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Sistemi di Comunicazione Animale: Lingue e Linguaggio, Appunti di Linguistica Generale

La natura delle lingue e del linguaggio, distingue tra di essi e descrive le differenze tra le varie lingue. Concetti come sincronia e diacronia, rapporti associativi e sintagmatici, significante e significato, e la distinzione tra langue e paroles. Viene inoltre discusso il concetto di ordine delle parole e la classificazione genealogica delle lingue.

Tipologia: Appunti

2018/2019

Caricato il 03/01/2024

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Scarica Sistemi di Comunicazione Animale: Lingue e Linguaggio e più Appunti in PDF di Linguistica Generale solo su Docsity! Riassunti dispense linguistica generale 1.CHE COS’E’ IL LINGUAGGIO? La linguistica è lo studio scientifico del linguaggio umano. Alcune caratteristiche tipiche del linguaggio umano sono la discretezza, la ricorsività, la doppia articolazione e la dipendenza della struttura. Gli altri sistemi di comunicazione, comunemente chiamati linguaggi mostrano di non possedere queste quattro proprietà. Il linguaggio umano è quindi una caratteristica propria della specie. 1.La linguistica, il linguaggio e i linguaggi La linguistica è una disciplina descrittiva o più esattamente lo studio scientifico del linguaggio. La parola linguaggio suona famigliare. Tutti sappiamo di possedere e usare un linguaggio che chiameremo linguaggio naturale. Si parla anche di altri tipi di linguaggio ( linguaggio animale, linguaggio della immagini ecc.), m tutti questi linguaggio sono la stessa cosa?. Tutti questi linguaggio hanno sicuramente un elemento in comune: sono tutti sistemi di comunicazione, ossia servono a trasmettere informazioni da un individuo, che possiamo chiamare emittente ad un altro che possiamo chiamare destinatario o ricevente. Per quanto riguarda i sistemi di comunicazione animali, abbiamo le api che con i loro tipi di danze comunicano alle compagnie la distanza da una determinata fonte di cibo, oppure determinate specie di uccelli usano dei canti o richiami per comunicare la presenza di predatori. Ma questo non è sufficiente per considerarli manifestazioni di un unico sistema. Bisogna capire se questi sistemi di comunicazione siano basati sugli stessi principi. In alter parole anche se avessimo dimostrato che tutti i vari linguaggi sono identici nella loro funzione non abbiamo detto nulla che dimostri che essi sono identici anche nella loro struttura. Solo la specie umana ha la capacità di acquisire il linguaggio umano e che neppure specie umane più vicine all’uomo in termini evolutivi come le scimmie sono in grado di acquisire tale linguaggio. Questo non vuol dire però che queste scimmie non abbiamo un loro linguaggio. La linguistica è lo studio scientifico del linguaggio umano. Cosa si intende per studio scientifico? Il tipo di metodologia e di analisi dei problemi che caratterizza qualunque scienza. Le caratteristiche di questa metodologia:  La formulazione di ipotesi generali che rendano ragione di una molteplicità di fatti particolari ( qualunque scienza si trova di fronte ad una grande quantità di fenomeni. Una scienza formula ipotesi che intendono ricondurre a leggi generali queste molteplicità di fenomeni particolari)  La formulazione di tale ipotesi in modo chiaro e controllabile ( definisce la caratteristica propria che il discorso scientifico deve avere ossia essere formulato in termini definiti in modo esplicito e fondarsi su esperimenti ripetibili, solo il rispetto di questi criteri permette il controllo pubblico) Questo appena detto della scienza generale si applica anche alla linguistica. Anche queste disciplina si trova davanti ad una molteplicità di fatti. La formulazione delle ipotesi deve essere fatta ricorrendo ad una terminologia tecnica definita in modo preciso. La linguistica non è una disciplina normativa, ma descrittiva. Il suo scopo non è quello di indicare ciò che si deve dire o non si deve dire ma spiegare ciò che effettivamente si dice. Però ciò non vuol dire che qualunque modo di parlare può andare bene in qualunque circostanza: ogni lingua presenta delle varietà d’uso, ognuna delle quali ha le caratteristiche proprie che vanno conosciute bene l’indicazione delle forme buone e quelle meno buone è il compito della grammatica normativa. La linguistica ha invece a differenza della grammatica che ha un fine prativo, un fine conoscitivo e vuol dire cioè spiegare in base a leggi quanto più possibile generali ciò che effettivamente si dice o il comportamento linguistico degli esseri umani e investigare i meccanismi. 2. caratteristiche proprie del linguaggio umano Il linguaggio umano ha delle caratteristiche specifiche ed essenzialmente diverse da quelle dei linguaggi animali o dai linguaggi di programmazione informatica. Il linguaggio umano è discreto, quello animale è continuo. Il fatto che il linguaggio umano è discreto vuol dire che i suoi elementi si distinguono gli uni dagli altri per l’esistenza di limiti ben definiti.( es p e b sono suoni che non possono essere miscelati o non esiste un suono intermedio) Nei sistemi continui è sempre possibile specializzare sempre più il segnale. I segnali del linguaggio delle api sono strutturati in maniera abbastanza diversa da quelli del linguaggio umano. Le parole sono formate da entità piccole come p,b,m che però non hanno significato ma che se scambiate con altre hanno la possibilità di produrre un significato diverso (es:patto-batto tardo-dardo). In ogni lingua i fonemi sono in numero limitato mentre le parole sono illimitate. Quindi un delle caratteristiche del linguaggio umano è quella di poter formare un numero altissimo di segni, cioè entità dotate di significante e significato mediante un numero molto limitato di elementi che non hanno significato ma solo la capacità di distinguere significati. Questa caratteristica si chiama doppia articolazione. Un’altra differenza è data dall’inventario dei segni a disposizione in questi differenti sistemi. I sistemi di comunicazione animale cono caratterizzati da un numero finito di segni, le parole di ogni lingua umana non costituiscono un insieme finito perché si creano continuamente parole nuove. A questa possibilità di creazione continua di nuove frasi contribuisce in modo decisivo il meccanismo della ricorsività: esso permette di costruire frasi sempre nuove inserendo poi in quest’ultima un’altra frase ancora. Un modo per formare frasi complesse di lunghezza indefinita è ricorrere all’uso della congiunzione E. Il numero delle frasi possibili di qualunque lingua naturale è infinito. Il limite di lunghezza delle frasi non esiste in linea di principio infatti le nostre limitazioni di spazio, di tempo e di memoria non ci permettono di costruire effettivamente una frase di lunghezza infinita. Abbiamo però un contrato tra la capacità potenziale di riprodurre frasi di lunghezza infinita e la realizzabilità effettiva di tali frasi: questo è un esempio del contrato tra due aspetti dell’attività linguistica, chiamati uno competenza e l’altro esecuzione. Soltanto gli esseri umani hanno la capacità di acquisire un sistema di comunicazione caratterizzato dal fenomeno della ricorsività. Tra le caratteristiche proprie del linguaggio umano abbiamo la discretezza, la doppia articolazione e la ricorsività. Il senso intuitivo di grammaticalità rappresenta una caratteristica essenziale della competenza del parlante nativo di una determinata lingua. Nelle lingue naturali le frasi non sono organizzate come una semplice successione di parole, in cui la forma di una parola è determinata dalla forma di quella immediatamente precedente, o comunque più vicina ma al contrario in molti casi la forma delle parole è determinata da quella si altre parole molto distanti. Queste relazioni sono complesse e non sono determinate dalla semplice successione della parole ma sono dipendenti dalla struttura. Il linguaggio umano è una struttura altamente specifica nel duplice senso che contiene delle caratteristiche proprie, diverse da quelle di altri sistemi di comunicazione e che è una proprietà unica della specie umana. 3. il linguaggio e le lingue C’è differenza tra lingua e linguaggio. In inglese però usiamo la stessa parola language e anche in tedesco Sprache. Ma in francese come in italiano abbiamo due diverse parole langue e langage. Con il termine linguaggio intendiamo la capacità comune a tutti gli esseri umani di sviluppare un sistema di comunicazione. Con lingua intendiamo la forma specifica che questo sistema di comunicazione assume nelle varie comunità. Di solito si parla di linguaggio al singolare perché questa capacità è propria della specie umana. Di lingua si parla invece anche al plurale e anche al singolare perché ci sono tante lingue al mondo. Ruggero baccone scrisse che la grammatica è univa ed identica nella sostanza anche se varia De Saussure pose alla base del suo corso di linguistica generale una serie di distinzioni che formano ancora oggi una base concettuale irrinunciabile per la definizione di lingua e cioè le distinzioni tra sincronia e diacronia, tra rapporti associativi e rapporti sintagmatici, tra significante e significato e tra langue e parole. Quando due individui comunicano si verifica il seguente scambio: il parlante A associa al significato mano dei suoni. I suoni giungono all’ascoltatore B che associa i suoni, mano, ad un significato. B a questo punto può a sua volta diventare parlante ed associare significati a suoni, produrre un atto di fonazione che giungerà ad A. La parole è un’esecuzione linguistica realizzata da un individuo, è un atto individuale. Nel circuito comunicativo A produce dei suoni concreti, produce un atto di parole che è individuale. Ma un individuo non possiede tutta la lingua, ad esempio la lingua italiana. L’italiano sta al di fuori degli individui, preesiste agli individui e sopravvivrà ad essi. Vi è una lingua che è della collettività, ed è sociale ed astratta ossia la langue. L’individuo può realizzare atti di parole diversi ma non può da solo modificare la langue. La lingua esiste nella collettività ed è necessaria perché gli atti di parole siano intellegibili ma anche gli atti di parole sono necessari perché la lingua si stabilisca e perché funzioni. Gli esseri umani comunicano attraverso atti di parole ma il fondamento di questi atti p nella langue perché è la langue il sistema di riferimento collettivo: è collettivamente che si è stabilito che mano significhi quel che significa la parole è attuazione, realizzazione, la langue è potenzialità, è sistema astratto. 2.2 codice e messaggio Un’altra importante distinzione, dovuta Jakobson è quella tra codice e messaggio che si basa sulla distinzione tra livello astratto ed il livello concreto. Ad esempio i codice Mors, è costituito da due unità soltanto il punto e la linea. Sulla base di queste due unità e delle regole di combinazione di queste due unità si possono costruire diversi messaggi. Il codice è un insieme di potenzialità ed è astratto. un messaggio viene costruito sulla base delle unità fornite dal codice ed è un atto concreto. Anche le lingue umane funzionano così e si potrebbe dire che a livello d codice esistono unità come /p,n,e,a/ e che queste unità possono combinarsi per formare dei sms o dei non sms ( pane- epan 2.3 competenza ed esecuzione Una terza distinzione tra un livello astratto e uno concreto è stata fatta da Noam Chomsky tra competenza ed esecuzione. La competenza è tutto ciò che l’individuo sa della propria lingua. L’esecuzione è tutto ciò che l’individuo fa. L’esecuzione è un atto di realizzazione e dunque concreto. L’esecuzione corrisponde bene alla nozione di parole di Saussure, mentre la competenza è diversa dalla langue. La langue è sociale e trascende l’individuo mentre la competenza è individuale ed ha sede nella mente dell’individuo. Parole, messaggio ed esecuzione a grosso modo si equivalgono. La langue e competenza sono diverse: la prima è sociale, la seconda è individuale. La langue è depositata in una comunità linguistica, la competenza è la competenza di un singolo parlante. La langue garantisce la comunicazione perché è collettiva, la competenza garantisce la comunicazione perché è largamente condivisa da chi parla la stessa lingua. Competenza non significa bravura. Competenza è semplicemente l’insieme delle consocenze linguistiche che un parlante ha. 3.1conoscenza fonologica una parlante italiano sa che i suoni [p,n,a,e] sono suoni della sua lingua. E sa riconoscere le combinazioni dei suoni che formano parole e quali no. Un parlante sa anche i fatti più sottili. Sa se una parola in italiano inizia con tre consonanti, la prima deve essere [s] ( es sproposito, strano). Un parlante cambia automaticamente e senza pensarci il suono [k] di amico nel suono [ts] di amici. 3.2 competenza morfologica Un parlante ha anche una competenza relativa alle parole della propria lingua. Sa che in italiano le parole finiscono di norma con vocale, tranne poche parole come non, per, del ed alcune parole di origine straniera come sport. Sa che due parole del tutto eguali tranne che per l’accento. Un parlante conosce anche il vocabolario della propria lingua e sa che parole come cane, volta sono parole della sua lingua, mentre paard, teelgraf non sono parole della sua lingua o che ppngnsngjniijr non sembrano essere possibili. Un parlante sa formare parole nuove ed utilizza queste possibilità di rado. A partire dal verbo collocare si può formare collocamento. Si possono formare parole composte come mangianastri, contachilometri. In breve i parlanti sanno che a partire da parole semplici si possono formare parole complesse. Un parlante sa anche che a partire da un verbo in italiano si possono formare un centinaio di forme flesse. Un parlante conosce le parole della propria lingua e le sa distinguere da forme che non sono della propria lingua. E sa distinguere tra parole possibili ma non esistenti e parole non possibili. Sa formare parole complesse a partire da parole semplice ma sa anche che non è sempre possibile applicare lo stesso meccanismo. Un parlante sa che alla parola libro si possono aggiungere molti dei cosiddetti suffissi valutativi, ma che lo steso non può avvenire per una parole come balcone o che ad una stessa parola si possono applicare sia suffissi che prefissi. I parlanti sanno costruire composti ma sanno che non si possono costruire composti a partire da due parole qualsiasi o che i termini di un composto non si possono invertire liberamente o che ad un composto non si possono applicare liberamente suffissi diminutivi. Queste sono le conoscenza morfologiche che un parlante ha intuitivamente della propria lingua. Un parlante conosce le parole della propria lingua alcuni aspetti della loro struttura e conosce i meccanismi per formare parole complesse. 3.3 competenza sintattica I parlanti conoscono le regole della sintassi, sanno che possono formare vari tipi di frase. I parlanti di una lingua non hanno nessuna difficoltà a costruire ed a capire un numero enorme di frasi nuove, le conoscenza sintattiche possono essere davvero molto sottili ed altrettanto inconsapevoli. 3.4 competenza semantica I parlanti di una lingua sanno anche riconoscere il significato delle parole e della frasi, ed oltre questo sanno istituire molti tipi di relazioni semantiche tra le parole, come le relazioni di sinonimia, ossia quando due parole hanno significato in larga misura equivalente. Un’altra relazione di significato è l’antonimia cioè l’espressione del contrario. Inoltre i parlanti hanno intuizioni sul fatto che ci sono somiglianze e differenze dalla coppia giovane/vecchio e vivo/morto perché i primi sono aggettivi graduabili mente i secondi non lo sono. I parlanti sanno identificare molte altre relazioni di significato e riescono anche a disambiguare frasi potenzialmente ambigue. I parlanti sanno che esistono determinati rapporti tra le parole. il parlante conosce i significati delle parole, conosce le relazioni di significati tra le parole, sa distinguere tipi diversi di ambiguità. 3.5 la grammatica dei parlanti Tutte le conoscenze sin qui esemplificate fanno parte della grammatica dei parlanti intesa come un insieme di conoscenze che sono immagazzinate nella mente. Quando un bambino apprende una lingua non è esposto a regole della lingua ma solo a dati di quella lingua. Il bambino costruisce una grammatica a partire da dei dati, che sono chiamati dati linguistici primari. 4.una lingua non realizza tutte le possibilità Una lingua è un codice ed un codice è costituito da due livelli: le unità di base e le regole che combinano le unità. Ogni lingua compie determinate scelte. Le regole combinano le unità più piccole per formare unità più grandi. Cosi date le unità del suono [p-a-n-e] vi sono in italiano delle regole secondo le quali queste unità possono essere combinate solo in alcuni dei vari modi possibili. Il tedesco presenta combinazioni di suoni, che in italiano non sono possibili. 5.Sintagmatico e paradigmatico In un atto linguistico i suoni vengono disposti in una sequenza lineare: uno dopo l’altro. Si osservi che in questo modo i suoni perdono la loro individualità e diventano una catena parlata. Ad esempio non diciamo a-n-c-o-r-a ma bensì diciamo ancora in una sola emissione di fiato. In questa operazione succede che i suoni si influenzano l’un l’altro. Ad esempio la n di ancora è foneticamente diversa dalla n di anfora. Questi rapporti vengono definiti sintagmatici e si hanno tra elementi che sono in praesentia cioè co-presenti. Nella parola stolto ad esempio abbiamo una [s] e la vocale [o] e in mezzo ad esse compare una [t]. il contesto, la posizione di [t] è tra s ed o. al posto di questo suono possono comparire altri suoni nello stesso contesto come sdoganare, scorta, sgombro. Tutti i suoni che possono comparire in un certo contesto intrattengono tra loro dei rapporti di tipo paradigmatico o associativo ma sono rapporti in absentia. Tutti i suoni che possono comparire in un medesimo contesto hanno qualcosa in comune. I suoni elencati sopra formano una classe di suoni che si chiamano occlusive e che hanno proprietà molto simili. I rapporti sintagmatici e paradigmatici non riguardano solo i suoni. Vi sono rapporti sintagmatici tra la o di questo, la o di mio e la o di amico, tra l a di questa, la a di mia e la a di amica. Anche tra questo e quel ci sono rapporti paradigmatici se realizziamo il non possiamo realizzare questo o quel. Se si introduce un possessivo come mio allora quest’ultimo intratterrà rapporti sintagmatici sia con il che con quel e questo. Si consideri l’imperfetto indicativo dell’italiano. Queste forme hanno una parte in comune, ossia amav-, e delle desinenze. Queste desinenze intrattengono tra loro rapporti paradigmatici se ne realizziamo una escludiamo tutte le altre. Tutte queste desinenze formano un paradigma: forme che si possono aggiungere ad una stessa base. La stessa cosa funziona per le parole latine. I rapporti sintagmatici e i rapporti paradigmatici sono un importante fatto di coesione degli elementi linguistici: una unità della lingua, qualsiasi unità intrattiene rapporti sintagmatici con le forme vicine, ma intrattiene rapporti paradigmatici con le unità assenti che avrebbero potuto essere realizzate in quel dato punto. De saussure propone una similitudine moto convincente: in un edificio una colonna ha rapporti di vicinanza( sintagmatici) con l’architrave che essa sorregge; dall’altra parte la colonna ha rapporti paradigmatici, in absentia, con altri tipi possibili di colonna. 6. sincronia e diacronia coesistere diversi registri linguistici ed i parlanti possono anche passare dall’uno all’altro. Ossia il cosiddetto code switching. Una lingua è articolata in codici e sottocodici che a loro vota servono a definire e ad identificare dei gruppi sociali. Un dialetto è un sistema linguistico a tutti gli effetti, non è un codice secondario, ridotto ed imperfetto. Ogni dialetto è costituito da suoni, parole, frasi e significati dunque a differenza di importanza tra una lingua ed un dialetto non è una differenza linguistica: è semmai una differenza socioculturale. Ovviamente il dialetto può avere un lessico carente in determinati settori, ma è anche vero che i dialetti hanno strumenti interni per arricchire il proprio lessico. 10 pregiudizi linguistici Le lingue fanno parte della nostra vita quotidiana ma sono spesso oggetto di diversi pregiudizi. Uno di questi riguarda l’idea che vi siano lingue primitive nel senso di lingue con sistemi fonologici morfologici e grammaticali poco sviluppato e che da queste lingue si siano poi evolute le lingue complesse come le consociamo oggi. Le lingue di questo tipo non sono attestate. Tutte le lingue, morto o vive, hanno un sistemi fonologico morfologico e sintattico. Il pregiudizio opposto è quello secondo cui vi sono lingue per eccellenza logiche, status attribuito al latino o al greco. Glia argomenti per contrastare questo punto di vista sono esattamente gli stessi di quelli per contrastare la visione primitiva. Non esistono lingue logich e lingue illogiche. Le lingue hanno una loro logica interna per il semplice fatto che sono un prodotto della mente umana e debbono poter essere apprese e tramandate. Una loro pregiudizio ha a che fare con la distinzione lingua/dialetto. La lingua sarebbe un sistema più evoluto dei dialetti. Questo sarebbe un pregiudizio, perchè some detto prima i dialetti non si differenziano qualitativamente da una lingua. I dialetti potranno avere delle lacune lessicali in determinati ambiti, ma ogni dialetto ha sistemi fonologici e sintattici complessi esattamente come quelli di qualsiasi altra lingua. Dall’altra parte spesso le lingue nazionali sono spesso dei dialetti all’origine, assorti poi per una serie di fatti sociopolitici e letterari a lingue nazionali. Un altro punto riguarda i giudizi estetici secondo cui certe lingue sono belle ed altre brutte. Ultimo punto riguarda i giudizi secondo cui si cono lingue facili e lingue difficili. Nel dare questi giudizi in genere non si tiene conto del punto di partenza. Per esempio gli italiano sostengono che lo spagnolo p facile e che il tedesco è difficile ciò può sembrare vero perché l’italiano e lo spagnolo sono lingue romanze non molto distanti, mentre l’italiano e il tedesco appartengono a due famiglie linguistiche diverse ossia romanza e germanica. Nota storico bibliografica= le distinzioni langue e parole, sincronia e diacronia, rapporti sintagmatici rapporti paradigmatici, significante e significato sono dovute a saussure, il fondatore della cosiddetta linguistica strutturale. Jakobson uno dei principali rappresentanti di questa correte linguistica. I concetti di codice e messaggio, come l’analisi delle sei funzioni della lingua sono discussi da Jakobson. Altri linguisti strutturalisti sono Trubeckoj, Hjelmslev. L’opposizione tra competenza ed esecuzione è stata introdotta da Chomsky, che richiamando la distinzione saussuriana tra langue e parole, osservava che i concetti di langue e competenza non sono identici. Chomsky ha introdotto anche l’uso del termine grammatica per indicare sia ciò che abbiamo chiamato grammatica dei parlanti sia la descrizione che si essa viene data dalla linguistica. 3.LE LINGUE DEL MONDO Sono presenti due criteri di classificazione delle lingue del mondo: quello genealogico e quello tipologico. In base al primo criterio si dice che due o più lingue appartengono alla stessa famiglia linguistica se derivano da una stessa lingua originaria al secondo criterio si dice che due o più lingue appartengono allo stesso tipo se presentano un determinato insieme di caratteristiche comuni indipendentemente dal fatto che facciano parte o meno della stessa famiglia linguistica. 70 000 lingue. Questo numero potrebbe aumentare se anche i dialetti fossero considerati lingue. La differenza tra lingua e dialetti p sociopolitico non linguistico. Ci sono lingue che contano più di 1 miliardo di parlanti: è il caso dell’inglese o del cinese mandarino. Ci sono lingue che contano poche migliaia se non centinaia di parlanti come le lingue degli indiani d’America o degli aborigeni d’Australia. Le lingue possono essere classificata ma bisogna classificarle seguendo un criterio. Un criterio potrebbe essere il numero dei parlanti. In base a questa classificazione, l’italiano appartiene all’ordine di grandezza 7, piu di 10 milioni di parlanti. Inoltre il numero dei parlanti include anche quelli he parlano la lingua in questione come seconda lingua. Questo è il caso di molti parlanti dell’inglese o del francese in ex colonie della Francia o dell’Inghilterra, la cui prima lingua è quella della popolazione colonizzata e che hanno appreso l’inglese o il francese perché le scuole che hanno frequentato erano inglesi o francesi. Infine la stima de numero dei parlanti si basa sul numero dei cittadini di una determinata nazione ma questo può essere anche un criterio inaffidabile. In ogni caso classificare le lingue in base al numero di parlanti per quanto possa essere importante dal punto di vista sociopolitico non è particolarmente significativo dal punto di vista linguistico. Un altri criterio possibile è quello puramente geografico. Potremmo distinguere le lingue a seconda del continente in cui sono parlate e così avremo lingue dell’eu, lingue dell’asia, lingue delle americhe. Questo però è anche un criterio non linguistico in quanto non si basa su caratteristiche proprie della lingua ma sula loro distribuzione territoriale. Tutte le lingue del mondo condividono certe caratteristiche che abbiamo chiamato universali linguistici. La le relazioni tra le lingue non si limitano alla condivisione degli universali: infatti alcune lingue sono più vicine tra loro che con certe altre. Da un punto di vista linguistico esistono tre modalità possibili di classificazione: genealogica, tipologica e areale. Tutte e tre sono significative perché si basano su tre diverse modalità di relazione tra le lingue umane. Queste modalità di classificazione forniscono risultati differenti: per esempio dal punto di vista genealogico l’italiano e l’inglese sono raggruppati insieme mentre il cinese non può essere raggruppato con queste lingue. Dal punto di vista tipologico l’inglese presenta alcune caratteristiche che lo possono avvicinare al cinese più che all’italiano. Dal punto di vista reale il giapponese e il cinese possono essere raggruppate insieme non dal punto di vista genealogico. Si dice che due lingue fanno parte dello stesso raggruppamento genealogico se esse derivano da una stessa lingua originaria o lingua madre. Un caso evidente di lingua genealogicamente apparente è quello delle lingue romanze o neolatine ( italiano, francese, spagnolo, portoghese romeno e altre. Esse sono derivate da un’unica lingua madre ossia il latino. A loro volta poi le lingue romanze fanno parte di un unità genealogica più ampia, ossia quella delle lingue indoeuropee che costituiscono una famiglia linguistica. La famiglia è l’unità genealogica massima: se due lingue non appartengono alla stessa famiglia, esse non sono genealogicamente apparentate. Le unità genealogiche di livello inferiore alla famiglia sono chiamati gruppi o classi. Quindi una famiglia linguistica contiene diversi gruppi che a loro volta si articolano in sottogruppi o rami. Quindi l’inglese e l’italiano fanno parte della famiglia indoeuropea ma appartengono a due gruppi distinti. Due lingue sono tipologicamente correlate se esse manifestano una o più caratteristiche comuni. Dato che l’inglese e il cinese manifestano alcune caratteristiche comuni, esse possono essere considerate tipologicamente correlate. La classificazione tipologica è molto più complessa e molto più difficile da realizzare che non quella genealogica. Bisogna tenere presente che una lingua può essere tipologicamente correlata ad un’altra per quanto riguarda determinate caratteristiche e tipologicamente correlata a una terza per quanto riguarda altre caratteristiche. Il punto di vista areale voglie quelle affinità che si creano tra lingue genealogicamente irrelate oppure sono lontane parenti ma che hanno sviluppato alcune caratteristiche strutturali comuni in quanto sono parlate in una stessa area geografica. In questo caso si dice che le lingue in questione formano una lega linguistica. Cinese e giapponese non sono genealogicamente parenti, cioè non derivano da una stessa lingua madre ma i contatti che nei secoli hanno avuto corso tra la cultura cinese e quella giapponese hanno fatto si che e due lingua abbiano sviluppato alcune caratteristiche comuni. Un altro caso di lega linguistica è quello delle lingue balcaniche così chiamate perché parlate nella penisola balcanica. Queste lingue sono lontane parenti dal punto di vista genealogico in quanto sono tutte lingue indoeuropee ma appartenenti a gruppi diversi: il serbo-croato e il bulgaro ed il macedone appartengono al gruppo slavo, il romeno appartiene al gruppo romanzo e l’albanese e il neogreco formano gruppi a se stanti. e lingue presentano però delle caratteristiche comuni che non ricorrono in altre lingue dello stesso gruppo genealogico. Una di queste caratteristiche è la cosiddetta assenza dell’infinito. Un altro fenomeno comune soltanto ad alcune lingue della lega è il fenomeno dell’articolo posposto invece di dire la casa si dice qualcosa di analogo a casa la. 1.classificazione genealogica: le famiglie linguistiche Due lingue sono genealogicamente parenti quando derivano d una stessa lingua originaria o lingua madre. Ma come si fa a stabilire che più lingue derivano tutte da una stessa lingua? Nel caso delle lingue romanze questo è abbastanza facile: le lingue romanze derivano dal latino. Dante sostenne esplicitamene che provenzale, francese ed italiano derivano da un’unica lingua ma nella sua visione questa non poteva essere il latino che egli non considerava una lingua naturale, ma una lingua costruita artificialmente. La famiglia linguistiche più studiate sono:  La famiglia indoeuropea  La famiglia afro-asiatica ( o camito-semitica). Esse comprendono lingue parlate o estinte in un’area che comprende l’Africa settentrionale, Medio Oriente. a questa famiglia appartengono l’egiziano antico, l’arabo e l’ebraico  La famiglia uralica che comprende numerose lingue parlate in Eu orientale e nell’Asia centrale e settentrionale. Tre lingue uraliche sono lingue ufficiali di altrettanti stati europei: il finlandese, l’estone e l’ungherese  La famiglia sino-tibetana alla quale appartiene tra le altre lingue il cinese mandarino. Altre lingue della famiglia sono il tibetano e il lolo-birmano  La famiglia nigerkordofaniana  La famiglia altaica che comprende altre lingue dell’Asia centrale come il mongolo. Poi c’è anche il turco Nel tipo polisintetico o incorporante una sola parola può esprimere tutte le relazioni che in italiano sono espresse da un’intera frase. 3.2tipologia sintattica La tipologia sintattica si è sviluppata a partire dagli anni 60 del novecento grazie all’impulso del linguista americano Joseph Greenberg. Essa si basa sull’osservazione che esistono correlazioni sistematiche in tutte le lingue, tra l’ordine delle parole nella frase in altre combinazioni sintattiche e per questo si è chiamata tipologia di ordine delle parole. le combinazioni sintattiche che vengono analizzate sono: 1) La presenza in una data lingua di preposizioni (Pr) oppure di posposizioni (Po). Una lingua che fa uso di posposizioni anziché di preposizioni è il giapponese. Il giapponese è dunque da questo punto di vista speculare all’italiano 2) La posizione del verbo (V) rispetto al soggetto (S) e all’oggetto (O) nella frase dichiarativa Da questi tre costituenti sono: SVO, SVO, VSO, VOS, OSV, OVS. I primi tre sono attestati da un numero considerevole di lingue, il quarto solo da pochissime lingue e il sesto forse da una sola e il quinto da nessuna. I tipi di ordine dominanti sono solo i primi tre ossia SVO, SOV e VSO. L’ordine dell’aggettivo (A) rispetto al nome (N). in certe lingue prevale l’ordine AN come in inglese, mentre in altre lingue prevale l’ordine NA come in italiano. L’ordine del complemento di specifico in giapponese l’ordine è GN in italiano è NG. 4.I SUONI DELLA LINGUA Uno degli aspetti più evidenti del linguaggio umano è la produzione di suoni. Un suono è un fatto fisico misurabile e il nostro apparato fonatorio è in grado di produrre una quantità enorme di suoni. Di tutti i suoni che un essere umano più produrre solo una piccola parte sono i suoni che fanno parte di una lingua in senso stretto. Ogni lingua ha un suo inventario di suoni che funzionano linguisticamente, fonemi, che formano cioè delle parole e ogni lingua ha regole proprie per combinare insieme questi suoni in sillabe e in parole. quando vengono combinati insieme per formare delle parole, i suoni possono influenzarsi l’un l’altro. Infatti le lingue dispongono di un insieme di regole fonologiche. 1.fonetica La disciplina che studia la produzione dei suoni è detta fonetica articolatoria. Accanto a questa abbiamo la fonetica acustica che studia sostanzialmente a natura fisica del suono e la sua propagazione attraverso l’aria. Abbiamo poi una fonetica uditiva o percettiva che studia l’aspetto della ricezione del suono da parte dell’ascoltatore. 1.1 l’apparato fonatorio un suono è prodotto normalmente dall’aria che viene emessa dai polmoni, sale lungo la trachea attraverso la laringe sede delle corde vocali. Dopo aver superato la faringe, l’aria giunge alla cavità orale e da qui fuoriesce dalla bocca. La cavità nasale può essere esclusa o attivata tramite l’innalzamento del velo palatino. Se questo si sposta all’indietro chiudendo la comunicazione tra faringe e cavità nasale l’aria fuoriesce solo dalla bocca ed avremo suoni orali, altrimenti se il velo palatino resta inerte, l’aria fuoriesce anche dalla cavità nasale ed avremo suoni nasali. 1.2classificazione dei suoni Per classificare un suono sono necessari tre parametri: modo di articolazione punto di articolazione e sonorità. I vari organi della fonazione possono essere posizionati in modi diversi nella produzione di un suono: i vari assetti che gli organi assumono nella produzione di un suono sono detti modo di articolazione. Il flusso d’aria necessario per produrre un suono può essere modificato in diversi punti dell’apparato vocale ossia labbra, denti, alveoli, palato, faringe: questi punti sono chiamati punto di articolazione. Infine la sonorità è data dalle vibrazioni delle corde vocali: se queste vibrano avremo un suono sonoro se non vibrano avremo un suono non sonoro o sordo. L’alfabeto fonetico internazionale risponde all’esigenza fondamentale di usare gli stessi simboli per gli stessi suoni in tutte le lingue del mondo. Questo compito non può infatti essere svolto dagli alfabeti delle lingue naturali per esempio la lettera c non corrisponde allo steso suono in italiano ( centro) e in inglese (center). Gli alfabeti sono poi incoerenti all’interno della stessa lingua. La stessa lettera in italiano c corrisponde ad un suono in una parola come centro e ad un altro suono in una parole come canto. 1.3classi di suoni I suoni possono essere classificati in tre classi maggiori: consonanti, vocali e semiconsonanti o approssimanti. La distinzione più importante è quella tra consonanti e vocali e si fonda su un semplice fatto articolatorio. Nella produzione di una vocale l’aria non incontra ostacoli, fuoriesce liberamente. Le vocali sono normalmente sempre sonore. Per produrre una consonante invece l’aria o viene momentaneamente bloccata come per la b o deve attraversare una fessura molto stretta come f. le semiconsonanti anche esse sempre sonore di norma, condividono proprietà sia delle vocali sia delle consonanti. Vocai, semiconsonanti, liquide nasali formano la classe delle sonoranti. Tutti i suoni non sonoranti si chiamano ostruenti. Le sonoranti sono tutte sonore, il flusso d’aria necessario per produrle fuoriesce dalla cavità orale piuttosto liberamente. Il flusso d’aria necessario per produrre le ostruenti invece incontra ostacoli di varia natura. 2.1consonanti dell’italiano I diversi modi di articolazione concorrono alla produzione di consonanti:  occlusive ossia il suono è prodotto tramite una occlusione momentanea dell’aria cui fa seguito una specie di esplosione. Le esplosive sono [p,b,t,d,k,g].  fricative: l’aria deve passare attraverso una fessura piuttosto stretta producendo così una certa frizione. Le fricative sono suoni che si possono prolungare nel tempo e si chiamano anche continue. [f,v,s,z,s]  affricate sono suoni che iniziano con un’articolazione di tipo occlusivo e terminano con un’articolazione di tipo fricativo [ts,dz,…]  nasali: per la produzione dei suoni nasali il velo palatino si posiziona in modo tale da lasciar passare l’aria attraverso la cavità nasale  laterali: per produrre un suono laterale la lingua si posiziona contro i denti e l’aria fuoriesce dai due lati della lingua stessa  vibranti: la produzione di un suono vibrante avviene mediante vibrazione o dell’apice della lingua o dell’ugola. L’italiano ha un'unica vibrante, [r] che essendo realizzata tramite più vibrazioni è detta polivibrante  approssimanti: sono suoni in cui gli organi articolatori vengono avvicinati ma senza contatto. Le approssimanti dell’italiano sono le semiconsonanti così chiamate perché sono un po’ a metà strada tra consonanti e vocali. In italiano [i] e [u] sono semiconsonanti quando sono seguite da una vocale tonica, sono semivocali quando seguono una vocale tonica come. [w] non compare nella tabella perché è da molti ritenuta una labio-velare l’italiano utilizza sette punti di articolazione. In italiano non esistono consonanti interdentali, uvulari, faringali e glottidali:  labiali: il suono è prodotto tramite l’occlusione cioè la chiusura di entrambe le labbra  labiodentali: il suono deve attraversare una fessura che si forma appoggiando gli incisivi superiori al labbro inferiore  dentali: la parte anteriore della lingua tocca la parte interna degli incisivi  alveolari: la lamina della lingua tocca o si avvicina agli alveoli; la lingua si avvicina senza toccare gli alveoli ; tocca gli alveoli  palato-alveolari: la lamina della lingua si avvicina agli alveoli ed ha il corpo arcuato  palatali o anteriori: suoni prodotti con la lingua che si avvicina al palato  velari o posteriori: suoni prodotti con la lingua che tocca il velo palatino 2.2vocali dell’italiano I parametri per classificare le vocali sono all’altezza della lingua, al avanzamento o arretramento della lingua, arrotondamento o meno delle labbra, la realizzazione di questi movimenti in modo teso o rilassato. Se la lingua assume una posizione alta produrranno suoni come [i] o [u], se assume una posizione bassa si produrranno suoni come [a]. se la lingua è in posizione avanzata si produrrà una [i] e [e], se in posizione arretrata una [u] [o]. se le labbra sono arrotondate si produrranno vocali come [u] o [o], se non sono arrotondate si produrranno vocali come [i] ed [e]. le vocali [e] ed[o], in italiano possono essere sia semiaperte che semichiuse. 2.3 combinazioni di suoni Le consonanti possono combinarsi insieme e formare dei nessi consonantici. La combinazione delle consonanti non è libera ma è soggetta a restrizioni per esempio mentre [pr] e [fr] sono nessi consonantici possibili in italiano, [fts] o [gfs] non lo sono. Abbiamo inoltre differenza tra combinazioni possibili in posizione iniziale de parola ed in posizione interna. Per esempio [p+r] è una combinazione possibile sia in posizione iniziale di parola che in posizione interna. Ma ad esempio [r+p] è possibile in posizione interna nella parola arpa ma non in posizione iniziale. In italiano se una parola inizia con tre consonanti la prima deve per forza essere [s]. la combinazione di vocali e approssimanti in una medesima sillaba dà luogo ai dittonghi che possono essere ascendenti o discendenti. Esistono anche dei trittonghi come ad esempio miei. [j] e [w] sono chiamate semiconsonanti mentre [i] e [u] nei dittonghi discendenti sono chiamati semivocali. Le combinazioni di due vocali appartenenti a sillabe diverse danno luogo ad un iato (follia, idea..) 3. suoni e grafia Un sistema è coerente quando ad un suono corrisponde un segno e viceversa, cioè quando si dà una relazione biunivoca. 4.trascrizione fonetica I suoni possono essere semplici o geminati. Il simbolo IPA per l’accento si colloca prima della sillaba accentata. Sui monosillabi l’accento può non essere segnato. Nell’IPA none esistono maiuscole e non si dotate di scrittura e non per lingue che ne sono sprovviste. Gli spazi bianchi sono evidentemente un criterio ortografico. Ci sono lingue , come il cinese dove esistono parole composte da due caratteri a volte separati da un puntino. Inoltre la grafia non è sempre coerente. Ad esempio navetraghetto si scrive a volte come due parole separate e a volte con un trattino in mezzo. Un’altra possibilità è definire parole quelle unità della lingua che possono essere usate da sole, che possono quindi da sole formare un enunciato. Ma questo criterio escluderebbe le parole grammaticali che di norma non possono da sole costruire un enunciato. Nonostante le difficoltà non si può abbandonare la nozione di parola. Le soluzioni attuali di questo problema si fondano sul riconoscimento che non è possibile definire la nozione di parole una volta per tutte. Si possono distinguere varie accezioni di parola a seconda del punto di vista a partire dal quale si considera questo oggetto. Così la nozione di parola fonologica non coincide con la nozione di parola morfologica o di parola sintattica. Da un punto di vista fonologico per esempio telefonarmi p una parola sola, ma dal punto di vista sintattico è costituita da più unità ( telefona a me). Una parola complessa come capostazione ad esempio è una sola parola dal punto di vista sintattico ma dal punto di vista fonologico è costituita da due unità separate dato che ha due accenti. Un altro criterio efficace è di considerare parola quelle unità che non possono essere interrotte o meglio al cui interno non si può inserire altro materiale linguistico. 1.1tema, radice e forma di citazione prendiamo in considerazione il verbo amare. Questa è la forma di citazione, la forma che troviamo sui vocabolari e si chiama lemma. Questa forma è la rappresentante di tutte le forme flesse che il verbo può avere. Le entrate nel dizionario in italiano, ossia i lemmi, non sono forma flesse sono le forme di citazione. Convenzionalmente in italiano la forma di citazione del verbo è la forma dell’infinito mentre per le altre lingue abbiamo una tradizione diversa e la forma di citazione è la prima persona dell’indicativo presente. La forma di citazione dell’aggettivo è sempre il maschile singolare. La differenza tra dizionario e testi è che nel primo compaiono forme di citazione o lemmi mentre nei secondi compaiono forme flesse. Vi è un’operazione che porta dalle forme flesse ai lemmi ed è chiamata lemmatizzazione e consiste nel riportare una forma flesse al suo lemma ( es amavoamare). Per quanto riguarda i verbi bisogna ancora distinguere il tema e la radice. Se ad un verbo regolare come amare si toglie la desinenza flessiva –re, resta ama: questa forma è il tema del verbo. Il tema si può analizzare a sua volta come una radice ( am) più una vocale tematica. 2.classi di parole Le parole di una lingua sono state raggruppate in classi o parti del discorso dette anche categorie lessicali. Secondo le grammatiche scolastiche le parti del discorso sono il nome, verbo, articolo, pronome, avverbio, preposizione interiezione e congiunzione. Alcune di queste classi di parole o parti del discorso assumono delle desinenze diverse a seconda delle altre parole con cui si combinano. Le classi di parole che assumono forme diverse cono in italiano: nomi, verbi, aggettivi, articoli e pronomi. Esse sono dette parti del discorso variabili, le altre sono dette parti de discorso invariabili. Un’altra distinzione è quella tra le classi di parole aperte e chiuse. Le prime sono quelle a cui si possono sempre aggiungere nuovi membri, le seconde quelle formate da un numero finito di membri che non può essere aumentato. I nomi, i verbi, gli aggettivi e gli avverbi sono classi aperte, gli articoli, i pronomi, le preposizioni e le congiunzioni sono classi chiuse. È difficile sostenere che questo elenco sia valido per tutte le lingue. ( es l’articolo manca in alcune lingue come nel latino) quindi l’inventario delle parole non può essere lo stesso per tutte le lingue. Questo non vuol dire però che non esistano parti del discorso universali cioè presenti in tutte le lingue come ad esempio il nome e il verbo. Quali sono i criteri per comprendere che una determinata parte del discorso è un verbo ecc? i criteri sono di tipo semantico cioè basati sul significato: i nomi segnano delle entità o degli oggetti, mentre i verbi designano della azioni o dei processi. Esistono però delle parole come partenza, nascita che non designano oggetti ma piuttosto dei processi e non sono verbi bensì nomi. Questo tipo di osservazioni ci fanno comprendere come siano insufficienti i criteri semantici per definire le parti del discorso. Il fatto che una parola si associata ad una categoria lessicale limita in modo drastico le combinazioni delle parole. se prendiamo quattro parole come Maria/mangiare/la/mela e cerchiamo di combinarle, osserveremo che non tutte le combinazioni sono grammaticali. Cio dimostra che le parole sono classificate in categoria che limitano la loro distribuzione libera all’interno della frase. Le parti del discorso possono essere riconosciute in base a criteri puramente distribuzionali 2.1 categorie e sottocategorie Ragazzo, cane, libro sono parole e nello specifico nomi ed inoltre hanno delle proprietà diverse. Il soggetto del verbo leggere deve esser si un nome ma non qualunque, deve essere un nome di persona o un nome marcato con il tratto [+umano]. Questi tratti che suddividono la categoria nome in sottocategoria del nome seguono un determinato schema. Anche i verbi possono essere sottocategorizzati in transitici o intransitivi, regolari o irregolari, verbi con costruzione progressiva e verbi detti stativi. Tutte queste informazioni categoriali e subcategoriali sono fondamentali per il funzionamento delle parole sia in sintassi che in morfologia. Se consideriamo nomi con diverse proprietà ci accorgeremo che ognuno gi essi può comparire unitamente a certi suffissi ma non a tutti. Al nome proprio Gianni non può di norma unirsi alcun suffisso. Sono di norma verbi transitivi quelli che possono formare aggettivi in –bile, mentre –bile è sensibile al tratto [+transitivo], l suffisso –mento non lo è. Esistono però delle eccezioni. 3.morfema La nozione di morfema è di semplice definizione. Un morfema è la più piccola parte di una lingua dotata di significato. Un morfema p un segno linguistico ed è quindi costituito da un significante e da un significato. Applichiamo la definizione di morfema a una parola italiana e ad una inglese. Boys [boy+s] e libri [libr+i]. per assegnare ad un’unità lo status di morfema bisogna che tale unità abbia significato. Il significato di boy è essere umano non adulto si sesso maschile, il significato di –s è plurale. Il significato di libri è l’insieme di fogli stampato, il significato di .i è maschile plurale. Boy e libr- sono morfemi lessicali, -s e –i sono morfemi grammaticali. La distinzione tra morfemi grammaticali e morfemi lessicali è sempre netta. Un morfema può essere così piccolo da essere costituito da un solo fonema. Per esempio il morfema –s del plurale nell’esempio inglese è costituito da un solo fonema /s/. in italiano un morfema costituito da un solo fonema p la congiunzione e o la preposizione a. 3.1morfemi liberi e legati I morfemi possono essere liberi o legati. I morfemi liberi sono quelli che possono ricorrere da soli ina una frase come bar, ieri. Sono morfemi legati quelli che non possono ricorrere da soli in una frase e che per poterlo fare si debbono aggiungere a qualche altra unità e dunque –s dell’inglese o –i in italiano sono morfemi legati. I morfemi liberi dell’italiano sono parole, i morfemi legati sono quelli flessivi come –a del femminile singolare, -i del maschile plurale), tutti i suffissi e tutti i prefissi. 3.2parola e morfema Le parole come boys e libri sono composte da due morfemi e quindi sono parole bimorfemiche. In inglese generalmente le parole semplici sono mono-morfemiche, in italiano nomi ed aggettivi sono bimorfemici mentre i verbi regolari sono trimorfemici. Le parole complesse possono essere trimorfiche ed oltre come dolc(e)+issim+a+mente. Sussiste però un problema in italiano. Se si applica la definizione di morfema a boys e a ragazzi otteniamo due risultati diversi: boys boy+s, ragazzi ragazz+i. in inglese possiamo togliere il morfema –s e resta boy che è un morfema libero con significato lessicale. Se all’italiano ragazzi togliamo il morfema –i del plurale resta ragazz che non è un morfema libero ed appare come una forma incompleta di ragazzo. Ma anche se analizziamo la parola ragazzo sussiste la stessa incongruenza. Per le parole semplici dell’inglese può valere una definizione che per l’italiano non vale: una parola è tutto ciò che resta se vi si tolgono i morfemi flessivi. 3.3morfemi e allomorfi Il termine morfema designa una unità stratta che è rappresentata a livello concreto da un allomorfo. generalmente un morfema è rappresentato da un solo allomorfo. Ci sono però casi in cui un morfema può essere rappresentato da più allomorfi. Il plurale dell’inglese è marcato con una –s o una –es. foneticamente si riscontrano però più realizzazioni diverse come [s], [z], [iz]. Ognuno di questi ter allomorfi compare in contesti definiti e in questi contesi gli altri allomorfi non possono comparire. In casi come questi si dice che i tre allomorfi hanno distribuzione complementare. Un caso di allomorfia in italiano è l’articolo maschile: i e gli sono due allomorfi, la cui distribuzione è determinata foneticamente. Gli compare prima di s+cons, s (gli scogli), [n] ( gli gnomi) e di vocale (gli amici), di semi-consonante [w] e [j] ( gli uomini). I compare negli altri contesti e quindi prima di una consonante ( i sentieri, i pistacchi, i bolognesi). Analoga è al distribuzione di il e lo al singolare. 4.flessione, derivazione e composizione Le parole semplici possono subire diversi tipi di modificazione. I processi morfologici più comuni sono la derivazione ,a la composizione e la flessione. La derivazione raggruppa tre diversi processi e consta dell’aggiunta di una forma legata ( affisso) ad una forma libera. Se k0affisso di aggiunge a sx di una parola allora è un prefisso e si chiamerà processo di prefissazione, se l’affisso si aggiunge a dx allora l’affisso sarà un suffisso e il processo si chiamerà suffissazione, se l’affisso si aggiunge nel mezzo della parola allora l’affisso sarà un infisso e si chiamerà processo di infissazione. La composizione forma invece parola nuove a partire da due parole esistenti ( capostazione) La flessione aggiunge alla parola di base informazioni relative a genre, numero, caso, tempo, modo, diatesi, persona. La flessione delle parole derivate e composte non è diversa quanto a desinenza da quella della parole semplici. (dolceamoro-dolceamari) 5.morfologia come processo Una categoria lessicale come il verbo può nascere come tale oppure può diventare verbo attraverso vari processi. Esistono quindi diverse modalità che possono portare alla categoria verbo. I processi di formazione di parola più rari o più sporadici sono quello che porta a retroformazioni e quello che dà luogo alla formazione di ideofoni. 9.allomorfia e suppletivismo Si ha suppletivismo quando si trovano radicali diversi che intrattengono evidenti rapporti semantici senza evidenti rapporti formali. Un caso è quello del verbo andare, dove a seconda delle forme del paradigma flessivo, si alternano le radici and- e va(d)-. Il suppletivismo di ritrova non solo nella flessione ma in tutto il dominio della formazione delle parole. Idrico ha con acqua un evidente rapporto semantico ma nessuna somiglianza formale. 10.testa in derivazione Quando si mettono insieme due costituenti per formare una costruzione linguistica più complessa, i due costituenti non sono sullo stesso piano: uno è più importante dell’altro ed è quello che attribuisce a tutta a costruzione la categoria lessicale ed altre proprietà. In parola come famoso ed amministrazione la testa è – oso e –zione e quindi la testa è l’elemento di dx in derivazione. In meccanismo che trasmette a tutta la costruzione le informazioni necessarie è detto percolazione. La testa inoltre attribuisce alla parola in uscita alte informazioni. 11composizione La derivazione consiste dell’aggiunta di una forma legata ad una libera, la composizione consiste nell’unione di due forme libere ossia di due parole della maggioranza dei casi. Un carattere importante della composizione è il fatto che le due parole che vengono combinate esprimono una relazione grammaticale che è nascosta ( es capo della stazione capostazione). Le regole della composizione possono combinare diverse categorie lessicali ma l’uscita è di norma un nome ( capostazione, gentildonna,porta bagagli ecc). le uniche eccezioni riguardano il caso in cui sono coinvolti due agg come agrodolce/grigioverde. O il caso in cui l’agg sia un agg di colore ( rosso mattone, grigio perla) 11.1 composti dell’italiano Non tutte le combinazioni delle categoria a disposizioni sono possibili. Ci sono composizioni che mancano per ragioni strutturali. La composizione in italiano forma per lo più nomi, tranne che nei due casi sopra. 11.2 testa in composizione Prendiamo in considerazione un composto come camposanto. La sua struttura si può rappresentare così [[campo]n+[santo]a]n Il composto ha la stessa categoria lessicale ossia nome di uno dei due suoi costituenti, ossia il nome campo. Campo è la testa del composto e che la categoria N del composto deriva dalla testa. In altre parola camposanto è un nome perché campo è un nome. È da campo che la categoria nome viene passata a tutto il composto. È importante identificare la testa di un composto perché è dalla testa che deriva al composto tutta una serie di proprietà. Per identificare la testa di un composto si può applicare il testo è un? Questo test vale sia per la categoria lessicale è un nome, sia per quel che riguarda la semantica è un campo. Si può concludere che è dalla testa del composto che passano a tutto il composto a. le informazioni categoriali, b. i tratti sintattico-semantici e c. il genere. Diremo che un costituente è testa di un composto quando tra tale costituente e tutto il composto vi è identità sia di categoria che di tratti sintattico-semantici. Vi sono lingue in cui la testa dei composti può essere identificata posizionalmente. In inglese si dice comunemente che la testa è a dx. in italiano la testa di un composto può essere sia a dx che a sx. 11.4 classificazione dei composti I costituenti dei composti sono uniti da una relazione grammaticale non esplicita. Ad esempio in portalettere, lettere è l’ogg del verbo portare, in nave traghetto vi è una relazione di coordinazione e in cassaforte forte è un attributo di cassa. Esistono quindi i composti subordinati, composti coordinati e composti attributivi. In questa ultima rientrano anche i composti formati da un nome e agg ma anche i composti formati da due nomi in cui però uno dei due funziona coma agg. I composti nome+nome come viaggio lampo si possono chiamare appositivi e sono raggruppabili con gli attributivi per la natura di tipo attributivo della non testa. Ogni composto può essere endocentrico o esocentrico a seconda che abbiamo o meno la testa. 11.5 la flessione dei nomi composti La flessione dei nomi composti è un aspetto piuttosto irregolare della morfologia . un posto è formato da parola1 e parola2 e esistono diverse modalità di flessione di un composto. Le possibilità sono: flessione alla fine del composto, flessione dopo la prima parola del composto, flessione dopo entrambe e parole. in questi tre casi la flessione è flessione di tutto il composto. Ci sono poi il caso di composti senza flessione cioè composti invariabili e due casi in cui la flessione è flessione non di tutto il composto ma di uno dei suoi costituenti: flessione di parola 2 o flessione di parola 1. 11.6 altri tipi di composti Esistono composti costruiti con forme legate i cosiddetti composti neoclassici e ci sono costruzioni multiparole per le quali non è sempre facile decidere se si tratta di composti o di sintagmi come i composti incorporanti, i composti sintagmatici, i composti reduplicati. Composti neoclassici sono formati da due forme legate di origine per lo più greca o latino spesso detto confissi o da una forma libera più una forma legata come antropofogo,dietologio. Queste formazioni sono molto produttive in tutte le lingue europee. Composti incorporanti derivano da un sintagma costituito da un verbo seguito da un SN oggetto. L’incorporazione consiste nella formazione di un verbo composto il cui primo costituente è il SN oggetto. Composti sintagmatici è un altro tipo di composto che si trova in inglese e in afrikans, in quanto sembra più di origine sintattica che di origine morfologica. Composti reduplicati sono presenti nel tamil ma anche in spagnolo. Sono composti costituiti dalla stessa parola ripetuta ed hanno in genere un significato intensivo o iterativo. Composti troncati sono presenti in russo e vengono formati per troncamento o del primo costituente o di entrambi. Parole macedonia come motel. 12.morfologia e altri componenti 12.1 morfologia e fonologia Quando le regole morfologiche combinano due forme libere o una forma libera più una forma legata, la sequenza che ne risulta può essere o performante normale o può necessitare di piccoli riaggiustamenti fonologici. ( es bar+ista=barista/vino+aio=vinaio). Nella seconda abbiamo bisogno di un riaggiustamento della vocale finale della prima parola. 12.2 morfologia e sintassi Non è facile distinguere tra composti e sintagmi. Sono stati proposti diversi criteri per distinguere tra questi due tipi di unità. Due di questi criteri sono: l’inseribilità di materiale lessicale e la trasparenza ai processi sintattici. Un composto è una parola la cui parola è caratterizzata dal fatto che non è interrompibile non si può cioè inserire del materiale lessicale all’interno di una parola. Le parole sono isole, nel senso che non vi si può inserire nulla né estrarre nulla. Se si applica questo criterio, costruzioni come ferro da stiro (ferro pensante da stiro) sembrano essere dei composti mentre più problematica è la questione nelle costruzioni come produzione scarpe ( produzione invernale scarpe). Il secondo criterio riguarda il fatto che i costituenti di un composto non sono visibili alle normali regole di sintassi. 12.3morfologia e semantica La formazione delle parole consta di una parte formale e di una parte semantica. I processi di formazione delle parole hanno una diretta relazione con la semantica perché gli affissi portano con sé la loro parte di significato che si unisce in una funzione con il significato della parole di base. Allo stesso modo la semantica entra in composizione perché le singole semantiche dei due costituenti dei composti formano per dare luogo al significato della forma di uscita. In affissazione ad esempio vinaio, verdurario può essere reso in perifrasi come persona che vende vino e come persona che vende verdura. Quindi il significato di –aio consta di una parte fissa (persona che vende) e di una parte variabile (vino, verdura). La parte fissa è la parte di significato introdotta dal suffisso mentre la parte variabile corrisponde al nome di base. Si può arrivare ad una parafrasi unica ossia “persona che vende N” ( dove N è la base). Questa parafrasi può essere applicata ad un gran numero di parole in –aio ma non a tutte. Ad esempio orologiaio vende orologi ma li ripara anche o li fabbrica. La parafrasi di prima è ancora troppo generale. La parafrasi migliore è: “persona che svolge un’attività connessa ad N”. Esiste inoltre una serie di forme in –aio come pollaio per le quali la parafrasi non è quello di prima ma luogo pieno di. Per il suffisso –bile si può constatare che la sua semantica ha un significato passivo. Es osservabile=che può essere osservato. La parafrasi è “ che può essere X-ato” dove X è un verbo transitivo. La semantica di una parola complessa è trasparente o composizionale, ossia che il significato della parola complessa si può ricavare dal significato degli elementi componenti. Nella formazione della parole, la semantica svolge anche un altro ruolo. I vari suffissi selezionano uno dei significati della base. Gli affissi inoltre si possono unire solo a certe basi a seconda del significato della base. Ad esempio in italiano l verbo tentare ha due significai. Il primo dei quali vuol dire provare ed il secondo è legato al significato di tentazione e provocare. Affissi diversi selezionano significati della base diversi. che si aggiunge a parole marcate ma anche a parole non marcate. (profane-profanity). In questo senso –ity contrata con il suffisso –ness che non discrimina tra parole [+latino] (happy-happiness) 3.1stratificazioni dell’italiano lo strato [-nativo] dell’italiano è costituito da prestiti e da calchi. Essi sono delle forme di interferenza tra sistemi linguistici diversi e riguardano la produzione di una data parola d una lingua di partenza ad una lingua di arrivo. I calchi sono detti anche prestiti semantici e rappresentano trasposizioni di modelli morfologici o sintattici dalla lingua di origine a quella di arrivo. Tra di essi ci sono i prestiti adattati e quelli non adattati. I prestiti adattati sono parole entrate a dar parte del lessico italiano in epoche remote ed hanno una forma fonetica che non identifica più la loro origine straniera. I prestiti non adattati sono quelli che conservano una forma estranea alle regole fonologiche dell’italiano. In italiano predominano i prestiti dall’inglese, ma anche dal francese, dallo spagnolo e dal tedesco. In ogni lingua convivono moltissimi strati e nel lessico italiano convivino voci russe, ebraiche, turche, hindi ed afrikaans. Un dizionario contiene anche molta storia della lingua ed ha lemmi che si dispongono lungo il corso dei secoli. Un dizionario riflette stratificazioni di uso e di registro stilistico 4.dizionari specialistici Esistono diversi tipi di dizionari. Quelli monolingua, quelli bilingui, quelli plurilingui, quelli etimologici. Dizionari normale l’ordine dei lemmi è dato dall’ordine alfabetico Dizionario inverso è tutto il contrario si parte dall’ultima lettera della parola. Se per due parole l’ultima lettera è uguale allora si passa alla lettera alla sua sx e così via. È il tipico dizionario per chi fa ricerche in ambito linguistico. 8.IL SIGNIFICATO E L’USO DELLE APROLE E DELLE FRASI: LA SEMANTICA E PRAGMATICA Il linguaggio umano ha un aspetto esterno . il linguaggio si riferisce al mondo e ci permette di comunicarci reciprocamente le nostre visioni del mondo. Allo studio del significato delle espressioni linguistiche si dà il nome di semantica, mentre allo studio del loro uso si dà il nome di pragmatica. Il significato di una parola o di una frase è il segmento di realtà cui la parola o la frase in questione si riferiscono. La nozione di verità è considerata da molti filosofi del linguaggio come essenziale nella definizione del significato. Comprendere il significato di una cosa vuol dire comprendere le condizioni in cui essa risulta vera e comprendere il significato di una parola è comprendere il contributo che essa dà alle condizioni di verità di una frase. La semantica consisterebbe in un rapporto di denominazione tra il linguaggio e il mondo. Le parole sono etichette di categorie della realtà, le frasi sono descrizioni di frammenti della realtà, se sono vere, mentre non descrivono nulla se sono false. Un altro caso che ci mostra come la relazione tra espressioni linguistiche e realtà sia molto più mediata di quanto si possa crede ci è dato dall’uso non letterale di queste espressioni. La possibilità di usare frasi e parole in senso letterale oppure non letterale è un’altra caratteristica delle lingue naturali: tali possibilità di uso sono un tipico esempio di fenomeno pragmatico. Le relazioni semantiche non si possono semplicemente ridurre a relazioni di denominazione tra le espressioni linguistiche da una parte e la realtà dall’altra, sia perché queste relazioni di denominazione non sono sempre univoche, sia perché non solo la realtà è coinvolta nelle relazioni di significato. 1.significato, denotazione e riferimento Il modo di indicare la realtà mediante le espressioni del linguaggio è chiamato significato mentre la realtà denotata da queste stesse espressioni è chiamata riferimento. Alcuni studiosi invece di riferimento utilizzano la parola denotazione oppure usano questi due termini indifferentemente l’uno dall’altro. Alcuni dicono che sono due concetti diversi. Denotazione riguarda il lessema in quanto tale, riferimento il suo uso in una frase determinata. Il linguaggio umano ha la possibilità di riferirsi soltanto al mondo reale ma anche a una pluralità di mondi possibili 2.semantica lessicale I lessemi delle lingue umane manifestano alcune proprietà particolare. Alcuni lessemi hanno la proprietà di essere ambigui cioè di poter avere più di un significato.( es la parola esecuzione). Il caso della parola esecuzione rappresenta una caso di polisemia mentre quella della parola vita rappresenta un caso di omonimia. Un lessema polisemico presenta più significati collegati l’uno all’altro.altri esempi sono collo, mano, taglio. Altri esempi di omonimia sono vite, letto, scoppiare. E difficile distinguere i due fenomeni. Metafora si intende l’uso traslato di una parola, sulla base di una parziale somiglianza tra il significato che potremmo chiamare fondamentale e il significato traslato. La metonimia consiste invece nell’estendere il significato di una parola ad un altro significato connesso al primo per contiguità. Come uno stesso lessema può avere più significati così più lessemi diversi possono avere lo stesso significato. La relazione tra tali lessemi è detta sinonimia. Come manche e smezzata sono sinonimi di mani nel senso di turno di gioco. Il fenomeno opposto alla sinonimia è l’antonimia cioè l’espressione di due significati opposti a parte di due lessemi: bianco rispetto a nero questi sono esempi di contrari I vari lessemi possono essere anche inclusi all’interno del significato di altri lessema: uccello include il significato fi animale mentre è incluso nel significato di airone. Nel primo caso si dice che uccello e animale sono in relazione di iponimia, oppure che uccello è iponimo di animale nel secondo caso si dice che uccello ed airone sono in relazione di iperonimia oppure che uccello è iperonimo di airone. Le frasi sono composte di parole e il significato della frase è il risultato della combinazione dei significati delle parole che la compongono principio di composizionalità. In molti casi tale principio funziona, ma è ritenuto restrittivo perché: 1) le frasi del linguaggio naturale a volte sembrano contenere qualcosa di più rispetto al significato dei singoli elementi che le compongono e sia perché 2) alcune combinazioni di parole hanno un significato che non è ricavabile da quello delle singole parole da cui sono costituite.--> ossia le cosiddette espressioni idiomatiche come tagliare la corda. In altri casi il principio di composizionalità funziona e o se= connettivi proposizionali o frasali 9.SOCIOLINGUSTICA E DIALETTOLOGIA Una lingua non è un blocco monolitico: è stratificata verticalmente e orizzontalmente. La stratificazione verticale ossia diastratica riguarda le variabili legate alla stratificazione sociale. La stratificazione orizzontale o diatopica riguarda le differenze dialettali. Con queste due dimensioni se ne intrecciano altre due ossia il livello di formalità che riguarda il grado di accuratezza e di controllo con cui si parla= variazione diafasica, e le variazioni dipendenti dal mezzo usato per comunicare=variazione diamesica 1.linguistica teorica e sociolinguistica La linguistica teorica si basa su idealizzazioni ed ha come oggetto principale di studio il linguaggio umano come capacità . la sociolinguistica tende invece a tener conto di dati più vicini alle varie situazioni comunicative ed ha come oggetto principale di studio l’uso effettivo della lingua. La linguistica teorica pone al centro della propria indagine il cosiddetto parlante nativo idealizzato, ossia un parlante cioè con perfetta competenza della propria lingua. Come il parlante anche la sua comunità lingusitica è idealizzata. 2.sociolinguistica La sociolinguistica contemporanea nasce da un’ipotesi molto semplice: la variazione libera non esiste. La linguistica teorica si interessa principalmente alla distribuzione contrastiva perché questa permette di identificare i fonemi di una lingua, mentre presta scarsa attenzione alla variazione libera. La sociolinguistica si è basata sul seguente assunto, ossia che la variazione libera non è veramente libera perché tutte le volte che esistono due modi diversi di dire una cosa, vuol dire che vi è una scelta e che tale scelta può essere correlata a fattori sociali. Gli studi di sociolinguistica sono stati in gran parte basati su fatti fonetico- fonologici. Una definizione semplice di comunità linguistica è l’insieme di tute le persona che parlano una determinata lingua. Il repertorio linguistico è l’insieme dei codici e delle varietà che un parlante è in grado di padroneggiare all’interno del repertorio linguistico più ampio della comunità a cui appartiene. Classi sociali hanno repertori linguistici diversi. Un parlante dell’ala borghesia padroneggerà almeno l’italiano standard. L0italiano regionale quello colloquiale. Si parla anche di codice elaborato e di codice ristretto. I cittadini con repertori linguistici più ampi hanno accesso ad un maggior numero di funzioni sociali. Ci sono diversi fattori che inducono i parlanti a passare da una varietà ad un’altra  questi passaggi sono chiamati code switching ossia commutazione di codice. La competenza comunicativa riguarda la capacità che i parlanti hanno di utilizzare la lingua nei modi che sono appropriati alle varie situazioni. La competenza comunicativa non è un fatto sociale come la langua, ma individuale. Non riguarda le conoscenze della strutture linguistiche a l’appropriatezza del loro uso nelle situazioni comunicative. 3.sociologia dl linguaggio La sociologia del linguaggio si occupa di problemi su più larga scala e con maggiore attenzione rivota alla società come ad esempio tutte le pianificazioni linguistiche, strategie di politica linguistica. Un problema attuale di sociologia del linguaggio è quale debbono essere le lingue della nuova europa comunitaria?--> se in eu si prenderà la strada di favorire il plurilinguismo passivo, ossia che ognuno parla la propria lingua ed ognuno sarà allenato a capire la lingua degli altri allora i finanziamenti e le varie attività realizzative andranno in altre direzioni. 4.etnografia della comunicazione
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