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Riassunti di Italiano del Quinto anno di superiori, da Leopardi fino al primo '900., Appunti di Italiano

Riassunti di Italiano dell'intero Quinto anno di superiori, da Leopardi fino al primo '900. Autori: Leopardi, Baudelaire, Pascoli, D'annunzio, Verga, Freud, Marinetti, Pirandello, Ungaretti, Quasimodo e Montale. (tutti con raccolte e poesie comprese). Correnti letterarie: Decadentismo, Simbolismo, Estetismo, Scapigliatura, Naturalismo, Verismo, Futurismo e Ermetismo.

Tipologia: Appunti

2022/2023

In vendita dal 01/07/2023

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giulia-caliri 🇮🇹

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Scarica Riassunti di Italiano del Quinto anno di superiori, da Leopardi fino al primo '900. e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! LEOPARDI VITA Nasce a Recanati (Stato pontificio) nel 1798 da una famiglia nobile: il padre Conte Monaldi aveva una cultura conservatrice e chiusa, possedeva una biblioteca di sua proprietà; la madre Adele Antici era molto severa e religiosa, anaffettiva verso i figli e bigotta. Istruito nella biblioteca del padre da alcuni precettori, all'età di 14 anni era già molto acculturato. 1809-1816 STUDIO MATTO E DISPERATISSIMO Questo studio diventa per lui un'evasione, un modo per sfogarsi e trovare consolazione. Si immerge nelle opere degli antichi autori e sembra che loro lo comprendano meglio dei suoi cari. Durante questo periodo, impara perfettamente il greco e il latino, che all'epoca era considerata la lingua nobiliare. Si dedica alla filologia e traduce opere di autori come Omero, Esiodo, Virgilio e Orazio. 1816 CONVERSIONE LETTERARIA DALL’ERUDIZIONE AL BELLO Leopardi attraversa una fase di "conversione letteraria", passando gradualmente dagli studi eruditi alla poesia. Nascono i suoi primi esperimenti poetici e le prime riflessioni teoriche. Si schiera con i classicisti nella polemica con i romantici, suggerendo di riscoprire il rapporto diretto con la natura e il modo "ingenuo" di esprimere i sentimenti. Tuttavia, ritiene che sia impossibile nel mondo moderno corrotto dalla ragione, che ha privato l'uomo della speranza di felicità. Questa fase del suo pensiero viene convenzionalmente chiamata "pessimismo storico", in cui attribuisce il male del mondo all'uomo e alla civiltà anziché alla natura. Durante questi anni, Leopardi inizia a scrivere lo Zibaldone e vive esperienze importanti come il suo primo amore e un tentativo fallito di fuga da Recanati nel 1819. 1819-1820 CONVERSIONE FILOSOFICA DAL BELLO AL VERO Inizia il processo di transizione verso la "ragione e il vero", abbandonando la religione cattolica e adottando una posizione atea e materialistica. Nonostante la scoperta del "vero arido", continua a comporre poesie di sentimento come gli Idilli e i Canti. Nel 1822 si trasferisce a Roma ma ne rimane deluso dall’alta società. Il suo ritorno coincide con l'inizio del "pessimismo cosmico", in cui il dolore umano diventa irrimediabile e la natura viene vista come indifferente e matrigna anziché amorevole. Si dedica alla prosa di meditazione filosofica nelle Operette morali pubblicate nel 1827, che rappresentano una riflessione disincantata sulla sofferenza di vivere. Tra il 1825 e il 1830, Leopardi cerca ogni opportunità per vivere lontano da Recanati, spostandosi in città come Milano, Firenze e Pisa. Recupera la sua ispirazione poetica e compone i “Grandi Idilli”. Nel 1830 a Firenze si innamora di Fanny Targioni Tozzetti, e nel 1833 si trasferisce a Napoli con l’amico Antonio Ranieri. Vive sulle falde del Vesuvio, da cui prese ispirazione per “La Ginestra”. Muore a Napoli nel 1837. PENSIERO Leopardi si schierava con i classicisti, suggerendo non di imitarli, ma di riviverne il rapporto diretto con la natura e di riscoprirne il modo immediato e «ingenuo» di sentire e di esprimere i sentimenti; impresa peraltro impossibile nel mondo moderno, che in nome della ragione aveva ormai corrotto la natura precludendosi così ogni speranza di felicità. La sua riflessione è contenuta nel “Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica”, del 1818. Secondo Leopardi, la poesia deve mantenere un rapporto essenziale con il mondo dei sensi, e non cedere al dominio dell'intelletto e della logica, come vorrebbero i romantici. Ora è difficile conservare un legame autentico con la natura, che viene esplorato in modo artificioso e fittizio. Questo però comporta per l'uomo l'impossibilità di produrre effetti capaci di superare e compensare una realtà di dolore e infelicità. Come Leopardi mette in evidenza nello Zibaldone, l'aspirazione al piacere può essere concretizzata proprio dalle sensazioni e dalle impressioni stimolate dalla fantasia. Mediante le suggestioni che solo la poesia può comunicare. Le immagini in grado di evocare e produrre tali processi psicologici saranno caratterizzate da vaghezza e infinitezza, suggeriranno un'impressione di lontananza remota nel tempo e nello spazio, evocheranno sensazioni, ma non descriveranno in modo definito e circoscritto, riproporranno alla mente le parole, i luoghi e le cose del passato per mezzo della rimembranza, cioè del ricordo in ch’esso sfumato del passato. PESSIMISMO STORICO All'inizio della sua meditazione, fino alla conversione filosofica, si sofferma a riflettere sulla condizione esistenziale degli individui, caratterizzata da una profonda infelicità. Interrogandosi sulla natura e sull'origine di tale stato, egli contrappone l'età antica a quella attuale: la prima si presenta ai suoi occhi come un'epoca ancora rasserenata dai sogni, la seconda gli appare dominata da una ragione che ha privato gli esseri umani di illusioni e speranze. Secondo Leopardi gli antichi potevano aspirare alla felicità grazie all'immaginazione. I moderni invece, hanno perso tali capacità, imprigionati nell'”arido vero”. L'infelicità non è un dato intrinseco alla natura umana, ma è legata allo sviluppo, alla civiltà, al progresso. Pensiero ripreso da Rousseau: la natura è vista come fonte benigna delle piacevoli illusioni, contrapposta alla ragione, che ha portato l'uomo ad un'angoscia senza rimedio, l'infelicità. LA TEORIA DEL PIACERE Tra il 1820 e il 1821, Leopardi sviluppa la sua "Teoria del piacere" nel suo diario Zibaldone, collegandola strettamente alla sua poetica del "vago e dell'indefinito" che si manifesta nel “L'infinito" Secondo Leopardi, l'uomo desidera un piacere infinito, ma nella realtà il vero piacere è limitato e si riduce a momenti di momentanea mancanza di infelicità o all'attesa di una felicità che viene sempre delusa ("Il sabato del villaggio" e "La quiete dopo la tempesta"). L'infelicità è una condizione costante per l'uomo, che può solo essere momentaneamente dimenticata attraverso l'azione continua o attraverso l'immaginazione e la bellezza della natura. Poiché il piacere non può realizzarsi, diventa finzione, evocazione di sensazioni indefinite e vaghe in cui l'uomo trova consolazioni all’"arido vero". La poesia sentimentale diventa propria dei moderni, che si differenzia dalla filosofia vera e propria solo per motivi stilistici e che non ha più nulla in comune con la poesia degli antichi. Un esempio Pessimismo cosmico: -L’uomo, esistente solo come corpo (e non corpo + spirito), è frutto del caso ed è un ospite ingrato sulla Terra. -Come ogni essere vivente, l’uomo è condannato dalla Natura stessa a una insensata sofferenza in quanto uomo poi, quasi per un’ulteriore beffa, ha in più il desiderio struggente di una felicità irraggiungibile. DECADENTISMO Il decadentismo nasce in Francia intorno alla fine dell’800. Indica la poetica dei cosiddetti “poeti maledetti”, i quali sono condannati a essere incompresi dal proprio tempo e a scontare in vita il proprio conflittuale antagonismo rispetto ai valori della società borghese. Il precursore è Charles Baudelaire. BAUDELAIRE VITA E OPERA Nasce a Parigi nel 1821. All'età di 7 anni rimane orfano di padre, cresce in solitudine. A vent'anni dedito a spese e lussi, comincia a far uso di sostanze stupefacenti e nel 1845 tenta il suicidio. La sua fama cresce nel 1857 con la pubblicazione de “I Fiori del Male”, che termina con una condanna per malcostume. Muore nel 1867 a Parigi. Il titolo dell'opera è un ossimoro, i “fiori” simboleggiano la purezza e la bellezza, il “male” corruzione e peccato. È divisa in 6 sezioni che corrispondono a momenti del percorso spirituale del poeta, da intendersi come tappe di un viaggio simbolico, che trasforma in sogni le diverse esperienze della realtà. PENSIERO La noia o spleen, rappresenta una condizione di disagio permanente, un'incapacità di adeguarsi al mondo reale, alla mancanza di recuperare un rapporto attivo con l'universo sociale. Dal malessere scaturisce il compiacimento con cui il poeta si preferisce di scandalizzare il lettore borghese: l’insistenza sugli aspetti più degradati, sporchi e disgustosi della realtà. Rientra il gusto per il macabro e per l’orrido. Se la poesia tradizionale cantava lo spirito e i sentimenti, la nuova ama sprofondare nelle più cupe bassezze. La donna ha una funzione importante, vituperata e idealizzata, oggetto di perversa attrazione e di venerazione spirituale. Questo atteggiamento duplice presenta un universo femminile fatto di creature seduttrice peccaminose ma anche di animi bisognosi di purezza. La donna è espressione dell'istinto che si contrappone al raziocinio. Eppure, a tratti compare idealizzata come colei che aiuta a vincere la noia, il tempo e la morte. SIMBOLISMO È il più importante esponente del Simbolismo: per “simbolo”, si intende un'immagine, parola o figura che evoca o rappresenta qualcos'altro, come un concetto, virtù o stato d'animo. Ciò a cui il simbolo allude può essere definito o indefinito, i poeti di questa corrente non si servono quasi mai di simboli immediatamente comprensibili. Spesso il rapporto tra l'oggetto e la realtà non è univoco, cosicché i lettori possono dare diverse interpretazioni al testo. Il simbolismo rifiuta l'idea che la realtà autentica sia quella dell'esperienza e della ragione e aspira a ricercare le profondità dell'essere e a, interpretare i segreti celati sotto la superficie delle cose. La nuova poetica simbolista è fondata su una creatività libera e spontanea mediante l'accostamento di sostantivi, aggettivi e verbi, con l'obiettivo di evocare più che di descrivere: - Rifiutata l'idea della poesia come discorso: l'autore deve suggestionare il lettore, suggerirgli emozioni e sensazioni. - La parola poetica non deve comunicare, ma evocare: attraverso il ricorso all'analogia e alla sinestesia. - Linguaggio allusivo e sintassi disarticolata: le immagini prevalgono sui dati reali attraverso l’uso di verbi all'infinito, componente di incertezza e oscurità. - Verso libero: respinti i metri tradizionali affinché la musica del verso fluisca in maniera libera. Alla rima, viene preferita l'assonanza. PASCOLI VITA Nasce a San Mauro di Romagna nel 1855. Cresce circondato dagli affetti e a stretto contatto con la natura e i paesaggi della campagna. Il 10 agosto 1867 lo raggiunge la notizia che interrompe traumaticamente un'infanzia fino a quel momento felice: il padre è stato ucciso da una fucilata. Il poeta rimarrà segnato per sempre da questa tragedia, primo anello di una catena di lutti che funesta la sua adolescenza e ne condiziona la vita. Moriranno la sorella maggiore, la madre e il fratello Luigi. Nel 1894, la sorella Ida si sposa e Pascoli considera l’accaduto come un tradimento e un attentato all'integrità del nido. Muore a Bologna nel 1812. IL FANCIULLINO L'idea centrale è che nell'età adulta di ogni individuo sopravvive un fanciullino che osserva il mondo e vede tutto con meraviglia. Di questa parte infantile e irrazionale dell'io, il poeta sa ascoltare e trascrivere la voce: voce: utilizza una lingua ingenua, senza la malizia e le prescrizioni sociali. La verità delle cose e del mondo si rivelerà in tal modo autentica, priva di retorica, finalmente libera da ogni condizionamento culturale. Nuova concezione della poesia: non sarà più fondata sulla logica razionale del reale, ma sull’intuizione e sull'immagine. La poesia diventa il luogo della conoscenza istintiva delle cose. L'emozione e la sensibilità percettiva del Fanciullino possono così rivelare il valore segreto che IL SUPERORISMO Dal romanzo “Il Piacere” ha colto i limiti della corrente Esteta, e successivamente abbraccia le teorie di Nietzsche che lo portano verso il superomismo. Per D'Annunzio il superuomo è una creatura di sensibilità superiore, un individuo eccezionale al quale spettano il diritto e il dovere di opporsi alla società borghese, per realizzare il proprio dominio sulla realtà. Il superuomo di Nietzsche è pieno di energie ed afferma sé stesso; quello di D’Annunzio è un superuomo estenuato dalla sua stessa sensibilità, superiore a quella della massa: proprio per questo si fa prendere da sensazioni che non colpiscono gli altri e ne viene soggiogato e debilitato, per cui perde le proprie energie, è bloccato dalla sua stessa raffinatezza. Si pensi alla “Pioggia nel pineto”, dove la pioggia viene avvertita con sensazioni che l’uomo comune non riesce a cogliere. Il superuomo di Nietzsche è proiettato verso il futuro, mentre per D’Annunzio il superuomo trova la sua realizzazione nel mondo antico, greco e romano, dove si è realizzato questo ideale di un uomo che sa cogliere la bellezza, l’armonia, l’arte. In un altro romanzo, “Le vergini delle rocce” (1895), il protagonista, che vorrebbe il ritorno ad un’élite intellettuale e politica contro la plebe democratica e incolta, deve scegliere per moglie una delle tre figlie del principe Capece Montaga. Il discendente proveniente da questa unione sarà il superuomo, colui che ridarà lustro ai fasti antichi dell’Italia, l’eletto a custodire la bellezza dal deturpamento e dalla rozzezza contemporanei. PUBBLICO DI MASSA D'Annunzio è considerato il primo intellettuale a comprendere il potenziale dei mezzi di comunicazione di massa e a capire come funziona l'industria editoriale, cogliendo le esigenze di un pubblico sempre più variegato. Ha costruito per sé il ruolo di sociologo empirico, un esperto dei gusti, delle tendenze e del mercato. D'Annunzio ha lanciato ogni sua iniziativa con grande esibizionismo e uno spirito pubblicitario e imprenditoriale. Ha proposto una concezione tradizionale della poesia come un valore assoluto, uno strumento di libertà e di conoscenza del mondo, con il poeta visto come una mente superiore e acclamata. Ha trasformato il senso di alienazione e disadattamento percepito da altri scrittori in un vantaggio, disprezzando la vita comune e valorizzando una bellezza mitica accessibile solo a pochi eletti. Nonostante denunciasse la massificazione dell'arte e manifestasse disgusto per l'uguaglianza, la democrazia e i valori materialistici della società borghese, D'Annunzio non si sottraeva alle leggi e alle esigenze del mercato. La sua capacità di comprendere le attese e i gusti del pubblico e di tradurli in un consenso personale non lo portava a proporre soluzioni superficiali o banali, ma piuttosto a creare opere che seducessero i lettori attraverso la poliedricità del suo stile e il suo modello umano e culturale. “ALCYONE” Il poeta riesce a cogliere a contatto con il paesaggio estivo le note della natura, immergendosi in essa. È il terzo libro del ciclo poetico delle Laudi, scritta nel 1903, raccoglie 88 poesie. Sviluppa il motivo del Panismo, la comunione dell'io con la natura: Le figure femminili si trasfigurano in ninfe dei boschi, il poeta si spoglia dai residui della civiltà moderna da cui si sente contaminato. E recupera un'originaria profonda dimensione interiore che fa coincidere la sua vita con quella dell'universo. Egli, cioè conosce la gioia istintiva e vitale trasmessa dall'immedesimazione con il Tutto. da tale metamorfosi, il poeta ricava una straordinaria brezza: acquista una nuova forza, manifestando così la propria facoltà di oltrepassare i limiti umani e di unificarsi alla natura. SCAPIGLIATURA La scapigliatura è una corrente artistico-letteraria che si sviluppa a Milano tra il 1860 e il 1888. Il termine viene utilizzato per la prima volta in un articolo di Cletto Arrighi del 1857. Si collega all'espressione francese bohème. La scapigliatura si caratterizza per la polemica antiborghese e la ribellione all'ordine costituito. Per molti versi si configura anche come un fenomeno di costume. La scapigliatura rielabora tematiche del romanticismo e anticipa motivi e forme del decadentismo, gli scrittori scapigliati rifiutano il bello e prediligono un repertorio di temi orridi e sepolcrali. La figura femminile cessa di essere una presenza salvifica e assume tratti vampireschi e satanici. Sul piano della lingua e dello stile si avverte una moderata innovazione: l'apertura verso il lessico dei mestieri e della scienza rimane circoscritta all'interno dei modelli letterari della tradizione. NATURALISMO Il naturalismo è in letteratura quel movimento che nasce in Francia alla fine dell’Ottocento come applicazione diretta del pensiero positivista e che si propone di descrivere la realtà psicologica e sociale con gli stessi metodi usati dalle scienze sociali. Esso riflette in letteratura la generale diffusione del pensiero scientifico che basa la conoscenza sull’osservazione, sulla sperimentazione. Lo scrittore deve realizzare la realtà in modo oggettivo ed impersonale lasciando alle cose stesse il compito di denunciare il degrado e le ingiustizie della società, gli scrittori naturalisti adottano in genere un narratore onnisciente, che sa tutto dei personaggi e che racconta la storia in terza persona. Tra i fondamenti teorici del naturalismo vi è la concezione che l’ambiente esercita una profonda influenza sui fenomeni sociali e psicologici e che questi debbano essere considerati alla stessa stregua dei fenomeni naturali perché sottoposti alle stesse leggi di causa ed effetto. Non venivano messi in discussione le finalità sociali e morali dell’arte, ma si riteneva necessario, per migliorare veramente la società, basarsi sulla ricerca del vero: l’unico genere letterario che può seguire il metodo scientifico è il romanzo, che deve diventare un romanzo sperimentale. Il naturalismo rifiuta la letteratura romantica perché idealisticamente basata sulla fantasia e sul sentimento, e concepisce il romanzo come uno strumento di indagine: l’obiettivo è quello di svelare, attraverso le trame, i meccanismi deterministici che reggono la società umana. Prevedendo gli effetti si può intervenire sulle cause: alla base c’è una concezione ottimistica che prevede la possibilità di miglioramento delle condizioni di vita. VERISMO Si sviluppa in Italia nel 1870 come reazione alle forme abusate del tardo romanticismo. Dal modello francese, riprende l'importanza della letteratura vista come strumento di documentazione e denuncia dei problemi postunitari. Viene meno, invece la componente scientifica, così come la descrizione della vita cittadina cede il passo a raffigurazioni di ambienti rurali emarginati, non toccati dalla modernità. La realtà fotografata dallo sguardo pessimista degli scrittori realisti è destinata a rimanere immobile senza poter ambire ad alcuna forma di progresso. VERGA VITA E PENSIERO Nasce a Catania nel 1840, da una famiglia di agiati proprietari terrieri. Si trasferisce a Firenze nel 1865 per entrare in contatto con la società letteraria italiana e liberarsi dai limiti della cultura provinciale. Successivamente si stabilisce a Milano nel 1872, dove si avvicina agli ambienti della Scapigliatura. La pubblicazione di "Rosso Malpelo" nel 1878 segna una nuova fase narrativa caratterizzata da una rappresentazione oggettiva e impersonale della realtà. Verga studia le “basse sfere” per comprendere i meccanismi sociali e cerca di applicare la stessa metodologia anche alle classi superiori. Secondo la sua poetica, l'autore deve evitare giudizi e profili dei personaggi, offrendo al lettore un'illusione completa della realtà. Il narratore si inserisce nell'ambiente rappresentato, adottando il linguaggio e la mentalità dei personaggi. Nel suo pessimismo, Verga crede che i rapporti sociali siano governati dalla legge del più forte e che la società sia dominata dalla lotta per la vita e dall'interesse personale. Di conseguenza, ritiene di non avere il diritto di giudicare o influenzare la narrazione. Nonostante ciò, la prosa di Verga è oggettiva, senza sentimentalismi, ma riesce a cogliere con precisione l'oppressione e la disumanità della lotta per la vita. Il suo linguaggio è semplice, influenzato dal dialetto e arricchito da modi di dire, comparazioni e proverbi popolari. Muore a Catania nel 1922. “VITA DEI CAMPI” Raccolta edita nel 1888, rappresenta l'inizio della stagione verista: si compone di 8 testi, tra cui: “Fantasticheria”, “La Lupa” e “Rosso malpelo”, ambientati nella campagna siciliana. I protagonisti, animati da un amore lacerante, sono condannati alla solitudine in un contesto rurale e primitivo, senza alcuna speranza di emancipazione. Con disincantato pessimismo e mediante l'applicazione delle tecniche espressive, Verga individua le leggi che regolano i rapporti umani, a partire dai principi dell'utile economico. Tuttavia, resiste una residua valorizzazione del mondo degli umili, ancora a valori salvifici come la famiglia e l'onore: nella novella “Fantasticheria”, si delinea uno degli assi portanti dell'ideologia virginiana, quell’”ideale dell'ostrica” che garantisce l'appartenenza individuale a una comunità non ancora falsata delle convenzioni sociali. “I MALAVOGLIA” Il romanzo, appartenente al Ciclo dei Vinti, narra le vicende della famiglia di pescatori di Aci Trezza, che vive nella «Casa del nespolo» e si sostenta grazie ai proventi ottenuti dalla «Provvidenza». Il patriarca è il vecchio padron 'Ntoni; suo figlio Bastianazzo, sposato con Maruzza la Longa ha cinque figli: il giovane 'Ntoni, Luca, Mena, Alessi e Lia. In seguito all'allontanamento di alcuni membri della famiglia, numerose disgrazie si abbattono sui protagonisti; lo sforzo congiunto di coloro che abbracciano il sistema dei valori tradizionali consente infine di riunire e salvare la famiglia, seppure in parte dispersa. Verga dipinge un mondo in cui la ribellione al destino è vana e controproducente, il progresso, tratteggiato come forza brutale e irruenta, manifesta conseguenze nefaste sulla vita dei più deboli (i "vinti"). La legge economica domina la vita in ogni suo aspetto, anche quello degli affetti. FUTURISMO È un movimento artistico d'avanguardia che nasce per iniziativa di Filippo Tommaso Marinetti. Il manifesto di Fondazione viene pubblicato il 20 Febbraio 1909 sul giornale parigino Le Figaro. I futuristi cavalcano l'onda del progresso, desiderosi di affermare i miti e valori di una nuova civiltà: la tensione verso il futuro, il culto delle macchine, l'esaltazione della velocità. Essi si schierano a favore della guerra, affermano il primato dell'istinto sulla ragione e pongono l'aggressività come fondamento della creazione artistica. Dopo aver promosso l'uso del “verso libero”, Marinetti insiste nel disporre le “parole in libertà”, restituendo a esse vitalità e spontaneità ed emancipandole dalla “prigione del periodo”. Nel “Paroliberismo” bisogna disporre i sostantivi a caso, come nascono, senza alcun legame grammaticale e sintattico. In tal modo è possibile ottenere quella simultaneità di stati d'animo già teorizzata da pittori futuristi quali Umberto Boccioni, Carlo Carrà e Giacomo Balla. L'abolizione della punteggiatura, l'uso del verbo all'infinito e 'ortografia libera costituiscono tutti gli elementi di purificazione del linguaggio che, secondo la teoria futurista, permettono all'immaginazione di snodarsi senza fili o condizionamenti logici, dando sfogo all'intuizione e all'impressione immediata anche grazie all'uso dell'analogia. Per creare l’analogia basta accostare un sostantivo a un altro, non serve usare altri connettivi perché l'uomo moderno coglie immediatamente i collegamenti tra le cose. Allo stesso tempo si raccomanda l'uso di segni matematici e indicazioni ritmiche. Che possono rendere il movimento e la quantità e consentono di operare la sintesi e quindi di velocizzare la comunicazione. Perfino il disprezzo della donna, che appare come un punto programmatico del Manifesto di Fondazione, non va presa alla lettera: non è il sesso femminile in quanto tale a essere denigrato, ma lo stereotipo della creatura fatale l'immagine sentimentalistica della donna di cui era intrisa la retorica romantica. Si tratta dunque di un antifemminismo artistico polemico nei riguardi della morbosità decadente e dell'amore inteso come voluttà sensuale. Marinetti è il primo intellettuale italiano ad affrontare la questione femminile con un punto di vista progressista, invocando una piena emancipazione delle donne anche attraverso la concezione del voto e della parità salariale e giuridica, l'istituzione del divorzio e perfino il superamento del matrimonio, inteso come un carcere. In questo quadro, non sorprende che all'avanguardia futurista presti un fattivo contributo proprio una battaglia di giovani scrittrici e pittrici: tra queste Valentine de Saint-Point compone nel 1912 “Il manifesto della donna futurista”, in cui si respinge l'ideale della fanciulla innamorata, per promuovere il modello della donna “bestialmente amorosa”, sprezzante del sentimento ed energetica, sostenitrice del valore liberatorio della lussuria. MARINETTI IL PRIMO MANIFESTO Rappresenta molto più che un semplice elenco di astratte enunciazioni: esso si configura come il riassunto di una sorta di “nuova religione del vivere”, adatta ai tempi perché espressione del dinamismo del mondo tecnologico. Vi viene cantata la macchina e celebrata la bellezza della civiltà industriale, dalla quale dovrà nascere un uomo nuovo, calato nella modernità e non nell’esistenza borghese. Queste posizioni riecheggiano, sia pure deformandole, alcune correnti del pensiero irrazionalistico sviluppatosi in Europa tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento. Dalla filosofia nietzschiana il Futurismo attinge l'esaltazione della volontà di potenza e dell'energia creatrice dell'uomo; da quella di Henri Bergson coglie il rifiuto del razionalismo, la teoria dello slancio vitale e l'insistenza sull'intuizione, l'atto conoscitivo immediato grazie al quale si può cogliere l'essenza delle cose. IL MANIFESTO TECNICO DELLA LETTERATURA FUTURISTA Presenta un programma tecnico con proposte riguardanti lo stile, la sintassi, l’uso delle parole e un programma ideologico, che rivela compiutamente la poetica di Marinetti. Il programma ideologico si suddivide in una parte distruttiva e in una costruttiva. La parte distruttiva comprende: 1) la critica della psicologia e del culto dell’interiorità (bisogna «distruggere nella letteratura l’“io”»); 2) la critica della sacralità dell’Arte, della sua autonomia, del suo valore supremo e separato, del Sublime estetico; 3) la critica dell’intelligenza e del calcolo razionale a cui viene contrapposta la «divina intuizione, dono caratteristico delle razze latine». La parte costruttiva muove appunto dall’esaltazione del potere dell’intuizione e dell’immaginazione che, percependo le analogie fra fenomeni diversi, possono cogliere l’essenza della materia. Quest’ultima si esprime attraverso l’energia delle «forze cosmiche», che agisce nella natura, nel corpo umano e nella macchina. L’uomo stesso deve diventare sempre più espressione di tale energia, trasformandosi in macchina, in «uomo meccanico dalle parti cambiabili». La connessione fra programma tecnico e programma ideologico è evidente: distruggendo la sintassi si distruggono i legami logici, con la conseguenza di porre in primo piano l’intuizione e l’immaginazione. Ne derivano però teorie niente affatto nuove e già messe in luce e praticate dal Simbolismo: l’esaltazione della analogia e della sinestesia (la compenetrazione delle percezioni legate al rumore, al peso e all’odore), l’illusione di cogliere un significato universale, una supposta sostanza unica del tutto. BOMBARDAMENTO DI ADRAINOPOLI Marinetti descrive con la tecnica del paroliberismo, l'assedio bulgaro della città turca di Adrianopoli, Adrianopoli, utilizzando quindi sensazioni visive, acustiche e olfattive. Nel trascrivere simultaneamente gli Stati d'animo che la battaglia provoca in lui, il poeta realizza un'esplosiva partitura onomatopeica, descrivendo con euforico entusiasmo la brutale, realistica dimensione del conflitto. Adrianopoli, La guerra moderna appare agli occhi del testimone autore con una giostra ininterrotta di attrazioni, un trionfo della materia. A Marinetti non interessa documentare le ragioni politiche che determinano la guerra, ma il suo effetto estetico. Quello che egli si presenta davanti non è un dramma che fa inorridire, come potrebbe accadere a noi, ma un grandioso teatro musicale in cui la bellezza sfolgorante della macchina bellica può mostrare tutta la propria potenzialità. Adrianopoli, il poeta senza alcun ordine cronologico e spaziale, evoca gli elementi percepiti dalle facoltà sensoriali: il rumore che rivela la dinamica degli oggetti; il peso che svela la capacità degli oggetti di volare; Adrianopoli, l'odore che mostra la loro capacità di diffondersi. Si realizzano così le strette reti di immagini o analogie, grazie alla presenza di lunghe catene di vocaboli e verbi all'infinito, alla mancanza di elementi connettivi nel discorso e alle fitte sequenze onomatopeiche. La variazione dei caratteri e la disposizione delle parole, che imitano le immagini descritte, esprimono visivamente i rumori della battaglia. Il teatro dialettale: Lumie di Sicilia, Pensaci Giacuminu!, Liol Compagnia di Nino Martoglio e Angelo Musco. 2° Fase Il teatro del «grottesco»: Così è se vi pare, Il piacere dell'onestà, Il giuoco delle parti. Caratteristiche: *_Rielaborazione in chiave straniata del dramma borghese: Pirandello sconvolge la verisimiglianza e la psicologia. Il mondo è stravolto, ridotto alla parodia e all’assurdo. * La trappola della famiglia — l’inconsistenza del concetto di identità * Riduzione all’assurdo di personaggi e situazioni * Fusione di elementi tragici e comici, poetica dell’Umorismo 3° Fase ) — Il metateatro — le «maschere nude»: Sei personaggi in cerca d'autore, Ciascuno a suo modo, Questa sera si recita a soggetto, Enrico IV. Caratteristiche: * Affronta questioni che riguardano la pratica del teatro: conflitto attori/autore; c. attori/personaggi; c. attori/pubblico; c. attori/regista. * L'autore riflette e discute sul teatro nella stessa azione drammatica: l'impossibilità di scrivere il dramma secondo schemi tradizionali diventa l'impossibilità di rappresentarlo. Questo vorrebbe dire tradire e deformare l’idea dell'autore. { 4° Fase ] — La trilogia dei «Miti»: Nuova colonia, Lazzaro, I giganti della montagna. Non si rappresenta più la realtà borghese ma un'atmosfera mitica e simbolica con elementi leggendari. Giganti: rappresentano il Potere legato alla società industriale moderna (forse allusione al fascismo) Significato simbolico: l’arte non può sopravvivere con le sue sole forze nella società industriale/mercato, ma deve cercare l'appoggio economico e politico dei potenti. Crisi del teatro. UNGARETTI Nasce ad Alessandria d’Egitto nel 1888. Nel 1912 si trasferisce a Parigi, dove frequenta la facoltà di lettere e segue i corsi del filosofo Henri Bergson. Si arruola nell'esercito italiano e viene inviato sul Carso: dall'esperienza vissuta al fronte nascono le poesie edite nel 1916 nella sua prima raccolta “Il Porto sepolto.” Al suo ritorno ebbe grandi difficoltà economiche e decide di cercare occupazioni scrivendo a Mussolini: verrà poi criticato come simpatizzante del fascismo. Nel 1970 fu colto da malore durante un viaggio negli Stati Uniti e, rientrato in Italia, morì a Milano per broncopolmonite. PENSIERO Ungaretti esplora l'autobiografia e la riflessione personale nelle sue opere, esaminando temi come la nostalgia, il ricordo e il dolore basati sulla sua esperienza diretta al fronte e nella vita quotidiana. Utilizza la metafora del viaggio per esplorare l'interiorità dell'uomo e la profonda realtà dell'io. La sua autobiografia è allegorica, presentando la propria storia come un'esemplificazione per riflettere su temi universali, promuovendo solidarietà e condivisione tra gli individui. I testi di Ungaretti non sono immediati, ma mirano a creare un "libro assoluto", testimoniando la tensione innata verso una parola pura e un significato ultimo che superi i limiti di tempo e spazio. Per Ungaretti, la letteratura rivela gli slanci, le angosce personali e possiede una forte valenza etica ed esistenziale. Attraverso un'autoanalisi che si spinge alle radici dell'esperienza concreta, Ungaretti riscopre l'impulso umano originario che, specialmente attraverso il dolore, restituisce una sacra essenza alla vita stessa. La sua opera è una grande lezione umana in questo senso. La poesia di Ungaretti affronta il dramma esistenziale dell'uomo e riflette sul senso tragico della vita, seguendo le orme di Giacomo Leopardi. L'essere umano viene rappresentato nella sua precarietà, segnato dal lutto e oppresso dalla minaccia di catastrofi personali e collettive. La visione di Ungaretti è influenzata dalla sua personale esperienza di sofferenza, e il male individuale assume una valenza metaforica che si estende a tutti gli uomini, superando i limiti storici. Le liriche ispirate dalla guerra non sono solo una denuncia della tragedia circoscritta, ma una meditazione che spazia dall'individuo al collettivo, richiamando la riflessione cosmica di Leopardi. Il dolore appartiene all'essenza umana, indipendentemente dalle circostanze contingenti, e costringe l'uomo a vedersi in modo autentico, senza maschere o sovrastrutture. La poesia si rivela come strumento per esprimere questa verità, comprenderne la sofferenza e offrire conforto. L'esperienza della guerra avvia in Ungaretti un'indagine conoscitiva che mette a nudo la conoscenza umana. L'ansia di sublimazione attraverso la consapevolezza del dolore comune permea tutta la sua poesia. Proprio nel momento del contatto con la morte, l'anima umana riesce a percepire la bellezza miracolosa della vita e l'armonia del mondo. Il dolore rende l'individuo autentico e vulnerabile, consentendo di riscoprire un profondo sentimento di fratellanza tra tutte le creature viventi. Ungaretti esprime la voce disperata di un uomo che si scopre solo, con i suoi ideali nascosti, di fronte a una realtà spesso crudele, in cui prevale l'immagine della morte. Cerca una poesia pura ed essenziale, priva di enfasi e insegnamenti, liberata da schemi metrici, che esprima solo ciò che il poeta intuisce con la sua fantasia e sensibilità. Le sue poesie sono brevi, lapidarie e frammentarie, in cui ogni termine è ricco di significato. Ungaretti riduce al minimo la sintassi, eliminando la punteggiatura e limitando la costruzione del periodo alle componenti essenziali. Rifiuta i vincoli della metrica e della rima, utilizzando versi liberi, a volte composti da una sola parola significativa. Le poesie di Ungaretti procedono per lampi, illuminazioni folgoranti, le parole che egli riesce, a fatica, a strappare al silenzio non formano quasi mai un discorso filato, ma appaiono isolate da lunghe pause. La brevità di queste poesie è frutto di un faticoso scavo, lo stile appare laconico, perché il linguaggio, di fronte all’ineffabilità dell’esperienza poetica, è impotente. Ma in questo modo il poeta restituisce alle parole una straordinaria densità semantica, una forza evocativa fuori del comune, come fossero pronunciate per la prima volta. Ungaretti ricorre inoltre al linguaggio dei simbolisti, attraverso un sistema analogico fondato dapprima sulla similitudine, ma che poi evolverà verso accostamenti più ellittici. Ciò che non si può dire esplicitamente viene suggerito in maniera figurata, attraverso l’allusione simbolica. “L’ALLEGRIA” Nel 1919 Ungaretti decise di pubblicare in un’unica raccolta tutte le poesie composte fino a quel momento: uscì quindi la raccolta Allegria di naufragi, riedita successivamente con il titolo L’allegria. Nel titolo originario che accostava come in un ossimoro, l'immagine dell'allegria a quella del naufragio, egli intendeva evidenziare l'ambivalenza del vivere, in cui si intrecciano bellezza e morte, entusiasmo e frustrazione. La scelta successiva di esprimere soltanto la valenza positiva corrisponde alla volontà di privilegiare l'energia e la brama vitale. Il tema della raccolta è costituito dalla guerra. In Ungaretti la parola poetica interagisce con la storia, quella privata del poeta e quella collettiva dell'umanità. È la stessa esperienza della vita di trincea a presentare la realtà nella sua cruda violenza e offrire un'immagine dell'io fusa con il mondo che lo circonda, in termini che ricordano il panismo di D'Annunzio. Le liriche sono fortemente autobiografiche, quasi come fogli di diario, tanto che ognuna reca l’indicazione del luogo e del giorno in cui è stata concepita. Nonostante l’immediatezza dell’ispirazione, esse costituiscono il risultato di un lungo lavoro di riflessione e di revisione, tanto che Ungaretti stesso ha scritto che ogni parola è «scavata nella mia vita come un abisso». Le similitudini e le metafore rappresentano con efficacia la desolazione del poeta, coinvolto in una realtà di orrore e massacro che lo induce a riflettere sulla fragilità dell’uomo, la precarietà e il dolore dell’esistenza. In questa raccolta troviamo tutte le sue innovazioni poetiche, sia sul piano strutturale e lessicale, sia su quello sintattico e metrico: -Abolisce la punteggiatura, sostituendola con spazi bianchi che hanno funzione di pausa semantica e di pausa espressiva; -Alle parole della tradizione classica sostituisce quelle comuni della lingua parlata, le sole adatte ad esprimere l'intimo del pensiero perché scavate nella vita; -Sconvolge la sintassi tradizionale e rompe i sintagmi o gruppi di parole legate logicamente tra loro, in questo modo, le parole, acquistano una vita propria accentrando su di sé l'attenzione del lettore; -rifiuta le forme metriche tradizionali, sostituendole con versi liberi; -reagisce allo stile di D'Annunzio, dei crepuscolari e dei futuristi usando frammenti di immagini ed espressioni scarne, ridotte all'essenziale; MONTALE Nasce nel 1896 a Genova da una famiglia borghese. Trascorre le estati nelle Cinque Terre: il paesaggio ligure, aspro e soleggiato, è protagonista di molte sue opere. Durante la Prima guerra mondiale parte volontario per il fronte. Nel 1919 viene congedato e ritorna a Genova. Nel 1925 avviene l’esordio poetico, pubblicando la sua prima raccolta di versi, “Ossi di seppia". Dopo la Seconda guerra mondiale si trasferisce a Milano, lavorando come giornalista presso il «Corriere della Sera». PENSIERO È considerato uno degli autori più "classici" del Novecento e si distingue dalla poesia dannunziana e dalle filosofie ottimistiche della società moderna. Critico nei confronti delle Avanguardie, la sua poesia riflette una sintassi ricercata, un uso di vocaboli dotti e l'impiego dell'endecasillabo, un verso della tradizione italiana. Secondo Montale, la letteratura non rivela la verità o offre risposte sulla condizione umana, ma può solo esprimere il dolore, che egli identifica come l'unica caratteristica dell'uomo. La sua concezione filosofica del "male di vivere" richiama il pessimismo leopardiano. Montale sostiene che l'uomo non può comprendere appieno la realtà o i segreti del mondo e cerca costantemente un "varco" per svelare il senso della vita, ma si ritrova spesso nel pessimismo. Tuttavia, Montale mantiene una ricerca costante della "verità" che coincide con la poesia stessa. Adotta la poetica del "correlativo oggettivo", dove gli oggetti evocano la condizione umana, rendendo la sua poesia spesso difficile da comprendere. L'amore è uno dei temi ricorrenti, ma anche qui il poeta offre versi criptici che solo lui può decifrare. Montale sostiene che i poeti non possono più offrire certezze, ma possono solo affermare ciò che non sono e ciò che non sanno. Tuttavia, ritiene che la poesia continuerà ad esistere poiché è intrinsecamente legata alla ricerca del senso della vita. OSSI DI SEPPIA Raccolta poetica di esordio, pubblicata nel 1925. Il titolo allude a una condizione esistenziale di estraneità: il poeta si sente respinto dal flusso vitale dell’universo, “disseccato” come un osso di seppia abbandonato sulla spiaggia dalle onde del mare. Al centro vi è il paesaggio ligure scabro ed essenziale, circondato dal mare che rappresenta l’evasione irrazionale. L’io lirico cerca di conoscere la realtà autentica delle cose, ma è destinato al fallimento: l’individuo è condannato al “male di vivere”, alla solitudine che ne investe l’esistenza. Raramente si presenta un «varco», la possibilità cioè di cogliere la realtà del mondo. Le raccolte poetiche Montale adotta la tecnica del “correlativo oggettivo”, cioè presenta oggetti concreti che assumono valori universali poiché evocano un’emozione o una situazione: l’immagine di questi oggetti richiama quindi immediatamente una determinata idea o sentimento. Montale fa uso di un linguaggio oscuro, riduce i termini all’osso, annullandone la musicalità; prevalgono quindi suoni aspri, in un andamento prosastico e colloquiale. LE FIGURE FEMMINILI L'opera poetica di Montale presenta due grandi tipologie di figura femminile. Nelle prime raccolte prevale la donna angelicata, lontana e perduta, che indica un percorso al poeta, ma che lui non riesce a seguire. In seguito, a partire da "Satura", emerge l'immagine di una donna amica e complice, oltre che guida. Montale descrive la donna attraverso particolari della sua fisionomia o oggetti carichi di affettività, utilizzando sineddoche e metonimie. Spesso i nomi delle ispiratrici sono taciuti o celati dietro riferimenti mitologici, animali o cose. “Ossi di seppia” è la raccolta in cui il tema della donna appare meno trattato, per l'importanza preponderante che qui assume il confronto fra l'io e il mondo circostante. Tuttavia, non mancano apparizioni significative, come quella di Esterina, che in Falsetto si tuffa in mare sotto lo sguardo del poeta, e soprattutto quella di Arletta, figura di giovane morta anzitempo, nella quale Montale riprende e aggiorna il modello della Silvia leopardiana. Nelle "Occasioni" si incontrano donne irrequiete e emblemi di un'Europa devastata dalla guerra e dalle dittature. Nel trattamento poetico di Irma Brandeis, che assume un ruolo centrale nella raccolta, la sua figura sublima fino a diventare un angelo redentore, con il nome di Clizia, ispirato a una ninfa trasformata in girasole.
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