politica di equilibrio ambientale può rivelarsi utile per la salvaguardia del territorio e per ottenere, attraverso il turismo, valuta pregiata dai paesi ricchi. Caratteristiche fisico-ambientali, socioculturali ed economiche relative all’America 1. Il territorio Il continente americano è diviso in due grandi blocchi continentali, l'America settentrionale e l'America meridionale. Questi sono uniti tra loro da una sottile striscia di terra che si prolunga dall'estremità meridionale del Messico fino all’istmo di Panama e, insieme a numerose isole sparse nel Mar dei Caraibi, forma l'America centrale. L'America settentrionale e quella meridionale sono morfologicamente simili, sia nella forma quasi triangolare, sia nella disposizione dei rilievi, che presenta due grandi fasce di catene montuose, che percorrono tutto il continente e sono separate fra loro da ampi bacini pianeggianti. Il territorio dell'America settentrionale può essere diviso in tre grandi zone, a seconda delle caratteristiche morfologiche: - i rilievi occidentali, caratterizzati dall' alternanza di dorsali montuose e vasti altopiani (la catena dell'Alaska, le Montagne Costiere, la catena delle Cascate , la Sierra Nevada e la Sierra madre occidentale) e da imponenti montagne rocciose (a sud nella Sierra madre orientale); - le pianure centrali, caratterizzate da un territorio piatto o poco ondulato (scudo canadese, bassissimo altopiano livellato durante l'ultima glaciazione) e dall’ampio bacino del fiume Mississippi; - i rilievi orientali, caratterizzati da montagne di origine molto antica (catena degli Appalachi). 31 Anche il territorio del Sudamerica può essere diviso in tre grandi aree caratterizzate da una morfologia prevalente: - i rilievi occidentali. caratterizzati da altissime montagne (Cordigliera delle Ande); - le pianure, come la Pianura amazzonica, il Gran Chaco e la pampa argentina; - i rilievi centro-orientali, che si configurano come vasti altopiani. L'America è ricca di corsi d'acqua: quelli che sfociano nell'Oceano Pacifico sono brevi, mentre quelli che sfociano nell'Atlantico sono più lunghi. Nell’America settentrionale il fiume principale è il Mississippi, che ha come affluenti maggiori il Missouri, l’Arkansas, l’Ohio e il Tennessee. Importanti sono anche il San Lorenzo e il Potomac, che si gettano nell’Atlantico, ma anche il Colorado e il Columbia, che sfociano nel Pacifico. Nell’America meridionale domina il Rio delle Amazzoni, il primo fiume al mondo per la portata e per l'estensione del bacino e il terzo per la lunghezza. A nord del Rio delle amazzoni scorre l’Orinoco, mentre negli altopiani centrali il Sao Francisco; più a sud l’Uruguay, il Paraguay e il Paranà confluiscono nell’estuario del Rio de la Plata. I laghi più importanti sono quelli di origine glaciale del territorio nord-americano, lungo il confine tra Canada e Stati Uniti. Questa zona è caratterizzata dalla presenza dei cinque grandi bacini lacustri, i laghi laurenziani (dal fiume San Lorenzo che attraversa la regione): Michigan, Huron, Ontario, Superiore ed Erie. In Sudamerica i bacini lacustri non sono altrettanto numerosi: i più importanti si trovano nella regione andina, come il Titicaca, che si estende tra Perù e Bolivia. La notevole estensione in latitudine del continente americano determina una grande varietà di climi. In America del nord si passa dal clima polare del Canada a quello tropicale del Messico, con una prevalenza del clima continentale. L'America centrale è caratterizzata da un clima di tipo tropicale caldo e umido sulle coste e nelle isole, che nelle zone più interne è sensibilmente modificato dai rilievi. Da febbraio a novembre tutta la regione è interessata dagli uragani che si formano nel Mar dei Caraibi. Il clima più diffuso in America meridionale è quello equatoriale, caldo e umido, che interessa tutta la regione settentrionale. Procedendo verso meridione si entra nel regno della savana e successivamente in quello della steppa; ancora più a sud si estendono la zona temperata della pampa e un'area dal clima simile a quello mediterraneo, sulle coste argentine. Il Patagonia, all’estremo sud del continente, il clima diventa rigido e si raggiungono temperature sub- polari. 2. La popolazione In seguito alla colonizzazione europea, in America si sono formate due grandi aree assai differenziate: l'America anglosassone, formata da Canada e Usa, e l'America Latina, formata dal Messico e dai paesi dell'America centro meridionale. Nell’America anglosassone la composizione etnica è molto varia e comprende i discendenti dei primi colonizzatori inglesi e francesi, degli africani deportati e dei milioni di europei giunti a varie riprese nel XIX e XX secolo. Vi è inoltre una rilevante quota di recente immigrazione composta da ispano-americani e asiatici. Gli indigeni vivono prevalentemente nel riserve sparse in tutti gli Stati Uniti e in parte del Canada, mentre l'altro gruppo minoritario, quello degli inuit, si concentra in Alaska e Canada. Anche l'America Latina e caratterizzata da una complessa stratificazione di diversi gruppi etnici. La popolazione bianca è composta sia da creoli (i discendenti degli antichi colonizzatori) sia da persone di recente immigrazione. Vi sono poi comunità di indios o amerindi, ancora integre, insediate principalmente sulle Ande e in misura minore nelle foreste, mentre la popolazione nera discende dagli schiavi africani. A questi si aggiungono i gruppi misti: i meticci (risultanti dalle unioni fra bianchi e indios), i mulatti (fra bianchi e africani) e i zambos (fra africani e indios). In tutto il continente americano la distribuzione della popolazione sul territorio è molto disomogenea: le densità maggiori si registrano nelle aree costiere e negli altopiani interni delle Ande, mentre sono pressoché disabitati i vasti territori all'interno e le estreme regioni settentrionali 32 scopo di limitare gli ingressi di nuovi immigrati. Oggi le persone di origine europea e statunitense costituiscono la grande maggioranza della popolazione, soprattutto nelle isole maggiori. Nel complesso, l’Oceania rimane un continente poco popolato e con una densità media bassissima. L’urbanizzazione è molto elevata in Australia e Nuova Zelanda, e in alcune isole a elevato richiamo turistico (Polinesia francese, Hawaii). Nella Nuova Guinea, invece, gran parte della popolazione vive in aree non urbane. Tra le città principali vi sono Sydney e Melbourne, in Australia, metropoli industriali, commerciali e finanziarie oltre che centri virtuali molto dinamici. In Nuova Zelanda, invece, la città principale è Auckland, centro commerciale e industriale. 3. L’economia Da quando le potenze europee sono entrato in contatto con l'Oceania, le attività economiche del continente sono state orientate a svolgere soprattutto una funzione: fornire materie prime minerarie e prodotti dell'agricoltura e dell'allevamento, dapprima ai paesi europei, poi anche a quelli americani e asiatici. Con il passare del tempo la dipendenza dall'Europa si è attenuata e oggi la struttura economica del continente è molto disomogenea. Le aree più sviluppate sono rappresentate dall'Australia e dalla Nuova Zelanda. Questi paesi godono di elevati livelli di reddito pro-capite e presentano una solida economia basata su un insieme di attività assai diversificato: dallo sfruttamento delle risorse minerarie all’agricoltura e alla zootecnica condotte con tecniche moderne, dall’industria al settore terziario, dove assume una sempre maggiore importanza la new economy legata allo sviluppo di internet. Il resto dell’Oceania svolge invece un ruolo marginale nell'economia mondiale, con attività economiche modeste, legate al turismo, alla pesca e all’agricoltura. In molte isole dell'Oceania, l’agricoltura assorbe una quota assai elevata di manodopera. Il settore agricolo, tuttavia, è molto produttivo solo in Australia e in Nuova Zelanda. In questi due paesi è assai rilevante anche l’allevamento di ovini. L'agricoltura è organizzata quasi ovunque con il sistema delle piantagioni, che lavorano per l’esportazione; anche la pesca è un'importante fonte di reddito. Il sottosuolo di molte isole è ricco di minerali, tra cui anche fosfati naturali. L'Australia è il primo produttore mondiale di numerose materie prime, dall' uranio al ferro, e di minerali preziosi, come diamanti e l'oro. Papua- Nuova Guinea, dal canto suo, estrae buone quantità di oro, argento e rame. In Australia le risorse energetiche più importanti sono il carbone e il petrolio; in Nuova Zelanda, invece, sono il gas naturale e lo sfruttamento di notevoli risorse idriche. Nonostante l'ampia disponibilità di materie prime, l’industria è sviluppata solo nelle isole maggiori. In Australia esiste un apparato ampio e abbastanza diversificato (impianti siderurgici, meccanici, petrolchimici, alimentari e tessili). I principali poli industriali del paese sono rappresentati dalle aree di Perth, Adelaide, Melbourne e Sydney. In Nuova Zelanda, invece, sono presenti solo i settori agro alimentare, tessile e della concia delle pelli, oltre a varie industrie produttrici di beni di consumo. 35 I servizi più importanti riguardano in genere il commercio e i trasporti; le strutture più rilevanti si trovano in Australia e Nuova Zelanda, paesi in cui sono presenti anche attività legate ai settori più moderni dell'economia, dalle telecomunicazioni all’informatica. Nel complesso, però, le attività terziarie più diffuse e redditizie sono quelle che riguardano il turismo. Questo settore è uno delle principali voci dell’economia di molti paesi. I flussi turistici più rilevanti riguardano l'Australia e le isole Hawaii. Un altro polo di attrazione molto forte è costituito dalla Polinesia francese, le cui isole più visitate, come Bora Bora, Moorea e Tahiti, ospitano numerosi alberghi e villaggi turistici. 36
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