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Riassunti di storia medievale, moderna e contemporanea, Appunti di Storia

Riassunti per argomenti principali di storia medievale, moderna e contemporanea.

Tipologia: Appunti

2017/2018

Caricato il 27/03/2018

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Scarica Riassunti di storia medievale, moderna e contemporanea e più Appunti in PDF di Storia solo su Docsity! 1. La caduta dell’impero romano d’Occidente 2. Giustiniano e la civiltà bizantina 3. Longobardi in Italia 4. Carlo Magno e l'Impero carolingio 5. Il feudalesimo 6. Poteri universalistici e lotta per le investiture 7. La società comunale 8. La signoria 9. Comuni e impero 10. Papato universale e stato della chiesa 11. Crisi del 300 e nuovi equilibri 12. La guerra dei cent’anni 13. Formazione degli stati nazionali 14. Gli stati regionali in Italia 15. Scoperte Geografiche e imperi coloniali 16. La prima fase delle guerre d’Italia 17. Carlo V (e la seconda fase delle guerre d’Italia) 18. Riforma protestante 19. Controriforma 20. Inghilterra elisabettiana 21. Guerre di religione in Francia 22. Guerra dei 30anni 23. Scoperte scientifiche del 600 24. Guerre di successione spagnola, polacca e austriaca 25. Assolutismo in Francia 26. Rivoluzioni inglesi 27. Rivoluzione americana 28. La prima rivoluzione industriale 29. Illuminismo 30. Rivoluzione francese 31. Impero napoleonico 32. Congresso di Vienna 33. Moti del 48 34. Romanticismo 35. Unità d'Italia 36. Risorgimento ita 37. Mazzini 38. Italia post-unitaria 39. Colonialismo 40. Giolitti 41. Cause I G mondiale 42. Primo 900 43. Regima fascista, 44. Hitler 45. (Cause e) conseguenze II G mondiale 46. Guerra fredda 47. Decolonizzazione 48. La fine dell’Urss e disgregazione stato Jugoslavo PAGE \* MERGEFORMAT 46 1. La caduta dell’impero romano d’Occidente Tra le cause principali abbiamo la crisi della produzione agricola per lo spopolamento delle campagne, almeno fino ai tempi di Diocleziano quando gran parte dei contadini non potranno più emigrare e diverranno servi della gleba per via della sicurezza offerta dai padroni delle ville a fronte delle razzie dei barbari, nonché della difficoltà di reperimento delle merci; inoltre sempre sotto Diocleziano vennero stabiliti i prezzi di ogni merce e si disporrà l’ereditarietà dei mestieri: questo paralizzò la società formando caste di lavoratori chiuse. Tale trasformazione sociale si aggiungeva a quella spirituale dovuta alla diffusione di culti orientali che in seguito sarebbero stati sbaragliati dalla rivoluzione culturale del Cristianesimo grazie all’editto di Costantino (tolleranza) poi consolidato da quello di Tessalonica o di Teodosio (cristianesimo religione di stato). A questo si aggiungeva l’incapacità di gestire il sistema delle province, le quali non si sentivano più parte dello Stato in quanto vessate dalle tasse e dal militarismo di Roma (imperatore=despota). Come se non bastasse il solidus, l’oro, era diventato il vero signore dell’economia ed aveva finito per uccidere il denarius cioè la moneta dei poveri contribuenti (conseguente diffusione del pagamento in natura>prodromi dell’economia feudale). Per ovviare a questa situazione Diocleziano riformò l’impero dividendolo in Occidente e Oriente e mettendo a capo dell’impero così ripartito quattro persone chiamate tetrarchi. Successore di Diocleziano ad Occidente fu Costantino cui poi seguì Teodosio. Dopo la morte di Teodosio, Onorio e Arcadio si spartirono l’impero rispettivamente in Occidente e Oriente (quest’ultimo era vistosamente più stabile e rigoglioso). Durante il regno di Onorio e fino alla fine dell’impero la minaccia dei barbari (i visigoti di Alarico e i vandali di Genserico), sempre più insistente, veniva arginata da alcuni personaggi illustri e carismatici come Stilicone , papa Leone I (vs gli Unni di Attila) o Ezio. PAGE \* MERGEFORMAT 46 540; ripresa delle ostilità contro la Persia) rese difficoltosa, per l'insufficienza di rifornimenti, la ripresa della lotta di Belisario contro i Goti che si erano riorganizzati sotto Totila (544). Fu Narsete che, invadendo l'Italia dalla Dalmazia, la riconquistò a Bisanzio (552). G. riconquistò poi (554) la regione sud-orientale della Spagna, ma in Oriente subì gravi rovesci per le continue incursioni nei Balcani di Bulgari, Slavi e Unni (che nel 558 si spinsero sino a Costantinopoli, devastandone i sobborghi) e per la rottura della pace con Cosroe, che portò a una rovinosa guerra durata cinque anni (540-45) e conclusasi poi con un armistizio che, più volte rinnovato, condusse alla pace del 562. Sicché in definitiva la politica di G., mentre riusciva in Oriente a mantenere le posizioni anteriori, riacquistava all'Impero, in Occidente, vaste regioni del Mediterraneo (Italia, Dalmazia, Africa settentr., parte della Spagna), che tornava così ad essere dominato, come un tempo da Roma, da Bisanzio. 3. Longobardi in Italia I Longobardi sono un popolo proveniente dalla Scandinavia, di qui erano passati sul corso inferiore dell’Elba, dove si erano scontrati con i soldati di Tiberio. Poi alla fine del V secolo li troviamo in Moravia (parte dell’attuale Repubblica Ceca) mentre nel 526 entrarono nella Pannonia, corrispondente all’attuale Ungheria, dove vennero a conflitto con i Gepidi, altra popolazione germanica. Purtroppo in Pannonia la residenza durò poco per via della pericolosa alleanza cogli Avari, perciò il re longobardo Alboino decise di scendere in Italia nel 568. Il generale Narsete, ormai ottantenne, non poteva fermarli, nonostante le pressioni di Bisanzio. Dopo Cividale i L. occuparono Aquileia, Verona e Milano mentre impiegarono ben tre anni per costringere alla capitolazione Pavia. Dall’Italia settentrionale, nuclei longobardi passarono in Toscana, quindi in Umbria e nell’Italia meridionale dove costituirono i ducati di Spoleto e Benevento. Sotto il dominio bizantino rimasero: Ravenna, la sede dell’esarca, la Pentapoli (le Marche più parte dell’Umbria), il Ducato romano (Lazio), le coste della PAGE \* MERGEFORMAT 46 Liguria, della Tuscia e del Veneto, il Ducato napoletano, la Puglia, la Calabri e le isole della Sicilia e della Sardegna. Dopo Alboino, ucciso in una congiura, venne Clefi, famoso per le numerose persecuzioni di romani potentes. All’assassinio di Clefi successero dieci anni di anarchia che si chiusero con l’elezione del nuovo re, Autari, sulla spinta di un nuovo diffuso timore di un’alleanza franco-bizantina. Si aggiunga che i Franchi erano cattolici e fedeli alla chiesa di Roma mentre i longobardi erano per lo più di fede ariana o pagana. Autari, aumentò i tributi per le popolazioni romane ma al contempo sotto il suo regno diminuirono le violenze, in modo da non spingere i romani a simpatizzare coi Franchi. Egli sposò Teodolinda che lo convinse ad una lenta conversione al cattolicesimo ortodosso (infatti all’inizio i L. guardavano di buon occhio soltanto il clero scismatico , in funzione antiromana). In questo periodo sul soglio pontificio sale Gregorio Magno che si rivelerà un papa di grande carità e saggezza>condanna delle grandi proprietà, la proprietà stessa non è individuale ma bene divino da condividere con chi ne ha più bisogno. Organizzazione sociale ed economica L’economia urbana era pressoché scomparsa, le principali vie di comunicazione interrotte, al loro posto nelle vecchie curtis romane (sono delle ville-fattorie) nascevano due zone ben distinte, la pars dominicia dove risiedeva il signore coi suoi servi e la pars massaricia dove coloni liberi o semiliberi coltivavano i mansi cioè le terre che avevano in affitto. Molto estesa era poi la pastorizia. Dal punto di vista dell’oganizzazione sociale c’erano dei gruppi di famiglie, le “fare”, e più fare costituivano il ducato. Il re governa attraverso funzionari regi detti gastaldi. L’ultimo re dei L. sarà Desiderio, sconfitto nella guerra franco- longobarda da Carlo. Il diritto Fino al 643 i Longobardi vissero senza leggi, fino a quando cioè il re Rotari non emise un editto in latino (un latino rozzo e spesso oscuro). A questi articoli ne aggiunsero altri i re successivi. L’editto di Rotari limitava la pena di morte ai soli reati di lesa maestà e introduceva il guidrigildo ovvero il pagamento di una somma di denaro a riparazione di un’offesa o di un danneggiamento. Rimaneva invece la vendetta privata nei confronti delle mogli adultere. PAGE \* MERGEFORMAT 46 4. Carlo Magno e l'Impero carolingio Ascesa dei Franchi in Europa I franchi avevano cominciato a diventare sempre più potenti a seguito della vittoria del re Carlo Martello contro gli arabi a Poitiers (C. M era figlio illegittimo di Pipino di Heristal, maestro di palazzo che era riuscito a unificare i due regni di Austrasia/Germania/ e Neustria/Francia/). Morto Carlo Martello, diviene re Pipino il Breve poiché l’altro figlio, Carlomanno, si ritira in convento. Morto poi Pipino il Breve, muore il primo figlio Carlomanno e rimane unico suo erede Carlo, il quale sconfiggerà definitivamente i Longobardi di Desiderio e ne ripudierà la figlia, Desiderata (o Ermengarda, mentre il fratello Adelchi fuggirà in Oriente). Dopo la conquista dell’Italia, Carlo sconfiggerà prima i Sassoni sottomettendo quindi la Sassonia, poi prenderà anche la Baviera e infine sempre intorno al 778 sconfiggerà i mori a Roncisvalle, in Spagna (famoso episodio di Rolando, governatore della marca di Bretagna, che da solo uccide una quantità enorme di nemici e poi muore>chanson de Roland). Nel 796 sconfiggerà gli avari residenti nella Pannonia, sottomettendo quindi anche questo territorio e cristianizzandolo. Il forte legame di Carlo con la cristianità, in un momento di forte espansione musulmana , fa sì che la notte di natale dell’800 verrà incoronato a Roma, imperatore del Sacro romano impero. Chiesa e Impero coopereranno infatti per mantenere l’ordine religioso e politico: Carlo si avvarrà di vescovi e abati come consiglieri e funzionari di corte, controllerà l’elezione dei vescovi (e così tutti i suoi successori). Grande sviluppo avrà anche all’epoca il monachesimo benedettino. La società Carlo Magno promulgava leggi che valevano per tutto l’Impero, i capitolari, ed esercitava il potere centrale attraverso i membri della corte e i missi dominici, PAGE \* MERGEFORMAT 46 permase la divisione Germania-Francia-Italia e si delineò quella che sarà poi definita come anarchia feudale, fino al 962, anno di ricostituzione dell’Impero col Sacro romano impero germanico di Ottone I di Sassonia.] Accanto alla campagna feudale c’era poi la città, di solito sede vescovile, gaudente di maggiore libertà e culla già nel X secolo di artigiani e mercatores. Mentre in Francia e in Germania la frattura tra città e campagna è assoluta, in Italia lo è meno. L’economia Nel feudo si produceva tutto il necessario e per lo più si barattava, tant’è che la moneta circolante si era rarefatta e i commerci stessi non erano molto sviluppati per via degli alti pedaggi istituiti dai feudatari per scoraggiare la fuoriuscita di merci, viste le frequenti carestie (per cui meglio accumulare riserve). Tuttavia ogni settimana c’erano i mercati e ogni anno le fiere. 6. Poteri universalistici e lotta per le investiture Prodromi 1)Ottone I, una volta incoronato imperatore, conferma a Giovanni XII le donazioni di Pipino e di Carlo Magno, ottenendo in cambio il controllo imperiale sulle elezioni papali. Poco dopo però, nel 963, durante la campagna contro Berengario (e quindi contro il papa che lo appoggiava), convocò un sinodo a Roma e fece deporre Giovanni XII ed eleggere papa Leone VIII. A questo punto Giov. XII fomenta a Roma due ribellioni mentre Leone VIII si rifugia presso l’imperatore. Morto poi Giov., finalmente Leone VIII può dirsi papa. Con lui inizia la serie di pontefici eletti con la confirmatio e su presentazione imperiale. 2) Niccolò II, nel sinodo lateranense del 1059, prende posizione contro l’ingerenza imperiale nella nomina del papa e fa deliberare che per l’avvenire la designazione venga attribuita unicamente ai cardinali vescovi, riservando il solo assenso al clero inferiore e al popolo. Dalla parte imperiale stavano invece i vescovi-conti e in generale il clero feudale. La lotta per le investiture PAGE \* MERGEFORMAT 46 Il vero e proprio scontro tra papato e impero si ha sotto Gregorio VII e Enrico IV. Nella seconda metà dell’XI secolo fu infatti eletto papa Gregorio VII che impose alla chiesa un modello organizzativo di stampo gerarchico con al vertice il papa, convinto com’era del primato della chiesa di Roma sul potere imperiale, primato che era stato precedentemente affermato nella controversia con Bisanzio, sfociata poi nello scisma d’oriente del 1054. Gran parte dei vescovi tedeschi però si schierarono con Enrico IV, il papa dunque condannò le investiture imperiali dei prelati (delitto di simonia cioè la compravendita di beni ecclesiastici) e promulgò il Dictatus papae nel 1075 d.C. in cui il papa risultava l’autorità suprema in campo spirituale e poteva persino deporre l’imperatore. A questo punto l’imperatore convocò un concilio in cui depose il papa, questi reagì scomunicando Enrico IV che fu costretto ad umiliarsi (cioè chiedere scusa) presso il castello di Canossa per far ritirare la scomunica. Nel 1084 l’imperatore occupò Roma ed insediò papa Clemente III al posto di Gregorio VII che fu portato in salvo da Roberto il Guiscardo. La questione fu risolta con il concordato di Worms del 1122 d.C. in cui era ammessa la presenza dell’imperatore nell’elezione dei vescovi solo in Germania. 7. La società comunale Con l’avvento dell’anno mille, le relative condizioni di sicurezza all’ombra del castello feudale, la fine delle scorrerie e la stabilizzazione delle popolazioni, creano le necessarie premesse per la spinta demografica che è di fatto il più importante evento del sec. XI. Un incremento coadiuvato dalla rivoluzione agraria sulla base di nuove tecniche: il mulino ad acqua, il giogo frontale, l’aratro a versoio e la rotazione triennale. La città riprende ora ad essere anche centro di vita economica con il rifiorire dei traffici e dei commerci, con la circolazione della moneta, con la diffusione di fiere e mercati, insomma di un sistema economico del tutto sottratto alla competenza dei tribunali feudali. Sempre in città nascono le prime scuole e si diffonde l’architettura romanica. Poco a poco le città cominciano a cingersi di mura e a rappresentare una valida alternativa al castello feudale. In questo contesto si verificarono sempre più numerose affrancazioni di servi per sottrarre manovalanza alle aristocrazie e favorire l’aumento di manodopera. PAGE \* MERGEFORMAT 46 Anche la struttura sociale si articolava in modo diverso e fra i vari gruppi si faceva strada lo spirito di associazione, nascevano quindi le confraternite religiose, le corporazioni (per mestiere) e le consorterie nobiliari, intorno a comuni interessi di classi. Nel conflitto, poi, tra papato e impero le città schierandosi con l’uno o con l’altro ebbero modo di ottenere privilegi e concessioni per l’amministrazione interna. L’autonomia, ovvero la facoltà di eleggersi i propri capi, diveniva di fatto un fenomeno sempre più europeo. In Italia il movimento comunale si sviluppa prima nella pianura padana e poi in Toscana (XI-XII secc.) Ordinamento comunale Dai boni homines, membri della piccola e media nobiltà, notai o giudici che affiancavano il vescovo nell’amministrazione cittadina, nell’ambito di un associazionismo spontaneo e privato (l’organo supremo che eleggeva era l’arengo o parlamentum), si passa nell’XI sec. ai consoli, ovvero dei magistrati che avevano il compito di amministrare la città e la giustizia. Si stabiliscono dei brevi, ovvero i compiti e i doveri dei consoli, primo passo verso gli statuti comunali, mentre all’esterno, per impulso dei milites si procede all’occupazione del contado sia per esigenze economiche che politiche (piccola feudalità inurbata vs grande feudalità campagnola). Tra la fine dell’XI e l’inizio del XII sec. le corporazioni o gilde di artigiani o mercanti cominciano ad assumere sempre più potere e a sostituirsi alla parte aristocratica nel governo della città, per meglio tutelare gli interessi commerciali. Al governo consolare subentra quello podestarile, con un magistrato forestiero che si poneva al di sopra delle parti, restando in carica per sei mesi o un anno svolgeva funzioni sia esecutive che giudiziarie. 8. La signoria A cavallo tra il IX-X secolo la crescente insicurezza causata dalle incursioni relative alle seconde invasioni barbariche (dei popoli scandinavi), complice l'incapacità dei sovrani carolingi di garantire la sicurezza, causò il fenomeno dell'incastellamento: i grandi proprietari realizzarono delle fortificazioni attorno alle loro residenze nella curtis per difendersi dalle scorrerie. Anche i liberi contadini dei territori limitrofi si trasferirono all'interno delle aree fortificate mescolandosi ai servi dipendenti del padrone. PAGE \* MERGEFORMAT 46 questo permise al papa di chiamare alla guida del regno di Sicilia Carlo d’Angiò, fratello di Luigi IX. 10. Papato universale e stato della chiesa A partire dal XII secolo il papato cominciò a riorganizzarsi dal punto di vista territoriale, istituzionale e amministrativo. Il primo cambiamento riguardò l'elezione del papa: prima della metà del XII secolo i papi venivano scelti da un'assemblea formata dai soli cardinali vescovi e tale scelta doveva essere poi confermata con l'acclamazione da parte del popolo di Roma. Nel 1179, il terzo concilio lateranense di papa Alessandro III introdusse in seguito la possibilità a tutti i cardinali di partecipare all'assemblea per eleggere il papa. Nel secolo successivo si affermò definitivamente che l'elezione papale non doveva essere influenzata né dall'impero né dal popolo di Roma. Per accelerare la procedura di elezione, il papa Gregorio X stabilì che i cardinali si sarebbero dovuti riunire in uno spazio chiuso al quale nessun altro poteva accedere fino ad elezione avvenuta, il conclave. Oltre a poter eleggere il papa, i cardinali erano i più stretti collaboratori del papa. Alla crescita dello stato pontificio si opponevano i signori territoriali, i comuni dell'Italia centrale e i sovrani normanni nell'Italia meridionale. Dalla metà del XII secolo l'impero tornò a scontrarsi con il papato per il controllo dei comuni del Nord fino alla pace di Venezia. Dopo la morte di Federico Barbarossa e con la minore età di Federico II l'espansione dello stato pontificio poté riprendere: il papa Innocenzo III ottenne la fedeltà dei signori locali e comuni del Lazio, Umbria e Marche. I parlamenti locali erano presieduti da rettori di nomina pontificia. Lo stato pontificio concesse larghe zone di autonomia ai propri sudditi in materia fiscale, giudiziaria e militare. Alla morte di Federico II il papato chiese a Carlo d'Angiò di intervenire in Sicilia per scacciare gli svevi. Dopo averli sconfitti, Carlo si liberò dall'influenza papale e iniziò ad esercitare lui stesso un'influenza sul papa. Nello stesso periodo lo stato pontificio estese i suoi domini anche in Romagna con l'intervento militare. La presenza angioina in Sicilia terminò nel 1282, dopo la rivolta dei Vespri siciliani di cui approfittarono gli aragonesi. PAGE \* MERGEFORMAT 46 Il papa riscuoteva sia le tasse che gli spettavano in quanto sovrano, per il mantenimento dello stato pontificio, sia quelle spettanti in quanto signore territoriale, ovvero i versamenti che i contadini gli dovevano obbligatoriamente corrispondere. Dal punto di vista giurisdizionale il papa rafforzò il controllo che esercitava nei confronti dei vescovi cittadini, dei monasteri e delle chiese locali. Cambiò anche il modo di nominare i vescovi: in precedenza la nomina vescovile era affidata al clero della diocesi; su iniziativa del papa Bonifacio VIII questa prerogativa divenne un'esclusiva del pontefice. Con la bolla Unam sanctam del 1303, il papa Bonifacio VIII sancì la superiorità del papa rispetto a tutti gli altri poteri esistenti, attribuendosi il diritto di scegliere, deporre e sostituire gli imperatori. La redazione dell'Unam sanctam era rivolta a rilanciare la figura del papa e la centralità di Roma in un momento in cui da molte parti si levavano voci di protesta che auspicavano un rinnovamento della Chiesa e un ritorno ai valori del Vangelo. Nel 1300 il papa istituì il giubileo, offrendo l'indulgenza (ovvero la remissione di tutti i peccati) a chi avesse visitato Roma. L'Unam sanctam fu redatta anche per opporsi alla decisione di Filippo IV il Bello re di Francia di tassare anche il clero (che in precedenza godeva dell'immunità) durante la riorganizzazione fiscale della Francia. Filippo il Bello reagì con una spedizione ad Anagni, sostenuta dalla famiglia romana dei Colonna (nemici di Bonifacio VIII), per prelevare il papa e farlo processarlo da un tribunale francese per essersi opposto al re di Francia. L'operazione non andò a buon fine ma alla morte del papa Filippo il Bello riuscì a far eleggere papa un suo candidato, Clemente V, e fece spostare la sede papale ad Avignone (1309). Il papato avignonese avrà vita sino al 1378. 11. Crisi del 300 e nuovi equilibri Nel XIV secolo si verificarono alcuni eventi drammatici che falciarono di circa un terzo la popolazione europea. Dopo l'espansione economica dei secoli precedenti si ebbe una profonda depressione e infine venne avviata una riorganizzazione produttiva che pose le basi dell'economia moderna. L'espansione economica iniziata nell'XI e proseguita anche nel XIII (con lo sviluppo di una solida economia mercantile che si avvaleva anche di banchi, istituti specializzati nello scambio e nel prestito di moneta) provocò un PAGE \* MERGEFORMAT 46 consistente aumento demografico provocato dallo spostamento dalle campagne verso le aree più produttive delle città. Questi spostamenti tolsero manodopera alle aree rurali e determinarono la crescita del fabbisogno alimentare delle città. Vennero messe a colture terre marginali la cui bassa resa insieme alla crescita della popolazione urbana furono le basi della crisi del XIV secolo. Le contraddizioni dello sviluppo economico del XIII secolo emersero nel successivo, con una serie di cattivi raccolti che portarono a gravi carestie. Si trattò di una crisi alimentare generalizzata, non circoscritta a singoli territori, e il mercato non era in grado di compensare le scarse rese agricole. I prezzi subirono una rapida impennata che rese molto difficoltoso l'acquisto degli alimenti da parte della popolazione urbana. Anche le campagne vissero momenti drammatici. Oltre alle carestie, l'Europa fu segnata anche dalla diffusione della peste nera, proveniente dall’Asia, una malattia infettiva che nella sua forma bubbonica aveva un altissimo tasso di mortalità. Secondo l'economista Thomas Robert Malthus, alla base della crisi del 3oo vi era la sproporzione tra l'aumento demografico, di tipo geometrico e l’incremento del cibo, di tipo invece aritmetico. Di fatto la peste accelerò i cambiamenti economici e sociali messi in atto dalla crisi: le terre che rendevano meno furono abbandonate e il numero di contadini diminuì a causa della morte o dell'emigrazione. Le zone abbandonate furono sostituite dall'incolto (boschi e paludi). L'abbandono delle terre marginali portò a un aumento dell'attività pastorizia e alla riorganizzazione delle terre coltivate in cui iniziarono ad affermarsi nuove colture specializzate (riso, lino e gelso). Nelle campagne si diffusero le prime forme di agricoltura intensiva e la mezzadria sostituì i rapporti di lavoro precedenti: i proprietari dividevano le loro terre in poderi, delle aziende dotate di una casa per i contadini e delle strutture necessarie al lavoro, e i contadini dovevano lavorare la terra, migliorarla aumentandone la produttività e versare al proprietario la metà del raccolto. L'introduzione della mezzadria portò a un generale incremento produttivo ma anche a un maggior sfruttamento del lavoro contadino da parte dei proprietari. Questa nuova forma di oppressione diede luogo a moti e rivolte da parte dei contadini (in PAGE \* MERGEFORMAT 46 Per mediare le esigenze dei sovrani con quelle dei vari ceti si ricorse alla convocazione dei parlamenti in cui si riunivano i rappresentanti dei diversi ceti. In Francia e Inghilterra andò avanti il processo di affermazione del potere regio iniziato nel XIII secolo, che continuò nei due secoli successivi e fu collegato agli assetti territoriali che i due regni assunsero alla fine della guerra dei cent'anni. In Francia gli ufficiali ebbero un ruolo importante nella gestione della fiscalità: grazie all'introduzione dei catasti.Il rafforzamento dell'autorità regia entrò in conflitto con i signori territoriali e le città, così i re francesi tentarono di integrare queste realtà locali concedendo cariche ai membri dell'aristocrazia e ricorrendo alla convocazione degli “Stati Generali”, un'assemblea in cui venivano rappresentati tre principali strati sociali: clero, nobiltà e i ceti urbani in ascesa (in seguito chiamati Terzo Stato). Gli Stati Generali vennero convocati inizialmente durante la lotta francese contro il papato e dopo la guerra dei cent'anni e nel tempo contribuirono a rafforzare il legame tra re e popolo. Anche in Inghilterra il Parlamento conquistò un ruolo centrale nella politica del regno. A causa dell'impellente necessità di trovare nuovi fondi per finanziare l'esercito il parlamento cominciò ad essere convocato con una certa regolarità. A metà del XIV secolo si affermò un modello bicamerale: il Parlamento si divise nella “camera dei lord”, formata dai nobili (i cui rappresentanti erano nominati dal re), e nella “camera dei commons (o comuni)”, formata dalla piccola nobiltà locale (i cui rappresentanti erano eletti localmente). Questo sistema permise al regno di superare momenti di crisi dati dalle insurrezioni popolari scoppiate contro l'eccessivo carico fiscale, dalla guerra dei cent'anni e dalla guerra delle due rose scoppiata nel 1455 (la contesa della corona inglese tra le casate Lancaster e York, nei cui stemmi figurava una rosa, terminata con l'ascesa al trono di Enrico VII, esponente della dinastia Tudor e imparentato con entrambe le famiglie contendenti). L'affermarsi delle monarchie nazionali andò di pari passo al declino dell'impero e delle sue pretese universalistiche. L'autorità imperiale fu notevolmente ridimensionata negli anni successivi alla morte di Federico II, a metà del XIII secolo, quando sia in Italia che in Germania si affermarono degli PAGE \* MERGEFORMAT 46 stati territoriali sempre più autonomi. Agli inizi del XIV secolo, falliti i tentativi di Enrico VII di ridare vigore al ruolo imperiale in Italia, la sfera di influenza dell'imperatore si restrinse al solo territorio tedesco. Il processo di rafforzamento dei poteri centrali che venne avviato in Francia e Inghilterra, in Germania non riguardò l'impero ma gli stati territoriali che lo componevano. Gli stati tedeschi si dotarono di parlamenti (che in alcuni casi presero direttamente il potere e in altri riuscirono a influire sulle scelte dei signori territoriali) con i quali i principi riuscirono a diminuire la conflittualità tra gli strati sociali e a presentarsi come garanti della pace. L'imperatore doveva garantire la pace tra i singoli stati territoriali. Nel XIII secolo alcuni territori si staccarono dall'impero e formarono due stati: la confederazione svizzera e il principato religioso-militare dell'Ordine teutonico (situato lungo le coste del Mar Baltico, per convertire gli slavi). I regni di Svezia e Norvegia non riuscirono ad affermarsi sui poteri regionali. Il regno di Danimarca non riuscì ad espandersi a causa della concorrenza delle città marinare tedesche. Nell'area balcanica i turchi ottomani portarono al crollo del regno di Serbia e dell'impero bizantino. I Balcani divennero una regione di confine politico, religioso e culturale tra il mondo musulmano e quello cristiano. In quest'area i regni di Boemia e Ungheria furono gli unici ad assumere una struttura simile a quella dei regni occidentali. Nel regno di Boemia (che faceva parte dell'impero sin dall'età ottoniana) vennero rafforzati i poteri regi, sotto Carlo IV di Lussemburgo. All'inizio del XIV secolo la corona di Ungheria passò agli angioini, che cercarono di riorganizzare il regno seguendo l'esempio della monarchia francese, ma nel 1380 per complesse questioni dinastiche il regno passò alla dinastia dei Lussemburgo per alcuni decenni. In Europa orientale i due maggiori stati erano il regno di Polonia e il Granducato di Lituana: il primo trovò l'unità territoriale e amministrativa grazie all'aiuto della Chiesa, che ben vedeva il formarsi di uno stato cattolico in una zona di prevalente fede greco-ortodossa, mentre il secondo si formò dall'unione delle varie tribù locali per difendersi dalle aggressioni dei russi e dei monaci-guerrieri teutonici. La conversione al cristianesimo del granduca PAGE \* MERGEFORMAT 46 Jagellone e della nobiltà consentì al sovrano di inserirsi nella crisi dinastica in Polonia e ottenerne la corona, dando vita ad un vasto stato polacco-lituano. Tra il XIV e il XV secolo nacque anche la Russia: il principato di Mosca riuscì ad espandersi territorialmente nel XIV secolo approfittando dell'indebolimento dei mongoli. Mosca, che rafforzò il suo prestigio divenendo il riferimento religioso dei cristiani ortodossi, divenne la capitale del nuovo stato. Sotto il regno di Ivan III il Grande (considerato il fondatore della Russia) nel XV secolo vennero conquistati anche gli altri principati minori. Tra il XIV e il XV secolo vennero riorganizzati i poteri monarchici anche nella penisola iberica, dove erano situati i regni cattolici di Aragona, Castiglia, Navarra e Portogallo e il regno musulmano di Granada a Sud. Questi regni, sebbene fossero molto eterogenei, furono tutti caratterizzati da crisi dinastiche. Nonostante il rafforzamento amministrativo ci furono molti conflitti tra sovrani e ceti sociali eminenti. Nel XV secolo Isabella, erede al trono di Castiglia, sposò Ferdinando, erede al trono d'Aragona. I due regni, uniti sul piano personale ma non su quello istituzionale, trovarono un collante nella fede religiosa, ridando vigore alla guerra contro i non cattolici della penisola: i re cattolici sostennero la lotta all'eresia, la persecuzione degli ebrei e la guerra al regno di Granada (che cadde segnando la fine della presenza musulmana nella penisola-1492). Le forze economiche congiunte dei due regni diedero nuovo impulso alla crescita economica. Ferdinando e Isabella promossero una serie di esplorazioni marittime verso l'Oriente, per trovare nuove rotte commerciali dopo la caduta dell'impero bizantino (furono proprio loro infatti a finanziare la spedizione di Cristoforo Colombo). 14. Gli stati regionali in Italia Il processo di ricomposizione territoriale che nel XII secolo prese avvio ad opera delle grandi monarchie, in Italia fu condotto dai comuni. Anche se la conquista dei contadi diminuì il numero dei poteri presenti sul territorio, tuttavia, rispetto alle monarchie europee i comuni avevano esteso i loro domini su aree di ridotte dimensioni. A partire dal XIV secolo si affermarono cinque stati regionali che sostituirono la moltitudine di poteri data da comuni e signorie territoriali inglobandoli attraverso una lunga serie di guerre. I conflitti locali tra i comuni si inquadrarono in due schieramenti: i PAGE \* MERGEFORMAT 46 corona fu aggravata dall’indebitamento dei monarchi con i banchieri fiorentini, inoltre per contrastare i poteri locali il re dovette ricorrere alla convocazione di assemblee rappresentative della nobiltà e delle città. Nel 1442 d.C. Aragona si impossessò anche del regno di Napoli. La pace di Lodi nel 1454 fissò i confini degli stati regionali: Milano, Venezia e il Ducato di Savoia a Nord; Firenze, Siena e lo stato pontificio al centro; il regno riunificato dagli aragonesi a Sud. 15. Le scoperte geografiche e gli imperi coloniali La conquista da parte dei Turchi di Costantinopoli nel 1453, quindi l'impossibilità del passaggio delle merci via terra dall'Asia all'Europa attraverso lo stretto del Bosforo, spinsero gli europei a reperire le spezie, ed altri prodotti pregiati sempre più richiesti, per via marittima. Si trattava di sfuggire anche al monopolio del commercio con l’Oriente da tempo esercitato da Venezia e da Genova. Già nella prima metà del XIV secolo i genovesi scoprirono le Canarie ma non riuscirono a trasformarle in un insediamento a causa della peste; tuttavia la zona fu assoggettata alla Castiglia agli inizi del XV secolo. La navigazione nell'Oceano Atlantico fu resa possibile dallo sviluppo delle tecniche navali e degli strumenti di navigazione (imbarcazioni più grandi e sicure, come il galeone, comparsa della caravella, diffusione della bussola e perfezionamento dell’astrolabio, conseguente sviluppo della cartografia). In Portogallo, la dinastia degli Aviz nel XV secolo promosse attività commerciali ed esplorazioni per curare i propri interessi economici. Vennero colonizzate le isole di Madera (dove i portoghesi introdussero la coltivazione della canna zucchero), Porto Santo e le Azzorre. L'attività di esplorazione delle coste africane era legata alla necessità di approvvigionarsi di oro e di schiavi africani. Le navi portoghesi si spinsero sempre più a Sud, approdando alle isole di Capo Verde, in Sierra Leone e nel golfo di Guinea. L'idea di circumnavigare il continente africano, nonostante le sue dimensioni fossero ancora sconosciute, cominciò a sembrare possibile. Nel corso delle loro spedizioni lungo le coste dell'Africa, i portoghesi fondarono basi commerciali che fungevano anche da punti di rifornimento per le navi lontane dalla madrepatria. Il primo navigatore a circumnavigare l’africa parte, compiendo PAGE \* MERGEFORMAT 46 un’ampia svolta verso nord-est fu Bartolomeo Díaz, il quale arrivò alla punta meridionale dell'Africa, ribattezzandola Capo di Buona Speranza mentre alla fine del XV secolo Vasco da Gama riuscì ad approdare a Calicut, in India. A differenza che in Africa, nelle Indie i portoghesi avevano ben poco da offrire in cambio delle merci preziose e l'unico mezzo di pagamento accettato dai mercanti orientali era l'argento o il corallo. In questo contesto i portoghesi misero a punto una tecnica aggressiva che venne in seguito ripresa dai conquistatori europei: essi approfittarono dei contrasti politici ed economici fra i principi della zona riuscendosi ad insediare nelle città rivali. I portoghesi crearono anche una serie di stazioni commerciali fra le coste dell'Africa orientale e quelle dell'India occidentale, cercando di controllare le rotte commerciali dell'Oceano Indiano e ritenendo inutile e costosa l'occupazione territoriale diretta. Il tentativo di aggirare gli arabi come intermediari nel commercio delle spezie non durò però a lungo tanto che dovettero rinunciare al controllo del Golfo Persico. Alla fine del XV secolo la Castiglia, dopo aver portato a termine la reconquista, promosse una spedizione nell'Oceano Atlantico. Il navigatore genovese Cristoforo Colombo (dopo aver ricevuto il rifiuto dal re del Portogallo) propose alla regina Isabella di Castiglia di finanziare una spedizione navale per arrivare in Cina, terra ricca di spezie e sete molto preziose, navigando verso occidente con la convinzione della sfericità della Terra (teoria avanzata dal geografo fiorentino Paolo Toscanelli). Ottenuto il denaro necessario dalla regina e dei mercanti genovesi, Colombo salpò con tre caravelle e il 12 ottobre 1492 sbarcò su un'isola delle Bahamas che chiamò San Salvador prendendone possesso a nome della Castiglia. Fino alla sua morte il navigatore fu convinto si essere sbarcato nel Cipango (come veniva chiamato il Giappone). Si aprì la fase delle esplorazioni delle terre a Ovest dell'Oceano Atlantico. La scoperta delle nuove rotte pose ai portoghesi e ai castigliani il problema della delimitazione dei rispettivi diritti. Essendo l'espansione della fede cristiana la motivazione ufficiale delle spedizioni, si fece ricorso al papa Alessandro VI, che cercò di eliminare le ragioni della contesa fra Portogallo e Castiglia stabilendo una linea di demarcazione: le ma le due parti, non soddisfatte dalla decisione del pontefice, si accordarono per spostare la linea di demarcazione. Con il trattato PAGE \* MERGEFORMAT 46 di Tordesillas, i due regni si arrogarono il diritto di sovranità sulle nuove terre senza tener conto delle popolazioni autoctone. Nel XVI secolo, nonostante il Brasile spettasse alla Castiglia, una flotta portoghese venne spinta dai venti sulle coste brasiliane e ne prese possesso. Solo con il viaggio compiuto da Amerigo Vespucci prese corpo l'idea che le terre scoperte da Colombo facessero parte di un nuovo continente. I navigatori castigliani, allora, ripresero la ricerca di una rotta per l'oriente: il navigatore Ferdinando Magellano, al servizio dell'imperatore Carlo V, si cimentò nella circumnavigazione dell'America e scoprì le Filippine ma la spedizione si rivelò un fiasco perché, secondo il trattato di Tordesillas, le isole produttrici di spezie rientravano nell'area spettante ai portoghesi. Nel frattempo i castigliani cominciarono a sfruttare le nuove terre americane. Lo sfruttamento e le malattie sconosciute nel nuovo mondo e giunte con gli europei provocarono un netto crollo della popolazione autoctona. Nelle Antille, esauritesi le risorse d'oro, vennero impiantate le coltivazioni di canna da zucchero, la cui manodopera venne data dall'acquisto di schiavi neri dopo il crollo demografico delle popolazioni autoctone. Nei secoli successivi il mercato degli schiavi assunse grandi dimensioni. L'ulteriore espansione dei castigliani nel continente venne data dalla ricerca d'oro. Mentre in Asia i portoghesi incontrarono civiltà con cui avevano rapporti da secoli, in America i castigliani entrarono in contatto con civiltà assolutamente sconosciute e diverse fra loro per livelli di sviluppo. Nel 1519 una spedizione in Messico guidata da Hernán Cortés spazzò via gli aztechi. Nel 1532 un'altra spedizione, guidata da Francisco Pizarro, annientò gli inca in Perù. In entrambi i casi molti indigeni furono ridotti in schiavitù nelle miniere d’oro. Più tardi anche il Portogallo intraprese la colonizzazione del Brasile. Nonostante all'interno della Chiesa ci fosse chi denunciava l'illegittimità dell'espropriazione delle terre degli indios e il non rispetto dei loro diritti umani (come il sacerdote Bartolomé de las Casas, che arrivò anche ad essere favorevole all'importazione di schiavi africani pur di tutelare gli indios), i conquistatori, animati da cospicui interessi economici, li destinarono ugualmente al lavoro forzato nelle miniere e nelle piantagioni. PAGE \* MERGEFORMAT 46 Figlio dell'arciduca d'Austria Filippo il Bello (perciò nipote dell'imperatore Massimiliano d'Asburgo) e di Giovanna la Pazza (figlia di Ferdinando d' Aragona e di Isabella di Castiglia), divenne a soli sei anni, per la morte del fratello e della sorella maggiore della madre, come pure di quella del padre, erede non solo dei Paesi Bassi ma dell'Aragona e della Castiglia. Diventato nel 1516, alla morte di Ferdinando il Cattolico, re di Aragona e di Castiglia, si recò in Spagna per prendere possesso dei suoi reami, ma la rapacità del suo seguito formato quasi esclusivamente di Fiamminghi e la sua incomprensione per quel conglomerato d'istituzioni e di elementi contrastanti ch'era la Spagna, lo rese tutt'altro che gradito ai nuovi sudditi. Questo malcontento verso l'atteggiamento del nuovo sovrano si manifestò nelle adunanze delle Cortes, che opposero ostacoli di ogni genere al governo di C. nel timore che egli volesse esautorarle e conferire le più alte cariche dello stato a uomini della sua terra natale. Quando poi nel 1519, in seguito alla morte del nonno Massimiliano, C. lasciò temporaneamente la Spagna, affidando la reggenza in Castiglia ad Adriano di Utrecht, per porre la propria candidatura alla corona imperiale, scoppiò la cosiddetta rivolta dei comuneros, che tuttavia ben presto fallì a causa della defezione della nobiltà e del clero. L'incoronazione di C. ad Aquisgrana, che ebbe luogo il 23 ott. 1520 e alla quale C. giunse dopo lunghe trattative con i principi elettori dai quali ottenne, con molto oro, il conferimento della dignità imperiale, mise tutt'a un tratto il nuovo Cesare di fronte a gravi e ardue responsabilità politiche: egli era ormai impegnato a fondare un'egemonia europea. Contro questo sovrano, la Francia si difese: Francesco I, che invano aveva tentato di contrastare a C. l'ambita corona, si trovava circondato da ogni parte dai possedimenti del rivale, così per liberarsi da questa morsa, allegando a pretesto i suoi diritti sul ducato di Milano, iniziò nel 1521 quella serie di guerre contro C. che si trascinarono quasi senza soluzione di continuità, fino al 1544 e continuarono anche sotto il regno di suo figlio Enrico II. La prima guerra (1521-25), terminata a favore dell'imperatore con la vittoria di Pavia (24 febbr. 1525), dove lo stesso re Francesco I fu fatto prigioniero, fu ben presto seguita da un'altra campagna, che vide alleati contro C. il re di Francia, papa Clemente VII e la maggior parte degli stati italiani (Lega di Cognac). Ancora una volta l'imperatore riuscì vittorioso. Poco dopo nel 1527, un esercito di Lanzichenecchi, esasperati per il mancato PAGE \* MERGEFORMAT 46 pagamento del soldo, rinchiusero il pontefice a Castel Sant'Angelo. Al termine di un’occupazione di tre anni, il papa, riconosceva i diritti dell’imperatore sui territori italiani, in cambio della restituzione dei domini pontifici. Fu così che nel 1530, a Bologna, C. fu incoronato imperatore dal papa in persona. La pace di Cambrai, stipulata nello stesso anno, sanciva che Milano restasse sotto l’impero mentre la Borgogna sotto Francesco I. Nel frattempo in Germania era dilagato il movimento luterano. Ma C., tutto preso dalla lotta contro Francesco I, non poteva assumere contro i protestanti un atteggiamento troppo energico che avrebbe potuto facilmente suscitare un nuovo focolaio di guerra rovinosa. Pertanto C., permise nel 1526 (dieta di Spira) ai luterani il libero esercizio della loro confessione. Solo dopo la riconciliazione col pontefice C. tentò di ritogliere quanto aveva elargito, ma di fronte alle proteste dei luterani, unitisi nella lega di Smalcalda, e al pericolo di una guerra in Germania, non insistette nella sua pretesa. Dal 1530 al 1535 C. poté infine, dopo dieci anni di guerra, dedicarsi al riordinamento dei suoi stati, la cui decadenza economica, unita a un'inefficiente organizzazione fiscale, aveva sempre condizionato la sua dispendiosa politica europea. Nominò reggente dei Paesi Bassi la sorella Maria; fece proclamare re dei Romani il fratello Ferdinando, al quale fin dal 1522 aveva ceduto i possedimenti asburgici tedeschi; in questo stesso periodo egli decise di affrontare la questione dei Turchi, che si facevano sentire non solo in Ungheria, lungo il Danubio, ma proprio nel Mediterraneo. Dopo l'occupazione di Tunisi da parte del temuto pirata Barbarossa, C. nel 1535 organizzò una spedizione, alla quale parteciparono, salvo Venezia, quasi tutti gli stati italiani: Tunisi fu presa d'assalto e il Tirreno e il Mediterraneo occidentale per un certo tempo furono liberati dai pirati. Ma il ducato di Milano continuava a costituire il pretesto giuridico delle guerre d’Italia. Il figlio di Francesco I, Enrico II, infatti, dopo aver appoggiato i principi luterani (fronte conclusosi con la pace di Augusta del 1555 –principio del cuius regio eius religio), riaprì le ostilità in Italia ma fu duramente sconfitto dall’esercito spagnolo di stanza nelle Fiandre. Dopo decenni di guerra si arrivò finalmente alla pace di Cateau-Cambresis, che chiuse definitivamente il conflitto. Nel 1546, quando ormai a Trento era stato aperto il concilio, C. stimò giunto il momento di risolvere con la forza la questione protestante. Radunato un esercito, la guerra procedette in maniera assai propizia fino alla vittoria di PAGE \* MERGEFORMAT 46 Mühlberg (1547), ma, di fronte alla successiva ostilità papale, che per quella vittoria che colpiva gli autonomisti germanici sentiva farsi più pesante il giogo cesareo sull'Italia, l'imperatore preferì ancora una volta ripiegare sulla politica del compromesso, concedendo forti garanzie ai protestanti. La politica imperiale europea era comunque fallita: i particolarismi e la varietà delle condizioni religiose, nazionali, economiche gli avevano opposto difficoltà insormontabili. Ritiratosi a Bruxelles, lasciò al fratello Ferdinando la cura di comporre le cose di Germania; poi nel 1555 abdicò al governo dei Paesi Bassi e l'anno dopo a quello delle terre spagnole, a favore del figlio Filippo II. 18. La riforma protestante Nei primi decenni del XVI secolo si diffusero in Europa delle idee cristiane molto diverse da quelle insegnata dalla Chiesa cattolica. Il desiderio di riforma della Chiesa era originato dalla grande distanza tra la visione del mondo proposta dai testi sacri e il comportamento della Chiesa (Gesù Cristo proponeva un'etica della donazione e del sacrificio molto lontana dalla tendenza all'accumulazione dei beni materiali e di potere del papato). Nel 1517 un monaco agostiniano, Martin Lutero, diffuse 95 tesi teologiche fortemente contrastanti con l'ortodossia cattolica. Tuttavia la Chiesa di Roma non si allarmò, contando in una possibile ravveduta del monaco o nell'intervento dell'Inquisizione. Le novantacinque tesi, invece, sconvolsero il mondo cattolico distruggendo per sempre l'unità della Chiesa. Le idee di Lutero, quindi, provocarono una spaccatura profonda nell'Europa cristiana, che da allora fu divisa tra cattolici (fedeli alla Chiesa di Roma) e protestanti (appartenenti a una delle tante Chiese originate dalla critica al cattolicesimo). Alla base della riflessione teologica di Lutero c'era il confronto tra la lettura dei testi sacri e la dottrina ortodossa della Chiesa. Lutero si accorse che i testi sacri affermano che la salvezza per l'uomo discende dalla grazia divina, da una concessione volontaria di Dio ai singoli, senza alcuna mediazione da parte della Chiesa. Secondo la posizione di Lutero il fedele non avrebbe bisogno, quindi, di compiere azioni particolari per cercare la salvezza eterna, ma dovrebbe soltanto avere fede. All'interno delle tesi luterane le indulgenze (ovvero la compravendita degli sconti di pena validi per i defunti nel purgatorio, pratica PAGE \* MERGEFORMAT 46 della società ginevrina pensata da Calvino non ebbe interesse per la tolleranza e il dibattito: i dissenzienti e gli eterodossi venivano espulsi dalla comunità o, nei casi peggiori, condannati a morte. Ciononostante le idee di Calvino, grazie alla spinta del nuovo messaggio riformato e all'intensa attività di proselitismo, riscossero molto successo anche fuori Ginevra: il calvinismo si diffuse in Francia (dove i calvinisti venivano chiamati ugonotti), nei Paesi Bassi, in Polonia e in Scozia. Enrico VIII re d'Inghilterra si schierò apertamente contro le idee luterane, tuttavia colse ben presto l'opportunità di ridurre l'influenza del papato sulla politica e sulla società inglese. Uno degli ambiti in cui essa si esprimeva era la politica matrimoniale della dinastia: il divieto di divorziare o di sposare consanguinei permetteva alla Chiesa di esercitare un controllo sulla sfera privata e familiare dei monarchi, influenzandone la politica dinastica. Alla richiesta di Enrico VIII di annullare le nozze dalla moglie Caterina d'Aragona (zia di Carlo V), dalla quale il re temeva di non ricevere un erede maschio, il papa Clemente VII assunse una tattica attendista, temendo che l'approvazione al divorzio potesse scatenare l'ostilità di Carlo V. Il re inglese ne approfittò per rompere il legame di sudditanza spirituale alla Chiesa di Roma. Enrico VIII, oltre a risolvere il problema matrimoniale divorziando da Caterina d'Aragona e sposando Anna Bolena, nel 1534 emanò l'Atto di supremazia, mediante il quale si proclamò unico capo della Chiesa d'Inghilterra (o Chiesa anglicana), assegnando il governo degli affari ecclesiastici all'arcivescovo di Canterbury. Per la prima volta un sovrano riunì nelle sue mani sia il potere politico che l'autorità religiosa. La rescissione del legame con la Chiesa di Roma, consentì alla monarchia inglese di sopprimere gli ordini religiosi, procedendo alla vendita dei loro beni e delle loro proprietà terriere. Durante il regno del re Edoardo VI venne redatto il Book of common prayer, un libro di preghiere che avvicinò la Chiesa anglicana al protestantesimo. 19. Uno dei modi in cui la Chiesa tentò di risolvere il problema della riforma protestante fu la convocazione di un concilio ecumenico. Nel 1544 il concilio fu convocato a Trento: la scelta di questa sede del concilio fu data da motivi politici (si trattava di una città italiana all'interno del territorio del Sacro PAGE \* MERGEFORMAT 46 Romano Impero e governata da un vescovo) e geografici (la vicinanza di Trento ai paesi di lingua tedesca fu un segno di apertura al dialogo con il mondo protestante). Gli obiettivi di Paolo III e di Carlo V erano molto diversi: il papa vedeva nel concilio la sede in cui intraprendere la restaurazione dell'autorità della Chiesa e la lotta contro gli eretici, mentre l'imperatore sperava nel compromesso con i protestanti al fine di salvaguardare la propria autorità in Germania. Il concilio venne interrotto più volte e si svolse in maniera non continuativa. Nel 1551 il nuovo papa Giulio III invitò i rappresentanti riformati che però rifiutarono di parteciparvi. Nella seconda fase venne esaminata la questione dell'eucaristia. Il concilio venne di nuovo interrotto dalla guerra tra Carlo V e il re di Francia, Enrico II, alleato dei protestanti tedeschi. Nel 1560 il papa Pio IV riconvocò il concilio di Trento in un periodo in cui il contesto internazionale era mutato: il conflitto franco- asburgico era concluso e il re di Francia stesso sollecitò la ripresa del concilio, sperando di contrastare la diffusione del calvinismo nel proprio territorio. Nella terza fase venne trattata la questione dell'obbligo di residenza dei vescovi nelle loro diocesi.Contro la dottrina protestante del libero accesso ai testi sacri il concilio ribadì il ruolo della Chiesa come unica depositaria della lettura e dell'interpretazione della parola divina attraverso l'unica versione della Bibbia autorizzata, la Vulgata. Contro la dottrina protestante della salvezza mediante la sola grazia venne riaffermato il principio della mediazione della Chiesa tra uomo e Dio e l'importanza delle opere di carità: ne conseguì, quindi, la riaffermazione di pratiche e credenze tradizionali che furono tra i principali bersagli della riforma protestante, come l'esistenza del Purgatorio, il culto dei santi e delle loro reliquie, i sette sacramenti e la capacità della Chiesa di ridurre le pene ultraterrene tramite le indulgenze. Il concilio rivolse grande attenzione al clero, stabilendo l'esigenza di una rigida separazione dal resto della società per mezzo dell'aspetto (con l'obbligo di indossare l'abito talare) e del comportamento (con una moralità che prevedeva l'obbligo alla castità e al celibato). I vescovi vennero obbligati anche ad istituire periodiche assemblee delle diocesi (dette sinodi). Per contrastare l'ignoranza del clero, spesso incapace di controbattere alle argomentazioni dei protestanti, il concilio decise di creare dei seminari per formare gli aspiranti sacerdoti. PAGE \* MERGEFORMAT 46 Nella penisola italiana fu strutturata una rete di polizia della fede colta alla repressione delle idee riformate ed eterodosse. Il papa Paolo III riorganizzò l'Inquisizione ponendola sotto il controllo di una struttura centralizzata, la Congregazione dei cardinali del Sant'Ufficio, con autorità di commissari e inquisitori generali. Questa istituzione si incaricò fu incaricata di dar vita a una rete di tribunali per la repressione delle eresie e il controllo delle coscienze e dei comportamenti. Il raggio d'azione della nuova Inquisizione era limitato all'Italia (ad eccezione della Sardegna e della Sicilia, dove operava l'Inquisizione spagnola). Lo scopo del tribunale era quello di infondere il pentimento dell'eretico fino all'abiura delle sue convinzioni. A questo scopo si ricorreva a violenza psicologiche e torture fisiche. In caso di recidività, l'imputato veniva condannato a morte. Nei primi decenni di vita l'Inquisizione agì con estrema spietatezza. Famoso è il caso di Galileo Galilei, padre della scienza moderna, processato e costretto all'abiura per aver sostenuto idee eretiche come la teoria eliocentrica copernicana (secondo la quale la terra è rotonda e gira intorno al sole) a sostituzione di quella geocentrica tolemaica.Si diffuse la pratica del nicodemismo, ovvero la tecnica di dissimulazione ideologica che porta a nascondere le proprie reali convinzioni dietro un'apparente accettazione delle idee dominanti. Venne redatto l'indice dei libri proibiti, ovvero un elenco di opere che dovevano essere escluse dai centri d'insegnamento e di cui divenne vietato il possesso da parte dei fedeli. Gran parte dell'azione più influente e innovativa, però, fu svolta dal clero regolare (quello che vive secondo una regola), organizzato in ordini religiosi. Nella prima metà del XVI secolo nacquero gli ordini dei chierici regolari, gruppi di preti basati su una regola comune e l'obiettivo di predicare e assistere i bisognosi. Il più importante ordine di chierici regolari fu la Compagnia di Gesù (o ordine dei gesuiti), fondato da Ignazio di Loyola, un nobile spagnolo che abbandonò l'attività militare per abbracciare quella religiosa. Nel 1540 il papa Paolo III riconobbe ufficialmente la costituzione dell'ordine dei gesuiti, i quali indirizzarono la loro azione al fine di occupare stabilmente il centro della vita sociale e di influenzare, attraverso l'istruzione, i comportamenti delle classi dirigenti. PAGE \* MERGEFORMAT 46 imparentata con la famiglia reale dei Valois, mentre la famiglia più importante tra quelle cattoliche era quella dei Guisa, molto influente a corte e dalle posizioni molto radicali. Pur di pacificare il paese, Caterina concesse una limitata libertà di culto agli ugonotti ma tale decisione scatenò la reazione dei cattolici: essi, sotto la guida dei Guisa, si resero artefici di un eccidio di un gruppo di ugonotti (massacro di Vassy). Quando Carlo IX divenne maggiorenne e salì al trono, le tensioni religiose aumentarono e nel 1567 scoppiò una vera e propria guerra civile. Per cercare di appacificare cattolici e ugonotti venne organizzato un matrimonio tra Enrico di Borbone e Margherita di Valois (sorella del re). Per evitare la ripresa della guerra civile, Caterina e Carlo IX decisero di aderire al piano dei Guisa per eliminare gli ugonotti in un sol colpo: la notte di San Bartolomeo furono uccisi i maggiori esponenti della nobiltà ugonotta (circa 2300 morti in una notte; nei giorni successivi la notizia si sparse nelle altre zone del regno, dove vennero massacrati altri ugonotti). Iniziò la fase più violenta della guerra di religione, che trasse alimento dalla morte di Carlo IX nel 1574 e dall'ascesa al trono di Enrico III, altro figlio di Caterina. Il nuovo sovrano era considerato dai Guisa debole e arrendevole nei confronti degli ugonotti, ai quali egli concesse libertà di culto. I cattolici si organizzarono, perciò, in una lega cattolica capeggiata da Enrico di Guisa. Nel 1584 si verificò una nuova crisi dinastica: Enrico III non aveva eredi e, con la morte di un altro figlio di Caterina, il parente maschio più prossimo alla famiglia dei Valois era Enrico di Borbone. Le forze in mano ad Enrico III si unirono alla lega cattolica di Enrico di Guisa, che venne sconfitta dagli ugonotti (questa fase è passata alla storia come la guerra dei tre Enrichi). Tuttavia i Guisa erano diffidenti nei confronti del sovrano e tentarono di prendere il potere fomentando una rivolta a Parigi. A quel punto Enrico III fece uccidere Enrico di Guisa. Il re di Francia, a sua volta, venne ucciso nel 1589 per mano di un frate domenicano. Il regno di Francia passò in mano a Enrico di Borbone, che prese il nome di Enrico IV e inaugurò il regno della dinastia borbonica. Sconfitta la lega cattolica, egli si ritrovò a governare un regno segnato dalla guerra contro la Spagna e spaccato al suo interno. Per mettere fine alle guerre di religione, il sovrano rinnegò la propria fede calvinista e si convertì al cattolicesimo (dato che non avrebbe potuto governare stabilmente un regno la cui maggioranza PAGE \* MERGEFORMAT 46 professava una fede diversa dalla sua). In seguito il papa Clemente VIII riconobbe la legittimità del suo regno, riammettendolo ufficialmente all'interno della Chiesa cattolica. Le vittorie militari del nuovo re di Francia portarono anche alla pace con la Spagna, duramente provata dal dissesto delle proprie finanze. Enrico IV emanò l'editto di Nantes, che dichiarò il cattolicesimo religione ufficiale del regno riconoscendo la libertà di culto agli ugonotti in luoghi prestabiliti (e concedendo loro alcune piazzeforti all’interno del regno). Infine Enrico IV venne ucciso nel 1610 da un estremista cattolico. 22. La guerra dei trent’anni Verso la metà del XVII secolo le principali monarchie europee dovettero affrontare dei gravi problemi politici (e dinastici). Nonostante la pace di Augusta firmata nel 1555, il Sacro Romano Impero cominciò a essere attraversato da profondi conflitti religiosi. La Germania centro-meridionale rimase in maggioranza cattolica, mentre in Germania centro-settentrionale si era ormai diffuso il luteranesimo. A rendere più instabile la situazione fu la diffusione del calvinismo. L'aggressività dell'azione dei gesuiti e il consolidarsi dell'orientamento filo-cattolico della famiglia imperiale spinsero i principi luterani e calvinisti a organizzarsi in un'alleanza difensiva, l'Unione evangelica. La reazione dei principi cattolici fu quella di formare la Lega cattolica. La crescente tensione fu alimentata anche dal problema della successione al soglio imperiale, dato che l'imperatore non aveva eredi e il successore designato, Ferdinando II, era un cattolico intransigente. Al tentativo dell'imperatore di limitare la libertà del culto calvinista aprendo la strada al suo successore, nel 1618 la città di Praga insorse: venne preso d'assalto il castello e furono gettati dalla finestra i due rappresentanti imperiali che vi si trovavano (l'episodio è noto come la “defenestrazione di Praga” e diede inizio alla guerra dei trent'anni). Alla morte di Mattia d'Asburgo, i boemi si rifiutarono di riconoscere l'autorità di Ferdinando II e scelsero come sovrano Federico V del Palatinato, nuovo capo dell'Unione evangelica. Le truppe imperiali, appoggiate dalla Lega cattolica e dalla Spagna, riconquistarono la Boemia, dove venne imposto il cattolicesimo. La PAGE \* MERGEFORMAT 46 crescente forza militare degli Asburgo preoccupò le potenze europee di orientamento protestante, che temerono di fare la stessa fine della Boemia e scesero in campo contro i due rami d'Asburgo (quello imperiale e quello spagnolo) in un conflitto che ebbe come teatro principale la Germania. Tuttavia si ebbero degli scontri anche in altri paesi. Ma nel momento in cui sembrava che gli Asburgo avessero ottenuto l'egemonia europea, la Francia intervenne militarmente e il conflitto assunse una dimensione geografica maggiore. Gli equilibri militari mutarono a sfavore degli Asburgo, fino alla vittoria dei francesi: nel 1648 si giunse alla pace di Vestfalia, che delineò importanti cambiamenti nell'equilibrio politico europeo. La pace sancì il tramonto dell'egemonia asburgica e del progetto di riportare al cattolicesimo l'Europa centro-settentrionale. La Spagna fu costretta a rinunciare alla riconquista delle Province Unite; nel Sacro Romano Impero venne ridimensionato il ruolo dell'imperatore, costretto a riconoscere ai principi e alle città piena autorità politica e religiosa e venne frammentato il territorio in varie entità geopolitiche diverse per dimensione e confessione religiosa; la confederazione elvetica ottenne l'indipendenza dall'impero. Il conflitto tra la Francia e la Spagna si riaprì poi con la battaglia delle Dune, in seguito alla quale fu siglata la pace dei Pirenei nel 1659 (la Francia ottenne alcune piazzeforti nelle Fiandre e nel Lussemburgo). Con la pace dei Pirenei anche la Spagna accettò la fine del proprio progetto di egemonia europea. Non solo la corte del re di Francia divenne il cuore della diplomazia europea, emarginando quella di Madrid, ma con la fine del predominio spagnolo iniziò il periodo dell'egemonia francese, cui sfuggirono solo le grandi potenze navali e commerciali: le Province Unite e l'Inghilterra. 23. Le scoperte scientifiche Nel XIII secolo i molti problemi matematici lasciati irrisolti dal sistema aristotelico-tolemaico spinsero l'astronomo Niccolò Copernico a formulare nuove ipotesi sulla struttura dell'universo: ispirato alla teoria astronomica di Pitagora, egli teorizzò che al centro dell'universo vi fosse il sole e la Terra ruotasse attorno ad esso e al proprio asse. L'opera di Copernico innescò un PAGE \* MERGEFORMAT 46 Grande coalizione dell'Aja, un'alleanza antiborbonica contraria all'insediamento di Filippo V sul trono di Spagna. Le operazioni militari volsero a favore della coalizione. In Spagna scoppiò una rivolta in Catalogna: la popolazione si rifiutò di riconoscere Filippo V come sovrano, indicando come legittimo successore Carlo VI, figlio dell'imperatore. Nel 1705 divenne imperatore l'altro figlio di Leopoldo I, Giuseppe I. In Italia gli austriaci riuscirono a strappare Milano, Napoli e la Sardegna ai franco-spagnoli, mentre gli inglesi occuparono Gibilterra e l'isola di Minorca. La guerra sembrò destinata ad essere persa dai Borbone ma la morte di Giuseppe I, nel 1711, fece sì che venne eletto imperatore Carlo VI, che la coalizione voleva insediare sul trono spagnolo. Tuttavia, le potenze alleate contro i Borbone non vollero più continuare a sostenere l'ascesa al trono di Carlo VI per non favorire il riformarsi di un potere troppo potente come fu quello di Carlo V nel XVI secolo. Le potenze alleate, dunque, conclusero con i Borbone il trattato di Utrecht (1713); l'impero e la Spagna, poi, firmarono il trattato di Rastadt (1714). Questi trattati ridisegnarono la carta europea: la Spagna (con le colonie americane) venne assegnata a Filippo V; l'Inghilterra ottenne Gibilterra e Minorca (importanti piazzeforti commerciali per la penetrazione nel Mediterraneo), importanti territori in America settentrionale e l'appalto esclusivo del commercio degli schiavi nelle colonie spagnole; ai domini imperiali si aggiunsero i Paesi Bassi meridionali, il Regno di Napoli, il Regno di Sardegna e Milano (al quale si aggiunse il Ducato di Mantova); ai Savoia andarono alcuni territori dello stato di Milano, ridimensionato, e il Regno di Sicilia (che permise alla dinastia di fregiarsi del titolo reale). Nel 1717 Filippo V lanciò un progetto di riconquista dei territori italiani perduti: la Spagna occupò la Sardegna e la Sicilia ma le potenze che sconfissero i Borbone nel precedente conflitto tornarono a schierarsi contro la monarchia spagnola. Filippo V dovette firmare la pace dell'Aja nel 1720: essa ribadì i precedenti accordi, fatta eccezione per la Sicilia, assegnata all'imperatore a causa dell'incapacità dimostrata dai Savoia di difenderla, ai quali venne ceduta, in cambio, la Sardegna (più vicina al Piemonte e maggiormente controllabile). La lotta per l'egemonia riguardò anche il controllo del Mar baltico, che vide fronteggiarsi essenzialmente il Regno di Svezia e la Russia dello zar Pietro I, detto il grande. A causa dell'instabilità creatasi dopo le guerre del Nord, PAGE \* MERGEFORMAT 46 scoppiò la guerra di successione polacca: alla morte di Augusto II, Stanislao Leszczyński rivendicò il trono, appoggiato dalla nobiltà polacca e dalla Francia (sua figlia era la moglie del sovrano francese Luigi XV), ma dovette scontrarsi con le pretese di successione di Augusto III, figlio del defunto sovrano, sostenuto dall'impero e dalla Russia. Quest'ultima invase la Polonia, la Francia occupò la Lorena e Milano, mentre la Spagna invase la Sicilia e Napoli. Nel 1738 venne firmata la pace di Vienna, che stabilì una significativa variazione della mappa politica europea: il trono polacco venne attribuito ad Augusto III, mentre a Stanislao Leszczyński venne riconosciuto il Ducato di Lorena, con la clausola che alla sua morte il territorio sarebbe passato alla corona francese; Francesco I, marito di Maria Teresa d'Austria (figlia dell'imperatore Carlo VI), ottenne il Granducato di Toscana (dove si estinse la dinastia dei Medici) come contraccambio per essere stato spodestato dal Ducato di Lorena; il Regno di Napoli e il Regno di Sicilia passarono in mano a Carlo III di Borbone, succeduto al padre Filippo V in Spagna; il Ducato di Parma e Piacenza, dopo l'estinzione della famiglia Farnese, venne attribuito all'imperatore, che conservò lo Stato di Milano.Gli equilibri politici continentali sanciti dalla pace di Vienna non durarono a lungo. Dopo soli due anni scoppiò la guerra di successione austriaca, in seguito alla morte senza eredi dell'imperatore Carlo VI. Egli designò Francesco I a succedergli al trono emanando la Prammatica sanzione, un editto la cui legittimità venne subito messa in discussione. Esso andò a modificare la legge di successione privilegiando la discendenza diretta, anche se femminile: in tal modo una figlia femmina poteva succedere, in mancanza di eredi maschi, al posto del fratello del sovrano. Salì al soglio imperiale il marito della figlia Maria Teresa d'Austria, Francesco I, e fu estromesso Carlo Alberto duca di Baviera, marito della figlia del fratello del defunto imperatore. Questi ultimi avanzarono le loro pretese sui territori austriaci con l'appoggio di Francia, Spagna, Prussia e Sardegna. L'offensiva prussiana nei territori asburgici portò all'occupazione della Slesia, mentre le truppe francesi e bavaresi invasero la Boemia. Maria Teresa d'Austria trattò la pace con Federico II re di Prussia, a cui cedette la Slesia, e riuscì ad attirare dalla propria parte la Gran Bretagna, le Province Unite e il Regno di Sardegna PAGE \* MERGEFORMAT 46 grazie ad un'abile politica diplomatica. Forte di queste nuove alleanze, Maria Teresa d'Austria attuò una serie di campagne militare coronate da successi in Germania e nei Paesi Bassi meridionali. In Italia, il Regno di Sardegna dovette fronteggiare l'attacco della Francia e la repubblica di Genova, alleata con i francesi, venne occupata militarmente dalle truppe austriache. Questa invasione, tuttavia, produsse una grande rivolta da parte della popolazione, che riuscì a scacciare gli austriaci. La pace di Aquisgrana nel 1748 sancì la conquista prussiana della Slesia, assegnò il Ducato di Parma e Piacenza al secondogenito di Filippo V, sancì una piccola espansione del Regno di Sardegna e riconobbe la successione di Maria Teresa d'Austria ai domini asburgici e l'elezione del marito Francesco I al soglio imperiale. 25. Assolutismo francese Dopo la morte del cardinale Mazzarino, Luigi XIV re di Francia decise di governare direttamente, senza più delegare il proprio potere a un ministro favorito. Questa scelta segnò la fine di una pratica di governo durata oltre mezzo secolo. La decisione di Luigi XIV venne presto imitata dalle altre grandi monarchie. In questo periodo vennero forgiati un sistema di governo e un equilibrio di poteri basati sul tentativo di utilizzare in maniera più appropriata la teoria della potenza assoluta della volontà del sovrano, formando il sistema di potere noto come assolutismo. Al centro della politica di Luigi XIV ci fu il tentativo di sostituire l'egemonia asburgica con quella francese, facendo della fede cattolica il principale elemento di legittimazione dell'azione internazionale (proprio come fecero gli Asburgo). Per portare a termine questo progetto venne creato un esercito stabile, ben armato ed equipaggiato, grazie all’arruolamento di giovani nelle campagne e non più soltanto dei nobili. L'espansionismo della Francia fu rivolto verso Est, con l'obiettivo di allargare i confini del regno fino al Reno, e verso Nord-Est, per conquistare i Paesi Bassi spagnoli e le Province Unite. Ma è soprattutto l'obiettivo della successione borbonica al trono spagnolo (in quanto figlio di Anna d'Austria, la sorella di Filippo IV re di Spagna, e marito di Maria Teresa d'Austria, figlia del re di PAGE \* MERGEFORMAT 46 il Parlamento vi furono molti contrasti: il re godeva di scarso consenso tra i sudditi inglesi sia perché aveva origini scozzesi sia per le sue spese incontrollate. La vendita di uffici, onori e titoli nobiliari costituì un rimedio parziale, che pose riparo al deficit statale solo in tempo di pace. Inoltre l'indirizzo politico del re non fu condiviso dal Parlamento, propenso a riformare ulteriormente la Chiesa anglicana in senso protestante e a un più netto impegno anticattolico in politica estera. Alla morte di Giacomo I salì al trono il figlio Carlo I. Egli nominò arcivescovo di Canterbury un prelato di orientamento arminiano (cattolico). Inoltre, il tentativo di Carlo I di intervenire sulle Chiese di Irlanda e Scozia, riformandole sulla base di quella anglicana, scatenò forti proteste nei confronti della politica religiosa della corona. Il re reagì inviando l'esercito finanziato con metodi straordinari e senza l'approvazione del Parlamento. La sconfitta dell'esercito inglese e la volontà degli scozzesi di respingere le riforme e mantenere la struttura presbiteriana obbligò il sovrano a convocare il Parlamento nel 1640. La situazione si aggravò in seguito allo scoppio della rivolta cattolica irlandese che fece crescere i timori di un complotto “papista”. Un tentativo non riuscito di colpo di stato da parte di Carlo I fece scoppiare la guerra civile (1642) che ebbe una svolta dopo la comparsa sulla scena di Oliver Cromwell, comandante del nuovo esercito del Parlamento, il New Model Army. Cromwell vinse e nel 1648 sconfisse definitivamente il re, che fu arrestato. L’anno dopo venne proclamata la Repubblica. Dopo aver ristabilito l’ordine, Cromwell promulgò l’Atto di navigazione per incrementare la potenza commerciale inglese ai danni dell’Olanda e della Spagna. L’instabilità parlamentare tra realisti e repubblicani spinse C. a imporre una dittatura militare, che fu rapidamente rovesciata dopo la sua morte. Nel 1660, con l’approvazione del Parlamento, fu quindi restaurata la dinastia degli Stuart con Carlo II. Nel 1672 il Parlamento cominciò a mostrare i primi segni di scarso appoggio alla politica del re, quandol'Inghilterra dichiarò guerra alle Province Unite a seguito degli accordi con la Francia. Il sovrano emanò la Dichiarazione di indulgenza, con cui permise ai cattolici (ma anche alle sette protestanti non conformiste) di praticare privatamente il loro culto. Tuttavia, poco dopo, il Parlamento approvò il Test act, una legge che escluse i cattolici da tutte le PAGE \* MERGEFORMAT 46 cariche pubbliche, e definì l’Habeas corpus, il principio che tutelava il diritto degli arrestati a comparire entro breve tempo davanti a un giudice. Un'altra legge approvata dall'opposizione parlamentare, inoltre, tolse ai cattolici la possibilità di sedere in Parlamento. Sul problema della successione si determinarono due opposti schieramenti politici: i tories, favorevoli alla successione di Giacomo Stuart, e i whigs, che invece erano contrari. Nel 1685 Giacomo II salì al trono, ma presto la sua politica filo cattolica gli alienò ogni simpatia. Nel 1688 il Parlamento offrì la corona a Guglielmo d’Orange e alla moglie Maria Stuart. La seconda rivoluzione inglese (detta Gloriosa rivoluzione perché incruenta) portò a una monarchia costituzionale fondata sulle prerogative del Parlamento e sui limiti del potere monarchico, nel rispetto del Bill of rights, un atto solenne nel quale si sanciva la libertà di parola, di discussione o di stampa in Parlamento. Particolarmente importanti per il futuro del pensiero politico inglese saranno le idee assolutistiche di Hobbes e quelle liberali di Locke. 27. La rivoluzione americana Alla metà del 700 la colonizzazione inglese del Nord America, iniziata al principio del ‘600, comprendeva ben tredici colonie (in gran parte vi erano puritani) dipendenti economicamente dalla madrepatria e disposte sulla fascia costiera atlantica. La forte presenza comunitaria, unita all'origine essenzialmente commerciale degli insediamenti, fece sì che le colonie godessero di ampi margini di autonomia, incentrati sulla presenza di assemblee rappresentative elettive locali. Il contrasto da cui ebbe origine la lotta per l’indipendenza nacque negli anni Sessanta del XVIII secolo, in seguito alla decisione della Gran Bretagna di tassare le merci provenienti in entrata e in uscita dalle colonie e di porre dei vincoli allo sviluppo economico delle colonie americane per tutelare la propria supremazia. I coloni, da parte loro, affermavano il principio che ogni tassa dovesse essere approvata da un’assemblea in cui fossero rappresentati i diritti dei tassati (e non era questo il caso del Parlamento britannico). Nel 1773 il governo inglese, per salvare la Compagnia delle Indie Orientali dalla bancarotta, le assegnò il monopolio nel commercio del tè nelle colonie PAGE \* MERGEFORMAT 46 americane. A causa di questo ennesimo atto ritenuto arbitrario e lesivo degli interessi dei mercanti americani, si verificò l'episodio conosciuto come Boston tea party: un gruppo di coloni travestiti da nativi, gettarono in mare il carico di tè di una nave della compagnia commerciale ancorata nel porto di Boston. La reazione del governo inglese fu durissima: il porto di Boston venne chiuso, le assemblee locali vennero trasformate da elettive in organismi di nomina regia (con ampi poteri in mano ai governatori). La reazione dei coloni fu quella di convocare, nel 1774 a Philadelphia, un congresso dei rappresentanti delle tredici colonie nel quale prevalse una linea moderata favorevole alla conciliazione e che prevedeva azioni di boicottaggio delle norme commerciali e fiscali e la richiesta al sovrano di abrogare le leggi vessatorie per poter trovare un compromesso sulle principali questioni. Giorgio III re d'Inghilterra, però, decise di reagire con la forza a quella che egli giudicò come un'aperta ribellione: nel 1775 iniziò la guerra d'indipendenza. Il 4 luglio 1776 il congresso approvò, nonostante i contrasti, la Dichiarazione d'indipendenza stilata da Thomas Jefferson. In essa le ragioni della ribellione vennero definite a partire dal riconoscimento del diritto naturale dei popoli alla vita, alla libertà e alla ricerca della felicità: se un governo ostacolava tali diritti, allora doveva essere abbattuto. Nel 1777 l'esercito americano conseguì la sua prima vittoria a Saratoga. Grazie agli aiuti militari e ai rifornimenti giunti da Francia e Spagna, i ribelli sconfissero definitivamente l'esercito inglese nella battaglia di Yorktown. Con il trattato di Versailles del 1783, la Gran Bretagna riconobbe l'indipendenza delle sue ex colonie americane, che presero il nome di Stati Uniti d'America. Nel 1787 si riunì a Philadelphia un'assemblea appositamente convocata per redigere la costituzione: dopo aspri dibattiti, venne approvato un testo breve ma efficace. Gli USA divennero una repubblica di tipo federale, con un forte potere centrale dotato di una propria sovranità, parallela a quella dei singoli Stati. Due camere formarono il Congresso: la Camera dei rappresentanti, eletta direttamente dai cittadini sulla base di una ripartizione dei seggi proporzionale alla popolazione dei singoli Stati, e il Senato, composto da due rappresentanti nominati da ogni singolo Stato. A difesa della costituzione venne posta la Corte suprema. Rimanevano esclusi dai diritti di cittadinanza i PAGE \* MERGEFORMAT 46
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