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Riassunti italiano Verismo fino Primo Levi, Appunti di Italiano

Riassunti completi: Verismo, Verga, Decadentismo, D’annunzio, Pascoli, Italo Svevo, Pirandello, Saba, Ungaretti, Montale, Primo Levi

Tipologia: Appunti

2018/2019

In vendita dal 17/06/2019

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elisalazzaro_ 🇮🇹

4.5

(35)

26 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Riassunti italiano Verismo fino Primo Levi e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! VERISMO Il Verismo nasce in Italia nella seconda metà dell'800 come conseguenza degli influssi del Positivismo che suscitò negli intellettuali fiducia nel progresso scientifico. L'influenza del Positivismo si manifestò in vari settori, fra i quali la letteratura. Esso è un movimento filosofico che nasce in Francia attorno alla metà dell'800 e si diffonde grazie al francese A.Comte. Lo scrittore più importante è Giovanni Verga. Altri scrittori sono: - Luigi Capuana, - Federico de Roberto, - Matilde Serrao, - Grazia Deledda. LE CARATTERISTICHE: Le caratteristiche del Verismo sono: - la fotografia della realtà: gli scrittori devono descrivere la realtà così com’è, senza alterarla; - il pessimismo: le opere dei veristi esprimono una concezione pessimista della vita; l’unità nazionale non ha cambiato le sorti delle classi più povere; - l’impersonalità: gli autori non devono commentare la realtà, e devono descriverla in modo oggettivo (Giovanni Verga, nelle sue opere, cerca di rimanere imparziale; i critici, in seguito, leggendo le sue opere, diranno che non è rimasto imparziale); - il linguaggio: viene utilizzato un linguaggio dialettale, semplice e diretto al pubblico perché i protagonisti delle opere sono le classi povere. GIOVANNI VERGA Giovanni Verga nasce a Vizzini,in proviancia di Catania (Sicilia) nel 1840 da una famiglia benestante aristocratica di idee liberali. Intraprende il suo cammino scolastico presso un certo Antonio Abate, giovane narratore e poeta, il quale gli trasmetterà l’amore per i romanzi storico-patriottici. Si iscrive all’università di Catania per iniziare gli studi di legge, che non termina. La chiusura provinciale dell’ambiente siciliano si fa soffocante per lo stesso Verga, il quale tanto aveva amato quei luoghi. Decide di dedicarsi al mestiere dello scrittore, abbandona gli studi e si trasferisce a Firenze (1869). Nel 1872 si trasferisce poi a Milano, vero centro della cultura nazionale e dell’industria editoriale. Verga si integra bene nell’ambiente metropolitano: frequenta salotti intellettuali e si dà alla vita mondana e agli amori. Uomo di personalità introversa, taciturno, cortese, si sente a disagio nella grande metropoli e rimpiange ‘‘le cose care e lontane’’, la quiete tranquilla della sua Sicilia. Milano resta comunque il luogo di maggior produzione letteraria, nella quale sono molto presenti sia i paesaggi, i personaggi che i dialetti tipici siciliani. L’autore continuerà a fare il pendolare Milano-Catania proprio perché necessitava dell’ispirazione che solo quei luoghi meridionali riuscivano a donargli. Si trasferisce poi nel 1893 a Catania, ove morirà nel 1922. I ROMANZI PRE-VERISTI La produzione significativa di Verga inizia con i romanzi composti a Firenze e poi a Milano. Il romanzo “Una peccatrice” (1866) fu pubblicato in Catania, ma successivamente ripudiato; è un romanzo autobiografico che narra la storia, in toni enfatici e melodrammatici, di un intellettuale borghese siciliano, che arriva al successo e alla ricchezza, ma vedendo l'amore per la donna sognata ed adorata negato, si suicida. “Storia di una capinera” (1871) è un romanzo di notevole successo pubblicato a Firenze,dove si narra la storia di un amore impossibile e di una monacazione forzata. Il romanzo “Eva” viene cominciato a Firenze e concluso a Milano, narra la storia di un giovane pittore siciliano che brucia le sue illusioni e i suoi ideali artistici nell'amore per una ballerina, che è il simbolo della corruzione in una società materialista. Lei è protesa verso il piacere e disprezza l'arte. Nel romanzo, di carattere In questo periodo in Verga è presente una contraddizione tra le tendenze romantiche della sua formazione e le nuove tendenze veriste, pessimiste e materialiste, che lo inducono a studiare le leggi del meccanismo sociale e riconoscere che anche il mondo rurale è dominato dalle stesse leggi di lotta per la vita che sono presenti nella società cittadina. È una contraddizione che troverà soluzione nei Malavoglia. ROSSO MALPELO Questo racconto fa parte della raccolta di “Vita dei campi” e fu pubblicato per la prima volta nel 1878 sul Fanfulla. È il primo racconto verista di Verga ed ha una frase iniziale che ne evidenzia l'innovazione: si parla infatti di un ragazzo chiamato Malpelo a causa dei suoi capelli rossi, che indicano, nella credenza popolare, cattiveria e maliziosità. La voce narrante è interna al racconto ed è presente la regressione, attraverso cui si attua la tecnica dell'impersonalità. Il narratore, al contrario della narrativa del primo Ottocento, non è onniscente ma portavoce di un ambiente primitivo e rozzo; inoltre non è depositario della verità, e ciò che dice del protagonista non è attendibile. Per esempio, quando Malpelo, dopo la morte del padre, scava con impegno nella speranza di riuscire a salvarlo, viene frainteso dal narratore che descrive i suoi sentimenti come negativi e portatori di malvagità. Si può dire quindi che il narratore non capisca le motivazioni dell'agire di Malpelo, e le deformi sistematicamente. Questo deriva dal fatto che il narratore è il portavoce di un mondo disumano, dove non sono presenti valori positivi. Lo straniamento ha quindi la funzione di negare i valori positivi e di mostrarne l'impraticabilità, e questo dimostra il pessimismo di Verga. Nella seconda parte del testo è presente il punto di vista di Malpelo, visto fino ad ora solo dall'esterno. Il ragazzo ha una visione pessimistica e cupa della realtà che lo circonda, in quanto ha colto le leggi che la regolano; nelle sue vesti quindi si può delineare un eroe intellettuale, consapevole di una realtà tragica ed immodificabile, che rappresenta anche il pessimismo dello scrittore. La forma narrativa del testo quindi inaugura il nuovo modo di narrare del Verga verista che propone una dura analisi, dotata di valore critico e conoscitivo, delle leggi sociali. I MALAVOGLIA I Malavoglia,erano una famiglia di pescatori che vivono in Sicilia, precisamente ad Aci Trezza, che conducono una vita relativamente felice e tranquilla, in quanto sono i possessori di una barca, la Provvidenza, che permette loro di guadagnarsi da vivere e di una casa. Ad un certo punto, la storia irrompe nella famiglia, in quanto il giovane 'Ntoni, deve partire per il servizio militare, e vengono a mancare delle braccia utili per il lavoro. A ciò si aggiunge una brutta annata per quanto riguarda la pesca e la dote mancante per la figlia Mena. Padron 'Ntoni per far fronte a queste difficoltà decide di acquistare dei lupini dall'usuraio Zio Crocifisso, ma la sua barca naufraga portandosi via con se sia il carico di lupini che Bastianazzo, che muore. La famiglia arrivata a questo punto deve affrontare un dramma sia affettivo che economico e l'inizio di una serie di sventure: la casa del nespolo viene pignorata, Luca muore nella battaglia di Lissa, Maruzza, la madre, viene uccisa dal colera, la provvidenza, dopo essere stata riparata naufraga una seconda volta. Tutto ciò causa la rottura del nucleo familiare: 'Ntoni dopo essere tornato dal servizio militare non riesce a adattarsi alla vita del villaggio, fatta di sacrifici e stenti, inizia a frequentare brutte compagnie coinvolte nel contrabbando e finisce per dare una coltellata ad una guardia. Lia invece scappa di casa e finisce in un bordello, mentre Mena, disonorata dai fatti successi nella sua famiglia non può più sposare Alfio. Alla fine anche Padron 'Ntoni muore in ospedale e l'unico che riesce a riscattare la casa è Alessi, che continuerà il mestiere del nonno. Successivamente anche 'Ntoni ritornerà a casa ma capirà di non poterci più stare. MASTRO DON GESUALDO La novella esce nel 1889, ed è il secondo romanzo del Ciclo dei Vinti. Racconta la storia del riscatto sociale di Gesualdo Motta, un uomo che da semplice muratore è riuscito ad accumulare una grande fortuna. Egli decide di avere un matrimonio di convenienza con Bianca Trao, una donna discendente da una famiglia nobile in rovina, per continuare la sua ascesa sociale, ma sarà sempre escluso dal mondo aristocratico ed odiato dalla moglie. Dal una relazione extraconiugale di Bianca, nasce Isabella, che crescendo respinge il padre Gesualdo vergognandosi delle sue origini. Oltre a questo Gesualdo si ritrova ad avere dei problemi nella sua famiglia, sia con il padre che è geloso dei suoi averi, sia con i fratelli che puntano al suo patrimonio. Successivamente la figlia Isabella si innamora di un suo cugino e scappa con lui, recando un altro dolore al padre, che per rimediare la da in moglie al duca di Leyra, appartenente ad un'altra famiglia nobile in rovina, a cui deve dare una ingente dote. Tutti questi dolori fanno si che Gesualdo si ammali di cancro e che conduca la fine dei suoi giorni nel palazzo della figlia, con cui non riesce a comunicare. Egli muore notando come i suoi sforzi vengano sperperati accanto allo sguardo di un servo infastidito. DECADENTISMO ll Decadentismo è una corrente artistico – letteraria che si diffonde in Europa all’incirca tra il 1870 e il 1920. Questo periodo è sconvolto dalla rivoluzione industriale, dai conflitti di classe, dagli scioperi, da un progressivo decadere degli ideali romantici. Gli autori sono interessati a capire ed esprimere le esperienze individuali di malessere fisico e psicologico; sono attratti dal mistero della morte e vedono nella bellezza una ragione di vita. I protagonisti delle loro opere non si occupano di problemi sociali né di quelli storici. Il termine "decadentismo" viene coniato dalla critica di indirizzo realistico e naturalistico per indicare spregiativamente un gruppo di giovani intellettuali francesi, il cui atteggiamento viene considerato dagli avversari come espressione di una degradazione culturale. Questi giovani intellettuali, che si riuniscono a Parigi sulla riva sinistra della Senna, la "Rive Gauche", accettano tale termine e ne assumono la definizione facendosene un vanto; infatti il poeta Paul Verlaine in un suo verso famoso afferma: "Je suis l'empire à la fin de la décadence" ("Io sono l'impero alla fine della decadenza"), e teatrali); l’ elezione a deputato nel 1897 (elezione fortemente ricercata perché il mondo potesse capire che egli era capace “ di tutto”); i numerosi amori, la relazione con Eleonora Duse, la più famose attrice del tempo; la vita lussuosa e dispendiosa, da principe rinascimentale nella villa “La Capponcina” presso Firenze; il disprezzo per i creditori che gli sequestrarono la villa e lo costrinsero al “volontario esilio” in Francia; la partecipazione alla Prima Guerra Mondiale; la perdita di un occhio, 1916, in seguito ad un incidente aviatorio; le numerose imprese militari (volo si Vienna); la marcia su Fiume, 1919, alla testa di suoi legionari (effettuata contro la volontà del governo italiano per impedire che la città venisse assegnata alla Jugoslavia.; la ricerca di titoli ufficiali (che il regime fascista gli attribuì creandolo principe di Montenevoso”) e il ritiro nel 1921 nella villa del “Vittoriale”, sul lago di Garda, dal poeta trasformata in un museo delle sue eroiche imprese, dove morì nel 1938. IL PIACERE Fu pubblicato nel 1889, è il primo romanzo di D'Annunzio. Il testo ottiene un enorme successo alimentato dallo scandalo suscitato dai comportamenti immorali del protagonista. Andrea Sperelli si presenta come una sorta di alter-ego dell'autore, è l'insieme di arte raffinata e di abbandono agli istinti e al degrado morale della società. Venne subito accolto come un manifesto dell'estetismo. Sperelli è un eccentrico e aristocratico dandy che attende di rivedere la sua ex amante Elena e nel frattempo ripensa al tempo passato assieme. Dopo essere stato lasciato da Elena aveva avuto diverse storie tra le quali quella con Maria Ferres. La relazione con Maria viene vissuta da Andrea come una sorta di risarcimento alla perdita di Elena e arriverà a chiamare Maria, Elena. Questa, accortasi della situazione fugge,e si ritrova piena di debiti del marito. Andrea assisterà impotente alla perdita dei beni di Maria e disgustato dalla propria viltà. ALCYONE E’ il titolo di una raccolta di liriche pubblicata nel 1903 ed è considerato il terzo libro delle laudi del cielo, del mare, della terra e degli eroi. I titoli dei 7 libri si rifacevano alle stelle della costellazione delle Pleiadi: MAYA, ELETTRA, ALCYONE, MOROPO, TAIGETE, ASTEROPE, CELENO. Di essi uscirono i primi 3 nel 1903 e Merope nel 1912. La raccolta si sviluppa attraverso un ampio percorso culturale di citazioni e riferimenti al repertorio letterario classico italiano, greco e latino. La prima sezione sviluppa elementi duecenteschi, da S. Francesco a Dante passando attraverso il recupero dei motivi virgiliani. Con Alcyone, D’Annunzio, introduce nel panorama letterario italiano la tematica panico-naturalistica, che nella cultura europea risale al romanticismo. LA PIOGGIA DEL PINETO E’ una lirica composta fra luglio e agosto 1902. Quest'opera appartiene all'Alcyone. La poesia è composta da 128 versi divisi in quattro strofe di 32 versi ciascuna. I versi sono liberi, tuttavia ricorrono spesso ternari, il senari e il novenari. I versi sono anche sciolti. Il poeta dà un'immagine raffinatissima e suggestiva di un'atmosfera naturale espressa con una struttura frammentaria dei versi e con la ripetizione di parole e di frasi e dal susseguirsi di sensazioni uditive, visive, olfattive, tattili, ritmate dal ripetersi di due verbi chiave, piove e ascolta in cui, però, le sensazioni uditive prevalgono sulle altre. GIOVANNI PASCOLI Giovanni Pascoli nasce nel 1855 nella provincia di Forlì,a San Mauro di Romagna. La sua infanzia fu segnata dall’assassinio del padre il 10 agosto 1867, che verrà impunito e cercherà personalmente i colpevoli e il motivo, ma invano. Morti anche due fratelli e la madre, lascia il collegio di Urbino e si trasferisce a Rimini per occuparsi degli altri fratelli.Dopo aver vinto una borsa di studio all’università di Bologna, partecipa a una manifestazione contro il Ministro della pubblica istruzione, che provocherà la perdita della borsa e quindi abbandonerà gli studi. Dopo aver partecipato ad un’altra manifestazione nel 1879, passa alcuni mesi in carcere a Bologna.Poi riprenderà gli studi e si laureerà in letteratura greca nel 1882. dopo la morte del fratello maggiore, diventa il capofamiglia e punta alla costruzione del nido famigliare. Si stabilisce prima a Matera e poi a Massa con le due sorelle Ida e Maria, per le quali nutrirà una gelosia morbosa, tanto che andrà ad abitare a Castelvecchio con Maria, la quale, dopo la morte di Pascoli, diventerà la curatrice degli inediti e l’erede letteraria. Mentre insegna in diversi licei pubblica Myricae, Poemetti, Canti di Castelvecchio. Nella prima raccolta ricordiamo alcune poesie quali: La mia sera, Novembre, Lavandare, X Agosto ed Arano. Prende la cattedra di Carducci a Bologna, suo maestro. Muore nel 1912 a Bologna. poesia pura è quella fatta di stupori, e l’oggetto di essa non è soltanto la natura, ma anche le armi, le guerre, i viaggi, tutte cose che stimolano la fantasia del fanciullino. La poesia applicata invece, è fatta di drammi e di grandi romanzi, come ad esempio l’Orlando Furioso . L’IDEOLOGIA POLITICA Pascoli crede in un socialismo unitario e utopico, e affida alla poesia il compito di diffondere amore e fratellanza. Durante gli anni universitari egli subì l’influenza del socialismo e anarchismo . La ribellione e le proteste contro le ingiustizie derivano dalla declassazione della classe sociale e del ruolo dell’artista.Mentre Pascoli aveva ancora una visione utopica, per questo rifiutava la lotta tra le classi e voleva la fratellanza, egli rifiutò la dottrina di Marx, per lui il socialismo era un impegno comune per alleviare le sofferenze, questo perché G. Pascoli aveva una visione pessimistica della vita, che non è altro che dolore e sofferenza, sulla terra domina il male, per questo gli uomini devono cercare di non farsi del male tra loro e sopire gli odi. Egli sente il dramma dell’emigrazione che lo porta a pensare che esistono nazioni ricche, potenti, quelle capitaliste, e nazioni debole e oppresse come l’Italia che non riesce a sfamare il popolo e deve esportare mano d’opera, che emigrando viene schiavizzata dagli stranieri, per cui egli legittima le guerre coloniali, poiché esse sono difensive, le nazioni “proletarie” hanno il diritto di soddisfare i propri bisogni anche con la forza. MYRICAE: (il titolo è costituito da un termine latino che significa “tamerici”, piccoli cespugli di campo) La prima edizione del 1891 comprendeva 22 poesie; nell'edizione definitiva, del 1903, ve ne erano 156. I temi che predominano nella raccolta sono quelli della morta e della natura sempre affrontati cono attraverso una minuziosa attenzione al dettaglio. Gran parte attinge dalle proprie vicende familiari e dal mondo della campagna. Ma la novità della poesia di Pascoli consiste nel riuscire a caricare i particolari minimi di sensi e significati simbolici. Sviluppò, così, un'idea di poesia in sintonia col simbolismo europeo. L'opera è caratterizzata da un'estrema varietà metrico-stilistica e linguistica: Pascoli abbandona i modelli tradizionali e si avvale di un linguaggio estremamente diversificato, che spazia da vocaboli di uso dialettali a colti e specialistici e concede ampi spazi all'onomatopea. Anche la sintassi tradizionale viene abbandonata: la percezione alogica, intuitiva e musicale del mondo si concretizza attraverso l'abolizione dei nessi logici. X AGOSTO: La poesia è diversa dalle altre di Myricae poiché non è un quadro di natura, ma rievoca la propria tragedia familiare, l’uccisione del padre che avviene il 10 agosto, nella notte di San Lorenzo, il poeta crede che appunto il cielo pianga stelle per questa morte. Il discorso è costruito su studiate simmetrie, la prima corrisponde all’ultima, perché riguarda il pianto del cielo, le strofe 2 e 3 invece corrispondono a quelle 4 e 5, in cui vi è il tema dell’uccisione di una rondine che non può più portare il cibo ai suoi rondinini che pian piano muoiono, paragonato all’uccisione del padre, che allo stesso modo non può far ritorno a casa. Vi sono anche allusioni a Cristo, la rondine muore su spine come in croce, come dice Pascoli, anche il padre, morendo, perdona i suoi uccisori come fece Cristo. Il tema centrale comunque è il male, la malvagità umana che uccide innocenti. CHARLES BAUDELAIRE Nato a Parigi nel 1821. Suo padre morì quando lui aveva 6 anni e godette di un felice e breve periodo di tutte le tenerezze della madre, però quando lei si risposò con un ufficiale, lui si sentì tradito. Il patrigno lo mise sotto la custodia di un notaio, dal quale aveva un modesto stipendio mensile. Comincia a lavorare come giornalista, e critico d’arte e musica. Nel 1848 partecipa alla rivoluzione parigina. Si dedica poi alla vita elegante e dispendiosa del dandy.Incalzato da debiti e usurai, si rifugiò nella squallida vita della metropoli, cercando di evadere dai suoi problemi attraverso l’alcol e la droga Avvertita però il bisogno di riscattarsi, di vivere una vita ordinata e normale. Nel 1857, pubblica “I FIORI DEL MALE” la raccolta di poesie che segna la definitiva rottura con la tradizione e inaugura la lirica moderna. Colpito da una paralisi, muore nel 1867 a Parigi. LE CORRISPONDENZE La poesia “Corrispondenze” è una vera e propria dichiarazione di stile poetico del suo autore: in essa, infatti, Baudelaire esprime la propria concezione della poesia e del reale. La realtà concreta e visibile, la Natura, nasconde in sè un'invisibile e segreta di legami e rapporti tra le cose; il poeta è colui che, grazie a una sensibilità particolare e raffinata, è capace di intuire e riconoscere la foresta di simboli che si cela dietro il reale e si incarica di rivelarla agli altri uomini. Da questa concezione discende l'uso di un linguaggio particolare, evocativo, musicale, simbolico, completamente nuovo rispetto a quello della tradizione poetica precedente, adatto a illustrare le corrispondenze segrete; un linguaggio capace di seguire ed esprimere adeguatamente i percorsi dell'intuizione del poeta e di renderla comprensibile. Il linguaggio simbolista, cioè che riflette una realtà che è simbolo di altro, si distacca dal linguaggio poetico della LO SCHEMA METRICO E RITMO Il componimento di Baudelaire è un sonetto di alessandrini, un tipo di verso morso diffuso nella poesia francese, formato da dodici sillabe. Molto importante, nell'originale francese e riprodotto nella traduzione italiana (vedi sopra), è l'uso dell'enjambement: grazie ad esso si crea un ritmo più lento, sospeso, in relazione all'atmosfera di mistero che caratterizza il paesaggio dell'uomo nella foresta di simboli. Nelle terzine il ritmo si fa più veloce e ogni verso è chiuso in sè e separato dagli altri tramite la punteggiatura. Mentre le quartine sono occupate ciascuna da un periodo, le due terzine sono entrambe • Talvolta dinanzi alle sue menzogne non interviene direttamente ma lascia che realtà oggettiva si opponga a tali menzogne, con una certa ironia. • Infine, Svevo utilizza, per Emilio, un linguaggio stereotipato come le idee del protagonista, zeppo di espressioni enfatiche, melodrammatiche e banali. LA COSCIENZA DI ZENO Esso è il suo terzo romanzo, il protagonista Zeno Cosini scrive su invito del suo psicoanalista, il dottor S., ma Zeno si sottrae poi alla cura e il dottore si vendica pubblicando questo manoscritto, alla fine ritroviamo una sorta di diario di Zeno, in cui spiega il suo abbandono della terapia. Anche il tempo muta, Svevo lo chiama <<tempo misto>>, poiché non vi è un tempo lineare, cronologico, gli avvenimenti non si susseguono secondo una logica, ma il passato di Zeno riaffiora e si intreccia continuamente con il presente, così la narrazione non appare scorrevole ma spezzata. Gli argomenti dei capitoli sono: il vizio del fumo, la morte del padre, la storia del proprio matrimonio e il rapporto con l’amante. Nella vita giovanile egli conduce una vita oziosa, ha una relazione difficile con il padre infatti alla sua morte il padre gli dà uno schiaffo, e Zeno non fa altro che costruirsi giustificazioni per non sentirsi in colpa per la morte del padre. Egli scrive comunque di essersi allontanato dalla terapia perché lo psicoanalista lo accusa di complesso edipico, ma lui risulta essere guarito soprattutto dopo che la guerra gli favorisce alcune speculazioni commerciali che lo portano ad essere un abile uomo d’affari, ma in realtà sappiamo che egli non è guarito. Il narratore dunque è interno, la sua opinione è inattendibile, ma colma di autoinganni, menzogne determinati da processi inconsapevoli dell’inconscio, per cui la coscienza di Zeno potrebbe essere chiamata l’incoscienza di Zeno. Inoltre, a differenza degli altri due romanzi, Zeno non è solo oggetto di critica ma anche soggetto, egli critica tutto ciò che gli è intorno, dato che lui è caratterizzato da una malattia, critica tutti gli altri “sani e normali”, questo perché egli ha un disperato bisogno di essere normale, vorrebbe essere un buon padre di famiglia, un abile uomo d’affari, ma non riesce. La sua visione della vita è straniata, fa apparire “malati” coloro che invece sono “sani”, elimina le gerarchie.. Qui Svevo cambia la sua concezione dell’inetto, poiché non è pienamente sviluppato, egli può svilupparsi in tante forme, in questo è superiore agli altri sani che sono già formati, quindi Svevo non ha un atteggiamento critico ma più aperto, inoltre non ci sono punti di riferimento fissi, poiché la realtà è aperta e ambigua. IL PENSIERO LETTERARIO DI SVEVO Alla base dell’opera letteraria di Svevo vi è una robusta cultura filosofica. Le fonti che consentono di ricostruire la fisionomia letteraria e culturale di Svevo sono la dichiarazione di poetica premessa al racconto LE CONFESSIONI DEL VEGLIARDO e PROFILO AUTOBIOGRAFICO. • Venne influenzato da: • SCHOPENHAUER (pensiero irrazionalista) • NIETZSCHE (pensiero irrazionalista) • DARWIN e MARX (pensiero positivista) • FREUD • Si tratta di ideologie e filosofie divergenti, che Svevo rielabora da un originale punto di vista, quali strumenti conoscitivi della sua indagine sull’uomo e utili a consolidare la fisionomia dei personaggi dei suoi romanzi • SCHOPENHAUER ebbe un peso determinante nella sua formazione per il quale “TUTTO CIO’ CHE E’ REALE E’ RAZIONALE” e che affermava un pessimismo radicale, indicando come unica via di salvezza dal dolore la contemplazione e la rinuncia • Più tardi Svevo conobbe anche Nietzsche: da lui poté trarre l’idea del soggetto non come salda e coerente unità, ma come plurità di stati in fluido divenire • E’ il più critico dei falsi miti borghesi che il cantore del “superuomo” • L’altro grande punto di riferimento per Svevo fu un pensatore e scienziato che appare agli antipodi rispetto a Schopenhauer, Charles Darwin, l’autore della teoria evoluzionistica, fondata sulle nozioni della “ lotta per la vita” e per il quale la “volontà” è l’elemento irriducibile e inconoscibile che sta all’origine del mondo • Può stupire che lo scrittore si rifaccia contemporaneamente ad un capostipite dell’irrazionalismo e ad uno dei pilastri del positivismo scientista; ma bisogna tener presente che Svevo tendeva ad utilizzarli in modo critico, come strumenti conoscitivi che fornissero risposte alle sue personali esigenze • La cultura positivista ha come protagonista il borghese efficiente, votato al successo nella competizione capitalistica. Questo tipo umano è visto invece da Svevo come un mediocre conformista, che si adegua alle convenzioni esterne e non sa guardare alla parte più sotterranea e autentica di se stesso • Così lo Schopenhauer a cui fave riferimento era soprattutto l’assertore del “carattere effimero e inconsistente della nostra volontà e dei nostri desideri” Svevo mira sempre a smascherare gli autoinganni dei suoi personaggi, a smontare gli alibi che essi si costruiscono per occultare ai propri stessi occhi le vere, inaccettabili motivazioni dei propri atti, per tacitare i sensi di colpa e sentirsi innocenti. • Allo stesso modo, per influenza del determinismo positivistico darwiniano, Svevo fu indotto a presentare il comportamento dei suoi eroi come prodotto di leggi naturali immodificabili, non dipendenti dalla volontà; però seppe anche cogliere come quei comportamenti avessero le loro radici nei rapporti sociali • In tal modo arrivava a mettere in luce la responsabilità individuale dell’agire nei confronti della coscienza borghese moderna. LUIGI PIRANDELLO Nacque ad Agrigento nel 1867, compì i suoi studi a Palermo, Roma e si laureò in lettere presso l'università di Bonn (in Germania) nel 1891. Tornato in Italia nel 1892, prese residenza a Roma, dove trascorse poi gran parte della sua vita, collaborando a vari giornali e riviste, e insegnando per oltre vent'anni letteratura italiana presso l'Istituto superiore di Magistero (dal 1897 al 1922 È da notare che nel 1904 ebbe inizio una grave crisi mentale della moglie (afflitta da una forma morbosa di gelosia), che costituì per lo scrittore una vera e propria tragedia familiare, e che non rimase, LA POETICA “UMORISMO” Uno dei saggi più importanti di Pirandello è L’umorismo, che risale al 1908; in esso si possono scorgere la concezione dell’arte e la poetica del poeta. Secondo Pirandello, l’opera d’arte nasce dal libero movimento della vita interiore; la riflessione, infatti, resta invisibile. Nell’opera umoristica, invece, la riflessione non si nasconde, ma si pone dinanzi ad esso come un giudice, analizzandolo e componendolo. Da qui nasce il “sentimento del contrario”; esempio: se vedo una vecchia signora con i capelli tinti e tutta imbellettata, avverto che è il contrario di ciò che una vecchia signora dovrebbe essere. Questo avvertimento del contrario, quindi, è comico. Se però interviene la riflessione, e suggerisce che quella signora soffre nel conciarsi il quel modo, ma lo fa solo per trattenersi l’amore del marito più giovane, non c’è più comicità ma si passa all’atteggiamento umoristico. La riflessione quindi coglie il carattere molteplice e contraddittorio della realtà, permettendo di vederla da diverse prospettive. Si coglie il ridicolo di una persona, ne individua anche l’umana sofferenza. Le opere e le novelle di Pirandello sono tutti testi “umoristici”, in cui il tragico e comico, il riso e la serietà sono mescolati, da cui emerge il senso di un mondo frantumato, polivalente, al limite dell’assurdo. “IL FU MATTIA PASCAL” Il romanzo “Il fu Mattia Pascal” fu pubblicato nel 1904 a puntate sulla rivista “La Nuova Antologia”. E’ la storia di un piccolo borghese, imprigionato nella trappola di una famiglia insopportabile e di misera condizione sociale, che si trova improvvisamente libero e padrone di sé: diventa autosufficiente economicamente grazie ad una notevole vincita a Montecarlo, e apprende di essere ufficialmente morto perché la moglie e la suocera lo riconoscono nel cadavere di un Mattia Pascal, però, invece di approfittarsi di questa situazione, cerca di costruirsi una nuova identità, mantenendosi fedele all’attaccamento della vita sociale, alla trappola familiare, e pertanto soffre perché la società lo esclude. Ritorna pertanto in famiglia, dove però scopre che la moglie si è risposata e ha avuto anche una figlia con un altro. In seguito a ciò, decide di adattarsi alla sua condizione di <<forestiere della vita>>, contemplando gli altri dall’esterno, consapevole di non essere più nessuno. Le novità interessano principalmente l’impianto narrativo: non troviamo più infatti la narrazione in terza persona da parte del narratore esterno, ma il romanzo è raccontato dal protagonista stesso in forma retrospettiva; infatti Mattia Pascal, alla fine della sua esperienza, affida la sua esperienza ad un memoriale. Per di più, il racconto è incentrato sull’io narrato, quindi sul personaggio mentre vive i fatti, e non sull’io narratore. Pertanto, possiamo affermare che prevale un punto di vista piuttosto soggettivo, subordinato quindi a mutamenti e a fatti non attendibili e non affidabili. UNO,NESSUNO E CENTOMILA Il romanzo “Uno, nessuno e centomila” si collega al “Il Fu Mattia Pascal”, e riprende il tema della crisi dell’identità individuale. Il protagonista è Vitangelo Mostarda; egli scopre che gli altri si sono fatti una immagine diversa da quella che egli stesso si era creato di se stesso, pertanto scopre di non essere <uno>, ma di essere <centomila>. Questa presa di coscienza determina in lui una crisi sconvolgente. Egli, infatti, ha orrore delle forme in cui gli altri lo chiudono, e quindi teme la solitudine. Decide quindi di distruggere tutte le immagini che gli altri si fanno di lui, e cerca di esser <uno per tutti>. Si fa ferire gravemente da un’amica della moglie, colta da un raptus inspiegabile di follia, e, decide di fondare un ospizio di poveri dove egli stesso vi si fa ricoverare. Mentre guarisce, trova una sorta di guarigione dalle sue ossessioni, rinunciando ad ogni identità e abbandonandosi al puro fluire della vita, estraniandosi dal mondo. Inoltre, egli trasforma la mancanza di identità in liberazione completa della vita. Si possono quindi notare quei segni di irrazionalismo misticheggiante che caratterizza l’ultima stagione di Pirandello. La narrazione è retrospettiva da parte del protagonista e la voce narrante si abbandona ad un argomentare e riflettere che dissolve la narrazione dei fatti. Infatti per una metà del libro non vi è racconto, ma solo l’arrovellarsi del protagonista; il discorso chiama anche in causa l’interlocutore immaginario, che viene successivamente anche introdotto nella vicenda come se fosse un personaggio in carne ed ossa. Solo nella seconda parte del libro comincia ad apparire l’intreccio del racconto, anche se l’organicità dello stesso racconto salta. UMBERTO SABA Nacque nel 1883 a Trieste, apparteneva allora all'Impero austro- ungarico, Saba ebbe tuttavia la cittadinanza italiana per via del padre, Ugo Edoardo Poli, discendente da una nobile famiglia veneziana. La madre, Felicita Rachele Cohen, apparteneva ad una famiglia ebraica di piccoli commercianti, tradizionalmente legata alle pratiche religiose e agli affari. Il bambino fu messo a balia da una contadina slovena, Peppa Saba, la quale, avendo perso il proprio figlio, riversò su di lui il suo affetto e la sua tenerezza, finché la madre, austera e severa, lo reclamò presso di sé. Privo della figura paterna, diviso nel suo amore fra la madre naturale e la madre adottiva, Umberto Saba trascorse un'infanzia piuttosto difficile e malinconica, che rievocò più tardi.Tra il 1903-1904. Umberto Saba si stabilisce a Pisa dove frequenta all'Università i corsi di archeologia, tedesco e latino. Inoltre,tra 1905-06.si trasferì a Firenze assieme al filosofo Giorgio Fano; frequenta gli ambienti letterari della "Voce" senza però stabilire legami soddisfacenti. Nel 1911. abbandonò Firenze, con prefazione di Silvio Benco, un volume di Poesie firmato con lo pseudonimo di Saba, che l'autore si fa "cedere" dall'amico Giorgio Fano, che lo aveva già adottato. Nel 1912 si stabilì a Bologna. Nel 1938 cercò inutilmente una sistemazione a Parigi, per sfuggire alla situazione politica italiana e alle leggi razziali. Nel 1939 torna a Roma dove si nasconde in casa Ungaretti. definizione fu coniata in senso dispregiativo dalla critica tradizionale che intendeva condannare l'oscurità e l'indecifrabilità della nuova poesia, ritenuta difficile in confronto alle chiare strutture della poesia classica. Il nome deriva da Ermete o Mercurio, il dio delle scienze occulte, e fu adoperato in senso dispregiativo appunto da Francesco Flora nel suo saggio "la poesia Ermetica".. I poeti dell'ermetismo perseguono l'ideale della "poesia pura libera", cioè libera non solo dalle forme metriche e retoriche tradizionali, ma anche da ogni finalità pratica didascalica e celebrativa. Il tema centrale della poesia ermetica è il senso della solitudine disperata dell'uomo moderno che ha perduto fede negli antichi valori, nei miti della civiltà romantica e positivistica e non ha più certezze a cui ancorarsi saldamente. GIUSEPPE UNGARETTI Ungaretti nacque ad Alessandria d'Egitto nel 1888 da genitori lucchesi. Nel 1912 si recò in Italia e poi a Parigi. Con l'inizio della Prima guerra mondiale partì come volontario e combatté come soldato semplice in trincea. Nel 1916 uscì la sua prima raccolta: “Il porto sepolto “(il titolo allude al porto di Alessandria). Nel 1919 il poeta pubblicò "Allegria di naufragi". Dal 1920 al 1936 si stabilì a Marino e lavorò presso il Ministero degli Esteri, collaborando con giornali e riviste. Aderì al fascismo e nel 1935 pubblicò sentimento del tempo dove manifesta la sua ritrovata fede cattolica. Nel 1936 Ungaretti accettò la cattedra di Letteratura italiana presso l'università di San Paolo del Brasile. In quegli anni morì il figlio Antonietto di 9 anni. A quest'esperienza si ispirarono le liriche de "Il dolore"(1947). Nel 1942 tornò in Italia, dove visse la fase più tragica della guerra. Nel 1950 uscì "La terra promessa", nel 1952 scrisse "Un grido e paesaggi", nel 1960 realizzò l'opera "Il taccuino del vecchio", nel 1967 "Morte delle stagioni" e nel 1968 "Dialogo". Tutte le poesie di Ungaretti sono state raccolte in un unico volume, "Vita di un uomo" (1969). Giuseppe Ungaretti morì il 1° giugno 1970. LA POETICA Ungaretti comincia a scrivere, rifiutando le regole tradizionali. La poesia deve penetrare nel mistero. Nascono le liriche dell'Allegria tra cui "Soldati", dove il titolo è parte integrante del testo e dove è soppressa la punteggiatura: i versi sono costituiti da pochissime parole o parole singole. E' fortissima la scansione delle pause ottenuta con gli spazi bianchi. Negli altri componimenti della stessa raccolta, come "Mattina", il testo si riduce al titolo e ad un unico verso. I temi di questa raccolta sono concentrati sul paesaggio: assolato dell'Egitto o desolato del Carso, dove Ungaretti combatté la Prima guerra mondiale; la guerra è un'esperienza fondamentale per il poeta che prova da vicino il dolore e la morte. La seconda raccolta, "Sentimento del tempo", presenta un Ungaretti uomo che ha ritrovato la fede in Dio. Si evince da queste liriche una grande meditazione religiosa sulla morte e la fine dell'uomo. E' ancora importante il paesaggio(il paesaggio laziale), con le sue antiche rovine e miti. I versicoli diventano settenari, novenari, endecasillabi e ritorna la punteggiatura. Un'analogia si dilata e diventa una catena di simboli polivalenti che ricordano immagini o fantasie. I contenuti sono gli stessi, ma appare più apertura verso gli altri. E' il momento della vita in piena natura, alla quale segue l'autunno della terra promessa, dove prevale il sentimento della morte e della catastrofe. Stilisticamente Ungaretti riscopre il barocco con la sua ricchezza d'immagine e il virtuosismo delle espressioni. L’ALLEGRIA L’Allegria ha attraversato tre fasi editoriali, la prima fase del 1916, con il nome “porto sepolto” che allude al segreto della poesia, nascosto in un abisso nel quale il poeta deve immergersi, la seconda fase nel 1919 con il nome “Allegria di naufragi” che rispecchia un ossimoro, l’allegria e la distruzione, e un’ultima nel 1931 con il titolo “L’allegria” qui la distruzione viene eliminata forse per sottolineare l’elemento positivo del precedente ossimoro. L’opera è suddivisa in 5 sezioni e le tematiche più importanti sono: il senso della vita, senso che in Ungaretti va letto in chiave cristiana; la sua adolescenza trascorsa in Alessandria d’Egitto, il deserto, il miraggio, le cantilene arabe; l’esperienza della guerra che lo costringe a vivere nel confine fra la vita e la morte; il tema del naufragio che riprende l’ ”Infinito” di Leopardi (e il naufragar m’è dolce in questo mare) e del viaggio. IL PORTO SEPOLTO Il componimento si propone di cogliere l'essenza della poesia, il mistero che nasconde. Il primo verso allude a un'immersione rituale nelle acque primigenie, a cui segue la risalita alla superficie, un gesto di rinascita, in cui la poesia viene finalmente sparsa nell'atmosfera luminosa della terra. Negli ultimi versi inoltre <<questa poesia>> si risolve in <<quel nulla>>, che può essere considerato uno spazio infinito e indefinito (come quello dell' "Infinito" Leopardiano), e un mistero profondo della vita. VEGLIA E’ una poesia scritta al fronte, qui viene trattata la tematica della guerra, è composta di due strofe, la prima di 13 versi in cui si sofferma sul descrivere questo corpo morto di un uomo che gli è accanto, e lo descrive in tutta la crudeltà della guerra, con participi passati, per ribadire il senso di orrore quasi ossessivo. Gli ultimi tre versi invece sono una conseguenza di ciò che ha visto, poiché dall'orrore e dal dolore nasce il suo senso di attaccamento alla vita. EUGENIO MONTALE Egli nacque a Genova il 12 ottobre 1896 da una famiglia benestante, compì studi irregolari, ma si diplomò ragioniere nel 1915. Nel 1917 si arruolò volontario, finita la guerra tornò a Genova, dove nel 1920 conobbe la giovane Anna Degli Uberti (Annetta o Arletta) una delle donne ispiratrici della sua poesia. Nel 1922 pubblicò alcune sue liriche sulla rivista “Primo tempo” diretta da Pietro Gobetti. Nel 1925 pubblicò “Ossi di Seppia”, la sua prima raccolta poetica; nello stesso anno firmò il Manifesto degli intellettuali antifascisti, redatto da Benedetto Croce, prendendo così le distanze dal fascismo. Nel 1927 si trasferì a Firenze dove ottenne la direzione del Gabinetto Vieusseux. Si avvicinò agli studi Sessanta. È divisa in 7 sezioni, Montale tenta di avvicinare la poesia alla realtà storica, e avverte l'inadeguatezza di una classe politica che aveva portato l'Italia alla catastrofe, ma rifiuta di impegnarsi in prima persona. Affermerà che la poesia è inutile (presupposto ideologico del silenzio poetico 56-64) Il ruolo delle figure femminili: inizialmente allude ancora a Clizia, poi a Volpe, incarnazione di una realtà sensuale e istintiva, tramonta la possibilità di salvezza universale. Recupera la metrica tradizionale, versi lunghi, ipotattica. Fa parte di questa raccolta la bufera (718) Satura – 1971 → contiene la sezione “Xenia” (=dono) dedicata alla moglie scomparsa da poco, recupera una dimensione di nostalgia, rimpianto e dolore. Emerge l'aspra critica alla società di massa e la lirica montaliana assume un carattere diaristico e prosastico. È composta di 4 sezioni Xenia I e Xenia II → dedicate alla moglie defunta (Mosca) Satura I e Satura II → critica vizi e debolezze della società dei consumi il linguaggio è discorsivo, il tono è ironico e satirico. Raccolta Basata sul rifiuto dei miti e della cultura di massa, ora che la sua vita non è più sorretta da Mosca è solo. Scritta dopo il silenzio poetico vi è uno sconvolgimento linguistico, tematico e stilistico. Non cerca più il varco ma medita sul flusso caotico del tempo al quale non resta che abbandonarsi. Fanno parte di questa raccolta: Caro piccolo insetto (725), Ho sceso dandoti il braccio (727). Scrisse anche opere in prosa, articoli di giornale e saggi. NEOREALISMO Tendenza della letteratura, del cinema, delle arti figurative, particolarmente diffusa in Italia negli anni 1945-1955. si caratterizza per una spiccata propensione al reale e per una profonda esigenza di rinnovamento culturale, dopo la tragica esperienza del fascismo e della Seconda Guerra Mondiale, il clima di relativo entusiasmo diffusosi nel periodo della ricostruzione e la speranza di una “rivoluzione” morale e sociale favorirono una presa di coscienza da parte degli intellettuali che sentivano di dover stabilire un nuovo rapporto con il pubblico attraverso un impegno culturale. In polemica con la letteratura del ventennio fascista, accusata di essersi estraniata dalla realtà per dedicarsi unicamente alla valorizzazione degli aspetti formali ed esteriori a scapito dei contenuti, gli scrittori intendono ora volgere lo sguardo ai problemi delle masse popolari, del contadino e dell’operaio, scoprendo il volto reale del paese. È data voce al proletariato urbano e rurale, all’antifascismo, alla questione meridionale, all’Italia della provincia. Da un punto di vista espressivo si assiste alla ricerca di una lingua semplice e diretta, antiletteraria. Sono utilizzati pertanto anche termini gergali e dialettali e non manca l’imitazione del perlato. Tra gli scrittori influenzati dal Neorealismo ricordiamo Italo Calvino, Francesco Jovine, Vasco Pratolini, Beppe Fenoglio, Carlo Cassolla e, in parte, Alberto Moravia. ITALO CALVINO Egli nacque a Santiago de las Vegas,nel 1923, nel 1925 la famiglia rientra a San Remo.Nel 1941 si trasferisce a Torino per iscriversi alla Facoltà di Agraria.Dopo il 25 luglio 1943 Calvino si iscrive al PCI. Nell'estate 1944 combatte come partigiano fino alla Liberazione. Reduce dalla guerra torna a Torino e s'iscrive a Lettere. Si laurea nel novembre 1947 con una tesi su Conrad. È già solida l'amicizia con Cesare Pavese ed Elio Vittorini. . Il suo primo romanzo è del 1947: Il sentiero dei nidi di ragno , storia partigiana dove è già lampante la sua cifra fiabesca e ossessiva. Nel 1949 escono i trenta racconti di Ultimo viene il corvo. Del 1952 incontriamo il primo dei “romanzi araldici”, Il visconte dimezzato, e il racconto realistico-allucinatorio La formica argentina. Abbandona il PCI nell'agosto 1957, e nello stesso anno esce il romanzo Il barone rampante e i racconti lunghi La speculazione edilizia e La nuvola di smog (1957 e 1958). Nel '59 Calvino pubblica Il cavaliere inesistente, terzo e ultimo dei romanzi araldici, e fonda con Vittorini la rivista di ricerca “Il Menabò”. Si trasferì a Parigi nell'estate 1967. Nel 1980, senza abbandonare la casa parigina, torna a stabilirsi in Italia, a Roma. Gli giunge l'invito a tenere all'Università di Harvard, per l'anno accademico 1985-86, un ciclo di sei conferenze, le Charles Eliot Norton Poetry Lectures. È spento da un'emorragia cerebrale nella notte tra il 18 e il 19 settembre 1985 a Siena. IL SENTIERO DEI NIDI DI RAGNO Fu scritto nel 1947 da Italo Calvino.Il protagonista Pin ,cresciuto in un “carruggio”, egli è il tipico ragazzo del sottoproletariato cittadino, che la miseria ha messo di fronte alla brutalità della vita senza tuttavia cancellarne l’innocenza e la freschezza. Entrato in possesso di una pistola che la sua fantasia trasforma in un oggetto magico, Pin la nasconde lungo un sentiero che solo egli conosce. Seguono il furto e il ritrovamento della stessa, la conoscenza di una banda di partigiani dall’incerta coscienza politica, e la visione da spettatore dell’evento bellico, da prospettive sempre originali.
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