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Riassunti libro esame, Dispense di Storia del Giornalismo

Tutti gli argomenti del libro di testo "La fabbrica delle verità" per le materie: -Storia del giornalismo->modulo A di deontologia; -Giornalismo politico->Fabio Martini (docente e autore libro)

Tipologia: Dispense

2021/2022

In vendita dal 14/04/2023

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Scarica Riassunti libro esame e più Dispense in PDF di Storia del Giornalismo solo su Docsity! GIORNALISMO POLITICO La fabbrica delle verità: -Introduzione: Nel 2016 l’Oxford dictionary annuncia di aver decretato “post-Truth“ come parola dell’anno, dal momento che nella formazione dell’opinione pubblica gli appelli all’emozione e alle convinzioni personali hanno la meglio sui fatti e la verità che diventano i rilevanti. La stessa Brexit o la vittoria di Trump alle presidenziali sono stati ottenuti anche grazie e malgrado l’uso di bugie. Mentre tale abuso in passato avrebbe avuto ripercussioni negative ora è stato addirittura motivante. In Italia post verità è un termine recente ma in realtà saper suggestionare è sempre stata un’arma per convincere e persuadere una folla. L’arte della comunicazione attinge allo spirito del tempo, alle ansie, alle capacità empatica dei leader. I mass media hanno aiutato a dilatare i messaggi e a plasmare l’immaginario collettivo orientando il consenso. Negli anni leader hanno fatto leva su tre stati d’animo: 1. l’ottimismo / autopromozione; 2. l’alimentazione della paura; 3. la denigrazione del nemico. Ma la tattica comunicativa migliore è quella della propaganda rassicurante: offrire una rappresentazione edulcorata e ottimistica della realtà che determina meno ansia e maggiore consenso. Il modello principale fu quello del fascismo messo in atto da Mussolini che utilizzava ogni mezzo, compresa la censura, per pilotare il consenso. Il focus era su una diminuzione delle cattive notizie ed un aumento del mito del duce. I leader cattolici che lo seguirono finirono, seppur dietro le quinte, per agire come lui, deviando verso un pensiero positivo la popolazione. Quando negli anni 80 ebbe la meglio il partito socialista con Bettino Craxi venne meno l’ottimismo a cui si era stati abituati. Seguirono, con Silvio Berlusconi, le declamazioni plateali e televisive, il cosiddetto “miracolo italiano“ da costruire. Poi l’arrivo di Renzi: pensiero positivo come filo prevalente della propria narrazione, l’ottimismo ogni costo abbinato alla presenza assillante sui media che si rivelò controproducente al punto da fargli perdere il referendum sulla riforma costituzionale a causa di un’antipatia nei confronti del personaggio politico che ha prevalso sull’utilità dei provvedimenti e delle misure proposte agli elettori.infine i cinque stelle che hanno saputo cogliere lo spirito del tempo facendo leva più sul messaggio di insieme e sulle sensazioni ed esperienze che sulla veridicità dei fatti, passato in secondo piano. Le loro competenze la loro capacità di utilizzare al meglio il web anche per disturbare il discorso degli avversari politici gli ha permesso di cavalcare il fenomeno delle Eco Chambers, camere dell’eco chiuse al confronto con chi la pensa diversamente. In conclusione però si può affermare che per quanto suggestionare funzioni, ogni propaganda duratura va sempre impastata con un po’ di verità. -Capitolo 1: Nel 1926 Benito Mussolini si affaccia dal balcone di palazzo Chigi e pronuncia la parola “durare” alludendo ad una definitiva fascistizzazione del paese. Costruire un consenso da rendere duraturo attraverso censura, repressione e manipolazioni. Mussolini vuole che gli italiani possano identificarsi appieno con il suo regime e così inizia la costruzione del suo mito con un modello di autoritarismo molto attento alla persuasione. Le fondamenta di quella fabbrica del consenso le aveva gettate già in tempi non sospetti, nell’ultima fase della stagione liberale. Già nel 1923 infatti l’ufficio stampa venne trasferito a Palazzo Chigi e Galeazzo ciano, suo genero, fu nominato capo; poco dopo nacque il ministero per la stampa e la propaganda e nel 1937 il ministero della cultura popolare (Minculpop). A metà degli anni 20 Mussolini scoprì le potenzialità di due mezzi ancora gli albori: la radio e il cinema. Albertelli, giovane operatore cinematografico, venne infatti chiamato a realizzare un documentario in cui riprendeva il capo del governo, dal titolo “dove si lavora per la grandezza dell’Italia“. Il SIC, sindacato d’istruzione cinematografica, diventa ben presto l’Istituto LUCE, l’unione cinematografica educativa, nonché pupilla del regime che doveva insegnare a guardare l’Italia con gli occhi del fascismo. Un decreto del 1927 obbligò tutti gli esercizi cinematografici ad inserire nella loro programmazione i filmati dell’Istituto luce che diventa uno degli strumenti più potenti nella propaganda di Stato. Intuisce anche il potere della radio di condizionare cittadini nonostante la radio italiana fosse molto indietro rispetto ad altri paesi europei dato che nessuna emittente trasmetteva in modo continuativo e i canoni e gli apparecchi erano molto costosi. Il primo tentativo di trasmettere un discorso di Mussolini fini con la voce balbettante ed incomprensibile del duce, ma nel 1924 fu data l’esclusiva per le trasmissioni al Uri, unione radiofonica italiana che divenne poi Eair, ente Italiano per le audizioni radiofoniche ed iniziò così la grande stagione della radio. Vennero venduti sempre più apparecchi, crebbero gli abbonamenti e la presenza regolare del giornale radio, con ascolti collettivi e trasmissioni finalizzate al consenso. Per 21 anni possiamo dunque affermare che Mussolini fu capo redattore di tutti i giornali, regista e protagonista dei cinegiornali della luce e voce dei comizi trasmessi da lei Our. Specie tutte le sue energie il suo tempo nella lettura dei giornali e non fidandosi di nessuno raramente delegava. Chiama a guidare l’ufficio stampa un suo uomo di fiducia, Cesare Rossi, e si affidò a Morgagni per ottenere la Stefani, più importante agenzia di stampa del paese. Vennero fascistizzati i principali quotidiani che lui riceveva presso la sua abitazione di Torlonia e mandava indietro con le correzioni in rosso così che venissero seguite le sue direttive. Istruì oltre 60 direttori di giornali: niente notizia eccitanti, poca cronaca nera, pochi aggettivi, pochi ricami e dici che possono portare a riflessioni o dubbi, niente notizie allarmistiche, catastrofiche, conflittuali, su alluvioni, fiumi in piena, crisi economica o sociale, neanche necrologi o suicidi.tutto doveva dare l’idea di vivere in un paese sereno, sicuro, pacifico, senza produrre alcun turbamento emotivo ed in cui le forze dell’ordine riuscivano a contrastare tenere a bada il crimine.non si poteva parlare neanche dell’aumento del pane e del latte o della crisi bancaria e dell’analfabetismo, mentre fu posto in evidenza invece il comunicato sull’aumento di pensioni di vecchiaia e invalidità. Furono censurati anche disturbi sessuali, malattie veneree, donne magre, furono soffocati i dialetti perché creavano divisione tra le regioni, le veline dovevano nascondere la realtà e offrire un’immagine stabile rassicurante e sobria di una società su cui regime aveva pieno controllo politico, sociale ed emotivo. Anche il cinema contribuì attraverso i cinegiornali del luce che omettevano situazioni di emigrazione, disagio, nonostante quelli propagandistici fossero pochi e poco graditi al pubblico anche perché c’era alla base la volontà di dare l’idea di una stampa che fosse libera, senza esagerare. Crescendo la concorrenza tra i quotidiani Mussolini dovette allentare i freni almeno sulla lunghezza degli articoli, ma vennero aboliti persino termini come “spaventoso“, “delirante“ poiché davano troppa enfasi e si scontravano con quell’idea di prudenza. Solo su Mussolini stesso era lecito esagerare: l’Istituto luce produceva fino a quattro cinegiornali a settimana che venivano proiettati prima e dopo i film nelle sale, con musiche di sottofondo, commenti di una voce epica, un epilogo per convincere coinvolgere emotivamente lo spettatore, tutti con il duce protagonista. Questi veniva mostrato come uomo del popolo, alla guida di un trattore, che trebbia, con le famiglie più disagiate, nell’ambiente rurale, allo scopo di valorizzare la politica agraria e ad esaltare un intreccio tra il licenziamento, anche perché questa notizia era stata omessa dai giornali per non infangare la reputazione del politico. La programmazione televisiva era sessuofobica e familiari stica, accompagnata da una mutilazione del vocabolario televisivo che vietava di dire la parola divorzio, ascella, verginità, prostituta eccetera.vennero imputate rime di canzoni, gambe di ballerine, battute e doppisensi.lo spazio della cronaca nera tornerà poi con Enzo Biagi, con cui si parlerà anche di processi, carcerati e mafia.sebbene però i telespettatori piacesse il suo telegiornale questo diceva troppo la verità e questo cozzava con il dare un’immagine rassicurante del paese. Nel 1957 a noi non da carosello che iniziava con trombe mandolini e proseguiva con racconti brevi di due minuti e 15, mandare in onda tutte le sere tranne il venerdì Santo e il 2 novembre.il suo successo fu legato all’originalità in quanto, sebbene l’obiettivo fosse indurre il telespettatore ad acquistare il prodotto e suggerire gli stili di vita e di consumo, le storie del carosello perseguivano lo spirito del tempo e plasmavano l’immaginario collettivo.erano create dei migliori registi con attori famosi che venivano ingaggiati, quali Dario Fo, Gassman o Totò. Carosello nacque in un’Italia contadina, modesta e risparmiatrice e accompagnò la nascita dell’Italia dei consumi.il miracolo economico cambiò la mentalità, le abitudini e il costume. A partire dagli anni 60 iniziò ad esserci satira anche in Rai e si ruppe un monopolio durato quarant’anni dal 1922 al 1962, prima con Mussolini e poi con la democrazia cristiana, con l’affiancamento a quest’ultima del partito socialista Italiano. Enzo Biagi dirigerà il telegiornale mentre Ettore Bernabei assunse la direzione della Rai con tre nuovi filoni: 1. spettacoli di varietà, 2. musica leggera e festival canori, 3. programmi di informazione culturale divulgativi. Nel 1962 venne proclamata la legge 161: “revisione dei film dei lavori teatrali“ che aboliva la censura tranne in caso di offesa al buon costume.l’idea era quella di unificare il consenso attraverso la televisione con varietà, fiction e sceneggiati che influivano sui comportamenti.si cercò di conquistare il pubblico antidemocrazia cristiana ma senza contrariare quest’ultima ancora molto bacchettone conservatrice. C’erano ancora molte resistenze e censure ma un cambiamento era in atto. Nel 1969 nacque la trasmissione “chiamate Roma 3131“ in cui gli ascoltatori avevano la possibilità di partecipare in diretta TV attraverso telefonate. Nel 1960 nacque la trasmissione “tribuna elettorale“ in cui leader politici comparvero per la prima volta in televisione: concreti, autorevoli e chiari con un linguaggio ancora distante dal politichese criptico e ambiguo. Un filo che unisce i leader politici democratici negli anni sarà il Fatto che che dietro le quinte soffocavano il pessimismo e il disfattismo, mentre sulla scena politica, come vedremo, si mostreranno dimessi e moderati. -Capitolo 4: Alla fine degli anni 50 ci fu un cambio di atteggiamento: in TV cominciarono ad esserci sketch comici, corpi femminili, varietà. Cambio la rappresentazione degli italiani anche al cinema, con film come “poveri ma belli“ “pane amore e…“, attraverso commedie e personaggi che rappresentavano la realtà del popolo italiano, le storie dei giovani e i nuovi modelli di consumo. Compare il divo della commedia italiana con Alberto Sordi, si diffondono i film d’autore con Fellini, cambiano gli umori degli italiani e nella chiesa nei principali due partiti, democrazia cristiana e partito socialista, riescono più a comprendere. Durante quegli anni di inserirlo all’approvazione del divorzio nel 1974, dopo ben vent’anni Ettore Bernabei lasciò la direzione della Rai Che passò sotto il controllo del partito comunista e che mandava in onda in maniera ripetuta lo spot con Gigi proietti che scandiva bene il nuovo diverse cadenze. La TV della democrazia cristiana si ostinava a professare valori che ormai stavano perdendo appeal: il culto sacrale della famiglia, la sessualità sono dentro al matrimonio la tradizione piuttosto che il cambiamento.tra gli anni 70 gli anni 80 cominciarono ad esserci sostanziali novità della programmazione Rai provenienti soprattutto dai canali Rai due Rai tre sotto la guida del partito comunista italiano.mentre prima il sangue veniva acquistato adesso veniva esibito per alimentare la paura che l’assetto venisse messa rischio creando un allarmismo collettivo funzionale al consenso. Durante la strage di piazza fontana non furono fatte né dirette e le interviste, fu solo Bruno Vespa parlare del riconoscimento di un colpevole intervistare il questore. L’idea che i colpevoli fossero di sinistra però determinò un aumentare del consenso dell’estrema destra.nel caso della bomba piazza della loggia a Brescia, del 1974, vennero invece trasmessi in diretta i funerali senza censurare neanche i fischi al presidente leone.quando ci fu invece l’assassinio di moro e della sua scorta nel 1978, vennero mandati in onda il luogo, le auto, i cadaveri coperti e l’impatto emotivo fu molto grande per una TV abituata ad assicurare che era ormai palesemente entrata in crisi è sempre più penetrata da squarci di verità.e la concorrenza tra le diverse emittenti televisive aumentò con la comparsa delle reti di Silvio Berlusconi e con la legge Mammì del 1990 che obbligò anche le emittenti private a fare i telegiornali. Berlusconi affidò il Tg5 Enrico Mentana che batte gli ascolti della Rai ma cambiò radicalmente dopo la discesa in campo del proprietario della Mediaset. Mentre prima cavalcavano la cronaca nera per mettere in risalto l’insicurezza data dal governo di sinistra con una violenza percepita che era maggiore di quella effettiva, quando nel 2001 Berlusconi vince le elezioni calarono radicalmente le ore dedicate alla cronaca nera e nonostante l’Italia fosse la stessa il racconto che se ne faceva era totalmente diverso. Il presidente si attiva ben presto per creare una mitologia torno alla sua figura di leader, spedendo i direttori dei telegiornali una cassetta con un discorso suo in cui parlava dell’Italia come del paese amato, dei nemici comunisti da fermare prima che fosse troppo tardi, di sé e come imprenditore che si è fatto da solo, padre di famiglia, uomo di successo, ottimista e intenzionato a “costruire il miracolo italiano per i figli”.si intitolava “è una storia italiana” e utilizzava tutte queste tecniche per porre al centro la sua figura, dopo anni di leader misurati e riservati. L’arrivo dei talkshow contribuirà a dare una possibilità maggiore di demonizzare l’avversario. Con programmi come “Faccia a faccia” di Aldo Falivena e “bontà loro” di Maurizio Costanzo cominciò a venir meno con l’autorevolezza attorno alla figura dei politici che venivano intervistati anche sulla loro vita privata. Costanzo intervistò Andreotti, non solo facendolo circondare da personaggi dello spettacolo della vita comune, ma anche interrogandolo su cose riguardanti la sua vita privata, così da fargli perdere rigidità ed acquistare ironia e popolarità. Il programma creò simpatia attorno alla politica, ma questa scese irrimediabilmente dal piedistallo. Con le emittenti private inizio la caccia allo share che ebbe la meglio su quel connotato pedagogico tipico della TV democristiana, catturare divenne più importante di educare il pubblico.la TV dovette sottoporsi ai canoni dello spettacolo e dell’intrattenimento, che vedevano i politici affiancati a personaggi dello spettacolo e dello sport.negli anni 80 il Tg3 Raitre affidati ai comunisti passarono sotto la direzione di cui è il mini, che vuole che la Rai Con estrema sincerità ai cittadini.iniziarono ad essere trasmessi i programmi innovativi come “chi l’ha visto?“, “Fuori orario“, “telefono giallo“, “un giorno in pretura“ che riporta i processi della corte d’assise. Seguì “Samarcanda“ condotto dal giovane Michele Santoro Che si mostrò molto abile nel cogliere i malumori del pubblico, utilizzare la TV per orientare i telespettatori contro i politici e lasciare spazio a chi protesta tenendo sempre in mano il filo narrativo, così da decidere quando e chi far intervenire, cose cosa, chi e quando inquadrare, in che ordine far parlare gli ospiti.con i talkshow i politici iniziarono ad essere messi alla berlina, capire come stanno le cose passa in secondo piano e si lascia sempre più spazio al pubblico che urla, fischia, applaude, il tutto con l’abilità dei conduttori di tenere in pugno queste teatralizzazione.da allora ciò che gli italiani acquisiranno sarà la concezione che la politica sia una cosa sporca Nel 1992 sia la democrazia cristiana che il partito socialista persero voti, la neo televisione stava distruggendo il potere esistente. Quando nel 1996 vince la coalizione progressista con Romano Prodi il nuovo presidente della Rai divenne siciliano, che compose i palinsesti escludendo Santoro, ritenuto un pericolo per ogni governo. Berlusconi che aveva già vinto nel 94 grazie al supporto delle sue reti ad una programmazione soft che puntava a promuovere i valori di un’Italia berlusconiana, nel suo secondo governo, dal 2001 al 2006, fu maggiormente impegnato a creare leggi che lo salvassero dai procedimenti giudiziari. Nonostante ciò però Con l’editto bulgaro denunciò l’uso criminoso della televisione, con programmi come quello di Santoro o “Satyricon” di Marco travaglio, che accusò il cavaliere e il suo braccio destro dell’Utri di essere implicati con la mafia. Nel 1996 inizia ad essere trasmesso “porta a porta“ che non era ostile ai governi, ma equilibrato e seguito dal pubblico e da lì si iniziò a parlare di politica ovunque. In programmi come “uno mattina”, “domenica Inna” i doni divennero sempre più accesi, mentre la mission informativa diminuiva sempre di più.a differenza dell’Europa, in Italia e politici presenti hanno tutti i programmi, i generi televisivi sono contaminati e continuano a proliferare i talk e solo la nuova arena pubblica.inizierà poi una stagione di transizione collider più freddi come monti o letta, che verrà interrotta nel 2014 da Matteo Renzi. -Capitolo 5: Nel 2012 sindaco di Firenze Matteo Renzi si si candidò contro Pierluigi Bersani alla segreteria del partito democratico e quindi anche alla guida del governo. Nel suo discorso vi erano alcuni punti centrali: la modifica di regole in parlamento, la riforma del mercato del lavoro, il superamento del sistema delle province, richiamo alla laicità dei cattolici in politica, l’appello a prendere in mano il proprio destino, l’orgoglio patriottico è una chiamata la sua generazione. Egli ruppe col politichese, in favore di un linguaggio molto chiaro che gli permise di farsi ascoltare mantenendo alta l’attenzione dei cittadini. Il suo slogan recitava: “l’Italia non è l’ultima ruota del carro e se cambia può diventare leader d’Europa“. Fece così leva sull’ottimismo ma senza esagerare, taglio con i codici di espressione della cultura postcomunista e di quella democristiana attraversate da una trama pessimistica e così il suo figlio piacque. Bypassò anche l’azione rieducativa di Mario monti e l’idea di chiamare ad un esame di coscienza, così come l’autoreferenzialità. Nel 2014 assunse la guida del governo e concesse subito un bonus ai lavoratori che gli permise di aumentare il consenso. Fu imminente suo tentativo di ridicolizzare i nemici e soprattutto un compiacimento martellante per tutti i risultati ottenuti dal suo governo. Alludendo ad un’Italia dell’anno zero in cui la storia precedente contava poco, inizio però a registrare le prime sconfitte che derivavano da un autoelogio che evidentemente non funzionava più. Nel 2015 arrivo a dunque il provvedimento e controproducenti, poteva diffondere le altre alle altre emittenti. Anche su Instagram, dove apparivano foto apparentemente poco curate casuali, quindi autentiche relative al suo dietro le quinte, in realtà tutto passava attraverso un’attenta selezione. Cominciò persino a suggerire gli ospiti del partito democratico che dovevano andare in TV e a fornire le chiavi di lettura ai giornalisti. Quando nel 2015 fu ospitato dalla un volto di Università di Berlino fece un discorso seguito da una digressione sui talk show in Italia che furono presi di mira dal presidente senza che però questo determinarsi un crollo degli ascolti. La Rai torno sotto il controllo del partito democratico e furono eletti i nuovi vertici che non avevano spesso competenze in ambito televisivo, ma la cui presenza fu giustificata Richiamando scelte passate. Fu in atto così una riforma della governance Rai il cui amministratore delegato fu nominato dal governo e nomina a sua volta tutti i direttori di radio e testate azzerando così di fatto la prassi pluralista che la Rai in quanto televisione pubblica e che ha un canone, doveva rispettare affidando almeno una rete un Tg all’opposizione. Il nuovo direttore fu campo dall’orto e il suo Phil rouge nella nuova programmazione consisteva nell’imparare dalla TV razionale, senza portale di indignarsi vaccinarsi, riprendendo la mission pedagogica di un tempo. Renzi promosse un nuovo programma chiamato “politics” che doveva essere esemplare ma finì per seguire la stessa linea dei dolci precedenti da lui criticati. Durante le settimane del referendum da lui proposto per la riforma costituzionale, dopo aver affermato che qualora avesse vinto il no si sarebbe ritirato, fu costretto a mantenere la sua promessa dopo aver avviato la più potente ma controproducente campagna elettorale.
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