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Riassunti: Discorso sulle scienze e sulle arti e L'origine della disuguaglianza, Appunti di Filosofia

Il file contiene il riassunto del Discorso sulle scienze e sulle arti, il riassunto sul origine della disuguaglianza tra gli uomini e riferimenti sulla filosofia giusnaturalistica dell'epoca. In più sono presenti dei riferimenti al contratto sociale.

Tipologia: Appunti

2018/2019

In vendita dal 28/09/2019

silvia-calcagna
silvia-calcagna 🇮🇹

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Scarica Riassunti: Discorso sulle scienze e sulle arti e L'origine della disuguaglianza e più Appunti in PDF di Filosofia solo su Docsity! FILOSOFIA 07/03 ​Rousseau nasce a Ginevra nel 1712 e muore a Ermenonville nel 1778, calvinista, padre orologiaio, si converte al cattolicesimo per poi tornare al calvinismo ed infine approdare al deismo. Arriva a Parigi vivendo di espedienti ai margini della società intellettuale e mantenendosi con lavoretti. Scrive la prima opera che segna il suo esordio come filosofo, mentre lui aveva fatto altro come le confessioni, autobiografia. Rousseau affronta tre tematiche connesse al problema del male, alla sua origine e ai rimedi: - conflitto natura-civiltà; - confronto con l’Illuminismo, che critica anche se le sue idee sono entro i lumi; - confronto con la tradizione giusnaturalistica, scuola di filosofia politica, che spiega l’origine delle grandi istituzioni (Stato), e tenta di spiegare il passaggio dallo stato di natura alla società civile, dalla barbarie alla civiltà, non attraverso Dio ma attraverso il consenso dell’uomo, un accordo che può essere anche ideale: l’uomo, che sarà il cittadino, aderisce allo Stato (leggi) per sua libera volontà. Rousseau critica tutti i giusnaturalisti ribaltando il quadro concettuale. Le sue opere principali: - Primo discorso sul tema ”Se il rinascimento delle scienze e delle arti abbia contribuito a migliorare i costumi”; - Secondo discorso “Sull’origine e i fondamenti della diseguaglianza fra gli uomini” Opere che nascono come risposta a due temi proposti dall’accademia di Digione, nel 1749 e nel 1753. Il primo propone il tema: se il progresso scientifico, culturale e artistico del Rinascimento abbia prodotto anche un progresso morale, tema in cui Rousseau risponde negativamente alla domanda: vince, ha successo ma anche delusioni e incomprensioni che lo porteranno a litigare con molti filosofi del tempo. Questo accade ad un certo momento della sua vita, quando Rousseau sente una chiamata, sente che deve scrivere, deve denunciare che la natura è buona, ma che è stata sfigurata dal processo di snaturazione messo in atto dalla società. Per capire il filosofo Rousseau è indispensabile conoscere l’uomo Rousseau perché il dissidio natura-cultura è lo stesso che sente Rousseau nei confronti della società e che gli fa vivere in maniera conflittuale il suo rapporto con la società. La sua illuminazione inizia una mattina di ottobre del 1749 quando stava andando a trovare Diderot agli arresti domiciliari al castello di Vincenne, camminando legge il giornale dove è riportata la questione posta dall’Accademia di Digione. Viene folgorato dall’intuizione che l’origine del male non è riconducibile alla natura, quindi a Dio, ma la sua origine è storica e sociale, per cui il male non è nell’uomo ma nelle sue azioni. Le deduzioni di Rousseau non sono logiche ma intuitive, e questa folgorazione è così forte che gli dà un senso di stordimento e riflette sul dualismo tra la bontà originaria della natura, che è nel cuore dell’uomo, e il male che è fuori, nella società. Scriverà ad un amico confessando che aveva passato i primi 40 di vita facendo cose che credeva giuste e invece erano sbagliate perché imposte dalla società, cose che gli facevano vivere con disagio anche il rapporto con gli altri ma che solo a posteriori aveva capito e, in quel momento, invece di odiare gli altri aveva sentito di amarli. Tutto accade dopo la sua illuminazione, tutto quello che sperimenta nel momento dell’illuminazione lo riporterà nei tre scritti Primo e Secondo discorso e l’Emile, concernenti il conflitto bene-male, in cui discolpa sia Dio, la natura e, quindi, il cuore dell’uomo, perché l’origine del male sta solo nella società e la sua storia. Nella vita di Rousseau si possono vedere tre momenti: caduta nel peccato, consapevolezza dello stato di caduta e rinascita attraverso la consapevolezza, tre stati in cui si trovano gli uomini e a cui, per Rousseau, si può porre rimedio (educazione e il contratto sociale). Nel momento della rinascita niente è più come prima, l’illuminazione permette a Rousseau di aprire gli occhi sulla sua vita passata che pensava fosse naturale e invece era profondamente artificiale, imposta dalla società. Rousseau capisce la sua estraneità alla società e, in qualche modo, alla cultura dei lumi che ritiene abbia fatto vedere come luce ciò che non è, come la vittoria della ragione sulla natura. Diderot descrive l’episodio dell’illuminazione di Rousseau dicendo che sarebbe stato un barile di esplosivo inesploso se il quesito dell’accademia di Digione non gli avesse permesso di esplodere, di uscire fuori, incoraggiato in questo dallo stesso Diderot che lo spinge a scrivere tutto ciò che sente e che nasce da conflitto interno di Rousseau ma che diventa conflitto tra natura e civiltà Rousseau si pone in totale contrasto con l’élite illuminista affermando che il progresso scientifico-culturale ha portato ad un decadimento morale e provocato un progressivo distacco dalla natura, mentre per gli altri illuministi era stato causa di una elevazione morale e spirituale dell’umanità. (13/03​) Il primo discorso si concentra sulla virtù delle anime semplici ed è organizzato in due parti: nella prima parte Rousseau porta esempi tratti dalla storia che dimostrano la sua tesi secondo cui l'abbandono della semplicità fa perdere le virtù all'uomo (filosofia della decadenza); nella seconda parte Rousseau applica la sua tesi alla società contemporanea che ha, come conseguenze, la schiavitù e la disuguaglianza. Per Rousseau il progresso ha corrotto le virtù dell’uomo e in particolare la virtù civile per cui l’uomo non è più un buon cittadino, allargando il discorso, all’intera storia dell’uomo, non alla sola era moderna, Rousseau presenta una filosofia della decadenza: l’intero cammino dell’uomo è un cammino di regressione, di contaminamento morale; la cultura ha corrotto le anime. Il progresso, per Rousseau, comporta inesorabilmente la corruzione sia dal punto di vista umano che morale, corruzione causata da una vana curiosità dell’uomo che così perde la sua innocenza. Tema della vanità abusato dai predicatori cattolici sulla moralità mentre Rousseau non ne fa un problema solo morale ma anche politico perché fra tutte le virtù corrotte c’è la più importante, quella del patriottismo. Il progresso, causato dalla vana curiosità, ha portato certamente tante comodità e tante bellezze, ma il prezzo pagato è stato la perdita della semplicità e dell'innocenza originaria, non a causa del peccato originale, Rousseau non ci crede, ma del peccato che avviene nella società, nella quale il progresso aumenta il vizio. Infatti, lo sviluppo delle scienze e delle arti ha indebolito le virtù, in particolare la virtù cittadina: i politici un tempo facevano appello alle virtù oggi parlano di economia e di commercio e a dimostrazione di questa tesi porta una serie di esempi nella storia: Atene​, culla di scienze, arti e filosofia, città opulenta e raffinata e ​Sparta​, città sobria e austera. Quali sono i migliori cittadini? Gli spartani perché guerrieri, soldati che danno la vita per la loro città, che hanno la virtù civile e in cui prevale il carattere collettivo; non c'è il culto di civiltà e cultura e regna una felice ignoranza. Roma imperiale​, che assorbe tutto il negativo da Atena, rappresenta il vizio. ​Roma repubblicana in cui vengono evocate figure di patriottismo, rappresenta la virtù: Gaio Fabrizio Luscino. esempio di rettitudine, austerità e amor di patria, Dante lo cita nel “De monarchia” come alto esempio di resistenza all'avarizia e anche nel XX canto del Purgatorio. I romani sono virtuosi finché praticano la virtù militare, quando cominciano a studiarla con la filosofia, la perdono. La Grecia conquistata conquista i romani. La vana curiosità ha portato gli uomini ad abbandonare l’originaria condizione di “felice ignoranza”, aspetto positivo per Rousseau: l’uomo ha fatto tanta fatica per cercare di spiegarsi i fenomeni naturali inspiegabili, senza capire che l’ignoranza era un dispositivo messo in atto da madre natura per proteggerlo dalla conoscenza e dall’incivilimento affinché non perdesse la virtù, ma scegliendo il sapere, l’uomo si è lasciato alle spalle tutto il bene che possedeva allo stato naturale sprofondando nella decadenza morale. Le scienze e le arti hanno prodotto un effetto nefasto, soddisfacendo le richieste della parte peggiore degli uomini hanno portato alla nascita dei vizi. Per porre rimedio a questa diagnosi Rousseau propone di snaturalizzare completamente l'uomo per rieducarlo all'interno di una dimensione politica, ma soprattutto, sarebbe necessario che l’uomo ascoltasse il proprio cuore mettendo a tacere le voci esterne, perché solo ascoltando la voce interiore può scoprire il vero volto della natura, può ritrovare l’autenticità e l’innocenza originaria. Rousseau Tra i contemporanei, poi, il bersaglio preferito da Rousseau è Hobbes perché sostiene l’aggressività come istinto naturale nell’uomo di natura essendo un asociale, mentre per Rousseau l’aggressività non è insita nell’uomo ma è appresa. Non risparmia critiche anche a Mandeville che elogia i vizi privati che diventano pubbliche virtù, paradosso per Rousseau secondo cui il vizio non è mai una virtù. Rousseau è un preromantico che vede la natura come salvezza, come rigenerazione, tanto che le sue idee nascono passeggiando e non nelle biblioteche. Per Rousseau l’interesse personale non funziona perché avvantaggia l’uno a danno dell’altro; nel ricercare il proprio tornaconto c’è sempre chi vince e chi perde creando una conflittualità che separa gli uomini, alienandoli, alienazione che i filosofi contemporanei giustificano con l’interesse. Mentre Locke afferma che un cittadino di Londra vive con più comodità rispetto ad un capo tribù di selvaggi, volendo sottolineare con questo i vantaggi del progresso, Rousseau risponde che non gli interessa che i membri di una società vivano meglio, ma fuori di sé avendo perso la spontaneità e l’empatia per l’altro. Se nel primo ​discorso faceva una critica morale, nella prefazione al Narciso fa una critica politica, contro la filosofia, usata per servire l’amor proprio e non per insegnare la virtù e i buoni costumi; per separare gli uomini non per unirli mentre le arti e le scienze sono servite da copertura ai vizi con l’effetto di indebolire le virtù e in particolare quella patriottica, per questo al progresso è corrisposto un regresso sul piano morale. La storia è un percorso di decadenza in cui i vizi dell’uomo contemporaneo appartengono all’uomo mal governato e non alla sua natura che di per sé è buona, anche se nel contemporaneo è soffocata da infrastrutture. Rousseau afferma due cose in antitesi. l’uomo è buono per la sua natura, è corrotto perché la storia, il progresso lo ha trasformato. ll progresso produce anche diseguaglianza tra gli uomini causata dall’accumulo di ricchezze, in cui il ricco si arricchirà sempre più e il povero diventerà sempre più povero. Si distingue dai predicatori che si limitavano alla salvezza, aggiungendo un elemento nuovo alla perdizione: la disuguaglianza. Rousseau, contesta sia il dogma del peccato originale che i teologi che affermano che l’uomo non può non peccare perché il peccato di Adamo ha segnato per sempre la sua natura, affermando che la natura dell’uomo è buona e eternamente innocente e che l’origine del male non sta quindi nella sua natura, ma nella trasformazione subita lungo la storia. Una storia di degradazione, imputabile soltanto all’uomo in quanto società: per cui l’uomo è buono e corrotto, innocente e peccatore, ma allora la presenza del male nel mondo a chi è imputabile? Il terremoto di Lisbona pone il problema dell’esistenza del male (tema della teodicea introdotto da Leibzig sul problema della giustificazione di Dio, che provvidente e misericordioso, come si può giustificare questa immagine di Dio con la presenza del male nel mondo?). La soluzione di Rousseau al problema della teodicea è nell’Emile dove afferma che “Tutto è bene quando esce dalle mani dell’Autore delle cose, tutto degenera fra le mani dell’uomo”. Per Kant “L’uomo è un legno storto con cui non si potrà mai fare niente di dritto”. (​27/03) ​Cassirer ​riprende il tema della Teodicea, affrontata già da Kant sulla discolpa di Dio fatta da Rousseau, affermando che Rousseau discolpa Dio perché trova un altro colpevole nella storia, che attraverso un lungo processo di trasformazione ha cambiato l’uomo in mostro. La civiltà dei lumi, non ha rischiarato la mente degli uomini ma, al contrario, negando la natura ha offuscato la trasparenza nei loro rapporti, li ha separati creando una società di individui chiusi nel proprio guscio. Nel Narciso oltre all’aspetto politico aggiunge quello economico, affermando che la società civile è un paradosso, una società in cui sembra non si possa vivere senza gli altri, in cui ciascuno dipende ed è legato fortemente agli altri. Il paradosso è che questi legami, apparentemente, stretti non sono legami sociali ma egoistici, per il proprio interesse, sono rapporti puramente economici. Nessuno cerca l’altro e nessuno dà all’altro per amicizia solo per il proprio tornaconto. Per il fatto che ciascuno facendo il proprio interesse fa l’interesse dell’altro creando un sistema di mutua dipendenza i filosofi moderni presentano la società contemporanea come la società del progresso, la più evoluta e come capolavoro della moderna politica Diderot e Hobbes affermavano che l’uomo naturale è aggressivo perché la volontà di nuocere è insita nella sua natura, per paura di una morte violenta e per assicurarsi la sopravvivenza, quindi violenti o pacifici non per cattiveria ma perché è la loro natura e l’uomo entra a far parte di una società è perché lo Stato garantisce la propria sicurezza, disarmandolo e assumendo su di sé un potere centrale più forte di tutti gli individui per gestire il disordine che viene dalla naturale aggressività degli uomini e garantire la pace. Rousseau si rifa al pensiero di Hobbes non perché lo condivide, ma per dire che l’uomo non è aggressivo per natura ma lo è diventato per lo svolgere della storia, quando il primo ha detto “questo è mio” e ha creato la diseguaglianza da cui è nata l’aggressività, (guerra di tutti contro tutti). Anche per Rousseau c’è l’istinto di sopravvivenza ma è mitigato dalla pietà che l’uomo reso aggressivo dall’istinto di sopravvivenza, prova nei confronti dell’altro che soffre. Montaigne e Rousseau vedono il buon selvaggio, innocente che viene fregato dagli altri. L’economista Adam Smith (liberismo, in senso economico, e liberalismo, in senso politico). la cui opera principale “La ricchezza delle nazioni”, al modello di economia giudicato negativamente in termini etici da Rousseau, anni dopo ne dà un giudizio altamente positivo perché permette uno sviluppo delle società. Il primo elemento per creare ricchezza secondo Smith è la divisione del lavoro con cui si può ottenere una maggiore produzione con minori costi. In questa opera Smith propone la teoria della mano invisibile che è la concorrenza del mercato, tendenza insita nell’uomo a trafficare, barattare, scambiare, presente solo nell’​homo economicus e non nell’​homo sapiens​, perché dove c’è una società c’è scambio, c’è mercato, perché la natura dell’uomo è quella del mercante e in una società basata sul libero mercato ciascuno persegue il proprio fine egoistico anche a danno dell’altro, ma la libera concorrenza calmiera i prezzi a vantaggio di tutti, facendo sì che gli interessi dei privati, che sono quelli di alzare i prezzi, vengano tenuti a bada da un meccanismo di autoregolamentazione, la mano invisibile appunto, che genera un ordine sociale nonostante gli interessi dei privati. Per Smith questo è l’unico sistema che permette la ricchezza delle nazioni a vantaggio di tutti. (28/03) L’analisi di Rousseau nella prefazione del Narciso sulle relazioni più strette della società contemporanea ma finalizzate al proprio interesse, 20 anni dopo verrà ripresa da A. Smith che cambia il giudizio sul risultato: ciò che tiene uniti gli uomini è vincolo collaborativo, un sistema che porta solo ad una mutua dipendenza al fine di realizzare meglio i propri interessi, soprattutto quelli economici. Ma questo tipo di società basato su rapporti di compravendita, si chiede Rousseau, si può considerare veramente una società? Per Smith questa società realizza la natura dell’uomo, la sua inclinazione naturale che è quella di barattare, propria dell’​homo economicus​; il libero mercato si autoregolamenta, la divisione del lavoro aumenta la produzione aumentando la ricchezza delle nazioni che stimola ciascun individuo a dare il meglio di sé stesso, tirando fuori risorse che neanche sapeva di avere. Questa competizione è regolata dallo Stato che si limita a dare le regole senza dare obiettivi o valori, uno Stato che lascia ciascuno libero di darsi i propri obiettivi o valori. Per spiegare il tipo di Stato porta la metafora del vigile urbano che non indica dove andare, cosa raggiungere, ma permettere a tutti di circolare osservando le regole del codice stradale. Nel contratto ​sociale, il patto equo e non il patto iniquo della moderna società, la Repubblica, comporta la cessione di tutti i diritti, di tutte le libertà di cui l’individuo gode nello stato naturale non ad un sovrano ma alla comunità di cui fa parte per cui ciascuno le riacquista. L’individuo perde la libertà individuale, che è quella naturale, ma riacquista altri diritti come cittadino, quella di convivere pacificamente, osservando l’unica legge dello Stato che garantirà il bene comune. Bloch prevede il dissenso da parte del cittadino quando lo stato supera i suoi compiti e lede i diritti del cittadino. Kant rivendica un diritto alla resistenza del tutto pacifico, legato alla penna. Nel modello Rousseauiano il diritto di resistenza non c’è più perché il cittadino della Repubblica non ha più diritti naturali da rivendicare, ha solo quello della libertà politica che è la libertà di obbedire alle leggi che il cittadino stesso si dà. Rousseau primo grande teorico della sovranità popolare. Per Smith il meccanismo di autoregolamentazione è il motore della storia, del progresso, senza il quale non si arriva a niente. Per Rousseau questo meccanismo degli interessati incrociati, obbliga gli uomini a sopraffarsi per ottenere ciò che vogliono. Sulla costituzione della Corsica, Rousseau propone un’economia quasi di semplice sopravvivenza, perché ciò che ha valore è una questione morale, etica, lamentando che la società contemporanea allenti i legami etici, che sono all’origine della natura umana, per stringere i legami dell’interesse innalzando un muro che separa gli individui. (Legami naturali = immediati, spirituali; legami sociali = mediati, materiali). I legami naturali che sono ancora presenti tra i selvaggi (nota a pag. 27), mentre Voltaire afferma che in fondo l’uomo sia lo stesso, come i giursnaturalisti che credendo di descrivere l’uomo naturale descrivevano quello contemporaneo, Rousseau ritiene siano in errore, gli uomini sono cambiati per la trasformazione storica. L’interesse personale tra i selvaggi è come per noi ma lo perseguono in modo più mite perché la loro società è legata dalla necessità del bene comune, da uno scopo comune come la difesa della loro tribù Per Rousseau il meccanismo che facendo il proprio interesse faccio quello dell’altro in realtà crea inganno e violenza; perché produce solo diseguaglianza: i ricchi sempre più ricchi, i poveri sempre più poveri; una società che impone una maschera di benevolenza ma sotto c’è inganno, gelosia, invidia. una società dissociata perché ciascuno persegue un proprio interesse e non uno scopo comune. (03/04) Secondo discorso. Nel 1753 l’accademia di Digione pone un altro tema: se la disuguaglianza, sociale, politica, culturale fra gli uomini sia giustificata dalla legge di natura, Finché c’erano risorse a disposizione l’uomo viveva felice, poi, per una serie di eventi naturali, il bisogno ha innescato un processo di trasformazione della natura, dell’habitat e dell’uomo stesso: cominciano le differenze, la disuguaglianza, che è del tutto casuale: è successo ma poteva non succedere. L’essere umano, a differenza dell’animale che si comporta sempre allo stesso modo perché obbedisce ad un istinto, può perfezionare sé stesso e gli altri perché è perfettibile. La perfettibilità per Rousseau è l’origine del bene ma anche del male proprio perché dà possibilità all’uomo di trasformare sé e l’habitat, Rousseau distingue tra disuguaglianza fisica naturale e quella sociale, politica che non accetta. Quando Rousseau legge il bando e decide di rispondere sì isola in una riflessione passeggiando nei boschi e rivede i primordi della storia, i primi tempi dell'uomo: autore colto ed erudito, formula delle ipotesi leggendo numerosi testi, metabolizzandoli, plasmandoli e restituendoli a modo suo. Il segreto dell'uomo di natura è nella sua interiorità, su cui si sono sommate stratificazioni sociali che hanno trasformato il vero volto dell'uomo di natura deformandolo per scoprirlo è necessario scavare all'interno per liberarlo dai sedimenti della storia. La tensione verso il paradiso perduto è di un io innocente che non esiste più. L'uomo naturale di Rousseau è un uomo che fa del bene senza conoscere il perché della sua azione. Tema, che Starobinski mette in evidenza in un'indagine psicologica tra l'io interiore e la ricerca dell'io esteriore. Rousseau in una sua autobiografia, dipinge se stesso per spiegare il suo io naturale, affermando che bisogna scavare nel suo cuore per trovare l'autentico Rousseau, dando una descrizione dello stato di natura attraverso il suo io interiore. Bontà e felicità come criterio supremo della natura, tutto ciò che si è trasformato è decadenza, è una deformazione operata dalla storia e dalla società Hobbes è più complicato, totalitaristico, assolutistico ma in lui si apre, secondo gli illuministi, un senso di libertà: il sovrano e anche capo della chiesa, ne controlla i simboli e i valori; ha un potere temporale e può ordinare i vescovi, può dirimere contrasti teologici. Per Hobbes la fede non è una azione volontaria quindi non può essere “comandata” è un atto incoercibile (attacco alla Inquisizione). La coscienza sfugge alle regole delle leggi, posso credere nel miracolo che è una scelta di coscienza: tematiche interiori che nessuno può modificare, da praticare solo in privato e non in pubblico. Rousseau e ​l’elogio di Ginevra​, (p.90) dibattito sulla disuguaglianza tra uomini. Sì allontana dal calvinismo per abbracciare il cattolicesimo poi si riappacifica con la sua città Ginevra e ritorna al calvinismo. Rousseau elogia Ginevra come città-Stato e città ideale, erede della ​Polis antica. Realizzazione della città perfetta, il luogo dove i valori migliori si sono manifestati: tradizione democratica, concordia tra i ceti, moderazione e integrità dei magistrati, eccellenza del clero, modestia delle donne. A Ginevra la distinzione tra legislativo ed esecutivo assicura il rispetto della sovranità popolare, anche se l'iniziativa delle proposte di legge spetta ai magistrati entro i limiti prescritti dall'antica Costituzione. Ginevra è l’esempio di come la disuguaglianza non ha base nella natura, ma è creata dagli uomini, l'uomo della natura è l'uomo del luogo modificato dalla storia. La società deve essere un'associazione con fini comuni, non politici e non individuali. Un vero vincolo comune dà felicità e si può realizzare solo se il sovrano e il popolo sono la stessa cosa. Ginevra modello ideale perché la sovranità è del Popolo. Per Rousseau in quel momento, Ginevra ha solo caratteristiche positive che elogia. 10/04 Secondo discorso, per rispondere al quesito posto dell’Accademia di Dijon, sull’origine e i fondamenti della diseguaglianza fra gli uomini (se fosse giustificata nella società attuale da una tendenza naturale). Per capire cos’è la legge naturale Rousseau si confronta con l’idea dello stato di natura del modello giusnaturalistico, teoria che cancella tutto ciò che viene dalla storia, dalle istituzioni. Lo stato di natura è innanzitutto un’ipotesi ermeneutica. Hobbes dice che se gli uomini senza Stato si farebbero la guerra, da qui la necessità di uno Stato che eserciti il suo potere per frenare l’aggressività naturale dei singoli. Per Locke o Stato è necessario solo per sedare i contenziosi perché in natura gli uomini possono fare di tutto, avere anche la proprietà privata come diritto naturale. Lo stato di natura per Rousseau non giustifica le diseguaglianze contemporanee che sono state causate dalla società civile, dal progresso che ha portato l’uomo a snaturalizzarsi. A differenza dei filosofi giursnaturalisti, che presentano un’immagine statica dello stato di natura, Rousseau presenta una storia dello stato di natura, in cui l’uomo si trasforma, partendo da un livello in cui l’uomo non è distinguibile dagli altri animali, ma in cui l’animale umano ha delle potenzialità di trasformazione per sé e per l’ambiente in cui vive, potenzialità che Rousseau chiama perfettibilità. L’uomo è un animale plastico che cambia se stesso e l’ambiente in cui vive a causa di avvenimenti del tutto casuali; il bisogno lo porta a trasformarsi da essere asociale in un essere non del tutto sociale. Ma dove trovare il vero volto dell’uomo della natura? Per conoscerlo, dice Rousseau, bisogna conoscere se stessi, è dentro di noi ricoperto da sedimenti che si sono venuti a sovrapporre nascondendolo. L’uomo della natura è come nasce mentre l’uomo dell’uomo è l’uomo civile, plasmato dalla storia, un prodotto della società (nel primo discorso Rousseau affermava che l’uomo porta la maschera che gli mette la società). La ricerca dell’uomo della natura è la ricerca del sé, del vero io. Primo tema importante del secondo discorso è per trovare il volto dell’uomo naturale conoscere se stessi; altro tema è l’ultimo del primo discorso, ritrovare la virtù delle anime semplici, ascoltare la voce del proprio cuore e non quelle che vengono da fuori, che fanno vivere l’uomo alienato. Il segreto dell’uomo è nella sua interiorità ecco perché è necessario conoscere se stessi; ma se l’uomo è sepolto dentro le sfigurazioni operate dalla società come riconoscere il vero volto della natura? E’ difficile, tuttavia la natura è stata solo celata, deturpata ma in fondo esiste ancora. Rousseau afferma due cose in antitesi: l’uomo vive in una società che l’ha reso cattivo ma ha la capacità di essere buono; questo perché la responsabilità del male non sta nell’uomo ma nella società. Rousseau a questo proposito fa riferimento al dio mitologico Glauco, un dio bellissimo la cui statua finisce in mare e quando viene recuperata, appare deturpata dalla lunga permanenza in mare, dalle alghe, permanenza che rappresenta il tempo della storia che ha deturpato il volto della natura dell’uomo. Ripulendo la statua riemergerà il volto bellissimo del mitico dio? L’anima umana innocente e inconsapevole è simile al bellissimo dio Glauco deturpato dal mare e dal tempo, la sua bontà naturale è stata deturpata dal tempo della storia, ma attraverso un processo di restauro si potrà far emergere l’innocenza e la bontà originaria. Il patto iniquo è un patto che cristallizza una situazione in cui chi ha guadagna e chi non ha continua a non avere. L’uomo sociale deve essere decostruito per riportarlo all’innocenza originaria. Dopo la fase decostruttiva (​destruens)​, Rousseau propone la fase costruttiva (​costruens​), una ​renovatio, un patto equo, in cui riemerge il vero volto dell’uomo, che è sfigurato a causa della trasformazione operata dal tempo della storia ma è ancora intatto e può risalire dalla profondità in cui si trova. Ma la vera anima dell’uomo può essere ritrovata, o seppur con una renovatio, resta sempre deturpata dal progresso? Rousseau sa che può presentare un’ambiguità, cioè lo stato di natura è esistito o è solo un’ipotesi fatta a tavolino, a partire da un’analisi sui bisogni dell’uomo? Rousseau aveva anche condotto studi antropologici sui cosiddetti selvaggi che possono rappresentare l’uomo allo stato di natura, confermando dati astratti elaborati a tavolino. Hobbes vede negli indiani d’America l’uomo naturale che vive lo stato di guerra, mentre Montaigne vede nei selvaggi bambini puri e innocenti. Per Rousseau la trasformazione è negativa, mentre positivo è rimanere fermi; la trasformazione è l’equivalente di ciò che nella religione rappresenta la perdizione, mentre lo stato naturale corrisponde alla salvezza: la natura dell’uomo è buona il male è fuori, e, a differenza di altri illuministi, presenta il progresso come il male dell’umanità in cui ad un bene sociale corrisponde un male spirituale e morale, rimproverando all’Illuminismo il cattivo uso della ragione. Rousseau accusa i giusnaturalisti di aver fatto un errore macroscopico perché si sono limitati a proiettare in un passato molto remoto l’uomo contemporaneo, facendo una descrizione dell’uomo naturale con caratteristiche dell’uomo moderno. Non si sono sforzati di ritrovare il vero volto dell’uomo della natura in cui, per Rouseau, non è detto che ci fosse già una ragione sviluppata, data per scontato dai giusnaturalisti che reputano l’uomo naturale razionale, in grado di elaborare una morale, una politca, mentre per Rousseu la ragione si sviluppa attraverso il contatto con gli altri. Iimportante per lo sviluppo della ragione è il linguaggio che non è un dato originario dell’essere umano ma si sviluppa dalle relazioni con gli altri, che nasce da una necessità di comunicare. La ragione, quindi, si è sviluppata dopo, attraverso un lungo percorso e per pochi, e non come affermano i giusnaturalisti che vedono l’uomo primitivo come un filosofo, in grado di elaborare una serie di ragionamenti e di norme, capacità artificiali dei contemporanei, che sono il prodotto della storia e per questo possono essere modificate, mentre la legge naturale è universale, immutabile e eterna. Rousseau si riferisce a Grotio, a Hobbes e alla sua antropologia negativa in cui l’uomo naturale si comporta da lupo nei confronti dell’altro, e non per istinto di sopravvivenza ma per quello di assalire per primo; a Pufendorf che scrive il primo manuale sul diritto naturale, seconda metà del XVII secolo; a Locke che ha una visione positiva rispetto a Hobbes ma mette, tra i diritti alla vita, per primo il diritto alla proprietà privata, mentre per Rouseau, l’uomo primitivo è mosso dall’amor del sé e la pietà. 11/04 La critica che Rousseau muove nei confronti dei filosofi giusnaturalistici parte dalla lettura e lo studio dei loro testi, anche se non lo mette in evidenza. Le due grandi rivoluzioni, quella americana e quella francese, sono mosse dai diritti inalienabili dell’uomo che sono i diritti naturali. I giusnaturalistici hanno sbagliato, non sono riusciti a risalire veramente all’uomo di natura, e non hanno esitato a presentare il primitivo già in grado di separare il giusto dall’ingiusto, di avere diritto a possedere: parlavano dell’uomo selvaggio descrivendo l’uomo civile spacciando per naturale, eterno, immutabile ciò che è costruito e modificabile. I discorsi dei giusnaturalisti sono serviti solo a giustificare la società contemporanea. Rousseau propone un metodo genetico per ricostruire le trasformazioni subite dall’uomo attraverso la storia, e arrivare a capire come veramente fosse prima, all’origine. Nota 12, paragrafo 4, del secondo discorso dove R. critica Locke sulla sua considerazione di famiglia dove Locke distingue tra società naturale e società politica, pur riconoscendo che già nei primitivi c’è stato di natura che considera già società, forme di associazione, dalla società politiche civile dello Stato in cui deve esserci il consenso mentre le prime sono basate su legami naturali Società coniugale, genitoriale dove la patria potestà è duale, appartiene al padre e alla madre e basata sugli affetti; società naturale, forma associativa; società padronale, forma associativa tra padrone e servo; società politica in cui è richiesto il consenso dei cittadini. L’idea di famiglia che Locke ci presenta come società parentale non rappresenta la famiglia come oggi la conosciamo. (l’uomo naturale si comporta seguendo i suoi istinti sessuali senza pensare che la donna può restare incinta, così la donna avuto il figlio lo alleva e poi, come gli animali lo lascia andare forse senza riconoscerlo) Locke dà per scontato un legame stabile tra i primitivi, mentre Rousseau afferma che l’uomo naturale, soddisfatto l’appetito sessuale, è libero, non ha responsabilità e non riuscirà ad attaccarsi ai propri figli perché non sa le conseguenze del suo atto. Non c’è assunzione di responsabilità nell’uomo naturale. Rousseau smantella tutte le costruzioni fatte dai giusnaturalisti, che non sono riusciti ad andare al di là della contemporaneità; è solo nella società civile che l’uomo ha bisogno dell’altro mentre l’uomo naturale è assolutamente autonomo, non ha bisogno degli altri per soddisfare i propri bisogni. L’unione permanente dell’uomo e della donna non è un prodotto naturale ma della società. Metodo analitico quello dei giusnaturalisti che partono dai bisogni dell’uomo e da quelli costruire l’uomo naturale ma l’errore è che partono dal loro vicino di casa. Il metodo genetico di Rousseau è andare indietro per arrivare all’uomo naturale passando attraverso le trasformazioni operate dalla storia. Il metodo Rousseau lo ricava dalla teoria trasformista del naturalista Buffon “storia naturale” un pre-evoluzionista, che avrà una grossa influenza in Rousseau. Buffon mette in luce la capacità degli esseri viventi di trasformarsi che Rousseau chiamerà perfettibilità; l’uomo come essere plastico, che cambia, si adegua sotto la pressione dei bisogni. In questo Rousseau dà una visione viva, flessibile dell’uomo di natura che non resta fisso nel suo stato. Altro tema che R. prende da Buffon è il confronto tra uomo e primate, partendo da quello anatomico, arrivando a dire di alcune scimmie che sono uomini naturali; altro tema preso da Buffon sono le malattie viste come conseguenza del progresso: l’uomo naturale è forte, sano, l’uomo civile si ammala, Ciò che vuole contestare Rousseau è l’uomo fisso, razionalistico dei giusnaturalisti con la storia che trasforma pian piano l’uomo naturale. La nascita della geologia influenza molto R.: se la terra ha avuto tante trasformazioni, inevitabilmente anche l’uomo le ha subite: i racconti dei viaggiatori, soprattutto missionari, mercanti, soldati di ventura; purtroppo non ci sono i filosofi, dice R. Anche personaggi mitologici come l’​homo silvestris​, il mostro i Lockness, ecc. influenzano R. a contrapporsi ad una certa tendenza eurocentrica e sovranista: l’Illuminismo è assolutamente cosmopolita quindi anti sovranista e anti eurocentrica. Rousseau vive in un’epoca in cui non si sa niente della preistoria eppure descrive un uomo che oggi diremmo preistorico, un bestione che vive in virtù degli istinti e proprio perché non ha ragione ma solo l’istinto è buono, nel senso che è innocente, e per istinto ha una capacità empatica che è sentimentale e non razionale, meccanismo che finisce per mitigare l’aggressività connotata nell’istinto di sopravvivenza; altra caratteristica dell’uomo primitivo è che non è socievole, non cerca altri perché è in grado di provvedere a se stesso perché la natura gli provvede il necessario per vivere. Solo quando sarà necessario fare qualcosa di più complicato, come abbattere un animale grosso, ricorrerà agli altri. che viene col linguaggio, la socializzazione, la ragione, uomo che Rousseau chiama uomo dell’uomo. Se lo stato di natura è uno stato di completa uguaglianza, la società moderna è basata su una totale disuguaglianza. Se l’uomo, attraverso la socializzazione si è trasformato in un uomo dell’uomo, cioè, in un uomo naturale che si è snaturalizzato perdendo alcune pulsioni buone, la soluzione per Rousseau, visto che indietro non si può tornare, è un’ulteriore trasformazione, che porti a recuperare l’amor di sé abbandonando l’amor proprio che lo costringe a legarsi fortemente agli altri solo per interesse. Questi legami che appaiono sociali in realtà sono legami asociali perché mediati dalla soddisfazione del proprio interesse egoistico. Se si vuole una società di eguali bisogna continuare la trasformazione dell’uomo che deve smettere di perseguire il suo interesse egoistico, individuale per perseguire un interesse comune; è necessario che ciascuno si riconosca nella società in un “io” comune. Le istituzioni della Repubblica, auspicate da Rousseau, saranno istituzioni che sradicheranno l’egoismo, la snaturalizzazione dell’uomo, soltanto iniziata, non è stata portata a termine: è necessaria una completa snaturalizzazione dell’individuo che lo porti a spogliarsi dell’io individuale, privandolo della sua esistenza assoluta per dargli un’esistenza relativa, come parte del tutto, trasferendo l’io personale nell’io dello Stato. Nel contratto sociale Rousseau spiega che questo contratto consiste in una sola clausola: la cessione di tutti i diritti naturali, compresa la vita, che fanno riferimento ad una esistenza assoluta dell’uomo, e che pur cedendo tutto, gli individui non si fanno schiavi, perché i loro diritti vengono ceduti alla comunità. Cedendo il mio diritto alla comunità lo riacquisto come membro della comunità. Non riacquisto la libertà naturale ma una libertà politica, garantita dalle leggi dello Stato (se per Locke lo stato dovesse trasgredire alle leggi, il cittadino può resistere allo stato, mentre in R. una mancanza dello stato non accade). Se il processo di snaturalizzazione ha fatto perdere alcune cose, ha permesso però lo sviluppo di capacità che hanno consentito all’uomo di evolvere, di creare il bello. Lo stato di natura è uno stato di innocenza, di felicità rispetto alla condizione dell’uomo moderno che vive una vita scissa, ma la felicità dell’uomo naturale è inconsapevole, una felicità di cui si renderà conto solo quando l’avrà perduta. Rousseau non propone un recupero del passato, perché se è vero che l’uomo era innocente e felice, è altrettanto vero che non si distingueva da altri animali; Rousseau propone di guardare al futuro perché l’individuo possa trasformarsi in una parte del tutto e non in una vita atomistica a sé stante. Soltanto in questo modo, abbandonando l’io individuale per abbracciare l’io comune, si risolverà il problema dell’uomo moderno alienato, scisso tra ciò che pensa e sente e le sollecitazioni che vengono dall’esterno, dalla società. Sarà la capacità di perfettibilità che aiuterà l’uomo a passare dallo stato di alienazione in cui si trova allo stato di individuo che liberamente affida i suoi diritti allo Stato per una trasformazione dell’io assoluto in io relativo, io comune. La capacità della perfettibilità è la caratteristica più importante dell’uomo che lo differenzia dagli altri animali, che non lo rende statico ma plasmabile, trasformabile. Rousseau è molto influenzato dalla filosofia naturale di Buffon, perfettibilità significa libertà che è il segno della spiritualità (superiorità) dell’uomo. Questa trasformazione non è accaduta per uno sviluppo spontaneo, né per un intervento superiore, non ha una causa interna all’uomo ma a cause esterne ad esso, in una serie di eventi del tutto casuali, terremoti, siccità, portano l’uomo d una condizione di necessità in cui non riesce a cavarsela da solo e ha bisogno di unirsi ad altri per risolvere le difficoltà, che fa emergere un ragionamento che lo porta ad unirsi ad altri, per il raggiungimento di uno scopo, poi si formerà una piccola società stabile. Anche l‘uso di strumenti che comporta una mediazione nel rapporto con la natura verso la quale agisce con strumenti, diventando un dominatore della natura. Questi due elementi cominciano a tirare fuori l’uomo dalla natura, auto espellendosi dal grembo materno della natura. Questo porsi fuori della natura l’uomo lo ha pagato a caro prezzo. In tutto questo, la natura dell’uomo rimane buona è nel mondo, è nell’esterno che sta il male: ciò che è negativo è quello che l’uomo ha costruito con le sue mani, non viene dal cuore che, peraltro, non viene più ascoltato. R. non crede nel male originato dal peccato originale. Bisogna ora recuperare quella natura buona. Questa capacità di perfettibilità viene messa in moto da cause esterne, da circostanze occasionali che avrebbero potuto anche non verificarsi e l’uomo avrebbe potuto vivere come i selvaggi, uno stato patriarcale in cui l’uomo è già trasformato ma non al punto di creare una disuguaglianza. Il selvaggio per R. rappresenta l’età dell’oro. Il male per R. non è imputabile a Dio ma alla società, al progresso. La disuguaglianza tra gli uomini non dipende da una legge naturale, non c’è una legge naturale, propria dello stato di natura, perché non c’è la ragione che si svilupperà parallelamente al processo di socializzazione dell’uomo, che avviene con lo sviluppo del linguaggio attraverso cui può rapportarsi con gli altri. La ragione è la facoltà di determinare ciò che è bene e ciò che è male, mentre R. presenta una concezione di ragione come strumento di adattamento a necessità naturali, per sopravvivere non come facoltà metafisica; quindi ragione come qualcosa di acquisito e non una facoltà naturale, come veniva sempre presentata. 08/05 Abbiamo visto che l’uomo dell’uomo ha poco a che fare con l’uomo della natura che ha molte caratteristiche delle scimmie, vive isolato, non è socievole e non è dotato di retta ragione, rottura con il giusnaturalismo che affermava che la ragione rientrava nella legge naturale. Le due caratteristiche principali dell’Uomo: la ragione e la socievolezza quindi non sono presenti nell’uomo della natura, se non come potenzialità, ossia la perfettibilità, che si manifesterà nel momento in cui l’uomo esce dallo stato di natura. Per R. la ragione è una capacità che si sviluppa più tardi, con il linguaggio quando ci saranno delle condizioni di socievolezza, di interazione con gli altri e questo avviene nel momento in cui l’uomo si trova, per ragioni del tutto casuali, a fronteggiare delle difficoltà. Quindi la ragione si svilupperà per un bisogno di adattamento, è una facoltà per superare le difficoltà e non come credono i giusnaturalisti per sopravvivere quotidianamente e inoltre non si sviluppa in tutti. Le migliori caratteristiche dell’uomo non appartengono all’uomo di natura ma all’uomo quando uscirà dallo stato di natura dove non ha coscienza di se stesso come uomo che avverrà nel momento in cui si distacca dalla natura e capisce di essere qualcos’altro. R. si rammarica per la perdita dell’innocenza e la felicità dello stato di natura, ma era una felicità di cui l’uomo non aveva consapevolezza. Nell’Emile R. dice: sia sempre benedetto l’istante che fece di un animale stupido e limitato un essere intelligente e un uomo, quella che sembra una contraddizione è soltanto una sottolineatura al momento in cui l’uomo si distacca dalla natura. R. presenta un concetto di ragione molto articolato: la ragione non è un istinto, non è una necessità interiore ma solo uno strumento di adattamento che porta con sé a far emergere delle qualità positive ma anche molto negative: disuguaglianza, disordine, guerra; il processo della storia porta, quindi, anche a risultati negativi. Nella ragionevolezza non c’è un destino divino poteva emergere ma anche no, dipende da eventi casuali esterni, come l’origine del male che non è insito nel cuore dell’uomo: e questo significa due cose: che Dio non è colpevole perché ha creato l’uomo buono ma che la partita giocata dall’uomo ha piegato verso il male. Quindi il male è prodotto dalle mani dell’uomo e se la società presente è il frutto,, sbagliato, di uno sviluppo casuale, esterno dell’uomo, vi si può porre rimedio. Per i giursnaturalisti, al contrario, la natura dell’uomo dipendeva da Dio. Il potere può essere esercitato soltanto là dove ci siano uomini che lo accettano.) R. non si ferma a sottolineare semplicemente le disparità che esistono nella società civile, ma suggerisce anche la possibilità di un’alternativa, di un cambiamento. Il pessimismo storico di R., storia come degenerazione e decadenza, ha un preciso contrappunto in un ottimismo morale e metafisico, perché Dio non è colpevole e morale perché il processo di decadenza non ha investito il cuore dell’uomo ma la sua dimensione esterna, di interazione con gli altri. Il cuore dell’uomo è rimasto buono seppure di una bontà soffocata, però sarà possibile un’alternativa; una rigenerazione che secondo R. avviene attraverso l’educazione (L’Emile) per creare un uomo nuovo: la prima cosa da fare è l’isolamento, come per il bambino per difenderlo dalle cose cattive, un altro aiuto è attraverso un nuovo patto, se un patto iniquo ha portato alla disuguaglianza, un patto nuovo (contratto sociale). Nella repubblica, nuova società,, è un contratto di alienazione in cui tutti i diritti devono essere dati allo stato, diritti che si perdono a livello singolo ma si riacquisteranno come comunità, in cui la maggioranza diventerà la volontà di tutti, mentre per R. la volontà generale che non è una sommatoria di volontà individuali, ma una volontà che ha come fine il bene generale che può essere espressa non necessariamente dagli individui. Una possibilità individuale, isolamento, salviamo il bambino e una possibilità comunitaria, il contratto sociale dove non prevede una democrazia diretta. Una volta costituita la Repubblica i cittadini non possono immediatamente spogliarsi dei loro diritti per delegarla allo Stato, sarebbero liberi per soli cinque minuti. Il concetto di democrazia diretta basata sul concetto di mandato ai governanti attraverso il quale è responsabile nei confronti di chi l’ha eletto. R. pur essendo un illuminista contrasta l’Illuminismo nell’idea del progresso e della ragione, con ambiguità mette in luce la ragione come caratteristica propria dell’Uomo evoluto e colto ma allo stesso tempo fa del filosofo l’uomo meno umano perché ha tagliato completamente i legami con gli altri, poiché la riflessione isola. La riflessione però si può ricollegare con la perfettibilità (ambiguità di R.). Paragona il pensiero, la riflessione agli attrezzi che hanno portato gli uomini a separarsi, a dominare la natura e quindi rappresentano uno strumento di caduta, perché distaccano l’uomo dalla natura. L’uomo che medita è un animale corrotto, degradato, perché l’uomo immerso nella cautra è l’uomo perfettamente puro, momento originario; nel momento in cui si distacca perde la sua innocenza e avviene attraverso l’uso di strumenti che gli servono peer dominare la natura e attraverso la riflessione. Ma significa anche l’inizio di un cammino dell’uomo libero, la libertà dell’uomo è nel poter disubbidire alla natura. Quindi dalla storia sono nati tutti i mali ma anche tutti i beni, secondo R. che non vuole condannare moralmente l’uomo poiché il suo cuore rimane puro, anche se non viene più ascoltato e per questo abbandona la via lineare dell’istinto scegliendo, con l’uso della riflessione, una via più tortuosa, piena di tranelli. Nella seconda parte del discorso, R. mostra i vari passaggi della trasformazione, facendo una storia della trasformazione umana, Per Locke lo stato di natura da positivo si trasforma in negativo per il fatto che non c’era un giudice a risolvere le controversie e quindi l’uomo si doveva fare giustizia da solo e se inizialmente per Locke la proprietà privata era limitata, perché secondo lui si basava sul lavoro ponendosi la possibilità di lasciare anche agli altri la libertà di arricchirsi. Ma il mondo è vasto e c’è tanto territorio da conquistare. Verrà introdotta la moneta e lo scambio e a questo punto è possibile l’accumulazione, la ricchezza e quindi la trasformazione da uno stato di natura tranquillo ad uno stato di natura in cui è necessario difendere ciò che è proprio. Rousseau spiegherà, nella seconda parte come si arriva dallo stato di natura allo stato civile che avverrà sempre attraversando varie fasi di crisi come l’avvento di utensili e oggetti artigianali l’uomo si comincerà a distaccare dalla natura, la formazione di gruppi familiari stabili che comporterà alla necessità dell’agricoltura producendo ciò che serve per sopravvivere, l’addomesticamento degli animali, la cottura del cibo e lo sviluppo del linguaggio che nascerà soltanto attraverso la nascita dei gruppi, di interazione cn gki altri che R. vede nel momento della festa, momento centrale della vita del gruppo. Momento importante in cui comincia la musica, quindi il momento della vita artistica ma anche un momento negativo in cui si passa dall’amor del sé all’amor proprio, narcisistico, un momento dell’esibizione in cui si vuole il riconoscimento del proprio valore. Ma anche ci troviamo in una fase che si può definire patriarcale, incui c’è stata una profonda trsformazione dell’uomo che vive in gruppo, balla, canta, produce ma solo per la propria sussistenza. La fase dell’età patriarcale, di una proprietà privata limitata per R. rappresenta l’età dell’oro, deii selvaggi in cui l’uomo ha perso i suoi atteggiamenti ferini ma non è ancora diventato l’uomo violento della società civile, la società patriarcale rappresenta un punto di equilibrio che si spezza quando inizia l’accumulo delle ricchezze che comincia quando si va al di là delle proprie esigenze, del fabbisogno personale. A questo punto comincia il processo di decadenza. L’accumulazione della ricchezza sarà possibile con la rivoluzione della tecnologia della metallurgia con la quale l’uomo si può costruire nuovi strumenti con i quali può sfruttare maggiormente la terra con una maggiore produzione passando da un’economia di sussistenza ad un’economia produttiva più di quella che serve, ma creerà due classi di lavoratori tra gli uomini: contadini e fabbri, dando vita alla disuguaglianza da cui nasce prepotenza e dominio, per R. Disuguaglianza che cresce Terza fase della società nascente, che prepara l’origine della società civile. Fase in cui si creeranno le condizioni che porteranno gli uomini a stipulare un contratto che sarà iniquo che darà origine ad una società iniqua. Questa terza fase rappresenta il momento più drammatico della caduta e della trasformazione che strapperà l’uomo dalla condizione di felicità della società patriarcale: l’elemento causa della caduta è la divisione del lavoro. Il gruppo patriarcale era autosufficiente, in seguito per motivi casuali l’uomo scopre la metallurgia e che può costruire strumenti migliori, di metallo, con cui può migliorare l’agricoltura, passando ad un’agricoltura produttiva producendo più del necessario per il proprio consumo producendo ricchezza non per tutti uguale: Alcuni potranno accumulare ricchezza altri non ci riescono per cui ci saranno i ricchi e i meno ricchi e tutto ciò comincia a produrre disuguaglianza tra gli uomini. Si creano classi di lavoro diverse: i fabbri e i contadini. Questo momento per R. è la perdita totale della semplicità e dell’uguaglianza della società patriarcale. Finché gli uomini, infatti, si limitavano a produrre per il loro solo bisogno, facendo tutto da soli, vivevano felici; ma dal momento che scoprono la metallurgia gli uomini cominciano a produrre di più, un surplus che produce ricchezza e ll’ accumulo delle ricchezze che porterà, poi, alla proprietà privata. Metallurgia, agricoltura intensiva e divisione del lavoro sono la causa della caduta: Rousseau dice che ferro e grano hanno civilizzato l’uomo e perduto, dal punto di vista morale e sociale, il genere umano. L’uomo non vuole solo consumare le cose ma possederle, si crea una società diseguale che porta ad una profonda conflittualità e antagonismo: comincia la rapina, il brigantaggio e la necessità di una difesa. La fine della terza fase per Rousseau è la fase di guerra di tutti contro tutti; questa situazione di precarietà porterà alla stipulazione del patto. 23/05 Disuguaglianza fondata su un patto iniquo, stipulato in particolare condizioni di accesa conflittualità, di antagonismo in cui il valore prioritario appare quello della sicurezza e per questo gli uomini decidono di associarsi, di stipulare un patto, ma il patto non fa che istituzionalizzare una situazione di disuguaglianza creatasi attraverso un lungo stadio di trasformazione, cristallizzando questa situazione di disuguaglianza. Il patto si è limitato a riconoscere, dunque, una socializzazione sbagliata dandogli valore legge. Prima fase della caccia e della pesca in cui i rapporti tra gli uomini sono occasionali per il raggiungimento di un certo obiettivo e poi si sciolgono. Gli uomini cambiano, sotto la spinta della necessità. Seconda fase o età patriarcale in cui sempre per motivi occasionali e di necessità, l’uomo è costretto ad abbandonare la vita solitaria e vivere una prima forma di vita sociale, in piccoli gruppi. Ci sono le prime forme di possesso, si passa da una vita nomade ad una vita stanziale. Età dell’oro per Rousseau. L’economia è semplice in cui il gruppo familiare produce ciò di cui necessita. In questa fase nascono i sentimenti, positivi e negativi (rivalità conflitto, un embrionale amor proprio), iniziano attività artistiche come la danza la festa. L’uomo continua ad avere le caratteristiche dell’uomo naturale pur essendosi già un pò snaturizzato. In questa fase per Rousseau vivono i selvaggi, fase in cui l’uomo avrebbe dovuto fermarsi. Terza fase della società nascente, di grande e veloce trasformazione verso l’abisso della degradazione, caratterizzata da una rivoluzione tecnologica, che consiste nella metallurgia e nell’agricoltura. Questa rivoluzione comporta un rapporto di dominio sulla natura finalizzata ad unn surplus di produzione con accumulo di ricchezza e la divisione del lavoro in cui alcuni saranno addetti alla metallurgia (fabbri) e altri all’agricoltura (contadini). La ricchezza accumulata dà inizio alla disuguaglianza tra ricchi e poveri e conseguenza della ricchezza l’istituzione della proprietà privata, ossia il diritto all’uso esclusivo di un bene. Tutti i giusnaturalist si occupano della proprietà privata che da Locke in poi è considerato un diritto naturale, dopo la vita ma non per Hobbes. Non per Rousseau che presenta la proprietà privata come un’usurpazione. Fase in cui nasce, o trionfa, la disuguaglianza e nasce di conseguenza il conflitto. Disuguaglianza e conflitto introducono un’accelerazione e una situazione irreversibile da cui non è possibile tornare allo stato di natura se non riprogrammandolo, tornando indietro trasformandolo da una identità individualistica in una parte del tutto. Quarta fase del conflitto e dell’antagonismo generale che coinvolge tutti gli uomini: i ricchi che temono per le loro proprietà che ii poveri che tentano di accaparrarsi quello che non hanno. Questa fase evoca la guerra di tutti contro tutti che Hobbes poneva allo stato di natura, mentre Rousseau pone questa condizione di pericolo e quindi di necessità di protezione, alla fine della trasformazione. In questa condizione qualcuno avanza una proposta, quella di associarsi finalizzata alla protezione e alla difesa di se stessi e dei propri averi. Patto che apparentemente sembra a vantaggio di tutti è in effetti un patto “leonino” perché se il patto è in difesa dei propri beni chi possiede otterrà la difesa legale di se stesso e della proprie proprietà, mentre chi non ha niente non ottiene nulla. Con questo patto, che prevede l’istituzione dello Stato, ossia di una società fornita di leggi, di tribunali, l’usurpazione diventa un diritto a vantaggio solo della parte più ricca peer questo è iniquo, creando una società iniqua che, non solo recepisce la disuguaglianza, ma le dà una valore di legge riconoscendo che esistono proprietari e non proprietari. (Con l’istituzione del patto iniquo si chiude il secondo discorso.) Rousseau ha fatto tabula rasa tutte le teorie dei giusnaturalisti. Parte destruens. Nella parte ​costruens inoltre Rousseau continua proponendo l’ipotesi di una società diversa (contratto sociale) equa che nasca da un patto equo. Per concludere il secondo discorso Rousseau presenta il cammino dell’uomo come una specie di sdoppiamento della coscienza in cui dall’essere l’uomo naturale, assorbito dalla natura, si costruisce una nuova immagine, una nuova coscienza che avviene attraverso attività pratiche come l’uso degli strumenti che farà uscire l’uomo dalla natura. E’ sempre attraverso l’uso degli oggetti con cui contemporaneamente manipola e si allontana dalla natura, avviene questo sdoppiamento e anche dalla divisione del lavoro. L’istituzione della proprietà privata avviene nella terza fase, del conflitto e dell’antagonismo, in cui emerge la necessità di escludere gli altri dal possesso, quando il primo disse, recintando un terreno, “questo è mio”, escludendo gli altri facendo precipitare l’umanità in un dramma. Al contrario dei giusnaturalisti, a partire da Locke, che presentano la proprietà privata come un diritto naturale, inalienabile, Rousseau la ritiene una usurpazione. Per Locke c’è un solo diritto a tre facce, che nessuno stato può limitare o cancellare senza offendere la natura umana: alla vita, alla libertà e alla proprietà privata. Il diritto romano in cui la proprietà nasceva da un’occupazione di fatto, mentre per Locke non è l’occupazione ma il lavoro,, solo il lavoro giustifica la proprietà privata, io vivo perché lavoro, teoria del lavoro-valore. Il lavoro dà valore ad un terreno. (La lepre che ho cacciato è mia perché frutto del mio lavoro). Se la proprietà è basata sul lavoro può non avere limite, nel senso che posso diventare proprietario di tutto quello che lavoro, ma Locke supera questo limite, dicendo che si deve lasciare anche agli altri: sono proprietario di quello che riesco a lavorare non di più, (nel nuovo mondo ci sono tati territori a disposizione, non lavorati). Altro limite è quello del consumo attraverso l’introduzione della monetao si possono scambiare deperibili con no deperibili. Il limite che posso essere proprietario quello che lavoro attraverso la schiavitù, se io pago l’acquisto della forza lavoro possono acquistare proprietà sempre più vaste. Il monarca nonm potrà ettere delle tasse senza avere il consenso del parlamento, proprietà privata all’origine de liberalismo, di una particolare concezione dello Stato. Anche per Kufendorl la proprietà privata è un diritto ma basato su una convenzione, un accordo tra individui che si mettono d’accordo per una spartizione. La posizione dii Rousseau nega che la proprietà privata sia un diritto naturale, è invece un’usurpazione un’occupazione unilaterale, anzi la pone all’origine del dramma dell’umanità. La teoria di Rousseau non è di tipo comunistica, infatti, non nega la proprietà privata in favore di una proprietà collettiva. Propone una teoria di proprietà privata limitata, non è un diritto naturale, ma è un diritto positivo la cui fonte è lo Stato che lo determina e lo regola in maniera egualitaria. Il fine di Rousseau è quello di evitare la disuguaglianza. Se Locke ha sempre come obiettivo la produzione di ricchezza, a Rousseau non interessa questo aspetto perché propone sempre i modelli di società sobri e severi, dove il benessere è diffuso ma limitato. Quindi proprietà privata ma purché non infranga il dogma dell’uguaglianza. Il tema della ricchezza viene ignorato completamente da Rousseau, come l’affermarsi delle banche ginevrine, l’industria capitalista, lo sviluppo dell’agricoltura industriale, anche se sono tematiche molto sentite e svolte da economisti come Adam Smith “La ricchezza delle nazioni” in modo positivo. Per Rousseau è la volontà generale che deve determinare la proprietà privata. Stipula del patto che R. definisce iniquo ( fine del secondo discorso), patto che viene originato in una condizione di conflittualità e di pericolo generale in cui nessuno si sente garantito e sicuro, in cui i ricchi propongono un patto che li difendesse e li garantisse: “Uniamoci perché i deboli siano difesi …. invece di volgere le nostre forze contro noi stessi uniamoci perché tutti possano essere difesi”. Tutti accettarono pensando di essere tutelati, ma in effetti accettano di essere incatenati perché il più forte e ricco ne trarrà vantaggio e gli altri saranno incatenati alle loro necessità e alla necessità dii lavorare per i ricchi. Il prodotto di questo patto è che la proprietà privata viene difesa e garantita dalla legge e dalla forza pubblica creando una società di disuguali in cui i poveri e i deboli si impegnano a servire i ricchi in cambio di protezione, mettendosi, in qualche modo, in catene. Il patto iniquo invece di innovare e trasformare ha consolidato un processo di socializzazione che ha avuto come risultato quelloo della disuguaglianza. Analisi della società iniqua, nata dal patto iniquo, che nasce dalla dissoluzione dell’età patriarcale, dissoluzine che ha dato vita ad una trasformazione che sviluppa nuove facoltà sotto l’azione della divisione del lavoro e dell’introduzione della proprietà privata. La società così nata richiede che ciascun uomo esibisca queste facoltà, qualità che chi non le ha è costretto a fingere. Bellezza, intelligenza, l’uomo non vale dal punto di vista dell’essere ma dell’apparire, in cui l’uomo si sforza di apparire come la società vuole che sia, vivendo una condizione di alienazione. Ciascuno quindi inganna gli altri, perché non si mostra come è veramente, presentando un’immagine che non è la propria e per questo è un uomo degradato. 29/05​ Analisi di Rousseau della moderna società civile. La società nasce dalla dissoluzione delle condizioni di vita patriarcali, conseguenza della divisione del lavoro e dello sviluppo della proprietà privata, che Rousseau indica come il vero punto di svolta nel processo della disuguaglianza e quindi nell’origine della società contemporanea. Finita l’età dell’oro in cui si era conservato il valore dell’uguaglianza e cominciavano a svilupparsi i sentimenti umani anche se in misura limitata (il modo di vivere dei selvaggi). Una volta rotto questo equilibrio di vita del gruppo, del villaggio, inizia un progresso sempre più accelerato dell’umanità verso l’abisso della disuguaglianza. Il progresso porta lo sviluppo di qualità assopite nell’uomo dell’età patriarcale ma anche che tutte queste facoltà diventino qualcosa di estremamente necessario all’interno della società tanto che, chi non le ha deve fingere di averle e chi le ha deve esibirle. La società moderna impone dei modelli che obbligano l’uomo non ad essere come la sua natura esige ma a comportarsi come la società comanda, come un essere eterodiretto. La società pretende che l’uomo viva nell’ipocrisia, che cerchi di apparire più che mostrare il suo essere e per questo l’uomo contemporaneo vive fuori di sé, è un alienato (p. 76 2 discorso), traendo ka sua esistenza solo dal giudizio degli altri,, mentre il selvaggio vive del proprio giudizio. Per Rousseau, modello di corruzione morale per R. dell’individuo contemporaneo, è il difetto più rilevante della società moderna che esercita una coercizione sugli individui, obbligandoli ad adattarsi al giudizio della società. Ogni libertà, che è autonomia, cade di fronte a questa coercizione. Quindi l’uomo contemporanea è un uomo artificiale, moralmente corrotto. La causa della corruzione Rousseau la individua nella perdita dell’autonomia; se nella società patriarcale l’uomo era in grado di provvedere a se stesso, per mezzo di un’economia di sussistenza, in cui la famiglia ha la sua capanna, i suoi attrezzi di lavoro per sbarcare il lunario, autonomia che per Rousseau corrisponde alla libertà perché non dipende dagli altri, l’uomo contemporaneo, al contrario vive
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